Constituciones, Estatutos y Reglas Comunes

Documentos de la
Congregación de la Misión

Constituciones

COSTITUZIONI E STATUTI
DELLA CONGREGAZIONE
DELLA MISSIONE

PARTE PRIMA

LA VOCAZIONE

C 1. — Il fine della Congregazione della Missione è seguire Cristo che annuncia il Vangelo ai poveri. Questo fine si realizza quando i confratelli e le comunità, fedeli a san Vincenzo:

1° cercano con tutte le forze, di rivestirsi dello spirito di Cristo (RC I, 3), per raggiungere la perfezione conveniente alla loro vocazione (RC XII, 13);

2° attendono all’evangelizzazione dei poveri, soprattutto dei più abbandonati;

3° aiutano i chierici e i laici nella loro formazione, e li guidano a partecipare, in modo più impegnato, all’evangelizzazione dei poveri.

C 2. — Tenendo conto del proprio fine, la Congregazione della Missione, con la mente rivolta al Vangelo e l’attenzione sempre vigile ai segni dei tempi e agli appelli più urgenti della Chiesa, sarà sollecita ad aprire nuove vie e ad impiegare mezzi corrispondenti alle diverse esigenze dei tempi e dei luoghi; inoltre si impegnerà a riesaminare attentamente e a coordinare le sue opere e i suoi ministeri, rimanendo così in stato di continuo rinnovamento.

C 3. — § 1. La Congregazione della Missione è una società clericale di vita apostolica e di diritto pontificio, nella quale i membri perseguono il proprio fine apostolico secondo il patrimonio spirituale trasmesso da san Vincenzo e sancito dalla Chiesa; conducono vita fraterna in comune secondo un proprio stile di vita e tendono alla carità perfetta mediante l’osservanza delle Costituzioni.

§ 2. La Congregazione della Missione, secondo la tradizione che risale a san Vincenzo, esercita il suo apostolato in stretta collaborazione con i vescovi e con il clero diocesano; per questo san Vincenzo affermò spesso che la Congregazione della Missione è secolare, benché goda di una propria autonomia concessale sia dalla legge universale sia dall’esenzione.

§ 3. I membri della Congregazione della Missione, allo scopo di perseguire il fine della stessa Congregazione in modo più efficace e sicuro, emettono i voti di stabilità, castità, povertà e obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti.

C 4. — La Congregazione della Missione, che è formata di chierici e di laici, per poter conseguire, con l’aiuto della grazia di Dio, il fine che si propone, cerca di far proprio il modo di pensare e di sentire di Cristo, anzi lo stesso suo spirito, che risplende in modo mirabile nelle massime evangeliche, come viene spiegato nelle Regole Comuni.

C 5. — Lo spirito della Congregazione è la partecipazione dello spirito di Cristo stesso, come l’ha proposto san Vincenzo: « Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio » (Lc 4, 18). Perciò « Gesù Cristo è la regola della Missione » e sarà il centro della sua vita e della sua attività (SV XII, 130; SVit X, 448).

C 6. — Lo spirito della Congregazione, dunque, abbraccia quelle disposizioni interiori dell’animo di Cristo, che il Fondatore, fin dagli inizi, raccomandava ai confratelli: amore e rispetto devoto verso il Padre, amore compassionevole e fattivo verso i poveri, docilità alla Provvidenza divina.

C 7. — La Congregazione cerca di esprimere il suo spirito anche nella pratica delle « cinque virtù » derivate da una particolare contemplazione di Cristo: la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione, lo zelo per le anime. Di esse san Vincenzo disse: « La Congregazione avrà somma cura di coltivarle e praticarle, in modo che queste cinque virtù siano come le facoltà dell’anima di tutta la Congregazione, e tutte le azioni di ciascuno di noi ne siano sempre animate » (RC II, 14).

C 8. — Tutti aspireranno ad approfondire sempre più la conoscenza di questo spirito, richiamandosi al Vangelo, all’esempio e all’insegnamento di san Vincenzo, consapevoli che il nostro spirito e il nostro ministero devono trarre alimento l’uno dall’altro.

C 9. — La nostra vocazione inoltre – cioè il fine, la natura e lo spirito – deve ispirare e dirigere la vita e l’organizzazione della Congregazione.

PARTE SECONDA

LA VITA NELLA CONGREGAZIONE

Capitolo I
L’attività apostolica

C 10. — La Congregazione della Missione, fin dai tempi del Fondatore e seguendo la sua ispirazione, si riconosce chiamata da Dio ad attendere all’evangelizzazione dei poveri.

Insieme con tutta la Chiesa, può affermare di se stessa, a titolo del tutto particolare, che il mandato di evangelizzare è per lei la grazia e la vocazione sua propria, l’espressione della sua identità più profonda (cf. EN 14).

Anzi ognuno dei suoi membri può dire con Gesù: « è necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio; per questo sono stato mandato » (Lc 4, 43).

C 11. — L’amore di Cristo che sente compassione delle folle (cf. Mc 8, 2) è la sorgente di tutta la nostra attività apostolica, e ci spinge, secondo le parole di san Vincenzo, « a rendere veramente effettivo il Vangelo » (SV XII, 84; SVit X, 415).

Nelle diverse situazioni che i tempi e i luoghi presentano, la nostra evangelizzazione deve mirare, con le parole e le opere, a questo scopo: che tutti, attraverso la conversione e la celebrazione dei sacramenti, aderiscano « al regno, cioè al mondo nuovo, al nuovo stato di cose, alla nuova maniera di essere, di vivere, di vivere insieme, che il Vangelo inaugura » (EN 23).

C 12. — Nel lavoro di evangelizzazione che la Congregazione si propone di svolgere, si devono tenere ben presenti queste caratteristiche:

1° una chiara ed esplicita preferenza per l’apostolato tra i poveri: infatti, la loro evangelizzazione è il segno che, sulla terra, il regno di Dio si avvicina (cf. Mt 11, 5);

2° una sensibilità attenta alla realtà concreta della società umana, soprattutto alle cause della disuguale distribuzione dei beni nel mondo, per poter meglio compiere la missione profetica dell’evangelizzazione;

3° una qualche partecipazione alla condizione dei poveri, in modo che non solo li evangelizziamo, ma siamo anche da loro evangelizzati;

4° un’autentica responsabilità comunitaria nel lavoro apostolico, per sentirci più facilmente sostenuti reciprocamente nella vocazione comune;

5° la disponibilità ad andare in tutto il mondo, secondo l’esempio dei primi missionari della Congregazione;

6° un atteggiamento di conversione continua, che deve essere ricercata sia dai singoli, sia dall’intera Congregazione, secondo il pensiero di san Paolo che ammonisce: « Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare » (Rm 12, 2).

S 1. — Le opere apostoliche che, dopo attento esame, dovessero risultare ai giorni nostri non più rispondenti alla vocazione della Congregazione, siano gradualmente abbandonate.

S 2.  Nel contesto attuale di globalizzazione, molteplici fattori e situazioni mettono alla prova la fede e rappresentano delle sfide per i metodi tradizionali di evangelizzazione. I confratelli prenderanno seriamente in considerazione tutto ciò, convinti che questa situazione esige da loro una testimonianza personale e comunitaria di fede solida nel Dio di Gesù Cristo e la ricerca di nuove vie per realizzare bene la loro vocazione di evangelizzatori dei poveri.

S 3.  Le province e le singole case collaboreranno volentieri, in spirito di fraternità, sia tra loro sia con il clero diocesano e con gli istituti religiosi, come anche con i laici, in tutto ciò che si riferisce alle iniziative apostoliche.

S 4.  I confratelli si inseriranno nel dialogo ecumenico; saranno attivamente presenti insieme con gli altri, siano essi cristiani o no, a tutte le realtà di indole religiosa, sociale e culturale.

C 13.  Le province stesse giudicheranno quali forme di apostolato debbano adottare, in modo che, nella fedeltà allo spirito e all’esempio di san Vincenzo, inseriscano la loro attività nella pastorale della Chiesa locale, come richiedono le istruzioni e i documenti emanati dalla Sede Apostolica, dalle Conferenze episcopali e dai vescovi diocesani.

C 14. — Le missioni al popolo, così care al cuore del Fondatore, devono essere incrementate con ogni sforzo. Ci impegneremo quindi a fondo nell’opera delle missioni, adattandola alle condizioni e alle circostanze di ogni luogo. Ricercheremo tutti i mezzi possibili per dare nuovo impulso a quest’opera, sia per rinnovare e costituire vere comunità cristiane, sia per suscitare la fede nel cuore di coloro che non credono.

C 15. — Il lavoro di formazione dei chierici nei seminari, che fin dall’inizio fu considerato un’attività propria della Congregazione, sia aggiornato in modo opportuno ed efficace.

I confratelli inoltre offrano il loro aiuto spirituale ai sacerdoti, sia favorendo tra loro la formazione continua, sia promuovendo lo studio dei problemi pastorali. Stimolino in essi il desiderio di far propria la scelta della Chiesa a favore dei poveri.

Attendano ad animare opportunamente i laici e a prepararli convenientemente anche ai ministeri pastorali che sono necessari nella comunità cristiana.

Infine educhino i chierici e i laici a lavorare strettamente uniti e ad aiutarsi gli uni gli altri nel processo di formazione della comunità cristiana.

C 16. — Tra le attività apostoliche della Congregazione occupano un posto di alto rilievo le missioni sia « ad Gentes » sia tra popolazioni che si trovano in condizioni analoghe di evangelizzazione.

Nel fondare nuove comunità ecclesiali, i missionari prestino grande attenzione ai « germi del Verbo » contenuti nella cultura e nella religiosità dei vari popoli (cf. EN 53).

S 5. — Per le missioni « ad Gentes », si tengano presenti le seguenti norme:

1) attuando il principio di corresponsabilità, le province, o spontaneamente o su invito del Superiore generale, si prestino aiuto reciproco;

2) le singole province, o più province insieme, si assumano la responsabilità di almeno uno dei territori di missione, inviandovi confratelli come operai nella messe del Signore;

3) sia concessa ai confratelli la possibilità di aiutare, in modo concreto, le opere delle missioni, anche offrendosi per il ministero dell’evangelizzazione in quei luoghi;

4) si stimolino i confratelli a prender parte alle opere missionarie della Chiesa universale e locale. Anche le opere missionarie proprie della Congregazione siano organizzate in modo appropriato.

S 6. — I missionari che vengono inviati alle missioni « ad Gentes », mediante la conoscenza della situazione del luogo dove lavoreranno, si preparino con diligenza ai compiti speciali che vi dovranno svolgere, affinché l’attività pastorale che intraprenderanno risponda fruttuosamente alle necessità del luogo.

C 17. — Poiché la Congregazione della Missione partecipa della stessa eredità delle Figlie della Carità, i confratelli, quando ne siano richiesti, presteranno volentieri ad esse la loro assistenza, specialmente per quanto concerne gli esercizi spirituali e la direzione spirituale.

Daranno inoltre sempre la loro collaborazione fraterna nelle opere intraprese di mutuo accordo.

S 7.  § 1. I confratelli avranno particolare cura di promuovere e assistere, nelle loro attività apostoliche, la Famiglia Vincenziana e le Associazioni laicali vincenziane che ne fanno parte.

§ 2. Tutti i confratelli dovranno essere preparati in modo adeguato a rendere questo servizio ai diversi rami della Famiglia Vincenziana ed essere disponibili a renderlo, quando viene loro richiesto.

§ 3. Il cuore di questo servizio consisterà nella condivisione della propria esperienza di fede alla luce degli insegnamenti della Chiesa e dello spirito vincenziano. Perché questo servizio sia rispondente alle necessità di oggi, si dovrà avere cura della necessaria formazione teologicospirituale, tecnica, professionale e politicosociale.

§ 4. In occasione della chiusura di case, si presterà una particolare attenzione per facilitare la continuità dei gruppi laicali che condividono lo spirito vincenziano.

S 8. — Si promuovano tra le province incontri per approfondire la conoscenza della vocazione dei missionari e di quei metodi dell’attività pastorale che con più efficacia rispondano alle concrete situazioni e mutamenti delle cose e delle persone.

C 18. — Animati dall’esempio di san Vincenzo che, realizzando la parabola del buon Samaritano (Lc 10, 3037), soccorreva gli abbandonati con mezzi efficaci, le province e i singoli confratelli, ognuno secondo le proprie possibilità, si sforzeranno di venire in soccorso di coloro che sono emarginati o vittime di sventure e di ingiustizie di vario genere, e di quanti soffrono delle forme di povertà morale, caratteristiche del nostro tempo. Operando in loro favore e insieme con loro, si impegneranno a soddisfare le istanze della giustizia sociale e della carità evangelica.

S 9. — § 1. è compito delle province emanare, secondo le circostanze, norme riguardanti l’attività sociale, e determinare mezzi concreti con cui possa essere affrettata la realizzazione della giustizia sociale.

§ 2. Inoltre i confratelli, tenendo conto delle circostanze di tempo e di luogo, offriranno la loro collaborazione alle associazioni che si propongono di difendere i diritti umani e di promuovere la giustizia e la pace.

S 10. — § 1. Tra le attività apostoliche della Congregazione vanno annoverate le parrocchie, purché l’apostolato che i confratelli vi esercitano sia in consonanza con il fine e la natura del nostro Istituto, e sia richiesto dall’insufficiente numero di pastori.

§ 2. Queste parrocchie della Congregazione devono essere realmente formate, in gran parte, da poveri, oppure devono essere annesse a seminari in cui i confratelli formano i giovani all’attività pastorale.

S 11. — § 1. I confratelli, consapevoli della grande importanza della formazione dei giovani e degli adulti, assumeranno il compito di insegnanti e di educatori là dove ciò sia necessario per realizzare il fine della Congregazione.

§ 2. Tale compito si deve svolgere non solo nelle scuole di ogni tipo, ma anche nelle famiglie, nei posti di lavoro, anzi in ogni ambiente sociale frequentato da giovani e adulti.

§ 3. Le scuole, i collegi e le università, secondo le esigenze dei vari luoghi, accolgano i poveri per favorirne la promozione. Affermando poi il valore dell’educazione cristiana, e impartendo una formazione sociale cristiana, cerchino di istillare negli alunni il senso del povero, secondo lo spirito del Fondatore.

S 12. — Tra gli strumenti di cui la Congregazione si serve nell’opera di evangelizzazione, si tenga il dovuto conto dei mezzi tecnici di comunicazione sociale per una diffusione più ampia ed efficace della parola di salvezza.

Capitolo II

La vita comunitaria

C 19. — San Vincenzo ha radunato nella Chiesa dei confratelli che, in nuova forma di vita comunitaria, si dedicassero all’evangelizzazione dei poveri. Infatti la comunità vincenziana è ordinata a preparare, favorire costantemente e sostenere l’attività apostolica. A tale scopo, tutti e singoli i confratelli, stretti in comunione fraterna, impegnati in un rinnovamento continuo, tendono all’adempimento della missione comune.

C 20. — Come la Chiesa e nella Chiesa, la Congregazione trova nella Trinità il principio più sublime della sua attività e della sua vita.

1° Radunati in comunità per annunziare l’amore del Padre verso gli uomini, esprimiamo questo stesso amore nella nostra vita.

2° Seguiamo Cristo che riunisce gli apostoli e i discepoli, e con loro conduce vita fraterna per evangelizzare i poveri.

3° Sotto l’impulso dello Spirito Santo, costruiamo l’unità tra di noi nel compimento della nostra missione, per rendere una testimonianza credibile di Cristo Salvatore.

C 21. — § 1. La vita comunitaria, fin dagli inizi e per volontà espressa di san Vincenzo, è una caratteristica della Congregazione e la sua ordinaria forma di vita. Perciò i confratelli devono abitare nella casa o nella comunità legittimamente costituita, a norma del diritto proprio.

§ 2. Questo rapporto fraterno, continuamente alimentato dalla missione, crea la comunità per promuovere il progresso personale e comunitario, e per dare maggiore efficacia al ministero dell’evangelizzazione.

C 22. — Ci sentiremo della comunità con il dono di noi stessi e di tutto quanto abbiamo. Nel medesimo tempo, tuttavia, si abbia il dovuto rispetto per ciò che si riferisce alla vita privata di ciascuno; la comunità aiuti a sviluppare le attitudini personali; discerna le iniziative dei confratelli alla luce del fine e dello spirito della Missione. In questo modo, le diversità e i carismi dei singoli contribuiscono a ravvivare la comunione e a far sì che la missione ottenga i suoi frutti.

C 23. — Ogni comunità locale goda di una giusta autonomia per essere veramente un luogo in cui si realizza l’intima connessione tra comunità di apostolato e di vita, in armonia con il bene della Congregazione a livello sia provinciale che universale. Infatti, la comunità locale è cellula viva dell’intera Congregazione.

C 24. — Perché sia di aiuto al nostro apostolato, ci sforziamo di vivere una vita comunitaria animata dalla carità, soprattutto nella pratica delle « cinque virtù » di modo che essa sia per il mondo segno della novità di vita portata dal Vangelo. Perciò:

1° per compiere la nostra missione, cercheremo di vivere in concordia tra di noi, prestandoci aiuto scambievole soprattutto nei momenti difficili, comunicandoci l’un l’altro la gioia in semplicità di cuore;

2° sostenuti dall’indispensabile ministero dell’autorità, ci renderemo corresponsabili, insieme con il Superiore, nel cercare la volontà di Dio nella vita e nelle opere, sottomettendoci a un’obbedienza attiva; favoriremo inoltre tra di noi il dialogo, superando forme di vita troppo individualistiche;

3° prestando umile e fraterna attenzione alle opinioni e ai bisogni di ogni confratello, ci impegneremo a superare le difficoltà che la vita comune porta con sé; eserciteremo infine con dolcezza la correzione fraterna, riconciliandoci reciprocamente;

4° ci sforzeremo con premurosa attenzione di creare quelle condizioni che sono necessarie per il lavoro, il riposo, la preghiera e la vita fraterna; perciò ci serviremo dei mezzi di comunicazione con discrezione e prudenza e, salve le esigenze dell’apostolato, riserveremo qualche parte della casa per tutelare l’intimità della comunità.

C 25. — La comunità realizza una continua formazione di se stessa, rinnovando innanzitutto gli elementi principali del nostro modo di vivere e di lavorare. Essi sono:

1° la sequela, in forma comunitaria, di Cristo evangelizzatore, la quale genera in noi vincoli speciali di amore e di affetto; perciò uniremo il mutuo rispetto con la sincera benevolenza « come cari amici » (RC VIII, 2);

2° l’evangelizzazione dei poveri, la quale dona a tutte le nostre attività un carattere unitario, che non affievolisce le capacità personali né i doni, benché diversi, di ciascuno, ma li volge a servizio di questa missione;

3° la preghiera, in modo particolare nell’Eucarestia, che costituisce la sorgente della nostra vita spirituale, comunitaria e apostolica;

4° i nostri beni, che saranno comuni secondo il pensiero di san Vincenzo, e che volentieri condivideremo con gli altri.

In questo modo la nostra vita diventa veramente una comunità di rapporti fraterni, di lavoro, di preghiera e di beni.

C 26. — § 1. Ci staranno a cuore i confratelli malati, i più deboli e quelli che sono più avanti negli anni: considereremo la loro presenza come una benedizione per le nostre case. Perciò, oltre a prestar loro le cure mediche e il necessario per una vita serena, li faremo partecipare alla vita di famiglia e al nostro apostolato.

§ 2. Per i confratelli defunti poi offriremo fedelmente i suffragi prescritti negli Statuti.

S 13. — I confratelli ammalati e anziani o in situazioni di particolare necessità, uniti in modo speciale al Cristo sofferente, prendono parte alla nostra opera di evangelizzazione. Ci preoccuperemo di assisterli in modo conveniente. Qualora non sia più possibile accoglierli nella casa in cui hanno svolto il loro servizio, il Visitatore con il suo Consiglio avrà la responsabilità di prendere la decisione più adatta, dopo aver attentamente valutato le diverse possibilità e ascoltato il confratello bisognoso di assistenza.

S 14. — § 1. I confratelli che, a causa dei ministeri loro affidati dalla Congregazione, sono costretti a vivere soli, faranno il possibile per trascorrere un po’ del loro tempo in comunità, per sperimentare i valori della comunità. Da parte nostra, saremo loro vicini per rendere meno pesante la loro solitudine e saremo solleciti nell’invitarli a condividere qualche volta con noi la vita fraterna e l’apostolato.

§ 2. Faremo poi il possibile per offrire il nostro aiuto fraterno e tempestivo ai confratelli che si trovassero in qualche difficoltà.

S 15. — § 1. Osserveremo fedelmente i doveri verso i genitori, con quella moderazione che ci consenta di adempiere la nostra missione e di essere fedeli alla vita comunitaria.

§ 2. Accoglieremo a cuore aperto nelle nostre case confratelli, sacerdoti e altri ospiti.

§ 3. Tratteremo con generosità i poveri che ci chiederanno soccorso, cercando di aiutarli a uscire dalle loro difficoltà.

§ 4. Estenderemo di buon animo i nostri rapporti fraterni a tutti coloro che condividono con noi la vita e il lavoro.

C 27. — Ogni comunità elaborerà un progetto comunitario, secondo le Costituzioni, gli Statuti e le Norme provinciali. Esso servirà di guida nell’organizzare la nostra vita e il nostro lavoro, nel porre in atto le deliberazioni, e nella revisione periodica della nostra vita e della nostra attività.

S 16. — Il progetto comunitario, che ogni comunità elabora, possibilmente all’inizio dell’anno di lavoro, comprenda: l’attività apostolica, la preghiera, l’uso dei beni, la testimonianza cristiana nel luogo dove si lavora, la formazione permanente, i tempi di riflessione comunitaria, il tempo necessario di sollievo e di studio, l’organizzazione della giornata. Tutto ciò dovrà essere sottoposto a revisione periodica.

Capitolo III

La castità, la povertà,
l’obbedienza e la stabilità

C 28. — Desiderando continuare la missione di Cristo, ci consacriamo all’evangelizzazione dei poveri nella Congregazione per tutta la vita. Per realizzare questa vocazione, abbracciamo la castità, la povertà e l’obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti. Infatti « la piccola Congregazione della Missione… avendo lo scopo di dedicarsi alla salvezza delle anime, soprattutto dei poveri contadini, ha ritenuto di non potersi servire di armi più forti e più appropriate di quelle stesse che usò con tanto successo e tanta efficacia la stessa Sapienza eterna » (RC II, 18).

C 29. — § 1. Poiché vogliamo imitare Cristo nel suo amore verso tutti, abbracciamo con voto la castità perfetta nel celibato per il regno dei cieli. La accogliamo come un dono che ci viene elargito dalla personale e infinita benevolenza di Dio.

§ 2. In tal modo apriamo più generosamente a Dio e al prossimo il nostro cuore, e tutto il nostro modo di agire diventa una gioiosa espressione dell’amore tra Cristo e la Chiesa, che si manifesterà pienamente nel mondo futuro.

C 30. — L’intima unione con Cristo, la comunione veramente fraterna, l’assidua dedizione all’apostolato, l’ascesi collaudata dall’esperienza della Chiesa, concorreranno a dar vigore alla nostra castità.

Attraverso la continua e matura risposta alla vocazione divina, essa è sorgente di fecondità spirituale nel mondo e giova molto al raggiungimento di una pienezza anche umana.

C 31. — « Cristo stesso, cui appartengono tutti i beni, abbracciò la povertà a tal punto da non avere dove posare il capo, e costituì i collaboratori della sua missione, cioè gli apostoli e i discepoli, in simile grado di povertà da non possedere nulla di proprio… ciascuno, per quanto lo comporta la sua debolezza, si sforzerà di imitarlo nel coltivare questa virtù » (RC III, 1). Così facendo, i confratelli dimostreranno di dipendere totalmente da Dio, e la stessa evangelizzazione dei poveri riuscirà più efficace.

C 32. — § 1. Ogni confratello, nel compiere il ministero secondo il fine della Congregazione e il progetto comunitario della comunità, si senta soggetto alla legge universale del lavoro.

§ 2. I proventi del lavoro o ciò che ognuno riceve in qualsiasi modo « intuitu Congregationis » dopo la sua incorporazione a titolo di pensione, di sussidio o di assicurazione, secondo il diritto proprio della Comunità sono da ritenersi beni della medesima; cosicché, sull’esempio dei primi cristiani, realizziamo una vera comunione di beni e ci aiutiamo fraternamente.

C 33. — Tenendo presenti le condizioni dei poveri, il nostro tenore di vita sia semplice e sobrio. Anche i mezzi di apostolato, sia pure efficaci e moderni, siano esenti da ogni parvenza di ostentazione.

I mezzi necessari al sostentamento e al perfezionamento dei confratelli e allo sviluppo delle opere, devono provenire in massima parte dall’impegno di tutti. La Congregazione, poi, rifuggendo da ogni accumulazione di beni, destinerà parte delle sue sostanze a beneficio dei poveri; così, libera da ogni cupidigia di ricchezze, costituirà una testimonianza per il mondo invischiato nel materialismo.

C 34. — Per usare i beni e per disporre di essi è necessario avere, in forza del voto, il consenso del Superiore, secondo le Costituzioni e gli Statuti. Ma poiché, per coltivare lo spirito della povertà, il solo permesso del Superiore non è sufficiente, occorre che ognuno rifletta attentamente su ciò che è più adatto e più conforme alla nostra vita e al nostro ministero, secondo lo spirito del nostro Fondatore espresso nelle Regole comuni.

C 35. — Destineremo, con il permesso del Superiore, i nostri beni personali, secondo lo statuto fondamentale che regola il voto di povertà nella Congregazione, a vantaggio delle opere di carità e anche dei confratelli, evitando che si creino disuguaglianze tra di noi.

S 17. — § 1. L’Assemblea provinciale adatti le norme circa la pratica della povertà, in conformità con le Costituzioni e con lo spirito delle Regole comuni e dello statuto fondamentale sulla povertà, dato alla Congregazione da Alessandro VII, nel Breve « Alias nos supplicationibus ».

§ 2. Le singole province e le comunità locali, in base alle diverse esigenze dei luoghi e delle situazioni, ricerchino il modo di osservare la povertà evangelica, e su di esso si esaminino periodicamente, convinti che la povertà non solo è il baluardo della Comunità (cf. RC III, 1), ma anche presupposto di rinnovamento e segno di progresso della nostra vocazione nella Chiesa e nel mondo.

C 36. — Memori che la condizione umana ha i suoi limiti, e seguendo il modo di agire salvifico di Cristo, che si è fatto obbediente fino alla morte, ci impegneremo, sotto la guida dello Spirito Santo, ad obbedire volentieri alla volontà del Padre che ci si manifesta in molti modi.

C 37. — § 1. La partecipazione a questo mistero di Cristo obbediente esige da parte di tutti la ricerca comunitaria della volontà del Padre, attraverso la scambievole comunicazione delle esperienze, il dialogo libero e responsabile, nel quale le differenze di età e di mentalità si possono confrontare, in modo che ne nascano e maturino quelle intese comuni che permettano poi di prendere le decisioni opportune.

§ 2. I confratelli, con spirito di corresponsabilità e memori delle parole di san Vincenzo, cercheranno, secondo le loro forze, di obbedire con prontezza, con gioia e con perseveranza ai Superiori. Alla luce della fede, si sforzeranno di conformarsi alle decisioni dei Superiori, anche quando la loro opinione personale sembrasse migliore.

C 38. — § 1. In forza del voto d’obbedienza siamo tenuti a obbedire al sommo Pontefice, al Superiore generale, al Visitatore, al Superiore della casa e ai loro sostituti, che ci comandano secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 2. Ai vescovi, nelle cui diocesi la Congregazione è presente, obbediremo a norma del diritto universale e di quello proprio del nostro Istituto, secondo il pensiero e lo spirito di san Vincenzo.

C 39. — Con il voto particolare di stabilità ci impegniamo ad attendere al fine della Congregazione per tutta la vita nella medesima Congregazione, svolgendo le attività che ci saranno prescritte dai Superiori, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

S 18. — Le province, le comunità locali e ogni confratello si impegneranno seriamente ad approfondire il voto di Stabilità, che comprende il dono totale di se stessi alla sequela di Cristo evangelizzatore dei poveri e la fedeltà a rimanere per tutta la vita nella Congregazione della Missione.

Capitolo IV

La preghiera

C 40. — § 1. Cristo Signore, che viveva in continua e intima unione con il Padre, ne ricercava la volontà nella preghiera. Essa fu la norma suprema della sua vita, della sua missione e della sua offerta per la salvezza del mondo. Egli insegnò pure ai suoi discepoli a pregare nel medesimo spirito, sempre, senza mai venir meno.

§ 2. Anche noi, santificati in Cristo e mandati nel mondo, ci sforzeremo di cercare, con la preghiera, i segni della volontà di Dio e di imitare la disponibilità di Cristo, giudicando ogni cosa secondo il suo spirito. In questo modo, la nostra vita viene trasformata dallo Spirito Santo in offerta spirituale, e noi diventiamo più idonei a partecipare alla missione di Cristo.

C 41. — « Datemi un uomo d’orazione, e sarà capace di tutto » (SV XI, 83; SVit X, 77). Secondo il pensiero di san Vincenzo, la preghiera è sorgente della vita spirituale del missionario: con essa egli si riveste di Cristo, assimila la dottrina del Vangelo, giudica le cose e gli avvenimenti alla presenza di Dio, e rimane fermo e sicuro nel suo amore misericordioso. In tal modo, lo Spirito di Cristo dona sempre efficacia alle nostre parole e alle nostre azioni.

C 42. — Il rapporto apostolico col mondo, la vita comunitaria e l’esperienza di Dio mediante la preghiera, si completano a vicenda nella vita del missionario e si fondono in un’unica realtà. Infatti, nella preghiera, la fede, l’amore fraterno e lo zelo apostolico si rinnovano continuamente; a sua volta, nell’azione, l’amore di Dio e del prossimo si dimostra effettivo. Mediante l’unione della preghiera con l’apostolato, il missionario si fa contemplativo nell’azione e apostolo nella preghiera.

C 43. — La preghiera del missionario deve ispirarsi allo spirito filiale, all’umiltà, alla fiducia nella Provvidenza e all’amore della bontà di Dio. Impariamo in tal modo a pregare come poveri in spirito, persuasi che la nostra debolezza viene rinvigorita dalla potenza dello Spirito Santo. Egli, infatti, illumina la nostra mente e fortifica la nostra volontà per conoscere più a fondo le necessità del mondo e apportarvi più efficace rimedio.

C 44. — è necessario che valorizziamo le particolari possibilità di preghiera che ci offrono il ministero della parola, dei sacramenti e della carità, e gli avvenimenti della vita. Quando annunciamo il Vangelo ai poveri, dobbiamo scoprire e contemplare in essi Cristo stesso; quando esercitiamo il nostro ministero presso le popolazioni alle quali siamo stati inviati, dobbiamo non solo pregare per loro, ma anche con loro, e partecipare quasi spontaneamente alla loro fede e alla loro devozione.

C 45. — Parteciperemo alla preghiera liturgica in modo vivo e autentico.

§ 1. La nostra vita abbia come suo vertice la celebrazione quotidiana della Cena del Signore: da essa, infatti, come da sorgente, attingono forza la nostra attività e la nostra comunione fraterna. Per mezzo dell’Eucaristia viene ripresentata la morte e la risurrezione di Cristo; in Cristo diventiamo offerta vivente e la comunità del popolo di Dio viene espressa e costruita.

§ 2. Ci accosteremo con frequenza al sacramento della Penitenza per attendere alla conversione continua e ravvivare la nostra vocazione.

§ 3. Con la celebrazione della Liturgia delle Ore, uniamo le nostre voci e i nostri cuori per cantare le lodi del Signore, innalziamo a lui la nostra preghiera incessante e intercediamo per tutti gli uomini.

Perciò celebreremo in comune le Lodi e i Vespri, a meno che non ne siamo impediti da impegni di apostolato.

C 46. — Nella preghiera comunitaria abbiamo un ottimo mezzo di animazione e di rinnovamento di vita, soprattutto quando celebriamo e partecipiamo la parola di Dio, o quando, mediante un dialogo fraterno, ci comunichiamo reciprocamente i frutti della nostra esperienza spirituale e apostolica.

C 47. — § 1. Cercheremo, secondo le nostre possibilità, di fare ogni giorno la preghiera personale, in privato o in comune, per un’ora, secondo la tradizione di san Vincenzo. In tal modo diventiamo capaci di cogliere i sentimenti di Cristo, e di scoprire il cammino per compiere la sua missione. Essa poi prepari, dilati e dia compimento alla preghiera comunitaria e liturgica.

§ 2. Attenderemo fedelmente nel corso dell’anno agli esercizi spirituali.

C 48. — Quali testimoni e annunciatori dell’amore di Dio, abbiamo il dovere di nutrire una devozione particolare e di tributare un culto speciale ai misteri della Trinità e dell’Incarnazione.

C 49. — § 1. Venereremo con speciale devozione anche Maria, Madre di Cristo e della Chiesa. Ella, secondo le parole di san Vincenzo, comprese a fondo, più di tutti gli altri credenti, gli insegnamenti del Vangelo, e li rese operanti nella sua vita.

§ 2. Dimostreremo la nostra devozione all’Immacolata Vergine Maria in vari modi, celebrando con sincera pietà le sue feste e invocandola frequentemente, soprattutto con la recita del rosario.

Faremo conoscere il messaggio particolare che Ella, nella sua bontà materna, ha rivelato nella Medaglia Miracolosa.

C 50. — Ci starà a cuore il culto di san Vincenzo e dei Santi e Beati della famiglia vincenziana. Ci rifaremo costantemente al patrimonio del Fondatore, che è contenuto nei suoi scritti e nella tradizione della Congregazione, affinché possiamo imparare ad amare ciò che egli ha amato e a praticare ciò che egli ha insegnato.

S 19. — Attenderemo fedelmente alle pratiche di pietà tradizionali nella Congregazione, secondo il progetto comunitario, specialmente alla lettura della Sacra Scrittura e in modo particolare del Nuovo Testamento, al culto dell’Eucaristia, alla meditazione in comune, all’esame di coscienza, alla lettura spirituale, agli esercizi spirituali annuali e alla direzione spirituale.

Capitolo V

I membri della Congregazione

1. Principi generali

C 51. — I membri della Congregazione della Missione sono discepoli di Cristo che, chiamati da Dio a continuare la sua missione, e ammessi in Congregazione, cercano di corrispondere secondo le loro forze alla propria vocazione, impegnandosi assiduamente in conformità agli insegnamenti, alle istruzioni e ai disegni di san Vincenzo de Paoli.

C 52. — § 1. I membri della Congregazione, che, in forza del battesimo e della cresima, partecipano tutti del sacerdozio regale di Cristo, sono chierici e fratelli, e tutti sono detti anche missionari.

1° I chierici, cioè i sacerdoti e i diaconi, ciascuno secondo il proprio ordine, sull’esempio di nostro Signore Gesù Cristo Sacerdote, Pastore e Maestro, vivono la loro vocazione nell’esercizio di questa triplice funzione, in tutte le forme di apostolato che possono servire a realizzare il fine della Congregazione.

Ad essi si aggiungono coloro che si preparano a ricevere gli ordini.

2° I laici, che da noi sono chiamati fratelli, sono destinati all’apostolato della Chiesa e della Congregazione, e lo svolgono in attività adatte alla loro condizione.

§ 2. Tutti costoro sono: o soltanto ammessi, o anche incorporati, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

2. Ammissione in Congregazione

C 53. — § 1. Il candidato viene ammesso in Congregazione quando, dietro sua domanda, è accolto per compiere il periodo di prova nel seminario interno.

§ 2. Il diritto di ammettere candidati al seminario interno spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio, per la sua provincia.

§ 3. Quanto ai requisiti per l’ammissione, si deve stare al diritto universale.

C 54. — § 1. Il tempo complessivo di preparazione all’incorporazione alla Congregazione non deve essere inferiore a due anni, né superiore a nove anni dall’accettazione nel seminario interno.

§ 2. Trascorso un anno completo dall’ammissione in Congregazione, il confratello, secondo la nostra tradizione, manifesta, con i Proponimenti, la sua volontà di attendere per tutta la vita alla salvezza dei poveri nella Congregazione, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 3. Il diritto di ammettere ai Proponimenti, nel rispetto delle norme stabilite, spetta:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per la sua provincia.

S 20. — § 1. Il seminario interno ha inizio quando, dal Direttore o da chi ne fa le veci, il candidato viene dichiarato ammesso, secondo le Norme provinciali.

§ 2. La Congregazione, a tempo debito e se ritenute necessarie, prenderà cautele valide anche in foro civile, affinché, nel caso che un confratello si ritiri spontaneamente o venga dimesso, siano rispettati nel modo dovuto i diritti sia del confratello che della Congregazione.

S 21. — I Proponimenti vengono emessi nella Congregazione della Missione secondo una formula che può essere diretta o dichiarativa:

1° Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della tua grazia, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

2° Formula dichiarativa: Io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della grazia di Dio, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

S 22. — § 1. L’emissione dei proponimenti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un altro confratello da lui designato.

§ 2. Sarà compito dell’Assemblea di ciascuna provincia stabilire altre disposizioni circa l’emissione o la rinnovazione dei proponimenti e circa qualche forma di vincolo temporaneo che si potrebbe aggiungere, come anche circa i diritti e i doveri che i confratelli godono a partire dalla loro ammissione in Congregazione fino alla loro incorporazione ad essa.

C 55. — § 1. I nostri voti sono perpetui, non religiosi, riservati, cosicché soltanto il Romano Pontefice e il Superiore generale li possono dispensare.

§ 2. Questi voti devono essere interpretati fedelmente secondo il progetto di san Vincenzo approvato da Alessandro VII nei Brevi « Ex commissa nobis » (22.IX.1655) e « Alias nos supplicationibus » (12.VIII.1659).

C 56. — Il diritto di ammettere ai voti spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per la sua Provincia.

C 57. — § 1. Il permesso di emettere i voti, dato dal Superiore maggiore su domanda del confratello, comporta, una volta emessi i voti, l’incorporazione alla Congregazione; a essa un confratello viene incardinato ricevendo il diaconato.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione non può essere ammesso agli ordini. Tuttavia l’incorporazione di un confratello già chierico lo incardina nella Congregazione.

C 58. — § 1. L’emissione dei voti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un confratello da lui designato.

§ 2. Secondo l’uso della Congregazione, tanto la domanda quanto l’attestato dell’emissione dei voti devono essere redatti in forma scritta. Il Superiore generale, poi, sia informato al più presto dell’avvenuta emissione dei voti.

I voti della Congregazione della Missione vengono emessi secondo queste formule:

a) Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della tua grazia.

b) Formula dichiarativa: Io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto a Dio di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto a Dio di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della grazia di Dio.

c) Formula tradizionale: Io N.N., indegno (sacerdote, chierico, fratello) della Congregazione della Missione, alla presenza della beatissima Vergine e di tutti i Santi del cielo, faccio voto a Dio di povertà, di castità e di obbedienza al nostro Superiore e ai suoi successori, secondo le Regole o Costituzioni del nostro Istituto. Inoltre faccio voto di dedicarmi alla salvezza dei poveri della campagna per tutta la mia vita nella predetta Congregazione, con l’aiuto della grazia di Dio onnipotente, che perciò umilmente invoco.

S 23. — Ulteriori determinazioni riguardanti il tempo dell’emissione dei voti sono di competenza dell’Assemblea provinciale di ciascuna provincia.

S 24. — In casi particolari, l’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio una formula propria per l’emissione dei proponimenti e dei voti, conservando però gli elementi essenziali contenuti nelle formule prestabilite.

3. Diritti e doveri dei membri della Congregazione

C 59. — § 1. Tutti i membri della Congregazione, a norma del diritto universale e proprio, godono dei diritti, dei privilegi e dei favori spirituali concessi alla Congregazione, salvo che risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa.

§ 2. Tutti i confratelli incorporati alla Congregazione godono dei medesimi diritti e sono tenuti agli stessi doveri, a norma del diritto universale e proprio, salvo quanto riguarda l’esercizio dell’ordine e l’annessa giurisdizione. Invece i confratelli che sono stati soltanto ammessi in Congregazione godono dei diritti e sono tenuti ai doveri previsti dalle Costituzioni, dagli Statuti e dalle Norme provinciali.

C 60. — Godono del diritto di voce attiva e passiva, secondo il diritto universale e proprio, i confratelli incorporati alla Congregazione, a meno che non l’abbiano perduto a norma del diritto.

C 61. — Salve restando le altre condizioni stabilite dal diritto universale e proprio, godono del diritto di voce passiva, per tutti gli uffici e le cariche, i confratelli incorporati alla Congregazione almeno da tre anni, e che abbiano compiuto i venticinque anni di età.

S 25. — Sono privi del diritto di voce attiva e passiva:

1° coloro che, per indulto, vivono fuori della Congregazione, secondo il diritto proprio della Congregazione e la clausola apposta a tale indulto;

2° i confratelli elevati all’ordine dell’Episcopato o anche solo nominati, finché sono in carica, ed anche dopo, a meno che non ritornino alla vita di Comunità;

3° i Vicari, i Prefetti e gli Amministratori Apostolici, anche se non Vescovi, finché sono in carica, a meno che non siano, allo stesso tempo, Superiori di una casa della Congregazione.

S 26. — § 1. Oltre a quelli indicati nei canoni 171, § 1, nn. 34; 1336, § 1, n. 2 e negli art. 70 e 72, § 2 delle Costituzioni della Congregazione della Missione, sono privi di voce attiva e passiva anche coloro che, quando devono esercitare il diritto di voce attiva e passiva sia nella Congregazione, sia nella provincia, sia nella casa, sono in qualsiasi modo illegittimamente assenti, cioè:

a) coloro che sono assenti dalla Congregazione, senza il dovuto permesso, quando la loro assenza superi il tempo di sei mesi;

b) coloro che hanno ottenuto il dovuto permesso, ma, trascorso il tempo, non l’hanno rinnovato (cf. Cost. art. 72, § 2);

c) coloro che non stanno ai termini stabiliti nei loro permessi di risiedere fuori della comunità (cf. Cost. art. 67, § 2);

d) coloro che hanno superato i tre anni di permesso, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da esercitare a nome della Congregazione (cf. Cost. art. 67, § 2).

§ 2. Nei casi dubbi, il Visitatore, con il consenso del proprio Consiglio, decide se il confratello gode di voce attiva e passiva, considerando attentamente la sua situazione in provincia, il diritto proprio della Congregazione e le Norme provinciali.

§ 3. Quanto detto per la voce attiva e passiva vale anche per le consultazioni stabilite dal diritto proprio della Congregazione e dalle Norme provinciali.

C 62. — I membri della Congregazione, oltre ai doveri a cui sono tenuti per diritto proprio, sono anche soggetti agli obblighi comuni dei chierici stabiliti dal diritto universale nei cc. 273289. Ciò riguarda non soltanto i chierici, come è evidente, e questi in modo speciale per quanto riguarda l’uso dell’abito ecclesiastico (c. 284) e la celebrazione della Liturgia delle Ore (c. 276), ma anche i laici, a meno che non risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa o dal contesto.

S 27. — § 1. A ciascun confratello sono dovuti, dopo la sua morte, suffragi da parte di tutta la Congregazione.

§ 2. Ogni mese, ciascun confratello, secondo la sua condizione, offra una Messa per i vivi e per i defunti di tutta la famiglia vincenziana, ed anche per i genitori, i parenti e i benefattori, aggiungendo un’intenzione speciale per la conservazione dello spirito originario della Congregazione.

§ 3. Ciascun confratello offra anche una seconda Messa per i confratelli di tutta la Congregazione morti nel mese precedente.

§ 4. Altre disposizioni siano stabilite da ciascuna provincia.

S 28. — Ogni confratello incorporato alla Congregazione ha diritto, ogni mese, alla celebrazione di alcune Messe secondo la propria intenzione, senza riceverne l’offerta. Spetta alle singole province stabilire le norme circa il numero e il modo di celebrare queste Messe.

C 63. — Tutti devono osservare, con obbedienza attiva e responsabile, le Costituzioni e gli Statuti e le altre norme che sono in vigore nella Congregazione.

C 64. — Osservino anche le norme emanate dagli Ordinari del luogo, salvo restando il diritto della nostra esenzione.

4. Ascrizione dei confratelli ad una provincia e ad una casa

C 65. — Ogni membro della Congregazione della Missione deve essere ascritto ad una provincia e ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, a norma del diritto proprio.

S 29. — § 1. Il Superiore generale, gli Assistenti, il Segretario e l’Economo generale, il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, durante il loro incarico, agli effetti giuridici, non appartengono ad alcuna provincia.

§ 2. Gli altri confratelli che prestano servizio negli uffici della Curia generalizia continuano ad appartenere alla loro provincia d’origine, rimanendo ascritti a una delle sue case, con una destinazione temporanea alla Curia, in base ad una convenzione stipulata tra il Superiore generale e il Visitatore della provincia del confratello.

S 30. — § 1. Ogni membro della Congregazione della Missione viene ascritto alla provincia per la quale i Superiori lo ammettono legittimamente in Congregazione. Tale provincia si chiama provincia di origine.

§ 2. Un confratello ottiene una nuova ascrizione mediante la destinazione da una provincia ad un’altra, fatta legittimamente dai Superiori. Tale provincia si chiama provincia di destinazione.

S 31. — Per il passaggio di un confratello da una provincia a un’altra, salva sempre l’autorità del Superiore generale, si richiede soltanto che i Superiori maggiori competenti, dopo aver sentito il confratello, si accordino fra di loro. Se però il confratello fosse contrario, il trasferimento a un’altra provincia non può avvenire senza l’approvazione del Superiore generale.

S 32. — Il Superiore generale, allo scadere del suo ufficio, ha il diritto di scegliersi una provincia.

S 33.  § 1. L’ascrizione alla provincia di destinazione può avvenire per un periodo indeterminato o determinato.

§ 2. Nei due casi, i due Visitatori:

1° preciseranno per iscritto in una convenzione i diritti e doveri del confratello e delle due province;

2° redigeranno dei documenti di trasferimento da conservare negli archivi delle due province;

3° il Visitatore della provincia da cui il confratello è stato trasferito invierà al Segretario generale la comunicazione della nuova ascrizione.

§ 3. Nel caso di un’ascrizione temporanea, scaduto il suo tempo, il confratello ritorna ad essere immediatamente membro della provincia da cui era stato trasferito, a meno che i Visitatori, dopo aver sentito il confratello, non abbiano convenuto diversamente tra loro, sempre per iscritto, in conformità con gli Statuti.

S 34. — Un confratello viene ascritto ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, mediante la destinazione fatta dal legittimo Superiore.

C 66. — Nella provincia e nella casa o nel gruppo costituito a modo di casa, dove sono ascritti, i confratelli hanno:

1° i diritti e i doveri secondo le Costituzioni e gli Statuti;

2° un proprio e diretto Superiore locale e maggiore;

3° l’esercizio della voce attiva e passiva.

C 67. — § 1. Il confratello che abbia ottenuto dal Superiore generale o dal Visitatore, con il consenso del loro Consiglio, il permesso di vivere fuori della sua casa o della sua comunità, deve essere ascritto ad una casa o ad una comunità perché possa godere in essa dei suoi diritti ed osservare i propri doveri, in conformità del permesso che gli è stato concesso.

§ 2. Tale permesso venga concesso per una giusta causa, ma non per più di un anno, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da svolgere a nome dell’Istituto.

5. Uscita e dimissione dalla Congregazione

C 68. — Per ciò che riguarda l’uscita e la dimissione dei confratelli, nella Congregazione della Missione ci si deve attenere al diritto universale e proprio.

C 69. — § 1. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può lasciarla liberamente, dopo aver manifestato la sua decisione ai Superiori.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può venir dimesso, per giusti motivi, dal Superiore generale o dal Visitatore, dopo aver sentito i rispettivi Consigli e i Superiori del confratello.

C 70. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere a un confratello incorporato alla Congregazione di vivere, non oltre un triennio, fuori della medesima, purché osservi gli obblighi che possono conciliarsi con la sua nuova condizione di vita. Il confratello però rimane sotto la cura dei Superiori della Congregazione, senza godere, tuttavia, della voce attiva e passiva. Se poi si tratta di un chierico, si richiede anche il consenso dell’Ordinario del luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua cura e dipendenza, a norma del c. 745.

C 71. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere ad un confratello di uscire dalla Congregazione, e dispensarlo dai voti, a norma del c. 743.

C 72. — § 1. Un confratello incorporato alla Congregazione, che si sottrae alla comunione con essa e all’autorità dei Superiori, venga prontamente da questi ricercato e aiutato a perseverare nella sua vocazione.

§ 2. Se poi, dopo sei mesi, il confratello non fosse ritornato, sia privato della voce attiva e passiva e, a norma dell’art. 74 § 2, può essere dimesso con decreto del Superiore generale.

C 73. — § 1. Si deve ritenere ipso facto dimesso dall’Istituto il confratello che:

1° abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;

2° abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente.

§ 2. In tali casi il Superiore maggiore con il suo Consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente, a norma del c. 694.

C 74. — § 1. Un confratello deve essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 695, 698, 699 § 1.

§ 2. Un confratello può essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 696, 697, 698, 699 § 1.

§ 3. In caso di grave scandalo esterno o nel pericolo imminente di un gravissimo danno per l’Istituto, un confratello può essere espulso dalla casa immediatamente da parte del Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo risultasse pericoloso, dal Superiore locale con il consenso del suo Consiglio, a norma del c. 703.

C 75. — Il decreto di dimissione sia comunicato il più presto possibile al confratello interessato, salva la sua facoltà di ricorrere alla Sede Apostolica, con effetto sospensivo, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica. Perché il decreto di dimissione abbia vigore, si deve osservare il c. 700.

C 76. — § 1. Con la legittima dimissione cessano ipso facto i voti, i diritti e gli obblighi che il confratello aveva nella Congregazione. Se però è un chierico, si deve stare a quanto è prescritto dai cc. 693 e 701.

§ 2. Coloro che legittimamente escono dalla Congregazione, o ne sono legittimamente dimessi, non possono esigere nulla da essa per qualsiasi attività in essa compiuta.

§ 3. La Congregazione deve però osservare l’equità e la carità evangelica verso il confratello che se ne separa, come è stabilito nel c. 702.

S 35. — Hanno l’autorità di riammettere in Congregazione:

1° il Superiore generale, sentito il suo Consiglio, per tutti;

2° il Visitatore, sentito il suo Consiglio e il Visitatore della provincia dalla quale il confratello è uscito o fu dimesso, per coloro che non erano ancora stati incorporati alla Congregazione.

Capitolo VI

La formazione

I. – La pastorale vocazionale

S 36. — La pastorale vocazionale esige da parte nostra la preghiera assidua (Mt 9, 37) e la testimonianza schietta, totale e gioiosa di una vita apostolica e comunitaria, soprattutto quando gli adolescenti e i giovani lavorano con noi nella missione vincenziana, formandosi nella fede.

S 37. — § 1. Le province, le case e i singoli confratelli pongano ogni cura nel suscitare nuovi candidati per la missione vincenziana.

§ 2. Le province studino i mezzi più adatti per promuovere le vocazioni e coltivarle, ed elaborino un piano provinciale che risponda adeguatamente allo scopo.

§ 3. Il Visitatore, sentito il suo Consiglio, nominerà un animatore vocazionale, che dovrà coordinare nelle nostre opere le varie iniziative per promuovere le vocazioni.

S 38. — I candidati che desiderano entrare nella Congregazione devono aver già fatto la loro scelta di vita cristiana, il proposito di dedicarsi all’apostolato e la scelta di esercitarlo nella comunità vincenziana. In caso contrario, bisogna aiutarli a fare queste scelte, in modo progressivo, mediante la pastorale giovanile oppure, dove ci sono, nelle Scuole Apostoliche.

S 39. — La formazione dei candidati, adeguata alla loro età, si fondi soprattutto sulla vita fraterna, l’ascolto assiduo della parola di Dio, le celebrazioni liturgiche, l’attività apostolica svolta insieme con gli educatori, l’orientamento personale di ciascuno, lo studio e il lavoro.

II. – La formazione dei membri della Congregazione

1. Principi generali

C 77. — § 1. La nostra formazione deve tendere, con metodo progressivo, a far sì che i confratelli, animati dallo spirito di san Vincenzo, si rendano idonei a compiere la missione della Congregazione.

§ 2. Imparino quindi, ogni giorno di più, che Gesù Cristo è il centro della nostra vita e la regola della Congregazione.

C 78. — § 1. Il periodo della formazione, come tutta la nostra vita, sia ordinato in modo tale che la carità di Cristo ci spinga sempre più a raggiungere il fine della Congregazione. Fine questo che i confratelli, come discepoli del Signore, raggiungeranno mediante il rinnegamento di se stessi e la conversione continua a Cristo.

§ 2. I confratelli si applichino nella meditazione della parola di Dio, nella vita sacramentale, nella preghiera sia comunitaria che personale, e nella pratica della spiritualità vincenziana.

§ 3. Gli studenti inoltre compiano in modo regolare gli studi prescritti dalle leggi della Chiesa, così che possano acquistare la scienza necessaria.

§ 4. Tutti, fin da principio, secondo la preparazione personale di ciascuno, si esercitino convenientemente nella pastorale, soprattutto insieme con i loro Superiori. Si accostino anche ai poveri per conoscere da vicino la loro reale condizione di vita. In questo modo ognuno potrà scoprire più facilmente la sua specifica vocazione nella comunità, rispondente alle sue attitudini personali.

§ 5. Le norme pedagogiche siano applicate, tenendo conto dell’età degli alunni, in modo tale che, mentre a poco a poco imparano a dominare se stessi, si abituino anche ad usare della loro libertà con saggezza, ad agire con spontaneità e avvedutezza, e raggiungano la maturità cristiana.

C 79. — I confratelli, rispondendo alla chiamata di Dio in comunità, durante il periodo della loro formazione imparino a vivere la vita comunitaria vincenziana. La comunità, da parte sua, durante tutto il corso della formazione, assecondi le iniziative personali di ciascuno.

C 80. — Nella formazione dei confratelli, si curi il coordinamento tra i vari settori della formazione e sia rispettata un’organica unità tra i successivi periodi educativi. Tutto poi venga disposto in modo tale che tenda al fine pastorale della Congregazione.

C 81. — La formazione dei confratelli deve continuare e rinnovarsi durante tutta la vita.

S 40. — Oltre alla formazione comune, occorre, nei limiti del possibile, provvedere per ciascuno dei nostri giovani una formazione professionale specifica, che li renda idonei a compiere con efficacia le opere di apostolato loro assegnate dalla Congregazione e più corrispondenti alle loro attitudini.

S 41. — § 1. Ogni provincia elaborerà un piano di formazione che sia in accordo con i principi sopra indicati, con i documenti e le direttive della Chiesa e della Congregazione della Missione, e che risponda alle diverse esigenze locali.

§ 2. Il Visitatore, da parte sua, nomini una commissione per la formazione, la quale avrà l’incarico di elaborare e di aggiornare il piano per la formazione, e di trattare quanto è connesso con il graduale processo educativo.

S 42. — Ogni provincia provveda, con l’aiuto della commissione per la formazione, a regolare e a favorire la formazione permanente sia comunitaria che personale.

2. Il seminario interno

C 82. — I candidati, per essere ammessi al seminario interno, tra le condizioni richieste, devono mostrare d’avere attitudine a realizzare in comunità la vocazione vincenziana.

C 83. — § 1. Il seminario interno è il tempo in cui i confratelli iniziano la missione e la vita nella Congregazione e, con l’aiuto della comunità e dei superiori, conoscono più a fondo la loro vocazione, e attraverso una formazione speciale si preparano in libertà alla loro incorporazione nella Congregazione.

§ 2. Il seminario interno deve durare almeno dodici mesi, continui o suddivisi. Se i mesi sono suddivisi, toccherà all’Assemblea provinciale determinare il numero dei mesi continui, e stabilire a quale punto del corso degli studi debba essere inserito il periodo del seminario interno.

C 84. — Tutto l’ordinamento di questo periodo deve perciò far sì che i seminaristi:

1° raggiungano una più completa maturità;

2° siano iniziati, in modo progressivo, ad una conoscenza e ad una esperienza adeguate della missione apostolica e della vita della Congregazione;

3° giungano, soprattutto nella preghiera, all’esperienza di Dio.

C 85. — Per raggiungere questo scopo, i seminaristi avranno cura di:

1° acquistare una conoscenza adeguata e concreta degli uomini, particolarmente dei poveri, dei loro bisogni, delle loro aspirazioni e dei loro problemi;

2° approfondire la conoscenza dell’indole propria, dello spirito e dei ministeri della Congregazione, rifacendosi alle fonti, in modo particolare alla vita e alle opere di san Vincenzo, alla storia e alle tradizioni della Congregazione e ad un’attiva e congrua partecipazione del nostro apostolato;

3° dare largo spazio allo studio e alla meditazione del Vangelo e di tutta la Sacra Scrittura;

4° rendersi parte attiva del mistero e della missione della Chiesa, quale comunità di salvezza;

5° conoscere e vivere le massime evangeliche, in particolar modo la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo il pensiero di san Vincenzo.

C 86. — I seminaristi sono intimamente inseriti nella comunità provinciale e locale presso la quale vivono, e della loro formazione è responsabile tutta la comunità, sotto la guida e l’animazione del Direttore del seminario interno.

S 43. — Il Seminario interno, secondo le necessità, può essere provinciale o interprovinciale. Nei due casi può compiersi in una o in più case della Congregazione scelte dal Visitatore o dai Visitatori interessati, con il consenso dei loro Consigli.

S 44. — In circostanze particolari, e considerando la maturità umana e cristiana dei candidati, il Visitatore potrà fare opportuni adattamenti.

3. Il seminario maggiore

C 87. — § 1. Il tempo del seminario maggiore ha lo scopo di dare una formazione completa al sacerdozio ministeriale vincenziano, in modo che gli studenti, sull’esempio di Cristo evangelizzatore, si formino alla predicazione del Vangelo, alla celebrazione del culto divino e alla cura pastorale dei fedeli.

§ 2. Secondo lo spirito di san Vincenzo e la tradizione della Congregazione, la formazione dei nostri studenti sia rivolta principalmente al ministero della parola e all’esercizio della carità verso i poveri.

C 88. — La formazione dei nostri studenti sia così strettamente inserita nella realtà sociale, che gli studi aiutino a formarsi una visione e un giudizio critico del mondo contemporaneo. Gli studenti inoltre, attraverso la conversione del cuore, comincino a prender parte, in modo efficace, all’impegno cristiano di instaurare la giustizia, acquistino una sempre più profonda consapevolezza delle radici della povertà nel mondo, e scoprano quali sono gli ostacoli che rendono difficile l’evangelizzazione. Tutto questo programma deve attuarsi alla luce della parola di Dio e sotto la guida dei superiori.

C 89. — Si favoriscano negli studenti la maturità affettiva e le attitudini missionarie, quali: l’abilità a dar vita e a dirigere comunità, il senso di responsabilità, la capacità di giudizio e il suo esercizio, la prontezza alla generosità, la forza di obbligarsi fermamente a realizzare il fine della Congregazione.

C 90. — Il Visitatore deve stabilire un conveniente periodo di tempo durante il quale gli studenti, terminato il corso teologico, esercitino l’ordine del diaconato, prima di essere ammessi al presbiterato.

S 45. — § 1. La casa del seminario maggiore può essere, a seconda delle necessità, propria a ciascuna provincia o comune a più province.

§ 2. Per compiere il corso degli studi ecclesiastici, i nostri studenti possono essere inviati in un’altra provincia o ad un istituto approvato. In tal caso però si provveda che essi conducano vita comune, secondo le consuetudini della Congregazione, e ricevano una conveniente formazione vincenziana.

§ 3. Nelle case di formazione fiorisca la vita di famiglia e si pongano le premesse per una fraternità tra membri della stessa provincia. Se però gli studenti fossero numerosi, si possono dividere, con criteri opportuni, in gruppi minori, per provvedere meglio alla formazione personale di ciascuno.

S 46. — Il Visitatore, sentiti i Superiori e il suo Consiglio, può, per giusti motivi, concedere agli studenti, durante il periodo della formazione, di interrompere gli studi e di vivere fuori della casa di formazione.

S 47. — Si favorisca la mutua conoscenza tra gli studenti delle diverse province della Congregazione.

4. La formazione dei Fratelli

C 91. — § 1. Si abbia una cura particolare di formare i fratelli al compimento fedele della loro missione nella Congregazione. Tutto ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti è disposto circa la formazione, venga applicato anche per la formazione dei fratelli.

