Scopriremo come i tre giorni santi – Passione, Sepoltura e Risurrezione di Cristo – siano un unico mistero da vivere con fede piena, non come eventi separati ma come un’unica azione salvifica. Una meditazione che invita ciascuno a interrogarsi sul proprio posto nella Chiesa e sul senso autentico della celebrazione pasquale.
Per l’attuazione della Riforma Liturgica promulgata dal Concilio Ecumenico Vaticano II, San Paolo VI istituì un Consiglio che doveva redigere i principi e le norme per attuare quanto la Costituzione per la Sacra Liturgia aveva decretato, dopo la sua approvazione per mano dei padri conciliari, il segretario di questo Consiglio fu il P. Annibale Bugnini C.M., in seguito ordinato arcivescovo ed inviato, sempre da san Paolo VI, Nunzio In Iran. Alla sua dedizione e alla sua sofferenza dobbiamo molto, se oggi possiamo godere dell’attuazione della Riforma Liturgica. A tal proposito invito caldamente a leggere le seguenti opere: ANNIBALE BUGNINI C.M. Liturgiae cultor et amator. Servì la Chiesa. Memorie autobiografiche, Edizioni LITURGICHE, Roma, 2012; A. LAMERI, Annibale Bugnini, Liturgia pastorale e riforma liturgica. Lezioni lateranensi, Roma, 2023, Edizioni Liturgiche; P. MARINI, I primi passi della riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Il Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra Liturgia. Roma, 2024, Edizioni Liturgiche.
Il p. Bugnini C.M. ed il suo Consiglio (Consilium ad exquenda costitutionme de Sacra Liturgia), compì uno sforzo notevole per mettere a punto le celebrazioni dei Tre Giorni Santi. L’esperienza di diversi anni ha evidenziato l’eccellenza di questo lavoro. Certo. Non tutto quello che appariva come ideale è stato raggiunto. La difficoltà consisteva nel mantenersi in giusto equilibrio in un ritorno al passato, non archeologico, ma che esprimesse una teologia più chiara e più pastoralmente evidente. Nelle parrocchie in cui è stata compiuta un efficace opera di catechesi degli adulti, il risultato di questo rinnovamento appare evidente. Altrove, tale rinnovamento ha tutta l’aria di una semplice modifica di rubriche; esso risulta allora del tutto inutile. Si noterà in particolare in certe comunità, la tendenza ad abbreviare le celebrazioni oppure a fissarle in orari inopportuni che le mutilano in parte del loro significato. È il caso, ad esempio, di certe Veglie pasquali che spesso vengono iniziate con troppo anticipo, adducendo come motivo la stanchezza, da parte dei fedeli. Il che prova che il significato centrale della Pasqua non è stato ancora pienamente recepito.
Com’è noto, poiché la celebrazione del Sabato Santo era stata trasferita al mattino, i giorni del Triduo Sacro si erano spostati ed erano diventati giovedì, venerdì e sabato. La difficoltà consisteva nel far entrare nel Triduo il Giovedì Santo, pur mantenendo ed affermando che il Triduo è quello del Gesù morto, sepolto e risorto. A tale riguardo, una celebrazione solenne del Sabato Santo e di una messa nel giorno di Pasqua poteva compromettere questa teologia tradizionale del Triduo. A quanto sembra ciò che è stato realizzato, tenendo conto di una certa evoluzione, lascia in evidenza la teologia del Triduo. A condizione che questi giorni non siano presentati come un frazionamento e quindi una dispersione dell’unico mistero pasquale, ma come un modo unitario di celebrarlo, cosicché ogni singolo giorno sia saldamente connesso con gli altri due.
Già alla fine del IV secolo, sant’Ambrogio di Milano usava l’espressione Triduum Sacrum. Con essa intendeva indicare le tappe storiche del mistero pasquale: durante questi tre giorni Cristo et passus est, et quievit, et resurrexit[1]. Sant’Agostino ricorrerà invece all’espressione Sacratissimun Triduum per designare i tre giorni del Cristo cricifixi, sepulti, suscitati [2]. L’espressione Triduo pasquale pare non sia anteriore al 1930[3]. La celebrazione eucaristica la sera del Giovedì Santo e quella del giorno di Pasqua rischiavano di distruggere l’antica unità del Triduum. San Leone Magno tuttavia è talmente consapevole dell’unità del mistero pasquale che definisce la notte di Pasqua pascale sacramentum[4]
L’importanza della celebrazione del Triduo Pasquale per l’attuazione quotidiana della volontà del Padre per ogni cristiano.
Il punto centrale della vita cristiana è compiere la volontà del Padre, che consiste nel vivere felicemente la propria vocazione. Naturalmente è fondamentale che ognuno di noi occupi nella Chiesa il posto assegnatogli dal Padre e non quello che lui ha stabilito di occupare, o che altri lo anno costretto ad occupare, altrimenti non si può essere cristiani felici.
La celebrazione del Triduo pasquale, ogni Anno Liturgico, potrebbe essere l’occasione di sintesi della nostra vita cristiana, cioè l’occasione per riflettere se occupiamo nella Chiesa il posto che il Padre ci ha assegnato.
Iniziamo a meditare partendo dalla Veglia, madre di tutte le veglie.
Chiediamoci se abbiamo incontrato il Risorto! Quando diciamo: Cristo è veramente Risorto è una frase che ripetiamo, oppure è una realtà. Posso affermare quotidianamente di incontrare il Risorto nei fratelli? Quando nella veglia sarà acceso il cero pasquale che seguirò come luce per la mia vita, sarà solo un gesto tra i tanti, oppure sarà un segno che rispecchia una realtà quotidiana?
Se o incontrato il Risorto non mi adeguerò a quello ce pensa la maggioranza di un problema, ma avrò il coraggio di cercare la verità, anche se fossi solo: la maggioranza non è sinonimo di verità. Il processo di Gesù ne è il segno più eloquente. Nella mia vita di Chiesa sono una persona che non vuole fastidi, una persona debole, una persona che si adegua alla legge del più forte e quindi al processo avrebbe gridato a favore di Barabba? Se ricopro un ruolo ho il coraggio di Gesù, perché ho incontrato il Risorto, oppure sono il Pilato della situazione e me ne lavo le mani e cerco di coprire anche la menzogna più evidente, in modo ce il debole resti la vittima del potente del momento?
La mia celebrazione eucaristica rispecchia la realtà delle parole e dei gesti che compio, oppure è espressione della mia autoreferenzialità, anche nell’esercizio della carità che, il Giovedì Santo è espressa dal segno della lavanda dei piedi?
L’incontro con il Risorto mi porta a riconoscermi manovale assunto nel cantiere dello Spirito Santo, per cui non ritengo mai mio merito il bene compiuto, ma suo merito?
Queste righe possono, durante il Triduo pasquale aiutarci a fare sintesi della nostra vita cristiana.
Di P. Giorgio Bontempi C.M
[1] AMBROGIO DI MILANO, Epist.,23, 12-13; PL. !6, 1039.
[2] AGOSTINO D’IPPONA, Epist. 55,24: PL 33, 215.
[3] Secondo P. Jounel, Le Triduum pascal in A. G. Martimort (ed), L’Eglise en Prière, IV, Paris, 193, 59 n. 28 [tr. It. La Chiesa in preghiera, IV, Brescia 194, 65 n.28].
[4] LEONE MAGNO; Serm., 72, 1:, CCL 138, A, 441.