La Chiesa primitiva prende sempre più coscienza che la Pasqua è il vertice della vita cristiana, della storia della Chiesa e del mondo. Infatti, i primi cristiani erano affascinati dalla realtà della morte e risurrezione di Cristo che tutto viene a restaurare, sia l’umanità che l’universo. Per questo, nella Chiesa, si avverte l’esigenza di attuare un’unica celebrazione per la Pasqua. Sin dal II secolo si riserva una domenica particolare per la celebrazione della Pasqua. Sempre la comunità cristiana sente il bisogno di prepararsi nel migliore dei modi a celebrare la Pasqua, cioè con la preghiera ed il digiuno.
Inoltre, lo Spirito Santo conduce la Chiesa alla pratica di riservare il battesimo e l’iniziazione cristiana all’eucaristia celebrata nella notte di Pasqua. Infatti, Romani 6 invita a conferire il battesimo durante le feste pasquali. Nel contempo, il periodo di preparazione intellettuale, morale e spirituale auspicato per tutti i cristiani, assume connotazioni più intensive per i catecumeni, in vista della loro prossima iniziazione.
Quando poi il Giovedì Santo diverrà il giorno fissato per la riconciliazione dei penitenti, costoro, a loro volta, saranno per tutti i cristiani una ulteriore sollecitazione e una rinnovato motivo di ascesi e di preghiera. È quindi normale che questi diversi interessi abbiano comportato, con le loro ricchezze, una progressiva evoluzione.
L’antico Triduo pasquale aveva inizio il Venerdì Santo (morte del Signore) e, passando attraverso il Sabato Santo (reposizione di Gesù nel sepolcro), culminava nella notte di Pasqua e nel giorno della risurrezione (all’alba della domenica di Pasqua). In questi giorni il digiuno aveva connotazioni festive di illuminazione.
Questa consuetudine era presente nella Chiesa di Alessandria fin dal III secolo. A Roma, invece, sappiamo che la domenica e il venerdì prima di Pasqua erano detti De Passione e che il mercoledì ed il venerdì della stessa settimana erano detti giorni aliturgici, giorni cioè durante i quali non si celebrava l’eucaristia. Nel V secolo verrà letto il racconto della passione la domenica, il mercoledì e il venerdì[1], si tratta di una prassi molto antica.
È nel IV secolo che si organizza un periodo di preparazione alla Pasqua, di tre settimane.
Infatti, la terza domenica prima di Pasqua (escludendo la Pasqua) era intitolata Dominica in mediana che è denominazione tipicamente romana[2]; inoltre questa settimana era riservata alle Ordinazioni[3]
Durante queste tre settimane la liturgia della Parola era caratterizzata dalla proclamazione di brani tratti dal vangelo di Giovanni in cui ci si riferiva alla prossima Pasqua e alla presenza di Gesù a Gerusalemme[4].
Questa preparazione, di cui ci sono testimonianze certe iniziò appena prima del 384. Il suo carattere era di prevalenza ascetico, infatti viene introdotto al Giovedì Santo l’uso di far riconciliare i penitenti che si erano preparati per quaranta giorni, secondo le prescrizioni di Pietro di Alessandria (†311)[5].
Tale preparazione iniziava la prima delle sei domeniche (più tardi sarà anticipata al mercoledì immediatamente precedente). Da qui deriva il nome Quadragesima.
La celebrazione del mercoledì e del venerdì precedenti la Quaresima hanno inizio verso la fine del V secolo, come se facessero parte del tempo quaresimale. Così il rito dell’imposizione delle ceneri ai penitenti è attuato il mercoledì di questa settimana antecedente la prima domenica di Quaresima, rito che verrà poi esteso a tutti i cristiani. Dal Sacramentario Gelasiano sappiamo che il Mercoledì delle Ceneri è considerato il caput quadragesimae, perché era il giorno in cui iniziava per i penitenti il rigido ritiro spirituale che aveva termine il Giovedì Santo.
La settimana del Mercoledì delle Ceneri, nel corso del VI secolo, è dedicata alla preparazione prepasquale. La domenica con cui ha inizio viene chiamata Quinquagesima, perché è il cinquantesimo giorno prima di Pasqua.
Agli inizi del VII secolo troviamo un ulteriore prolungamento della Quaresima: la Settuagesima e la Sessagesima. Queste istituzioni, come del resto quella del mercoledì precedente la prima domenica di Quaresima, denotano una strana tendenza ad anticipare il tempo forte della Quaresima vera e propria e ne svigoriscono in qualche modo la peculiarità[6]
L’evoluzione progressiva della Quaresima, evoluzione talvolta selvaggia, richiedeva un rinnovamento coraggioso, soprattutto se, come in passato, si voleva collegare a questo periodo l’organizzazione del catecumenato degli adulti.