§ 2. Occorre quindi che la loro formazione nel seminario interno sia uguale a quella degli altri confratelli, a meno che situazioni particolari non consiglino altrimenti.

§ 3. Quanto alla formazione dei fratelli che debbano essere promossi al diaconato permanente, si osservino le Norme provinciali.

S 48. — Una formazione culturale e professionale specifica per i fratelli deve essere debitamente realizzata attraverso un corso di studio legalmente riconosciuto, affinché essi possano conseguire un titolo o un diploma conveniente.

C 92. — I fratelli vengano inseriti nell’apostolato gradualmente, affinché apprendano a considerare, giudicare e compiere ogni cosa alla luce della fede, e attraverso l’azione imparino a formarsi e a perfezionarsi insieme con gli altri.

5. I Superiori e gli insegnanti

C 93. — L’intera comunità provinciale deve sentirsi responsabile della formazione degli studenti, in modo che ogni confratello offra la sua collaborazione a questa medesima opera.

C 94. — Poiché la formazione degli studenti dipende principalmente dalla idoneità di coloro che li formano, occorre che i Superiori e gli insegnanti siano preparati con una solida dottrina, con una conveniente esperienza pastorale e con una formazione specifica.

C 95. — § 1. Superiori e studenti devono costituire una vera comunità educativa mediante la disponibilità alla mutua comprensione e alla fiducia reciproca, e vivendo tra loro in abituale ed attiva familiarità.

§ 2. Questa comunità educativa, aperta alla collaborazione degli altri gruppi, sottoponga i suoi piani e le sue attività ad una revisione costante.

§ 3. I Superiori operino collegialmente; tuttavia la cura specifica e diretta dei seminaristi e degli studenti sia affidata ad un confratello o, se necessario, a più confratelli.

S 49. — Il seminario maggiore, quale centro di formazione, aiuti i confratelli impegnati nelle diverse attività. Gli stessi educatori e insegnanti si dedichino a opere di apostolato.

S 50. — Si abbia cura che nelle case di formazione vi siano, secondo la necessità, confratelli idonei che esercitino l’ufficio di confessori e di direttori spirituali.

PARTE TERZA

L’ORGANIZZAZIONE

Sezione I. — IL GOVERNO

Principi generali

C 96. — Tutti i confratelli, essendo chiamati a lavorare per continuare la missione di Cristo, hanno il diritto e il dovere di cooperare al bene della comunità apostolica e di partecipare al suo governo, a norma del diritto proprio. Pertanto i confratelli cooperino in modo attivo e responsabile sia nell’esercitare gli uffici, sia nell’intraprendere opere di apostolato, sia nell’eseguire quanto è prescritto.

C 97. — § 1. Coloro che nella Congregazione esercitano l’autorità, che viene da Dio, e coloro che in qualsiasi modo partecipano al suo esercizio, anche nelle Assemblee e nei Consigli, abbiano davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito ma per servire. Perciò, consapevoli della loro responsabilità davanti a Dio, si considerino a servizio della comunità per promuovere il fine che le è proprio secondo lo spirito di san Vincenzo, in una vera comunione di apostolato e di vita.

§ 2. Pertanto instaurino con i confratelli un rapporto di dialogo, ferma restando l’autorità loro propria di decidere e di comandare ciò che va fatto.

C 98. — Tutti i confratelli, nell’adempimento degli incarichi loro affidati dalla comunità, godono del potere sufficiente per esercitarli. Non siano perciò avocate a un grado superiore dell’autorità quelle cose alle quali possono provvedere o i singoli confratelli o i gradi inferiori dell’autorità.

Si mantenga però quell’unità di governo, che è necessaria per raggiungere il fine e il bene di tutta la Congregazione.

C 99. — La Congregazione della Missione, con le sue case e le sue chiese, e tutti i suoi membri, per concessione speciale dei Romani Pontefici, godono dell’esenzione dalla giurisdizione degli Ordinari del luogo, eccetto i casi contemplati dal diritto.

C 100. — L’Assemblea generale, il Superiore generale, i Visitatori e i Superiori delle case e delle comunità legittimamente costituite, hanno sui loro confratelli la potestà definita dal diritto universale e proprio; hanno inoltre la potestà ecclesiastica di governo, ossia di giurisdizione, per il foro esterno ed interno. I Superiori perciò devono essere insigniti dell’ordine sacro.

Capitolo I

L’amministrazione centrale

1. Il Superiore generale

C 101. — Il Superiore generale, successore di san Vincenzo, insieme con tutta la Congregazione, continua la missione del Fondatore, adattata secondo le diverse circostanze, al servizio della Chiesa universale. Perciò governi la Congregazione con tale sollecitudine che il carisma di san Vincenzo rimanga sempre vivo nella Chiesa.

C 102. — Il Superiore generale, centro di unità e di coordinamento delle province, sia anche principio di animazione spirituale e di azione apostolica.

C 103. — Il Superiore generale governa tutte le province, le case e i singoli confratelli della Congregazione con potestà ordinaria, a norma del diritto universale e proprio. Il Superiore generale tuttavia è soggetto all’autorità dell’Assemblea generale, a norma del diritto.

C 104. — Il Superiore generale ha l’autorità di dare soltanto l’interpretazione usuale delle Costituzioni, degli Statuti e dei Decreti dell’Assemblea generale.

C 105. — § 1. Il Superiore generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma dell’art. 140 delle Costituzioni.

§ 2. Per la validità dell’elezione del Superiore generale si richiedono le condizioni che il candidato deve avere a norma del diritto universale e proprio.

§ 3. Il Superiore generale viene eletto per un sessennio, e può essere rieletto per un secondo sessennio, a norma del diritto proprio della Congregazione.

§ 4. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte del successore nella seguente Assemblea generale ordinaria.

C 106. — § 1. Il Superiore generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per sua rinunzia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Superiore generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetta agli Assistenti giudicare collegialmente il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

C 107. — Oltre alle facoltà che gli sono attribuite dal diritto universale o per concessione speciale, spetta al Superiore generale:

1° adoperarsi con grande diligenza affinché lo spirito del Fondatore sia dovunque autentico e fervoroso; l’attività apostolica della Congregazione e l’aggiornamento della medesima siano continuamente promossi; le Costituzioni e gli Statuti vengano applicati con la massima esattezza;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni generali per il bene della Congregazione;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli interessati, fondare province, unirle, dividerle, sopprimerle, nel rispetto delle norme del diritto;

4° convocare l’Assemblea generale e presiederla, e dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa;

5° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Consultori provinciali, rimuovere dal suo ufficio, per gravi motivi, un Visitatore;

6° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, a norma del c. 733 § 1, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, salva l’autorità del Visitatore;

7° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori interessati, erigere, per gravi motivi, case di una Provincia nel territorio di un’altra;

8° per giusti motivi e con il consenso del suo Consiglio, erigere case che non dipendano da nessuna provincia, e siano rette da un Superiore locale alla diretta dipendenza del Superiore generale, e nominarne i Superiori;

9° con il consenso del suo Consiglio, dare ai confratelli il permesso di emettere i voti, e ammetterli agli ordini; dispensare, per gravi motivi, dai voti, sia nel caso che uno legittimamente si ritiri, sia che venga dimesso;

10° dimettere i confratelli dalla Congregazione, a norma del diritto universale e proprio;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi straordinari e per gravi motivi, dispensare dalle Costituzioni;

12° con il consenso del suo Consiglio, approvare le Norme stabilite dalle Assemblee provinciali.

S 51. — Oltre alle facoltà che gli vengono attribuite dal diritto universale, o per concessione speciale, al Superiore generale compete:

1° esercitare nei confronti delle viceprovince le medesime facoltà che ha per le province;

2° salvo il diritto di compiere la visita canonica, se le circostanze lo richiedono, visitare, almeno una volta durante il suo mandato, personalmente o per mezzo di altri, le province e le viceprovince per animarle e rendersi conto della situazione loro e dei confratelli;

3° a) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato gli interessati, accettare missioni offerte alla Congregazione dalla Sede Apostolica o dagli Ordinari del luogo, tenendole sotto la propria giurisdizione o affidandole a una provincia o a un gruppo di province; rinunciare a quelle che le erano state affidate;

b) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, costituire delle équipes missionarie sotto la propria giurisdizione o affidarle a una provincia o a un gruppo di province.

4° concedere ai Visitatori la facoltà di accettare o di rifiutare missioni concesse dagli Ordinari del luogo fuori del territorio di qualsiasi provincia della Congregazione;

5° con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito i Visitatori e i Vicevisitatori, a tempo opportuno, prima dell’Assemblea generale, nominare la commissione preparatoria;

6° promulgare quanto prima le decisioni dell’Assemblea generale;

7° con il consenso del suo Consiglio, e nel rispetto delle norme stabilite, stipulare i contratti di maggiore rilievo;

8° per motivi gravi, con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito il Visitatore della provincia, i Consultori e, se il tempo lo consente, un gran numero di confratelli, governare per breve tempo una provincia mediante un amministratore munito delle facoltà delegate dallo stesso Superiore generale;

9° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori e i confratelli interessati, trasferire confratelli da una provincia ad un’altra;

10° concedere a confratelli legittimamente separati dalla Congregazione i suffragi in uso per i nostri defunti;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi particolari e per giusti motivi, dispensare dagli Statuti e dai Decreti dell’Assemblea generale;

12° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Visitatori interessati, nominare i Direttori delle Figlie della Carità;

13° concedere l’affiliazione a benefattori e amici della Congregazione, indicando i benefici spirituali che loro spettano;

14° con il consenso del suo Consiglio, incitare le province a partecipare alle attività missionarie internazionali (opere, impegni);

15° con il consenso del suo Consiglio, e udite le parti interessate, costituire delle regioni al di fuori del territorio delle province e approvare le regioni erette dai Visitatori;

16° con il consenso del suo Consiglio, approvare lo Statuto di ogni Conferenza di Visitatori;

17° organizzare il lavoro del Consiglio generale e i servizi degli Assistenti generali.

S 52. — Il Superiore generale ha il suo domicilio in Roma. Non può cambiarlo senza il consenso dell’Assemblea generale e senza aver prima consultato la Sede Apostolica.

S 53. — Le disposizioni emanate dal Superiore generale hanno vigore fino alla seguente Assemblea generale, a meno che non sia stato stabilito diversamente dallo stesso Superiore generale o dal suo successore.

S 54. — I Visitatori, i Superiori e gli altri ufficiali della Congregazione, come pure i Direttori provinciali delle Figlie della Carità, terminato il loro mandato, rimangono in carica fino all’entrata in servizio dei loro successori; questo per una ragione di buon ordine.

2. Il Vicario generale

C 108. — Il Vicario generale coadiuva il Superiore generale e lo sostituisce nell’ufficio quando è assente o impedito, a norma del diritto proprio.

C 109. — Il Vicario generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio. Per il fatto di essere stato eletto Vicario generale, diventa anche Assistente generale.

C 110. — In caso di assenza del Superiore generale, il Vicario generale ne assume interamente l’autorità, a meno che il Superiore generale non abbia riservato a sé qualche cosa.

C 111. — In caso di impedimento del Superiore generale, il Vicario generale lo sostituisce di pieno diritto fino alla cessazione dell’impedimento. Di tale impedimento giudica il Consiglio generale, assente il Superiore generale, ma presente il Vicario generale.

C 112. — Se, per qualsiasi motivo, si rende vacante l’ufficio di Superiore generale, il Vicario generale diventa ipso facto Superiore generale fino allo scadere del sessennio. Egli poi, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 113. — Se, per qualsiasi motivo, viene a mancare il Vicario generale, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 114. — Il Vicario generale cessa dal suo ufficio a norma del diritto universale e proprio.

S 55. — § 1. Il Vicario generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per rinuncia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Vicario generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetterà al Superiore generale con il suo Consiglio, escluso però lo stesso Vicario generale, giudicare il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

S 56.  Il Vicario generale che abbia assunto il governo della Congregazione come Superiore generale, allo scadere del sessennio può venire immediatamente eletto Superiore generale, ed essere anche rieletto.

3. Gli Assistenti generali

C 115. — Gli Assistenti generali sono membri della Congregazione che formano il Consiglio del Superiore generale, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro suggerimenti nel governo della Congregazione, affinché ne sia promossa l’unità e l’efficienza, siano attuate le Costituzioni e le deliberazioni delle Assemblee generali, e tutte le province collaborino nel promuovere le opere della Congregazione.

C 116. — § 1. Gli Assistenti generali vengono eletti dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio.

§ 2. Gli Assistenti generali vengono eletti, in numero di almeno quattro, da province diverse, per sei anni, e possono essere rieletti una volta sola. Concluso il secondo sessennio consecutivo, non possono venire immediatamente eletti all’ufficio di Vicario generale.

§ 3. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte dei successori nella seguente Assemblea generale ordinaria.

S 57. — Fermo restando quanto stabilito nelle Costituzioni, art. 116 § 2:

§ 1. Gli Assistenti generali sono eletti da diverse province e tenendo conto, per quanto possibile, delle varie culture presenti nella Congregazione.

§ 2. Il numero degli Assistenti generali è determinato dall’Assemblea generale.

S 58. — Gli Assistenti devono risiedere nella casa in cui risiede il Superiore generale. Per formare il Consiglio generale, oltre al Superiore generale o al Vicario generale, si richiede la presenza di almeno due Assistenti.

S 59. — Tuttavia, qualora, per una giusta causa, fossero assenti gli Assistenti generali, in modo da venire a mancare il numero richiesto per il Consiglio, il Superiore generale può chiamare a prendere parte allo stesso Consiglio, con diritto di voto, uno degli ufficiali della Curia generalizia, nell’ordine seguente: il Segretario generale, l’Economo generale, o il Procuratore generale presso la Sede Apostolica.

C 117. — L’ufficio degli Assistenti generali cessa a norma del diritto proprio.

S 60. — Gli Assistenti generali cessano dal loro ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte dei loro successori;

2° per rinuncia accettata dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti o dall’Assemblea generale;

3° per deposizione decisa dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti, e approvata dalla Sede Apostolica.

C 118. — § 1. Se qualcuno degli Assistenti cessa dal suo ufficio, un sostituto viene nominato dal Superiore generale con voto deliberativo degli altri Assistenti; il sostituto ha gli stessi diritti e obblighi degli altri Assistenti.

§ 2. Ma se entro sei mesi si deve tenere l’Assemblea generale, il Superiore generale non è tenuto a nominare un sostituto.

4. Gli Ufficiali della Curia generalizia

C 119. — § 1. Il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica vengono nominati dal Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, al di fuori del numero degli Assistenti generali.

§ 2. Essi rimangono in carica a discrezione del medesimo Superiore generale con il consenso del suo Consiglio; a motivo del loro ufficio, sono ascritti alla casa della Curia generalizia.

§ 3. Quando siano chiamati dal Superiore generale, possono partecipare al Consiglio generale, ma non hanno diritto di voto, eccetto i casi previsti negli Statuti.

§ 4. Partecipano all’Assemblea generale con diritto di voto.

S 61. — § 1. Il Segretario generale:

1° è a servizio del Superiore generale per redigere gli atti che riguardano l’intera Congregazione;

2° partecipa per ufficio al Consiglio generale, ma senza voto, con l’incarico di redigerne gli atti;

3° può suggerire al Superiore generale nomi di confratelli perché, a norma del diritto proprio, li nomini come suoi collaboratori, sotto la sua direzione, per l’ordinamento dell’archivio, per curare le pubblicazioni e attendere alla corrispondenza.

§ 2. Se il Segretario generale fosse impedito dall’attendere al suo ufficio, spetta al Superiore generale nominare temporaneamente uno degli Assistenti o uno degli ufficiali o uno dei suoi collaboratori che lo sostituisca.

S 62. — § 1. L’Economo generale, in forza del suo ufficio, amministra, sotto la direzione del Superiore generale con il suo Consiglio e a norma del diritto universale e proprio, i beni della Congregazione e quelli affidati alla Curia generalizia.

§ 2. Col consenso del Superiore generale visita gli Economi provinciali, anzi, in particolari situazioni, anche gli Economi delle case o gli amministratori delle opere di maggiore importanza.

S 63. — § 1. Al Procuratore generale presso la Sede Apostolica spetta:

1° occuparsi delle richieste di facoltà ordinarie da ottenere dalla Sede Apostolica;

2° trattare presso la Sede Apostolica, con il consenso del Superiore generale, e dopo aver sentito i Visitatori interessati, gli affari della Congregazione, delle province, delle case e dei confratelli.

§ 2. Il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, per incarico conferito per iscritto dal Superiore generale, può, a norma del diritto, esercitare l’ufficio di Postulatore generale della Congregazione presso la Curia Romana.

Capitolo II

L’amministrazione provinciale, regionale e locale

1. Le province e le viceprovince

C 120. — La Congregazione della Missione è divisa in province, a norma del diritto proprio.

C 121. — La Congregazione è divisa anche in viceprovince, a norma del diritto proprio.

C 122. — La provincia è l’insieme di più case, circoscritta da confini territoriali. A capo di essa è posto il Visitatore con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

S 64. — Sebbene ogni provincia sia circoscritta da confini territoriali, nulla impedisce che una casa di una provincia, a norma dell’a. 107, 7° delle Costituzioni, si trovi nel territorio di un’altra provincia.

S 65. — § 1. La viceprovincia è l’unione di più case, circoscritta da confini territoriali, che, in base a una convenzione intervenuta con una provincia, ne dipende e forma con essa un tutt’uno. A capo di essa c’è un Vicevisitatore, con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Può essere costituita anche una viceprovincia che dipenda non da una provincia pienamente costituita, ma direttamente dall’autorità del Superiore generale; ne è a capo un Vicevisitatore con potestà ordinaria propria.

§ 3. La viceprovincia è, per sua natura, provvisoria. Essa diventerà provincia quando si verifichino le condizioni richieste.

§ 4. Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa le province, vale, fatte le debite proporzioni, anche per la viceprovincia, a meno che, in modo esplicito, non sia detto diversamente nelle stesse Costituzioni e negli Statuti o nelle Norme e convenzioni di ciascuna viceprovincia.

S 66. — § 1. Quando dalla divisione di una provincia se ne fonda un’altra distinta dalla prima, anche tutti i beni che erano a disposizione della provincia, e i debiti contratti dalla medesima, devono venir divisi dal Superiore generale col suo Consiglio proporzionalmente secondo giustizia ed equità, rispettando le intenzioni dei fondatori o donatori, i diritti legittimamente acquisiti, e anche le Norme proprie secondo cui è retta la provincia.

§ 2. La divisione dell’archivio della provincia madre è riservata alla decisione del Superiore generale, dopo aver sentito i Visitatori interessati.

2. Il Visitatore e il Vicevisitatore

C 123. — § 1. Il Visitatore è un Superiore maggiore, ordinario, con potestà ordinaria propria, che è preposto ad una provincia perché la governi a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Il Visitatore, sollecito dell’attiva partecipazione di tutti alla vita e all’apostolato della provincia, destini i confratelli e i beni a servizio della Chiesa, secondo il fine della Congregazione; dia impulso ai ministeri delle case; si mostri premuroso del progresso personale e dell’attività dei singoli, promuovendo un’unione vitale.

S 67.  Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa il Visitatore, vale anche per il Vicevisitatore, a meno che nelle Costituzioni o negli Statuti stessi, o nelle Norme e nelle convenzioni di ciascuna viceprovincia, non venga esplicitamente disposto in altro modo.

C 124. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, a norma del diritto proprio, nomina il Visitatore dopo una consultazione della provincia, o lo conferma dopo un’elezione.

S 68. — § 1. Il Visitatore è nominato per sei anni dal Superiore generale col consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato almeno i membri della provincia che hanno voce attiva. Allo stesso modo e alle stesse condizioni, il Visitatore può essere confermato dal Superiore generale una volta per un triennio.

§ 2. Le modalità e le circostanze della consultazione possono essere stabilite dall’Assemblea provinciale con l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

§ 3. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di elezione del Visitatore. Ma questa elezione deve riunire almeno le condizioni seguenti:

1° che l’incarico non sia inferiore a tre anni e non oltrepassi sei anni;

2° che il Visitatore eletto non resti in carica oltre nove anni continui;

3° che nei primi due scrutini sia richiesta la maggioranza assoluta dei voti, tolte le schede nulle; che al terzo scrutinio godano di voce passiva solo i due che nel secondo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero di voti, anche se uguale;

4° in caso di parità di voti, si riterrà eletto il più anziano di vocazione o di età.

§ 4. Perché il Visitatore eletto o rieletto possa entrare in carica, si richiede la conferma del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 125. — È compito del Visitatore:

1° promuovere l’osservanza delle Costituzioni, degli Statuti e delle Norme provinciali;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni per il bene della provincia;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, entro i confini della sua provincia e a norma del c. 733 § 1;

4° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli, nominare i Superiori delle case, ed informare il Superiore generale della nomina fatta;

5° con il consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato gli interessati e con l’approvazione del Superiore generale, nominare un Superiore regionale con potestà delegata;

6° visitare con frequenza le case e i confratelli, e per ufficio almeno ogni due anni;

7° convocare, a norma del diritto proprio, l’Assemblea provinciale e presiederla; dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa e promulgare le Norme provinciali;

8° ammettere al seminario interno, ai proponimenti e ai voti i candidati, a norma delle Costituzioni e degli Statuti;

9° dopo aver consultato i Superiori e i direttori dei candidati, ammettere questi ai « ministeri » e, con il consenso del suo Consiglio, agli ordini;

10° presentare i confratelli per gli ordini e rilasciare le lettere dimissorie per la loro ordinazione;

11° dopo aver sentito il suo Consiglio e consultato i loro Superiori, dimettere confratelli non ancora incorporati alla Congregazione.

S 69. — È compito del Visitatore:

1° elaborare il progetto provinciale, secondo le Norme provinciali e con il consenso del suo Consiglio;

2° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, nel rispetto delle norme stabilite, fondare o sopprimere un’opera di grande rilievo per una casa;

3° dopo aver sentito il suo Consiglio e dopo aver consultato, per quanto possibile, gli interessati, destinare i confratelli alle diverse case, secondo le necessità delle medesime. Nei casi più urgenti, tuttavia, il Visitatore deve almeno informare il suo Consiglio;

4° con il consenso del suo Consiglio e seguendo le Norme provinciali, nominare l’Economo provinciale e il Direttore del seminario interno e del seminario maggiore;

5° approvare il progetto comunitario delle case, preparato dal Superiore locale con la sua comunità;

6° mandare al Superiore generale le relazioni sullo stato della provincia e delle visite d’ufficio fatte alle case;

7° con il consenso del suo Consiglio, stipulare contratti necessari ed utili, a norma del diritto universale e proprio;

8° dopo aver sentito il suo Consiglio, nominare, in tempo utile, la commissione preparatoria per l’Assemblea provinciale;

9° usufruire della prerogativa di dirimere la parità di voti, a norma del diritto;

10° informare quanto prima il Superiore generale dell’emissione dei voti fatta dai confratelli e della loro incorporazione alla Congregazione, e degli ordini da essi ricevuti;

11° aver cura, personalmente o con l’aiuto di persone competenti, dell’archivio provinciale;

12° approvare i confratelli e dar loro la giurisdizione per le confessioni dei membri della Comunità, ed anche, salvo il diritto dell’Ordinario del luogo, per la sacra predicazione della parola di Dio, e delegare ad altri le stesse facoltà;

13° con il consenso del suo Consiglio e per giusti motivi, dispensare dalle Norme provinciali in casi particolari;

14° regolarizzare la situazione dei missionari che si trovano in situazioni irregolari.

S 70. — Il Vicevisitatore ha gli stessi diritti, le stesse facoltà e gli stessi doveri del Visitatore, a meno che nelle Costituzioni e negli Statuti non sia espressamente disposto in altro modo.

S 71. — Le disposizioni del Visitatore rimangono in vigore fino all’Assemblea provinciale seguente, a meno che non sia stato disposto in altro modo dal Visitatore stesso o dal suo successore.

S 72. — § 1. Quando si renda vacante l’ufficio di Visitatore, il governo della provincia passa temporaneamente all’Assistente del Visitatore; se poi non vi fosse un Assistente, il governo passa al Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, a meno che non sia stato disposto diversamente dal Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di provvedere al governo temporaneo della provincia, in caso di morte del Visitatore o nel caso che questi cessi dall’ufficio.

3. L’Assistente del Visitatore

C 126. — Il Visitatore può avere un Assistente, fornito delle condizioni richieste dagli aa. 61 e 100, che lo coadiuvi nel governo della provincia. Spetta all’Assemblea provinciale stabilire se vi debba essere o no l’Assistente del Visitatore.

S 73. — § 1. L’Assistente del Visitatore è uno dei Consultori provinciali, e viene eletto dagli stessi Consultori insieme con il Visitatore, a meno che non sia stato disposto diversamente dall’Assemblea provinciale.

§ 2. In assenza del Visitatore, l’Assistente ha la medesima autorità del Visitatore, eccetto per quanto il Visitatore ha riservato a sé.

§ 3. In caso di impedimento del Visitatore, l’Assistente lo sostituisce a tutti gli effetti, per la durata dell’impedimento. Sarà poi il Consiglio provinciale, senza il Visitatore, a giudicare circa l’impedimento e a informarne al più presto il Superiore generale, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

4. Il Consiglio del Visitatore

C 127. — I Consultori, che formano il Consiglio del Visitatore, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro consigli nel governo della provincia per promuoverne l’unità e la vitalità, per far attuare le Costituzioni e le decisioni dell’Assemblea provinciale, e perché tutte le case e tutti i confratelli collaborino allo sviluppo delle opere.

S 74. — § 1. I Consultori sono nominati dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato almeno i confratelli della provincia che godono di voce attiva. Nel medesimo modo e alle stesse condizioni, i Consultori possono essere confermati per un secondo e per un terzo triennio, ma non per un quarto.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio un modo proprio per designare o eleggere i Consultori, stabilire il loro numero, determinare il tempo della nomina e della durata in carica. Il Visitatore deve informare il Superiore generale dell’avvenuta designazione dei Consultori.

§ 3. Un Consultore provinciale può, per gravi motivi, essere rimosso dall’ufficio dal Superiore generale, su proposta del Visitatore con il consenso degli altri Consultori.

 § 4. Ciò che all’art. 73, § 2 e § 3 si dice dell’Assistente provinciale, vale anche per il Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, qualora non vi sia l’Assistente provinciale, a meno che nelle Norme provinciali non sia disposto diversamente.

5. L’Economo provinciale

C 128. — In ogni provincia deve esserci un Economo che amministri i beni della provincia, sotto la direzione e la vigilanza del Visitatore con il suo Consiglio, a norma del c. 636 § 1 e del diritto proprio.

S 75. — L’Economo viene nominato dal Visitatore con il consenso del suo Consiglio, o in altro modo stabilito dalle Norme provinciali.

S 76. — Se l’Economo provinciale non è consultore, partecipa al Consiglio provinciale quando è convocato dal Visitatore, ma senza diritto di voto.

S 77. — è compito dell’Economo provinciale:

1° aver cura che il possesso dei beni della provincia sia legittimo davanti alla legge ecclesiastica e a quella civile;

2° aiutare, con il consiglio e la collaborazione, gli Economi delle case nell’adempimento del loro ufficio, e vigilare sulla loro amministrazione;

3° far sì che ogni casa paghi la somma stabilita per le spese della provincia e mandare, a suo tempo, all’Economo generale la tassa per il fondo generale;

4° assicurarsi che venga pagato il giusto stipendio a coloro che lavorano alle dipendenze della Congregazione, e che si osservino scrupolosamente le leggi civili circa le tasse e le assicurazioni sociali;

5° tenere sempre in ordine i vari registri delle uscite e delle entrate, come pure gli altri documenti;

6° rendere conto della sua amministrazione al Visitatore e al suo Consiglio, a norma dell’art. 103.

6. Le regioni

S 78. — § 1. La regione è un territorio, con almeno una casa, che appartiene a una provincia o che dipende direttamente dal Superiore generale.

§ 2. La regione è eretta dal Superiore generale con il suo Consiglio o dal Visitatore con il suo Consiglio, con l’approvazione del Superiore generale (cf. S 51, 15). è affidata a un Superiore regionale.

§ 3. Il Superiore regionale è munito di facoltà delegate dal Superiore generale o dal Visitatore, in vista di favorire la realizzazione della missione propria della Congregazione.

§ 4. Se il Superiore regionale è nominato dal Visitatore con il suo Consiglio, la sua nomina deve essere confermata dal Superiore generale con il suo Consiglio (cf. Cost. 125, 5°).

§ 5. La regione è costituita con una convenzione scritta che precisi le facoltà delegate e gli impegni reciproci tra il Superiore generale o il Visitatore e il Superiore regionale.

§ 6. Una regione può essere costituita sia in vista della sua propria autonomia diventando una viceprovincia o provincia, sia perché una viceprovincia o provincia non può più mantenere la sua autonomia.

§ 7. Perché una regione possa essere eretta in viceprovincia o una viceprovincia in provincia, è necessario che la regione o la viceprovincia abbiano una concreta possibilità di avere vocazioni e una base economica sufficiente per il mantenimento della missione e dei confratelli.

7. Le Conferenze di Visitatori

S 79. — § 1. Per favorire la collaborazione tra le province nel campo della missione, della comunicazione e della formazione, i Visitatori devono costituire delle Conferenze di Visitatori.

§ 2. Queste Conferenze salvaguardino sempre l’unità della Congregazione, l’autonomia delle province e i principi di sussidiarietà e di corresponsabilità.

§ 3. Spetta a ogni Conferenza redigere il proprio Statuto e sottometterlo al Superiore generale con il suo Consiglio.

8. Uffici dell’amministrazione locale

C 129. — § 1. La Congregazione realizza se stessa soprattutto nelle singole comunità locali.

§ 2. Il Superiore, centro di unità e animatore della vita della comunità locale, dia impulso ai ministeri della casa, e si mostri sollecito, con la comunità, del progresso e dell’attività di ciascuno.

C 130. — § 1. Il Superiore locale viene nominato dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato i confratelli della casa o della comunità locale. Nella stessa casa o comunità locale, alle stesse condizioni, può essere nominato per un secondo triennio. Dopo il secondo triennio, se è necessario rinnovarlo, si deve ricorrere al Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale ha la facoltà di stabilire un altro modo di designazione del Superiore locale.

§ 3. Il Superiore locale deve avere i requisiti indicati dagli aa. 61 e 100.

C 131. — A norma del diritto, il Superiore locale ha potestà ordinaria in foro interno e in foro esterno sui confratelli e su coloro che dimorano giorno e notte nella sua casa; e può delegare la medesima potestà ad altri.

S 80. — Il Superiore locale ha il diritto e il dovere di:

1° informare il Visitatore sulla situazione della casa affidatagli;

2° assegnare ai confratelli della casa incarichi e uffici, la cui attribuzione non sia riservata ai Superiori maggiori;

3° convocare e dirigere l’Assemblea domestica;

4° preparare, insieme con la comunità, il progetto comunitario della sua casa e sottoporlo all’approvazione del Visitatore;

5° avere un archivio e il sigillo della casa;

6° comunicare ai confratelli i decreti e le notizie della Congregazione;

7° curare che siano soddisfatti gli obblighi di Messe.

S 81. — § 1. Il Superiore locale amministra la casa con la collaborazione di tutti i confratelli, specialmente dell’Assistente e dell’Economo, che vengono nominati secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

§ 2. L’Assistente, in assenza del Superiore, ne esercita interamente l’Ufficio, secondo le norme stabilite dal diritto proprio.

§ 3. Gli incontri dei confratelli della comunità, fatti a modo di Consiglio, siano frequenti.

C 132. — § 1. Qualora non vi siano le condizioni per erigere una casa, oppure lo richieda qualche opera, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, può costituire un gruppo di confratelli a modo di casa, secondo le Norme provinciali.

§ 2. Uno dei confratelli, designato dal Visitatore a norma del diritto, è responsabile di tale gruppo come se fosse Superiore.

§ 3. Un gruppo costituito a modo di casa ha i medesimi diritti ed obblighi di una casa propriamente detta.

C 133. — Il Superiore locale può essere rimosso qualora ciò sembri opportuno al Visitatore, per un motivo giusto e proporzionato, con il consenso del suo Consiglio e con l’approvazione del Superiore generale.

C 134. — § 1. L’Economo amministra i beni della casa sotto la direzione del Superiore, aiutato dal dialogo e dall’interessamento dei confratelli, a norma del diritto universale, della Congregazione e della provincia.

§ 2. Qualora il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, lo giudicasse necessario per qualche casa, venga costituito un Consiglio domestico; i Consultori di casa, che aiutano il Superiore locale nella direzione della casa, siano designati secondo le Norme provinciali.

Capitolo III

Le Assemblee

1. Principi generali

C 135. — Le Assemblee della Congregazione della Missione, che hanno lo scopo di custodire e promuovere la spiritualità e l’attività apostolica della medesima, sono di tre tipi: generale, provinciale e domestica.

S 82. — I Superiori e i confratelli preparino le Assemblee e vi partecipino attivamente; osservino poi fedelmente le disposizioni e le norme da esse emanate.

C 136. — § 1. Nessuno può godere di due voti.

§ 2. Le condizioni apposte al voto prima delle elezioni vanno considerate nulle.

§ 3. L’elezione comporta l’obbligo, per chi è stato eletto, di partecipare all’Assemblea o di accettare l’ufficio, a meno che non sia scusato da un motivo grave. Se si tratta di partecipare ad un’Assemblea, il motivo grave deve essere riconosciuto dal Superiore competente, che in seguito ne chiederà l’approvazione all’Assemblea; se invece si tratta dell’accettazione di un ufficio, la gravità del motivo deve essere riconosciuta dall’Assemblea stessa.

§ 4. Nelle Assemblee nessuno può farsi sostituire da un altro di proprio arbitrio.

§ 5. La maggioranza dei voti deve essere computata unicamente in base ai voti validi. Le schede bianche sono nulle.

S 83. — § 1. Per le elezioni si richiedono almeno tre scrutatori.

§ 2. Sono scrutatori di diritto, insieme con il presidente e il segretario, dopo la sua elezione, i due membri dell’Assemblea più giovani per età.

§ 3. In apertura di Assemblea si procede all’elezione del segretario, che ha per compito di:

1° svolgere l’incarico di primo scrutatore;

2° stendere le relazioni delle sessioni e redigerne i documenti.

S 84. — Prima e durante l’Assemblea si deve favorire il libero scambio di notizie sulle questioni da decidere e sulle qualità di coloro che sono da eleggersi.

S 85. — Terminata la trattazione degli argomenti, gli atti dell’Assemblea, approvati dai suoi membri, devono essere sottoscritti dal presidente dell’Assemblea, dal suo segretario e da tutti i partecipanti e, autenticati dal sigillo, devono essere conservati accuratamente in archivio.

2. L’Assemblea generale

C 137. — L’Assemblea generale, che rappresenta direttamente tutta la Congregazione, come sua autorità suprema, ha il diritto di:

1° salvaguardare il patrimonio spirituale dell’Istituto e promuovere, in armonia con esso, un adeguato rinnovamento;

2° eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali;

3° emanare leggi, ossia Statuti e Decreti, per il bene della Congregazione, salvo restando il principio di sussidiarietà. Gli Statuti non esplicitamente abrogati rimangono in vigore. I Decreti, invece, perché rimangano in vigore, devono essere esplicitamente confermati;

4° chiedere alla Sede Apostolica, con votazione a maggioranza dei due terzi, modifiche alle Costituzioni da essa approvate;

5° interpretare in modo autentico gli Statuti; l’interpretazione autentica delle Costituzioni invece spetta alla Sede Apostolica.

S 86. — L’Assemblea generale ha il diritto di fare Dichiarazioni con valore dottrinale e di indole esortativa.

C 138. — L’Assemblea generale, convocata dal Superiore generale, è da tenersi:

1° come ordinaria, per eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, e per trattare i problemi della Congregazione;

2° come straordinaria, se convocata come tale dal Superiore generale, a norma del diritto proprio.

S 87. — § 1. L’Assemblea generale ordinaria si deve tenere nel corso del sesto anno successivo all’ultima Assemblea generale ordinaria.

§ 2. L’Assemblea generale straordinaria si tiene ogni qualvolta il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori, lo riterrà necessario.

§ 3. L’Assemblea generale deve essere preceduta dalle Assemblee provinciali.

S 88. — § 1. Spetta al Superiore generale stabilire, con il consenso del suo Consiglio, quando e dove tenere l’Assemblea generale.

§ 2. Tuttavia, nel corso del sesto anno, per un giusto motivo, l’Assemblea generale potrà venire anticipata o differita di sei mesi rispetto al giorno d’inizio della precedente Assemblea generale ordinaria, mediante un decreto del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 139. — All’Assemblea generale devono partecipare:

1° il Superiore generale, il Vicario e gli Assistenti generali, il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica;

2° i Visitatori e i deputati delle province, eletti a norma del diritto proprio.

S 89. — § 1. Il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, che terminano il loro mandato, rimangono membri dell’Assemblea nelle successive sessioni della medesima.

§ 2. Oltre coloro che, a norma delle Costituzioni, devono partecipare per ufficio all’Assemblea generale, sarà presente un deputato per ogni provincia e viceprovincia in rappresentanza dei primi cento confratelli che hanno voce attiva; se poi i confratelli che hanno voce attiva sono più di cento, vi sarà un altro deputato per ogni settantacinque e per la rimanente frazione di questo numero.

Il numero dei deputati all’Assemblea generale va calcolato in base al numero dei confratelli aventi voce attiva nel giorno dell’elezione dei deputati nell’Assemblea provinciale.

§ 3. Quando fosse vacante l’ufficio di Visitatore, va all’Assemblea generale colui che ha il governo temporaneo della provincia.

Se il Visitatore fosse legittimamente impedito di andare all’Assemblea generale, al suo posto va colui che lo sostituisce nell’ufficio. Se poi questi fosse stato eletto deputato, andrà all’Assemblea generale il primo sostituto.

S 90. — § 1. Il Superiore generale con il suo Consiglio avrà cura che, nel caso in cui nessun Fratello risulti eletto per partecipare all’Assemblea generale, sia assicurata la presenza di fratelli in essa.

§ 2. Il Superiore generale con il suo Consiglio provvederà inoltre a risolvere quei casi, in cui sia impossibile una legittima elezione di delegati all’Assemblea generale, ma sia comunque importante la loro presenza in essa.

S 91. — § 1. A tempo opportuno, prima della convocazione dell’Assemblea generale, il Superiore generale con il suo Consiglio, dopo aver sentito i Visitatori e tenendo conto delle diverse regioni e opere, nomina la commissione preparatoria.

§ 2. Pur lasciando al Superiore generale con il suo Consiglio piena libertà di ordinare i lavori della commissione preparatoria secondo criteri di opportunità, i compiti della medesima commissione potrebbero essere i seguenti:

1° chiedere alle province e ai singoli confratelli quali problemi, a loro parere, siano più urgenti, e con che metodo debbano essere trattati in Assemblea generale;

2° ricevute le risposte, scegliere, secondo le necessità, gli argomenti più urgenti e più generali, preparare studi e raccogliere le fonti, e mandare tutto ai Visitatori, in tempo utile, prima che si tengano le Assemblee domestiche;

3° ricevere le proposte o postulati delle Assemblee provinciali e gli studi elaborati dalle province, come anche i postulati che vorrà proporre il Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio;

4° disporre ordinatamente tutti i dati acquisiti e ricavarne un documento di lavoro, e spedire quindi il tutto tempestivamente in modo che i membri dell’Assemblea e i loro sostituti lo possano avere tra mano due mesi prima dell’inizio dell’Assemblea generale.

§ 3. Una volta iniziata l’Assemblea, il compito di questa commissione è esaurito. Tuttavia il suo presidente, personalmente o per mezzo di altri, se ciò sembrerà opportuno, farà una relazione sul lavoro della commissione.

C 140. — § 1. All’elezione del Superiore generale si procede in questo modo: se nel primo scrutinio nessuno avrà ottenuto due terzi dei voti, si procederà a un secondo scrutinio, con le stesse modalità seguite nel primo; se neppure nel secondo, allo stesso modo si tenterà un terzo scrutinio, e anche un quarto.

Dopo il quarto scrutinio inefficace, se ne farà un quinto, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli.

Dopo il quinto scrutinio inefficace, se ne farà un sesto, nel quale godranno di voce passiva soltanto i due candidati che nel quinto scrutinio avranno raccolto il maggior numero di voti, anche se a parità, a meno che non siano in più ad aver ottenuto parità al primo o al secondo posto: nel qual caso anche questi godranno di voce passiva nel sesto scrutinio, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza relativa dei voti, non computando quelli nulli; ed in caso di parità si riterrà eletto il candidato più anziano per vocazione o per età.

§ 2. Avvenuta legittimamente l’elezione, dopo che l’eletto avrà accettato l’ufficio, colui che presiede stenderà il decreto di elezione e a voce alta proclamerà l’eletto. Ma se fosse stato eletto Superiore generale colui che presiede, sarà il segretario dell’Assemblea a redigere il decreto e il moderatore proclamerà l’eletto.

§ 3. L’eletto poi non rifiuterà l’onere che gli viene affidato, se non per gravi motivi.

§ 4. Terminata l’elezione e rese grazie a Dio, le schede saranno distrutte.

§ 5. Se il neoeletto non fosse presente, lo si convochi e, fino al suo arrivo, l’Assemblea potrà trattare altri problemi della Congregazione.

S 92. — § 1. Il giorno dell’elezione del Superiore generale, gli elettori offriranno a Dio la Messa per il buon risultato dell’elezione e, dopo una breve esortazione, all’ora stabilita, inizieranno la sessione sotto la direzione del presidente.

§ 2. Gli elettori scriveranno su schede appositamente preparate il nome di colui che vorranno eleggere Superiore generale.

§ 3. Se, al conteggio, risultasse che il numero delle schede è superiore a quello degli elettori, tutto si considera nullo, e si deve ripetere l’operazione di voto.

C 141. — Il Vicario generale viene eletto alle stesse condizioni del Superiore generale e nel modo prescritto nell’art. 140 § 1.

C 142. — § 1. Terminate le elezioni del Superiore generale e del Vicario generale, l’Assemblea generale procede all’elezione degli altri Assistenti, in scrutini distinti.

§ 2. Saranno ritenuti eletti coloro che avranno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli; costoro saranno proclamati eletti dal presidente dell’Assemblea.

§ 3. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo scrutinio si riterrà eletto colui che avrà ottenuto la maggioranza relativa dei voti; e in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

S 93. — Il direttorio approvato da un’Assemblea rimane in vigore fino a che non sia mutato o abrogato da un’altra.

3. L’Assemblea provinciale

C 143. — Compito dell’Assemblea provinciale, quale adunanza di confratelli che come deputati rappresentano la Provincia, è il seguente:

1° emanare Norme per il bene comune della provincia entro i limiti del diritto universale e proprio; tali Norme acquistano forza obbligatoria dopo l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio;

2° trattare, quale organo consultivo del Visitatore, ciò che può servire al bene della provincia;

3° trattare le proposte che, a nome della provincia, si devono trasmettere sia all’Assemblea generale, sia al Superiore generale;

4° eleggere i deputati per l’Assemblea generale, quando è il caso;

5° dare norme per le Assemblee domestiche, entro i limiti del diritto universale e proprio; tali norme non hanno bisogno dell’approvazione del Superiore generale.

S 94. — Le Norme emanate dall’Assemblea provinciale sono regole generali che vanno applicate in tutti i casi contemplati dalle Norme stesse. Tuttavia tali Norme non toccano l’autorità del Visitatore, quale viene descritta dal diritto universale e proprio, né il suo potere esecutivo, necessario al compimento del suo ufficio. Rimangono in vigore fino a che non siano revocate da una successiva Assemblea provinciale o dal Superiore generale.

C 144. — § 1. L’Assemblea provinciale si deve tenere due volte in sei anni, una prima dell’Assemblea generale, l’altra nel tempo intermedio.

§ 2. Se necessario, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e sentiti i Superiori locali, può convocare un’Assemblea provinciale straordinaria.

C 145. — Spetta al Visitatore convocare l’Assemblea provinciale e presiederla, dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa, e promulgarne le Norme.

S 95. — Spetta al Visitatore, sentito il suo Consiglio, fissare la data e designare la Casa in cui si deve tenere l’Assemblea provinciale.

S 96. — Il Superiore generale renderà nota al Visitatore la sua decisione riguardante le Norme provinciali entro due mesi dalla data in cui le avrà ricevute.

C 146. — Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stato stabilito diversamente nelle Norme provinciali:

1° per ufficio: il Visitatore, i Consultori provinciali, l’Economo provinciale e i Superiori delle singole case della provincia;

2° inoltre, i deputati eletti a norma del diritto proprio.

S 97. — Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stabilito diversamente nelle Norme provinciali, tanti deputati eletti entro un unico collegio provinciale, formato da tutti i confratelli che hanno voce passiva, quanti sono i deputati che devono partecipare per ufficio con l’aggiunta di un deputato ogni 25 confratelli che hanno voce attiva, e di uno per la rimanente frazione di questo numero.

S 98. — Si ritengano eletti deputati coloro che, entro un unico collegio provinciale, hanno ottenuto il maggior numero di voti e, in caso di parità, i più anziani per vocazione o per età; altrettanti sono i sostituti, secondo la graduatoria dei voti riportati.

S 99. — Se il Superiore di una casa, per qualche impedimento, non può recarsi all’Assemblea provinciale, in suo luogo andrà l’Assistente di casa. Se poi l’Assistente fosse già eletto deputato, lo sostituirà un altro dall’elenco dei sostituti.

S 100. — L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, col consenso del suo Consiglio, un sistema proprio di rappresentanza all’Assemblea provinciale, a condizione però che il numero dei deputati eletti sia superiore al numero di coloro che devono parteciparvi per ufficio.

S 101. — Spetta alle singole province darsi, durante l’Assemblea, proprie norme di procedura, ossia un Direttorio, entro i limiti del diritto universale e proprio.

S 102. — L’Assemblea procede all’elezione dei deputati e dei sostituti all’Assemblea generale in scrutini distinti, a maggioranza assoluta di voti. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo si riterrà eletto colui che avrà riportato il maggior numero di voti e, in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

4. L’Assemblea domestica

C 147. — § 1. L’Assemblea domestica viene convocata dal Superiore della casa o dall’Assistente che esercita pienamente l’ufficio di Superiore, e si tiene in relazione all’Assemblea provinciale.

§ 2. All’Assemblea domestica devono essere convocati tutti coloro che hanno voce attiva.

§ 3. è compito dell’Assemblea domestica trattare di quelle proposte che la casa intende presentare all’Assemblea provinciale, come pure di quelle che la commissione preparatoria dell’Assemblea provinciale ha presentato da discutere, e deliberare circa le proposte stesse.

Sezione II. — I BENI TEMPORALI

C 148. — § 1. La Congregazione della Missione possiede beni temporali per le esigenze dell’attività pastorale e della vita comunitaria; di essi si serve come mezzi per il servizio di Dio e dei poveri, secondo lo spirito e l’esempio del Fondatore; li amministra come patrimonio dei poveri, con oculatezza, ma senza la preoccupazione di accumulare ricchezze.

§ 2. La Congregazione della Missione abbraccia una forma comunitaria di povertà evangelica per il fatto che tutti i beni della Congregazione sono comuni, e la Congregazione ne usa per meglio ricercare e raggiungere il fine che le è proprio.

S 103. — La Congregazione rifletta assiduamente su questi principi, li accolga di cuore e li metta in pratica con fiducia e coraggio:

1° lo sforzo concorde per instaurare quella sobrietà di vita che, con la forza dell’esempio, più che con le parole, nel nome della povertà di Cristo, si oppone alla cupidigia che scaturisce dalla società dell’opulenza e alla bramosia delle ricchezze, che manda in rovina quasi tutto il mondo (cf. RC III, 1);

2° preoccupazione effettiva di impiegare i propri beni per promuovere la giustizia sociale;

3° l’alienazione dei beni, quando siano superflui, a favore dei poveri.

C 149. — Poiché tutti i beni sono comuni, i confratelli sono corresponsabili, a norma del diritto, dell’acquisto, amministrazione e destinazione dei beni temporali della casa e della provincia alle quali essi appartengono; fatte le debite proporzioni, il principio vale anche riguardo ai beni di tutta la Congregazione.

C 150. — § 1. Le case, le comunità locali, le province e la Congregazione stessa hanno capacità giuridica di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali. Qualora le circostanze lo richiedano, i loro Superiori sono i rappresentanti legali anche davanti all’autorità civile, a meno che non sia disposto altrimenti.

§ 2. Fonti da cui provengono i beni temporali sono il lavoro dei confratelli e gli altri mezzi leciti per acquistare beni.

C 151. — In forza del principio del bene comune, le case devono venire in aiuto delle province in tutto ciò che è necessario alla buona amministrazione, e per provvedere alle necessità generali; lo stesso vale per le province nei confronti della Curia generalizia.

S 104. — Tenendo presente il principio di equità, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, ha il diritto di fissare una tassa per le province; lo stesso può fare il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, per le case della provincia.

C 152. — § 1. Le province e le case condividano le une con le altre i beni temporali, in modo che quelle che hanno maggiore disponibilità vengano in aiuto di quelle che si trovano in strettezze.

§ 2. La Congregazione, le province e le case provvedano volentieri con i loro beni alle necessità altrui e al sostentamento dei poveri.

C 153. — § 1. I confratelli che ne hanno ricevuto l’incarico, amministrino i beni temporali per provvedere al conveniente sostentamento dei confratelli e per fornire mezzi adeguati al loro ministero apostolico e alle opere di carità.

§ 2. I beni della comunità devono essere amministrati dai rispettivi Economi sotto la vigile direzione dei Superiori con i loro Consigli, nei limiti del diritto universale e proprio e nel rispetto del principio di sussidiarietà.

S 105. — Si devono amministrare sotto la vigilanza dei Superiori e dei loro Consigli i beni affidati alla Congregazione soltanto in amministrazione.

S 106. — § 1. Gli Economi devono rendere conto ai Superiori, e tenere informati i confratelli della loro amministrazione.

§ 2. I registri delle entrate e delle uscite e la relazione sullo stato patrimoniale dovranno essere esaminati dal Superiore generale con il suo Consiglio una volta all’anno per quanto riguarda l’Economo generale; dal Visitatore col suo Consiglio due volte all’anno per quanto riguarda l’Economo provinciale; dal Superiore locale ogni mese per quanto riguarda l’Economo di casa. I registri e la relazione saranno firmati soltanto se risulteranno esatti.

§ 3. I confratelli che hanno l’amministrazione di opere particolari, tanto di una provincia quanto di una casa, presenteranno i registri delle entrate e delle uscite ai loro rispettivi Superiori, alle scadenze e nei modi stabiliti dalle Norme provinciali.

§ 4. Se invece i beni non sono proprietà della Congregazione, ma sono stati affidati in amministrazione, i loro registri si devono presentare sia ai loro proprietari sia ai Superiori della Congregazione.

§ 5. L’Economo generale presenti una relazione generale della sua Amministrazione: ai Visitatori alla fine di ogni anno; ogni sei anni all’Assemblea generale.

§ 6. I Visitatori, per le loro province, manderanno un resoconto al Superiore generale alla fine dell’anno.

§ 7. Gli Economi provinciali presentino ai confratelli della provincia una relazione generale della loro amministrazione e del patrimonio della provincia, secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

C 154. — § 1. Ricordino gli amministratori che essi sono soltanto dispensatori dei beni della comunità; li impieghino pertanto solo per scopi corrispondenti alla condizione dei missionari; e si comportino in ogni caso secondo le leggi civili giuste, e secondo le norme e lo spirito della Congregazione.

§ 2. Gli amministratori provvedano volentieri alle necessità dei confratelli in tutto ciò che riguarda la loro vita, il loro particolare ufficio e il lavoro apostolico. Un tale uso dei beni, infatti, è stimolo per i confratelli a prendersi cura del bene dei poveri e a condurre una vita veramente fraterna.

§ 3. Gli stessi amministratori, inoltre, si comportino con equità nella distribuzione dei beni, dovendo promuovere la vita comunitaria tra i confratelli; provvedano alle loro necessità personali secondo le Norme stabilite dall’Assemblea provinciale.

S 107. — Tutti gli amministratori, tanto i Superiori quanto gli Economi, non possono compiere atti amministrativi in nome della Congregazione, se non entro i limiti del loro ufficio e a norma del diritto. Perciò la Congregazione, la provincia e le case devono rispondere soltanto degli atti amministrativi compiuti in conformità alle suddette norme; degli altri risponderanno coloro che avranno posto atti illeciti o invalidi. Tuttavia se una persona giuridica della Congregazione avesse contratto, sia pure con il permesso, debiti o obbligazioni, ne dovrà rispondere con i propri mezzi.

C 155. — Per la validità dell’alienazione, e di qualsiasi altra operazione da cui la situazione patrimoniale della persona giuridica potrebbe subire danno, si richiede il permesso scritto rilasciato dal Superiore competente con il consenso del suo Consiglio. Se però si tratta di operazione che supera la somma fissata dalla Sede Apostolica per le singole regioni, come pure di donazioni votive fatte alla chiesa, o di cose preziose per valore artistico o storico, si richiede anche il permesso della stessa Sede Apostolica.

S 108. — § 1. L’Assemblea generale può fissare una somma, oltre la quale il Superiore generale non può fare spese straordinarie.

§ 2. I Visitatori possono fare spese secondo le Norme fissate dall’Assemblea provinciale.

§ 3. I Superiori locali possono fare spese entro i limiti stabiliti dalle Norme provinciali.

S 109. — I Superiori non permettano che si contraggano debiti, se non consti con certezza che si possono pagare gli interessi passivi del capitale con le entrate ordinarie, e che si possa restituire, entro il tempo previsto, la somma presa a prestito, attraverso il riscatto legale delle rate annue.

S 110. — § 1. Si osservino scrupolosamente le norme di legge sul lavoro, sulle assicurazioni e sulla giustizia, nei confronti delle persone che lavorano nelle case e nelle opere della Congregazione.

§ 2. I Superiori siano oltremodo cauti nell’accettare pie fondazioni che impongono obblighi a lunga scadenza. Non si accettino oneri perpetui.

§ 3. Non si facciano donazioni con i beni della comunità, se non a norma delle Costituzioni e degli Statuti.

§ 4. Quando si accettano beni destinati per testamento o per donazione alla Congregazione, alla provincia o alla casa, si rispetti la volontà del donante circa la loro proprietà e il loro uso.

§ 5. Si provveda all’assicurazione sociale dei confratelli a cura della Congregazione o del Vescovo o di altri per i quali essi prestano il loro servizio. Inoltre le case, le province e la stessa Curia generalizia sottoscrivano assicurazioni convenienti contro pericoli di vario tipo.

 

CONSTITUTIONS AND STATUTES OF THE CONGREGATION OF THE MISSION
GENERAL CURIA OF THE CONGREGATION OF THE MISSION
ROME 1984
ENGLISH TRANSLATION PHILADELPHIA 1989

NOTES OF THE TRANSLATORS:

        1. Except where the context requires a more restrictive meaning, the terms “member” and “confrere” designate every member of the Congregation of the Mission, that is, all priests and candidates for the priesthood, and all brothers and candidates for the brotherhood, from the time of admission into the internal seminary.

        2. The Latin word “finis” has been translated “purpose.”

        3. The Latin word “Visitator” has been translated “provincial.”

        4. ABBREVIATIONS:

                C = Constitutions

                S = Statutes

                CR = Common Rules

                SV = Coste, Saint Vincent, 14 volumes

                EN = Evangelii Nuntiandi of Paul VI

CONTENTS
DECREE OF APPROBATION     

LETTER OF THE SUPERIOR GENERAL        
DECREE OF PROMULGATION        
INTRODUCTION        
CONSTITUTIONS OF THE CONGREGATION OF THE MISSION        

        PART ONE – VOCATION        

        PART TWO – LIFE IN THE CONGREGATION        

                CHAPTER I.        Apostolic activity        

                CHAPTER II.        Community life        

                CHAPTER III.        Chastity, poverty, obedience, and stability

                CHAPTER IV.        Prayer

                CHAPTER V.        Members        

                                        1. Members in general        

                                        2. Admission into the Congregation        

                                        3. Rights and obligations of members        

                                        4. Attachment of members to a province or house

 5. Departure and dismissal of members        

                CHAPTER VI.        Formation        

                                        1. General principles        

                                        2. The internal seminary        

                                        3. The major seminary        

                                        4. The formation of brothers                                                               

                                        5. Moderators and teachers        

        PART THREE – ORGANIZATION        

                Section I. — GOVERNMENT        

                        General principles        

                CHAPTER I. – Central administration        

  1. The superior general
  2. The vicar general    
  3. Assistants General        
  4. Officers of the general curia        

                CHAPTER II. – Provincial and local administration        

                        1. Provinces and vice-provinces        

                        2. The provincial        

                        3. The assistant provincial        

                        4. The council of the provincial        

  1. The provincial treasurer        

6. Offices of local administration        

                CHAPTER III. — Assemblies        

                        1. Assemblies in general        

                        2. The General Assembly        

                        3. The provincial assembly        

                        4. The domestic assembly        

                Section II. –TEMPORAL GOODS        

       

THE STATUTES OF THE CONGREGATION OF THE MISSION                

        PART ONE        VOCATION

                (There are no Statutes at present.)

        PART TWO        LIFE IN THE CONGREGATION                                                CHAPTER I.        Apostolic activity                

                CHAPTER II.        Community life                

                CHAPTER III.        Chastity, poverty, obedience, and stability                        CHAPTER IV.        Prayer                

                CHAPTER V.        Members                

  1. Admission into the Congregation                
  2. Rights and obligations of members                

                        3.        Attachment of members to a province or house        

                        4.        Departure and dismissal of members                

                CHAPTER VI.        Formation                

                  I.        Promoting And Supporting Vocations                

                  II.        Formation Of Our Members                

                        1. General principles                

                        2. The internal seminary                

                        3. The major seminary                

                        4. The formation of brothers        

                        5. Moderators and teachers                

        PART THREE — ORGANIZATION                

           Section I. — GOVERNMENT                

                CHAPTER I.        Central administration                

                        1. The superior general                

                        2. The vicar general                        

                        3. Assistants general                

                        4. Officers of the general curia        

                CHAPTER II.        Provincial and local administration                

                        1. Provinces and vice-provinces                

                        2. The provincial and the vice-provincial        

                        3. The assistant provincial                

                        4. The council of the provincial        

                        5. The provincial treasurer                

                        6. Offices of local administration        

                CHAPTER III.        Assemblies                

                        1. Assemblies in general                

                        2. The General Assembly                

                        3. The provincial assembly                

           Section II.  TEMPORAL GOODS                

SACRED CONGREGATION FOR RELIGIOUS AND SECULAR INSTITUTES Prot. n. P. 53 – 1/81

DECREE

  The Congregation of the Mission, founded by St. Vincent de Paul, has the special apostolic purpose of preaching the gospel to the poor and promoting the formation of the clergy.

  Adhering to the norms of the Second Vatican Council and other regulations of the Church, the Congregation of the Mission has by assiduous work prepared a new text of Constitutions, which the superior general has presented to the Holy See for  approval.

  The Sacred Congregation for Religious and Secular Institutes, therefore, having subjected the attached text of Constitutions to special examination, and considering the favorable vote of its commission, all things having been considered, by this Decree approves and confirms the text as it appears printed in Latin and preserved in its archives, all the required norms of law having been observed.

  May God grant that all the members of the Congregation of the Mission, helped by divine grace, through the intercession of St. Vincent de Paul, and with a heart grateful to God, receive these new Constitutions as a firm means of progressing more and more in such a great work committed to them by the Church.

  Given at Rome, from the office of the Sacred Congregation for Religious and Secular Institutes, on the 29th of June, the feast of the Holy Apostles Peter and Paul, in the year of Our Lord 1984.

DECREE OF PROMULGATION

        To all the members of our Congregation I transmit these Constitutions, examined and approved by the Sacred Congregation for Religious and Secular Institutes on the 29th of June, and, the required time having elapsed for them to become effective, I decree that our. Constitutions begin to oblige from the 25th of January 1985, the Feast of the Conversion of St. Paul.

Rome, the 27th of September 1984

On the Solemnity of St. Vincent de Paul

CURIAMISSIONE

        Via di Bravetta. 159

        00164 Rome

Superior General of the Congregation of the Mission to our beloved in Christ

Priests, Clerics, and Brothers

Greetings in the Lord

The approval of our Constitutions by the Sacred Congregation for Religious and Secular Institutes is a significant event in the history of our Congregation. It is now just 30 years since Father Slattery promulgated our Constitutions after they had been revised in the light of the 1917 Code of Canon Law.

