«Ravviva il dono di Dio» (2 Tim 1,6): dalla codardia alla vitalità missionaria

«Ravviva il dono di Dio» (2 Tim 1,6) è un invito urgente a riscoprire la vitalità missionaria contro accidia e codardia. San Paolo, papa Francesco e san Vincenzo ci guidano in un cammino di rinnovamento spirituale. Una riflessione profonda sulla vocazione nella Congregazione della Missione.

Quando san Paolo, in 1 Tim 4,14, ricorda a Timoteo di non trascurare il dono spirituale ricevuto con l’imposizione delle mani, si riferisce al dono dell’insegnamento.
Ma quando, in 2 Tim 1,6-7, gli dice di ravvivare il dono di Dio ricevuto tramite l’imposizione delle mani dello stesso Paolo, si riferisce alla testimonianza che deve dare con la sua vita. E aggiunge che questo dono dello Spirito Santo non è uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di autocontrollo.

La vocazione missionaria che viviamo può indebolirsi per molte ragioni. Ma Paolo ne evidenzia una in particolare: la codardia. All’epoca, la codardia non era ancora una risposta alle persecuzioni che avrebbero richiesto, più tardi, la testimonianza della fede e il sangue dei martiri.
Si trattava piuttosto del pericolo di avere paura di fronte a un mondo ordinato e potente sotto l’Impero, che poteva percepire la voce profetica dei missionari come un tentativo debole di minare il bene comune.

Una situazione molto simile a quella che viviamo oggi, in una società che possiede un’enorme capacità di mentire a sé stessa. Una società che, invece di ascoltare la voce del missionario, preferisce rifugiarsi nel proprio silenzio davanti alle grandi domande sul senso della vita. E spesso accompagnata dal silenzio dei giusti. Una società che non ci chiederà di parlare di un mondo migliore, ma solo di ciò che essa già domina e controlla.

Nel n. 80 di Evangelii gaudium, papa Francesco esclama: «Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario!» E nei numeri 81-83 parla dell’accidia paralizzante. La descrive come il risultato di «attività vissute male, senza motivazioni adeguate, senza una spiritualità che impregni l’azione e la renda desiderabile» (EG 82).

Tra le cause dell’accidia, il Papa ne sottolinea una cruciale: la perdita del contatto reale con il popolo, dando più importanza all’organizzazione che alle persone, preferendo la “tabella di marcia” al vero cammino.
Se ci rifugiamo nella sicurezza istituzionale invece di rischiare il cammino evangelico, stiamo forse vivendo quella che Paolo definisce «codardia».

Un errore che si ripete nella storia è lo spostamento dell’interesse dalla proposta nuova all’istituzione che ne deriva.
La Chiesa è nata dall’azione dello Spirito del Risorto. Il problema nasce quando, nel cuore stesso della Chiesa, prevalgono poteri più preoccupati della forza, della sicurezza, dell’economia e del prestigio, che della fedeltà a Gesù, il Signore.

La paura ragionevole può essere utile e necessaria per evitare pericoli. Ma la paura che rifiuta la ragione diventa codardia.

Di fronte alle difficoltà della missione, abbiamo più che mai bisogno della forza, dell’amore e della temperanza chieste da Paolo per Timoteo.

È necessario ravvivare il dono della nostra vocazione missionaria, in particolare la forza che ci viene dai voti.
In particolare, con il voto di STABILITÀ, «ci impegniamo a restare per tutta la vita nella Congregazione, dedicandoci al suo fine…» (Costituzioni, 39).

Quando cediamo alla stanchezza missionaria, lasciamo entrare in noi l’accidia, la codardia e il pessimismo sterile. E il rischio è che non solo si indebolisca la nostra vocazione, ma che contamini anche la Congregazione.
In questo caso, il voto di stabilità non è più garanzia e ricchezza per la Congregazione della Missione, ma malattia e perdita. Che il Signore non permetta mai che diventi una pandemia.

Con il carisma di san Vincenzo dentro di noi, dobbiamo ravvivare anche le virtù che animano la spiritualità della nostra vocazione.

Possiamo collegare le virtù che Paolo chiede a Timoteo a quelle richieste dalla nostra vocazione vincenziana. Il P. Robert Maloney ha aggiornato con saggezza le virtù della nostra Congregazione.
Ad esempio, la FORZA richiesta da san Paolo può essere collegata alla nostra virtù dello ZELO PER LE ANIME: non solo nel servire i poveri, ma anche nella pastorale vocazionale.
La TEMPERANZA, richiesta da Paolo, può essere collegata alla MORTIFICAZIONE. Una virtù difficile da accettare oggi se limitata al corpo o alle emozioni. Ma se vissuta nella dimensione spirituale, come capacità di rinunciare a un bene per uno maggiore, si rivela molto attuale.

Concludendo questa riflessione, da quanto Paolo ha condiviso con Timoteo nelle sue due lettere, dovrebbe risuonare nei nostri cuori il desiderio di ravvivare il dono della nostra vocazione,
con le stesse attitudini che Paolo raccomanda:
«Annuncia la Parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni pazienza e dottrina» (2 Tim 4,2).

Mons. Luis Solé Fa, CM

vitalità missionaria

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