Un primo compito s’imponeva: ridimensionare l’intero periodo, restituendo ai quaranta giorni tutto il loro rilievo. Era quindi necessario sopprimere la Settuagesima, la Sessagesima e la Quinquagesima. A questo punto però sorgeva un problema. Non si doveva forse, per ridare alla Quaresima le sue precise dimensioni, sopprimere anche il Mercoledì delle Ceneri, spostando la sua celebrazione al lunedì successivo alla prima domenica di Quaresima? Valutato attentamente ogni cosa, la soluzione migliore parve quella di lasciare immutato il calendario di questo mercoledì poiché una tradizione tanto lunga, nota persino ai non cristiani, non consentiva di operare una modifica così radicale. Logicamente questa scelta doveva comportare alcune conseguenze: il Mercoledì delle Ceneri diventava allora l’inizio della Quaresima e, di conseguenza, i formulari quaresimali, come gli inni ecc…, che fino ad allora venivano impiegati soltanto a partire dalla prima domenica, dovevano essere collocati in questo giorno. Possiamo verificare consultando sia il secondo volume della liturgia delle Ore, che la terza edizione del Messale Romano e la seconda edizione del Lezionario Festivo nei tre cicli.[7]
Nelle mie lectio domenicali, quando inizia il Tempo di Quaresima, spesso ho scritto: Rispettiamo la Quaresima! Questo perché, si è instaurato un modus vivendi in cui la Quaresima che è diventata il periodo delle rinunce (= che cosa togliamo dalla mensa, e: il ricavato lo devolviamo per opere di carità), non fumare per tutta la quaresima, o altri tipi di rinunce. Tutte iniziative che hanno il loro valore e intenzioni rispettabili.
Credo che il periodo quaresimale sia molto di più. Infatti, nel periodo quaresimale si dovrebbe meditare se, quando nella nostra vita sopraggiunge il dolore, fisico o morale: lo viviamo sul modello di Cristo nella sua passione, oppure ci ribelliamo, contro Dio, contro la vita, contro coloro che possono ritenersi responsabili di quanto ci è accaduto?
Sappiamo accettare, sull’esempio di Cristo, il dolore dell’esclusione, della solitudine, del pregiudizio? Oppure cerchiamo il compromesso per poter risalire la china? Per poter, anche costo di un silenzio omertoso, mantenere la stima di coloro che al momento ricoprono ruoli importanti?
La Quaresima è dunque quel periodo dell’Anno Liturgico che deve indurci a riflettere seriamente su noi stessi: se viviamo la vocazione alla quale il Signore ci ha chiamato, oppure ricopriamo un ruolo che non è il nostro, con le debite conseguenze.
Ricordiamo che siamo battezzati e il vangelo lo dobbiamo attuare in virtù delle promesse battesimali che abbiamo accettato e quindi dobbiamo vivere da cristiani nella Chiesa?
Teniamo presente che il ruolo che ci è stato conferito non è un potere, ma un servizio alla Chiesa? Sempre secondo il battesimo che abbiamo ricevuto e confermato, ogni giorno siamo vigilanti, per non usare i deboli ed i poveri per le nostre mire ed i nostri progetti? per poi scartare questi fratelli, qualora divenissero scomodi o pericolosi e minassero i nostri folli progetti di potere, quando il Signore ci ha detto che è l’ultimo posto su cui il cristiano deve sedere, seguendo il suo esempio?
A mio avviso il Tempo di quaresima è un ottimo strumento affinché un cristiano possa verificare la propria vita nei momenti difficili, sull’esempio di Cristo.
DI P. Giorgio Bontempi C.M.
[1] A. CHAVASSE, Il ciclo pasquale. La preparazione della Pasqua, in A.G. MARTIMORT, La Chiesa in preghiera, Roma, 763.
[2] M. ANDRIEU, Les Ordines romani du haut moyen age, III, Louvain 1951, 311-312. Citato da La Quaresima ed. ADRIEN NOCENT, In Anàmnesis, L’anno Liturgico, Ed. AA.VV. Genova, Marietti, 1988, 153.
[3] P. Jounel, in La chiesa in preghiera, citato, p. 88.
[4] A. CHAVASSE, Il ciclo pasquale, cit.,764.
[5] Ibidem, 760
[6] Anàmnesis, cit. 155.
[7] Idem, 159.