Now after 17 years of work, reflection, prayer, and the deliberations of three General Assemblies, the Holy See has given its approval to the Constitutions which I am happy to present to you. Allow me to make one observation about our new Constitutions. The measure of our fidelity to the spirit and letter of these Constitutions will largely determine the measure of our contribution to the life of the local Church where the Congregation is established.

Within the covers of this book our identity as a Congregation in the Church is delineated. We must not be content to leave that delineation on paper alone. The text must now be imprinted on our hearts and lived out in our vocation to preach the gospel to the poor. For that purpose much reflective reading and prayer of our Constitutions is called for and it is my hope, and indeed the hope of us all, that these Constitutions will be the means that will enable us more effectively to love what Saint Vincent loved and practice what he taught.

In receiving these Constitutions from the Holy See, our minds will go back to that celebrated conference, which Saint Vincent gave to his Community on the occasion of the distribution of our Common Rules on the 17th of May 1658. The hope that Saint Vincent expressed on that occasion can be ours today:

“We ought to hope for all kinds of favors and blessings from the goodness of God for all those who shall faithfully observe the Rules he has given us: a blessing on their persons, blessings on what they undertake, blessings on all they carry out, blessings of God on all that concerns them – I have confidence in the grace of God and your own goodness that all of you will on this occasion renew the fidelity with which you have observed them . . . I hope that the fidelity with which you have kept these Rules in the past and the patience you have shown in waiting for them so long, will obtain for you from the good God the grace to observe them still more easily in the future. “(SV, XII, 11)

In the love of our Lord Jesus Christ and of his Immaculate Mother, and with all my heart, I profess myself to be your most devoted confrere.

Rome, the 27th day of September 1984 The Solemnity of St. Vincent de Paul

Richard McCullen, Superior General

INTRODUCTION

Responding to the will of the church. and inspired by the Second Vatican Council, the Congregation of the Mission, founded by St. Vincent de Paul, has revised its own fundamental law in order to revitalize its apostolic activity and its life in the modern world.

The Congregation feels that it is living in a unique time of grace. It senses the action of the Spirit of the Lord coming upon it urging it to renewal, following the steps of St. Vincent.

The Congregation considers it necessary to go back to its roots, and to St. Vincent’s lifelong conversion and original vision, so that it may continue to witness to its role within the Church. This is how it seeks to affirm more forcefully, and loyally maintain, its original identity and the spirit of its Holy Founder, and to draw greater inspiration from these sources. In this way, attentive to the will of God, it seeks to respond to its calling which is manifested in a special way, today as in St. Vincent’s time, in the needs of the poor.

Vincent de Paul was born in the village of Pouy in 1581. As a boy he lived among the poor and experienced the conditions under which they lived. In 1600 he became a priest. For a time he sought to escape from the poverty of his origins, but with the help of spiritual directors he felt himself called to deeper holiness and, through the events of his life, was finally led by divine providence to a firm determination to dedicate himself to the salvation of the poor.

While he was exercising his ministry in Gannes and, on the 25th of January 1617, in Folleville, he saw that the evangelization of the poor was an urgent need. He himself held that this was the origin of his vocation, and of the Congregation of the Mission.

When, in August of the same year in Chatillon-les-Dombes, he founded “La Charite” [The Confraternities of Charity] to assist the sick who lacked all help, he discovered for himself, and showed others, the close link that exists between evangelization and the service of the poor.

Gradually his religious development led to contemplating and serving Christ in the person of the poor. The vision of Christ, sent by the Father to evangelize the poor, was central to his life and ministry.

Hearing the call of people in the world of his own day, learning to listen with an ever more intense love of God and of poor people who were burdened with hardships of all kinds, Vincent felt himself called to alleviate sufferings of every sort.

Among all his commitments he always had a special care for the Mission, and he gathered the first members to join with him in evangelization of the country people; this was set out in a contract dated the 17th of April 1625. They bound themselves to form a Congregation in which, living as a community, they would devote themselves to the salvation of the country poor; this was by an Act of Association which they signed on the 4th of September 1626.

While Vincent and his confreres were giving themselves to the evangelization of the poor, they clearly saw that the effectiveness of their mission to the people could not be sustained unless they also provided for the formation of the clergy. They began this work in 1628 in Beauvais when, at the request of the bishop, they held retreats for those being advanced to orders. In this way they were providing good pastors for the Church.

In order that he might better respond to a wide variety of needs, St. Vincent brought together as many people as he could, rich and poor, humble and powerful, and used every means to inspire in them a seminary to the poor. who are the privileged image of Christ. He moved them to help the poor, directly and indirectly. They made this voluntary and generous dedication their own. There followed the Company of the Daughters of Charity and the Confraternities of Charity founded by him, and other Associations derived from these as well as individuals who, up to our own day, have resolved to take on this same spirit.

His zeal for the poor developed further with the start of foreign missions when, in 1648, he sent confreres for the first time to Madagascar.

As it was growing, the Congregation as an Institute gradually clarified its vocation, its thrust, and its community life. It was also insistent on its secular character, even though its members grounded their stability in the Congregation by a special vow, and by the practice of poverty, chastity, and obedience. Such characteristics constitute the heritage of the Congregation even to our day.

In complete accord with the intentions of the Founder, all these things are formally set out in documents describing the origin and thrust of the Congregation. On the 12th of January 1633, in the Bull Salvaloris Nostri, Urban VIII decreed: “The principal object and special aim of this Congregation and its members is, by the grace of God, to work both for their own salvation and for the salvation of those living on farms; in villages, on the land, and in the poorer localities and towns; but in the cities and urban areas . . . they shall give retreats privately to those about to be advanced to orders, and instruct those preparing for orders.” In the Brief Ex Commissa Nobis, dated the 22nd of September 1655, Alexander VII approved taking «simple vows of chastity, poverty, and obedience, as also of stability in the Congregation, with the object of devoting oneself all one’s life to the salvation of poor country people. While these vows are being pronounced, no one shall assist with the purpose of accepting them in the name of the Congregation, or of Ourselves, or of the Roman Pontiff at the time.” Moreover, he declared that “the Congregation of the Mission be exempt from the jurisdiction of the local Ordinaries in all things except for the persons who have been assigned to the missions by the Superiors of the Congregation . . . and those things which concern the missions. We establish also that the Congregation should not therefore be considered of the number of Religious Orders, but that it is of the body of the secular clergy.”

St. Vincent took great care to form the Congregation in the spirit of the Lord and, after many years of experience, he gave it the Rules or Common Constitutions [traditionally called “The Common Rules”]. Here he offered from the gospel examples of holiness which might more deeply motivate the spirituality, apostolic activity, and fraternal life of his foundation. This came from his profound awareness of what the Lord did and taught in fulfilling the will of his Father who sent him to evangelize the poor.

At the beginning of the Common Rules, he sets out in more detail the vocation and mission of the Congregation, indicating at the same time how this is to be achieved:

“We read in sacred scripture that our Lord, Jesus Christ, sent on earth for the salvation of the human race, did not begin by teaching; he began by doing. And what he did was to integrate fully into his life every type of virtue. He then went on to teach, by preaching the good news of salvation to poor people, and by passing on to his apostles and disciples what they needed to know to become guides for others. Now the little Congregation of the Mission wants, with God’s grace, to imitate Christ, the Lord, in so far as that is possible in view of its limitations. It seeks to imitate his virtues as well as what he did for the salvation of others. It is only right that if the Congregation is to do the same sort of work, it should act in the same sort of way This means that the whole purpose of the Congregation is: ‘to have a genuine commitment to grow in holiness, patterning ourselves, as far as possible, on the virtues which the great Master himself graciously taught us in what he said and did; ‘to preach the good news of salvation to poor people, especially in rural areas;’ to help seminarians and priests to grow in knowledge and virtue, so that they can be effective in their ministry.”(CR, I, 1).

In these words, St. Vincent entrusted to the confreres of the Congregation, his followers in the Lord, a unique vocation, a new kind of community life, and an exacting purpose that, with wisdom, should be continually adapted to each new age.

THE CONSTITUTIONS & STATUTES

OF THE

CONGREGATION OF THE MISSION

PART ONE        VOCATION

C.1.         The purpose of the Congregation of the Mission is to follow Christ evangelizing the poor.  This purpose is achieved when, faithful to St. Vincent, the members individually and collectively:

1° make every effort to put on the spirit of Christ himself (CR I, 3) in order to acquire a holiness appropriate to their vocation (CR XII, 13);

2° work at evangelizing the poor, especially the more abandoned;

3° help the clergy and laity in their formation and lead them to a fuller participation in the evangelization of the poor.

C.2.         With this purpose in view, the Congregation of the Mission, faithful to the gospel, and always attentive to the signs of the times and the more urgent calls of the Church, should take care to open up new ways and use new means adapted to the circumstances of time and place.  Moreover, it should strive to evaluate and plan its works and ministries, and in this way remain in a continual state of renewal.

C.3.         §1.–The Congregation of the Mission is a clerical society of apostolic life and of pontifical right, in which the members pursue their own apostolic purpose according to the heritage bequeathed by St. Vincent and sanctioned by the Church. They live in common as brothers by following their own rule of life, and they strive for perfect charity by observing the Constitutions.

§ 2.–The Congregation of the Mission, according to the tradition set forth by St. Vincent, carries on its own apostolate in close cooperation with the bishops and diocesan clergy. For this reason St. Vincent often said that the Congregation of the Mission is secular, although it enjoys autonomy which has been granted either by universal law or by exemption.

§ 3.–In order to accomplish in a more effective and enduring manner the purpose of the Congregation of the Mission, the members of the Congregation take vows of stability, chastity, poverty, and obedience according to the Constitutions and Statutes.

C.4.          In order that, with God’s grace, it might achieve its purpose, the Congregation of the Mission, which consists of clerics and lay persons, strives to be filled with the sensitivity and attitudes of Christ, indeed with his very spirit which is particularly clear in the examples from the Gospels explained in the Common Rules.

C.5.  The spirit of the Congregation is a participation in the spirit of Christ himself, as proposed by St. Vincent: «He sent me to preach the good news to the poor» (Lk 4:18). Hence, «Jesus Christ is the rule of the Mission» and shall be considered as the center of its life and activity (SV, XII, 130).

C.6.  Therefore, the spirit of the Congregation comprises those intimate personal attitudes of Christ which our Founder recommended to the members from the beginning: love and reverence towards the Father, compassionate and effective love for the poor, and docility to divine providence.

C.7.          The Congregation, furthermore, tries to express its spirit in five virtues drawn from its own special way of looking at Christ, namely, simplicity, humility, gentleness, mortification, and zeal for souls. Speaking of these five virtues, St. Vincent said: «The Congregation should pay special attention to developing and living up to these five virtues so that they may be, as it were, the faculties of the soul of the whole Congregation, and that everything each one of us does may always be inspired by them» (CR, II, 14).

C.8.          All the members should continually strive for a deeper knowledge of this spirit, by returning to the gospel and to the example and teaching of St. Vincent, mindful that our spirit and our ministries ought to nourish one another.

C.9.          Moreover, our vocation–that is, our purpose, nature, and spirit–should direct the life and organization of the Congregation.

PART TWO        LIFE IN THE CONGREGATION

CHAPTER I        Apostolic activity

C.10.  The Congregation of the Mission from the time of its Founder, and under his inspiration, sees itself called by God to carry out the work of evangelizing the poor.

        In its own way, it can, with the whole Church, state of itself that evangelizing is to be considered its own grace and vocation, and expresses its deepest identity (cf. EN, 14).

        Furthermore, the members, individually and collectively, can rightly make use of the words of Jesus: «I must preach the good news of the kingdom of God for which I have been sent» (Lk 4:43).

C.11.  The love of Christ, who had pity on the crowd (Mk 8:2), is the source of all our apostolic activity, and urges us, in the words of St. Vincent, «to make the Gospel really effective» (SV, XII, 84).

        According to the varying circumstances of time and place, our work of evangelization in word and action should strive for this, that all, through a process of conversion and celebration of the sacraments, should be faithful to «the kingdom, that is to say, the new world, the new order, the new manner of being, of living, of living in community, which the gospel inaugurates» (EN, 23).

C.12.  These are the characteristics to be kept in mind in this work of evangelization which the Congregation proposes to carry out:

1° clear and expressed preference for the apostolate among the poor, since their evangelization is the sign that the kingdom of God is present on earth (cf. Mt 11:5);

2° attention to the realities of present-day society, especially to the factors that cause an unequal distribution of the world’s goods, so that we can better carry out our prophetic task of evangelization;

3 ° some sharing in the condition of the poor, so that not only will we attend to their evangelization, but that we ourselves may be evangelized by them;

4° genuine community spirit in all our apostolic works, so that we may be supported by one another in our common vocation;

5° readiness to go to any part of the world, according to the example of the first missionaries of the Congregation;

6° striving to live in a state of continuous conversion both on the part of each individual member and on the part of the whole Congregation, according to the mind of St. Paul, who counsels us: «Do not be conformed to this world, but be transformed by the renewal of your mind» (Rm 12:2).

C.13.  The provinces themselves will decide the forms of apostolate to be undertaken so that, faithful to the spirit and example of St. Vincent, their apostolate may be incorporated into the pastoral activity of the local Church in conformity with the documents and instructions of the Holy See, the episcopal conferences, and the diocesan bishops.

S.1. — We are gradually to withdraw from those apostolic works which, after due reflection, no longer seem to correspond to the vocation of the Congregation at the present time.

C.14.  Popular missions, so dear to the heart of our Founder, are to be earnestly promoted. Therefore we should undertake the work of the missions according to circumstances of time and place, searching for all possible means to give this work new vitality, both to renew and to build up a true Christian community and to awaken faith in the hearts of unbelievers.

S.2. — In the modern world, atheism and materialism strongly challenge the faith and the traditional methods of evangelizing. Therefore, members should carefully study the causes of this phenomenon, realizing that in this situation they are called upon to give witness to a stronger personal faith in the living God and also to seek out new ways of fulfilling their vocation to evangelize.

C.15.        The formation of clerics in seminaries, a work of the Congregation from its beginnings, is to be effectively renewed where needed.

        In addition, members should afford spiritual assistance to priests both in the work of their ongoing formation and in promoting their pastoral zeal. They should work to encourage in them the desire of fulfilling the Church’s option for the poor.   They should also devote themselves to motivating and suitably preparing lay people for the pastoral ministries necessary in a Christian community.

        Finally, members should teach clerics and laity to work together and to support one another in the process of forming a Christian community.

C.16.  Among the apostolic works of the Congregation, the foreign missions and missions to people in a similar stage of evangelization have an honored place.

        In building up a new ecclesial community, missionaries should pay special attention to the «seeds of the word» which may be found in the cultural and religious practices of the people (cf. EN, 53).

C.17.  Since the Congregation of the Mission and the Daughters of Charity share the same heritage, members should willingly give them assistance when asked, especially in the matter of retreats and spiritual direction.

        They should also show a brotherly spirit of cooperation in those works which have been undertaken together.

C.18.  Following St. Vincent, who, like the Good Samaritan of the gospel parable (Lk 10:30-37), gave effective help to the abandoned, provinces and members should earnestly strive to serve those rejected by society and those who are victims of disasters and injustices of every kind. We should also assist those who suffer from forms of moral poverty which are peculiar to our own times.

        Working for all of these and with them, members should endeavor to implement the demands of social justice and evangelical charity.

S.3.-In apostolic initiatives, provinces and individual houses should willingly work in fraternal cooperation with each other, with the diocesan clergy, with religious institutes, and with the laity.

S.4.-Members should seek ecumenical dialogue; but they should also actively participate in religious, social, and cultural affairs with Christians and non-Christians.

S.5.-In regard to the work of the foreign missions, the following norms should be observed:

1° in a spirit of co-responsibility, provinces, whether on their own initiative or at the invitation of the superior general, should give mutual assistance;

2° individual provinces, or several provinces together, should take on at least one mission territory to which they send members as workers in the Lord’s harvest;

3° members should be offered the possibility of helping the work of the missions in a practical way, even to the extent of volunteering to undertake the work of evangelization there;

4° members should be urged to share in the universal and local Church’s promotional work for the missions. The promotional work for the Congregation’s own missions should be properly organized.

S.6.-Those sent to the foreign missions should be carefully prepared to undertake the special works there by knowledge of the reality of the region where they will labor, so that the pastoral work which they take on may effectively meet the needs of the local Church.

S.7.-§ 1.-Lay associations founded by St. Vincent and those which are inspired by his spirit should be of special concern to our members, since they have the right to our presence and to our support.

§ 2.-Although all members should be willing to undertake this work, it is necessary for some to be more skilled in it.

§ 3.-It is important that this animation have a spiritual, ecclesial, social, and civic dimension.

S.8.-Inter-provincial meetings should be fostered for the purpose of deepening our knowledge of the vocation of missioners and of those pastoral methods which more effectively meet the actual conditions and changes of situations and people.

S.9.-§ 1.-It pertains to provinces, according to circumstances, to establish norms governing social action, and to determine concrete means for hastening the coming of social justice.

§ 2.-Members should also, according to circumstances of time and place, cooperate with associations that are concerned with the defense of human rights and the promotion of justice and peace.

S.10.-§ 1.-Parishes are included among the apostolic works of the Congregation, provided that the apostolate which the members exercise there is in accord with the purpose and nature of our Institute, and provided also that the small number of pastors requires it.

§ 2.-These parishes of the Congregation should consist, for the most part, of the really poor, or should be attached to seminaries where confreres give pastoral formation.

S.11.-§ 1.-Recognizing the great importance of education for both youth and adults, members should take up this work of teaching and educating where it is needed to achieve the purpose of the Congregation.

§ 2.-This work should be carried out, however, not only in schools of various kinds, but also within the family circle, in places of work, and across the whole spectrum of society, wherever young people and adults spend their time.

§ 3.-Schools, colleges, and universities should, according to local circumstances, admit, and promote the development of, the poor. All the students, however, should be imbued with a sensitivity for the poor, according to the spirit of our Founder, while the confreres affirm the value of Christian education and provide a Christian social formation.

S.12.-Among the means to be used by the Congregation in its work of evangelization, a suitable place should be given to technical media of social communication, with the purpose of spreading the word of salvation more widely and more effectively.

CHAPTER II        Community life

C.19.          St. Vincent brought confreres together with Church approval so that, living in a new form of community life, they might undertake the evangelization of the poor. The Vincentian community is, therefore, organized to prepare its apostolic activity and to encourage and help it continually. And so, members, individually and collectively, should strive to fulfill their common mission through a wholehearted spirit of renewal in fraternal union.

C.20.          The Church finds the ultimate source of its life and action in the Trinity. The Congregation, within the Church, does the same.

1° Gathered in community to announce the Father’s love for all, we express that same love in our own life.

2° We follow Christ who called apostles and disciples and shared a fraternal life with them to evangelize the poor.

3° Under the inspiration of the Holy Spirit, we build up a unity among ourselves to achieve our mission, and so offer credible witness to Christ the Savior.

C.21.  § 1.-Community life has been a special characteristic of the Congregation and its usual way of living from its very beginning. This was clearly the will of St. Vincent.   Therefore, members should live in a house or in a legitimately constituted community according to our own law.

        § 2.-This fraternal life together, continually fostered by the mission, forms a community which promotes both personal and community development, and renders the work of evangelization more effective.

C.22.  It is the gift of ourselves and of all that we have that will truly make us present to the Community. At the same time, however, due regard should be given to personal privacy and to the furtherance by the Community of individual worth. The initiatives of members should be evaluated in the light of the purpose and spirit of the Congregation. In this way the individuality and charisms of each member come together to foster community and make the mission effective.

C.23.  Each local community enjoys due autonomy so that it may truly be a place where a communal coordination of apostolate and life with the good of the Congregation at the provincial and universal levels is realized. The local community is thus a living part of the whole Congregation.

C.24.  We try to live our community life animated by love, particularly with the practice of «the five virtues,» so that it will be a support to our apostolate and a sign to the world of the newness of evangelical life. Therefore:

1° we should strive to live in harmony to fulfill our mission, by supporting one another especially in difficulties, and by sharing our joy in simplicity of heart;

2° we should become co-responsible, helped by the necessary services of authority and together with the superior, in seeking the will of God in our life and works, thus engaging in active obedience.  Moreover, we should foster mutual dialogue, and in this way overcome an excessively individualistic style of living;

3° we should pay close attention to the opinions and needs of each confrere humbly and fraternally, thereby working to overcome the difficulties involved in community life; we should use fraternal correction gently, and achieve reconciliation with one another;

4° with due care, we should try to create the conditions necessary for work, rest, prayer, and talking together, making prudent and moderate use of communication media. And having provided for the needs of our apostolate, we shall preserve some part of our house for community privacy.

C.25.  The Community is continually responsible for its own development, especially as we renew the principal elements of our way of living and acting. These are:

1° following Christ the Evangelizer as a community, which generates in us special bonds of love and affection; in this spirit we should, «like good friends,» (CR, VIII, 2) join reverence for one another with genuine esteem;

2° the evangelization of the poor, which gives to all our work a unity that does not stifle diverse talents and gifts but directs them to the service of the mission;

3° prayer, above all in the Eucharist, which becomes the source of our spiritual, community, and apostolic life;

4° holding our goods in common, after the mind of St. Vincent, and sharing them willingly.

        In this way our life becomes truly a community of friendship, work, prayer, and goods.

C.26.  § 1.-Sick, infirm, and aging confreres should have a special place in our hearts, since their presence is a blessing on ow houses. Consequently, besides medical care and personal attention, we should provide for them the means to share in our daily lives and in our apostolate.

        § 2.-For members who have died, we should faithfully offer the suffrages prescribed in the Statutes.

S.13.-Our sick and aging confreres, united in a special way with the suffering Christ, cooperate with the rest of us in evangelizing the world. We should try to take care of them in the house which enjoyed the benefit of their labors. The provincial, however, having weighed all the circumstances, should provide whatever is best for them.

S.14.-§ 1.-Confreres who are obliged to live alone in works entrusted to them by the Congregation, should take care to spend some time with other confreres, so that they might experience the benefits of community. We, however, should remain close to them to ease their loneliness, and we should invite them with solicitude to share our fraternal and apostolic life from time to time.

§ 2.–We should strive with brotherly and timely concern to help confreres who are struggling with problems.

C.27.  Each community should work at developing a community plan, according to the Constitutions, Statutes, and the provincial norms. We should use this plan as a means of directing our life and work, of fulfilling the recommendations we receive, and of examining periodically our life and activities.

S.15.-§ 1.-We should faithfully fulfill our responsibilities to our parents, observing the balance necessary to fulfill our mission and to preserve community life.

§ 2.-We should try to receive confreres, priests, and other guests in our houses with hospitality.

§ 3.-We should be liberal to those in need who ask our help by seeking to alleviate their difficulties.

§ 4.-We should willingly extend our friendship to all those associated with us in life and work.

S.16.-The community plan which each community draws up for itself as far as possible at the beginning of its work year, should include all of the following: apostolic activity, prayer, the use of goods, Christian witness where we work, ongoing formation, times for group reflection, necessary time for relaxation and study, and an order of day. All these should be revised periodically.

CHAPTER III        Chastity, poverty, obedience, and stability

C.28.  Wishing to follow the mission of Christ, we commit ourselves as members of the Congregation to evangelize the poor for the whole of our lives. To fulfill this vocation we embrace chastity, poverty, and obedience according to the Constitutions and Statutes. And so, «the little Congregation of the Mission… to work for the salvation of people, especially the rural poor… has judged that no weapons would be more powerful or more suitable than those which eternal Wisdom so tellingly and effectively used» (CR, II, 18).

C.29. § 1.-Imitating Christ in his limitless love for all, we embrace, by vow, perfect chastity in the form of celibacy for the sake of the kingdom of heaven. We accept it as a gift given us by the personal and infinite goodness of God.

§ 2.-In this way we open our hearts more widely to God and neighbor, and our whole way of acting becomes a joyous expression of the love between Christ and the Church which will be fully manifested in the age to come.

C.30. Intimate union with Christ, true fraternal communion, zeal in the apostolate, and asceticism supported by the experience of the Church, will enable our chastity to grow strong. Through a continual and mature response to the Lord’s call, it is a living source of spiritual fecundity in the world, and it also contributes greatly to the attainment of human maturity.

C.31. «Christ himself, the Lord of all, lived in poverty to such an extent that he had nowhere to lay his head. He formed his apostles and disciples, his co-workers in his mission, to live in the same sort of way so that individually they did not own anything; . . . each confrere must try, weak as he is, to imitate Christ in developing this virtue of poverty» (CR, 111, 1). In this way, members will show that they depend entirely upon God, and their evangelization of the poor will become more effective.

C.32. § 1.-In fulfilling his responsibilities according to the purpose of the Congregation and the community plan, each member should acknowledge that he is bound by the universal law of work.

§ 2.-The income from each one’s work, or anything which comes to him in any way, as a member of the Congregation, after incorporation, such as pension, financial assistance, or insurance benefits, will become community property according to our own law, so that after the example of the first Christians we may live with a true community of goods and may help each other fraternally.

C.33. Mindful of the conditions of the poor, we should have a style of life that reflects simplicity and moderation. Whatever we use for the apostolate, however modern and efficient, should not be ostentatious.  Whatever is needed for the support and growth of members and for carrying out our work, should come principally from the joint effort of all. The Congregation, avoiding any accumulation of goods, should try to share its resources with the poor. In this way, freed from the desire of riches, we would witness to a world enamored of materialism.

C.34. By reason of our vow we need to have the consent of the superior according to the Constitutions and Statutes when we use or dispose of goods. But since his consent is scarcely enough to promote the spirit of poverty, each member must weigh what is more suitable and conformable to our life and ministry, according to the spirit of our Founder as expressed in the Common Rules.

C.35. We should use our own goods, with the permission of the superior, according to the Fundamental Statute on Poverty in the Congregation, for works of charity and also for members, while avoiding distinctions among us.

S.17.-The provincial assembly should adapt its norms concerning the practice of poverty to the Constitutions, and to the spirit of the Common Rules and of the Fundamental Statute on Poverty given to the Congregation by Alexander VII («Alias Nos supplicationibus»).

S.18.-Individual provinces and local communities, paying attention to the diversity of place and circumstances, should look into ways of observing evangelical poverty and review them periodically, knowing for certain that poverty is not only a rampart of the Community (cf. CR III, 1), but also a condition for renewal and a sign of progress in our vocation in both the Church and the world.

C.36. Conscious of human limitations and trusting in the saving action of Christ, who became obedient even unto death, we should generously try, under the guidance of the Holy Spirit, to be obedient to the will of the Father manifested to us in many ways.

C.37. §1.-To participate in this mystery of the obedient Christ requires us all to seek, as a community, the will of the Father. We do this through mutual sharing of experience, open and responsible dialogue in which differences of age and outlook interact, so that common directions may surface and develop, and lead to making decisions.

§ 2.-Mindful of the words of St. Vincent, and in a spirit of co-responsibility, members should strive to obey superiors as promptly, joyfully, and perseveringly as they can. They should try by the light of faith to obey decisions of superiors even when they consider their own views better.

C.38. §1.-By reason of our vow of obedience we are obliged to obey the pope, the superior general, the provincial, the local superior and their substitutes when they give us a command in accordance with our Constitutions and Statutes.

§ 2.-We should also obey the bishops in whose dioceses the Congregation is established, in accordance with universal law and the law of our Institute, following the mind and spirit of St. Vincent.

C.39. By our special vow of stability we vow to spend our whole lives in the Congregation fulfilling its purpose, performing the works assigned to us by superiors according to our Constitutions and Statutes.

CHAPTER IV        Prayer

C.40. §1.-Christ, the Lord, remaining always in intimate union with the Father, used to seek his will in prayer. That will was the sole aim of his life, mission, and giving of himself for the salvation of the world. He likewise taught his disciples to pray always in the same spirit, and never to lose heart.

§ 2.-We, too, sanctified in Christ and sent into the world, should try to seek out in prayer the signs of God’s will and to imitate the responsiveness of Christ, discerning everything according to his mind. In this way our lives are changed by the Holy Spirit into a spiritual offering, and we become better disposed to participate in Christ’s mission.

C.41. «Give me a man of prayer and he will be ready for anything.» (SV, XI, 83) According to the mind of St. Vincent, prayer is the living source of the spiritual life of a missioner; through it he puts on Christ, becomes steeped in the teachings of the gospel, discerns things and events as before God, and remains always in God’s love and mercy. In this way the Spirit of Christ will always make our words and actions effective.

C.42. Apostolic involvement with the world, community life, and the experience of God in prayer complement one another and make an organic unity in the life of a missioner. For, when we pray, faith, fraternal love, and apostolic zeal are constantly renewed; and in action, the love of God and neighbor is effectively manifested. Through the intimate union of prayer and apostolate a missioner becomes a contemplative in action and an apostle in prayer.

C.43. The prayer of a missioner should be characterized by a filial spirit, humility, confidence in providence, and love of the goodness of God; thus we learn to pray as people who are poor in spirit, knowing for certain that our weakness is made strong by the power of the Holy Spirit. The same Spirit enlightens our minds to know more thoroughly the needs of the world, and strengthens our wills to respond to them more effectively.

C.44. We should find a unique experience of prayer in the ministry of the word, of the sacraments, and of charity, and in the events of life. Likewise, in evangelizing the poor, we should find Christ and contemplate him in them. Finally, in exercising pastoral care for the people to whom we are sent, we ought to pray not only for them but also with them, sharing spontaneously, as it were, in their faith and devotion.

C.45. We should cultivate liturgical prayer in a way which is both alive and authentic.

§ 1.-Our life should be directed towards the daily celebration of the Lord’s Supper as towards its summit, for from the Eucharist, as from a living source, flows the power of our apostolic activity and fraternal communion. Through the Eucharist, the death and resurrection of Christ are made present, we become in Christ a living offering, and the communion of the People of God is signified and brought about.

§ 2.-We should frequently approach the sacrament of penance so that we might achieve continuing conversion and authenticity of vocation.

§ 3.-In celebrating the liturgy of the hours, we unite our hearts and voices to sing the praises of the Lord, raise our prayer continually in his sight, and intercede for people everywhere. For this reason we celebrate morning and evening prayer in common, unless excused by reason of the apostolate.

C.46. In community prayer we find an excellent way of animating and renewing our lives, especially when we celebrate the word of God and share it, or when in fraternal dialogue we share with one another the fruit of our spiritual and apostolic experience.

C.47. § 1.-We should try, as far as possible, to spend one hour daily in personal prayer according to the tradition of St. Vincent, either in private or in common. In this way we are enabled to discern the mind of Christ and to find suitable ways of fulfilling his mission. Moreover, personal prayer prepares for, expands, and completes liturgical and community prayer.

§ 2.-We should faithfully make our annual retreat.

S.19.–We should fulfill the following spiritual practices, traditional in the Congregation, according to the community plan: first of all, reading sacred scripture, especially the New Testament; devotion to the Holy Eucharist; mental prayer made in common; examination of conscience; spiritual reading; annual retreat; and the practice of spiritual direction.

C.48. As witnesses and heralds of the love of God, we ought to show special honor and devotion to the mysteries of the Trinity and the Incarnation.

C.49. §1.-We should also show special devotion to Mary, the Mother of Christ and of the Church. According to the words of St. Vincent, she, more than all other believers, penetrated the meaning and lived out the teaching of the gospel.

§ 2.-We should express our love for the Immaculate Virgin Mary in many different ways, celebrating her feasts with devotion and praying to her frequently, especially through the rosary. We should make widely known the special message expressed through her maternal care by the Miraculous Medal.

C.50. We should cherish devotion to St. Vincent and to the canonized and beatified members of the Vincentian Family. We should constantly return to the heritage of our Founder, expressed in his writings and in the traditions of the Congregation, that we may learn to love what he loved and practice what he taught.

CHAPTER V        Members

1. Members in general

C.51. The members of the Congregation of the Mission are followers of Christ who have been called by God to continue his mission and have been admitted into the said Congregation. They strive, according to their abilities, to respond to their vocation by working according to the teaching, outlook, and instructions of St. Vincent de Paul.

C.52. §1.-Among the members, all of whom share in the royal priesthood of Christ through baptism and confirmation, there are clerics and brothers, but all are known as missioners.

1° Clerics, that is, priests and deacons, according to the order received and after the example of our Lord Jesus Christ, who is Priest, Shepherd, and Teacher, fulfill their vocation through the exercise of this three-fold function in every kind of apostolate which can contribute to achieving the purpose of the Congregation. Included, too, in this category are those members who are preparing to receive orders.

2° The lay persons, who among us are called brothers, are destined for the apostolate of the Church and the Congregation. They carry it out by the work which is appropriate to their status.

§ 2.-All of these are either only admitted members or are also incorporated members, according to the Constitutions and Statutes.

2. Admission into the Congregation

C.53. § 1.-A candidate is admitted into the Congregation when, at his request, he is received for making the period of probation of the internal seminary.

§ 2.-The right to admit candidates into the internal seminary belongs, established norms being observed:

1° to the superior general, after hearing his council, for the entire Congregation;

2° to the provincial, after hearing his council, for his province.

§ 3.-In regard to the requirements for admission, universal law must be observed.

S.20.-§ 1.-The internal seminary begins for each member when he is declared by the director or his substitute to have been received according to the provincial norms.

§ 2.-At an appropriate time the Congregation should take measures, valid also in civil law if necessary, to safeguard the rights both of the member and of the Congregation, in case the member leaves of his own accord or is dismissed.

C.54. § 1.-The total time in which preparation is made for incorporation into the Congregation should not be shorter than two years nor longer than nine years from the time of reception into the internal seminary.

§ 2.-One year after admission into the Congregation a member, according to our tradition, manifests by means of good purposes his intention of dedicating himself to the salvation of the poor for his entire life in the Congregation according to our Constitutions and Statutes.

§ 3.-The right to admit to good purposes belongs, established norms being observed;

1° to the superior general, after hearing his council and the director of the internal seminary, for the entire Congregation;

2° to the provincial, after hearing his council and the director of the internal seminary, for his province.

S.21.-Good purposes are made in the Congregation of the Mission by means of either a direct or a declarative formula:

1° Direct formula: Lord, my God, I, NN., declare my intention of faithfully dedicating myself in the Congregation of the Mission, for the whole time of my life, to the evangelization of the poor, after the example of Christ evangelizing. Therefore, I propose to observe, with the help of your grace, chastity, poverty, and obedience, according to the Constitutions and Statutes of our Institute.

2° Declarative formula: I, NN., declare my intention of faithfully dedicating myself in the Congregation of the Mission, for the whole time of my life, to the evangelization of the poor, after the example of Christ evangelizing. Therefore, I propose to observe, with the help of God’s grace, chastity, poverty, and obedience, according to the Constitutions and Statutes of our Institute.

S.22.- § 1. -The making of good purposes should be done in the presence of the superior or a member designated by him.

§ 2.-Further determinations regarding the making or renewing of good purposes and any form of temporary bond that may possibly be added, and also the rights and obligations which members have between admission into the Congregation and incorporation into it, should be provided by the assembly of each province.

C.55. § 1.-Our vows are perpetual, nonreligious, and reserved, so that only the pope or the superior general can dispense them.

§ 2.-These vows must be faithfully interpreted according to the intention of St. Vincent as approved by Alexander VII in the briefs «Ex commissa nobis» (the 22nd of September 1655) and «Alias nos supplicationibus» (the 12th of August 1659).

C.56. The right to admit to vows belongs, established norms being observed:

1° to the superior general, with the consent of his council and after consulting the candidate’s moderators, for the entire Congregation;

2° to the provincial, with the consent of his council and after consulting the candidate’s moderators, for his province.

C.57. §1.-The permission to take vows given by the major superior after a request by the member brings with it, when the vows are taken, incorporation into the Congregation. Reception of the diaconate by a member brings with it incardination into the Congregation.

§ 2.-A member not yet incorporated into the Congregation cannot be admitted to orders. Incorporation of a member already a cleric incardinates him into the Congregation.

C.58. §1.-The taking of vows must be done in the presence of the superior or of a member appointed by him.

§ 2.-According to the custom of the Congregation, both the request for, and the attestation of, the taking of vows should be in writing. Furthermore, the superior general should be informed of the taking of vows as soon as possible.

§ 3.-Vows should be taken in the Congregation of the Mission according to one of these formulas:

a)  Direct formula: Lord, my God, I, NN., in the presence of the Most Blessed Virgin Mary, vow that I will faithfully dedicate myself, in the Congregation of the Mission, for the whole time of my life, to the evangelization of the poor, after the example of Christ evangelizing. Therefore, with the help of your grace, I vow chastity, poverty, and obedience, according to the Constitutions and Statutes of our Institute.

b)  Declarative formula: I, NN., in the presence of the Most Blessed Virgin Mary, vow to God that I will faithfully dedicate myself, in the Congregation of the Mission, for the whole time of my life, to the evangelization of the poor, after the example of Christ evangelizing. Therefore, with the help of God’s grace, I vow to God chastity, poverty, and obedience, according to the Constitutions and Statutes of our Institute.

c)  Traditional formula: I, NN., unworthy (priest, cleric, brother) of the Congregation of the Mission, in the presence of the Most Blessed Virgin and of the whole heavenly court, vow to God poverty, chastity, and obedience to our superior and his successors, according to the Rules or Constitutions of our Institute; I vow also that I will dedicate myself, in the aforesaid Congregation, for the whole time of my life, to the salvation of the poor country people. For this purpose, I humbly call upon Almighty God to help me with his grace.

S.23.–Further determinations regarding the time when vows are taken pertain to the provincial assembly of each province.

S.24. — In special circumstances, a provincial assembly may propose for the approval of the superior general, with the consent of his council, its own formula for making good purposes or taking vows, preserving the essential elements of the established formulas.

3. Rights and obligations of members

C.59. §1.-Unless the contrary is clear from the nature of the case, all members of the Congregation enjoy the rights, privileges, and spiritual favors granted to the Congregation according to the norm of universal law and our own law.

§ 2.-All members incorporated into the Congregation enjoy the same rights and are bound by the same obligations, according to the norm of universal law and our own law, with the exception of those things that involve the exercise of orders and the jurisdiction attached to it. However, those who are only admitted members of the Congregation enjoy rights and are bound by obligations according to the Constitutions, Statutes, and provincial norms.

C.60. According to universal law and our own law, members incorporated into the Congregation enjoy the right of active and passive voice, unless they have lost it according to the norm of law.

C.61. Members who have been incorporated into the Congregation for three years and who are twenty-five years of age enjoy the right of passive voice to all offices and duties, provided that the other conditions laid down in universal law and our own law are observed.

S.25.-The following lack both active and passive voice:

1° those who by indult live outside the Congregation according to the Congregation’s own law and any clause contained in the said indult;

2° members who have been ordained bishops, or even only appointed, during the time of their office; and even after the time of their office, unless they shall have returned to community life;

3° vicars, prefects, and administrators apostolic, even if they are not bishops, during the time of their office, unless they are at the same time superiors of some house of the Congregation.

C.62. The members of the Congregation, besides the obligations to which they are held according to our own law, are also bound by the common obligations of clerics as stated in the universal law in canons 273-289. Not only are the clerics bound to these canons, as is evident, and especially in regard to wearing ecclesiastical dress (canon 284) and to praying the liturgy of the hours (canon 276), but the lay members are also bound, unless the contrary is clear from the nature of the case or the context.

S.26.-§ 1.-It is the right of each member to have suffrages offered for him throughout the Congregation when he dies.

§ 2.-Every month each member, according to his status, should offer Mass for the living and dead of the entire Vincentian family as well as for parents, relatives, and benefactors, adding a special intention for the preservation of the original spirit of the Congregation.

§ 3.-In the same way he should offer another Mass for the members of the entire Congregation who have died during the preceding month.

§ 4.-Further determinations should be made by each province.

S.27.-It is the right of each incorporated member of the Congregation to be granted each month the celebration of a certain number of Masses according to his intention and without a stipend. Norms regarding the number and manner of the celebration of these Masses are to be laid down by each province.

C.63. All must observe the Constitutions and Statutes and other norms in force in the Congregation with an active and responsible obedience.

C.64. In the same way, they should observe the norms promulgated by local ordinaries, without detriment to the right of exemption.

4. Attachment of members to a province or house

C.65. Every member of the Congregation of the Mission should be attached to some province, and to some house or some group constituted as the equivalent of a house, according to the norm of our law.

C.66. In a province, and in a house or a group constituted as the equivalent of a house, members have:

1° rights and obligations according to the Constitutions and Statutes;

2° their own immediate local and major superior;

3° the exercise of active and passive voice.

S.28.-§ 1.-During their terms of office, the superior general, the assistants, the secretary general, the treasurer general, and the procurator general at the Holy See do not have a province as far as juridical effects are concerned.

§ 2.-The same is true of others assigned to the house of the generalate, except with regard to the right of active and passive voice, which they retain in their provinces.

S.29.-§1.-A member of the Congregation of the Mission is attached to the province for which the superiors lawfully admit him into the Congregation. This province is known as the province of origin.

§ 2.-A member acquires a new attachment by assignment from one province to another, lawfully done by superiors. This province is known as the province of assignment.

S.30.-In order that a member may leave one province and be attached to another, all that is required is that, the authority of the superior general always respected, the competent major superiors should agree between themselves after consulting the member involved. However, if the member is unwilling, the transfer to another province cannot be made without the approval of the superior general.

S.31.-At the end of his term, the superior general is free to choose his own province.

S.32.-Attachment to a province of assignment can be for an indefinite or definite period of time. If the assignment is for a definite period of time, when this has elapsed, the member is immediately reattached to the province from which he came, unless the competent superiors, after consulting the member, shall have agreed otherwise between themselves, according to the norms of the Statutes.

S.33.-Documents of assignment must be drawn up and kept in the archives of each province. However, the provincial of the province from which the member comes should send notification of his new assignment to the secretary general.

S.34.-A member is attached to a house or a group constituted as the equivalent of a house by appointment made by a lawful superior.

C.67. §1.-A member who has obtained permission, either from the superior general or from the provincial with the consent of their respective councils, to live outside a house or community, should be attached to some house or community, so that he enjoys rights and is held to obligations in it according to the norm of the permission granted to him.

§ 2.-This permission, however, should be granted only for a just reason, and not beyond a year, except to treat an illness, to study, or to serve in an apostolate in the name of our Institute.

5. Departure and dismissal of members

C.68. Universal law and our own law are to be followed in regard to the departure and dismissal of members.

C.69. §1.-A member not yet incorporated into the Congregation can freely leave it, manifesting his intention to his superiors.

§ 2.-A member not yet incorporated can also, for just reasons, be dismissed by the superior general or by the provincial, after their councils and the member’s moderators have been consulted.

C.70. The superior general, with the consent of his council, can for a serious reason allow a member incorporated into the Congregation to live outside the Congregation, but not beyond three years, and with the obligations that can be compatible with this new way of life. A member in this situation remains under the care of the superiors of the Congregation but lacks active and passive voice. If, however, the member is a cleric, the consent of the ordinary of the place where he must reside is also required, and the member remains under the care of the ordinary and dependent upon him, according to the norm of canon 745.

C.71. The superior general can, with the consent of his council and for a serious reason, grant to a member departure from the Congregation and dispense him from his vows according to the norm of canon 743.

C.72. § 1.-A member incorporated into the Congregation who dissociates himself from it and from the authority of his superiors should be sought out with concern by his superiors and given help by them, so that he may persevere in his vocation.

§ 2.-However, if the member does not return after six months, he is deprived of active and passive voice and, according to the norm of article 74, § 2, he can be dismissed by a decree of the superior general.

C.73. § 1.-A member is to be held automatically dismissed from the Congregation if he:

1° has notoriously abandoned the Catholic faith;

2° has contracted marriage or has attempted it, even civilly.

§ 2.-In these cases the major superior with his council, after gathering together the evidence, shall without delay make a declaration of the fact so that the dismissal is juridically established according to the norm of canon 694.

C.74. § 1.-A member must be dismissed according to what is established in canons 695, 698, and 699, § 1.

§ 2.-A member can be dismissed according to what is established in canons 696, 697, 698, and 699,

§ 3.-In a case of grave external scandal or of extremely grave and imminent harm to our Institute, a member can be immediately expelled from the house by the major superior or, if there is danger in delay, by the local superior, with the consent of his council, according to the norm of canon 703.

C.75. The decree of dismissal should be immediately communicated to the member concerned and he should be given the option of having recourse to the Holy See within ten days from the reception of notification. The recourse has a suspensive effect. For the decree of dismissal to have force, canon 700 must be observed.

C.76. §1.-By lawful dismissal, vows and rights and duties which a member had in the Congregation automatically cease. But if the member is a cleric, he is bound by the precepts of canons 693 and 701.

§ 2.-Those who lawfully leave the Congregation or are lawfully dismissed from it, cannot claim from it anything for work done in it.

§ 3.-The Congregation, however, should practice equity and evangelical charity toward a member who is separated from it, as is stated in canon 702.

S.35.-The authority to readmit someone into the Congregation pertains:

1° to the superior general, after consulting his council, for everyone;

2° to the provincial, after consulting his council and the provincial of the province from which the member has left or been dismissed, for those who have not yet been incorporated into the Congregation.

CHAPTER VI        Formation

I. PROMOTING AND SUPPORTING VOCATIONS

S.36.-Concern for promoting vocations demands of us constant prayer (Mt 9:37) and the authentic, full, and joyful testimony of apostolic and community life, especially when adolescents and young people, for the development of their own faith, are working with us in the Vincentian mission.

S.37.-§ 1.-Provinces, houses, and individual members should actively engage in encouraging candidates for the Vincentian mission.

§ 2.-Provinces should seek out the more effective means of promoting and supporting vocations, and draw up a provincial plan suitable for this.

§ 3.-The provincial in consultation with his council should appoint a promoter of vocations to coordinate the efforts for the promotion of vocations in our works.

S.38.-Candidates who want to enter the Congregation should already have made an option for the Christian life, a commitment to apostolic work, and the choice of working within the Vincentian community; otherwise, they are to be gradually helped toward these choices in pastoral-action youth groups, or in apostolic schools where they are available.

S.39.–The formation of candidates, in accordance with their age, should comprise above all fraternal life, frequent use of the word of God, liturgical celebrations, apostolic activity undertaken with their moderators, personal orientation, study, and work.

II. FORMATION OF OUR MEMBERS

1. General principles

C.77. § 1.-Our formation, in a continuous process, should have as its purpose that the members, animated by the spirit of St. Vincent, become suitable to carry on the mission of the Congregation.

§ 2.-They should therefore grow daily in the knowledge that Jesus Christ is the center of our life and the rule of the Congregation.

C.78. § 1.-The time of formation, as well as our whole life, should be so ordered that the charity of Christ urges us more and more to attain the purpose of the Congregation. As disciples of the Lord, members will attain this purpose by self-denial and by continual conversion to Christ.

§ 2.-Members should be trained in the word of God, sacramental life, prayer both communal and personal, and Vincentian spirituality.

§ 3.-Moreover, in order to achieve the necessary knowledge, students should properly complete those studies which are prescribed by the law of the Church.

§ 4.-From the beginning, all should be trained, at suitable times, each according to his level of formation and ability, in pastoral practice, especially in association with their moderators, including going to the poor and experiencing their condition. In this way, each will be better able to discover his own specific vocation within the Community in accord with his own personal talents.

§ 5.-Pedagogical norms should be applied according to the age of the students in such a way that, while gradually learning self-discipline, they become accustomed to using freedom wisely and to working with initiative and diligence, thus reaching Christian maturity.

C.79. Members, responding to the call of God within the Community, should learn to live a Vincentian community life during the time of formation. The Community should foster the personal initiative of each one throughout the whole process of formation.

S.40.– In addition to the common formation, each of our members should receive, in so far as possible, a special and professional formation, which will prepare individuals to carry on effectively the works of the apostolate which have been assigned to them by the Congregation, and which are more in accord with their abilities.

C.80. In the formation of our members, there should be a solid coordination of the different facets of training as well as an organic unity of the successive stages. All things should be so arranged that they converge toward the Congregation’s own pastoral purpose.

S.41.-§1.-Each province should have its own formation program which, with due allowances for the different circumstances of place, conforms to the principles here stated as well as to the documents and norms of the Church.

§ 2.-The provincial should establish a formation commission to draw up and revise the formation program and to deal with all those things which pertain to the entire course of training.

C.81. The formation of our members should be continued and renewed all through life.

S.42.–Individual provinces, through the help of their formation commission, should organize and promote both common and personal continuing formation.

2. The internal seminary

C.82. To be admitted into the internal seminary, candidates should manifest, among the required conditions, signs by which they may be discerned as having the aptitude to pursue the Vincentian vocation in community.

C.83. § 1.-The internal seminary is a time in which members begin their mission and life in the Congregation and, with the help of the community and their moderators, recognize more accurately their vocations, and prepare themselves by special formation for their incorporation into the Congregation with freedom.

§ 2.-The internal seminary should last at least twelve months either continuous or interrupted. If the months are interrupted, the provincial assembly has the right to determine the number of continuous months and to establish the time when the internal seminary may be inserted into the course of studies.

S.43.-The internal seminary can be made either in one or in several houses chosen by the provincial with his council.

C.84. Therefore, the whole thrust of this time should be that the seminarists will:

1° acquire greater maturity;

2° be progressively initiated into a proper understanding and experience of the apostolic mission and life of the Congregation;

3° come to an experience of God, especially in prayer.

C.85. In order to achieve this, the seminarists should take special care:

1° to acquire a suitable and concrete understanding of people, especially the poor, of their needs, their desires, and their problems;

2° to reach an understanding of the special character, spirit, and functions of the Congregation by returning to the sources, especially to the life and works of St. Vincent, to the history and traditions of the Congregation, and to an active and fitting participation in our apostolate;

3° to cultivate an ever deepening study of and meditation on the gospel and all sacred scripture;

4° to participate actively in the mystery and the mission of the Church, the community of salvation;

5° to understand and to live the evangelical teaching as proposed by St. Vincent, especially chastity, poverty, and obedience.

C.86. Seminarists should be an integral part of the provincial and local community in which they live, where their formation is a common responsibility under the direction and animation of the director of the internal seminary.

S.44.–In special circumstances, and with regard for the degree of human and Christian maturity of the seminarists, the provincial can make suitable adaptations.

3. The major seminary

C.87. § 1.-The time of the major seminary should be so organized toward complete preparation for the Vincentian ministerial priesthood that the students, after the example of Christ the Evangelizer, will be formed for the preaching of the gospel, the celebration of divine worship, and the pastoral care of the faithful.

§ 2.-According to the spirit of St. Vincent and the tradition of the Congregation, the formation of our students should be directed principally to the ministry of the word and the practice of charity towards the poor.

C.88. The formation of our students should not lose sight of the reality of society, so that their studies will lead to the acquisition of a vision of the modern world and critical judgment of it. The students, through a conversion of heart, should begin to involve themselves in Christian work for the restoration of justice; more and more they should become conscious of the roots of poverty in the world and lay bare the obstacles to evangelization. All of this should be done in the light of the word of God and under the direction of their moderators.

C.89. There should be fostered in the students emotional maturity and missionary qualities, such as the ability to call into being and to direct communities, responsibility, the capacity to judge and its exercise, prompt generosity, and the strength to bind themselves firmly to carry out the purpose of the Congregation.

C.90. The provincial must establish a fitting length of time for students, after completing their theological studies, to exercise the order of diaconate before they are prompted to priesthood.

S.45.-§1.-As need demands, the house of the major seminary can be either proper to an individual province or common to several provinces.

§ 2.-Our students can be sent to another province or to a properly approved institute to complete the curriculum of their ecclesiastical studies. In this latter case, care should be taken that they lead a common life according to the custom of the Congregation, and that they receive a suitable Vincentian formation.

§ 3.-In houses of formation a family lifestyle should flourish, and a fraternal spirit should be fostered among students of the same province. If, however, there are many students, they may be organized in a suitable way into smaller groups to make better provision for the personal growth of individuals.

S.46.-During the process of formation, the provincial can, in consultation with the moderators and his own council, and for a just reason, permit students to interrupt their studies and live outside of a house of formation.

S.47.-Steps should be taken that students from different provinces of the Congregation can come to know each other.

4. The formation of brothers

C.91. § 1.-Special care should be taken to assure that our brothers receive the formation they need to fulfill their mission in the Congregation faithfully. Everything stated in the Constitutions and Statutes regarding formation applies also to the training of brothers.

§ 2.-Therefore, their formation in the internal seminary should be the same as that of the other members, unless special circumstances indicate otherwise.

§ 3.-With regard to the formation of those brothers who are to be promoted to the permanent diaconate, provincial norms should be observed.

C.92. The brothers should be gradually introduced into the apostolate, so that they learn to view, to judge, and to do all things in the light of faith, and, through their actions, to develop and perfect themselves with the others.

S.48.-Special cultural and technical training should be available for brothers by means of an approved curriculum of studies leading to a suitable degree or a diploma.

5. Moderators and teachers

C.93. The whole provincial community should recognize that it is responsible for the formation of our members so that individual members provide help for this work.

C.94. Since the formation of students depends primarily on suitable educators, moderators and teachers should be prepared with solid doctrine, suitable pastoral experience, and special training.

C.95. § 1.-Moderators and students should form a true educative community by being open to mutual understanding and trust and by maintaining a constant and active contact with each other.

§ 2.-This educative community, while profiting from contributions from other groups, should subject its own goals and activities to continual review.

§ 3.-The moderators should act collegially; however, the special and immediate care of the seminarists and students should be committed to an individual confrere or, if the case warrants, to several confreres.

S.49.-The major seminary, as the center of formation, should provide help for the members engaged in different works. The moderators and teachers themselves should be actively engaged in the works of the apostolate.

S.50.-In houses of formation, care should be given to provide suitable confreres who will function as confessors and spiritual directors, as the need demands.

PART THREE        ORGANIZATION

Section I—GOVERNMENT

General principles

C.96. All members, since they have been called to labor for the continuation of the mission of Christ, have the right and responsibility, according to the norms of our own law, of working together for the good of the apostolic community and of participating in its government. Consequently, members should cooperate actively and responsibly in accepting assignments, undertaking apostolic projects, and carrying out commands.

C.97. §1.-Those in the Congregation who exercise authority, which comes from God, and those who have part in this exercise of authority in any way, even in assemblies and councils, should have before their eyes the example of the Good Shepherd, who came not to be ministered to but to minister. Hence, conscious of their responsibility before God, they shall consider themselves servants of the community for furthering its own purpose according to the spirit of St. Vincent in a true communion of apostolate and life.

§ 2.-They should, therefore, engage in dialogue with members, while retaining the authority to decide and command what is to be done.

C.98. All members, in accepting assignments given to them by the community, have the authority necessary to carry them out. For this reason, those matters which can be managed by individual members or lower levels of government should not be referred to higher levels of government. That unity of government which is necessary to achieve the purpose and good of the entire Congregation must, however, be preserved.

C.99. By special grant of the Roman pontiffs, the Congregation of the Mission, its houses, its churches and all of its members enjoy exemption from the jurisdiction of local ordinaries, except in those cases expressly provided in law.

C.100. The General Assembly, the superior general, provincials, and superiors of houses and of legitimately established communities have over members that authority defined by universal law and our own law. They have, moreover, ecclesiastical authority of government or jurisdiction both in the external and internal forum. Superiors, therefore, must be in sacred orders.

Chapter I. – Central administration

1. The superior general

C.101. The superior general is the successor of St. Vincent, and together with the whole Congregation he carries on, for the service of the universal Church, the mission of the Founder adapted to diverse circumstances. He shall, accordingly, govern the Congregation with such care that the charism of St. Vincent will always stay alive in the Church.

C.102. The superior general, the center of unity and coordination of the provinces, should also be a source of spiritual animation and apostolic activity.

C.103. The superior general governs all the provinces, houses, and individual members of the Congregation with ordinary power according to the norm of universal law and of our own law. The superior general, however, is subject to the authority of the General Assembly, according to the norm of law.

C.104. The superior general can give only usual interpretations of the Constitutions, Statutes, and Decrees of the General Assembly.

C.105. §1.-The superior general is elected by the General Assembly according to article 140 of the Constitutions.

§ 2. -For the validity of the election of the superior general, the conditions required by universal law and by our own law must be fulfilled.

§ 3.-The superior general is elected for a six year term and can be reelected for a second six year term according to the norm of the Congregation’s own law.

§ 4.-The six year term is considered to have been completed at the moment when his successor accepts office in the subsequent ordinary General Assembly.

C.106. § 1.-The superior general ceases to hold office:

1° by his successor’s acceptance of office;

2° by his resignation accepted by the General Assembly or by the Holy See;

3° by deposition decreed by the Holy See.

§ 2.-If the superior general becomes manifestly unworthy or incapable of discharging his office, the assistants should judge the matter collegially, inform the Holy See, and follow its directives.

C.107. Besides the faculties granted him by universal law or by special concession, it is the function of the superior general:

1° to work with great solicitude that the firm and fervent spirit of our Holy Founder be fostered everywhere, that the apostolic activity and renewal of the Congregation be continually promoted, and that the Constitutions and Statutes be applied in as fitting a manner as possible;

2° with the consent of his council, to make general ordinances for the good of the Congregation;

3° having consulted the interested members, and with the consent of his council, to set up, join, divide, and suppress provinces, observing the norms of law;

4° to convoke the General Assembly, and to preside over it, and, with the consent of the Assembly, to dismiss those convened;

5° for a serious reason, having heard the consultors of the province, and with the consent of his council, to remove a provincial from office;

6° having heard those concerned, and with the consent of his council, according to the norm of canon 733, §1, to erect houses and to establish local communities, and to suppress them, with the authority of the provincial being respected;

7° for a serious reason, having heard the interested provincials, and with the consent his council, to erect a house of one province in the territory of another province;

8° for a just reason, and with the consent of his council, to erect houses which depend on no province and are governed by a local superior directly dependent on the superior general; and to name the superiors of these houses;

9° with the consent of his council, to give members permission to take vows and to admit them to orders; and, for a serious reason, to dispense from vows, either in the case of lawful departure or in the act of dismissal;

10° to dismiss members from the Congregation according to the norm of universal law and of our own law;

11° in extraordinary cases and for a serious reason, and with the consent of his council, to dispense from the Constitutions;

12° with the consent of his council, to approve norms enacted by provincial assemblies.

S.51.-Besides the faculties granted him by universal law or by special concession, it is the function of the superior general:

1° to exercise for vice-provinces the same powers which he has for provinces;

2° without prejudice to his right to make a canonical visitation whenever one is needed, to visit the provinces and vice-provinces at least once during his time of office, either personally or by a delegate, in order to animate them and be informed about how their members are doing;

3° having heard those concerned, and with the consent of his council, to accept missions offered to the Congregation by the Holy See, and to give up missions entrusted to the Congregation;

4° to grant to provincials the faculty of accepting or giving up missions given them by local ordinaries outside the territory of any province of the Congregation;

5° at an opportune time before holding a General Assembly, having heard the provincials and the vice-provincials, and with the consent of his council, to appoint a preparatory commission;

6° to promulgate as soon as possible all the enactments of the General Assembly;

7° with the consent of his council, to enter into contracts of major importance, observing the norms of law;

8° for a serious reason, having heard the provincial, the consultors and, if time allows, as many members of the province as possible, and with the consent of his council, to take over for a brief time the government of a particular province; this is to be exercised through an administrator with faculties delegated by the superior general himself;

9° having heard the interested provincials and members, and with the consent of his council, to transfer members from one province to another;

10° to grant members who have been legitimately separated from the Congregation those suffrages that are customary for our deceased members;

11° in particular cases, for a just reason, and with the consent of his council, to dispense from the Statutes and Decrees of the General Assembly;

12° having consulted the interested provincials, and with the consent of his council, to appoint provincial directors of the Daughters of Charity; (Note: The superior general exercises in regard to the Daughters of Charity that authority which has been granted to him by the Holy See and which is explained in their Constitutions.)

13 ° to grant affiliation to benefactors and friends of the Congregation, informing them of the spiritual benefits they receive.

S.52.-The superior general has his domicile in Rome. He should not change it without the consent of the General Assembly and without having consulted the Holy See.

S.53.-General ordinances enacted by the superior general remain in force until the following General Assembly, unless the superior general himself or his successor provides otherwise.

S.54.-For the sake of good order, superiors, provincials, and other officers of the Congregation, as well as provincial directors of the Daughters of Charity, when the time of their assignment has been completed, continue in office until they are replaced by their successors.

2. The vicar general

C.108. The vicar general helps the superior general and substitutes for him when he is away or impeded, according to the norm of our own law.

C.109. The vicar general is elected by the General Assembly according to the norm of our own law. The one elected vicar general automatically becomes also an assistant general.

C.110. In the absence of the superior general, the vicar general has the authority of the superior general unless the superior general has reserved some matter to himself.

C.111. If the superior general is impeded, the vicar general substitutes for him with full authority until the impediment ceases. The judgment concerning the impediment is made by the general council, without the superior general, but with the vicar general present.

C.112. When the office of superior general is vacant for whatever reason, the vicar general automatically becomes the superior general until the completion of the six year term; with the consent of his council, and having heard at least the provincials and vice-provincials, he shall as soon as possible appoint a vicar general from among the assistants.

C.113. If for any reason whatsoever there should cease to be a vicar general, the superior general, having heard at least the provincials and vice-provincials, and with the consent of his council, shall as soon as possible appoint a vicar general from among the assistants.

C.114. The vicar general ceases to hold office according to the norm of universal law and of our own law.

S.55.-§ 1.-The vicar general ceases to hold office:

1° by his successor’s acceptance of office;

2° by resignation accepted by the General Assembly or by the Holy See;

3° by deposition decreed by the Holy See.

§ 2.-If the vicar general becomes manifestly unworthy or incapable of discharging his office, the superior general should, with his council but excluding the vicar general, judge the matter, inform the Holy See, and follow its directives.

S.56.-A vicar general who has taken over the government of the Congregation as superior general can immediately, at the end of the six year term, be elected superior general, and he can be reelected.

3. Assistants general

C.115. The assistants general are members of the Congregation who constitute the council of the superior general and help him by their labor and advice in the government of the Congregation in order to promote the unity and strength of the Congregation, to assure the effective implementation of the Constitutions and decisions of the General Assembly, and to foster collaboration among all the provinces in advancing the works of the Congregation.

C.116. § 1.-The assistants general are elected by the General Assembly according to the norm of our own law.

§ 2. -The assistants general, at least four in number, from different provinces, are elected for six year terms, and can be reelected once. At the end of a second consecutive six year term, they cannot immediately be elected vicar general.

§ 3.-Their six year term is considered to have been completed at the time of the acceptance of office on the part of their successors in the subsequent ordinary General Assembly.

C.117. The assistants general cease to hold office according to the norm of our own law.

C.118. § 1.-If one of the assistants ceases to hold office, a substitute is appointed by the superior general with the deliberative vote of the other assistants; the substitute has the same rights and duties as the other assistants.

§ 2.-But if a General Assembly is due to be held within six months, the superior general is not obliged to appoint a substitute.

S.57.-One of the assistants general has special responsibility for the foreign missions.

S.58.-The assistants must reside in the same house as the superior general. In order to constitute a quorum in the general council, besides the superior general or the vicar general, there must be present at least two of the assistants.

S.59.-When, however, the number of assistants absent for a just reason is such that there are not enough to constitute a quorum for council, the superior general can call into council, with the right of voting, one of the officers of the general curia in this order: the secretary general, the treasurer general, or the procurator general at the Holy See.

S.60.-The assistants general cease to hold office:

1° by their successors’ acceptance of office;

2° by resignation accepted either by the superior general with the consent of the other assistants or by the General Assembly;

3° by deposition decreed by the superior general with the consent of the other assistants, and with approval of the Holy See.

4. Officers of the general curia

C.119. § 1. – The secretary general, the treasurer general, and the procurator general at the Holy See are appointed by the superior general with the consent of his council, and may not be chosen from the number of assistants general.

§ 2.-They remain in office at the desire of the superior general with the consent of his council; by reason of their office they belong to the house of the general curia.

§ 3.-They can participate in the general council whenever called by the superior general, but without vote, except in the cases dealt with in the Statutes.

§ 4.-They participate in the General Assembly with the right to vote.

S.61.-§ 1.-The secretary general:

1° assists the superior general in those things which are to be written for the whole Congregation;

2° attends the general council meetings by reason of his office in order to take minutes, but without a vote;

3° can propose for appointment by the superior general the names of confreres, according to the norm of our own law, as co-workers under his own direction to manage the archives, edit publications, and write letters.

§ 2.-If the secretary general is impeded from fulfilling his duties, the superior general can temporarily appoint in his place one of the assistants or officers or co-workers.

S.62.-§ 1.-The treasurer general, by reason of his office and under the guidance of the superior general with his council, administers the goods of the Congregation and other goods entrusted to the general curia, according to the norm of universal law and our own law.

§ 2.-With the approval of the superior general, he visits provincial treasurers and, in particular circumstances, even local treasurers or administrators of works of major importance.

S.63.-§ 1.-It is the function of the procurator general at the Holy See:

1° to take care of requests for ordinary faculties from the Holy See;

2° with the consent of the superior general, and having heard the interested provincials, to take up with the Holy See the business of the Congregation, provinces, houses, and members.

§ 2.-The procurator general at the Holy See, by written mandate of the superior general, can exercise in the Roman curia the office of postulator general of the Congregation, according to the norm of law.

Chapter II. – Provincial and local administration

1. Provinces and vice-provinces

C.120. The Congregation of the Mission, according to the norm of our own law, has divisions called provinces.

S.64.-Although each province is circumscribed by territorial boundaries, there is nothing to prevent a house of one province being located within the territory of another province, according to the norm of article 107, 7° of the Constitutions.

C.121. The Congregation also has divisions, according to the norm of our own law, called vice-provinces.

C.122. A province is a union of a number of houses, circumscribed by territorial boundaries and presided over by a provincial with ordinary power, according to the norm of universal law and our own law.

S.65.-§ 1.-A vice-province is a union of a number of houses circumscribed by territorial boundaries which, in accord with a contract with a province, depends on that province and forms one whole with it, and is presided over by a vice-provincial with proper ordinary power, according to the norm of universal law and our own law.

§ 2.-It is also possible to set up a vice-province which does not depend on any fully constituted province, but depends directly on the power of the superior general, and which is presided over by a vice-provincial with proper ordinary power.

§ 3.-A vice-province by its nature is transitory and is changed into a province when the required conditions are met.

§ 4.-What is stated in the Constitutions and Statutes of the Congregation in regard to provinces applies, relevant conditions having been met, to vice-provinces, unless it is expressly stated otherwise in the Constitutions and Statutes themselves, or in the norms and contracts of the individual vice-province.

S.66.-§ 1.-When a province is divided and a new province is set up, all the goods which are destined for the benefit of the province as well as the debts contracted by the province must be divided proportionately and equitably by the superior general with his council, safeguarding the wishes of pious founders and donors, lawfully acquired rights, and the particular norms by which the province is regulated.

§ 2.-The division of the archives of the mother province is reserved to the decision of the superior general after he has heard the interested provincials.

2. The provincial

C.123. § 1.-The provincial is a major superior and an ordinary, with proper ordinary power, who is put in charge of a province to govern it according to the norm of universal law and our own law.

§ 2.-The provincial, striving for the active participation of all the members in the life and apostolate of the province, should allocate members and resources for the service of the Church according to the purpose of the Congregation, should foster the ministry of the houses, should show that he is solicitous for the personal development and activity of each confrere, and thus procure life-giving unity.

S.67.-What is stated in the Constitutions and Statutes in regard to the provincial applies also to the vice-provincial, unless it is expressly stated otherwise in the Constitutions and Statutes themselves or in the norms and contracts of each vice-province.

C.124. The superior general, with the consent of his council, according to the norm of our own law, either appoints the provincial after consultation of the province, or confirms him after an election.

S.68.-§ 1.-The provincial is appointed for a six year term by the superior general with the consent of his council after consultation with at least those members of the province having active voice. In the same way and under the same conditions the provincial can be confirmed once by the superior general for a three year term.

§ 2.-The method and circumstances of the consultation can be determined by the provincial assembly with the approval of the superior general with the consent of his council.

§ 3.-The provincial assembly can propose for the approval of the superior general with the consent of his council its own method of electing the provincial. Such an election must have at least these conditions:

1° the election must be for a term of at least three years and not more than six years;

2° the provincial elected should not be in office for more than nine continuous years;

3° the election should be by at least an absolute majority;

4° the method of election should provide for a way to break a tie.

§ 4.-For the one elected or re-elected to assume the office of provincial, the confirmation of the superior general with the consent of his council is required.

C.125. It is the function of the provincial:

1° to promote the observance of the Constitutions, Statutes, and provincial norms;

2° with the consent of his council, to enact ordinances for the good of the province;

3° with the consent of his council, and having consulted the superior general, to establish houses and constitute local communities within the boundaries of his province, and to suppress them, according to the norm of canon 733, § 1;

4° having consulted the members, and with the consent of his council, to appoint superiors of houses, and to notify the superior general about these appointments;

5° having consulted the interested parties, and with the consent of his council and the approval of the superior general, to establish a regional superior with delegated power;

6° to visit the houses and the members frequently, and to make official visitations at least every other year;

7° to convoke and preside over the provincial assembly according to the norm of our own law, to dismiss those convened with the consent of the assembly, and to promulgate the provincial norms;

8° to admit candidates to the internal seminary, to good purposes, and to vows, in accord with the Constitutions and Statutes;

9° having consulted the superiors and moderators of the candidates, to admit members to ministries and, with the consent of his council, to orders;

10° to present members for orders and to issue dimissorial letters for their ordination;

11° having consulted their moderators, and having heard his council, to dismiss members not yet incorporated into the Congregation.

S.69.-It is the function of the provincial:

1° in accord with the provincial norms and with the consent of his council, to establish the provincial plan;

2° with the consent of his council, and having consulted the superior general, observing the norms of law, to establish or suppress a major work of some house;

3° having consulted as far as possible the interested parties, and having heard his council, to assign members to individual houses according to the needs of these houses. In more urgent cases, however, the provincial is obliged at least to inform his council;

4° in accord with provincial norms, and with the consent of his council, to appoint the provincial treasurer, the director of the internal seminary, and the director of the major seminary;

5° to approve the community plan of each house prepared by the local superior and his community;

6° to send the superior general reports about the affairs of the province and about official visitations of houses which he has made;

7° with the consent of his council, to enter into necessary and useful contracts, observing the norms of universal law and our own law;

8° having heard his council, to appoint in plenty of time the preparatory commission for the provincial assembly;

9° to be able to break a tie vote, in accord with the norm of law;

10° to notify the superior general as soon as possible about vows taken by members and their incorporation into the Congregation, as well as about orders received by them;

11° to take care of the provincial archives either personally or through competent people;

12° to approve members and grant them jurisdiction both for the hearing of the confessions of members and, safeguarding the rights of ordinaries, for preaching the sacred word of God, and also to delegate these same faculties to others;

13° in particular cases and for a just reason, and with the consent of his council, to dispense from provincial norms.

S.70.-A vice-provincial has the same rights, faculties, and obligations as a provincial, unless it is expressly stated otherwise in the Constitutions and Statutes themselves.

S.71.-The ordinances of a provincial remain in force until the next provincial assembly, unless another provision has been made by the provincial or his successor.

S.72.-§ 1.-When the office of provincial becomes vacant, the government of the province passes temporarily to the assistant provincial. But if there is no assistant, it passes to the provincial consultor who is senior by reason of appointment, vocation, or age, unless the superior general has provided otherwise.

§ 2.-The provincial assembly can propose for the approval of the superior general, with the consent of his council, its own way of providing temporarily for the government of the province in case of the death of the provincial or his cessation from office.

3. The assistant provincial

C.126. To help him in the government of the province, the provincial can have an assistant who meets the conditions required by articles 61 and 100. It is the function of the provincial assembly to decide whether or not there should be an assistant provincial.

S.73.-§1.-The assistant provincial is one of the provincial consultors and is elected by the consultors with the provincial, unless the provincial assembly has provided otherwise.

§ 2.-In the absence of the provincial, the assistant has the authority of the provincial, except in those matters which the provincial has reserved to himself.

§ 3.-When the provincial is impeded, the assistant replaces him with full authority until the impediment ceases. The provincial council, without the provincial, passes judgment on the impediment and as soon as possible informs the superior general, whose directives are to be followed.

4. The council of the provincial

C.127. The consultors, who constitute the council of the provincial, help him by their labor and advice in the government of the province in order to advance its unity and strength, to assure the effective implementation of the Constitutions and of decisions of the provincial assembly, and to foster collaboration among all the houses and members in advancing the works of the province.

S.74.-§ 1.-The consultors are appointed for a three year term by the provincial after a consultation with at least those members of the province who have active voice. In the same way, and under the same conditions, the consultors can be confirmed for a second and a third term of three years, but not for a fourth.

§ 2.-The provincial assembly can propose for approval by the superior general, with the consent of his council, its own method of appointing or electing the consultors, as well as their number, the time when they take office, and their term of office. The provincial must inform the superior general about the designation of the consultors.

§ 3.-For a serious reason, a provincial consultor can be removed from office by the superior general at the request of the provincial, with the consent of the other consultors.

§ 4.-Where there is no assistant provincial, what is stated about the assistant provincial in article 73, § 2 and § 3, applies also to the provincial consultor who is senior by appointment, vocation, or age, unless the provincial norms provide otherwise.

5. The provincial treasurer

C.128. In each province there must be a treasurer to administer the goods of the province under the direction and vigilance of the provincial and his council, according to the norm of canon 636, § 1 and of our own law.

S.75.-The treasurer is named by the provincial with the consent of his council, or in some other way enacted in the provincial norms.

S.76.-If the provincial treasurer is not a consultor, he participates in the provincial council when called in by the provincial, but without vote.

S.77.-It is the function of the provincial treasurer:

1° to see that the goods of the province are held by proper title in the Church and the state;

2° by his advice and his labors, to help the local treasurers in the discharge of their duties, and to watch over their administration;

3 ° to see to it that each house contributes the required amount for the expenses of the province, and to send to the treasurer general at the proper time the tax for the general fund;

4° to see to it that the employees of the Congregation are paid a just wage, and that the civil laws concerning taxes and social security are exactly obeyed;

5 ° to keep accurate and up-to-date records of expenditures and receipts, and to preserve other documents;

6° to make a report of his administration to the provincial and his council, according to the norm of article 103.

6. Offices of local administration

C.129. § 1.-The Congregation forms itself particularly in the individual local communities.

§ 2.-The superior, as the center of unity and animator of the life of the local community, should promote the ministries of the house and show that he and the community are concerned for the personal development and activity of each confrere.

C.130. § 1.-The local superior is appointed for a three year term by the provincial after consultation with the members of the house or local community. Under the same conditions he can be reappointed in the same house or local community for a second three year term. If after the second three year term there be a need, recourse should be had to the superior general.

§ 2.-The provincial assembly can establish another method of designating the local superior.

§ 3.-The local superior should meet the conditions required by articles 61 and 100.

C.131. According to the norm of law, the local superior has ordinary power in the internal and external forum for members and others living in his house day and night; he can delegate this power to others.

C.132. §1.-If the conditions for the establishment of a house are lacking, or if some particular work makes it desirable, the provincial, with the consent of his council, can constitute a group of members as the equivalent of a house according to provincial norms.

§ 2.-One of the members of the group designated by the provincial according to the norm of law has the responsibility of a superior.

§ 3.-A group constituted as the equivalent of a house has the same rights and duties as a house.

C.133. The local superior can be removed whenever it seems to the provincial that there is a just and proportionate reason and he has the consent of his council and also the approval of the superior general.

C.134. § 1.-Under the guidance of the superior, and with the help of the members in dialogue and common concern, the treasurer administers the goods of the house according to the norm of universal law and the law of the Congregation and the province.

§ 2.-When the provincial, with the consent of his council, judges it necessary for a particular house, he shall establish a house council; the house consultors, who help the local superior in the administration of the house, should be designated according to the provincial norms.

S.78.-The local superior has the right and duty;

1° to keep the provincial informed about the state of the house entrusted to him;

2° to assign to members of the house those tasks and offices the assignment of which is not reserved to major superiors;

3 ° to convoke and direct the domestic assembly;

4° together with his community, to work out the common plan for his house and present it for the approval of the provincial;

5 ° to keep the archives and the seal of the house;

6° to inform members about the decrees and news of the Congregation;

7° to see to it that Mass obligations are fulfilled.

S.79.-§ 1.-The local superior administers the house with the collaboration of all the members, especially the assistant and the treasurer, who are named in accord with provincial norms.

§ 2.-In the absence of the superior, the assistant takes over with full authority according to norms enacted in our own law.

§ 3.-Meetings of the members of the community, after the fashion of a council, should be held frequently.

Chapter III – Assemblies

1. Assemblies in general

C.135. Assemblies of the Congregation of the Mission, the task of which is to preserve and promote the spirituality and apostolic vitality of the Congregation, are of three kinds: general, provincial, and domestic.

C.136. § 1.-No one can have a double vote.

§ 2.-Conditions attached to a vote before an election are to be considered as not having been attached.

§ 3.-Election imposes on the one elected an obligation of participating in an assembly or of accepting an office, unless excused for a serious reason. If it is a matter of participation, the serious reason is approved by the competent superior, who afterwards seeks from the assembly its confirmation; if it is a matter of accepting an office, the serious reason is to be approved by the assembly itself.

§ 4.-No one of his own will is able to substitute another for himself in assemblies.

§ 5.-The majority of votes is to be computed from the valid votes only. Blank votes are invalid.

S.80.-Superiors and members should prepare for the assemblies, earnestly participate in them, and faithfully observe the laws and norms established by them.

S.81.-§1.-In elections at least three tellers are required.

§ 2.-By law the tellers are the two youngest members of the assembly by reason of age along with the president and secretary after his election.

§ 3.-At the beginning of the assembly there is an election of a secretary, whose function is:

1° to fulfill the task of first teller;

2° to draw up the minutes and documents of the sessions.

S.82.-Before and during the assembly there is to be fostered free communication of information regarding the matters to be decided and the qualities of those to be elected.

S.83.-When the business is finished, the acts of the assembly approved by the participants are to be signed by the president of the assembly, by its secretary, and by all participants, and, having had the seal affixed, are to be preserved diligently in the archives.

2. The General Assembly

C.137. The General Assembly, immediately representing the entire Congregation, as the supreme authority of the Congregation has the right:

1° to protect the heritage of the Institute and to foster appropriate renewal in accord with that heritage;

2° to elect the superior general, vicar general, and assistants general;

3° to enact laws or Statutes, and Decrees, for the good of the Congregation, with due regard for the principle of subsidiarity. Statutes which are not explicitly abrogated remain in force. Decrees must be explicitly confirmed in order to remain in force;

4° by a two thirds vote to request changes from the Holy See in the Constitutions approved by it;

5° to interpret authentically the Statutes; the authentic interpretation of the Constitutions, however, belongs to the Holy See.

S.84.–The General Assembly has the right of making declarations which have doctrinal force and the character of an exhortation.

C.138. A General Assembly, convoked by the superior general, is to be held as:

1° an ordinary General Assembly, for electing the superior general, vicar general, and assistants general, and for the transaction of the business of the Congregation;

2° an extraordinary General Assembly, when it is convoked by the superior general according to the norm of our own law.

C.139. The following are to be present at the General Assembly:

1° the superior general, the vicar general and assistants general, the secretary general, the treasurer general, and the procurator general at the Holy See;

2° provincials, and delegates of the provinces elected according to the norm of our own law.

S.85.-§ 1.-An ordinary General Assembly must be held in the sixth year after the last ordinary General Assembly.

§ 2.-An extraordinary General Assembly is held as often as the superior general, with the consent of his council, and having heard the provincials, thinks that it should be held.

§ 3.-Provincial assemblies must precede the holding of a General Assembly.

S.86.-§ 1.-The superior general with the consent of his council should determine the time and place for holding the General Assembly.

§ 2.-However, in the sixth year, for a just reason, the holding of a General Assembly, by a decree of the superior general with the consent of his council, may be anticipated or delayed for six months from the day on which the preceding ordinary General Assembly began.

S.87.-§ 1.-The superior general, the vicar general, and the assistants general who are going out of office remain members of the assembly in the subsequent sessions of the same assembly.

§ 2.-Besides those who must be present by reason of office at the General Assembly according to the norm of our Constitutions, there should be present one delegate from each province and vice-province for the first one hundred members having active voice; if, however, there are more than one hundred members having active voice, there will be another delegate for each seventy-five members or part thereof.

The number of delegates to the General Assembly is to be computed according to the number of members having active voice on the day of the election of delegates in the provincial assembly.

§ 3.-If the office of provincial is vacant, the one who holds the interim government of the province goes to the General Assembly.

If the provincial is legitimately impeded from going to the General Assembly, the one who substitutes for him in office goes in his place. If, however, the latter was elected a delegate, the first elected alternate goes to the General Assembly.

S.88.-§ 1.-Before the convocation of the General Assembly, the superior general, with his council, having heard the provincials and paying attention to different regions and works, should appoint a preparatory commission at an opportune time.

§ 2.-With ample faculty being left to the superior general with his council to determine the work of the preparatory commission according to the circumstances of the time, the tasks of this commission can be the following:

1° to inquire from the provinces and from individual members what, in their judgment, are the more urgent problems and what method should be used to deal with them in the General Assembly;

2.° after receiving the answers, to select, when necessary, the matters that are more universal and more urgent, to collect sources and prepare studies, and to send everything to the provincials in plenty of time before the holding of domestic assemblies.

3° to receive the proposals or postulata of the provincial assemblies, the studies made by provinces, and the postulata proposed by the superior general after hearing his council;

4° to organize all this material, and from it to draw up a working document; to send all this material out in plenty of time so that members of the assembly and the alternates can have it all in hand two whole months before the beginning of the General Assembly.

§ 3.-Once the assembly has begun, the task of this commission ceases; the chairman of the commission, however, personally or through another should, if it seems opportune, present an account of the work of the commission.

C.140. § 1.-The procedure for the election of the superior general is as follows: if on the first balloting no one receives two thirds of the votes, a second balloting is to be held in the same manner as the first. If no one receives the required majority in the second balloting, a third and a fourth are to be held in the same way.

After the fourth inefficacious balloting, a fifth should be held, in which an absolute majority of votes, discounting the invalid ones, is required and suffices.

After a fifth inefficacious balloting, a sixth should be held, in which only the two candidates who had the greater number of votes, even though equal, in the fifth balloting shall have passive voice, unless several had an equal number of votes in first or second place; in this case, these also have passive voice in the sixth balloting, in which a relative majority of votes, discounting the invalid votes, is required and suffices. In the event of a tied vote, the candidate who is senior by vocation or age shall be considered elected.

§ 2.-After the election is legitimately completed, and the one elected has accepted office, the decree of election is drawn up, and the one presiding shall proclaim in a clear voice the one elected. But if the president himself has been elected superior general, the secretary of the Assembly shall draw up the decree and the moderator shall proclaim the one elected.

§ 3.-The one elected should not refuse the burden committed to him except for a serious reason.

§ 4.-When the election is completed and thanks given to God, the ballots should be destroyed.

§ 5.-If the newly elected is not present, he should be summoned, and the Assembly can deal with other business of the Congregation until he arrives.

S.89.-§ 1.-On the day of the election of the superior general, the electors should offer Mass for a successful election and, after a brief exhortation, begin the session at the appointed hour under the direction of the president.

§ 2.-On prepared ballots the electors should write the name of him whom they choose for superior general.

§ 3.-When all the ballots are counted, if their number is greater than the number of electors, the procedure is null and new ballots are to be written.

C.141. The vicar general is elected under the same conditions as the superior general and in the manner prescribed in article 140, § 1.

C.142. § 1.-When the elections of the superior general and vicar general are finished, the General Assembly proceeds to the election of the other assistants in distinct ballotings.

§ 2.-Those will be considered elected who, discounting the invalid votes, receive an absolute majority of votes; these should be proclaimed by the president of the Assembly as elected.

§ 3.-If in the first and second balloting no one is elected, then in the third balloting he is elected who receives a relative majority of votes, and in case of a tie, the senior by vocation or age.

S.90.-The directory approved by one assembly remains in force until it is changed or abrogated by another assembly.

3. The provincial assembly

C.143. The provincial assembly, as a gathering of members who represent the province as delegates, has the following functions:    1° to establish norms for the common good of the province, within the limits of universal law and our own law, which obtain obligatory force after being approved by the superior general with the consent of his council;

2° as a consultative organ of the provincial, to deal with matters which can promote the good of the province;

3° to act on proposals which in the name of the province are to be presented to the General Assembly or the superior general;

4° to elect delegates to the General Assembly, when required;

5° to make norms for domestic assemblies, within the limits of universal law and our own law, and these do not need the approval of the superior general.

C.144. § 1.-The provincial assembly is to be held twice every six years, once before the General Assembly and once at some intermediate time.

§ 2.-If it is necessary, the provincial with the consent of his council, and having heard the local superiors, is able to convoke an extraordinary provincial assembly.

C.145. It pertains to the provincial to convoke the provincial assembly, to preside over it, to dismiss the members with the consent of the assembly, and to promulgate its norms.

S.91.-Norms made by the provincial assembly are general rules applicable to all cases described in them. These norms, nevertheless, do not affect the authority of the provincial as this is described in universal law or our own law, nor his executive power necessary for carrying out his office. They remain in force until they are revoked by a subsequent provincial assembly or by the superior general.

S.92.-It pertains to the provincial, having heard his council, to set the date, and to designate the house in which the provincial assembly is to be held.

S.93.-The superior general should communicate to the provincial a decision about the provincial norms within two months after receiving them.

C.146. Unless something else is provided in provincial norms, the following are to participate in the provincial assembly:

1° by reason of office, the provincial, the provincial consultors, the provincial treasurer, and the superiors of each of the houses of the province;

2° in addition, delegates elected according to the norm of our own law.

S.94.-Taking part in the provincial assembly there should be, unless something else is established by the provincial norms, as many delegates elected from the one provincial body consisting of all the members with passive voice, as there are delegates who must be present by reason of office, plus one delegate for every twenty-five members with active voice or part thereof.

S.95.-From this one provincial body, those are to be considered as elected who have received the greater number of votes, and in case of a tie, those who are senior by reason of vocation or age; the same number are substitutes according to the order of a majority of votes.

S.96.-If the superior of a house is impeded from going to the provincial assembly, the assistant of the house should go in his place. If, however, the assistant has been elected as a delegate, then one of the alternates should replace him.

S.97.-The provincial assembly can propose for the approval of the superior general, with the consent of his council, its own method of representation in the provincial assembly, in such a way, however, that the number of elected delegates is greater than the number of those who are to participate in the assembly by reason of office.

S.98.-It is the responsibility of each province to establish in assembly its own norms of procedure, that is to say, a directory, within the limits of universal law and our own law.

S.99.-The provincial assembly is to proceed to the election of delegates and alternates for the General Assembly in separate ballotings, in which there is needed an absolute majority of votes. If in the first and second balloting no one is elected, then in the third balloting he is elected who obtains the greater number of votes, and in case of a tie, the senior by vocation or age.

4. The domestic assembly

C.147. § 1.-The domestic assembly is convoked by the superior of the house or by the assistant who is exercising the total office of superior, and is held to prepare for the provincial assembly.

§ 2.-All those having active voice are to be called to the domestic assembly.

§ 3.-It is the function of the domestic assembly to deal with those things which the house wishes to propose to the provincial assembly as well as those things which the preparatory commission for the provincial assembly has proposed for discussion, and to deliberate about proposals.

Section II–TEMPORAL GOODS

C.148. § 1.-The Congregation of the Mission possesses temporal goods for pastoral and community needs. It uses them as support for the service of God and the poor, according to the spirit and practice of its Founder; it administers these goods, however, as the patrimony of the poor, with solicitude, but with no attempt to grow rich.

§ 2.-The Congregation of the Mission embraces a communitarian form of evangelical poverty in that all goods of the Congregation are held in common, and the Congregation uses them to pursue and attain its own purpose more successfully.

C.149. Since all goods are in common, members are co-responsible, according to the norm of law, for the acquisition, administration, and use of the temporal goods of the house and province to which they belong. This principle applies, on a proportionate basis, even to the goods of the entire Congregation.

C.150. § 1.-Houses, local communities, provinces, and the Congregation itself are capable of acquiring, possessing, administering, and alienating temporal goods. When the case requires it, superiors at the various levels are the legal representatives, even before the civil authority, unless it has been provided otherwise.

§ 2.-The sources of temporal goods are the work of the members and other legitimate means of acquiring goods.

S.100.-The Congregation should conscientiously reflect on, wholeheartedly embrace, and faithfully and firmly practice the following principles:

1° a unanimous effort to restore that simplicity of life-style which, by example more than by words, and in the name of the poverty of Christ, contends against the avarice  which arises from an affluent society, and against a greed for wealth which is ruining almost the whole world (CR, III, 1);

2° an effective care to use its goods to promote social justice;

3° the alienation of superfluous goods in favor of the poor.

C.151. For the sake of the common good, houses must support provinces in what is needed for good administration and for providing general needs; the same is to be said about provinces with respect to the general curia.

S.101.-Within the bounds of equity and with the consent of his council, the superior general has the right to impose a tax on provinces; similarly, with the consent of his council, the provincial has this right with respect to houses of his province.

C.152. § 1.-Provinces and houses should share their temporal goods with each other so that those who have more help those in need.

§ 2.-The Congregation, provinces, and houses should, from their own goods, willingly provide for the necessities of others and the support of the indigent.

S.102.-Goods which are entrusted to the Congregation only for their management are to be administered under the direction and vigilance of superiors with their councils.

C.153.         § 1.-Members assigned to the management of temporal goods administer them in a way that makes provision for the appropriate support of members, and supplies adequate means for their apostolic activities and for charitable works.

§ 2.-The goods of the community are to be administered by the respective treasurers under the direction and vigilance of superiors with their councils, within the limits of universal law and our own law, and according to the principle of subsidiarity.

C.154. § 1.-Administrators should remember that they are only stewards of the goods of the Community. Consequently, they should expend these goods only for uses suitable to the status of missioners. Moreover, they should always act according to just civil laws, as well as according to the norms and spirit of the Congregation.

§ 2.-Administrators should provide willingly for the needs of members in all matters which concern their life, particular office, and apostolic work. Such a use of goods is an incentive for members to promote the good of the poor and to lead a truly fraternal life.

§ 3.-These administrators should, in addition, observe equity in the distribution of goods because they ought to promote community life among the members. They should provide for the individual needs of members according to the norms enacted by the provincial assembly.

S.103.-§1.-Treasurers must give an account to superiors and keep the members informed of their administration.

§ 2.-With respect to the treasurer general, an accounting of receipts and expenditures and a report on the status of the patrimony are to be examined once a year by the superior general with his council; for the provincial treasurer, twice a year by the provincial with his council; for the treasurer of a house, each month by the local superior. A signature of approval, moreover, is to be affixed to the accounting or report provided it is found to be accurate.

§ 3.-Members entrusted with the administration of special works of either a province or a house should submit an accounting of receipts and expenditures to their respective superiors at the time and in the manner determined by provincial norms.

§ 4.-If, however, there are goods which do not belong to the Congregation but are entrusted to it for management, accounting for them should be submitted both to their owners and to the superiors of the Congregation.

§ 5.-The treasurer general should give a general accounting of his administration to provincials at the end of each year; to the General Assembly every six years.

§ 6.-Provincials should submit a financial accounting for their provinces to the superior general at the end of the year.

§ 7.-Provincial treasurers should give to the members of their province a general report of their administration and of the patrimony of their provinces, according to provincial norms.

C.155. For the validity of alienation and any other transaction in which the patrimonial condition of a juridic person can be affected adversely, there is required the written permission of the competent superior with the consent of his council. If, moreover, it concerns a transaction which exceeds the highest amount defined for a given region by the Holy See, or items given to the Church in virtue of a vow, or items of precious art or of historical value, the permission of the Holy See is also required.

S.104.-All administrators, both superiors and treasurers, can act in the name of the Congregation only within the limits of their office and the norm of law. For this reason the Congregation, a province, and a house are responsible only for the administrative acts performed according to the aforesaid norms. As for other acts, those who perform illicit or invalid ones will be held responsible for them. If, however, any juridic person of the Congregation shall have contracted debts or obligations on its own, even with permission, it will be held responsible from its own resources.

S.105.-§ 1.-The General Assembly can determine the sum beyond which the superior general cannot make extraordinary expenditures.

§ 2.-Provincials can make expenditures according to norms enacted by the provincial assembly.

§ 3.-Local superiors can make expenditures within the limits determined by provincial norms.

S.106.-Superiors must not allow debts to be contracted unless it is certain that the interest on a debt can be paid off from ordinary revenues, and that the amount received as a loan can be repaid within the agreed time by legitimate payment of the annual installment.

S.107.-§ 1.-Laws regarding work, security, and justice, in favor of persons working in houses and works of the Congregation, should be exactly observed.

§ 2.-Superiors should act with the greatest prudence in accepting pious foundations which create long-term obligations. Obligations in perpetuity must not be accepted.

§ 3.-Gifts should not be made from the goods of the Community except according to the norm of the Constitutions and Statutes.

§ 4.-In accepting goods which come to the Congregation, a province, or a house by way of bequest or gift, the wishes of the donor in regard to the ownership and use of the goods should be respected.

§ 5.-Social security should be acquired for the members by the Congregation, the bishop, or those for whom they work. Moreover, houses, provinces, and the general curia itself should have adequate insurance against dangers of various kinds.

 

INTRODUCTION

La Congrégation de la Mission, fondée par saint Vincent de Paul, répondant à la volonté de l’Eglise, révise son droit fondamental propre; elle veut par-là, au souffle de Vatican II, renouveler son action apostolique et sa vie dans le monde de ce temps.

Aussi éprouve-t-elle le sentiment profond de vivre une heure toute spéciale de grâce et perçoit-elle l’action de l’Esprit du Seigneur qui passe sur elle et l’invite à se rénover, en suivant les traces de saint Vincent.

Désirant sauvegarder et affirmer sa place et sa fin traditionnelles dans~ l’Eglise, cette Congrégation estime nécessaire de faire retour à ses origines, à l’expérience spirituelle et au dessein de saint Vincent. Elle pense pouvoir ainsi mieux distinguer son caractère propre et l’esprit de son Fondateur et y être fidèle. Elle puisera à ces mêmes sources une inspiration stimulante en vue de répondre à sa vocation, dans un souci attentif à la volonté de Dieu qui se manifeste à elle de façon particulière dans les besoins des pauvres de la société contemporaine, comme elle s’était déjà manifestée à saint Vincent.

Né au village de Pouy en 1581, Vincent de Paul vit, dès son enfance, parmi les pauvres et expérimente leurs conditions d’existence. Il est ordonné prêtre en 1600.11 cherche pendant un certain temps à fuir la pauvreté de ses origines; toutefois, sous la conduite de ses maîtres spirituels, il se sent pressé par le souci de poursuivre une plus haute sainteté. A travers les événements de sa vie, la divine Providence l’amène à prendre enfin la ferme décision de se consacrer au salut des pauvres.

Il se rend compte en effet que l’évangélisation des pauvres revêt une extrême urgence tandis qu’il exerce son ministère à Gannes et, le 25 janvier 1617, à Folleville: comme il en témoigne lui-même, ce fut là l’origine et de sa vocation et de la Mission.  

Enfin, lorsque au mois d’août de la même année. à Châtillon-les-Dombes. il fonde les «Charités» pour secourir les malades totalement démunis. il découvre et proclame qu’un lien intime existe entre l’évangélisation des pauvres et leur service.

Progressivement son expérience spirituelle prend forme dans la contemplation et le service du Christ en la personne du pauvre. Bien plus, la vision du Christ envoyé par le Père pour évangéliser les pauvres devient le centre et de sa vie et de son travail apostolique.

Attentif aux appels du monde et de la société de son temps qu’il apprend à lire à la lumière d’un amour toujours plus ardent pour Dieu et les pauvres écrasés par des épreuves de tout genre. Vincent se sent appelé à soulager toutes les détresses.

 

* * * *

 

Au milieu de ses diverses activités, il donne toujours priorité à la Mission. En effet, les premiers Compagnons qu’il s’est adjoints par contrat daté du 17 avril 1625, pour s’adonner à l’évangélisation des gens de la campagne, signent, le 4 septembre 1626, un Acte d’Association par lequel ils s’engagent à former une Congrégation dans laquelle, vivant ensemble, ils se consacreront au salut des pauvres gens des champs.

Tandis que Vincent et ses compagnons s’activent à l’évangélisation des pauvres, ils comprennent clairement que les fruits de la Mission ne peuvent durer dans le peuple que si l’on pourvoit aussi à la formation des prêtres. Ils inaugurent cette œuvre lorsque, en 1628, à Beauvais, à la demande instante de l’évêque, ils organisent des exercices spirituels pour les Ordinands: ils ont conscience de préparer ainsi de bons pasteurs pour l’Eglise.

Pour mieux répondre à toutes les détresses, Vincent fait appel à tous: riches et pauvres, humbles et puissants; et il s’efforce par tous les moyens de leur inspirer le sens du pauvre, image privilégiée du Christ, pour les engager directement et indirectement au secours des déshérités. Ce dévouement volontaire et généreux est adopté et suivi par la Compagnie des Filles de la Charité et par les Confréries de la Charité qu’il a déjà fondées. D’autres Associations, comme aussi des particuliers, s’inspirent jusqu’à nos jours de ce même esprit de saint Vincent.

Son zèle à l’égard des pauvres prend une nouvelle dimension avec les missions ad Gentes. lorsque, en 1648, il envoie les premiers Confrères à Madagascar.

Tandis qu’elle se développe, la Congrégation, en tant qu’Institut, en vient à déterminer peu à peu sa vocation, son organisation, son genre de vie fraternelle ; elle affirme énergiquement sa sécularité, alors même que les Confrères raffermissent leur stabilité dans la Congrégation par un vœu particulier et par la pratique de la pauvreté, de la chasteté et de l’obéissance. Ces marques distinctives constituent, de nos jours encore. le patrimoine de la Congrégation.

Tout cela, entièrement conforme aux intentions de notre Fondateur, a été consigné en des documents qui attestent l’origine et l’organisation de la Congrégation, dans les termes utilisés par Urbain VIII en la Bulle Salvatoris Nostri, du 12 janvier 1633, lorsqu’il déclara ce qui suit: «… La fin principale et le but particulier de l’Institut et de tous ses membres est,avec la grâce de Dieu, de travailler à leur propre salut, à celui des habitants des campagnes, hameaux, terres, lieux et des plus humbles villages. Quant aux villes et cités…, là il leur est (seulement) loisible d’y préparer en privé les ordinands; pour que ceux-ci reçoivent dignement les Ordres,la Mission peut leur procurer… les exercices spirituels…». De son côté, Alexandre VII, par le Bref Ex Commissa Nobis, du 22 septembre 1655, approuva l’émission «des vœux simples de chasteté, pauvreté et obéissance, comme aussi de stabilité en ladite Congrégation à l’effet de s’appliquer toute sa vie au salut des pauvres gens des champs…; dans la prononciation desquels Vœux personne n’assistera qui les accepte, soit au nom de la Congrégation, soit au Nôtre, ou du Souverain Pontife pour lors séant…». Il y fut ajouté en outre une déclaration selon laquelle «ladite Congrégation de la Mission est exempte de la dépendance des Ordinaires des lieux en tout, excepté que les personnes, qui seront députées par les Supérieurs de la même Congrégation à quelques missions, seront soumises aux Ordinaires seulement quant aux missions… et ce qui les concerne. Et que ladite Congrégation n’est pas pour cela du nombre des ordres religieux, mais est du corps du Clergé séculier».

Vincent s’efforça scrupuleusement de façonner cette Congrégation dans l’esprit du Seigneur. Après plusieurs années d’expérimentation. il lui confia les Règles ou Constitutions Communes. Partant de la contemplation du Seigneur en tout ce qu’il fit et enseigna pour accomplir la volonté du Père qui l’envoyait évangéliser les pauvres, Vincent, dans ces Règles, détermina les maximes de perfection évangélique qui doivent plus précisément inspirer la spiritualité, l’activité apostolique et la vie fraternelle de son Institut.

Au début des Règles Communes, saint Vincent exposa plus nettement la vocation de la Congrégation et sa mission, et il indiqua tout ensemble la voie à emprunter pour accomplir cette mission : «La Sainte Ecriture nous apprend que Notre-Seigneur Jésus-Christ, ayant été envoyé au monde pour sauver le genre humain, commença premièrement à faire, et puis à enseigner. Il a accompli le premier en pratiquant parfaitement toute sorte de vertus : et le second en évangélisant les pauvres et donnant à ses Apôtres et à ses Disciples la Science nécessaire pour la direction des peuples. Et d’autant que la petite Congrégation de la Mission désire imiter le même Jésus-Christ Notre-Seigneur, selon son petit possible, moyennant sa grâce. tant à l’égard de ses Vertus que de ses Emplois pour le Salut du Prochain, il est bien convenable qu’elle se serve de semblables moyens pour s’acquitter dignement de ce pieux dessein. C’est pourquoi sa fin est: 1) Premièrement de travailler à sa propre Perfection, en faisant son possible de pratiquer les Vertus que ce souverain Maître a daigné nous enseigner, de parole et d’exemple; 2) de prêcher l’Evangile aux Pauvres, particulièrement à ceux de la campagne; 3) d’aider les Ecclésiastiques à acquérir les Sciences et les Vertus nécessaires à leur état.» (Règles Communes, I,1).

C’est en ces termes que saint Vincent a légué à sa postérité spirituelle, les membres de la Congrégation de la Mission, une vocation spécifique, un genre nouveau de vie communautaire, et une fin qui stimule sans cesse. mais qu’il faut pourtant adapter perpétuellement et judicieusement, selon les temps..

 

CONSTITUTIONS  EST STATUTS DE LA CONGRÉGATION DE LA MISSION  

PREMIÈRE PARTIE

VOCATION

 

C 1.— La fin de la Congrégation de la Mission est de suivre le Christ Evangélisateur des pauvres. Cette fin se réalise lorsque, fidèles à saint Vincent, Confrères et Communautés:

1° s’emploient de toutes leurs forces à se revêtir de l’esprit du Christ (RC 1, 3) pour acquérir la perfection convenable à leur vocation (RC XII, 13);

2° s’appliquent à l’évangélisation des pauvres, surtout des plus abandonnés;

3° aident à la formation des clercs et des laïcs, les amenant à prendre une part plus grande dans l’évangélisation des pauvres.

C 2.— En fidélité à cette fin et centrée sur l’Evangile, toujours attentive aux signes des temps et aux appels plus pressants de l’Eglise, la Congrégation de la Mission aura soin d’ouvrir des voies nouvelles, d’employer des moyens adaptés aux circonstances de temps et de lieux, et de procéder à l’évaluation et à la coordination de ses activités et de ses ministères; ainsi se maintiendra-t-elle en état de perpétuel renouveau.

C 3.— § 1. La Congrégation de la Mission est une société cléricale de vie apostolique et de droit pontifical. Ses membres poursuivent une fin apostolique propre, en vertu du patrimoine légué par saint Vincent et approuvé par l’Eglise; ils mènent en commun une vie fraternelle selon leur propre mode de vie et tendent par l’observance de leurs Constitutions vers la perfection de la charité.

§ 2. La Congrégation de la Mission, selon la tradition léguée par saint Vincent, exerce son apostolat en étroite collaboration avec les évêques et le clergé diocésain ; pour cette raison, saint Vincent a souvent affirmé que la Congrégation de la Mission appartient au corps du clergé séculier, bien qu’elle jouisse de sa propre autonomie concédée tant par la loi universelle que du fait du privilège de l’exemption.

§ 3. Les membres de la Congrégation de la Mission, en vue de poursuivre plus efficacement et plus sûrement la fin de cette même Congrégation, prononcent les vœux de stabilité, de chasteté, de pauvreté et d’obéissance conformément à leurs Constitutions et Statuts.

C 4.— Pour atteindre, avec la grâce de Dieu, la fin qu’elle se propose, la Congrégation de la Mission, composée de clercs et de laïcs, cherche à se pénétrer des sentiments, des dispositions et, mieux encore, de l’esprit même du Christ qui se manifeste surtout dans les maximes évangéliques, selon l’explication qu’en donnent les Règles Communes.

C 5.— L’esprit de la Congrégation est une participation à l’Esprit du Christ Lui-même, tel que saint Vincent le propose: «Il m’a envoyé évangéliser les pauvres » (Luc 4,18). Ainsi « Jésus-Christ est la règle de la Mission » (SV, XII, 130) et 11 sera considéré comme le centre de sa vie et de son activité.

C 6.— L’esprit de la Congrégation comprend donc les dispositions intimes de l’Esprit du Christ que le Fondateur recommandait dès les débuts à ses Confrères : amour et vénération envers le Père, amour compatissant et efficace envers les pauvres, docilité à la divine Providence.

C 7.— La Congrégation cherche également à traduire son esprit dans les cinq vertus puisées, elles aussi, à une vision particulière du Christ, à savoir: la simplicité, l’humilité, la douceur, la mortification et le zèle. Comme l’a dit saint Vincent: «La Congrégation s’y étudiera d’une manière plus particulière, en sorte que ces cinq vertus soient comme les facultés de l’âme de toute la Congrégation et que les actions d’un chacun de nous en soient toujours animées»(RC 11,14).

C 8.— Tous s’appliqueront à approfondir de plus en plus cet esprit, faisant retour à l’Evangile, à l’exemple et selon l’enseignement de saint Vincent, se souvenant que notre esprit et notre ministère doivent s’alimenter mutuellement.

C 9.— En outre, notre vocation—c’est-à-dire la fin, la nature, l’esprit définis ci-dessus—doit orienter la vie et l’organisation de la Congrégation.DEUXIÈME PARTIE

 

LA VIE DANS LA CONGRÉGATION

 

CHAPITRE I.

Activité apostolique

 

C 10.— Depuis le temps du Fondateur et sous son inspiration, la Congrégation de la Mission se reconnaît appelée par Dieu à poursuivre l’œuvre d’évangélisation des pauvres.

Il est donc permis d’affirmer avec toute l’Eglise, d’une manière particulière, que pour elle la charge d’évangéliser est sa grâce et sa vocation propre et l’expression de son identité la plus profonde (cf. EN, 14).

Bien plus, tous et chacun de ses membres osent dire avec Jésus: « 11 me faut annoncer la bonne nouvelle du Royaume de Dieu, car c’est pour cela que j’ai été envoyé » (Lc 4, 43).

C 11.— La charité du Christ rempli de compassion pour les foules (cf. Mc 8, 2) est la source de toute notre activité apostolique; elle nous incite, selon les termes de saint Vincent, à «rendre effectif l’Evangile » (SV, XII, 84).

Dans les diverses conjonctures de temps et de lieux, notre évangélisation, en paroles et en actes, doit donc viser à ce que, par la conversion et la célébration des sacrements, tous adhèrent «au Règne, c’est-à-dire au monde nouveau, au nouvel état de chose, à la nouvelle manière d’être et de vivre, de vivre ensemble, que l’Evangile inaugure»  (EN, 23).

C 12.— L’œuvre d’évangélisation que la Congrégation se propose d’accomplir doit se caractériser par

1.° une préférence clairement exprimée pour l’apostolat parmi les pauvres : leur évangélisation est en effet le signe de l’approche du royaume de Dieu sur terre (cf. Mt 11. 51);

2.° une attention aux réalités sociales, surtout aux causes de l’inégale distribution des biens dans le monde, pour mieux nous acquitter du rôle prophétique de l’évangélisation;

3.° une certaine participation à la condition des pauvres, de façon à ne pas seulement les évangéliser, mais aussi à être évangélisés par eux;

4.° un vrai sens communautaire dans l’œuvre apostolique pour nous affermir mutuellement dans notre commune vocation;

5.° une disponibilité pour aller partout dans le monde, à l’exemple des premiers missionnaires de la Congrégation;

6.° un état de conversion permanente recherchée par chacun et par la Congrégation tout entière, selon l’exhortation de saint Paul: «Ne vous conformez pas au monde présent, mais soyez transformés par le renouvellement de votre intelligence» (Rm 12, 2).

S 1.— On abandonnera progressivement les tâches apostoliques qui, tout bien considéré, semblent ne plus répondre à la vocation de la Congrégation.

S 2.— Dans le contexte actuel de mondialisation, de multiples fac- teurs et situations mettent à l’épreuve la foi et représentent des défis pour les méthodes traditionnelles d’évangélisation. Les Confrères pren- dront sérieusement en considération tout cela, convaincus que cette situation exige d’eux un témoignage personnel et communautaire de foi solide dans le Dieu de Jésus Christ et la recherche de voies nouvelles pour mener à bien leur vocation d’évangélisateurs des pauvres.

S 3.— Dans leurs entreprises apostoliques. les Provinces et toutes les Maisons auront à cœur de travailler en fraternelle collaboration entre elles, avec le clergé diocésain, les Instituts religieux et les laïcs.

S 4.— Les Confrères rechercheront le dialogue œcuménique; ils seront activement présents auprès des autres, chrétiens ou non-chrétiens, dans les domaines religieux, social et culturel.

C 13.— Fidèles à l’esprit et à l’exemple de saint Vincent, les Provinces décideront par elles-mêmes des formes d’apostolat qu’elles doivent adopter de façon à assurer l’insertion de leur activité apostolique dans l’action pastorale de l’Eglise locale, selon les directives et les enseignements émanant du Saint-Siège, des Conférences épiscopales et des Evêques diocésains.

C 14.— Les missions populaires, si chères au cœur de notre Fondateur, sont à recommander avec insistance. C’est pourquoi nous entreprendrons l’œuvre des Missions en l’adaptant aux situations et circonstances locales, examinant toutes les possibilités de lui imprimer un nouvel élan, soit pour ranimer et constituer une véritable Communauté chrétienne, soit pour éveiller la foi dans l’âme des non-croyants

C 15.— L’œuvre de la formation des clercs dans les séminaires, qui figurait déjà au nombre de nos activités dès les débuts de la Congrégation, sera opportunément et efficacement rénovée.

Les Confrères fourniront également aux prêtres une aide spirituelle, soit dans la progression de leur formation continue soit dans le soutien de leur zèle pastoral, et ils exciteront en eux le désir de réaliser l’option de l’Eglise en faveur des pauvres.

Ils s’appliqueront à susciter des laïcs et à les préparer avec soin à l’exercice des ministères pastoraux nécessaires à la communauté chrétienne.

Enfin ils apprendront aux clercs et aux laïcs à travailler en équipes et à s’entraider dans la formation progressive de la communauté chrétienne

C 16.— Parmi les œuvres apostoliques de la Congrégation, les missions, soit qu’elles concernent la Mission «ad Gentes» ou qu’elles s’adressent à des peuples en situation analogue du point de vue de l’évangélisation, occupent une place éminente.

Dans l’établissement de nouvelles communautés ecclésiales, les missionnaires accorderont une attention empressée aux «semences du Verbe» que pourraient renfermer la culture et le sentiment religieux des peuples (EN, 53).

S 5.— En ce qui concerne l’œuvre des Missions à l’extérieur, on prêtera attention aux règles suivantes:

1.° Soucieuses de coresponsabilité, les Provinces se soutiendront les unes les autres, soit de leur propre initiative soit à l’invitation du Supérieur Général.

2.° Chaque Province ou plusieurs Provinces ensemble adopteront au moins un territoire de mission où elles pourront envoyer des Confrères pour travailler à la moisson du Seigneur.

3.° Tout Confrère se verra octroyer la possibilité d’aider concrètement les œuvres des missions, fût-ce même en se proposant lui-même pour se consacrer à l’étranger à la tâche de l’évangélisation.

4.° De plus les Confrères seront invités à soutenir les œuvres missionnaires de l’Eglise universelle et des églises locales. Il sera également à propos que la Congrégation organise ses œuvres missionnaires propres.

S 6.— Les Missionnaires envoyés à l’extérieur se prépareront soigneusement, par l’étude des réalités du pays où ils devront travailler, aux fonctions spéciales qu’ils auront à y remplir, afin que l’action pastorale qu’ils assumeront réponde efficacement aux besoins locaux..

C 17.— La Congrégation de la Mission et les Filles de la Charité ayant recueilli un héritage commun, les Confrères viendront volontiers en aide à ces dernières lorsqu’elles en feront la demande, surtout pour les exercices de la retraite et la direction spirituelle et ils leur apporteront aussi une collaboration fraternelle et constante dans les œuvres entreprises de concert.

S 7.— § 1.— § 1. Les Confrères prendront un soin particulier pour promou- voir et assister dans leurs activités apostoliques, la Famille Vincen- tienne et les Associations laïques vincentiennes qui font partie d’elle.

§2. Tous les Confrères devront être préparés de manière appro- priée à rendre ce service aux diverses branches de la Famille Vincen- tienne et être disponibles pour le rendre, quand il le leur est demandé.

§3. Le cœur de ce service sera constitué par le partage de sa propre expérience de foi à la lumière des enseignements de l’Église et de l’esprit vincentien. Pour que ce service soit approprié aux néces- sités d’aujourd’hui, on devra avoir soin de la nécessaire formation théologique-spirituelle, technique, professionnelle et politico-sociale.

§ 4. A la fermeture des maisons, on veillera à faciliter la continuité des groupes laïcs qui partagent l’esprit vincentien.

S 8.— Des rencontres interprovinciales seront organisées pour approfondir la connaissance de notre vocation missionnaire et étudier les méthodes d’action pastorale qui répondent plus efficacement aux situations concrètes et aux mutations des personnes et des choses.

C 18.— A la suite de saint Vincent qui s’inspirait de la parabole du bon Samaritain (Lc 10,30-37) en se portant efficacement au secours des abandonnés, les Provinces et les Confrères eux-mêmes s’efforceront d’aider, selon leurs moyens, ceux qui sont rejetés de la société, les victimes des calamités et des injustices de tous genres et ceux qui sont touchés par les diverses formes de la misère morale de notre temps.

Agissant pour eux et avec eux, Provinces et Confrères s’ingénieront à satisfaire les exigences de la justice sociale et de la charité évangélique.

S 9.— § 1.— Il appartient aux Provinces d’établir, en fonction des circonstances. des règles d’action sociale, et de définir les moyens concrets capables de hâter l’avènement de la justice sociale.

§ 2.— En outre, en tenant compte des conditions de lieux et de temps, les Confrères prêteront leur concours aux Associations de défense des Droits de l’homme et à celles qui prônent la justice et la paix.

S 10.— § 1.— Les paroisses figurent au nombre des activités apostoliques de la Congrégation, pourvu que l’apostolat que les Confrères y exercent soit en harmonie avec la fin et la nature de notre Institut et que le nombre réduit des prêtres desservants exige cet engagement.

§ 2.— Ces paroisses de la Congrégation doivent être réellement constituées, pour une bonne part, de pauvres, ou rattachées à des séminaires où nos Confrères assurent la formation pastorale.

S 11.— § 1.— Reconnaissant l’importance capitale de l’éducation aussi bien pour la jeunesse que pour les adultes, les Confrères assumeront la charge de l’enseignement et de la formation, là où cela sera nécessaire pour atteindre la fin de la Congrégation.

§ 2.— Ils s’acquitteront de cette fonction non seulement dans les écoles de tous niveaux, mais aussi dans les familles, sur les lieux de travail et dans toutes les sphères de la société où évoluent jeunes et adultes.

§ 3.— Dans la mesure où les circonstances locales le permettront, les Ecoles, Collèges et Universités accueilleront des pauvres en vue de favoriser leur promotion. En valorisant l’éducation chrétienne et en donnant une formation sociale chrétienne, on aura soin d’inculquer aux étudiants le sens du Pauvre selon l’esprit du Fondateur.

S 12.— Parmi les moyens qu’utilise la Congrégation dans l’œuvre d’évangélisation, une place satisfaisante sera attribuée aux moyens techniques de communication sociale, pour diffuser sur une plus vaste échelle et plus efficacement le message du salut.

 

CHAPITRE II.

Vie communautaire

 

C 19.— Saint Vincent a rassemblé dans l’Eglise des Confrères qui s’appliqueraient à l’évangélisation des pauvres en une nouvelle forme de vie commune. Car la Communauté vincentienne est organisée de façon à élaborer l’activité apostolique, à la soutenir et à la seconder constamment. C’est pourquoi tous et chacun, solidement établis dans la communion fraternelle, cherchent à atteindre, en le renouvelant, l’accomplissement de la mission commune.

 

C 20.— Comme l’Eglise et dans l’Eglise, la Congrégation trouve dans la Trinité le principe suprême de son action et de sa vie.

1.° En effet, assemblés en communauté pour proclamer l’amour du Père envers les hommes, nous l’exprimons dans notre vie.

2.° Nous suivons le Christ appelant ses apôtres et ses disciples et menant avec eux la vie fraternelle en vue de l’évangélisation des pauvres.

3 ° Sous l’inspiration du Saint-Esprit, nous réalisons entre nous l’unité dans l’accomplissement de la mission, afin de présenter un témoignage crédible du Christ Sauveur.

 

C 21.— § 1. Depuis ses origines et de par la volonté manifeste de saint Vincent, la vie communautaire est une marque distinctive de la Congrégation et son mode habituel de vie. C’est pourquoi les Confrères doivent habiter dans une maison ou une communauté légitimement constituée, conformément à notre droit particulier.

§ 2 Le commerce fraternel, continuellement entretenu par la mission, donne naissance à la communauté, pour la recherche du progrès personnel et communautaire, et pour rendre plus efficace l’œuvre d’évangélisation.

 

C 22.— C’est en nous dépensant nous-mêmes et tous nos biens que nous serons parties prenantes de la communauté. Toutefois il conviendra de respecter la vie privée de chacun: la communauté encouragera les talents personnels ; les initiatives des Confrères seront appréciées à la lumière du but et de l’esprit de la Mission. De la sorte les différences et les charismes de chacun contribueront à accroître la communion et à rendre fructueuse la Mission.

 

C 23.— Chaque communauté locale jouira d’une légitime autonomie, afin qu’elle soit réellement le lieu où s’articulent la vie et l’apostolat de la communauté avec le bien de la Congrégation, au plan local comme au plan universel. La communauté locale est en effet une expression vivante de la Congrégation tout entière.

 

C 24.— Pour qu’elle soutienne notre apostolat, nous nous efforcerons de mener une vie communautaire animée par la Charité, surtout en la pratique des «cinq vertus», de telle sorte qu’elle soit pour le monde un signe de la nouveauté de la vie évangélique. Par conséquent:

1° en vue d’assurer l’accomplissement de notre mission, nous essaierons d’atteindre la perfection de la bonne entente, nous portant assistance mutuelle surtout dans les difficultés, et nous transmettant l’un à l’autre la joie dans la simplicité du cœur;

2 ° aidés par le service indispensable de l’autorité, nous nous efforcerons d’être coresponsables pour rechercher, avec le Supérieur et dans une obéissance active, la volonté de Dieu dans notre vie et nos œuvres; nous entretiendrons le dialogue entre nous, dominant les tendances trop individualistes de notre façon de vivre;

3.° dans un esprit humble et fraternel, attentifs aux idées et aux besoins de chaque Confrère, nous tâcherons de surmonter les difficultés que comporte la vie communautaire ; enfin, nous accordant le pardon les uns aux autres, nous pratiquerons avec indulgence la correction fraternelle;

4 ° avec grand soin nous nous efforcerons de créer les conditions nécessaires aux travaux, au repos, à la prière, à la cohabitation fraternelle; aussi utiliserons-nous avec prudence et discrétion les moyens de communication ; tout en sauvegardant les exigences de l’apostolat, nous nous réserverons une partie de la maison où sera protégée l’intimité de la communauté.

 

C 25.— La communauté est, de façon permanente, sa propre formatrice, surtout lorsqu’elle revigore les principaux éléments de notre façon de vivre et d’agir, à savoir:

1.° la marche en communauté à la suite du Christ évangélisateur, qui crée en nous des liens particuliers d’amour et d’affection; par suite, nous associerons le respect mutuel à une sincère bienveillance «à la façon d’amis très chers» (RC, V111,2);

  1.         2.° l’évangélisation des pauvres, qui assure à tous nos travaux une unité qui ne détruit ni les talents ni les dons personnels, si divers soient-ils, mais qui les oriente au service de cette mission;
  2.         3.° la prière, surtout au cours de l’Eucharistie, qui se transforme en source de notre vie spirituelle, communautaire et apostolique;

4.° nos biens, qui seront communs, selon l’esprit de saint Vincent, et que, volontiers, nous partagerons.

C’est ainsi, en effet, que notre vie devient vraiment une communauté de relation fraternelle, de travail, de prière et de biens.

 

C 26.— § 1. Nous affectionnerons les Confrères malades, infirmes ou âgés, considérant leur présence comme la bénédiction de nos maisons. Par conséquent, outre les soins médicaux et tout ce qui peut leur adoucir la vie, nous leur réserverons un rôle dans notre vie de famille et notre apostolat.

§ 2. Pour les Confrères défunts, nous offrirons fidèlement les suffrages prescrits dans les Statuts.

 

S 13.— Nos Confrères malades et âgés ou dans des situations de nécessité particulière, unis de manière spéciale au Christ souffrant, prennent part à notre œuvre d’évangélisation. Nous aurons soin de les assister de façon appropriée. Au cas où il ne sera plus possible de les accueillir dans la maison où ils ont prêté leur service, il sera de la responsabilité du Visiteur avec son Conseil de prendre la décision la plus adaptée, après avoir attentivement évalué les diverses possibilités et écouté le confrère en besoin d’assistance.

 

S 14.— § 1.— Les Confrères obligés de vivre seuls dans des charges que la Congrégation leur a confiées auront soin de passer un certain temps avec leurs Confrères, afin de goûter les bienfaits de la vie en commun. Quant à nous, nous resterons proches d’eux en vue d’alléger leur solitude et nous les inviterons instamment à partager de temps à autre avec nous notre vie fraternelle et apostolique.

§ 2.— Nous nous efforcerons d’aider d’un cœur fraternel et discret les Confrères en difficultés.

 

S 15.— § 1.— Nous nous acquitterons scrupuleusement de nos devoirs envers nos parents, tout en gardant le juste équilibre nécessaire à l’accomplissement de notre mission et à l’observance de la vie communautaire.

§ 2.— Nous nous appliquerons à recevoir à cœur ouvert dans nos maisons les Confrères, les prêtres et les autres hôtes.

§ 3.— Nous traiterons généreusement les démunis qui sollicitent notre aide. et nous nous efforcerons avec eux de les tirer de leurs difficultés.

§ 4.— Nous ouvrirons fraternellement notre Communauté à tous ceux qui partagent notre vie et nos travaux.

 

C 27.— Chaque communauté s’efforcera d’élaborer un projet communautaire dans la ligne des Constitutions, des Statuts et des Normes Provinciales. Ce projet restera présent à l’esprit dans l’organisation de la vie et du travail, dans la mise en œuvre des décisions et dans la révision périodique de vie et d’activité.

 

S 16.— Le projet communautaire, que chaque communauté se fixe autant que possible au début de l’exercice annuel, englobera tout ensemble: l’activité apostolique, la prière, l’usage des biens, le témoignage chrétien sur le lieu de travail, la formation continue, les périodes de réflexion de groupe, le temps nécessaire au repos et à l’étude, le programme quotidien: toutes choses que l’on soumettra à une révision périodique.

 

CHAPITRE III.

Chasteté, Pauvreté, Obéissance

 

C 28.— Animés du désir de poursuivre la mission du Christ, nous nous consacrons entièrement à l’évangélisation des pauvres dans la Congrégation durant toute notre vie. Et, pour réaliser cette vocation, nous optons pour la chasteté, la pauvreté et l’obéissance, dans le cadre de nos Constitutions et Statuts. En effet, « cette petite Congrégation de la Mission,… pour s’employer au salut des âmes, principalement du pauvre peuple des champs,… a pensé qu’elle ne se pouvait servir d’armes meilleures et plus propres que de celles mêmes, dont cette Sagesse éternelle s’est servie si heureusement et si avantageusement » (RC, 11,18).

 

C 29.— § 1. Imitateurs du Christ dans son amour universel pour les hommes, nous nous engageons, en vertu d’un vœu, à la chasteté parfaite dans le célibat à cause du Royaume des cieux. Cette chasteté, nous l’acceptons comme un don que nous accorde l’infinie bienveillance personnelle de Dieu.

§ 2. De la sorte, nous ouvrons plus généreusement notre cœur à Dieu et au prochain, et tout notre comportement devient l’expression joyeuse de l’amour entre le Christ et l’Eglise, qui se manifestera en sa plénitude dans le monde à venir.

 

C 30.— L’union intime avec le Christ, la véritable communion fraternelle, l’assiduité dans l’apostolat, l’ascèse approuvée par la pratique de l’Eglise donneront vigueur à notre chasteté. Celle-ci d’ailleurs, par sa réponse constante et prompte à l’appel divin, est une source de fécondité spirituelle dans le monde et contribue grandement à réaliser l’épanouissement, même sur le plan humain.

 

C 31.— «Jésus-Christ, vrai Seigneur de tous les biens du monde, ayant embrassé la pauvreté d’une manière si particulière, qu’il n’avait pas où reposer sa tête, et ayant mis ceux qui l’ont suivi en sa mission, à savoir, ses Apôtres et ses disciples, dans un semblable état de pauvreté, jusqu’au point de n’avoir rien en propre,… chacun tâchera, selon son petit pouvoir, de l’imiter en la pratique de cette vertu» (RC, 111,1). Par-là, les Confrères donneront l’évidence de leur entière dépendance de Dieu, et l’évangélisation des pauvres s’en trouvera elle-même fortifiée.

 

C 32. — § 1. Dans l’exercice de sa charge, compte tenu de la fin de la Congrégation et du projet communautaire, chaque Confrère s’estimera tenu par la loi universelle du travail.

§ 2. Quant aux fruits de son travail et tout ce qui lui revient de quelque manière que ce soit après son incorporation, à titre de pension, subvention ou assurance en tant que membre de la Congrégation, tout cela, selon notre droit particulier, sera biens de la communauté; ainsi, à l’exemple des premiers chrétiens, nous vivrons une réelle mise en commun de nos biens et nous nous soutiendrons mutuellement par une assistance fraternelle.

 

C 33.—   Eu égard à la condition des pauvres, notre mode de vie respirera la simplicité et la frugalité. Quant à nos moyens d’apostolat, même si nous les choisissons plus puissants et plus modernes, ils resteront dépourvus de toute apparence d’ostentation.

Ce qui est nécessaire à la subsistance et à l’épanouissement des Confrères ainsi qu’au progrès des œuvres proviendra principalement de l’effort concerté de tous. Et la Congrégation, évitant tout cumul de biens, s’ingéniera à engager une partie de ses ressources au profit des pauvres; ainsi, dégagée de la convoitise des richesses, elle sera un témoignage aux yeux d’un monde rongé par le matérialisme.

 

C 34.— Pour l’usage et la disposition des biens, il faut, en vertu de notre vœu, avoir l’autorisation du Supérieur, selon nos Constitutions et Statuts. Mais, comme il ne suffirait pas, pour cultiver l’esprit de pauvreté, d’obtenir seulement l’autorisation du Supérieur, il faut aussi que chacun examine attentivement ce qui est plus adapté et s’accorde davantage à notre vie et à notre ministère, dans le sens de l’esprit de notre Fondateur tel qu’il est exposé dans les Règles Communes.

 

C 35.— Quant aux biens personnels, nous les emploierons, avec la permission du Supérieur, selon le Statut Fondamental du vœu de pauvreté en vigueur dans la Congrégation, au profit des œuvres caritatives et, aussi, en faveur des Confrères, évitant toute différence entre nous.

 

S 17.— § 1. L’Assemblée Provinciale adaptera les règles relatives à la pratique de la pauvreté, en conformité avec les Constitutions et en accord avec l’esprit des Règles Communes et du Statut Fondamental de la pauvreté octroyé à la Congrégation par Alexandre VII («Alias Nos supplicationibus»).

§2. Compte tenu de la diversité des circonstances de lieux et de situations, chaque Province et toutes les Communautés locales recher- cheront les moyens concrets pour pratiquer la pauvreté évangélique et en feront une révision périodique, avec la conviction que la pauvreté est non seulement un rempart pour la Compagnie (cf. RC III, 1), mais aussi une condition de son renouvellement et le signe du cheminement de notre vocation dans l’Église et dans le monde.

C 36.— Nous souvenant des limites de la condition humaine et poursuivant l’action salvifique du Christ qui s’est fait obéissant jusqu’à la mort, nous nous attacherons, sous la conduite de l’Esprit-Saint, à obéir avec empressement à la volonté du Père qui se manifeste à nous de multiples façons.

 

C 37.— § 1. La participation à ce mystère de l’obéissance du Christ exige que nous recherchions tous, communautairement, la volonté du Père, par la mise en commun de nos expériences et un dialogue franc et engagé où se rencontrent les diversités d’âges et de mentalités; il en résultera une maturation et une expression de tendances communes susceptibles d’orienter les décisions adoptées.

§ 2. En esprit de coresponsabilité, les Confrères, se remémorant les paroles de saint Vincent, s’efforceront, dans la mesure de leurs moyens, d’obéir aux Supérieurs promptement, gaiement, avec persévérance. A la lumière de la foi, ils s’attacheront à se ranger aux décisions des Supérieurs, même s’ils estiment que leur avis personnel est meilleur.

 

C 38.— § 1. En vertu du vœu d’obéissance, nous sommes tenus à obéir au Souverain Pontife, au Supérieur Général, au Visiteur, au Supérieur de la maison et à ses suppléants, qui nous donnent des ordres conformes à nos Constitutions et Statuts.

§ 2. A l’égard des Evêques dans les diocèses desquels notre Congrégation est établie, selon le droit universel et le droit particulier de notre Institut nous ferons preuve d’obéissance, fidèles en cela à la pensée et à l’esprit de saint Vincent.

 

C 39.— Par le vœu particulier de stabilité nous prenons l’engagement de travailler à la fin de la Congrégation pendant toute notre vie dans ladite Congrégation, exécutant les travaux que nous auront prescrits nos Supérieurs, conformément aux Constitutions et Statuts.

 

S 18.— Les Provinces, les communautés locales et chaque Confrère s’engageront sérieusement à approfondir le vœu de Stabilité, qui comprend le don total de soi à la suite du Christ, évangélisateur des pauvres, et la fidélité à demeurer pour toute la vie dans la Congrégation de la Mission.

 

CHAPITRE IV.

Prière

 

C 40.— § 1. Le Christ Seigneur, établi dans une union étroite avec Dieu, recherchait dans la prière la volonté du Père qui fut la règle de conduite souveraine de sa vie, de sa mission et de son oblation pour le salut du monde. Il a de même enseigné aux disciples à s’adonner toujours dans le même esprit à la prière et à ne jamais la délaisser.

§ 2. Nous aussi, sanctifiés dans le Christ et envoyés au monde, nous nous efforcerons de rechercher dans la prière les signes de la volonté divine et d’imiter la disponibilité du Christ, en appréciant toutes choses selon son jugement. L’Esprit-Saint transforme ainsi notre vie en oblation spirituelle et nous sommes mieux disposés à prendre notre part de la mission du Christ.

C 41.— «Donnez-moi un homme d’oraison, et il sera capable de tout» (SV, XI, 83). En effet, dans la pensée de saint Vincent, la prière est la source de la vie spirituelle du missionnaire : par elle, il revêt le Christ, il s’imprègne de la doctrine évangélique, il apprécie les situations et les événements dans le regard même de Dieu, et il demeure inébranlable dans son amour miséricordieux. Ainsi l’esprit du Christ assure l’efficacité constante de nos paroles et de nos actes.

C 42.— Grâce à la prière, l’insertion de notre apostolat dans le monde, la vie commune et l’expérience de Dieu se compénètrent les unes les autres et s’unissent dans la vie du missionnaire. Dans la prière, en effet, la foi, l’amour fraternel et le zèle apostolique se renouvellent constamment; tandis que, dans l’action, l’amour de Dieu et du prochain se révèle effectif. Ainsi, par l’union étroite de la prière et de l’activité apostolique, le missionnaire se fait contemplatif dans l’action et apôtre dans la prière.

C 43.— La prière du missionnaire doit se façonner dans l’esprit filial, l’humilité, la confiance en la Providence et l’amour de la divine Bonté. Nous apprenons ainsi à prier comme des pauvres en esprit, persuadés que notre faiblesse se transforme en force par la puissance du Saint-Esprit. C’est Lui, en effet, qui éclaire nos esprits et affermit nos volontés pour nous faire percevoir plus intensément les besoins du monde et pour les soulager plus activement.

C 44.— Dans les ministères de la Parole, de la célébration des sacrements, de l’exercice de la Charité, et dans les événements de la vie, il nous faut découvrir des lieux privilégiés de prière. Tandis que nous évangélisons les pauvres, nous devons découvrir le Christ en eux et L’y contempler; tandis que nous nous dévouons pour le peuple auquel nous avons été envoyés, nous devons non seulement prier pour lui, mais aussi prier avec lui et prendre part volontiers à ses actes de foi et de dévotion.

C 45.— Nous célébrerons la prière liturgique d’une manière vivante et authentique.

§ 1. Que notre vie s’oriente vers la célébration quotidienne de la Cène du Seigneur comme vers son point culminant: c’est d’elle, en effet, comme d’une source, que provient la puissance de notre activité et de notre communion fraternelle. Par la célébration de l’Eucharistie nous reproduisons la mort et la résurrection du Christ, nous devenons hostie vivante dans le Christ, nous signifions et réalisons la communauté du peuple de Dieu.

§ 2. Nous fréquenterons assidûment le sacrement de Pénitence, pour être à même de nous assurer une constante conversion et la fidélité à notre vocation.

§ 3. Par la célébration de la liturgie des Heures, nous unissons nos voix et nos cœurs pour chanter les louanges du Seigneur, nous faisons monter en sa présence une incessante prière, et nous Le supplions pour toute l’humanité. C’est pourquoi nous célèbrerons Laudes et Vêpres en commun à moins d’en être dispensés par les besoins de l’apostolat.

C 46.— La prière communautaire nous offre une excellente manière d’animer et de renouveler notre vie, surtout lorsque nous célébrons et partageons la Parole de Dieu, ou bien lorsque, instaurant entre nous un dialogue fraternel, nous nous faisons part mutuellement des résultats de notre expérience spirituelle et apostolique.

C 47.— § 1. Nous nous efforcerons dans la mesure du possible de faire personnellement oraison, soit en particulier soit en commun, chaque jour, pendant une heure, selon la tradition léguée par saint Vincent. Ainsi deviendrons-nous capables à la fois de percevoir les sentiments du Christ et de découvrir les voies appropriées pour continuer sa mission. Que cette prière personnelle prépare, prolonge et complète la prière communautaire.

§ 2. Nous serons fidèles, au cours de l’année, à faire notre retraite.

C 48.— Témoins et messagers de l’amour de Dieu, nous devons témoigner une particulière dévotion et réserver un culte spécial aux mystères de la Trinité et de l’Incarnation.

C 49.— § 1. De même, nous honorerons d’une spéciale dévotion Marie, Mère du Christ et Mère de l’Eglise, Elle qui, selon les paroles de saint Vincent, mieux que nul autre croyant, a pénétré la substance et montré la pratique des maximes évangéliques.

§ 2. Notre piété envers Marie la Vierge Immaculée se traduira de diverses façons: célébration fervente de ses fêtes, fréquente invocation de son aide, surtout par la récitation du chapelet. Nous diffuserons le message que sa maternelle bienveillance a spécialement exprimé dans la Médaille Miraculeuse.

C 50.— Le culte de saint Vincent, des Saints et des Bienheureux de la famille vincentienne nous sera particulièrement cher. Nous nous reporterons constamment au patrimoine de notre Fondateur, tel que nous le révèlent ses écrits et les traditions de la Congrégation; ainsi nous apprendrons à aimer ce qu’il a aimé et à pratiquer ce qu’il a enseigné.

S 19.— En fonction du projet communautaire, nous nous acquitterons fidèlement des exercices de piété traditionnels dans la Congrégation, et surtout de la lecture de la sainte Ecriture, notamment du Nouveau Testament, de l’adoration de la Très sainte Eucharistie, de l’oraison en commun, de l’examen de conscience, de la lecture spirituelle. de la retraite annuelle, ainsi que de la pratique de la direction spirituelle.

 

CHAPITRE V.

Membres de la Congrégation

1.- Dans Général

 

C 51.— Les membres de la Congrégation de la Mission sont des disciples du Christ appelés par Dieu à continuer la mission du Sauveur et admis dans ladite Congrégation ; dans la mesure de leurs forces, ils répondent à leur vocation en exerçant leur activité selon l’enseignement, l’esprit et la pratique établis par saint Vincent de Paul.

C 52.— § 1. Les membres de la Congrégation, qui participent tous au sacerdoce royal du Christ par le baptême et la confirmation, sont clercs ou laïcs, et tous sont aussi appelés Missionnaires.

1° Les clercs, c’est-à-dire les prêtres et les diacres, réalisent leur vocation, chacun selon son Ordre propre et à l’exemple de Notre-Seigneur Jésus-Christ, Prêtre, Pasteur et Docteur, par l’exercice de cette triple fonction dans toutes les formes d’apostolat qui peuvent contribuer à procurer la fin de la Congrégation. On assimile aux clercs les membres de la Congrégation qui se préparent à recevoir les Ordres.

2° Les laïcs, que nous appelons Frères, sont destinés à l’apostolat de l’Eglise et de la Congrégation ; ils s’en acquittent par des travaux conformes à leur état.

§ 2. Les uns et les autres sont soit simplement admis soit incorporés, conformément aux Constitutions et Statuts.

 

2.- Admission dans la Congrégation.

 

C 53.— § 1. 53. § 1. Un candidat est admis dans la Congrégation lorsque, sur sa demande, il est accepté pour y accomplir la période de probation du Séminaire Interne.

§ 2. Compte tenu des conditions exigées, le droit d’admettre les candidats au Séminaire Interne revient:

1° au Supérieur Général, avec l’avis de son Conseil, pour toute la Congrégation ;

2° au Visiteur, avec l’avis de son Conseil, pour sa Province.

§ 3. Il faut s’en tenir au droit universel pour les conditions d’admission.

C 54.— § 1. Le temps complet pendant lequel se prépare l’incorporation à la Congrégation ne doit être ni inférieur à deux ans ni supérieur à neuf ans à compter de la date de réception au Séminaire Interne.

§ 2. Au terme d’une année complète écoulée depuis son admission dans la Congrégation, le Confrère, selon notre tradition, manifeste par le Bon Propos sa volonté de s’employer dans la Congrégation, durant toute sa vie, au salut des pauvres, conformément aux Constitutions et Statuts.

§ 3. Compte tenu des conditions exigées, le droit d’admettre au Bon Propos revient :

1° au Supérieur Général, avec l’avis de son Conseil et du Directeur du Séminaire Interne, pour toute la Congrégation;

2° au Visiteur, avec l’avis de son Conseil et du Directeur du Séminaire Interne, pour sa Province.

 S 20.— § 1.— Chaque Confrère commence le Séminaire Interne au moment où, conformément aux Normes Provinciales, il est déclaré admis par le Directeur ou son remplaçant désigné.

§ 2.— En temps opportun, la Congrégation se munira de garanties, légalement valables si nécessaire, pour que soient dûment sauvegardés les droits respectifs de la Congrégation et du Confrère, au cas où celui-ci quitterait la Congrégation de son plein gré ou en serait renvoyé.

S 21.— Le Bon Propos est émis, dans la Congrégation de la Mission, selon une formule directe ou une formule déclarative:

1.° Formule directe: « Seigneur mon Dieu, moi, N.N., ai l’intention de me consacrer fidèlement à l’évangélisation des pauvres, toute ma vie durant, dans la Congrégation de la Mission, à la suite du Christ Evangélisateur. C’est pourquoi je me propose d’observer la chasteté, la pauvreté et l’obéissance, selon les Constitutions et Statuts de notre Compagnie, avec l’aide de ta grâce».

2.° Formule déclarative: «Moi, N.N., ai l’intention de me consacrer fidèlement à l’évangélisation des pauvres, toute ma vie durant, dans la Congrégation de la Mission, à la suite du Christ Evangélisateur. C’est pourquoi je me propose d’observer la chasteté, la pauvreté et l’obéissance, selon les Constitutions et Statuts de notre Compagnie, la grâce de Dieu aidant.

S 22.— § 1.— L’émission du Bon Propos doit se faire en présence du Supérieur ou d’un Confrère qu’il aura désigné.

§ 2.— C’est l’Assemblée Provinciale qui apportera de plus amples précisions au sujet de l’émission ou de la rénovation du Bon Propos, de l’éventuelle adjonction d’une certaine forme d’engagement temporaire, et des droits et obligations qui sont dévolus à chaque Confrère depuis son admission jusqu’à son incorporation dans la Congrégation.

C 55.— § 1. Nos vœux sont perpétuels, non religieux, réservés, de telle manière que seuls le Souverain Pontife et le Supérieur Général peuvent en dispenser.

§ 2. Ces vœux doivent être fidèlement interprétés selon la proposition de saint Vincent approuvée par Alexandre VII dans les Brefs «Ex commissa nobis» (22. IX. 1655) et «Alias nos supplicationibus»   (12. VIII. 1659).

C 56.— Compte tenu des conditions exigées, le droit d’admettre aux vœux revient :

1° au Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil et l’avis des Formateurs du candidat, pour toute la Congrégation;

2° au Visiteur, avec le consentement de son Conseil et l’avis des Formateurs, pour sa Province.

C 57.— § 1. L’autorisation d’émettre les vœux, accordée par un Supérieur majeur en réponse à la demande d’un Confrère, comporte, les vœux une fois émis, l’incorporation à la Congrégation, à laquelle il sera incardiné par la réception du Diaconat.

§ 2. Un Confrère ne peut être admis aux Ordres avant d’être incorporé à la Congrégation. Cependant, l’incorporation d’un Confrère déjà clerc l’incardine à la Congrégation.

C 58.— § 1. L’émission des vœux doit se faire en présence du Supérieur ou d’un Confrère désigné par lui.

§ 2. Comme le veut l’usage de la Congrégation, la demande d’autorisation pour l’émission des vœux aussi bien que l’attestation de cette émission doivent se faire par écrit. Toute émission de vœux doit être notifiée au plus tôt au Supérieur Général.

Les vœux sont émis, dans la Congrégation de la Mission, selon les formules suivantes:

  1. Formule directe: « Seigneur mon Dieu, moi, N.N., en présence de la Bienheureuse Vierge Marie, fais le vœu de me consacrer fidèlement à l’évangélisation des pauvres, toute ma vie durant, dans la Congrégation de la Mission, à la suite du Christ Evangélisateur. C’est pourquoi je fais les vœux de chasteté, de pauvreté et d’obéissance, selon les Constitutions et Statuts de notre Compagnie, avec l’aide de ta grâce».
  2.         b)Formule déclarative: «Moi, N.N., en présence de la Bienheureuse Vierge Marie, fais à Dieu le vœu de me consacrer fidèlement à l’évangélisation des pauvres, toute ma vie durant, dans la Congrégation de la Mission, à la suite du Christ Evangélisateur. C’est pourquoi je fais à Dieu les vœux de chasteté, de pauvreté et d’obéissance, selon les Constitutions et Statuts de notre Compagnie, la grâce de Dieu aidant.»
  3.         c)Formule traditionnelle: «Moi, N.N., indigne (prêtre, clerc, frère coadjuteur) de la Congrégation de la Mission, en présence de la Bienheureuse Vierge et de toute la cour céleste, fais à Dieu les vœux de pauvreté, de chasteté et d’obéissance à notre Supérieur et à ses successeurs, selon les Règles ou Constitutions de notre Compagnie; je fais en outre le vœu de m’occuper du salut des pauvres gens des champs, toute ma vie durant, dans ladite Congrégation, avec l’aide de la grâce du Dieu tout-puissant, que j’invoque humblement à cet effet».

S 23.— Il est du ressort de l’Assemblée Provinciale de chaque Province d’apporter de plus amples précisions relatives à l’époque opportune de l’émission des vœux.

S 24.— Dans des circonstances particulières, une Assemblée Provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil, une formule particulière pour l’émission du Bon Propos comme pour celle des Vœux, à condition de garder les éléments essentiels des formules fixées.

 

3.- Droits et obligations des Confrères

 

C 59.— § 1. Sauf évidence contraire, tous les membres de la Congrégation jouissent des droits, privilèges et faveurs spirituelles accordés à la Congrégation par le droit universel et par notre droit particulier.

§ 2. Tous les membres incorporés à la Congrégation jouissent des mêmes droits et sont liés par les mêmes obligations, conformément au droit universel et à notre droit particulier, à l’exception des droits et obligations qui se rattachent à l’exercice d’un Ordre sacré et à la juridiction qui y est associée.

Quant aux Confrères qui ne sont qu’admis dans la Congrégation, ils jouissent des droits et sont tenus par les obligations prévus par les Constitutions, Statuts et Normes Provinciales.  

C 60.—Conformément au droit universel et à notre droit particulier, les Confrères incorporés à la Congrégation jouissent du droit de voix active et de voix passive, à moins qu’ils ne les aient juridiquement perdus.

C 61.— Pour tous les offices et charges, jouissent du droit de voix passive les Confrères incorporés à la Congrégation depuis trois ans au moins et âgés de vingt-cinq ans révolus, les autres conditions fixées par le droit universel et notre droit particulier étant respectées.

S 25.— Ne jouissent pas du droit de voix active et de voix passive:

1° Ceux qu’un indult autorise à vivre hors de la Congrégation, conformément à notre droit particulier et à la clause mentionnée dans l’indult.

2° Les Confrères ordonnés ou simplement nommés Evêques, pendant la durée de leur charge et même après son expiration, à moins qu’ils n’aient repris la vie de communauté.

3° Les Vicaires, Préfets et Administrateurs Apostoliques, même s’ils ne sont pas évêques, pendant la durée de leur charge, à moins qu’ils ne soient en même temps Supérieurs d’une maison de la Congrégation.

S 26.— §1. En plus de ceux indiqués dans les canons 171, §1, nn. 3-4; 1336, §1, n. 2 et dans les art. 70 et 72, §2 des Constitutions de la Congrégation de la Mission, sont aussi privés de la voix active et passive ceux qui, quand ils doivent exercer le droit de voix active et passive soit dans la Congrégation soit dans la Province soit dans la maison, sont de quelque façon que ce soit illégitimement absents, c’est-à-dire :

a) ceux qui sont absents de la Congrégation, sans la permission requise, quand leur absence dépasse le temps de six mois;

b) ceux qui ont obtenu la permission requise, mais, une fois le

temps passé, ne l’ont pas renouvelée (cf. Const. art. 72, §2);

c) ceux qui n’accomplissent pas les termes contenus dans leurs permissions de demeurer en dehors de la communauté

(cf. Const. art. 67, §2);

d) ceux qui ont dépassé les trois années de permission, excepté

les cas d’infirmité, d’étude ou d’apostolat à exercer au nom de

la Congrégation (cfr. Const. art. 67, §2).

§ 2. Dans les cas douteux, le Visiteur, avec l’accord de son Conseil,

décide si le confrère jouit de la voix active et passive, considérant attentivement sa situation dans la Province, le droit propre de la Congrégation et les Normes provinciales.

§3. Ce qui est dit de la voix active et passive vaut aussi pour les consultations établies par le droit propre de la Congrégation et par les Normes provincials

C 62.— Les membres de la Congrégation, outre les obligations auxquelles ils sont soumis selon notre droit particulier, sont aussi tenus par les obligations communes des clercs fixées par le droit universel dans les cc. 273-289; il s’agit non seulement des clercs, ce qui est évident, — et ceux-ci spécialement pour ce qui concerne l’habit ecclésiastique à porter (c. 284) et la liturgie des Heures dont il faut s’acquitter (c. 276)—, mais aussi des laïcs, à moins qu’une interprétation contraire ne s’impose de par la nature des choses ou la teneur du contexte.

 

S 27.— § 1.- Tout Confrère défunt a droit aux suffrages de toute la Congrégation, pour le repos de son âme.

§ 2.— Tous les mois, chaque Confrère, selon sa condition, offrira une messe pour les vivants et les défunts de toute la famille vincentienne, ainsi que pour les parents, proches et bienfaiteurs, et ajoutera une intention spéciale pour la conservation de l’esprit primitif de la Congrégation.

§ 3.— De plus, chacun offrira une autre messe en faveur des Confrères de toute la Congrégation décédés dans le courant du mois précédent.

§ 4.— Chaque Province apportera elle-même des précisions supplémentaires.

S 28.— Tous les Confrères incorporés à la Congrégation auront, chaque mois, le droit de célébrer ou de faire célébrer sans honoraire un certain nombre de messes à leurs intentions particulières. Chaque Province établira des règles pour fixer le nombre et le mode de célébration de ces messes.

 

C 63.— Tous doivent observer les Constitutions, Statuts et autres règlements en vigueur dans la Congrégation, dans un esprit d’obéissance active et responsable.

C 64.— De même, tout en préservant notre droit d’exemption, tous respecteront les règlements édictés par les Ordinaires des lieux.

4.-Inscription des Confrères à une Province et à une Maison

C 65.— Conformément à notre droit particulier, tout membre de la Congrégation de la Mission doit être affecté à une Province et à une Maison ou une Communauté ad instar domus.

S 29.— § 1.- Pendant la durée de leur charge et pour ce qui est des effets juridiques, le Supérieur Général, les Assistants, le Secrétaire Général. l’Econome Général et le Procureur Général près le Saint-Siège ne sont rattachés à aucune Province.

§ 2.- Les autres missionnaires qui travaillent aux offices de la Curie Générale appartiennent toujours à leur Province d’origine en étant inscrits à une de ses maisons avec une destination temporaire à la Curie, selon une convention rédigée entre le Supérieur Général et le Visiteur de la Province du Missionnaire.

S 30.— § 1.- Un membre de la Congrégation de la Mission est inscrit dans la Province pour laquelle les Supérieurs l’admettent légitimement dans la Congrégation: on appelle cette province la province d’origine.

§ 2.- Une nouvelle inscription s’acquiert par transfert d’une Province à une autre, légitimement décidé par les Supérieurs: on appelle cette autre province la province de destination..

S 31.— Pour qu’un Confrère perde son appartenance à une Province et soit rattaché à une autre, il suffit, restant toujours sauve l’autorité du Supérieur Général, que les Supérieurs majeurs compétents se mettent d’accord, après avoir pris l’avis du Confrère lui-même. Au cas où celui-ci y serait opposé, son transfert à une autre Province ne pourrait s’effectuer sans l’approbation du Supérieur Général.

S 32.— A l’expiration de son mandat, le Supérieur Général choisit librement sa Province.

S 33.— §1. L’inscription à la Province de destination peut être faite pour une période indéterminée ou déterminée.

§2. Dans les deux cas, les deux Visiteurs:

1) préciseront par écrit dans une convention les droits et devoirs

du Confrère et des deux Provinces;

2) établiront des documents de transfert à conserver aux archives

des deux Provinces;

3) le Visiteur de la Province d’où le Confrère a été transféré

enverra au Secrétaire Général la notification de la nouvelle

inscription.

§3. Dans le cas d’une inscription temporaire, quand son temps

est achevé, le Confrère se retrouve immédiatement membre de la Pro- vince d’où il avait été transféré, à moins que les Visiteurs, après avoir pris l’avis du Confrère, n’en aient convenu autrement entre eux, tou- jours par écrit, en conformité avec les Statuts.

S 34.— L’inscription d’un Confrère à une Maison ou à une Communauté ad instar domus  s’effectue par un placement décidé par le Supérieur légitime.

C 66.— Dans la Province, la Maison ou la Communauté ad instar domus où ils sont inscrits, les Confrères:

1° ont les droits et obligations prévus par les Constitutions et Statuts;

2° ont un Supérieur local personnel et immédiat et un Supérieur majeur

3° jouissent de la voix active et passive.

C 67.— § 1. Le Confrère qui aura obtenu soit du Supérieur Général, soit du Visiteur, avec l’assentiment de leur Conseil, l’autorisation de vivre en dehors d’une Maison ou en dehors de la Communauté, doit être rattaché à une Maison ou à une communauté pour que, selon la teneur de la permission accordée, il y jouisse de ses droits et y soit lié par ses obligations.  

§ 2. Cette permission doit être accordée pour une raison juste, une durée n’excédant pas un an, sauf dans les cas de traitement de maladie, d’études ou de travail apostolique accompli au nom de l’Institut.

 

5. Sortie et renvoi des Confrères

 

C 68.— Pour ce qui est de la sortie et du renvoi des Confrères, on s’en tiendra dans la Congrégation de la Mission au droit universel et à notre droit particulier.

C 69.— § 1. Avant son incorporation à la Congrégation, un Confrère peut la quitter librement, après avoir manifesté sa décision aux Supérieurs.

§ 2. De même, avant son incorporation à la Congrégation, un Confrère peut en être renvoyé, pour des raisons valables, par le Supérieur Général ou par son Visiteur, avec l’avis de leur Conseil respectif et des Responsables de la formation du Confrère concerné.

C 70.—Pour une raison grave et avec le consentement de son Conseil, le Supérieur Général peut accorder à un Confrère incorporé à la Congrégation la permission de vivre hors de la Congrégation, mais pas au-delà de trois ans, restant sauves les obligations compatibles avec son nouveau genre de vie. Ce Confrère reste confié à la sollicitude des Supérieurs de la Congrégation; toutefois, il ne jouit ni de la voix active ni de la voix passive. S’il s’agit d’un clerc, le consentement de l’Ordinaire du lieu où il doit demeurer est en outre requis, et il reste sous ses soins et sa dépendance, conformément au c. 745.

C 71.— Avec le consentement de son Conseil et pour une raison grave, le Supérieur Général peut permettre à un Confrère de quitter la Congrégation et le dispenser des vœux, conformément au c. 743.

C 72.— § 1. Si un Confrère incorporé à la Congrégation se sépare d’elle et se soustrait à l’autorité des Supérieurs, ceux-ci le rechercheront avec sollicitude et l’encourageront à persévérer dans sa vocation.

§ 2. Si le Confrère ne rejoint pas sa Communauté dans les six mois, qu’il soit privé de la voix active et passive. En outre, il peut être exclu de la Congrégation par décret du Supérieur Général, conformément à l’article 74, § 2.

C 73.— § 1. Il faut considérer comme renvoyé par le fait même de son Institut le membre qui :

1° a notoirement abandonné la foi catholique;

2° a contracté mariage ou attenté un mariage même seulement civil.

§ 2. En ces cas, le Supérieur majeur avec son Conseil prononcera sans retard une déclaration du fait, après avoir réuni les preuves, afin que le renvoi soit juridiquement établi, conformément au c. 694.

C 74.— § 1.  Un Confrère doit être renvoyé selon ce qui est stipulé par les cc. 695, 698, 699, § t.

§ 2. Un Confrère peut être renvoyé selon ce qui est stipulé dans les cc. 696, 697, 698, 699, § 1.

§ 3. En cas de grave scandale extérieur ou d’un grand dommage imminent pour l’Institut, un membre peut être sur-le-champ chassé de la maison par le Supérieur majeur ou, s’il y a péril en la demeure, par le Supérieur local, avec le consentement de son Conseil, conformément au c. 703.

C 75.— Le décret de renvoi doit être communiqué le plus tôt possible au Confrère concerné, qui aura la faculté de recourir au Saint-Siège dans un délai de dix jours après avoir reçu la notification du décret, et son recours aura un effet suspensif. Pour que le décret de renvoi prenne effet, il faut se conformer au c. 700.

C 76.— § 1. Par le renvoi légitime prennent fin, par le fait même, les vœux ainsi que les droits et les obligations que le Confrère a eus dans la Congrégation. Cependant, s’il s’agit d’un clerc, il faut s’en tenir aux prescriptions des cc. 693 et 701.

§ 2. Les Confrères qui, conformément au droit, ont quitté la Congrégation ou en ont été renvoyés, ne peuvent rien lui réclamer pour les travaux, quels qu’ils soient, exécutés lorsqu’ils étaient membres de la Congrégation.

§ 3.  Mais la Congrégation gardera l’équité et la charité évangélique à l’égard du membre qui en est séparé, conformément à ce que stipule le c. 702.

S 35.— Le pouvoir d’admettre de nouveau quelqu’un dans la Congrégation appartient:

1° au Supérieur Général, avec l’avis de son Conseil, pour tous;

2° au Visiteur, avec l’avis de son Conseil et celui du Visiteur de la Province d’où le Confrère est sorti ou a été renvoyé, pour ceux qui n’ont pas encore été incorporés à la Congrégation.

 

CHAPITRE VI.

Formation

 

l.- Ministère Vocationnel

 

S 36.— Le souci d’éveiller des vocations exige de nous une prière assidue (Mt 9, 37) et le témoignage authentique, attirant, heureux, de la vie apostolique et communautaire, surtout lorsque participent à nos travaux dans la mission vincentienne, des adolescents et des jeunes gens qui cherchent à développer leur foi personnelle.

S 37.— § 1.— Les Provinces, les Maisons et tous les Confrères auront à cœur de susciter des candidats à la mission vincentienne.

§ 2.—  Quant aux Provinces, elles rechercheront les moyens les plus adaptés à l’éveil des vocations et à leur accompagnement, et elles établiront un projet provincial orienté dans ce sens.

§ 3.—  Le Visiteur, avec l’avis de son Conseil, nommera un Promoteur des vocations qui coordonnera dans nos œuvres l’intérêt porté à l’éveil des vocations.

S 38.— Les candidats qui souhaitent entrer dans la Congrégation doivent avoir déjà pris une décision de vie chrétienne, adopté un projet de vie apostolique et choisi de travailler dans la communauté vincentienne; sinon, il faut que, pour procéder à ces choix, ils reçoivent pas à pas le soutien de l’action pastorale auprès des Jeunes ou l’aide des Ecoles Apostoliques, là où elles existent.

S 39.— La formation des candidats, adaptée à leur âge, comportera avant tout la vie fraternelle, la lecture assidue de la Parole de Dieu, les célébrations liturgiques, l’exercice d’une activité d’apostolat menée de concert avec les formateurs, l’épanouissement de la personnalité, l’étude et le travail.

 

l.- Principes généraux

 

C 77.— § 1. Notre formation doit tendre, de façon progressive et permanente, à imprégner les Confrères de l’esprit de saint Vincent, pour qu’ils deviennent capables d’accomplir la mission de la Compagnie.

§ 2. Qu’ils apprennent donc davantage chaque jour que Jésus-Christ est le centre de notre vie et la règle de la Mission.

C 78.— § 1. La période de formation, comme toute notre vie, doit être réglée de telle sorte que la charité du Christ nous presse toujours plus de poursuivre la fin de la Congrégation. En qualité de disciples du Christ, les Confrères atteindront cette fin par le renoncement à eux-mêmes et une conversion continuelle au Christ.

§ 2. Les Confrères seront initiés à la Parole de Dieu, à la vie sacramentelle, à la prière communautaire et personnelle et à la spiritualité vincentienne.

§ 3. En outre, les étudiants s’adonneront correctement aux études prévues par la loi ecclésiastique, afin de s’assurer la science requise.

§ 4. Dès le début, tous se consacreront utilement, selon les dispositions et les capacités personnelles de chacun, à des activités pastorales, conduites surtout en collaboration avec les formateurs responsables; ils iront aussi vers les pauvres et approfondiront les réalités de leur existence. De la sorte, chacun pourra découvrir plus aisément sa vocation spécifique dans la communauté, en fonction de ses aptitudes personnelles.

§ 5. Que les principes pédagogiques soient appliqués en fonction de l’âge des étudiants, de sorte que ceux-ci, tout en apprenant peu à peu à régler leur conduite personnelle, se familiarisent avec un usage prudent de la liberté, qu’ils s’habituent à agir de leur propre initiative et avec zèle ; ils parviendront ainsi à la maturité chrétienne.

C 79.— Puisqu’ils répondent à l’appel de Dieu au sein d’une Communauté, les Confrères doivent apprendre, lors de leur période de formation, à mener une vie communautaire vincentienne. Quant à la Communauté, elle secondera les initiatives personnelles de chacun, dans le cadre du processus global de la formation.

C 80.— Il est indispensable que, dans la formation des nôtres, la coordination s’établisse entre les divers programmes d’éducation et que soit maintenue une harmonieuse unité aux niveaux successifs de l’enseignement. Que toutes choses soient réglées de telle manière qu’elles contribuent toutes à concrétiser la fin pastorale propre de la Congrégation.

C 81.—La formation des nôtres doit se poursuivre et se renouveler tout au long de la vie.

S 40.— En plus de la formation commune, chacun des nôtres recevra aussi, autant que faire se peut, une formation spécifique et professionnelle, qui préparera les Confrères à s’acquitter avec succès des activités apostoliques que la Congrégation assignera en considération des compétences particulières de chacun.

S 41.— § 1.— Chaque Province élaborera un plan de formation qui sera en conformité avec les principes indiqués ci-dessus, avec les documents et les directives de l’Église et de la Congrégation de la Mission, et qui réponde aux diverses exigences locales.

§ 2.—  De même le Visiteur constituera une Commission de Formation qui aura pour rôle de mettre sur pied et de tenir à jour le Programme de Formation, ainsi que d’examiner tous les problèmes relatifs à la bonne marche de l’éducation.

S 42.— Chaque Province, par l’intermédiaire de sa Commission de Formation, organisera et facilitera la formation permanente, tant communautaire qu’individuelle.

 

2.- Séminaire Interne

 

C 82.— Pour qu’ils soient admis au Séminaire Interne, les candidats, entre autres conditions requises, doivent donner des signes évidents de leur capacité de persévérer dans la vocation vincentienne en communauté.

C 83. — § 1. Le Séminaire Interne est une période pendant laquelle les Confrères s’initient au travail missionnaire et à la vie dans la Congrégation; avec l’aide de la Communauté et des formateurs responsables, ils acquièrent une connaissance plus exacte de leur vocation et, grâce à une formation adéquate, se préparent à leur libre incorporation dans la Congrégation.

§ 2. Le Séminaire Interne doit durer au moins 12 mois, continus ou discontinus. Il appartiendra à l’Assemblée Provinciale, si les mois sont discontinus, de fixer le nombre des mois continus à accomplir et de déterminer le moment où le Séminaire Interne doit s’insérer dans le cours des études.

C 84.— C’est pourquoi tout l’agencement de cette période doit viser à ce que les Séminaristes:

1° acquièrent davantage de maturité,

2° soient progressivement initiés à une connaissance expérimentale satisfaisante de la mission apostolique et de la vie de la Congrégation, et

3° parviennent, surtout dans la prière, à une connaissance intime de Dieu.

C 85.— Pour atteindre ce but, les séminaristes veilleront soigneusement:

1° à se doter d’une connaissance pratique convenable des hommes, et principalement des pauvres, ainsi que de leurs besoins, de leurs aspirations et de leurs difficultés;

2° à acquérir la connaissance du caractère particulier, de l’esprit et des fonctions de la Congrégation, en recourant aux sources et surtout à la vie et aux œuvres de saint Vincent, à l’histoire et aux traditions de la Congrégation et à un partage actif bien dosé de notre apostolat;

3° à mettre l’accent sur l’étude et la méditation de l’Evangile et de toute la sainte Ecriture;

4° à se sentir partie prenante du mystère et de la mission de l’Eglise Communauté de salut;

5° à connaître et à vivre, selon l’esprit de saint Vincent, les maximes évangéliques, notamment la chasteté, la pauvreté, l’obéissance.

C 86.— Les Séminaristes sont intégrés à la Communauté provinciale ainsi qu’à une Communauté locale dans laquelle ils vivent; ils y sont en formation sous une responsabilité commune que coordonne et anime le Directeur du Séminaire Interne.

S 43.— Le Séminaire Interne peut s’effectuer en une ou plusieurs maisons de la Congrégation désignées par le Visiteur avec l’avis de son Conseil.

S 44.— En des cas particuliers et compte tenu de la maturité humaine et chrétienne des candidats, le Visiteur peut apporter des adaptations raisonnables aux dispositions précédentes.

 

3.- Grand séminaire

 

C 87.— § 1. La période du Grand Séminaire est destinée à fournir l’enseignement complet requis pour le ministère du sacerdoce vincentien, de sorte que les étudiants soient formés, sur le modèle du Christ Evangélisateur, à la prédication de la Bonne Nouvelle, à la célébration du culte divin et a la responsabilité pastorale.

§ 2. Selon l’esprit de saint Vincent et la tradition de la Congrégation, la formation des nôtres sera orientée en priorité vers le ministère de la prédication et la pratique de la charité envers les pauvres.

C 88.— La formation des nôtres doit porter une attention particulière aux réalités sociales, de telle sorte que les études les conduisent à une vision et à un jugement critiques du monde contemporain. Que les étudiants commencent, par la transformation de leur cœur, à prendre une place efficace dans l’activité chrétienne de l’instauration de la justice; qu’ils deviennent de plus en plus conscients des causes profondes de la pauvreté dans le monde, qu’ils décèlent les obstacles qui s’opposent à l’évangélisation. Et que toutes ces démarches s’opèrent à la lumière de la Parole de Dieu et sous la conduite des formateurs.

C 89.— On favorisera le développement, chez les étudiants, de la maturité affective et des qualités missionnaires, telles que l’aptitude à animer et à diriger des communautés, le sens des responsabilités, le discernement dans la pensée et l’action, une prompte générosité, la force de s’astreindre constamment à réaliser la fin de la Congrégation.

C 90.— Le Visiteur doit fixer une période convenable pendant laquelle les étudiants, au terme de leurs études de théologie, exercent l’ordre diaconal, avant d’être promus au Presbytérat.

S 45.— § 1.— Suivant les besoins, le Grand Séminaire pourra être particulier à chaque Province ou commun à plusieurs.

§ 2.— Nos étudiants peuvent être envoyés dans une autre Province ou dans un Institut dûment approuvé pour y accomplir le cycle de leurs études ecclésiastiques. Toutefois on veillera dans ce cas, à ce qu’ils mènent la vie commune, comme le veut la coutume de la Congrégation, et recoivent une formation vincentienne authentique.

§ 3.— Que fleurisse dans les maisons de formation la vie de famille, et que la fraternité s’instaure entre les membres d’une même Province.

Si les étudiants sont nombreux, on pourra raisonnablement les regrouper en équipes plus restreintes pour favoriser la formation des personnes.

S 46.—Au cours de la formation, avec l’avis des Formateurs et de son Conseil. Le Visiteur peut accorder aux étudiants, pour une raison sérieuse, l’autorisation d’interrompre leurs études et de demeurer en dehors de la maison de Formation.

S 47.— On favorisera la connaissance mutuelle entre étudiants des diverses Provinces de la Compagnie.

 

4.- Formation des Frères

 

C 91.— § 1. On apportera un soin particulier à la formation des Frères, de manière à ce qu’ils réalisent fidèlement leur mission dans la Congrégation. Tout ce qui est prescrit dans les Constitutions et les Statuts pour la formation est applicable à la formation des Frères.

§ 2. Leur formation au Séminaire Interne sera donc la même que celle des autres Confrères, à moins que des circonstances particulières ne suggèrent d’autres dispositions.

§ 3. Quant à la formation des Frères susceptibles d’être admis au Diaconat permanent, on s’en tiendra aux prescriptions des Normes Provinciales.

S 48.— Par le moyen d’un Cycle d’études régulier, un enseignement culturel et technique spécial sera assuré, dans les meilleures conditions, pour les Frères, afin qu’ils puissent obtenir un titre ou un diplôme reconnu.

C 92.— Les Frères seront progressivement engagés dans l’apostolat, afin qu’ils puissent apprendre à tout considérer, à tout juger, à tout faire à la lumière de la foi, et qu’ils découvrent comment, dans l’action, ils peuvent se former et se perfectionner avec les autres.

 

5.- Formateurs et Maîtres

 

C 93.— La Communauté Provinciale tout entière s’estimera responsable de la formation des nôtres, de sorte que chaque Confrère apporte sa contribution à l’œuvre de formation.

C 94.— Puisque la formation des étudiants dépend principalement d’éducateurs qualifiés, les Formateurs et les Maîtres se prépareront à leur charge par l’acquisition d’une doctrine solide, d’une expérience pastorale adaptée et d’une formation particulière.

C 95.— § 1. Formateurs et Etudiants, ouverts à la compréhension et à la confiance mutuelles, et maintenant entre eux des relations fréquentes et concrètes, doivent former une vraie communauté éducative.

§ 2. Cette communauté éducative, attentive aux apports provenant d’autres groupes, révisera périodiquement ses projets et ses réalisations.

§ 3. Les Formateurs agiront collégialement; toutefois la responsabilité particulière et directe des séminaristes et des étudiants sera confiée à un Confrère ou, si les circonstances l’exigent, à plusieurs.

 

S 49.— Le grand Séminaire, en tant que centre de formation, sera au service des Confrères engagés en différentes activités; quant aux Formateurs et aux Maîtres, ils s’adonneront eux-mêmes à l’apostolat.

S 50.— On veillera à ce que, dans les maisons de formation, des Confrères capables de remplir les fonctions de Confesseurs et de Directeurs spirituels soient disponibles en nombre suffisant.

 

TROISIEME PARTIE

ORGANISATION

Section 1. GOUVERNEMENT DE LA CONGREGATION

Principes généraux

 

C 96.— Tous les Confrères, du fait de la vocation qui fait d’eux des continuateurs de la mission du Christ, ont le droit et le devoir de collaborer au bien de la Communauté apostolique et de participer à son gouvernement, conformément à son Droit particulier. Tous, en conséquence, coopéreront d’une façon active et responsable dans l’accomplissement de leurs fonctions, dans la prise en charge des projets apostoliques et l’exécution des ordres reçus.

C 97.— § 1. Tous ceux qui, dans la Congrégation, exercent l’autorité, venue de Dieu, ou qui y participent à quelque niveau que ce soit, même dans les Assemblées et les Conseils, auront devant les yeux l’exemple du Bon Pasteur, venu non pour être servi mais pour servir. C’est pourquoi, conscients de leur responsabilité devant Dieu, ils se considéreront comme des serviteurs de la communauté, en vue de réaliser la fin qui lui est propre, selon l’esprit de saint Vincent, dans une véritable communion d’apostolat et de vie.

§ 2. Ils engageront donc le dialogue avec leurs Confrères, restant sauf leur propre pouvoir de décider et de prescrire ce qu’il y a lieu de faire.

C 98.— Tous les Confrères à qui la Communauté confie des charges ont les pouvoirs suffisants pour les remplir. On évitera donc de recourir à une instance supérieure quand une affaire peut être réglée par les Confrères eux-mêmes ou par un échelon inférieur de gouvernement.

On veillera cependant à conserver l’unité de gouvernement indispensable à la fin et au bien de la Congrégation dans son ensemble.

C 99.— Par concession spéciale des Pontifes Romains, la Congrégation de la Mission, ses Maisons, ses églises et tous ses membres sont exempts de la juridiction des Ordinaires locaux sauf dans les cas précisés par le Droit.

C 100.— L’Assemblée Générale, le Supérieur Général, les Visiteurs et les Supérieurs des Maisons et Communautés légitimement établies ont sur les Confrères le pouvoir défini par le droit universel et notre droit particulier. Ils ont, en outre, le pouvoir ecclésiastique de gouvernement ou de juridiction, tant au for externe qu’au for interne. D’où il suit que les Supérieurs doivent être revêtus d’un ordre sacré.

 

CHAPITRE I. Administration centrale

 

1.- Supérieur Général

 

C 101.— Le Supérieur Général, successeur de saint Vincent, poursuit avec l’ensemble de la Congrégation la mission du Fondateur, en l’adaptant aux divers besoins du service de l’Eglise universelle. Il gouvernera donc la Congrégation avec une sollicitude telle que demeure toujours vivant dans l’Eglise le charisme de saint Vincent.

C 102.— Centre d’unité et coordinateur des Provinces, le Supérieur Général sera aussi le principe de leur animation spirituelle et de leur action apostolique.

C 103.— Le Supérieur Général gouverne avec pouvoir ordinaire toutes les Provinces, les Maisons et chacun des membres de la Congrégation, conformément au Droit général et à notre Droit particulier. Toutefois il est soumis à l’autorité de l’Assemblée Générale, conformément au Droit.

C 104.— Le Supérieur Général ne peut donner qu’une interprétation usuelle des Constitutions, des Statuts et des Décrets de l’Assemblée Générale.

C 105.— § 1. Le Supérieur Général est élu par l’Assemblée Générale, conformément à l’art. 140 des Constitutions.

§ 2. Pour la validité de l’élection du Supérieur Général sont requises les conditions exigées par le Droit général et par notre Droit particulier.

§ 3. Le Supérieur Général est élu pour un sexennat et peut être réélu pour un second sexennat conformément au Droit particulier de la Congrégation.

§ 4. Le sexennat dure jusqu’à l’acceptation de la charge par le successeur, lors de l’Assemblée Générale qui suit.

C 106.— § 1. Le Supérieur Général cesse d’être en charge:

1° du fait de l’acceptation de l’Office par son successeur;

2° du fait de sa propre démission acceptée par l’Assemblée Générale ou par le Saint-Siège;

3° si le Saint-Siège a décrété sa déposition.

§ 2. S’il arrivait que le Supérieur Général devînt manifestement indigne ou incapable de remplir sa charge, il appartiendrait aux Assistants de juger collégialement  de la situation et d’en aviser le Saint-Siège. On s’en tiendra alors à sa décision.

 

C 107.— Outre les pouvoirs qui lui sont accordés par le Droit général ou par concession spéciale, il appartient au Supérieur Général:

1° de mettre tous ses soins à maintenir ferme et vivant l’esprit du Saint Fondateur, à promouvoir sans cesse le zèle apostolique de la Congrégation et son ressourcement, et à faire observer de la façon la plus efficace les Constitutions et les Statuts;

2° d’édicter, avec le consentement de son Conseil, des Ordonnances générales pour le bien de la Congrégation;

3° de créer des Provinces, de les réunir, de les diviser, de les supprimer, en respectant les prescriptions du Droit, avec le consentement de son Conseil et après consultation des intéressés;

4° de convoquer l’Assemblée Générale, de la présider et, avec le consentement de celle-ci, de la renvoyer;

5° de démettre un Visiteur de son Office pour une cause grave, avec le consentement de son Conseil et après avoir entendu les Consulteurs de la Province intéressée;

6° d’ériger des Maisons et de constituer des Communautés locales, de les supprimer, avec le consentement de son Conseil et après avoir consulté les intéressés, conformément au c. 733, § 1, en respectant l’autorité du Visiteur;

7° d’ériger une Maison d’une Province sur le territoire d’une autre Province, pour une cause grave, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs intéressés;

8° d’ériger des Maisons ne relevant d’aucune Province, pour une cause légitime et avec le consentement de son Conseil: ces Maisons sont administrées par un Supérieur local sous la dépendance directe du Supérieur Général, qui nomme les Supérieurs de ces Maisons;

9° d’admettre aux Vœux et aux Ordres des membres de la Congrégation, de les dispenser des Vœux pour une cause grave, qu’il s’agisse d’une sortie légitime ou d’un renvoi, avec le consentement de son Conseil;

10° de renvoyer les membres de la Congrégation selon les normes du Droit général et de notre Droit particulier;

11° de dispenser de l’observance des Constitutions dans des cas extraordinaires et pour une cause grave, avec le consentement de son Conseil;

12° d’approuver, avec le consentement de son Conseil, les Normes établies par les Assemblées Provinciales.

 

S 51.— Outre les pouvoirs qui lui sont accordés par le Droit général ou par concession spéciale, il appartient au Supérieur Général:

1) d’exercer sur les Vice-Provinces les mêmes pouvoirs qu’il a sur les Provinces;

2) de se rendre personnellement ou par un délégué, au moins une fois au cours de son mandat, dans les Provinces et Vice-Provinces afin de les encourager, de se rendre compte de leur situation et de celle de leurs membres, restant sauf son droit de procéder par ailleurs à la visite canonique si les circonstances le suggèrent;

3) a)

avec le consentement de son Conseil et après avoir consulté les intéressés, accepter des Missions offertes à la Congré- gation par le Siège Apostolique ou par les Ordinaires du lieu, les tenant sous sa propre juridiction ou les confiant à une Province ou à un groupe de Provinces; renoncer à celles qui avaient été confiées;

b) avec le consentement de son Conseil et après avoir entendus les intéressés, constituer des équipes missionnaires sous sa propre juridiction ou les confier à une Province ou à un groupe de Provinces;

4) d’accorder aux Visiteurs la faculté d’accepter des Missions offertes par les Ordinaires locaux en dehors du territoire de toute Pro- vince de la Congrégation, ou d’abandonner ces Missions (antérieure- ment confiées);

5) de nommer en temps utile, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs et Vice-Visiteurs, une commission préparatoire avant la réunion de l’Assemblée Générale;

6) de promulguer dans les meilleurs délais toutes les décisions de l’Assemblée Générale;

374 Statuts de la Congrégation de la Mission

 7) de passer des contrats importants, avec le consentement de son Conseil et en respectant les prescriptions du Droit;

8) de prendre en mains, pour une courte durée, le gouvernement d’une Province, par un administrateur qu’il munit à cet effet des pou- voirs nécessaires. Il ne peut le faire que pour une cause grave, avec le consentement de son Conseil, après consultation du Visiteur, des Consulteurs et, si le temps le permet, du plus grand nombre possible de Confrères de cette Province;

9) de transférer des Confrères d’une Province dans une autre, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs et des Confrères intéressés;

10) d’accorder aux Confrères légitimement séparés de la Congré- gation les suffrages accoutumés en cas de décès;

11) de dispenser de l’observance des Statuts et des Décrets de l’Assemblée Générale, dans des cas particuliers et pour un motif légi- time, avec le consentement de son Conseil;

12) de nommer les Directeurs des Filles de la Charité, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs intéressés ;

13) d’accorder aux bienfaiteurs et amis de la Congrégation l’affiliation à celle-ci, en indiquant les avantages spirituels qui y sont attachés ;

14) d’inciter les Provinces à participer aux activités missionnaires internationales (œuvres, engagements) avec le consentement de son Conseil ;

15) de constituer des Régions en dehors du territoire des Pro- vinces et approuver les Régions érigées par les Visiteurs, avec le consen- tement de son Conseil, et après avoir écouté les parties intéressées;

16) d’approuver le Statut de chaque Conférence de Visiteurs avec le consentement de son Conseil;

17) d’organiser le travail du Conseil Général et les services des Assistants Généraux.

S 52.— Le Supérieur Général réside à Rome. Il ne changera pas cette résidence sans le consentement de l’Assemblée Générale ni sans avoir pris l’avis du Saint-Siège.

S 53.— Les Ordonnances générales prises par le Supérieur Général restent en vigueur jusqu’à l’Assemblée Générale suivante, à moins que lui-même ou son successeur n’en aient disposé autrement.

S 54.—A l’expiration de leur mandat, les Supérieurs, les Visiteurs et les autres Officiers de la Congrégation, ainsi que les Directeurs provinciaux des Filles de la Charité demeurent en charge jusqu’à l’entrée en fonction de leurs successeurs  ; ceci pour le maintien du bon ordre.

 

2.- Vicaire Général

 

C 108.— Le Vicaire Général assiste le Supérieur Général et le remplace en cas d’absence ou d’empêchement, conformément à notre Droit particulier.

C 109.— Le Vicaire Général est élu par l’Assemblée Générale conformément à notre Droit particulier. Du fait de son élection, il devient en même temps Assistant Général.

C 110.— En cas d’absence du Supérieur Général, le Vicaire Général dispose de la même autorité que lui, sauf sur les points que le Supérieur Général se serait réservés 

C 111.— En cas d’empêchement du Supérieur Général, le Vicaire Général le supplée de plein droit jusqu’à la cessation de l’empêchement. Il appartient au Conseil Général, en l’absence du Supérieur Général mais en présence du Vicaire Général, de se prononcer sur l’empêchement.

C 112.— En cas de vacance de la charge de Supérieur Général, pour quelque cause que ce soit, le Vicaire Général devient par le fait même Supérieur Général jusqu’au terme du sexennat. Avec le consentement de son Conseil et après avoir consulté au moins les Visiteurs et Vice-Visiteurs, il nommera au plus tôt un Vicaire Général pris parmi les Assistants.

C 113.— Si, pour quelque raison que ce soit, la charge de Vicaire Général n’était plus assurée, le Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil et après consultation au moins des Visiteurs et des Vice-Visiteurs, nommerait au plus tôt un Vicaire Général pris parmi les Assistants.

C 114.— Le Vicaire Général perd sa charge conformément au Droit général et à notre Droit particulier.

S 55.— § 1.— Le Vicaire Général perd sa charge:

1° du fait de l’acceptation de l’Office par son successeur;

2° du fait de sa propre démission acceptée par l’Assemblée Générale ou le Saint-Siège;

3° si le Saint-Siège a décrété sa déposition.

§ 2.— S’il arrivait que le Vicaire Général devînt manifestement indigne ou incapable de remplir sa charge, il appartiendrait au Supérieur Général assisté de son Conseil, à l’exclusion du Vicaire Général lui-même, de juger de la situation et d’en informer le Saint-Siège, aux décisions duquel il faudrait alors se tenir.

 

S 56.— Le Vicaire Général qui aurait assumé le gouvernement de la Congrégation en qualité de Supérieur Général peut, au terme du sexennat, être immédiatement élu Supérieur Général, et même être réélu pour un autre sexennat.

 

3.- Assistants Généraux

 

C 115.— Les Assistants Généraux sont des membres de la Congrégation qui constituent le Conseil du Supérieur Général; ils aident celui-ci, par leur travail et leurs conseils, dans le gouvernement de la Compagnie, pour maintenir dans celle-ci une vigoureuse unité, y assurer la mise en pratique des Constitutions et des décisions de l’Assemblée Générale, et veiller à ce que toutes les Provinces coopèrent effectivement à la bonne marche des œuvres de la Congrégation.

C 116.— § 1. Les Assistants Généraux sont élus par l’Assemblée Générale conformément à notre Droit particulier.

§ 2. Les Assistants Généraux, qui sont au moins au nombre de quatre, sont pris en des Provinces différentes, sont élus pour six ans et peuvent être réélus une fois. A l’expiration de deux sexennats consécutifs, un Assistant ne peut être immédiatement élu Vicaire Général.

§ 3. Leur sexennat se termine à l’acceptation de leur charge par leurs successeurs, lors de l’Assemblée Générale ordinaire qui suit.

S 57.— Reste en vigueur ce qui est stipulé dans les Constitutions, art. 116 §2.

§1. Les Assistants Généraux sont élus de Provinces différentes, en tenant compte dans la mesure du possible, des diverses cultures présentes dans la Congrégation.

§2. Le nombre d’Assistants Généraux est déterminé par l’Assem- blée Générale.

S 58.— Les Assistants Généraux doivent résider dans la même Maison que le Supérieur Général. Pour former le Conseil Général, deux d’entre eux au moins doivent être présents auprès du Supérieur Général ou du Vicaire Général.

S 59.— Cependant, si l’absence justifiée des Assistants ne permet pas de réunir le nombre requis pour le Conseil, le Supérieur Général peut y appeler l’un des Officiers de la Curie Générale. avec droit de suffrage, selon l’ordre suivant  : le Secrétaire Général, l’Econome Général, le Procureur Général près le Saint-Siège.

C 117.— L’Office des Assistants Généraux cesse conformément à notre Droit particulier.

S 60.— L’Office des Assistants Généraux cesse:

1° quand cet Office est accepté par leurs sucesseurs;

2° lorsque leur propre démission est acceptée par le Supérieur Général avec le consentement des autres Assistants, ou par l’Assemblée Générale;

3° quand le Supérieur Général, avec le consentement des autres Assistants et l’agrément du Saint-Siège, a décrété leur déposition.

C 118.— § 1. Si un poste d’Assistant devient vacant, le Supérieur Général nomme un substitut, après un vote délibératif des autres Assistants; le substitut ainsi désigné a les mêmes droits et les mêmes devoirs que les autres Assistants.

§ 2. Mais si, dans les six mois, doit se tenir une Assemblée Générale, le Supérieur Général peut ne pas procéder à cette nomination.

 

4.- Officiers de la Curie Générale

 

C 119.— § 1. Le Secrétaire Général, l’Econome Général et le Procureur Général près le Saint-Siège, pris en dehors du nombre des Assistants, sont nommés par le Supérieur Général avec le consentement de son Conseil.

§ 2. Ils restent en charge au gré du Supérieur Général avec le consentement de son Conseil. En raison de leur fonction, ils sont attachés à la Maison de la Curie Générale.

§ 3. Ils peuvent participer au Conseil Général lorsqu’ils y sont convoqués par le Supérieur Général, mais, sauf dans les cas prévus par les Statuts, sans droit de vote.

§ 4. Ils participent à l’Assemblée Générale avec droit de suffrage.

S 61.— § 1.— Le Secrétaire Général:

1° est au service du Supérieur Général pour les écrits destinés à toute la Congrégation;

2° de par son Office, il est présent au Conseil Général pour la rédaction des actes, mais sans droit de vote;

3° il peut proposer au Supérieur Général des noms de Confrères qui lui seront donnés comme collaborateurs, sous sa direction. pour assurer la conservation des archives, préparer des publications, rédiger le courrier.

§ 2.— Si le Secrétaire Général est empêché de remplir son Office, c’est au Supérieur Général de nommer un intérimaire qui le remplacera, choisi parmi les Assistants ou les Officiers de la Curie, ou parmi les collaborateurs du Secrétaire.

S 62.— § 1.—  L’Econome Général, de par son Office, est chargé d’administrer les biens de la Congrégation et les autres biens confiés à la Curie Générale, sous l’autorité du Supérieur Général assisté de son Conseil, suivant les normes du Droit Général et de notre Droit particulier.

§ 2.— Avec l’approbation du Supérieur Général, il visite les Economes provinciaux et même, dans des cas particuliers, les Economes locaux ou les responsables d’œuvres d’importance majeure.

S 63.— § 1.— Il appartient au Procureur Général près le Saint-Siège:

1° de présenter les demandes de facultés ordinaires à obtenir du Saint-Siège;

2° avec le consentement du Supérieur Général et après consultation des Visiteurs intéressés, de suivre auprès du Saint-Siège les affaires de la Congrégation, des Provinces, des Maisons et des Confrères.

§ 2.— En vertu d’un mandat écrit du Supérieur Général, le Procureur Général près le Saint-Siège peut remplir la fonction de Postulateur Général de la Congrégation devant la Curie Romaine, conformément au Droit.

 

CHAPITRE II.

Administration provinciale et locale

 

l.- Provinces et Vice-Provinces

 

C 120.— La Congrégation de la Mission est divisée en Provinces, conformément à son Droit particulier.

C 121.— La Congrégation est divisée aussi en Vice-Provinces, conformément à son Droit particulier.

C 122.— La Province est le groupement de plusieurs Maisons sur un territoire déterminé. A sa tête, elle a un Visiteur qui jouit du pouvoir ordinaire propre, conformément au Droit Général et à notre Droit particulier.

S 64.— Bien que chaque Province soit située sur un territoire déterminé, rien n’empêche qu’une Maison d’une Province se trouve établie sur le territoire d’une autre Province, conformément à l’art. 107, 7° des Constitutions.

S 65.— § 1.— La Vice-Province est le groupement de plusieurs Maisons à l’intérieur d’un territoire donné et qui, en vertu d’un accord, se trouve dépendre d’une Province avec laquelle il forme en quelque sorte un tout. La Vice-Province est administrée par un Vice-Visiteur qui jouit du pouvoir ordinaire propre, conformément au Droit général et à notre Droit particulier.

§ 2.— On peut aussi établir une Vice-Province ne dépendant d’aucune Province pleinement constituée, mais dépendant directement du Supérieur Général  ; à sa tête, elle a un Vice-Visiteur avec pouvoir ordinaire propre.

§ 3.—  La Vice-Province est, de par sa nature, transitoire; elle devient Province lorsque se trouvent réunies les conditions requises.

§ 4.—  Tout ce qui est dit au sujet de la Province, dans les Constitutions et les Statuts de la Congrégation, vaut également, avec les adaptations qui s’imposent, pour la Vice-Province, à moins que les Constitutions et les Statuts eux-mêmes, ou encore les Normes et les conventions de chaque Vice-Province, n’en décident autrement de façon expresse.

S 66.— § 1.— Lorsque, à la suite d’une division, une nouvelle Province est érigée, on doit procéder aussi au partage de tous les biens précédemment destinés aux besoins de la seule ancienne Province, et au partage des dettes qui auraient été contractées. C’est au Supérieur Général assisté de son Conseil qu’il revient d’assurer un partage équitable, en respectant les intentions des fondateurs et donateurs, les droits légitimement acquis, ainsi que les normes particulières en vigueur dans ladite Province.

§ 2.—  La répartition des archives de la Province-mère se fait par décision du Supérieur Général, qui entendra d’abord les Visiteurs intéressés.

 

2.- Le Visiteur

 

C 123.— § 1. Le Visiteur est un Supérieur majeur qui a rang d’Ordinaire et jouit du pouvoir ordinaire propre. Il est placé à la tête d’une Province pour l’administrer selon les normes du Droit général et de notre Droit particulier.

§ 2. Le Visiteur favorisera la participation active de tous à la vie et à l’activité apostolique de la Province. Il appliquera les Confrères et mettra les ressources au service de l’Eglise, selon la fin de la Congrégation. Il stimulera les Maisons dans leurs ministères apostoliques, se montrera attentif aux progrès personnels et à l’activité de chacun, et en même temps soucieux d’assurer entre tous une union qui est condition de vitalité.

S 67.—Tout ce qui est dit du Visiteur, dans les Constitutions et les Statuts, doit s’entendre aussi du Vice-Visiteur, sauf indications contraires expresses des Constitutions et des Statuts eux-mêmes, ou des Normes et conventions de chaque Vice-Province.

C 124.— Le Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil, conformément à notre Droit particulier, après consultation des Confrères de la Province, nomme le Visiteur ou le confirme à la suite d’une élection.

 

S 68.— § 1.— Le Supérieur Général, avec le consentement de son conseil, après avoir consulté au moins les membres de la Province ayant voix active, nomme le Visiteur, pour 3 ans au minimum.

De la même façon, le Visiteur peut être confirmé une ou plusieurs fois selon les Normes Provinciales de la Province en vigueur, mais pas au-delà de 9 ans consécutifs.

§ 2.—. Le mode et les détails de la consultation peuvent être précisés par l’Assemblée Provinciale, avec l’approbation du Supérieur Général et le consentement de son Conseil.

§ 3.— L’Assemblée Provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général avec le consentement de son Conseil un mode particulier d’élection du Visiteur. Mais cette élection doit réunir au moins les conditions suivantes:

1° que la charge ne soit pas inférieure à trois ans et ne dépasse pas six ans;

2° que le Visiteur élu ne reste pas en charge plus de neuf ans continus

3° que l’élection soit acquise au moins à la majorité absolue des voix;

4° que le mode d’élection prévoie la manière dont on résoudra les cas de parité des suffrages.

§ 4.— Pour que le Visiteur élu ou réélu puisse entrer en fonctions, la confirmation du Supérieur Général avec le consentement de son Conseil es requise.

C 125.— Il appartient au Visiteur d:

l° promouvoir l’observance des Constitutions, Statuts et Normes Provinciales;

2° édicter des Ordonnances pour le bien de la Province, avec le consentement de son Conseil;

3° ériger des Maisons et constituer des Communautés locales, les supprimer, à l’intérieur de sa Province et conformément au c. 733, § 1, avec le consentement de son Conseil et après avoir consulté le Supérieur Général;

4° nommer les Supérieurs des Maisons, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Confrères ; informer le Supérieur Général de ces nominations;

5° nommer un Supérieur Régional muni de pouvoirs délégués, avec le consentement de son Conseil, après consultation des intéressés et avec l’approbation du Supérieur Général;

6° visiter fréquemment les Maisons et les Confrères, et, en raison même de sa charge, au moins tous les deux ans;

7° convoquer l’Assemblée Provinciale selon notre Droit particulier, et la présider; du consentement de l’Assemblée elle-même, la déclarer close; promulguer les Normes Provinciales;

8° admettre les candidats au Séminaire Interne, au Bon Propos et aux Vœux, selon les Constitutions et les Statuts;

9° admettre les candidats aux «Ministères», après consultation des Supérieurs et Formateurs; et les admettre aux Ordres avec le consentement de son Conseil;

10° présenter les candidats aux Ordres et donner les lettres dimissoriales nécessaires à l’ordination;

11° renvoyer des membres non encore incorporés à la Congrégation, sur avis de son Conseil et après consultation des Formateurs.

S 69.— Il appartient au Visiteur:

1° d’établir un Projet Provincial, conformément aux Normes Provinciale et avec le consentement de son Conseil;

2° d’instituer ou de supprimer l’œuvre majeure d’une Maison, avec le consentement de son Conseil et après consultation du Supérieur Général, en respectant les règles du Droit;

3° de répartir les Confrères dans les diverses Maisons selon les besoin de celles-ci, après avoir consulté son Conseil et, autant que possible les intéressés  ; dans les cas d’urgence plus grande, le Visiteur doit a moins informer son Conseil;

4° de nommer, avec le consentement de son Conseil et conformément au Normes Provinciales, l’Econome Provincial, le Directeur du Séminaire Interne et celui du Grand Séminaire;

5° d’approuver le Projet communautaire de chaque Maison, élaboré par Supérieur local avec sa communauté;

6° d’envoyer au Supérieur Général le compte rendu des affaires de Province et des visites des Maisons faites en vertu des devoirs de charge;

7° de conclure, avec le consentement de son Conseil, les contrats nécessaires ou utiles, conformément au Droit général et à notre Droit particulier;

8° de nommer en temps utile, après consultation de son Conseil, une commission préparatoire à l’Assemblée Provinciale;

9° de trancher en cas d’égalité des suffrages, conformément au Droit;

10° d’informer au plus tôt le Supérieur Général de l’émission des Vœux par les Confrères, de leur incorporation à la Congrégation et de leur promotion aux Ordres;

11° de prendre soin, par lui-même ou par des personnes compétentes, des archives de la Province;

12° d’approuver les Confrères et leur donner la juridiction pour la confession des nôtres, ainsi que pour la prédication, compte tenu des droits de l’Ordinaire  ; de déléguer ces mêmes pouvoirs à d’autres;

13° de dispenser de l’observance des Normes Provinciales dans des cas particuliers, avec le consentement de son Conseil et pour un motif légitime.

14) de régulariser la situation des missionnaires qui se trouvent dans des situations irrégulières.

S 70.— Le Vice-Visiteur a les mêmes droits, les mêmes facultés et les mêmes obligations que le Visiteur, réserve faite d’indications contraires expressément formulées dans les Constitutions et les Statuts eux-mêmes.

S 71.— Les Ordonnances du Visiteur restent en vigueur jusqu’à la prochaine Assemblée Provinciale, à moins que le Visiteur lui-même ou son successeur n’en aient décidé autrement.

S 72.— § 1.—En cas de vacance du poste de Visiteur, le gouvernement de la Province passe temporairement aux mains de l’Assistant du Visiteur; et s’il n’y a pas d’Assistant, au Consulteur Provincial le plus ancien par sa nomination, sa vocation ou son âge, à moins que le Supérieur Général n’y ait pourvu autrement.

§ 2.— L’Assemblée provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général avec l’accord de son Conseil, une manière particulière d’assurer provisoirement le gouvernement de la Province, en cas de décès du Visiteur ou de cessation de son mandat.

 

3.- Assistant du Visiteur

 

C 126.— Le Visiteur peut être aidé dans le gouvernement de la Province par un Assistant, qui doit remplir les conditions requises par les articles 61 et 100. C’est à l’Assemblée Provinciale de décider s’il y a lieu de nommer un Assistant.

S 73.— § 1.— L’Assistant du Visiteur est l’un des Consulteurs Provinciaux  ; il est élu par les Consulteurs eux-mêmes et le Visiteur, à moins que l’Assemblée Provinciale n’ait prévu un autre mode de désignation.

§ 2.—. En l’absence du Visiteur, l’Assistant jouit de la même autorité que lui, sauf dans les affaires que le Visiteur se serait réservées.

§ 3.— Si le Visiteur est empêché d’exercer sa charge, l’Assistant le supplée de plein droit jusqu’à la cessation de l’empêchement. C’est le Conseil Provincial, en l’absence du Visiteur, qui se prononce sur l’empêchement, et en informe dans les plus brefs délais le Supérieur Général; on s’en tient alors à la décision de celui-ci.

 

4.- Conseil du Visiteur

 

C 127.— Les Consulteurs, qui constituent le Conseil du Visiteur, aident celui-ci par leur travail et leurs avis dans le gouvernement de la Province. Leur concours doit tendre à promouvoir une solide unité, à assurer la mise en application des Constitutions, ainsi que des décisions de l’Assemblée Provinciale, enfin à fortifier l’union des Maisons et des Confrères dans les tâches à réaliser.

S 74.— § 1.— Les Consulteurs sont nommés pour trois ans par le Visiteur, après consultation des Confrères de la Province, au moins de ceux qui ont voix active. De la même manière et aux mêmes conditions, ils peuvent être confirmés pour un deuxième, voire un troisième triennat, mais non pour un quatrième.

§ 2.— L’Assemblée Provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil, un mode particulier de désignation ou d’élection des Consulteurs, ainsi que leur nombre, le temps de leur nomination et la durée de leur charge. Le Visiteur doit informer le Supérieur Général de la désignation des Consulteurs.

§ 3.— Un Consulteur provincial peut être démis de sa charge par le Supérieur Général, pour une cause grave, sur proposition du Visiteur avec le consentement des autres Consulteurs.

§ 4.— Ce qui a été dit de l’Assistant Provincial à l’art. 73, § 2 et § 3, est valable également pour le Consulteur Provincial le plus ancien par ordre de nomination, de vocation ou d’âge, lorsqu’il n’y a pas d’Assistant Provincial, à moins que les Normes Provinciales n’en aient décidé autrement.

 

5.- Econome Provincial

 

C 128.— Dans chaque Province il doit v avoir un Econome pour en administrer les biens, sous le contrôle vigilant du Visiteur et de son Conseil, conformément au c. 636, § 1 et à notre Droit particulier.

S 75.— L’Econome est nommé par le Visiteur avec le consentement de son Conseil, ou suivant d’autres modalités qui auraient été prévues dans les Normes Provinciales.

S 76.—Si l’Econome Provincial n’est pas Consulteur, il assiste au Conseil Provincial quand il y est appelé par le Visiteur, mais sans droit de suffrage.

S 77.— Fonctions de l’Econome Provincial:

1° Veiller à ce que la propriété des biens de la Province soit régulière, a for civil comme au for ecclésiastique.

2° Aider, par ses conseils et son concours, les Economes des Maisons particulières à remplir correctement leur fonction, et contrôler leur gestion des biens.

3° Veiller à ce que chaque Maison verse la contribution prévue pour les charges de la Province. Transmettre en temps voulu à l’Economat Général la taxe pour le Fonds général.

4° S’assurer qu’un juste salaire est versé à nos employés, et veiller à ce que la législation civile concernant les impôts et la Sécurité Sociale soit rigoureusement observée.

5° Tenir toujours en bon ordre les divers registres de dépenses et de recettes, ainsi que les autres documents comptables.

6° Rendre compte au Visiteur et à son Conseil de son administration, conformément à l’art. 103.

 

6.- La région

 

S 78.- §1. La Région est un territoire, avec au moins une maison, qui appartient à une Province ou qui dépend directement du Supérieur Général.

§2. La Région est érigée par le Supérieur Général et son Con- seil ou par le Visiteur et son Conseil. Elle est confiée à un Supérieur Régional.

§3. Le Supérieur Régional est muni des facultés déléguées du Supérieur Général ou du Visiteur, en vue de favoriser la réalisation de la mission propre à la Congrégation.

§4. Si le Supérieur Régional est nommé par le Visiteur avec son Conseil, sa nomination doit être confirmée par le Supérieur Général et son Conseil (cf. Const. 125, 5o).

§ 5. La Région est constituée par une convention écrite qui précise les facultés déléguées et les engagements réciproques entre le Supérieur Général ou le Visiteur et le Supérieur Régional.

§6. Une Région peut être constitué soit en vue d’avoir sa pro- pre autonomie en devenant une Vice-Province ou Province, soit

382 Statuts de la Congrégation de la Mission

 parce qu’une Vice-Province ou Province ne peut plus maintenir son autonomie.

§7. Pour qu’une Région puisse être érigée en Vice-Province ou une Vice-Province en Province, il est nécessaire que la Région ou la Vice-Province aient une possibilité concrète d’avoir des vocations et une base économique suffisante pour le maintien de la mission et des confrères.

 

7.- Conférence des Visiteurs

 

S 79.- §1. Pour favoriser la collaboration entre les Provinces dans les champs de la mission, de la communication et de la formation, les Visiteurs doivent constituer des Conférences de Visiteurs.

§2. Que ces Conférences sauvegardent toujours l’unité de la Congrégation, l’autonomie des Provinces et les principes de subsidiarité et de coresponsabilité.

§3. Il correspond à chaque Conférence de rédiger son propre Statut et de le soumettre au Supérieur Général avec son Conseil.

 

8.- Offices dans l’Administration locale

 

C 129.— § 1. La Congrégation se réalise surtout dans les Communautés locales.

§ 2. Le Supérieur, centre d’unité et animateur de la vie de la communauté locale, doit favoriser les ministères exercés par la Maison et avoir le souci, avec toute la communauté, du progrès et de l’activité de chacun.

C 130.— § 1. Le Supérieur local est nommé pour une période de trois ans par le Visiteur, après consultation des Confrères de la Maison ou de la Communauté locale. Aux mêmes conditions il peut être nommé dans la même Maison ou la même Communauté locale pour un second triennat. Après le second triennat, si c’est nécessaire, il faut recourir au Supérieur Général.

§ 2. L’Assemblée Provinciale peut déterminer un autre mode de désignation du Supérieur local.

§ 3. Le Supérieur local doit remplir les conditions requises par les art. 61 et 100.

C 131.— Conformément au Droit, le Supérieur local possède le pouvoir ordinaire, au for interne et au for externe, pour ses Confrères et les personnes résidant jour et nuit dans la Maison; il peut aussi déléguer ce même pouvoir à d’autres.

S 80.- Droits et obligations du Supérieur local:

1° Rendre compte au Visiteur de l’état de la Maison confiée à ses soins.

2° Répartir entre les Confrères de la Maison les charges et offices dont l’attribution n’est pas réservée aux Supérieurs majeurs.

3° Convoquer et diriger l’Assemblée Domestique.

4° Préparer en accord avec ses Confrères le Projet communautaire et le soumettre à l’approbation du Visiteur.

5° Garder sous sa responsabilité les archives et le sceau de la Maison.

6° Communiquer aux Confrères les décisions de la Congrégation et les informations qui la concernent.

7° Veiller à l’acquittement des obligations concernant les Messes.

S 81.— § 1.— Le Supérieur local administre sa Maison avec le concours de tous ses Confrères, en particulier de l’Assistant et de l’Econome, qui sont nommés conformément aux Normes Provinciales.

§ 2.— L’Assistant, en l’absence du Supérieur, exerce toute la charge de celui-ci, conformément aux normes établies par notre Droit particulier.

§ 3.— On réunira fréquemment les Confrères de la communauté à la manière d’un Conseil

C 132.— § 1. Si les conditions nécessaires pour l’ouverture d’une Maison ne se trouvent pas réalisées, ou si une activité particulière y invite, le Visiteur peut, avec le consentement de son Conseil, constituer une communauté « ad instar Domus», conformément aux Normes Provinciales.

§ 2. L’un des Confrères, désigné par le Visiteur conformément au Droit, est responsable de cette communauté à la manière d’un Supérieur.

§ 3. La communauté « ad instar Domus» possède les mêmes droits et les mêmes obligations qu’une Maison proprement dite.

C 133.— Un Supérieur local peut être relevé de sa charge lorsque le Visiteur, avec le consentement de son Conseil et l’approbation du Supérieur Général, estimera qu’il y a une cause juste et suffisante pour prendre cette mesure.

C 134.— § 1. L’Econome, sous le contrôle du Supérieur, et en dialogue attentif avec les Confrères, gère les biens de la Maison conformément au Droit général et au Droit particulier de la Congrégation et de la Province.

§ 2. Si le Visiteur, avec le consentement de son Conseil, le juge nécessaire pour une Maison donnée, on constituera un Conseil domestique; les Consulteurs domestiques, qui aident le Supérieur local dans l’administration de la Maison, seront désignés conformément aux Normes Provinciales.  

 

CHAPITRE III.

Assemblées 

 

1.-Normes générales

C 135.— Dans la Congrégation de la Mission le rôle des Assemblées est d’assurer et de promouvoir la vie spirituelle et l’activité apostolique de la Congrégation. On distingue trois sortes d’Assemblées: l’Assemblée Générale, l’Assemblée Provinciale et l’Assemblée Domestique.

S 82.— Supérieurs et Confrères doivent préparer les Assemblées et y participer activement; ils doivent donc aussi observer fidèlement les lois et les normes qu’elles ont portées.

C 136.— § 1. Personne ne peut jouir d’un double suffrage.

§ 2. Les conditions apposées à un vote avant une élection sont considérées comme nulles.

§ 3. L’élection engendre pour l’élu l’obligation de participer à l’Assemblée ou d’accepter l’Office pour lequel il est choisi, à moins qu’une cause grave ne l’en excuse. S’il s’agit de la participation à l’Assemblée, la gravité de la cause qui l’en excuse est appréciée par le Supérieur compétent, qui la soumet ensuite à l’approbation de l’Assemblée; mais s’il s’agit de l’acceptation d’un Office, c’est l’Assemblée elle-même qui doit apprécier la valeur de l’excuse.

§ 4. Personne ne peut de son propre gré se faire remplacer aux Assemblées.

§ 5. Pour calculer la majorité des suffrages. il ne faut tenir compte que des suffrages validement exprimés. Les bulletins blancs sont nuls.

S 83.— § 1.— Pour les élections, il faut au moins trois scrutateurs.

§ 2.—. Avec le Président, et le Secrétaire après son élection, sont de droit scrutateurs les deux plus jeunes membres de l’Assemblée.

§ 3.—. Au début de l’Assemblée, on procède à l’élection du Secrétaire. Son rôle consiste:

1° à remplir la charge de premier scrutateur;

2° à rédiger le compte rendu des sessions et leurs documents officiels.

S 84.-Avant et pendant l’Assemblée, on doit faciliter le libre échange des informations sur les affaires à traiter et sur les qualités des Confrères susceptibles d’être élus.

S 85.— A la fin des travaux de l’Assemblée, les Actes approuvés par elle doivent être signés par le Président de l’Assemblée, le Secrétaire et tous les membres, puis, munis du sceau, conservés soigneusement dans les Archives.

 

2.- Assemblée Générale

 

C 137.— L’Assemblée Générale, représentant immédiatement l’ensemble de la Congrégation, est la suprême autorité de celle-ci. Elle jouit du droit:

l° de protéger le patrimoine de l’Institut et de promouvoir le renouveau adapté à ce patrimoine;

2° d’élire le Supérieur Général, le Vicaire Général et les Assistants Généraux;

3° d’édicter des lois—Statuts et Décrets—pour le bien de la Congrégation. en respectant le principe de subsidiarité. Les Statuts antérieurs non explicitement abrogés restent en vigueur. Mais les Décrets antérieurs doivent être explicitement confirmés pour garder force de loi;

4° de demander au Saint-Siège des modifications dans les Constitutions approuvées par lui, à condition que cette demande réunisse les deux tiers des voix;

5° de donner une interprétation authentique des Statuts. Mais l’interprétation authentique des Constitutions appartient au Saint-Siège.

S 86.— L’Assemblée Générale a le droit de faire des Déclarations d’ordre doctrinal ou de caractère exhortatif.

C 138.— L’Assemblée Générale, convoquée par le Supérieur Général, se tient en deux circonstances:

1° L’Assemblée Générale ordinaire, pour élire le Supérieur Général, le Vicaire Général et les Assistants Généraux, et pour traiter des affaires de la Congrégation;

2° L’Assemblée Générale extraordinaire, qui a lieu lorsque le Supérieur Général la convoque conformément à notre Droit particulier.

S 87.— § 1.— L’Assemblée Générale ordinaire doit se tenir six ans après une précédente Assemblée Générale ordinaire.

§ 2.— L’Assemblée Générale extraordinaire se tient toutes les fois que le Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs, la juge nécessaire.

§ 3.— L’Assemblée Générale doit être précédée des Assemblées Provinciales.

S 88.— § 1.— Il appartient au Supérieur Général, avec l’accord de son Conseil, de fixer la date et le lieu de l’Assemblée Générale.

§ 2.— La sixième année qui suit une Assemblée Générale ordinaire, la tenue d’une nouvelle Assemblée ordinaire pourra, s’il y a un motif raisonnable, être avancée ou retardée de six mois, à compter du jour d’ouverture de l’Assemblée précédente, par un décret du Supérieur Général avec l’accord de son Conseil.

C 139.— Doivent prendre part à l’Assemblée Générale:

1° le Supérieur Général, le Vicaire Général. les Assistants Généraux, le Secrétaire Général, l’Econome Général et le Procureur Général près le Saint-Siège ;

2° les Visiteurs, ainsi que les députés des Provinces élus conformément à notre Droit particulier.

S 89.— § 1.— Le Supérieur Général ainsi que le Vicaire et les Assistants Généraux, parvenus au terme de leur mandat, restent membres de l’Assemblée pendant les sessions suivantes de la même Assemblée.

§ 2.— Outre ceux qui, conformément aux Constitutions, doivent, en vertu de leur charge, prendre part à l’Assemblée Générale, il y aura un député de chaque Province et Vice-Province, pour une première tranche de soixante quinze confrères ayant voix active.

Si les confrères ayant voix active sont plus de soixante quinze, il y aura un autre député pour chaque tranche de cinquante confrères et un autre député pour le reste.

Le nombre de députés à l’Assemblée Générale est à calculer en fonction du nombre de confrères ayant voix active le jour de l’élection des députés à l’Assemblée Provinciale.

§ 3..— Si l’Office de Visiteur est vacant, celui qui assure l’intérim se rend à l’Assemblée Générale.

Si le Visiteur est légitimement empêché, son suppléant s’y rend à sa place. Et si celui-ci a été élu député, c’est le premier substitut qui prend part à l’Assemblée Générale.

S 90.— §1. Au cas où aucun Frère n’est élu pour participer à l’Assemblée Générale, le Supérieur Général avec son Conseil aura la charge de s’assurer que les Frères y soient représentés.

§2. Le Supérieur Général avec son Conseil décidera également comment résoudre ces cas où il est impossible d’avoir une élection légitime de délégués à l’Assemblée Générale, alors que leur présence est importante.

S 91.— § 1.— Avant de convoquer l’Assemblée Générale, le Supérieur Général avec son Conseil nomme en temps utile une Commission Préparatoire, après avoir pris l’avis des Visiteurs et en tenant compte de la diversité des régions et des œuvres.

§ 2.— Tout en laissant au Supérieur Général avec son Conseil une large faculté d’organiser, le cas échéant, les travaux de cette Commission Préparatoire, celle-ci peut avoir pour objet:

1° de demander aux Provinces et à l’ensemble des Confrères leur avis sur les problèmes qui leur paraissent les plus urgents et la manière d’en traiter au cours de l’Assemblée Générale;

2° de retenir, après réception des réponses, les sujets correspondant aux besoins les plus urgents et les plus généraux; de préparer des études, rassembler des références, et envoyer ce dossier aux Visiteurs en temps utile, avant la tenue des Assemblées Domestiques;

3° de recevoir les propositions ou les postulata des Assemblées Provinciales et les études réalisées par les Provinces, ainsi que les postulata présentés par le Supérieur Général après consultation de son Conseil;

4° de mettre en ordre tous ces éléments, d’en faire un document de travail et de l’envoyer à temps pour que députés à l’Assemblée et substituts puissent en disposer deux mois pleins avant le début de l’Assemblée Générale.

§ 3.— La tâche de cette Commission cesse à l’ouverture de l’Assemblée, cependant son Président, par lui-même ou par un autre, expliquera si on le juge opportun la méthode de travail suivie par la Commission.

C 140.— § 1. Pour l’élection du Supérieur Général, on procède de la façon suivante : si, au premier scrutin, personne n’a obtenu les deux tiers des voix, il faut procéder à un deuxième scrutin dans les mêmes conditions que pour le premier. Si le résultat était le même, il faudrait recourir à un troisième, voire à un quatrième scrutin.

Après un quatrième scrutin sans résultat, on procédera à un cinquième: alors sera requise et suffisante la majorité absolue, après décompte des bulletins nuls.

Dans le cas d’un cinquième scrutin sans résultat, on recourt à un sixième. Cette fois, seuls les deux qui ont obtenu le plus grand nombre de suffrages jouissent de la voix passive, même si le nombre de suffrages est le même pour tous les deux. Si, toutefois. en première ou deuxième position, on comptait plus de deux candidats ayant le même nombre de suffrages, tous jouiraient de la voix passive dans ce scrutin. Alors est requise et suffit la majorité relative des voix après décompte des bulletins nuls. Enfin, dans l’hypothèse d’une nouvelle parité de suffrages, sera considéré comme élu le candidat le plus ancien en vocation ou éventuellement en âge.

§ 2. Une fois l’élection acquise selon les règles et la charge acceptée par l’élu, après rédaction du procès-verbal de l’élection, le Président proclamera à haute voix le nom de l’élu. Si toutefois l’élu était le Président lui-même, le Secrétaire de l’Assemblée rédigerait le procès verbal et le Modérateur en fonction proclamerait l’élection.

§ 3. L’élu ne refusera la charge qui lui est confiée que pour une raison grave.

§ 4. L’élection terminée, après avoir rendu grâces à Dieu, on détruira les bulletins de vote.

§ 5. Si le nouvel élu n’était pas présent, il faudrait le convoquer. En attendant son arrivée, l’Assemblée pourrait travailler à d’autres affaires de la Congrégation.

S 92.— § 1.— Le jour prévu pour l’élection du Supérieur Général, les électeurs célébreront le Saint Sacrifice pour une heureuse élection. Puis, à l’heure fixée et après une courte exhortation, le Président ouvrira la session.

§ 2.—  Sur les bulletins préparés, les électeurs inscriront le nom de celui qu’ils choisissent comme Supérieur Général.

§ 3.—  On compte alors les bulletins. Si leur nombre venait à dépasser celui des votants, rien ne serait fait et il faudrait rédiger de nouveaux bulletins.

C 141.— Le Vicaire Général est élu dans les mêmes conditions que le Supérieur Général, et de la manière prescrite dans l’art. 140,§ 1.

C 142.— § 1. Après l’élection du Supérieur Général et celle du Vicaire Général, l’Assemblée Générale procède à l’élection des autres Assistants, par scrutins séparés.

§ 2. Seront considérés comme élus ceux qui auront obtenu la majorité absolue, après décompte des bulletins nuls. Leur élection sera proclamée par le Président de l’Assemblée.

§ 3. Si un premier puis un deuxième scrutin ne donnent pas de résultat, on procédera à un troisième: alors sera élu celui qui aura obtenu la majorité relative des voix, et en cas de parité des suffrages le plus ancien en vocation ou en âge.

S 93.— Le Directoire de l’Assemblée Générale approuvé par une Assemblée demeure en vigueur tant qu’il n’est pas modifié ou abrogé par une autre Assemblée.

 

3.- Assemblée Provinciale

 

C 143.— Comme il est naturel à la réunion de Confrères qui, en qualité de députés, représentent la Province, il appartient à l’Assemblée Provinciale :

1°  d’établir des Normes visant au bien commun de la Province, dans les limites du Droit général et du Droit propre de la Congrégation. Ces Normes ont force de loi après leur approbation par le Supérieur Général avec le consentement de son Conseil;

2° de traiter, en tant qu’organe consultatif du Visiteur, des affaires qui peuvent concourir au bien de la Province;

3° de traiter des propositions à présenter soit à l’Assemblée Générale soit au Supérieur Général, au nom de la Province;

4° d’élire, le cas échéant, ses députés à l’Assemblée Générale;

5° d’établir des normes pour les Assemblées Domestiques, dans le cadre du Droit général et du Droit propre de la Congrégation. Ces Normes ne requièrent pas l’approbation du Supérieur Général.

S 94.— Les Normes établies par l’Assemblée Provinciale sont des règles générales applicables à tous les cas qui y sont prévus. Toutefois, elles ne sauraient porter atteinte à l’autorité du Visiteur telle qu’elle est définie dans le Droit général et le Droit particulier de la Congrégation, ni à son pouvoir exécutif nécessaire à l’accomplissement de sa charge. Ces Normes demeurent en vigueur jusqu’à leur révocation par une Assemblée Provinciale ultérieure ou par le Supérieur Général.

C 144.— § 1. L’Assemblée Provinciale doit se tenir deux fois au cours d’une période de six ans: une fois avant l’Assemblée Générale, l’autre au cours de la période séparant deux Assemblées Générales.

§.2.  S’il le juge nécessaire, le Visiteur avec l’accord de son Conseil et l’avis des Supérieurs locaux peut convoquer une Assemblée Provinciale extraordinaire.

C 145.— Il appartient au Visiteur de convoquer l’Assemblée Provinciale et de la présider ; avec le consentement de l’Assemblée elle-même. de la déclarer close ; de promulguer les Normes.

S 95.— Il revient au Visiteur, avec l’avis de son Conseil, de fixer la date et la Maison où doit se tenir l’Assemblée Provinciale.

S 96.— Le Supérieur Général communiquera au Visiteur sa décision concernant les Normes Provinciales dans les deux mois qui suivront leur réception.

C 146.— Doivent prendre part à l’Assemblée Provinciale, sauf déterminations différentes des Normes Provinciales:

1° en raison de leur Office, le Visiteur, les Consulteurs Provinciaux, l’Econome Provincial et tous les Supérieurs des Maisons de la Province;

2° de plus, les députés élus conformément à notre Droit particulier.

S 97.— Doivent prendre part à l’Assemblée Provinciale, sauf déterminations différentes des Normes Provinciales, les députés élus dans le collège unique formé de tous les Confrères de la Province ayant voix passive. Le nombre de ces députés doit être égal à celui des membres d’office, avec en plus un député pour chaque tranche de vingt-cinq Confrères ayant voix active, et éventuellement un autre pour le reste.

S 98.— Dans le collège provincial unique seront considérés comme élus députés ceux qui auront obtenu le plus grand nombre de suffrages et, en cas d’égalité (entre les deux derniers), le plus ancien en vocation ou en âge. En nombre égal, et toujours selon la règle du plus grand nombre de suffrages, les suivants seront substituts.

S 99.—  Si un Supérieur de Maison est empêché de se rendre à l’Assemblée Provinciale, son Assistant le remplace; mais si l’Assistant avait été élu député, lui-même serait alors remplacé comme député d’après la liste des substituts.

S 100.— L’Assemblée Provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général avec l’accord de son Conseil un mode particulier de représentation à l’Assemblée Provinciale, à condition toutefois que le nombre des députés élus soit toujours supérieur à celui des membres d’office.

S 101.— Il appartient à chaque Province, au cours de son Assemblée Provinciale, d’établir des normes particulières pour conduire ses travaux— un Directoire — dans le cadre du Droit général et du Droit particulier de la Congrégation.

 

S 102.— Pour élire les députés et les substituts à l’Assemblée Générale, l’Assemblée Provinciale procédera par scrutins séparés et à la majorité absolue des suffrages. Si les deux premiers scrutins ne donnent pas de résultat, sera considéré comme élu au troisième scrutin celui qui comptera le plus grand nombre de voix; et si deux se trouvaient à égalité, ce serait le plus ancien en vocation ou en âge.

 

4.- Assemblée Domestique

 

C 147.— § 1. L’Assemblée Domestique est convoquée et tenue par le Supérieur de la Maison, ou par l’Assistant qui le remplace dans la totalité de sa charge. Cette Assemblée a pour objet de préparer l’Assemblée Provinciale.

§ 2. Doivent être convoqués à l’Assemblée Domestique tous ceux qui ont voix active.

§ 3. Il appartient à l’Assemblée Domestique d’étudier les propositions que la Maison voudrait soumettre à l’Assemblée Provinciale, ainsi que les sujets à débattre proposés par la Commission Préparatoire à l’Assemblée Provinciale. Elle délibère sur ces diverses propositions.  

 

SECTION  II. BIENS TEMPORELS

 

C 148.— § 1. La Congrégation de la Mission, en raison d’exigences pastorales et communautaires, possède des biens temporels. Elle en use comme de moyens au service de Dieu et des pauvres, selon l’esprit et la pratique de son Fondateur; elle les gère avec soin comme patrimoine des pauvres, mais sans souci de thésauriser.

§ 2. La Congrégation de la Mission adopte la forme communautaire de la pauvreté évangélique, en ce sens que tous les biens de la Compagnie sont communs, et elle en use afin de mieux poursuivre et réaliser la fin qui lui est propre.

S 103.— La Congrégation méditera avec soin, adoptera de tout cœur et mettra en pratique avec confiance et énergie les principes suivants:

1° On fera un effort unanime pour instaurer un mode de vie modeste qui, par l’exemple plus que par les paroles, et au nom de la pauvreté du Christ, luttera contre l’avidité de la société d’abondance, et contre la cupidité qui perd le monde presque tout entier (cf. Règ. comm.III, 1);

2° On aura le souci effectif d’utiliser ses biens pour promouvoir la justice sociale;

3° On cédera en faveur des pauvres ses biens superflus.

C 149.— En raison de la communauté des biens, les Confrères sont coresponsables, conformément au Droit, dans l’acquisition, l’administration et l’utilisation des biens temporels de la Maison et de la Province auxquelles ils appartiennent; toute proportion gardée, le principe vaut aussi pour les biens de la Congrégation dans son ensemble.

C 150.— § 1. Les Maisons, les Communautés locales, les Provinces et la Congrégation elle-même ont la capacité d’acquérir, de posséder, d’administrer et d’aliéner des biens temporels. Quand les circonstances l’exigent, leurs Supérieurs sont légalement responsables de ces biens, même devant l’autorité civile, à moins que d’autres dispositions n’aient été prises.

§ 2. Les sources de nos biens temporels sont le travail des Confrères et les autres moyens permis par le Droit.

C 151.— Pour le service du bien commun, les Maisons doivent aider les Provinces pour permettre une bonne administration et faire face aux besoins généraux. Il faut en dire autant des Provinces par rapport à la Curie générale.

S 104.— En toute équité, le Supérieur Général, avec l’accord de son Conseil, a le droit d’imposer une taxe aux Provinces; pareillement le Visiteur, avec l’accord de son Conseil, peut en imposer une aux Maisons de sa Province.

C 152.— § 1. Provinces et Maisons doivent s’assister matériellement, les mieux pourvues venant en aide à celles qui sont dans le besoin.

§ 2. La Congrégation, les Provinces et les Maisons doivent subvenir volontiers de leurs biens aux nécessités des autres et à la subsistance des Pauvres.

C 153.— § 1. Les biens temporels sont administrés par les Confrères qui en sont chargés de manière à procurer aux membres de la Compagnie une subsistance convenable et mettre à leur disposition les moyens nécessaires à leur activité apostolique et aux œuvres de charité.

§ 2. Les biens de la communauté doivent être administrés par les Economes respectifs sous le contrôle vigilant des Supérieurs assistés de leur Conseil, dans le cadre du Droit général et de notre Droit particulier, et selon le principe de subsidiarité.

S 105.— Les biens simplement confiés à la gestion de la Congrégation doivent être administrés sous le contrôle vigilant des Supérieurs assistés de leur Conseil .

S 106.— § 1.— Les Economes doivent rendre compte aux Supérieurs et informer les Confrères de leur administration.

§ 2.— Les registres de recettes et de dépenses et le rapport concernant l’état du patrimoine seront examinés: par le Supérieur Général avec son Conseil une fois par an, s’il s’agit de l’Econome Général; par le Visiteur avec son Conseil deux fois par an, s’il s’agit de l’Econome Provincial; par le Supérieur local tous les mois, s’il s’agit de l’Econome d’une Maison. Les registres ne seront signés que s’ils sont jugés exacts.

§ 3.— Les Confrères chargés de l’administration d’œuvres particulières, dépendant soit d’une Province soit d’une Maison, présenteront les registres de recettes et de dépenses à leurs Supérieurs respectifs, au temps et de la manière fixés par les Normes Provinciales.

§ 4.— S’il s’agit de biens n’appartenant pas à la Congrégation, mais qui lui sont confiés pour être gérés, leurs registres doivent être présentés non seulement aux propriétaires de ces biens, mais encore aux Supérieurs de la Congrégation.

§ 5.— A la fin de chaque année, l’Econome Général fournira aux Visiteurs un état général de son administration; et tous les six ans, il fera de même à l’Assemblée Générale.

§ 6..— Les Visiteurs transmettront au Supérieur Général, chacun pour sa Province, le bilan de l’année écoulée.

§ 7.— Les Economes Provinciaux fourniront aux Confrères de leur Province un compte rendu général de leur administration ainsi qu’un état du patrimoine de la Province, conformément aux Normes Provinciales.

C 154.— § 1. Les administrateurs se souviendront qu’ils ne sont que les gérants des biens de la communauté. Ils n’emploieront donc ces biens que d’une manière compatible avec notre état de missionnaires, et agiront toujours en conformité avec les lois civiles justes et selon les normes et l’esprit de la Congrégation.

§ 2. Les administrateurs pourvoiront volontiers aux besoins des Confrères en tout ce qui concerne leur vie, leur office particulier et leur activité apostolique. Une telle façon d’employer les biens ne peut qu’encourager les Confrères à faire du bien aux pauvres et à mener eux-mêmes une vie authentiquement fraternelle.

§ 3. Par ailleurs, ces mêmes administrateurs se montreront équitables dans la distribution des biens, puisqu’ils doivent encourager l’esprit communautaire dans la vie entre Confrères. Ils pourvoiront aux besoins individuels de ceux-ci selon les Normes établies par l’Assemblée Provinciale.

S 107.— Tous les administrateurs, qu’ils soient Supérieurs ou Economes, ne peuvent faire acte d’administration au nom de la Compagnie que dans les limites de leur Office et conformément au Droit. De ce fait, la Congrégation, la Province ou la Maison n’ont à répondre que des actes d’administration conformes à ces règles; pour tous les autres, la responsabilité d’actes illicites ou invalides incombe à ceux qui les ont posés. Si une personne juridique de la Congrégation a contracté, même avec permission, des dettes ou des obligations, elle en répondra elle-même sur ses ressources propres.

C 155.— Pour la validité d’une aliénation et le règlement de toute affaire qui peut grever la situation patrimoniale de la personne juridique, est exigée l’autorisation écrite du Supérieur compétent avec le consentement de son Conseil. S’il s’agit d’une affaire qui dépasse la somme maximale fixée par le Saint-Siège pour la région concernée, et aussi de choses données à l’Eglise en vertu d’un vœu, ou de choses précieuses en raison de leur valeur artistique ou historique, est requise, en outre, l’autorisation du Saint-Siège lui-même.

S 108.— § 1.— L’Assemblée Générale a le droit de fixer la somme au-delà de laquelle le Supérieur Général ne peut pas engager de dépenses extraordinaires.

§ 2.— Les Visiteurs peuvent engager des dépenses conformément aux Normes établies par l’Assemblée Provinciale.

§ 3.— Les Supérieurs locaux peuvent engager des dépenses dans les limites fixées par les Normes Provinciales.

S 109.— Les Supérieurs ne permettront pas de contracter des dettes si l’on n’a pas la certitude absolue que les ressources habituelles permettront de payer les intérêts et, par des versements annuels, de rembourser la dette au terme prévu.

S 110.— § 1.— On se conformera avec soin aux lois concernant le travail, la Sécurité Sociale et la justice, pour les personnes employées dans les Maisons et les œuvres de la Congrégation.

§ 2.— Les Supérieurs doivent agir avec une extrême prudence pour accepter des fondations pieuses qui engendrent des obligations de longue durée. On n’acceptera pas de fondations perpétuelles.

§ 3.— On ne fera de largesses avec les biens de la communauté que dans les cas prévus par les Constitutions et les Statuts.

§ 4.— En acceptant des biens venant à la Congrégation, à une Province ou à une Maison, par testament ou par donation, on respectera la volonté du donateur en ce qui concerne la propriété et l’usage de ces biens.

§ 5.— Les Confrères seront inscrits à la Sécurité Sociale par les soins de la Congrégation, ou éventuellement par les Evêques ou autres personnes au service de qui ils travaillent. En outre, les Maisons, les Provinces et la Curie Générale elle-même contracteront les assurances qui conviennent contre les divers risques.

KONSTITUTIONEN DER KONGREGATION DER MISSION
INHALTSVERZEICHNIS  DER  KONSTITUTIONEN

GENERALIS  CONGREGATIONIS  MISSIONIS
ROMAE 1984

Die vorliegende deutsche Übersetzung der Konstitutionen
und Statuten der Kongregation der

Mission wird hiermit genehmigt,
Graz, den 8. September 1988
Josef A. Herget CM
Visitator

SACRA CONGREGATIO
PRO RELIGIOSIS
ET INSTITUTIS SAECULARIBUS
Prot. n. P. 53–1/81
DEKRET

Die vom heiligen Vinzenz von Paul gegründete Kongregation der Mission hat die Evangelisierung der Armen und die Ausbildung der Geistlichen als besondere apostolische Aufgabe.

Sie hat nach den Normen des II. Vatikanischen Konzils und anderer kirchlicher Weisungen in eifriger Arbeit eine neue Fassung ihrer Konstitutionen erarbeitet, die ihr oberster Leiter dem Heiligen zur Approbation vorgelegt hat.

Die heilige Kongregation für die Religiosen und die Säkularinstitute hat den Text der Konstitutionen der besonderen Prüfung durch einen Konsultor  unterzogen. In Anbetracht des günstigen Urteils des Kollegiums approbiert und bestätigt sie nach reiflicher Überlegung kraft dieses Dekrets den Text in seiner lateinischen Fassung, die in ihrem Archiv hinterlegt ist, unter Berücksichtigung der einschlägigen Rechtsbestimmungen.

Gott gebe, daß die Mitglieder der Kongregation der Mission mit Hilfe seiner Gnade und durch die Fürsprache des heiligen Vinzenz von Paul die neuen Konstitutionen als ein Mittel  annehmen, immer mehr in dem Werk, das ihr von der Kirche übertragen wurde, voranzuschreiten.

Gegeben zu Rom im Hause der Heiligen Kongregation für die Religiosen und die Säkularinstitute am 29. Juni, dem Hochfest der heiligen Apostel Petrus und Paulus, 1984.

zurück

RICHARD MC CULLEN

Generalsuperior der Kongregation der Mission

unseren in Christus geliebten

Priestern, Klerikern und Brüdern

Gruß im Herrn!

Die Approbation unserer Konstitutionen durch die Hl. Kongregation für die Religiosen und Säkularinstitute ist ein bedeutendes Ereignis in der Kongregation. Vor 30 Jahren promulgierte Hr. Slattery unsere Konstitutionen, nachdem sie im Licht des CIC 1917 revidiert worden waren.

Nun hat nach 17 Jahren Arbeit, Überlegung, Gebet und Verhandlungen von drei Generalversammlungen der Hl. Stuhl die Konstitutionen, die ich Ihnen sehr gerne präsentiere,  approbiert.

Lassen Sie mich eine Bemerkung über unsere Konstitutionen machen. Das Maß unserer Treue zu dem Buchstaben dieser Konstitutionen wird das Maß unseres Beitrages am Leben der Ortskirche, wo die Kongregation errichtet wurde, bestimmen.

Innerhalb der Umschläge dieses Buches ist unsere Identität als eine Kongregation in der Kirche skizziert. Wir dürfen aber nicht dazu geneigt sein, diese Skizzierung nur auf dem Papier zu lassen. Der Text muß in unsere Herzen eingeprägt sein und muß in unserer Berufung, den Armen das Evangelium zu verkünden, gelebt werden.

Zu diesem Zweck sind reflektierendes Lesen unserer Konstitutionen verbunden mit Gebet gefordert und es ist meine Hoffnung, aber auch die Hoffnung von uns allen, daß diese Konstitutionen Mittel seien, die uns noch mehr ermöglichen, zu lieben, was der hl. Vinzenz geliebt hat, und zu tun, was er gelehrt hat.

Mit der Annahme dieser Konstitutionen durch den Hl. Stuhl denken wir an die Konferenz vom 17. Mai 1658, die der heilige Vinzenz seiner Gemeinschaft bei der Übergabe der Allgemeinen Regeln gehalten hat. Die Hoffnung, die der heilige Vinzenz diesbezüglich ausgesprochen hat, kann auch für uns heute gelten:

„Von der Güte Gottes dürfen wir für alle, die diese Regeln, die er uns gegeben hat, gläubig beachten, alles Gute und allen Segen erhoffen: Ein Segen für sie selbst, Segen für das, was sie übernehmen, Segen für all das, was sie durchführen, Segen für ihr Kommen und Gehen, kurz gesagt, der Segen Gottes für alles, was sie betrifft. … Ich vertraue auf die Gnade Gottes und auf Ihre eigene Güte, daß Sie alle bei dieser Gelegenheit die Treue, mit der Sie die Regeln beachtet haben, erneuern werden. …

Ich hoffe, daß die Treue, mit der Sie diese Regeln in der Vergangenheit gehalten haben, und die Geduld, die Sie beim langen Warten auf sie gezeigt haben, für Sie vom guten Gott die Gnade erlangen, die Regeln in der Zukunft leichter beachten zu können. „

(Coste XII , S. 11)

In der Liebe unseres Herrn Jesus Christus und seiner unbefleckten Mutter verbleibe ich Ihr von Herzen ergebener Mitbruder

Richard McCullen CM

Generalsuperior

Rom, am 27. September 1984,

am Hochfest des heiligen Vinzenz von Paul.

zurück

Promulgations–Dekret

Allen Mitbrüdern unserer Kongregation übersende ich diese Konstitutionen, die von der Heiligen Kongregation für die Religiosen und die Säkularinstitute am 29. Juni 1984 geprüft und approbiert wurden. Damit sie nach Verlauf einer angemessenen Zeit wirksam werden, bestimme ich mit Zustimmung mein es Rats, daß sie am 25. Januar 1985, am Fest der Bekehrung des heiligen Apostels Paulus in Kraft treten.

Richard McCullen CM

Generalsuperior

Rom, am 27. September 1984,

am Hochfest des heiligen Vinzenz von Paul.

E I N L E I T U N G

Die Kongregation der Mission, die vom heiligen Vinzenz von Paul gegründet wurde, gibt sich nach dem Willen der Kirche ihr Grundgesetz, um ihre apostolische Tätigkeit und ihr Leben in der Welt von heute gemäß den Anregungen des II. Vatikanischen Konzils neu zu gestalten. Sie erfährt darin eine Stunde der Gnade und spürt den Geist des Herrn über sich, der sie antreibt, sich auf dem vinzentinischen Weg zu erneuern.

Die Kongregation der Mission möchte ihren angestemmten Platz und die ihr gemäße Aufgabe in der Kirche beibehalten und zum Ausdruck bringen. Sie erkennt die Notwendigkeit, sich auf ihre Anfänge und die geistliche Erfahrung sowie die Absichten des heiligen Vinzenz zu besinnen, nicht nur, um deutlicher ihren Charakter und den Geist des heiligen Gründers selbst zu erkennen und getreu zu bewahren, sondern auch, um neue Anregungen aus diesen Quellen zu schöpfen und so ihrer Berufung zu entsprechen in Aufmerksamkeit auf den Willen Gottes,  der sich uns, wie schon dem heiligen Vinzenz, in den Bedürfnissen der Armen unserer Gesellschaft offenbart .

* * *

zurück

Vinzenz von Paul, geboren 1581 in dem Dorf Pouy, stammte aus ärmlichen Verhältnissen, so daß er schon früh die Lebensbedingungen der Armen kennenlernte. Im Jahr 1600 wurde er zum Priester geweiht. Wenn er auch zeitweise den bedrängten Verhältnissen seiner Herkunft zu entfliehen suchte, so fühlte er sich doch unter der Leitung von geistlichen Lehrern zu einer konsequenten Lebensführung aus dem Glauben angetrieben. Von der göttlichen Vorsehung wurde er durch die Ereignisse seines Lebens zu dem festen Entschluss geführt, sich ganz dem Heil der Armen zu widmen.

Die Notwendigkeit, den Armen das Evangelium zu verkünden, erfuhr er in Folleville bei Gannes, als er dort am 25 .Januar 1617 seinen priesterlichen Dienst ausübte. Dies war nach seinem eigenen Zeugnis der Anfang seiner Berufung und seiner Sendung.

Als er schließlich im August desselben Jahres in Chatillon–les–Dombes den „Caritasverein“ gründete, um mittellosen Kranken zu helfen, erfuhr und bekundete er die enge Verbindung zwischen der Verkündigung der Frohbotschaft an die Armen und der materiellen Hilfeleistung.

Seine geistliche Erfahrung gewann schrittweise ihre Prägung, indem er Christus betrachtete und ihm in der Person der Armen diente. Christus, vom Vater gesandt, den Armen die Frohbotschaft zu bringen, wurde der Mittelpunkt seines Lebens und seines apostolischen Wirkens.

Mit wacher Aufmerksamkeit hörte er auf den Anruf  der Welt und der Gesellschaft seiner Zeit und lernte, ihn im Licht wachsender Liebe zu Gott und zu den von mancherlei Plagen bedrängten Armen deuten. So fühlte er sich berufen, allen Bedrängten zu Hilfe zu kommen.

Von den verschiedenen Aufgaben lag ihm die Volksmission vor allem am Herzen; denn seine ersten Mitarbeiter, die sich ihm vertraglich am 11. April 1625 anschlossen, um mit ihm der Landbevölkerung zu predigen, unterzeichneten am 4. September 1626 einen Vertrag zur Gründung einer Gemeinschaft mit gemeinsamer Lebensführung, um sich dem Heil der armen Landleute zu widmen.

Während Vinzenz und seine Mitarbeiter durch Wort und Tat unter den Armen wirkten, wurde ihnen klar, daß die Missionen keine dauernde Frucht bringen konnten, wenn man sich nicht um die Ausbildung guter Priester bemühte. Dieses Werk nahm seinen Anfang in Beauvais, wo die Missionare auf Drängen des Bischofs den Weihekandidaten Exerzitien hielten in dem Gedanken, dass man auf diese Weise der Kirche gute Hirten geben könne.

Um gegen das vielfache Elend anzugehen, sammelte der heilige Vinzenz viele Mitarbeiter um sich, Reiche und Arme, einfache und hochgestellte Leute, und weckte in ihnen Teilnahme für den Armen, in dem sich Christus darstellt. Er hielt sie an, den Notleidenden persönlich oder durch andere zu Hilfe zu kommen. In großherzigster Weise taten das vor allem die von ihm gegründeten Gemeinschaften der Barmherzigen Schwestern und der Caritasvereine, aber auch andere Vereinigungen, die daraus hervorgingen, und einzelne von diesem Geist ergriffene Männer und Frauen bis auf den heutigen Tag.

Sein Einsatz für die Armen erfuhr eine Erweiterung durch die Übernahme von auswärtigen Missionen, als er 1648 die ersten Missionare nach Madagaskar schickte.

Während die Gemeinschaft wuchs, definierte sie nach und nach den besonderen Charakter ihrer Berufung, ihre Lebensordnung und das brüderliche Gemeinschaftsleben und betonte nachdrücklich die Tatsache, zum Weltklerus zu gehören, obwohl die Mitglieder ihren Stand durch ein besonderes Gelübde der Beständigkeit und durch die Übung der Armut, der Keuschheit und des Gehorsams bekräftigten.

Diese Besonderheiten bestimmen noch heute ihre Lebensform.

* * *

zurück

Dies alles stimmt nicht nur mit der Auffassung des Gründers der Kongregation der Mission überein, sondern ist auch in den für ihre Entstehung grundlegenden Dokumenten enthalten. So heißt es in der Bulle Salvatoris Nostri Urbans VIII. vom 12. Januar 1633: „Der vornehmste Zweck und die besondere Absicht dieser Genossenschaft und ihrer Mitglieder soll sein, mit Hilfe der göttlichen Gnade für das Heil derer zu sorgen, die auf Gütern, in Dörfern, auf dem Land in kleineren Landstädten wohnen; dazu sollen sie in größeren Städten und Hauptstädten die Weihekandidaten durch geistliche Übungen auf den Empfang der Weihen vorbereiten“. Alexander VII. erließ am 22. September 1655 das Breve Ex Commissa Nobis, worin er die Ablegung „der einfachen Gelübde der Keuschheit, der Armut und des Gehorsams“ approbierte, „sowie das der Beständigkeit in genannter Genossenschaft mit der Wirkung, sich auf Lebenszeit dem Heil der armen Landleute zu widmen; bei der Ablegung dieser Gelübde soll keiner zugegen sein, der sie, sei es im Namen der Genossenschaft, sei es in Unserem  Namen für die Zeit Unseres Pontifikats, entgegennimmt“.  Er fügte noch hinzu, daß „genannte Kongregation der Mission nicht den Ortsordinarien unterstellt sein soll, ausgenommen die Personen, die von den Obern derselben Kongregation zu den Missionen bestimmt werden, und alles, was diese betrifft. Genannte Kongregation soll aber nicht unter die Religiosen fallen, sondern zum Weltklerus gehören“.

Dieser Genossenschaft, um deren geistige Prägung Herr Vinzenz ständig bemüht war, übergab er nach mehreren Jahren der Erprobung die „Allgemeinen Regeln oder Konstitutionen“. Hierin geht er von der Betrachtung des Herrn aus: von dem, was Jesus tat und lehrte, um den Willen des Vaters zu erfüllen, der ihn gesandt hat, den Armen die Frohbotschaft zu verkünden. So legte Vinzenz uns die Grundsätze für ein Leben nach dem Evangelium vor, die die Spiritualität, die apostolische Tätigkeit und das brüderliche Leben seiner Gründung beseelen müssen.

Deren Berufung und Sendung erklärt er deutlich im Anfang der Allgemeinen Regeln und zeigt zugleich den Weg auf, der uns dahin führen soll:

„Unser Herr Jesus Christus, in die Welt gesandt, um den Menschen zu erlösen, begann nach dem Zeugnis der Heiligen Schrift zu handeln und zu lehren. Ersteres tat er dadurch, daß er alle Tugenden vollkommen übte, das zweite aber, indem er den Armen die Frohbotschaft verkündete und seinen Aposteln und Jüngern die notwendigen Belehrungen erteilte, die Völker zu leiten.

Da nun die kleine Kongregation der Mission Christus, unsern Herrn, selbst mit Hilfe seiner Gnade und nach dem Maß ihrer geringen Kräfte nachahmen möchte sowohl in seinen Tugenden in Werken für das Heil des Nächsten, so geziemt es sich, daß sie sich ähnlicher Mittel bedient, um ihr heiliges Vorhaben auszuführen. Ihr Zweck ist also:

1. das Streben nach der eigenen Vollkommenheit, nämlich durch das Bemühen, nach Kräften die Tugenden zu üben, in denen jener höchste Lehrer durch Wort und Beispiel uns zu unterweisen sich gewürdigt hat; 2. den Armen, besonders den Landleuten, die Frohbotschaft zu verkünden; 3. den Geistlichen zur Erwerbung der Kenntnisse  und Tugenden , die ihr Stand erfordert, behilflich zu sein.“ (Allgem. Reg. I, 1)

Mit diesen Worten vertraute der heilige Vinzenz seinen geistlichen Söhnen, nämlich den Mitgliedern der Kongregation der Mission, eine eigene Berufung an, eine neue Art gemeinschaftlichen Lebens und ein Ziel, das sie immer wieder zur Tat treibt, das jedoch beständig und weise der jeweiligen Zeit angepasst werden muß.

zurück

KONSTITUTIONEN UND STATUTEN

DER KONGREGATION DER MISSION

ERSTER TEIL

Unsere Berufung

1. – Aufgabe der Kongregation der Mission ist es, Christus, der den Armen die Frohbotschaft verkündet, nachzufolgen. Dieses Ziel wird erreicht, wenn die einzelnen Mitbrüder und die Kommunitäten, wie der heilige Vinzenz,

1. ernstlich bestrebt sind, sich die Gesinnung Jesu Christi zu eigen zu machen, um die ihrer Berufung entsprechende christliche Reife zu erlangen;

2. den Armen, vor allem den Verlassensten, die Frohbotschaft zu verkünden ;

3. Geistliche und Laien auszubilden, um sie zur wirksamen Verkündigung der Frohbotschaft bei den Armen zu führen.

2. – Ausgerichtet auf dieses Ziel, das Evangelium vor Augen und mit Aufmerksamkeit auf die Zeichen der Zeit und die drängenden Anrufe der Kirche, muß die Kongregation der Mission

zurück

neue Wege gehen und die Mittel gebrauchen, die der Zeit und den Umständen angepaßt sind. Außerdem soll sie ständig ihre Werke und Dienste überprüfen. So bleibt sie in einem steten Erneuerungsprozeß.

3. – § 1. – Die Kongregation der Mission ist eine klerikale Gesellschaft des apostolischen Lebens und päpstlichen Rechtes, in der die Mitglieder das ihnen eigene Ziel verfolgen , das ihnen vom heiligen Vinzenz gesetzt und von der Kirche bestätigt wurde; sie führen ein brüderliches Leben in Gemeinschaft gemäß der eigenen Lebensordnung und streben durch Beobachtung der Konstitutionen nach Vollkommenheit der Liebe.

§ 2. – Die Kongregation der Mission übt ihr Apostolat nach der vom heiligen Vinzenz ausgehenden Überlieferung in enger Verbindung mit den Bischöfen und dem Diözesanklerus aus, weshalb der heilige Vinzenz oft bemerkte , die Kongregation der Mission gehöre zum Weltklerus, wenn sie auch autonom sei, was ihr vom allgemeinen Recht und durch Exemtion zugestanden wird.

§ 3. – Um den Zweck der Kongregation der Mission selbst wirksam und sicher zu verfolgen, legen ihre Mitglieder die Gelübde der Beständigkeit, der Keuschheit, der Armut und des Gehorsams gemäß den Konstitutionen und Statuten ab.

4. – Die Kongregation der Mission besteht aus Geistlichen und Laien. Um das ihr eigene Ziel mit der Gnade Gottes zu erreichen, bleibt sie bestrebt, sich die Gesinnung Christi anzueignen, ja von seinem Geist erfüllt zu werden, der sich vor allem in den Grundsätzen des Evangeliums kundtut und in Allgemeinen Regeln erläutert wird.

5. – Der Geist der Kongregation der Mission ist also Teilhabe am Geist Christi selbst, nach dem Wort des Evangeliums, das uns der heilige Vinzenz als Wahlspruch gegeben hat: „Er hat mich gesandt, den Armen die Frohbotschaft zu verkünden“ (Lk 4, 18). Daher „ist Jesus Christus die Regel der Mission“ und Mitte ihres Lebens und Wirkens (Coste XII, 130).

6. – Wir müssen also von der Grundhaltung Christi geprägt sein, die Vinzenz von Anfang an seinen Mitarbeitern ans Herz legte: Liebe und Ehrfurcht gegenüber dem himmlischen Vater, mitleidende und wirksame Liebe zu den Armen und Gelehrigkeit gegenüber der göttlichen Vorsehung.

7. – Die Kongregation der Mission sucht ihren Geist auch in fünf Tugenden zum Ausdruck zu bringen, die aus einer besonderen Sicht Jesu Christi gewonnen sind, nämlich: Einfalt, Demut, Sanftmut, Abtötung und apostolischer Eifer. Hiervon  sagt der heilige Vinzenz: „Um diese

Tugenden muß die Gemeinschaft besonders bemüht sein, da mit sie gleichsam die fünf Seelenkräfte der ganzen Kongregation bilden und stets die Handlungen eines jeden einzelnen Mitgliedes bestimmen“ (Allgem. Reg . II, 14).

8. – Alle sollen sich bemühen, nach dem Beispiel und den Weisungen des heiligen Vinzenz vom Evangelium her tiefer den Charakter der Kongregation der Mission zu erkennen, eingedenk der Forderung, daß Geist und äußere Tätigkeit sich gegenseitig durchdringen müssen .

9. – Überdies muß unsere Berufung, nämlich Ziel, Natur und Geist unserer Gemeinschaft, für das Gemeinschaftsleben und die Organisation richtungsweisend sein.

zurück

ZWEITER TEIL

Das Leben in der Kongregation der Mission

Kapitel I – Unsere apostolische Tätigkeit

10. – Von Anfang an war sich die Kongregation  der Mission dank der Inspiration ihres Gründers  bewußt, von Gott zur Evangelisierung der Armen berufen zu sein.

In besonderer Weise darf sie mit der ganzen Kirche von sich sich sagen, daß Evangelisieren ihre Gnade und eigentliche Berufung, ihre tiefste Identität (EN 14) ist.

Alle Mitbrüder und jeder einzelne dürfen mit Jesus sagen: „Ich muß das Evangelium vom Reich Gottes verkünden; denn dazu bin ich gesandt worden“ (Lk 4, 43).

11. – Die Liebe Christi, der sich des Volkes erbarmt, ist die Quelle unserer ganzen apostolischen Tätigkeit. Sie treibt uns an, „die Frohbotschaft zu ihrer vollen Auswirkung zu bringen“ (Coste XII, 84), wie der heilige Vinzenz sagt.

Bei allem, was wir im Dienst des Evangelium entsprechend den Umständen sagen oder tun, muß es uns darum gehen, daß alle Menschen sich zu Gott hinwenden, indem sie seine Gnade, die uns in den Sakramenten vermittelt wird, annehmen und ja sagen «zu dem Reich, d. h. zur ,neuen Welt’, zum neuen Zustand der Dinge, zur neuen Weise des Seins, des Lebens, des Zusammenlebens, die das Evangelium eröffnet“ (EN 23).

12. – Bei der Evangelisierung , die die Kongregation als Aufgabe übernommen hat, sind folgende Punkte zu beachten:

1. der eindeutige und ausdrückliche Vorrang des Apostolats unter den Armen ; denn die Verkündigung der Frohbotschaft an sie ist das Zeichen der Ankunft des Reiches Gottes auf Erden (vgl. Mt 11,5) ;

2. die sozialen Verhältnisse und vor allem die Gründe für die ungerechte Verteilung der Güter in dieser Welt, um mehr dem prophetischen Charakter der Frohbotschaft gerecht zu werden.

3. eine gewisse Teilnahme an den Lebensbedingungen der Armen, so daß nicht nur wir ihnen das Evangelium verkünden, sondern auch sie uns;

4. echter Gemeinschaftssinn bei unseren apostolischen Tätigkeiten, um uns gegenseitig in unserer gemeinsamen Berufung zu stärken;

5. Bereitwilligkeit, nach dem Beispiel der ersten Missionare in die ganze Welt zu gehen;

6. Bereitwilligkeit jedes einzelnen und der ganzen  Gemeinschaft zu stetiger Erneuerung nach dem Wort des heiligen Paulus: „Gleicht euch nicht dieser Welt an, sondern wandelt euch und erneuert euer Denken“ (Röm 12,2).

13. – Die Provinzen müssen selbst entscheiden, wie sie diese Aufgabe im einzelnen ausführen wollen und entsprechend dem Geist des heiligen Vinzenz sich mit ihrer apostolischen Tätigkeit dem Pastoralplan der Ortskirche einfügen. So fordern es die Dokumente und Instruktionen des Heiligen Stuhls, der Bischofskonferenzen und der Diözesanbischöfe.

14. – Die Volksmissionen, die dem heiligen Vinzenz besonders am Herzen lagen, sind nachdrücklich zu fördern. Wie wollen sie, den Zeitumständen angepasst, in Angriff nehmen und alle Möglichkeiten ausschöpfen, um sie zu fördern. Ihr Ziel ist die Erneuerung und Auferbauung einer christlichen Gemeinschaft und die Weckung des Glaubens bei den Fernstehenden.

15. – Die Unterweisung der Theologiestudenten in den Seminaren , die seit jeher zu unsern Obliegenheiten gehört , ist zeitgemäß und wirksam zu erneuern.

Auch sonst sollen die Mitbrüder den Priestern ihre geistlichen Dienste zur Verfügung stellen , z. B. durch Vorträge bei priesterlichen Zusammenkünften oder auf dem Gebiet der Pastoral. Hier müssen sie die Option der Kirche für die Armen zur Sprache bringen, damit sie von den einzelnen Priestern übernommen wird.

Ferner sollen wir die Laien für die pastoralen Aufgaben in den christlichen Gemeinden zu gewinnen suchen und ausbilden. Es muß uns ein Anliegen sein, daß Geistliche und Laien zusammenarbeiten und einander beim Aufbau der christlichen Gemeinde helfen .

16. – Unter den apostolischen Werken der Kongregation der Mission nehmen die auswärtigen Missionen und die Verkündigung bei den Menschen in ähnlichen Verhältnissen einen hervorragenden Platz ein.

Beim Aufbau einer neuen kirchlichen Gemeinschaft sollen die Missionare besonders auf „Spuren des Evangeliums“ achten, die sich in Kultur und Religiosität des Volkes finden (vgl . EN 53) .

17. – Da die Kongregation der Mission und die Töchter der christlichen Liebe Gründungen des heiligen Vinzenz sind, werden die Mitbrüder den Schwestern auf ihre Bitten hin gern zu Diensten sein, vor allem , wenn es sich um Exerzitien und geistliche Leitung handelt.

In brüderlicher Weise werden sie auch bei den gemeinsamen Werken stets mit ihnen zusammenarbeiten.

18. –Wie der heilige Vinzenz nach dem Beispiel des Barmherzigen Samariters (Lk 10,30–37) den Verlassenen wirksam zu Hilfe kam, so müssen auch die Provinzen und die einzelnen Mitbrüder nach Kräften denen helfen , die an den Rand der menschlichen Gesellschaft gedrängt sind, den Katastrophengeschädigten und den Opfern jeglicher Ungerechtigkeit, auch denen, die unter den für heute typischen Formen moralischer Armut leiden.

Für sie und mit ihnen sollen sie sich bemühen, die Forderungen der sozialen Gerechtigkeit und der evangelischen Liebe zu erfüllen.

zurück

Kapitel II – Das Gemeinschaftsleben

19. – Der heilige Vinzenz versammelte innerhalb der Kirche Mitbrüder um sich, die in einer neuartigen Lebensform den Armen das Evangelium predigen sollten. So ist also die

vinzentinische Gemeinschaft auf die apostolische Tätigkeit und deren ständige Vervollkommnung ausgerichtet. Daher sind die Mitbrüder als Gruppe und als einzelne innerhalb ihrer Gemeinschaft bemüht, durch ständige Erneuerung unsere gemeinsame Sendung zu erfüllen.

20. – Wie die Kirche, so findet auch diese Gemeinschaft – als Teil der Kirche – das Urbild ihres Lebens und Wirkens in der Dreifaltigkeit.

1. Wir haben uns nämlich in einer Gemeinschaft zusammengeschlossen, um die Liebe des Vaters zu den Menschen zu verkünden und ihr durch unser Leben Ausdruck zu geben.

2. Wir folgen Christus nach, der die Apostel und Jünger berief, um mit ihnen in brüderlicher Gemeinschaft den Armen die Frohbotschaft zu verkünden.

3. Durch das Wirken des Heiligen Geistes finden wir zur Einheit in der Durchführung unserer Sendung, damit wir ein glaubwürdiges Zeugnis für Jesus Christus, den Erlöser, geben.

21. – § 1. – Von Anfang an gehörte das gemeinsame Leben, nach dem ausgesprochenen Willen des heiligen Vinzenz, wesentlich zu unserer Gemeinschaft. Es ist daher unsere

normale Lebensform. Deshalb müssen die Mitbrüder in einem Haus oder einer Kommunität, die rechtlich errichtet wurde, gemäß unserem Eigenrecht.

§ 2. – Der brüderliche Umgang, der durch unsere Seelsorgsarbeiten noch ständig vertieft und bereichert wird, läßt eine Gemeinschaft wachsen, die den einzelnen und die Gesamtheit zu weiterer Vervollkommnung führt und so das Werk der Evangelisierung immer wirksamer macht.

22. – Indem wir uns mit allem, was wir haben, einsetzen, nützen wir der Gemeinschaft. In gleicher Weise soll auch der private Bereich geachtet werden. Die Anlagen des einzelnen sollen von der Gemeinschaft gefördert werden.  Die Initiativen der Mitbrüder sind vom Ziel und vom Sinn unserer Sendung her zu bewerten. Auf diese Weise werden die verschiedenen Begabungen und Charismen zusammenwirken, unsere Gemeinschaft bereichern und unser Wirken fruchtbar machen.

23. – Jede Hausgemeinschaft genießt eine gewisse Selbstständigkeit. Sie ist der Ort, wo Apostolat und Gemeinschaftsleben, wie, wie es der Kongregation als ganzer und den Provinzen aufgetragen ist, verwirklicht werden. So wird die Hausgemeinschaft zu einem lebendigen Glied der ganzen Kongregation.

24. – Damit das gemeinsame Leben dem Apostolat zugute kommt, bemühen wir uns, es nach den „fünf Tugenden“ auszurichten, so daß es für die Welt zu einem Zeichen des neuen Lebens nach dem Evangelium wird. Daher beachten wir folgendes:

1. Zur Erfüllung unserer Sendung suchen wir die Eintracht unter uns zu stärken, indem wir uns gegenseitig helfen , besonders bei Schwierigkeiten, und unsere Freude „in Herzenseinfalt“ miteinander teilen;

2. Wir bilden uns, unterstützt durch den Dienst der Autorität, zu verantwortungsvollen Menschen, die gemeinsam mit dem Obern den Willen Gottes im Leben und Tun zu erkennen suchen, bereit zu einem aktiven Gehorsam. Wir pflegen den Dialog und vermeiden einen allzu individualistischen Lebensstil.

3 . Indem wir demütig und brüderlich auf die Meinungen und Bedürfnisse der andern eingehen, versuchen wir, die Schwierigkeiten, die das gemeinsame Leben mit sich bringt, zu überwinden. Schließlich wollen wir in Milde die brüderliche Zurechtweisung üben und einander Verzeihung und Versöhnung gewähren.

4 . Wir wollen darum besorgt sein, die Voraussetzungen zu schaffen, die für die Arbeit, die

Stille, das Gebet und das brüderliche Gespräch notwendig sind. Gebrauchen wir die Kommunikationsmittel klug und diskret. Wir wollen einen Teil des Hauses der Privatsphäre der Kommunität vorbehalten, ohne dabei die Erfordernisse des Apostolats zu vernachlässigen.

25. – Die Gemeinschaft befindet sich in einem beständigen  Entwicklungsprozess, besonders indem sie immer wieder auf die grundlegenden Elemente unseres Lebens und Handelns besinnt:

1. Die gemeinsame Nachfolge Christi, der die Frohbotschaft verkündet, schafft in uns besondere Bande herzlicher Liebe; so wollen wir gegenseitige Hochachtung mit aufrichtigem Wohlwollen „nach Art lieber Freunde“ verbinden (Allgem. Reg. VIII , 2);

2. Die Evangelisierung der Armen gibt all unsrem Arbeiten eine Einheit, die nicht unsere verschiedenen Talente und Begabungen mindert, sondern auf den Dienst dieser Sendung hin ausrichtet;

3. Im Gebet, vor allem in der Eucharistie, finden wir die Quelle unseres geistlichen, gemeinschaftlichen und apostolischen Lebens;

4. Von unsern Gütern, die nach dem Verständnis des heiligen Vinzenz der Gemeinschaft gehören, wollen wir freigebig mitteilen. So wird unser Leben zu einer Gemeinschaft brüderlichen Miteinanders, zu einer Arbeits–, Gebets– und Gütergemeinschaft.

26. – § 1. – Unsere kranken, schwachen und älteren Mitbrüder sollen uns besonders am Herz liegen. Wir betrachten sie als einen Segen unsere Häuser. Abgesehen von der medizinischen Fürsorge und der persönlichen Zuwendung sollen wir ihnen einen Platz in unserem täglichen Leben und Apostolat einräumen.

§ 2. – Für die verstorbenen Mitbrüder aber wollen wir treu die durch die Statuten vorgesehenen Suffragien verrichten,

27. – Jede Gemeinschaft erarbeite einen gemeinsamen Plan gemäß den Konstitutionen, Statuten und Provinznormen. Diesen Plan sollen wir vor Augen haben bei der Ausrichtung unseres Lebens und unserer Arbeit, bei der Durchführung unserer Vorhaben und bei der regelmäßigen Überprüfung unseres Lebens und Handelns.

zurück

Kapitel III – Keuschheit, Armut und

Gehorsam

28. – In dem Wunsch, die Sendung Christi fortzusetzen, widmen wir unser ganzes Leben der Evangelisierung der Armen im Rahmen unserer Kongregation. Um dieser Berufung zu entsprechen, bekennen wir uns zu Keuschheit, Armut und Gehorsam gemäß unseren Konstitutionen. Denn „wenn die kleine Kongregation der Mission den Menschen besonders den Landleuten dienen will, damit sie’ das Heil erlangen, wird sie keine stärkeren und geeigneteren Hilfsmittel finden als diejenigen, die die ewige Weisheit selbst so heilbringend und erfolgreich angewandt hat» (Allgem. Reg.II,18).

29. – § 1. – Da wir Christus in seiner universalen Liebe nachahmen wollen, haben wir uns durch das Gelübde zur vollkommenen Keuschheit im ehelosen Leben um des Himmelreiches willen entschieden. Das betrachten wir als eine Gnade, die Gott uns in seiner unendlichen Güte persönlich zugedacht hat.

§ 2. – Auf diese Weise sind wir offener für Gott und den Nächsten, und alles, was wir tun ,wird zum Ausdruck der Liebe zwischen Christus und der Kirche, die sich in der kommenden Welt unverhüllt zeigen wird.

30. – Die innige Verbindung mit Christus, das brüderliche Miteinander, das Apostolat und eine durch die Erfahrung der Kirche erprobte Askese bieten die Gewähr für die Beharrlichkeit in dieser Lebensform. Wenn man für den Anruf Gottes aufgeschlossen bleibt, ist sie die Quelle für ein segensreiches Wirken in dieser Welt, und wir gelangen zum vollen Menschsein.

31. – „Da Christus selbst, der Herr aller Güter, die Armut so geübt hat, daß er nichts hatte, wohin er sein Haupt betten konnte, und auch von seinen Mitarbeitern, nämlich den Aposteln und Jüngern, die gleiche Lebensweise forderte, so daß sie kein Eigentum besaßen,… soll jeder ihn hierin nach besten Kräften nachahmen» (Allgem. Reg. III, I). Auf diese Weise bekennen wir unsere totale Abhängigkeit von Gott und werden in der Verkündigung des Evangeliums an die Armen erst glaubwürdig.

32. – § 1. – Da jeder Mitbruder für die Erreichung des Zweckes der Kongregation der Mission und unseres gemeinsamen Plans verantwortlich ist, muß er sich bewußt sein, daß uns alle das Gesetz der Arbeit verpflichtet.

§ 2. – Der Ertrag seiner Arbeit aber, oder was er nach seiner Inkorporation auf irgendeine

Weise als Rente, Unterhalt oder Versicherung mit Rücksicht auf die Kongregation erhält, gehört nach dem Eigenrecht der Gemeinschaft, so daß wir wie die ersten Christen in einer wirklichen Gütergemeinschaft leben und einander brüderlich unterstützen.

33. – Mit Rücksicht auf die Armen sei unser Lebensstil schlicht und einfach, und auch bei den Hilfsmitteln, deren wir uns bei unserem Apostolat bedienen, wollen wir jegliche Geltungssucht vermeiden.

Was zu unserem Lebensunterhalt und zu unserer Ausbildung sowie zur größeren Wirksamkeit unserer Arbeiten notwendig ist, muß vornehmlich aus der Anstrengung aller fließen. Die Kongregation muß jede Anhäufung von Gütern meiden und von dem was sie hat, den Notleidenden mitteilen. Wenn sie sich so von der Gier nach Reichtum frei hält, wird sie zur lebendigen Mahnung für eine vom Materialismus angesteckte Gesellschaft.

34. – Um die Güter zu gebrauchen und darüber zu verfügen, ist aufgrund des Gelübdes gemäß den Konstitutionen und Statuten die Zustimmung des Superiors notwendig. Aber dies allein genügt noch nicht. Vielmehr muß jeder einzelne abwägen, was für sein Leben und Arbeiten notwendig ist und am meisten dem Geist des heiligen Vinzenz entspricht.

35. – Persönliches Eigentum sollen wir nach dem Grundgesetz der Armut in der Kongregation

mit Erlaubnis des Obern zu caritativen Zwecken und für die Mitbrüder verwenden und jeden Unterschied in der Lebensweise vermeiden.

36. – Eingedenk unserer menschlichen Begrenztheit und in Nachahmung des Heilswirken Christi, der gehorsam ward bis zum Tod, wollen wir unter der Führung des Heiligen Geistes bereitwillig dem Willen des Vaters gehorchen, der sich uns auf vielfache Weise kundtut.

37. – § 1. – Die Teilnahme an diesem Mysterium des gehorsamen Christus verlangt von uns gemeinsam den Willen des Vaters zu ergründen. Dies geschieht durch gegenseitigen Austausch unserer Erfahrungen im ehrlichen und verantwortlichen Dialog, worin sich die verschiedenen Altersstufen und Charaktere begegnen. Hieraus erwachsen und reifen die Bestrebungen, die zur Verwirklichung unserer Vorhaben führen.

§ 2. – Im Geist gegenseitiger Verantwortung und eingedenk der Worte des heiligen Vinzenz sollen die Mitbrüder bestrebt sein, den Oberen bereitwillig, froh und beständig zu gehorchen. Ihrer Entscheidung sollen sie sich im Licht des Glaubens auch dann fügen, wenn sie ihre eigene Auffassung für besser halten.

38. – § 1. – Das Gelübde des Gehorsams verpflichtet uns, dem Papst, dem Generalsuperior, Visitator, dem Haussuperior und deren Stellvertretern zu gehorchen, die uns gemäß unseren Konstitutionen und Statuten befehlen.

§ 2. – Den Bischöfen aber, in deren Diözesen wir arbeiten, leisten wir nach dem allgemeinen Recht und dem Eigenrecht unserer Kongregation Gehorsam gemäß der Absicht und dem Geist des heiligen Vinzenz.

39. – Durch ein besonderes Gelübde der Beständigkeit geloben wir, unsere ganze Lebenszeit dem Ziel der Kongregation zu weihen, indem wir die Aufgaben übernehmen, die uns von den Obern gemäß den Konstitutionen und Statuten übertragen werden.

zurück

Kapitel IV – Das Gebet

40. – § 1. – Christus, der Herr, stets mit dem Vater aufs innigste vereint, suchte im Gebet dessen Willen zu erkennen, der die höchste Richtschnur seines Lebens, seiner Sendung und seiner Hingabe für das Heil der Welt war. So lehrte er auch seine Jünger, mit derselben Haltung zu beten und niemals darin nachzulassen.

§ 2. – Auch wir, in Christus geheiligt und in die Welt gesandt, suchen im Gebet die Zeichen des göttlichen Willens zu erkennen und die Bereitschaft Christi nachzuahmen, indem wir alles nach seinem Sinn beurteilen. Auf diese Weise wird unser Leben durch den Heiligen Geist zu einem geistlichen Opfer. Wir selbst wachsen in der Fähigkeit, an der Sendung Christi teilzunehmen.

41. – „Gebt mir einen Mann des Gebetes, und er wird alles vermögen“ (Coste XI, 83). Denn nach dem Verständnis des heiligen Vinzenz ist das Gebet die Quelle des geistlichen Lebens eines Missionars: durch das Gebet zieht er Christus an, erfüllt sich mit der Lehre des Evangeliums, beurteilt Dinge und Ereignisse von Gott her und bleibt in seiner Liebe und seinem Erbarmen. So macht der Geist Christi unsere Worte und Taten stets wirksam.

42. – Apostolisches Wirken in der Welt, Gemeinschaftsleben und Gotteserfahrung ergänzen sich gegenseitig durch das Gebet und werden zu einer Einheit ; denn im Gebet erneuern sich unablässig Glaube, brüderliche Liebe und apostolischer Eifer, im Handeln aber tritt die tatkräftige Liebe zu Gott und den Mitmenschen in Erscheinung. Durch die innige Verbindung von Gebet und Apostolat bleibt der Missionar in der Tätigkeit kontemplativ und im Gebet apostolisch.

43. – Das Gebet des Missionars muß vom Geist der Söhne Gottes, von Demut, von Vertrauen gegenüber der Vorsehung und von der Liebe zur Güte Gottes geprägt sein. So lernen wir als Menschen zu beten, die vor Gott arm sind, in der Gewissheit, daß wir in unserer Schwäche durch die Kraft des Heiligen Geistes gestärkt werden. Er erleuchtet nämlich unseren Geist und stärkt unseren Willen, so daß  wir die Mängel in der Welt tiefer erfassen und wirksamer bekämpfen.  

44. – Eine besondere Gelegenheit zum Beten sollten wir im Dienst am Wort entdecken, in der

Spendung der Sakramente, in der Ausübung von Hilfswerken und in den Vorkommnissen unseres Lebens. Indem wir den Armen das Evangelium verkünden, sollen wir Christus in ihnen finden und sehen. Bei der Seelsorge, die uns aufgetragen ist, sollen wir nicht nur für das Volk Gottes beten, sondern auch mit ihm, indem wir mit ganzem Herzen in seinen Glauben und seine Frömmigkeit eingehen.

45. – Das liturgische Gebet wollen wir mit innerer Teilnahme und im Sinne der Kirche verrichten.

§ 1. – Unser Leben findet in der Feier des Abendmahles unseres Herrn seinen

Höhepunkt, denn aus ihm strömt die Quelle der Kraft für unser Handeln und unsere brüderliche Gemeinschaft. Durch die Eucharistie werden wir mit Christus ein lebendiges Opfer, wird die Einheit des Volkes Gottes bezeichnet und bewirkt.

§ 2. – Wir wollen oft zum Sakrament der Versöhnung hinzutreten, um ständige Umkehr und tiefere Erfassung unserer Berufung zu erreichen.

§ 3. – In der Feier des Stundengebets vereinen wir unsere Stimmen zum Lob Gottes, bringen unser ununterbrochenes Gebet vor sein Angesicht und beten für alle Menschen. Deswegen verrichten wir Laudes und Vesper gemeinsam, wenn uns nicht unsere apostolische Arbeit daran hindert.

46. – Im gemeinsamen Gebet finden wir einen ausgezeichneten Weg zur Vertiefung und Erneuerung unseres Lebens, besonders wenn wir den Wortgottesdienst feiern oder daran teilnehmen, oder wenn wir in brüderlichem Gespräch einander unsere geistlichen und seelsorglichen Erfahrungen mitteilen.

47. – § 1. – Gemäß der vinzentinischen Überlieferung wollen wir uns nach Kräften bemühen,

dem persönlichen Gebet täglich eine Stunde, sei es einzeln, sei es gemeinsam, zu widmen. Das läßt uns die Gesinnung Christi erfassen und den rechten Weg zur Erfüllung unserer

Sendung finden. Es ist die Voraussetzung des liturgischen Gebets, vertieft und vervollkommnet es.

§ 2. – Wir wollen gewissenhaft unsere Jahresexerzitien halten.

48. – Als Zeugen und Boten der göttlichen Liebe müssen wir den Geheimnissen der Dreifaltigkeit und der Menschwerdung eine besondere Ehre und Anbetung erweisen.

49. – § 1. – Mit besonderer Hingabe verehren wir Maria, die Mutter Christi und der Kirche, die nach den Worten des heiligen Vinzenz mehr als alle Gläubigen die Lehre des Evangeliums erfaßt und in ihrem Leben verwirklicht hat.

§ 2. – Auf mancherlei Weise verehren wir die Unbefleckte Jungfrau Maria, indem wir ihre Feste feiern und sie anrufen, vor allem im Rosenkranzgebet. Ihre besondere Botschaft, die sie uns in ihrer mütterlichen Güte im Zeichen der Wundertätigen Medaille anvertraut hat, wollen wir verbreiten.

50. – Die Verehrung des heiligen Vinzenz und der Heiligen und Seligen der vinzentinischen Familie ist uns Herzenssache. Greifen wir immer wieder auf das geistliche Vermächtnis unseres Gründers zurück, wie es sich in seinen Schriften und in der Tradition der Kongregation findet, damit wir „lieben, was er geliebt, und tun, was er gelehrt hat“.

zurück

Kapitel V – Die Mitglieder

1. Allgemeines

51. – Die Mitglieder der Kongregation der Mission sind Jünger Christi, die zur Fortsetzung

seiner Sendung von Gott berufen und in die Genossenschaft aufgenommen wurden. Daher bemühen sie sich nach Kräften, ihrer Berufung zu entsprechen, indem sie nach der Lehre, dem Geist und den Weisungen des heiligen Vinzenz von Paul arbeiten.

52. – § 1. – Die Mitglieder, die alle durch Taufe und Firmung an dem königlichen Priestertum Christi Anteil haben, sind entweder Geistliche oder Brüder. Alle verstehen sich als Missionare.

1. Die Geistlichen, d.h. Priester und Diakone erfüllen gemäß ihrem Weihegrad nach dem Beispiel unseres Herrn Jesus Christus, es Priesters, Hirten und Lehrers, ihre Berufung durch Ausübung dieser dreifachen Aufgabe in allen Formen des Apostolats,

die dem Ziel der Kongregation dienen. Zu ihnen gehören die Mitbrüder, die sich auf den Empfang der Weihen vorbereiten.

2. Die Laien, die bei uns Brüder heißen, üben ihr Apostolat in der Kirche und in der Kongregation durch die ihrem Stand entsprechenden Arbeiten aus.

§ 2. – Alle diese sind gemäß den Konstitutionen und Statuten entweder nur aufgenommen oder inkorporiert.

zurück

2. Aufnahme in die Kongregation der Mission

53. – § 1. – Ein Kandidat wird in die Kongregation aufgenommen, wenn er auf seine Bitte hin zur Probezeit des Inneren Seminars zugelassen wird.

§ 2. – Das Recht, jemand zum Inneren Seminar zuzulassen, hat unter Beachtung der entsprechenden Vorschriften:

1. der  Generalsuperior  nach  Anhören seines Rats für die ganze Kongregation;

2. der Visitator nach Anhören seines Rats für seine Provinz.

§3. – Hinsichtlich der Erfordernisse zur Aufnahme gilt das allgemeine Recht.

54.  – § 1. – Die ganze Zeit der Vorbereitung für die endgültige Inkorporierung in die Kongregation soll nicht kürzer sein als zwei Jahre und nicht länger dauern als neun Jahre von der Aufnahme in das Innere Seminar.

§ 2. – Ein volles Jahr nach dem Eintritt in die Kongregation bekundet der Mitbruder, wie es bei uns Brauch ist, durch den „Guten Vorsatz» seinen Willen, während seines ganzen Lebens für das Heil der Armen in der Kongregation gemäß den Konstitutionen und Statuten zu arbeiten.

§ 3. – Das Recht, zum „Guten Vorsatz“ zuzulassen, hat unter Berücksichtigung der einschlägigen Bestimmungen:

1.  der  Generalsuperior nach  Anhören seines Rats und des Direktors des Inneren Seminars für die ganze Kongregation;

2.  der Visitator nach Anhören seines Rats und des Direktors des Inneren Seminars für seine Provinz.

55. – § 1. – Unsere Gelübde sind ewig, keine Ordensgelübde, reserviert, so daß nur der Papst und der Generalsuperior sie lösen können.

§ 2. — Diese Gelübde sind getreu nach dem Vorschlag des heiligen Vinzenz, der von Alexander VII. in seinen Breven „Ex commissa nobis“ (22. IX. 1655) und „Alias nos supplicationibus“ (12. VIII. 1659) approbiert wurde, auszulegen.

56. – Das Recht, zu den Gelübden zuzulassen, hat unter Berücksichtigung der einschlägigen Bestimmungen:

1.  der Generalsuperior mit Zustimmung seines Rats und nach Befragung der Betreuer des Kandidaten für die ganze Kongregation;

2.  der Visitator mit Zustimmung seines Rats und nach Befragung der Betreuer für seine Provinz.

57.  – § 1. – Die auf die Bitte des Mitbruders vom höheren Obern gewährte Erlaubnis, die Gelübde abzulegen, hat nach Ablegung der Gelübde die endgültige Eingliederung in die Kongregation zur Folge. Durch den Empfang der Diakonatsweihe wird ein Mitbruder in die Kongregation inkardiniert.

§ 2. — Ein Mitbruder, der noch nicht endgültig der Kongregation eingegliedert ist, kann nicht zu den Weihen zugelassen werden. Doch die Inkorporierung inkardiniert einen Mitbruder, der schon Kleriker ist, in die Kongregation.

´

58. – § 1. Die Gelübde müssen in Gegenwart des Superiors oder eines von ihm bestimmten Mitbruders abgelegt werden.

§ 2. – Nach dem Brauch der Kongregation erfolgen die Bitte um Ablegung der

Gelübde sowie die Bestätigung der Ablegung schriftlich. Der Generalsuperior ist möglichst bald von der Ablegung der Gelübde in Kenntnis zu setzen.

Die Gelübde werden in der Kongregation der Mission mit folgenden Formeln abgelegt:

a)  Direkte Form: Herr, mein Gott, vor der Allerseligsten Jungfrau Maria gelobe ich, N.N., in der Nachfolge Christi, der das Evangelium verkündete, mein ganzes Leben in der Kongregation der Mission der Evangelisierung der Armen treu zu widmen. Daher gelobe ich mit deiner Gnade Keuschheit, Armut und Gehorsam gemäß den Konstitutionen und Statuten unserer Kongregation.

b)  Erklärende   Form: Vor  der  Allerseligsten Jungfrau Maria gelobe ich, N.N., Gott, in der Nachfolge Christi, der das Evangelium verkündete, mein ganzes Leben in der Kongregation der Mission der Evangelisierung der Armen treu zu widmen. Daher gelobe ich mit der Gnade Gottes Keuschheit, Armut und Gehorsam gemäß den Konstitutionen und Statuten unserer Kongregation.

c)  Frühere Formel: Ich, N.N., unwürdiger Kleriker (Priester, Bruder) der Kongregation der Mission, gelobe Gott vor der Allerseligsten Jungfrau und dem ganzen himmlischen Hof Armut, Keuschheit und Gehorsam gegenüber unserem Obern und seinen Nachfolgern gemäß den Regeln oder Konstitutionen unserer Kongregation; außerdem gelobe

ich mich Zeit meines Lebens für das Heil der armen Landleute in besagter Kongregation einzusetzen mit Hilfe der Gnade Gottes, die ich deshalb demütig anrufe.

zurück

3. Rechte und Pflichten der Mitbrüder  

59.  — § 1. — Alle Mitglieder der Kongregation genießen die Rechte, Privilegien und geistlichen Gnaden, die   das  allgemeine und unser eigenes Recht uns gewähren, wenn aus der Natur der Sache nichts anderes hervorgeht.

§ 2. — Alle, die der Kongregation inkorporiert sind, haben aufgrund des allgemeinen und unseres eigenen Rechts die gleichen Rechte und Pflichten mit Ausnahme derjenigen, die sich auf die Ausübung der Weihe und der damit verbundenen Jurisdiktion beziehen. Noch nicht inkorporierte Mitglieder haben Rechte und Pflichten gemäß den Konstitutionen, den Statuten und den Provinznormen.

60.  – Aufgrund des allgemeinen und unseres eigenen Rechts haben alle inkorporierten Mitglieder aktives und passives Stimmrecht, falls sie es nicht  nach Maßgabe des Rechts verloren haben.

61.  — Passives Wahlrecht haben, sofern nichts anderes vom allgemeinen Recht und vom Recht der Kongregation vorgesehen ist, für alle Ämter und Aufgaben die Mitglieder, die drei Jahre der Kongregation inkorporiert sind und das 25. Lebensjahr vollendet haben.

62.  — Abgesehen von den Verpflichtungen, die unser Eigenrecht den Mitgliedern der Kongregation der Mission auferlegt, sind diese auch an die allgemeinen Verpflichtungen der Kirche gebunden, die vom allgemeinen Recht in den cann. 273 -289 festgelegt sind. Das gilt nicht nur für die Geistlichen, was selbstverständlich ist, die vor allem zum Tragen der geistlichen Kleidung (can. 276) und zur Verrichtung des Stundengebets (can. 284) verpflichtet sind, sondern auch für die Laien, wenn aus der Natur  der Sache oder dem Sinnzusammenhang nichts anderes hervorgeht.

63.  — Alle haben die Konstitutionen, die Statuten und andere in der Kongregation geltenden Normen mit aktivem und verantwortungsbewußtem Gehorsam zu beobachten.

64.  — Ebenso sollen die von den Ortsordinarien erlassenen Normen beachtet werden unbeschadet des Rechts der Exemtion.

zurück

4. Zugehörigkeit der Mitglieder zu einer Provinz und zu einem Haus

65.  — Jedes  Mitglied  der  Kongregation  der Mission muß nach unserem Recht eine Provinz und einem Haus oder einer Gruppe nach Art eines Hauses angehören.

66.  – Die Mitglieder haben in der Provinz und in dem Haus, bzw. in der Gruppe nach Art eines Hauses, wozu sie gehören:

1.  Rechte und Pflichten gemäß den Konstitutionen und Statuten;

2.  einen eigenen und unmittelbaren Haussuperior und einen höheren Obern;

3.  aktives und passives Stimmrecht.

67.  — § 1.— Ein Mitbruder, der entweder vom Generalsuperior oder vom Visitator mit Zustimmung des jeweiligen Rats die Erlaubnis erhalten hat, außerhalb des Hauses oder der Kommunität zu leben, muß einem Haus oder einer Kommunität zugeschrieben sein, damit er dort seine Rechte wahrnehmen und seine Pflichten im Rahmen der ihm gewährten Erlaubnis erfüllen kann.

§ 2. – Die Erlaubnis soll aus einem gerechten Grund gewährt werden, nicht jedoch für länger als ein Jahr, außer wenn es sich um die Heilung einer

Krankheit, um Studium oder apostolische Arbeiten, die im Namen der Kongregation ausgeübt werden, handelt.

zurück

5. Austritt und Entlassung aus der Genossenschaft

68.   – Austritt und Entlassung der Mitglieder sind in der Kongregation der Mission nach dem allgemeinen und dem eigenen Recht geregelt.

69.   – § 1. — Ein Mitbruder, der der Kongregation noch nicht inkorporiert ist, kann sie frei verlassen, indem er den Obern seinen Entschluss mitteilt.

§ 2. — Ebenso kann ein noch nicht inkorporiertes Mitglied aus stichhaltigen Gründen vom Generalsuperior oder vom Visitator nach Anhören ihres Rats und der für den Mitbruder zuständigen Obern entlassen werden.

70.   – Der  Generalsuperior kann aus einem schweren Grund mit Zustimmung seines Rats einem der Kongregation inkorporierten Mitbruder erlauben, außerhalb der Kongregation zu leben, aber nicht über drei Jahre und unter Beibehaltung der Pflichten, die mit seiner neuen Lage vereinbart

werden können. Der Mitbruder bleibt aber unter der Obhut der Obern in der Kongregation, hat jedoch weder aktives noch passives Wahlrecht. Handelt es sich um einen Kleriker, so ist überdies die Zustimmung des Ortsordinarius erforderlich, in dessen Gebiet er sich aufhalten muß und unter dessen Obhut und Abhängigkeit er verbleibt, gemäß can.745.

71.  — Der Generalsuperior kann mit Zustimmung seines Rats einem Mitbruder aus schwerwiegendem Grund erlauben, aus der Genossenschaft auszutreten, und ihn von seinen Gelübden dispensieren, nach can. 743.

72.  — § 1. — Wenn sich ein inkorporierter Mitbruder aus der Gemeinschaft und der Abhängigkeit von den Obern löst, sollen sich die Obern um ihn bemühen und ihm helfen, in seiner Berufung auszuharren.

§ 2. – Kehrt der Mitbruder innerhalb von sechs Monaten nicht zurück, so verliert er sein aktives und passives Wahlrecht und kann nach Maßgabe von Art. 74, § 2 durch ein Dekret des Generalsuperiors entlassen werden.

73.  — § 1. – Ein Mitglied gilt als ohne weiteres entlassen, das:

1. offenkundig vom katholischen Glauben abgefallen ist;

2. eine Ehe geschlossen oder den Abschluß einer solchen, wenn auch nur in Form der Zivilehe, versucht hat.

§ 2. — In diesem Fall hat der höhere Obere mit seinem Rat unverzüglich nach Sammlung der Beweise den Tatbestand festzustellen, damit die Entlassung rechtlich feststeht gemäß can. 694.

74.  — § 1. — Ein   Mitbruder muß aufgrund dessen, was in den cann. 695, 698, und 699, § 1 festgelegt ist, entlassen werden.

        § 2. — Ein Mitbruder kann aufgrund dessen, was in den cann. 696, 697, 698 und 699, § 1 festgelegt ist, entlassen werden.

§ 3. — Im Fall eines schweren äußeren Ärgernisses oder eines sehr schweren dem Institut drohenden Schadens kann ein Mitbruder unverzüglich vom höheren Obern bzw., wenn Gefahr im Verzug ist, vom Hausobern mit Zustimmung seines Rats aus dem Haus gewiesen werden, nach can. 703.

75.  — Das Entlassungsdekret ist dem betreffenden Mitbruder möglichst bald mitzuteilen, wobei ihm die Möglichkeit gegeben ist, innerhalb von zehn Tagen nach Empfang  der Mitteilung Beschwerde beim Heiligen Stuhl einzulegen, mit aufschiebender Wirkung. Damit das Entlassungsdekret Rechtskraft hat, ist can. 700 zu beachten.

76. — § 1. — Mit der rechtmäßigen Entlassung verliert der Mitbruder zugleich alle Rechte und Pflichten, die er in der Kongregation hatte. Ist er jedoch Kleriker, so gelten die Vorschriften der cann.693und 701.

§ 2. — Wer rechtmäßig aus der Kongregation austritt oder aus ihr rechtmäßig entlassen wurde, kann für jegliche in ihr geleistete Arbeit von derselben nichts verlangen.

§ 3. — Die Kongregation soll jedoch Billigkeit und evangelische Liebe gegenüber dem ausgeschiedenen Mitbruder walten lassen, wie es can. 702 bestimmt.

zurück

Kapitel VI — Ausbildung der Mitbrüder

1. Grundsätzliches

77. – § 1. – Die Ausbildung und die Fortbildung sind ein ständiger Prozess mit dem Ziel, daß die Mitbrüder sich in die Denkweise des heiligen Vinzenz einleben und so fähig werden, die Sendung der Gemeinschaft zu erfüllen.

§ 2. — Daher müssen sie von Tag zu Tag mehr innewerden, daß Jesus Christus die Mitte unseres Lebens und d i e Regel der Genossenschaft ist.

78. – § 1. – Die Ausbildung soll, wie unser ganzes Leben, so ausgerichtet sein, daß die Liebe Christi uns immer mehr drängt, den Sinn der Kongregation der Mission zu erfüllen. Als Jünger des Herrn werden wir dieses Ziel nur durch Selbstverleugnung und ständige Hinwendung zu Christus erreichen.

§ 2. – Die Mitbrüder sollen sich in das Wort Gottes vertiefen, aus den Sakramenten leben und sich im gemeinschaftlichen und persönlichen Gebet und in der vinzentinischen Spiritualität üben.

§ 3. — Außerdem müssen die Studenten die von der Kirche vorgeschriebenen Studien betreiben, um sich das notwendige Wissen zu erwerben.

§ 4. — Schon von Anfang an sollen sich alle, entsprechend dem Grad ihrer Ausbildung und ihren Fähigkeiten, in geeigneter Weise pastoral betätigen, vor allem in Verbindung mit denen, die sie dazu anleiten können, auch indem sie zu den Armen gehen und deren Lebensbedingungen kennenlernen. Auf diese Weise können sie leichter ihre besondere Berufung in unserer Gesellschaft, die ihren persönlichen Fähigkeiten entspricht, feststellen.

§ 5. – Die pädagogischen Richtlinien sollen dem Alter der Studenten so angepaßt werden, daß sie stufenweise lernen, sich selbst zu erziehen, ihre Freiheit klug zu gebrauchen, damit ihnen spontanes

und ursprüngliches Handeln zur Gewohnheit wird und sie zur christlichen Reife gelangen.

79.  — Die Mitbrüder, die dem Ruf Gottes, der an sie erging, in unserer Gemeinschaft nachkommen, sollen in der Zeit ihrer Ausbildung das vinzentinisch geprägte   Gemeinschaftsleben   lernen. Die Gemeinschaft ihrerseits soll die persönlichen Anlagen des einzelnen auf dem ganzen Ausbildungsweg fördern.

80.  — Bei der Ausbildung unserer Mitbrüder müssen die verschiedenen Formen der Unterweisung aufeinander abgestimmt werden. In der Aufeinanderfolge muß eine organische Einheit herrschen. Alles werde so geordnet, daß es auf die pastoralen Aufgaben der  Kongregation hinausläuft.

81.  — Die Ausbildung unserer Mitbrüder muß das ganze Leben hindurch fortgesetzt und erneuert werden.

zurück

2. Das Innere Seminar

82.  — Kandidaten, die in das Innere Seminar aufgenommen werden wollen, müssen im Rahmen der notwendigen Voraussetzungen ihre Eignung erkennen  lassen, die vinzentinische Sendung in Gemeinschaft zu erfüllen.

83.  — § 1. — Das Innere Seminar ist die Zeit, in der die Mitbrüder ihre Aufgabe und das Leben in der Gemeinschaft beginnen und, unterstützt von der Gemeinschaft und den Mentoren, ihre Berufung genauer erfassen und sich durch eine besondere Ausbildung auf die freiwillige endgültige Eingliederung in die Gemeinschaft vorbereiten.

§ 2. — Das Innere Seminar muß sich auf einen Zeitraum von wenigstens zwölf zusammenhängen–den oder unterbrochenen Monaten erstrecken. Im letzteren Fall hat die Provinzversammlung die Zahl der zusammenhängenden Monate zu bestimmen. Außerdem ist es Sache der einzelnen Provinzen festzulegen, wann das Seminar dem Studiengang eingefügt wird.

84.  — Deswegen muß die ganze Zeit darauf ausgerichtet sein, daß die Seminaristen:

1.  eine größere Reife erlangen;

2.  fortschreitend in Theorie und Praxis der apostolischen Sendung und des Lebens der Kongregation der Mission eingeführt werden;

3. zur Gotteserfahrung, vor allem im Gebet, gelangen.

85. — Um dies zu erreichen, sollen die Seminaristen eifrig bemüht sein:

1.  sich ein angemessenes konkretes Verständnis für die Menschen zu verschaffen, vor allem für die Armen, für ihre Bedürfnisse, Wünsche und Schwierigkeiten;

2.  den besonderen Charakter, den Geist und die Aufgaben der Kongregation zu erkennen, indem sie auf die Quellen zurückgehen, vor allem auf das Leben und die Taten des heiligen Vinzenz, die Geschichte und die Tradition der Kongregation, und indem sie aktiv und ihren Verhältnissen entsprechend  an unserem Apostolat teilnehmen;

3.  Studium und Meditation des Evangeliums und der ganzen Heiligen Schrift nachdrücklich zu pflegen;

4.  aktiv am Geheimnis und der Sendung der Kirche als Heilsgemeinschaft teilzunehmen;

5.  die Grundsätze des Evangeliums, vor allem Keuschheit, Armut und Gehorsam nach dem Geist des heiligen Vinzenz zu erfassen und danach zu leben.

86. — Die Seminaristen sollen in die Provinz und in die Hausgemeinschaft, zu der sie gehören, integriert und durch die gemeinsame Verantwortung unter der Leitung und dem Ansporn des Seminardirektors geformt werden.

zurück

3. Das große Seminar (Studentat)

87.   – § 1  – Das Studentat ist auf die vollständige Vorbereitung für den vinzentimschen priesterlichen  Dienst hinzuordnen, so daß die Studenten nach dem Beispiel Christi, des Verkünders der Frohbotschaft, in der Lage sind, das Evangelium zu predigen, die heiligen Geheimnisse zu feiern und die Seelsorge unter den Glaubigen auszuüben.

§ 2 — Nach dem Geist des heiligen Vinzenz und der Tradition der Kongregation ist die Ausbildung unserer Studenten vor allem auf den Dienst am Wort und auf den Armendienst auszurichten.

88.   — Die Ausbildung unserer Studenten soll in engem Kontakt mit der sozialen Wirklichkeit geschehen, so daß die Studien zu kritischem Blick und Urteil hinsichtlich der heutigen Welt fuhren Die Studenten sollen sich durch innere Umkehr

schon in die christliche Aufgabe der Schaffung einer gerechten Ordnung einleben. Die Wurzeln der Armut in der Welt müssen ihnen immer mehr bewußt werden. Sie sollen die Hindernisse entdecken, die der Evangelisierung entgegenstehen. Dies alles soll im Licht des göttlichen Wortes und unter Leitung der Mentoren geschehen.

89.  – In den Studenten sollen die Einsatzbereitschaft und die missionarischen Anlagen gefördert werden: die Fähigkeit, Gruppen zu bilden und zu leiten, Verantwortlichkeit, Urteils- und Kritikfähigkeit, großherzige Bereitschaft und die Kraft, sich entschieden für die Sendung der Kongregation einzusetzen.

90.  – Der Visitator muß eine Zeit festsetzen, damit die Studenten nach Abschluß der theologischen Studien und vor dem Empfang der Priesterweihe eine Zeitlang als Diakone tätig sind.

zurück

4. Die Ausbildung der Brüder

91. — § 1. — Besondere Sorgfalt widme man der Ausbildung der Brüder, damit sie ihre Sendung in der Kongregation der Mission getreulich erfüllen können. Alles, was in den Konstitutionen und Statuten über die Ausbildung gesagt wird, gilt auch für die Brüder.

§ 2. — Sie müssen also im Inneren Seminar dieselbe Ausbildung wie die anderen Mitbrüder gemessen, wenn nicht besondere Umstände etwas anderes nahelegen.

§ 3. — Bezüglich der Ausbildung der Brüder, die ständige Diakone werden sollen, gelten die Provinznormen.

92. — Die Brüder sollen stufenweise in das Apostolat eingeführt werden, so daß sie lernen, alles im Licht des Glaubens zu sehen, zu beurteilen und zu tun und durch ihre Tätigkeit sich selbst mit den anderen zu bilden und zu vervollkommnen.

zurück

5. Direktoren und Professoren

93.  — Die ganze Provinz muß sich für die Ausbildung der Mitbrüder verantwortlich fühlen. Die einzelnen Mitbrüder mögen zur aktiven Mithilfe bei der Durchführung dieser Aufgabe bereit sein.

94.   — Da die Ausbildung der Studenten vor allem von geeigneten Erziehern abhängt, bedürfen die Mentoren und Professoren solider Wissenschaft, pastoraler Erfahrung und einer besonderen Schulung.

95. – § 1.— Zwischen Direktoren und Studenten soll ein Verhältnis gegenseitigen Verstehens und Vertrauens herrschen. In ständigem und aktivem Umgang miteinander sollen sie eine echte Erziehungsgemeinschaft bilden.

§ 2. – Offen für Anregungen aus anderen Gruppen, soll diese Gemeinschaft ihre eigenen Ziele und Tätigkeiten im Auge behalten und sie ständig überprüfen.

§ 3. – Die an der Ausbildung Beteiligten sollen gemeinsam vorgehen. Doch soll die besondere und unmittelbare Sorge für die Seminaristen und Studenten einem Mitbruder oder, wenn nötig, mehreren Mitbrüdern übertragen werden.

zurück

DRITTER   TEIL

Organisation

1. Abschnitt — Die Leitung Grundsätzliches

96.  – Weil alle Mitbrüder zur Fortführung der Sendung Christi berufen sind, haben auch alle das Recht und die Pflicht, gemäß den Normen unseres eigenen Rechts am Gedeihen unserer apostolischen Gemeinschaft mitzuwirken und an ihrer Leitung teilzunehmen. Deshalb sollen sie bei der Erfüllung ihrer Aufgaben, bei der Übernahme apostolischer Arbeiten, bei der Ausführung von Weisungen aktiv und verantwortlich zusammenarbeiten.

97.  — § 1. — Alle, die in der Genossenschaft Autorität ausüben, die von Gott ist, und diejenigen, die hieran irgendwie Anteil haben, also etwa in den Versammlungen und Ratsgremien, sollen sich den Guten Hirten vor Augen halten, der nicht gekommen ist, sich bedienen zu lassen, sondern zu dienen. Im Bewusstsein ihrer Verantwortung vor Gott sollen sie sich als Diener der Gemeinschaft betrachten, um diese in echter Arbeits- und Lebensgemeinschaft im Geist des heiligen Vinzenz dem Ziel, das sie sich gesteckt hat, näher zu führen.

§ 2. — Deshalb sollen sie den Dialog mit den Mitbrüdern pflegen, wobei ihre Vollmacht, Entscheidungen zu treffen und Weisungen zu geben, nicht in Frage gestellt wird.

98.   – Alle Mitbrüder haben bei den Aufgaben, die ihnen die Gemeinschaft überträgt, die Voll–macht, die zur Erfüllung ihrer Aufgabe erforderlich ist. Deshalb soll eine höhere Instanz nicht Entscheidungen an sich ziehen, die von den einzelnen Mitbrüdern oder von einer niederen Instanz geregelt werden können.

Doch darf dabei nicht die Einheit der Leitung verlorengehen, da sie für die Erreichung des Zieles und den Bestand der Genossenschaft unverzichtbar ist.

99.  — Die Kongregation der Mission mit ihren Häusern und Kirchen, sowie alle ihre Mitglieder sind exemt gegenüber den Ortsordinarien durch ein spezielles apostolisches Indult, ausgenommen die im Recht eigens genannten Fälle.

100. — Die Generalversammlung, der Generalsuperior, die Visitatoren und die Superioren der Häuser und der rechtmäßig errichteten Kommunitäten haben über die Mitbrüder die im allgemeinen und unserem Eigenrecht umschriebene Vollmacht. Sie besitzen überdies kirchliche Leitungsgewalt oder Jurisdiktion sowohl für den äußeren als auch für den inneren Bereich. Die Superioren müssen daher die Priesterweihe empfangen haben.

zurück

Kapitel I – Die Generalkurie

1. Der Generalsuperior

101. — Der Generalsuperior, der Nachfolger des heiligen Vinzenz, führt gemeinsam mit der ganzen Kongregation die Sendung des Gründers, die den verschiedenen Zeitumständen   angepasst  ist, im Dienst der Gesamtkirche fort. Daher soll er die Genossenschaft in dem Bemühen leiten, das Charisma des heiligen Vinzenz immer in der Kirche lebendig zu halten.

102. — Vom Generalsuperior, dem Zentrum der Einheit und der Koordination der Provinzen, sollen grundsätzliche Anregungen  für das geistliche Leben und die apostolische Tätigkeit ausgehen.

103. — Der Generalsuperior leitet mit ordentlicher Vollmacht alle Provinzen, Hauser und die einzelnen Mitbruder nach den Normen des allgemeinen  und  unseres  besonderen   Rechts. Doch untersteht er gemäß dem Recht der Autorität der Generalversammlung.

104. — Der Generalsuperior kann für die Konstitutionen und Statuten sowie für die Dekrete nur die gebräuchliche Erklärung geben.  

105.   — § 1. — Der Generalsuperior wird von der Generalversammlung gemäß Art. 140 der Konstitutionen gewählt.

§ 2. – Zur Gültigkeit der Wahl des Generalsuperiors sind die Bedingungen erforderlich, die der zu Wählende nach dem allgemeinen und dem Eigenrecht erfüllen muß.

§ 3. — Der Generalsuperior wird nach Maßgabe des Eigenrechts der Kongregation der Mission auf sechs Jahre gewählt und kann dann noch einmal für sechs Jahre wiedergewählt werden.

§ 4. — Die sechs Jahre enden mit der Übernahme des Amtes durch den Nachfolger in der nächsten ordentlichen Generalversammlung.

106.   — § 1. — Das Amt des Generalsuperiors erlischt:

1.  durch die Übernahme des Amts durch den Nachfolger;

2.  durch seinen Verzicht, wenn er von der Generalversammlung oder vom Heiligen Stuhl angenommen wird;

3.  durch die vom Heiligen Stuhl verfügte Absetzung.

§ 2. — Wenn es offenkundig ist, daß der Generalsuperior unwürdig oder ungeeignet ist, sein Amt auszuüben, ist es Aufgabe der Generalassistenten, gemeinsam darüber zu befinden und den Heiligen Stuhl davon in Kenntnis zu setzen, dessen Entscheidung zu folgen ist.

107. — Außer den Vollmachten, die dem Generalsuperior durch das allgemeine und besondere Recht oder durch ein besonderes Zugeständnis gegeben sind, hat er die Aufgabe und die Pflicht:

1.  seine ganze Sorge darauf zu verwenden, daß der Geist des heiligen Gründers lebendig unter uns erhalten bleibt und die Konstitutionen und Statuten in geeigneter Weise angewendet werden;

2.  mit Zustimmung seines Rats allgemeine Anordnungen zum Nutzen der Kongregation zu treffen;

3.  mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der beteiligten Mitbrüder unter Beachtung der Rechtsvorschriften Provinzen zu errichten, zusammenzulegen, aufzuteilen und aufzulösen;

4.  die Generalversammlung einzuberufen, darin den Vorsitz zu führen und die Mitglieder mit Zustimmung der Versammlung selbst zu entlassen;

5.  mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der Provinzkonsultoren  aus einem schwerwiegenden  Grund einen Visitator abzusetzen;

6.  mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der Betroffenen nach can.733, § 1 Häuser und Ortskommunitäten zu errichten und aufzulösen unter Beachtung der Autorität des Visitators;

7.  aus schwerwiegendem Grund mit Zustimmung seines Rats nach Anhören der betroffenen Visitatoren das Haus einer Provinz im Gebiet einer anderen zu errichten;

8.  aus einem angemessenen Grund und mit Zustimmung seines Rats Häuser zu errichten, die von keiner Provinz abhängen und vom Haussuperior in unmittelbarer Abhängigkeit vom Generalsuperior geleitet werden, und die Superioren dieser Häuser zu ernennen;

9.  mit Zustimmung seines Rats Mitglieder zu den Gelübden und den Weihen zuzulassen, sie aus einem schwerwiegenden Grund von den Gelübden zu dispensieren, sei es, daß sie die Kongregation verlassen, sei es, daß sie entlassen werden;

10.  Mitglieder zu entlassen entsprechend dem allgemeinen und unserem besonderen Recht;

11. mit Zustimmung seines Rats in außergewöhnlichen Fällen aus schwerwiegendem Grund von der Beobachtung der Konstitutionen zu entbinden;

12. mit Zustimmung seines Rats die Provinznormen zu approbieren.

zurück

2. Der Generalvikar

108. — Der Generalvikar hilft dem Generalsuperior und nimmt während dessen Abwesenheit  dessen Amtsgeschäfte gemäß unserem besonderen Recht war.

109. – Der Generalvikar wird von der General Versammlung gemäß unserem Recht gewählt um wird damit auch ohne weiteres Generalassistent.

110. — Ist der Generalsuperior abwesend, so hat der Generalvikar die gleichen Befugnisse wie dieser, wenn der Generalsuperior sich nicht etwa vorbehalten hat.

111. — Im Fall einer Verhinderung des Generalsuperiors vertritt ihn der Generalvikar mit allen Rechten bis zum Ende der Verhinderung Ob eine Verhinderung vorliegt, stellt der Generalrat in Abwesenheit des Generalsuperiors, aber m Anwesenheit des Generalvikars fest

112. —Wird das Amt des Generalsuperiors aus irgendeinem Grund frei, so wird der Generalvikar ohne weiteres Generalsuperior bis zum Ablauf der sechsjährigen Amtszeit Mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören wenigstens der Visitatoren und Vizevisitatoren soll er möglichst bald einen neuen Generalvikar aus den Assistenten ernennen

113. — Wird das Amt des Generalvikars aus irgendeinem Grund frei, so soll der Generalsuperior mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören wenigstens der Visitatoren und Vizevisitatoren möglichst bald einen neuen Generalvikar aus den Assistenten ernennen

114. — Das Amt des Generalvikars erlischt gemäß dem allgemeinen und besonderem Recht

zurück

3. Die Generalassistenten

115. – Die Generalassistenten sind Mitglieder der Genossenschaft, die den Rat des Generalsuperiors bilden und ihm mit Rat und Tat bei der Leitung der Kongregation helfen, damit deren Einheit und Kraft gefordert, die Konstitutionen und Entscheidungen der Generalversammlung verwirklicht werden und alle Provinzen zum Gedeihen der Werke der Kongregation zusammenarbeiten.

116. — § 1 – Die Generalassistenten werden von der Generalversammlung nach unseren Rechtsnormen gewählt.

§ 2 — Die Generalassistenten, vier an der Zahl, werden aus verschiedenen Provinzen auf sechs Jahre gewählt und können einmal wiedergewählt werden

§ 3 – Die sechsjährige Amtsperiode geht zu Ende mit Übernahme des Amts durch den Nachfolger in der nächsten ordentlichen Generalversammlung

117. – Das Amt der Generalassistenten erlischt entsprechend dem allgemeinen und besonderen Recht.

118. — § 1. — Wenn ein Assistent aus seinem Amt scheidet, ernennt der Generalsuperior einen Ersatzmann mit Zustimmung der anderen Assistenten. Dieser hat dieselben Rechte und Pflichten wie die übrigen Assistenten.

§ 2. — Wenn jedoch innerhalb von sechs Monaten eine Generalversammlung beginnt, braucht der Generalsuperior keinen Ersatzmann zu ernennen.

zurück

4. Die Offiziale der Generalkurie

119. — § 1. — Der Generalsekretär, der Generalökonom und der Generalprokurator beim Heiligen Stuhl werden unabhängig von der Zahl der Assistenten vom Generalsuperior mit Zustimmung seines Rats ernannt.

§ 2. — Sie bleiben im Amt nach dem Willen des Generalsuperiors mit Zustimmung seines Rats. Hinsichtlich ihres Amts gehören sie zur Generalkurie.

§ 3. — Sie können vom Generalsuperior zum Generalrat hinzugezogen werden, aber ohne Stimmrecht, unbeschadet der Fälle, die in den Statuten behandelt sind.

§ 4. — Sie nehmen an der Generalversammlung mit Stimmrecht teil.

zurück

Kapitel II — Provinz– und Hausverwaltung

1. Die Provinzen und Vizeprovinzen

120. — Die Kongregation der Mission besteht aus Provinzen gemäß unserem Recht.

121. — Nach unserem Recht gibt es auch Vizeprovinzen in der Kongregation.

122. — Eine Provinz ist territorial umschrieben und besteht aus mehreren miteinander verbundenen Häusern. An ihrer Spitze steht der Visitator mit eigener ordentlicher Vollmacht entsprechend dem allgemeinen und unserem besonderen Recht.

zurück

2. Visitator und Vizevisitator

123. – § 1. – Der Visitator ist höherer Oberer, Ordinarius und mit eigener ordentlicher Vollmacht ausgestattet. Er steht an der Spitze einer Provinz, um sie gemäß dem allgemeinen und unserem besonderen Recht zu leiten.

§ 2. — Der Visitator soll um die aktive Teilnahme aller am Leben und Apostolat der Provinz bemüht sein und die Mitbrüder und die zur Verfügung stehenden Mittel im Dienst der Kirche gemäß dem Zweck der Kongregation einsetzen. Er fördere die besonderen Aufgaben und Arbeiten der Häuser, trage Sorge für den persönlichen Fortschritt und die Tätigkeit der einzelnen und eine lebendige Einheit.

124. — Der Generalsuperior ernennt mit Zustimmung seines Rats gemäß unserem Eigenrecht den Visitator nach vorhergegangener Befragung der Provinz, oder er bestätigt ihn nach vorhergegangener Wahl.

125. — Es ist das Recht und die Pflicht des Visitators:

1.  die Beobachtung der Konstitutionen, Statuten und Normen zu fördern;

2.  mit Zustimmung seines Rats Anordnungen zum Wohl der Provinz zu treffen;

3.  mit Zustimmung seines Rats und nach Befragung des Generalsuperiors innerhalb der Grenzen seiner Provinz gemäß can. 733, § 1 Häuser zu errichten und örtliche Kommunitäten zu gründen und sie aufzuheben;

4.  mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der Mitbrüder den Superior eines Hauses zu ernennen und den Generalsuperior davon in Kenntnis zu setzen;

5. mit Zustimmung seines Rats und nach Besprechung mit den Betroffenen mit Genehmigung des Generalsuperiors einen Regionalsuperior einzusetzen und ihm Vollmachten zu übertragen;

6. die Hauser und die Mitbruder oft zu besuchen und sie wenigstens alle zwei Jahre zu visitieren,

7. die Provinzversammlung entsprechend unserem eigenen Recht einzuberufen und darin den Vorsitz zu fuhren; die Mitglieder mit Zustimmung der Versammlung zu entlassen und die Provinznormen zu veröffentlichen;

8. Kandidaten ins Innere Seminar aufzunehmen und sie zum „Guten Vorsatz» und den Gelübden zuzulassen gemäß den Konstitutionen und Statuten;

9.  nach Beratung mit den Superioren und den Leitern des Studentats Mitbruder zu den liturgischen   Ämtern  und  mit  Zustimmung seines Rats zu den Weihen zuzulassen;

10. Mitbruder für die Weihen zu präsentieren und ihnen die Dimissionen für ihre Weihe auszustellen;

11. noch nicht inkorporierte Mitbruder nach Anhören seines Rats und nach Besprechung mit den Mentoren zu entlassen.

zurück

3. Der Assistent des Visitators

126. – Der Visitator kann zur Unterstützung in seinem Amt einen Assistenten haben, der die von den Art. 61 und 100 geforderten Voraussetzungen erfüllt. Die Provinzversammlung entscheidet, ob ein Assistent ernannt werden soll.

4. Der Rat des Visitators

127. — Die Konsultoren, die den Rat des Visitators bilden, helfen diesem mit Rat und Tat in der Leitung der Provinz, damit deren Kräfte und Einheit gefördert, die Konstitutionen und die Entscheidungen der Provinzversammlung durchgeführt werden und alle Häuser und Mitbrüder in den übernommenen Werken zusammenarbeiten.

5. Der Provinzökonom

128. — In jeder Provinz soll es einen Ökonomen geben, der die zeitlichen Güter der Provinz unter der wachsamen Leitung des Visitators und seines Rats verwaltet nach Norm des can. 636, § 1 und unseres eigenen Rechts.

zurück

6. Die Ämter der Hausverwaltung

129. — § 1. — Die Kongregation verwirklicht sich vor allem in den einzelnen Hausgemeinschaften.

§ 2. — Der Superior, von dem die Einheit und das Leben des Hauses vornehmlich abhängen, soll die Dienste, die die Hausgemeinschaft übernommen hat, fördern und mit der Gemeinschaft sein Interesse am Fortschritt der einzelnen und ihrer Tätigkeit bekunden.

130. – § 1. — Der Ortssuperior wird nach Anhören der Mitbruder des Hauses oder der Ortskommunität für drei Jahre vom Visitator ernannt. In demselben Haus bzw. in derselben Ortskommunität kann er unter denselben Bedingungen für ein weiteres Triennium ernannt werden. Nach dem zweiten Triennium hat man sich, wenn nötig, an den Generalsuperior zu wenden.

§ 2. – Die Provinzversammlung kann auch eine andere Form der Ernennung des Haussuperiors festsetzen.

§ 3. — Der Haussuperior muß den Voraussetzungen entsprechen, die von den Art. 61 und 100 gefordert sind.

131. – Gemäß dem Recht hat der Superior ordentliche Vollmacht im inneren und äußeren Bereich über seine Mitbrüder und alle, die Tag und Nacht in seinem Haus leben. Diese Vollmacht kann er andern übertragen.

132. — § 1. — Wenn  die Voraussetzungen für die Errichtung eines Hauses fehlen oder wenn ein Unternehmen es nahelegt, kann der Visitator mit Zustimmung seines Rats eine Gruppe nach Art eines Hauses errichten gemäß den Provinznormen.

        § 2. — Einer der Mitbrüder, der vom Visitator nach Maßgabe des Rechts ernannt wird, ist in dieser Gemeinschaft wie ein Superior verantwortlich.

§ 3. — Eine Gruppe nach Art eines Hauses hat dieselben Rechte und Pflichten wie eine Hausgemeinschaft.

133. — Ein Haussuperior kann abgesetzt werden, wenn der Visitator es mit Zustimmung seines Rats und mit Genehmigung des Generalsuperiors aus einem triftigen und entsprechenden Grund für gut hält.

134. — § 1. — Der Ökonom verwaltet unter der Leitung des Superiors und unterstützt von der Sorge der Mitbrüder und im Gespräch mit ihnen die Güter des Hauses nach Maßgabe des allgemeinen Rechts,  des  Rechts  der Kongregation und der Provinz.

§ 2. – Wenn der Visitator mit Zustimmung seines Rats es für irgendein Haus als notwendig ansieht, soll ein Hausrat eingesetzt werden. Die Hauskonsultoren, die dem Superior bei der Leitung des Hauses helfen, werden nach den Provinznormen ernannt.

zurück

Kapitel III — Die Versammlungen

1. Allgemeine Bestimmungen

135. – In der Kongregation der Mission gibt es drei Arten von Versammlungen, deren Aufgabe es ist, die Spiritualität und reges apostolisches Leben der Kongregation zu schützen und zu fördern: die General-, die Provinz- und die Hausversammlung.

136. — § 1. — Keiner kann ein doppeltes Stimmrecht haben.

§ 2. — Vor der Wahl gestellte Bedingungen gelten als nichtig.

§ 3. – Aufgrund der Wahl ist der Gewählte verpflichtet, an der Versammlung teilzunehmen bzw. ein Amt anzunehmen, wenn ihn nicht ein schwerwiegender Grund entschuldigt. Handelt es sich um Teilnahme an einer Versammlung, so wird der schwerwiegende Grund vom zuständigen Obern begutachtet, der danach die Versammlung um die Bestätigung bittet; geht es dagegen um die Annahme eines Amts, so muß der schwerwiegende Grund von der Versammlung anerkannt werden.

§ 4. — Keiner kann sich nach eigenem Gutdünken in den Versammlungen von einem andern vertreten lassen.

§ 5. — Die Stimmenmehrheit wird nur nach den abgegebenen gültigen Stimmen berechnet. Stimmenthaltung zählt nicht.

zurück

2. Die Generalversammlung

137. — Die Generalversammlung repräsentiert unmittelbar die ganze Kongregation und hat als deren höchste Autorit&aumauml;t das Recht:

1.  das Erbgut unserer Kongregation zu wahren und sich, wie diese es sich selbst vorgenommen hat, um die den Verhältnissen entsprechende Erneuerung zu bemühen;

2.  den Generalsuperior, den Generalvikar und die Generalassistenten zu wählen;

3.  Gesetze   oder  Statuten und Dekrete zum Wohl der Kongregation zu erlassen unter Beachtung des Grundsatzes der Subsidiarität. Statuten, die nicht ausdrücklich abgeschafft werden, bleiben in Kraft. Dekrete jedoch müssen ausdrücklich bestätigt werden, um ihre Gültigkeit zu behalten;

4.  vom Heiligen Stuhl Änderungen in den von ihm approbierten Konstitutionen mit Zweidrittelmehrheit zu erbitten;

5.  die Statuten authentisch zu interpretieren; die authentische Interpretation der Konstitutionen jedoch ist Sache des Heiligen Stuhls.

138. — Eine Generalversammlung, die vom Generalsuperior einberufen wird, kann sein:

1.  eine ordentliche Generalversammlung zur Wahl des Generalsuperiors, des Generalvikars und der Generalassistenten und zur Behandlung der Angelegenheiten der Kongregation;

2.  eine außerordentliche Generalversammlung, die vom Generalsuperior gemäß  unserem eigenen Recht einberufen wird.

139. — An der Generalversammlung müssen teilnehmen:

1. der Generalsuperior, der Generalvikar und die Generalassistenten, der Generalsekretär, der Generalökonom und der Generalprokurator beim Heiligen Stuhl;

2. die Visitatoren und die Delegierten der Provinzen, die nach unserem eigenen Recht gewählt werden.

140. – Die Wahl des Generalsuperiors geschieht auf folgende Weise:

§ 1. — Wenn im ersten Wahlgang keiner zwei Drittel der Stimmen auf sich vereinigt, findet ein zweiter Wahlgang statt nach demselben Verfahren wie der erste. Ist der zweite Wahlgang ergebnislos, folgt ein dritter und ggfs. ein vierter.

Nach dem vierten ergebnislosen Wahlgang kommt ein fünfter, in dem die absolute Mehrheit der Stimmen erforderlich ist und genügt, abzüglich der ungültigen.

Nach dem fünften ergebnislosen Wahlgang kommt ein sechster, in dem nur die zwei Kandidaten passives Wahlrecht haben, die im fünften Wahlgang die meisten, wenn auch gleich viele Stimmen hatten, falls nicht mehrere an erster oder zweiter Stelle gleich viele Stimmen erhielten. In dem Fall haben auch diese im sechsten Wahlgang passives Wahlrecht. In diesem Wahlgang ist erforderlich und genügt die relative Mehrheit der Stimmen unter Abzug der ungültigen. Im Fall der Stimmengleichheit gilt als gewählt, der älter ist an Berufs-  oder Lebensjahren.                                

§ 2. — Nach gültiger Wahl und der Annahme des Amts durch den Gewählten proklamiert der Vorsitzende nach Ausstellung des Wahldekrets mit deutlicher Stimme den Gewählten Wenn der Vorsitzende selbst zum Generalsuperior gewählt wurde, stellt der Sekretär der Versammlung das Dekret aus, und der Moderator proklamiert den Gewählten.

§ 3 — Wer gewählt wurde, verweigere nur aus schwerwiegenden Gründen die Annahme der anvertrauten Last.

§ 4 – Nach vollzogener Wahl und Dank gegen Gott werden die Wahlzettel vernichtet

§ 5 — Wenn der Neugewählte nicht anwesend ist, soll er herbeigerufen werden Bis zu seiner Ankunft kann die Generalversammlung andere Probleme der Kongregation der Mission behandeln.

141. — Der Generalvikar wird unter denselben Bedingungen wie der Generalsuperior gewählt und nach der in Art 140, § 1 angegebenen Weise.

142.  – § 1  – Nach der Wahl des Generalsuperiors und des Generalvikars schreitet die Generalversammlung zur Wahl der anderen Assistenten in getrennten Wahlgängen

§ 2 — Jene gelten als gewählt, die nach Abzug der ungültigen Stimmen die absolute Mehrheit erhielten; sie werden vom Vorsitzenden der Versammlung als die Gewählten bekanntgegeben.

§ 3. — Wenn im ersten und zweiten Wahlgang keiner gewählt wurde, dann ist im dritten Wahlgang der gewählt, der die einfache Mehrheit der Stimmen erhielt, bei Stimmengleichheit der nach Berufs– oder Lebensjahren Ältere.

zurück

3. Die Provinzversammlung

143. — Die Provinz Versammlung ist die Zusammenkunft von Mitbrüdern, die die Provinz als Abgeordnete vertreten. Ihre Aufgabe ist:

1.  im   Namen   des   allgemeinen  und unseres eigenen Rechts zum allgemeinen Wohl der Provinz Normen festzusetzen, die nach der Genehmigung durch den Generalsuperior mit Zustimmung seines Rats verpflichtende Kraft haben;

2.  als beratendes Organ des Visitators Angelegenheiten zu behandeln, die der Provinz von Nutzen sein können;

3.  über Vorschläge zu befinden, die im Namen der Provinz an die Generalversammlung oder an den Generalsuperior weitergeleitet werden sollen;

4.  ggfs. Delegierte für die Generalversammlung zu wählen;

5.  im Rahmen  des allgemeinen und unseres eigenen  Rechts Normen  für die Hausversammlungen festzusetzen, die nicht der Zustimmung des Generalsuperiors bedürfen.

144.  — § 1. — Eine Provinzversammlung ist zweimal innerhalb von sechs Jahren abzuhalten, und zwar vor einer Generalversammlung und einmal in der Zwischenzeit.

§ 2. – Der Visitator kann mit Zustimmung des Provinzrates und nach Anhören der Superioren, wenn es notwendig erscheint, eine außerordentliche Provinzversammlung einberufen.

145. — Es ist Sache des Visitators, die Provinzversammlung einzuberufen, zu leiten, mit Zustimmung der Versammelten zu entlassen und die Normen bekanntzugeben.

146. — Wenn die Provinznormen nichts anderes vorsehen, müssen an der Provinzversammlung teilnehmen:

1.  aufgrund ihres Amtes der Visitator, die Mitglieder des Provinzrates, der Provinzökonom und die Superioren der einzelnen Häuser;

2.  ferner die nach Norm des Eigenrechts Deputierten.

4. Die Hausversammlung

147. – § 1. — Die Hausversammlung wird vom Haussuperior oder von seinem Assistenten, wenn er dessen Amt voll ausübt, einberufen und abgehalten in Hinordnung auf die Provinzversammlung.

§ 2. — Zur Hausversammlung sind alle zusammenzurufen, die aktives Stimmrecht haben.

§ 3. – Die Hausversammlung hat das zu behandeln, was sie in der Provinzversammlung vorbringen will, sowie die Fragenkomplexe, welche die Vorbereitungskommission der Provinzversammlung zur Diskussion vorgelegt hat, und Vorschläge zu überlegen.

zurück

2. Abschnitt — Die zeitlichen Güter

148. – § 1. – Wegen der Erfordernisse der Seelsorge und des gemeinschaftlichen Lebens besitzt die Kongregation der Mission zeitliche Guter. Sie gebraucht sie als Hilfsmittel für den Dienst an Gott und den Armen nach der Gesinnung und der Handlungsweise ihres Gründers. Sie verwaltet sie als Eigentum der Armen mit Umsicht, aber ohne das Verlangen, sie anzuhäufen.

§ 2. – Die Kongregation der Mission bekennt sich zur Gemeinschaftsform der evangelischen Armut dadurch, daß alle Güter gemeinsam sind und die Gemeinschaft sie gebraucht, um besser das ihr eigene Ziel zu verfolgen und zu erreichen.

149. — Da alles Eigentum gemeinsam ist, sind alle Mitbrüder nach Maßgabe des Rechts mitverantwortlich für Erwerb, Verwaltung und Verwendung der zeitlichen Güter des Hauses und der Provinz, zu der sie gehören. Unter Beachtung der Verhältnismäßigkeit gilt das auch für die Güter der ganzen Kongregation.

150. – § 1. — Die Häuser, die Ortskommunitäten, die Provinzen und die Kongregation selbst können zeitliche Güter erwerben und besitzen. Wo es erforderlich ist, sind die Obern die gesetzlichen Vertreter auch im zivilen Bereich, wenn nichts anderes vorgesehen ist.

§ 2. — Erwerbsquellen sind neben der Arbeit der Mitbrüder alle für den Erwerb von Gütern moralisch erlaubten Mittel.

 151. – Das Gemeinwohl verlangt, daß die Häuser die Provinz unterstützen in dem, was für eine gute Verwaltung nötig ist und zur Vorsorge für die allgemeinen Erfordernisse dient. Dasselbe gilt von den Provinzen in Bezug auf die Generalkurie.

152. — § 1. — Die Provinzen und Häuser; miteinander ihre zeitlichen Güter teilen, sc die, die mehr haben, denen helfen, die Not leiden.

§ 2. — Die Kongregation, die Provinzen und Häuser sollen bereitwillig von ihrem Eiger geben, um der Not anderer abzuhelfen und Bedürftige zu unterstützen.

§ 3. — Bei der Zuteilung der Güter sollen außerdem auf den Grundsatz der Gleichheit achten, um das Gemeinschaftsleben der Mitbrüder stärken. Für die individuellen Bedürfnisse der Mitbrüder sollen sie gemäß den Provinznormen sorgen.

153. — § 1. — Die mit der Sorge für die zeitlichen Güter Beauftragten verwalten diese, um den Mitbrüdern den notwendigen Lebensunterhalt beschaffen und ihnen die erforderlichen Hilfsmittel für ihre apostolische Tätigkeit und für Werke der Liebe zur Verfügung zu stellen.

§ 2. — Die Güter der Gemeinschaft sind von den jeweiligen Ökonomen unter Leitung und Kontrolle der Obern mit ihrem Rat zu verwalten im Rahmen des allgemeinen und unseres eigene Rechts gemäß dem Grundsatz der Subsidiarität.

154. – § 1. — Die mit der Verwaltung Betrauten sollen daran denken, daß sie nur die Güter de Kongregation verteilen. Daher sollen sie diese nur für Zwecke ausgeben, die dem Stand von Missionaren entsprechen. Sie sollen sich stets nach den gerechten Zivilgesetzen richten sowie nach den Normen und dem Geist der Kongregation.

§ 2. – Sie sollen bereitwillig für die Bedürfnisse der Mitbrüder sorgen in allem, was deren Leben, besondere Aufgabe und apostolische Arbeit betrifft; denn ein solcher Gebrauch der Güter ist für die Mitbrüder ein Ansporn, für die Armen zu sorgen und ein brüderliches Leben zu führen.

§ 3. — Bei der Zuteilung der Güter sollen sie außerdem auf den Grundsatz der Gleichheit achten, um das Gemeinschaftsleben der Mitbrüder zu stärken. Für die individuellen Bedürfnisse der Mitbrüder sollen sie gemäß den Provinznormen sorgen.

155. – Zur Gültigkeit einer Veräußerung und irgendeines Geschäftsvorgangs, bei dem der Vermögensstand einer juristischen Person gemindert werden kann, ist die schriftliche Erlaubnis des zuständigen Obern mit Zustimmung seines Rats erforderlich. Wenn es sich um einen Geschäftsvorgang handelt, der die Summe, die vom Heiligen Stuhl für das betreffende Gebiet festgelegt ist, übersteigt, ebenso wenn es sich um Sachen, die der Kirche aus Frömmigkeit geschenkt wurden, oder um kostbare Dinge handelt, ist die Erlaubnis des Heiligen Stuhls erforderlich.

 

SAGRADA CONGREGACION DE RELIGIOSOS
E INSTITUTOS SECULARES
Prot. n. P. 53 – 1/81

DECRETO

 

La CONGREGACION de la Misión fundada por San Vicente de Paúl, tiene como fin apostólico específico evangelizar a los pobres y promover la formación del clero.

Adhiriéndose a las Normas del Concilio Vaticano II y a otras disposiciones de la Iglesia, ha preparado con sumo cuidado el nuevo texto de sus Constituciones, y éste ha sido presentado por el Superior General a la aprobación de la Santa Sede.

Por ello, la Sagrada Congregación de Religiosos e Institutos Seculares, habiendo sometido dicho texto a un examen especial de su Consultor y teniendo  en  cuenta el  voto  favorable  de  la Comisión, después de madura reflexión, lo aprueba y confirma en virtud del presente Decreto, según el ejemplar redactado en latín y conservado en su archivo, conforme a las prescripciones del Derecho.

Quiera Dios que todos los miembros de la Congregación de la Misión, con la ayuda de la divina gracia y por la intercesión de San Vicente de Paúl, reciban con ánimo agradecido a Dios las nuevas Constituciones como un poderoso instrumento para progresar más y más en la obra tan importante que la Iglesia les ha confiado.

Dado en Roma, en la Sede de la Sagrada Congregación de Religiosos e Institutos Seculares, el día 29 de junio, solemnidad de los Apóstoles San Pedro y San Pablo, del año del Señor 1984.

CURIAMISSIONE

Via di Bravetta. 159 00164 ROMA

RICHARD Mc CULLEN

 

Superior General de la Congregación de la Misión a nuestros amados en Cristo,

Sacerdotes, Clérigos y Hermanos

Salud en el Señor

 

La reciente aprobación de nuestras Constituciones por la Sagrada Congregación de Religiosos e Institutos Seculares es, sin duda, un acontecimiento de gran importancia en la historia de nuestra Congregación.

Han pasado ya unos treinta años desde que, en 1954, mi predecesor, William Slattery, de venerable memoria, promulgó las Constituciones anteriores acomodadas a las normas del Código de Derecho Canónico de 1917.

Ahora, después de diecisiete años de estudio. reflexión y oración y de las deliberaciones de  tres Asambleas Generales, la Santa Sede ha aprobado nuestras Constituciones, que os entrego con espíritu lleno de alegría.

Permitidme hacer sobre ellas tan sólo esta observación: la medida en que seamos fieles a la letra y al espíritu de las Constituciones determinará en gran manera el grado de nuestra dedicación a la vida de la Iglesia local, en la que está inserta la Congregación .

La identidad de la Congregación dentro de la Iglesia está delineada en las páginas de este libro. Pero no permitamos que esta identidad se halle sólo en él. Debemos, pues. imprimir el texto de las Constituciones en lo más hondo de nuestro corazón y expresarlo en la vida cotidiana, para realizar plenamente nuestra vocación de evangelizadores de los pobres.

Tenemos que leer, por tanto, las Constituciones frecuentemente y acompañar su lectura con la oración asidua. Por eso, deseo de veras —y estoy seguro de que también vosotros lo deseáis— que estas Constituciones se conviertan en medios eficaces para que más fácilmente amemos lo que San Vicente amó y practiquemos con agrado lo que enseñó.

Al recibir de manos de la Santa Sede estas Constituciones, nos viene a la mente, de manera espontánea, el recuerdo de la conferencia que pronunció nuestro Fundador el día 17 de mayo de 1658, cuando distribuyó el libro de las Reglas Comunes a todos y a cada uno de sus compañeros.

Podemos, por tanto, expresar con sus mismas palabras el deseo que San Vicente manifestó entonces:

«Hemos de esperar de la bondad de Dios toda clase de bienes y bendiciones para cuantos observen fielmente las reglas que El nos ha dado; bendición en sus personas, bendición en sus proyectos y en todas sus tareas, bendición en sus entradas y salidas, bendición de Dios finalmente en todo cuan- to les atañe… Tengo confianza en la gracia de Dios y en vuestra bondad, de que reno- varéis todos en esta ocasión la fidelidad con que las habéis guardado… Espero que esta fidelidad pasada con que habéis observado las Reglas, y vuestra paciencia en esperar- las durante tanto tiempo, os alcanzarán de la bondad de Dios la gracia de observarlas todavía con mayor facilidad en el porvenir» (SV XII, 11; E. S. XI/3, 329)

En el amor de Nuestro Señor Jesucristo y de su Inmaculada Madre, quedo de todo corazón vuestro afectísimo hermano.

 

Roma, día 27 de septiembre de 1984 Solemnidad de San Vicente de Paúl

DECRETO DE PROMULGACION

 

Entrego estas Constituciones, reconocidas y aprobadas el día 29 de junio por la S.C. de Religiosos e Institutos Seculares a todos los miembros de la Congregación y, con el consentimiento de mi Consejo, dispongo que transcurrido el conveniente espacio de tiempo para que surtan efecto, entren en vigor a partir del día 25 de enero del año 1985, fiesta de la Conversión de San Pablo.

 

Roma, día 27 de septiembre de 1984 Solemnidad de San Vicente de Paúl

INTRODUCCION

La Congregación de la Misión, fundada por San Vicente de Paúl, dócil a la voluntad de la Iglesia, re- visa y declara su derecho fundamental propio, con el que ha de vivificar, según la inspiración del Con- cilio Vaticano II, su actividad apostólica y su vida en el mundo actual.

Así pues, se da cuenta de que vive un tiempo especial de gracia y experimenta la acción del Espíritu del Señor que pasa sobre ella y la impulsa a renovarse, siguiendo las huellas de San Vicente.

Esta misma Congregación, deseando conservar y expresar el lugar y el fin que le fueron legados en la Iglesia, considera necesario remontarse a sus orígenes y a la experiencia espiritual e intenciones de San Vicente, no sólo para poder reconocer más plenamente y guardar con más fidelidad su carácter originario y espíritu mismo del Santo Fundador, sino para sacar también de las mismas fuentes una inspiración más profunda, y con ella responder a su vocación, atendiendo a la voluntad de Dios, que se le manifiesta de modo especial en las necesidades de los pobres de la sociedad actual, como entonces se manifestó a San Vicente.

 

*   *  *

 

Vicente de Paúl, nacido en la aldea de Pouy el año 1581 ya desde su niñez vivió con los pobres y participó de sus condiciones de vida. En 1600 fue ordenado Sacerdote. Si bien por algún tiempo anduvo rehuyendo la pobreza de su origen, dirigido luego por sus maestros de vida espiritual, sintió la urgente inquietud de adquirir una santidad más profunda. A través de los acontecimientos de su vi- da, la divina Providencia lo llevó a tomar finalmente el firme propósito de dedicarse a la salvación de los pobres.

Descubrió, en efecto, la apremiante necesidad de evangelizar a los pobres mientras ejercía el ministerio en Gannes y, el 25 de enero de 1617, en Folleville. Y esto fue, según su propio testimonio, el origen tanto de su propia vocación como de la Congregación de la Misión.

Por fin, cuando en el mes de agosto del mismo año, funda en Châtillon-les-Dombes las «Caridades» para socorrer a los enfermos desprovistos de todo recurso, comprendió y expuso la íntima relación que existe entre la evangelización de los pobres y el servicio que se les presta

Su experiencia espiritual fue configurándose poco a poco en la contemplación y servicio de Cristo en la persona del pobre. Más aún, la visión de Cris- to enviado por el Padre para evangelizar a los pobres se convirtió en centro de su vida y de su trabajo apostólico.

Atento a las interpelaciones del mundo y de la sociedad de su tiempo, que aprendió a leer a la luz de un amor cada vez más acendrado hacia Dios y hacia los pobres oprimidos por cualquier clase de calamidades, Vicente se sintió llamado personal- mente a aliviar todo tipo de miserias.

En medio de actividades muy diversas, procuró siempre una especial dedicación a la Misión. En efecto, los primeros compañeros que en torno a sí había reunido por contrato acordado el 17 de abril de 1625, para atender con ellos a la evangelización de los campesinos, se obligaron por el Acta de Asociación que firmaron el 4 de septiembre del  año 1626, a formar una Congregación. en la que vi- viendo en comunidad se dedicarían a la salvación de los pobres del campo.

Vicente y sus compañeros, mientras se entregaban a la evangelización de los pobres vieron con claridad que los frutos de la misión no podían conservarse en el pueblo sin cuidar a la vez de la formación de los sacerdotes. Dieron comienzo a esta obra el año 1628 en la ciudad de Beauvais cuando, a instancias del Obispo, se ocuparon de los Ejercicios Espirituales en ayuda de los clérigos aspirantes a las Ordenes. Y lo hicieron conscientes de que así proveían a la Iglesia de buenos pastores.

Para mejor socorrer toda clase de necesidades Vicente convocó a cuantos pudo, ricos y pobres humildes y poderosos, se sirvió de todos los me- dios para inspirarles el sentido del pobre —imagen privilegiada de Cristo— y les impulsó a ayudar a los pobres directa e indirectamente Esta voluntaria y generosa dedicación la hicieron suya y la siguieron tanto la Comunidad de Hijas de la Caridad y las Asociaciones  de  Caridad  por  el  mismo  Vicente fundadas, como otras que de ellas han dimanado y todos los que hasta nuestros días han intentado hacer suyo este espíritu.

Su celo por los pobres alcanzó una nueva meta con la empresa de las Misiones «ad gentes», al enviar en 1648 los primeros misioneros a la isla de Madagascar. Mientras crecía la Congregación como Instituto, iba definiendo poco a poco su vocación, su organización y su vida fraterna, afirmando cuidadosamente su índole secular, a pesar de que sus miembros confirman su estabilidad en la mis- ma con un voto peculiar y con la práctica de la pobreza, de la castidad y de la obediencia. Tales rasgos constituyen aún en nuestros días, el patrimonio de la Congregación.

 

*   *  *

 

Todo esto, en plena conformidad con la intención del Fundador, quedó consignado en los docu- mentos que aseguran el origen y organización de la Congregación. Así, URBANO VIII, por la Bula Salvatoris Nostri, dada el 12 de enero de 1633, decretó:

«… el fin principal y razón de ser de tal Congregación y de sus personas es procurar, con el favor  de la gracia divina, junto con la propia salvación, la salvación de los que viven en villas, aldeas, territorios, lugares, y en poblaciones más humildes; por lo que se refiere a la ciudades y a las urbes… formen en ellas en privado a los que han de ser pro- movidos a las Ordenes por medio de los ejercicios espirituales para recibir dichas Ordenes». Y ALEJANDRO VII,  por  el  Breve Ex Commissa Nobis, dado el 22 de septiembre de 1655, aprobó la emisión «de los votos simples de castidad, pobreza y obediencia así como de estabilidad en di- cha Congregación, a fin de dedicarse, todo el tiempo de la vida, a la salvación de los pobres del campo….; sin embargo, en la emisión de estos votos no intervendrá nadie que los acepte ni en nombre de la Congregación, ni  en  el  Nuestro o en el del Pontífice reinante». Añade, además, la declaración de que «dicha Congregación de la Misión está exenta de la potestad de los Ordinarios del lugar en todo, excepto las personas des- tinadas a las misiones por los Superiores… y lo relacionado con ellas. A pesar de ello, esta Congregación no será contada en el número de las Ordenes Religiosas, sino que será del cuerpo del clero secular».

A esta Congregación, a la que procuró formar con esmero en el espíritu del Señor. Vicente le entregó tras la experiencia de muchos años- las Reglas o Constituciones Comunes. En ellas, partiendo de la contemplación del Señor, en lo que hizo y enseñó para cumplir la voluntad del Padre que le envió a evangelizar a los pobres, propone aquellas enseñanzas de perfección evangélica que deben inspirar más de cerca la espiritualidad, la actividad apostólica y la vida fraterna de su Instituto.

Más claramente explica esta vocación y misión al comienzo de las Reglas Comunes, indicando al mismo tiempo el camino para alcanzarla:

«Nuestro Señor Jesucristo, habiendo sido enviado al mundo para salvar al género humano, se puso a actuar y a enseñar, según aparece en la Sagrada Escritura. Llevó a cabo lo primero, practicando a la perfección toda suerte de virtudes. Lo segundo, cuan- do evangelizaba a los pobres y transmitía a los apóstoles y discípulos la ciencia necesaria para dirigir a las gentes. Esta pequeña Congregación de la Misión, pues quiere imi- tar en la medida de sus pocas fuerzas al mismo Cristo, el Señor, tanto en sus virtudes cuanto en los trabajos dirigidos a la salvación del prójimo, conviene que use medios semejantes para llevar a la práctica el santo deseo de imitarle. Por ello, el fin de la Congregación es: 1) dedicarse a la perfección propia, tratando de practicar en la medida de sus fuerzas las virtudes que este supremo maestro nos quiso enseñar de palabra y con el ejemplo; 2) evangelizar a los pobres, sobre todo a los del campo, 3) ayudar a los eclesiásticos a adquirir la ciencia y las virtudes exigidas por su estado» (Reglas Comunes, I, 1).

 

*   *  *

 

Con estas palabras, San Vicente confía a su descendencia espiritual, es decir, a los miembros de la Congregación de la Misión, una singular vocación, un nuevo género de vida comunitaria, y un fin siempre exigente, pero que ha de adaptarse sin cesar y con sabiduría a los nuevos tiempos.

 

CONSTITUCIONES Y ESTATUTOS DE LA

CONGREGACION DE LA MISION

PRIMERA PARTE

VOCACION

 

 

C 1.— El fin de la Congregación de la Misión es seguir a Cristo evangelizador de los pobres. Este fin se logra cuando sus miembros y comunidades, fieles a San Vicente.

1° procuran con todas sus fuerzas revestirse del espíritu del mismo Cristo (RC I, 3), para adquirir la perfección correspondiente a su vocación (RC XII, 13);

2.° se dedican a evangelizar a los pobres, sobre todo a los más abandonados;

3.° ayudan en su formación a clérigos y laicos y los llevan a una participación más plena en la evangelización de los pobres.

C 2.— Supuesto este fin, la Congregación de la Misión, atendiendo siempre al Evangelio, a los signos de los tiempos y a las peticiones más urgentes de la Iglesia, procurará abrir nuevos caminos y aplicar medios adaptados a las circunstancias de tiempo y lugar, se esforzará además por enjuiciar y ordenar las obras y ministerios, permaneciendo así en estado de renovación continua.

C 3.— § 1. La Congregación de la Misión es una sociedad clerical de vida apostólica y de derecho pontificio. En ella, sus miembros tratan de alcanzar su propio fin apostólico según el patrimonio legado por San Vicente y sancionado por la Iglesia. Llevan una vida fraterna en común según un estilo propio y mediante la observancia de las Constituciones tienden a la perfección de la caridad.

§ 2. La Congregación de la Misión, según una tradición que tiene su origen en San Vicente, ejerce su apostolado en intima cooperación con los Obispos y con el clero diocesano. Por esta razón. San Vicente afirma con frecuencia que la Congregación de la Misión es secular, aunque goce de autonomía propia, concedida bien por la ley universal bien por la exención.

§ 3. Los miembros de la Congregación de la Misión, con la mirada puesta en alcanzar de un modo más eficaz y seguro el fin de la misma Congregación, emiten los votos de estabilidad, castidad, pobreza y obediencia, según las Constituciones y los Estatutos.

C 4.— La Congregación de la Misión, que consta de clérigos y laicos, para alcanzar, con el impulso de la gracia divina, el fin que se propone, trata de llenarse de los sentimientos y afectos de Cristo, más aún de su mismo espíritu, que brilla sobre to- do en las enseñanzas evangélicas, como se explica en las Reglas Comunes.

C 5.— El espíritu de la Congregación es una participación del espíritu del mismo Cristo, como lo propone  San  Vicente:  «Me ha  enviado  a evangelizar a los pobres» (Lc 4.18). Por eso «Jesucristo es la regla de la Misión» y ha de ser considerado como centro de su vida y actividad (SV XII, 130; E.S. XI, 429)

C 6.— El espíritu de la Congregación comprende, por consiguiente, aquellas íntimas disposiciones del alma de Cristo que el Fundador recomendaba, ya desde el principio, a sus compañeros: amor y reverencia al Padre, caridad compasiva y eficaz con los pobres, docilidad a la Divina Providencia.

C 7.— La Congregación intenta expresar su espíritu también con las cinco virtudes sacadas de su peculiar visión de Cristo a saber: la sencillez, la humildad, la mansedumbre, la mortificación y el celo por las almas, de las cuales dijo San  Vicente:

«En el cultivo y la práctica de estas virtudes la Congregación ha de empeñarse muy cuidadosa- mente,  pues  estas  cinco  virtudes  son  como las potencias del alma de  la Congregación  entera y deben animar las acciones de todos nosotros» (RC ll, 14)

C 8.— Todos se afanarán siempre por conocer más profundamente este espíritu, volviendo al Evangelio, al ejemplo de San Vicente y a su doc- trina, en la convicción de que nuestro espíritu y nuestros ministerios deben alimentarse mutua- mente.

C 9.— Es necesario, además, que nuestra vocación, a saber, fin, naturaleza y espíritu, dirija la vida y la organización de la Congregación.SEGUNDA PARTE

 

VIDA EN LA CONGREGACION

CAPITULO I.

Actividad apostólica

 

C 10.— La Congregación de la Misión, desde los tiempos del Fundador y por inspiración suya, se reconoce llamada por Dios a llevar a cabo la obra de la evangelización de los pobres.

Puede afirmar de sí misma, como la Iglesia toda, pero de un modo peculiar, que la misión de evangelizar constituye su gracia y vocación propia y ex- presa su verdadera naturaleza (cfr. EN 14).

Más aún, todos y cada uno de sus miembros se atreven a decir con Jesús: «Tengo que anunciarles el Reino de Dios,  para  eso  me  han  enviado»  (Lc 4,43).

C 11.— La caridad de Cristo que se compadece de la muchedumbre (cfr. Mc 8,2) es la fuente de toda nuestra actividad apostólica, y nos impulsa, según la expresión de San Vicente, «a hacer efectivo el Evangelio» (SV XII, 84; E.S. XI, 391).

En las diversas circunstancias de tiempo y lugar, nuestra evangelización de palabra y de obra debe tender a que todos, por la conversión y la celebración de los sacramentos, se adhieran «al Reino, es decir, al mundo nuevo, al nuevo estado de cosas, a la nueva manera de ser, a la nueva forma de vivir, de vivir juntos inaugurada por el Evangelio» (EN 23).

C 12.— En la obra de evangelización que la Congregación se propone realizar, tengamos presentes estas características:

1.° preferencia clara y expresa por el apostolado entre los pobres: su evangelización, en efecto, es señal de que el Reino de Dios se acerca a la tierra (cfr. Mt 11,5);

2.° atención a la realidad de la sociedad humana, sobre todo, a las causas de la desigual distribución de los bienes en el mundo, a fin de cumplir mejor con la función profética de evangelizar;

3.° alguna participación en la condición de los pobres, de modo que no sólo procuremos evangelizarlos, sino también ser evangelizados por ellos;

4.° verdadero sentido comunitario en las obras apostólicas, de manera que nos fortalezcamos unos a otros en la común vocación;

5.° disponibilidad para ir al mundo entero, a ejemplo de los primeros misioneros de la Congregación;

6.° búsqueda continua de la conversión, tanto por parte de cada uno como por parte de la Congregación entera, según la mente de San Pablo que  aconseja:  «No  os  amoldéis  al  mundo este, sino íos transformando con la nueva  mentalidad» (Rm.12,2).

E 1.— Abandónense gradualmente las obras de apostolado que, tras un ponderado examen, se vea que en la actualidad han dejado de responder a la vocación de la Congregación.

E 2.— En el actual contexto de globalización, múltiples factores y

situaciones ponen a prueba la fe y representan desafíos para los métodos

tradicionales de evangelización. Los misioneros tomarán seriamente

en consideración todo esto, convencidos de que esta situación

exige de ellos un testimonio personal y comunitario de fe sólida en el

Dios de Jesucristo y la búsqueda de nuevos caminos para realizar bien

su vocación de evangelizadores de los pobres.

E 3.— Las Provincias y las Casas trabajarán de buen grado en los planes de pastoral, colaborando fraternalmente tanto entre sí, como con el clero secular, los institutos religiosos y los laicos.

E 4.— Los misioneros fomentarán el diálogo ecuménico y participarán activamente con los demás, sean o no cristianos, en lo religioso, social y cultural.

C 13.— Las Provincias, por su parte, juzgarán sobre las formas de apostolado que han de asumir, de suerte que, fieles al espíritu y ejemplo de San Vicente, integren su actividad apostólica en la acción pastoral de la Iglesia local, según las enseñanzas e instrucciones dimanadas de la Santa Sede, de las Conferencias Episcopales y de los Obispos diocesanos.

C 14.— Se han de promover con empeño las misiones populares, tan entrañablemente queridas por el Fundador. Emprenderemos, pues, la obra de las misiones, adaptándolas a las circunstancias de tiempo y lugar y buscando con esmero todas las posibilidades de darles nuevo impulso, bien para renovar y construir la verdadera comunidad cristiana, bien para suscitar la fe en los corazones de los que no creen.

C 15.— Renuévese oportuna y eficazmente la obra de la formación del clero en los seminarios, que ya desde los orígenes se cuenta entre las actividades de la Congregación.

Presten, además, los misioneros ayuda espiritual a los sacerdotes, favoreciendo su formación continua y fomentando el estudio pastoral. Susciten en ellos el deseo de cumplir la opción de la Iglesia en favor de los pobres.

Aplíquense a la promoción y preparación conveniente de los laicos, incluso para los ministerios pastorales necesarios en la comunidad cristiana.

Enseñen finalmente a clérigos y laicos a trabajar en equipo y a ayudarse mutuamente en el proceso de formación de la comunidad cristiana.

C 16.— Entre las obras de apostolado de la Congregación ocupan un lugar destacado las Misiones «ad gentes» o a pueblos que se hallan en parecido estado de evangelización.

Al construir la nueva comunidad eclesial los misioneros están cuidadosamente atentos a las «se- millas del Verbo» que se encuentran en la cultura y la religiosidad de cada pueblo (cfr. EN 53).

E 5.— En lo tocante a las misiones «ad gentes» atiéndase a estas normas:

1.° Consecuentes con su responsabilidad, las Provincias, ya por propia iniciativa, ya por invitación del Superior General, ayúdense unas a otras;

2.° Cada Provincia, o varias de común acuerdo, deben aceptar al menos, un territorio de misión, donde enviar misioneros como obreros a la mies del Señor;

3.° Concédase a los miembros de la Congregación la facultad de ayudar de forma concreta a la obra de las misiones, incluso ofreciéndose a realizar allí el servicio de evangelización;

4.° Estimúlese, además, a los miembros de la Congregación a que participen en las obras misionales de la Iglesia universal y local. Asimismo organícense de manera adecuada las obras misionales propias de la Congregación.

E 6.— Los misioneros enviados «ad gentes» se prepararán a conciencia con el conocimiento de la realidad del país donde han de trabajar, para desempeñar allí servicios determinados, de suerte que la acción pastoral que asuman responda con eficacia a las necesidades locales.

C 17.— Dado que la Congregación de la Misión goza de la misma herencia que las Hijas de la Caridad los misioneros se prestarán gustosos a ayudarlas cuando lo pidan, especialmente en lo que concierne a ejercicios y dirección espiritual.

También colaborarán siempre con ellas fraternalmente en las obras emprendidas de mutuo acuerdo.

E 7.— § 1. Los misioneros, en sus actividades apostólicas, tendrán

un especial cuidado en promover y asistir a la Familia Vicenciana y a

las asociaciones laicales vicencianas que forman parte de ella.

§ 2. Todos los misioneros deberán estar adecuadamente preparados

para prestar este servicio a las diversas ramas de la Familia Vicenciana

y disponibles a prestarlo cuando les sea pedido.

§ 3. El centro de este servicio consistirá en compartir la propia

experiencia de fe a la luz de las enseñanzas de la Iglesia y del espíritu

vicenciano. Para que este servicio responda a las necesidades de hoy,

se deberá prestar atención a la necesaria formación teológico-espiritual,

técnica, profesional y político-social.

§ 4. En el momento de cerrar Casas, se prestará una especial

atención a facilitar la continuidad de grupos laicales que comparten el

espíritu vicenciano.

E 8.— Foméntense reuniones interprovinciales para un mejor conocimiento de la vocación de los misioneros y de los métodos de acción pastoral que respondan con más eficacia a las condiciones concretas y a los cambios de personas y cosas.

C 18.— Siguiendo a San Vicente que, según la parábola del Buen Samaritano (Lc 10, 30-37), salía al encuentro de los abandonados con soluciones prácticas, las Provincias y cada uno de los misioneros se apresurarán, en la medida de sus fuerzas, a socorrer a los marginados de la sociedad a las víctimas de calamidades y de cualquier clase de injusticia, así como a los aquejados por las formas de pobreza moral propias de esta época.

En favor de ellos y actuando con ellos trabajarán con empeño por que se cumplan las exigencias de la justicia social y de la caridad evangélica.

E 9.— § 1.— Corresponde a las Provincias, según las circunstancias, establecer normas sobre la acción social y determinar los medios concretos con que acelerar la llegada de la justicia social.

§ 2.— Los misioneros cooperarán, además según las circunstancias de tiempo y lugar, con las asociaciones para la defensa de los derechos humanos y para el fomento de la justicia y de la paz.

E 10.— § 1.— Entre las actividades apostólicas de la Congregación se cuentan las parroquias, con tal de que el apostolado que los misioneros ejerzan en ellas se avenga con el fin y la naturaleza de nuestro Instituto y venga exigido por el escaso número de pastores.

§ 2.— Estas parroquias de la Congregación deben estar constituidas, en gran parte, por verdaderos pobres o estar anejas a seminarios donde los nuestros dan formación pastoral.

E 11.— § 1.— Reconociendo la gran importancia de la educación tanto de jóvenes como de adultos, los nuestros asumirán la función docente y educativa donde sea necesario para conseguir el fin de la Congregación.

§ 2.— Ahora bien, tal función ha de realizarse, no sólo en centros educativos de todo tipo, sino en  las familias, en los lugares de trabajo, en todo el ámbito social donde jóvenes y adultos se mueven.

§ 3.— De acuerdo con las circunstancias locales, las escuelas, los colegios y las universidades acojan pobres para contribuir a su promoción. Afirmando, pues, el valor de la educación cristiana y dando una formación social cristiana, incúlquese en los alumnos el sentido del pobre según el espíritu del Fundador.

E 12.— Entre los recursos de que se sirve la Congregación en la obra de evangelización, cuéntese convenientemente con los medios técnicos de comunicación social para difundir con más amplitud y eficacia la palabra de la Salvación.

 

CAPITULO II.

Vida comunitaria

 

 

C 19.— San Vicente reunió dentro de la Iglesia a algunos compañeros, para que llevando una nueva forma de vida comunitaria, se dedicaran a evangelizar a los pobres. En efecto, la comunidad vicenciana está ordenada a preparar la actividad apostólica, fomentarla y ayudarla constantemente. Por eso to- dos y cada uno de los miembros de la Congregación constituidos en comunión fraterna, se esfuerzan por cumplir en renovación continua su misión común.

 

C 20.— Como la Iglesia y en la Iglesia, la Congregación descubre en la Trinidad el principio supremo de su acción y su vida.

1.° Congregados, efectivamente, en comunidad para anunciar el amor del Padre hacia los hombres, le damos expresión en nuestra vida.

2.° Seguimos a Cristo que convoca a los apóstoles y discípulos y que lleva con ellos una vida fraterna para evangelizar a los pobres.

3 ° Bajo el soplo del Espíritu Santo construimos la unidad entre nosotros al realizar la misión, a fin de dar un testimonio fehaciente de Cristo Salvador.

 

C 21.— § 1. La vida comunitaria es un rasgo propio de la Congregación y su forma ordinaria de vivir ya desde su fundación y por voluntad clara de San Vicente. Por tanto, sus miembros deben vivir en una casa o en una comunidad legítimamente constituida, a tenor del derecho propio.

§ 2 La convivencia fraterna que se alimenta continuamente de la misión, crea la comunidad para conseguir el progreso personal y comunitario para hacer más eficaz la obra de evangelización.

 

C 22.— Nos integraremos en la comunidad entregando nuestras personas y todas nuestras cosas. Pero guárdese a la vez el debido respeto en lo que mira a la vida privada; promueva la comunidad los valores personales; disciérnanse los proyectos individuales a la luz del fin y espíritu de la Misión. De esta forma, la diversidad y los carismas de cada uno contribuyen a acrecentar la comunión y a hacer la misión fructífera.

 

C 23.— Cada comunidad local gozará de la debida autonomía, a fin de que realmente sea un lugar donde se hace efectiva la coordinación comunitaria de apostolado y vida, a la vez que el bien de la  Congregación en el ámbito tanto provincial como universal. La comunidad local es, en efecto, una parte viva de toda la Congregación.

 

C 24.— Para que sirva de ayuda a nuestro apostolado, nos esforzaremos, sobre todo mediante la práctica de «las cinco virtudes», en llevar una vida comunitaria animada por la caridad, de manera que llegue a ser para el mundo signo de la novedad de la vida evangélica. Así pues:

1° para realizar nuestra misión nos empeñaremos en lograr la concordia, ofreciéndonos ayuda mutua, especialmente en la adversidad, y compartiendo la alegría con sencillez de corazón;

2 ° ayudados del necesario servicio de la autoridad y sujetos activamente a la obediencia, nos ha- remos corresponsables con el Superior, de buscar la voluntad de Dios en la vida y en las obras y fomentaremos entre nosotros el diálogo, superando el excesivo individualismo en nuestra forma de vivir;

3.° atentos con ánimo humilde y fraternal a las opiniones y necesidades de cada compañero, pondremos empeño en superar las dificultades que lleva consigo la vida comunitaria; practicaremos, en fin, con delicadeza la corrección fraterna, otorgándonos mutuamente el perdón;

4 ° nos esforzaremos con todo cuidado por crear las condiciones necesarias para el trabajo, el des- canso, la oración y la convivencia fraterna; por eso emplearemos con discreción y prudencia los medios de comunicación y, salvando las exigencias del apostolado, reservaremos una parte de la casa para la intimidad de la comunidad.

 

C 25.— La comunidad se crea constantemente a sí misma renovando, ante todo, los elementos más importantes de nuestro modo de vivir y obrar, a saber:

1.° el seguimiento comunitario de Cristo evangelizador, que crea en nosotros especiales vínculos de amor y afecto; por eso uniremos el mutuo res- peto a un sincero afecto «a manera de amigos que se quieren bien» (RC VIII,2);

  1.         2.° la evangelización de los pobres que da unidad a todos nuestros trabajos, y que no extingue los ta- lentos ni los dones, por diversos que sean, sino que los dirige al servicio de tal misión;
  2.         3.° la oración sobre todo en la Eucaristía que se convierte en fuente de nuestra vida espiritual comunitaria y apostólica;

4.° nuestros bienes, que según la mente de San Vicente serán comunes, y que compartiremos de buen grado.

De esta manera nuestra vida llega a ser realmente una comunidad de convivencia fraterna, de trabajo, de oración y de bienes.

 

C 26.— § 1.Los misioneros enfermos, los delicados de salud y los ancianos nos serán entrañable- mente queridos y estimaremos su presencia como una bendición para nuestras casas. Por eso, además de procurarles los cuidados médicos y aliviarles en su vida, les reservaremos una participación adecuada en la vida familiar y en nuestro apostolado.

§ 2. En cuanto a los misioneros difuntos, ofreceremos fielmente por ellos los sufragios prescritos en los Estatutos.

 

E 13.— Los misioneros enfermos y ancianos o en situaciones de

particular necesidad, unidos de manera especial al Cristo sufriente,

toman parte en nuestra obra de evangelización. Nos preocuparemos

de asistirles de modo conveniente. En el caso de que ya no sea posible

acogerlos en la Casa donde desempeñaron su servicio, el Visitador con

su Consejo tendrá la responsabilidad de tomar la decisión más adaptada,

después de haber valorado atentamente las diversas posibilidades

y escuchado al misionero necesitado de asistencia.

 

E 14.— § 1.— Los misioneros obligados a vivir so- los en razón del ministerio que les ha confiado la Congregación, procurarán pasar algunas temporadas en comunidad,a fin de disfrutar del bien de la vida comunitaria. Por nuestra parte mantendremos una estrecha relación con ellos para aliviar su soledad y les invitaremos diligentemente a compartir juntos algunas veces la vida fraterna y apostólica.

§ 2.— Procuraremos ayudar fraternalmente y a tiempo a los compañeros que pasan por dificulta- des.

 

E 15.— § 1.— Cumpliremos fielmente los deberes para con nuestros padres, pero con la moderación necesaria para realizar nuestra misión y guardar la vida de comunidad.

§ 2.— Procuraremos acoger con ánimo abierto en nuestras casas a los hermanos de Congregación, a los sacerdotes y a otros huéspedes.

§ 3.— Trataremos con generosidad a los necesitados que nos pidan ayuda, esforzándonos en sacarlos de sus apuros.

§ 4.— Extenderemos gustosos nuestro trato fraterno a todos los que están asociados a nosotros en la vida y en el trabajo

 

C 27.— Cada comunidad se esforzará por elaborar su proyecto común según las Constituciones, los Estatutos y las Normas Provinciales. Este proyecto se tendrá presente en la ordenación de la vida y del trabajo, en la celebración de los consejos y en la evaluación periódica de nuestra vida y actividad.

 

E 16.— El proyecto comunitario que cada comunidad confecciona en cuanto es factible, al comienzo del año de trabajo, ha de abarcar: la actividad apostólica, la oración, el uso de bienes, el testimonio cristiano  en  el  lugar  de   trabajo,  la  formación permanente, los tiempos de reflexión comunitaria, el tiempo necesario de esparcimiento y de estudio y el orden del día. Todo esto se revisará periódicamente.

 

CAPITULO III.

Castidad, pobreza y obediencia

 

C 28.— Deseando continuar la misión de Cristo, nos entregamos a evangelizar a los pobres en la Congregación todo el tiempo de nuestra vida. Para realizar esta vocación, abrazamos la castidad, la pobreza y la obediencia conforme a las Constituciones y Estatutos. En efecto, «la pequeña Congregación de la Misión… para dedicarse a la salvación de las almas, sobre todo de los pobres del campo, ha pensado que no podía usar de armas más fuertes y más adecuadasque las que usó la Sabiduría eterna con tanto éxito y tanta eficacia» (RC II, 18).

 

C 29.— § 1. Imitadores de Cristo en su amor universal a los hombres, abrazamos, en virtud del voto, la castidad perfecta en celibato por el reino de los cielos y la recibimos como un don que se nos ha concedido generosamente por la personal e infinita benevolencia de Dios.

§ 2. De este modo, abrimos más ampliamente el corazón a Dios y al prójimo, y todo nuestro obrar  se convierte en gozosa expresión del amor entre Cristo y la Iglesia, que se manifestará plenamente en la vida futura.

 

C 30.— La intima unión con Cristo, la comunión verdaderamente fraterna, la afanosa labor en el apostolado y la ascética aprobada por la experiencia de la Iglesia harán vigorosa  nuestra  castidad. Ella es, además, por la continua y madura res- puesta a la  vocación  divina,  fuente  de espiritual fecundidad en el mundo y contribuye, en gran manera a conseguir la realización plena incluso humana.

 

C 31.— «Aunque era verdadero dueño de todos los bienes, Cristo adoptó una vida tan pobre que no tenía donde reclinar su cabeza. Quiso además que los apóstoles y discípulos que trabajaban con El en la misión vivieran en el mismo estilo de pobreza de modo que no tuvieran ninguna propiedad personal… También nosotros nos esforzaremos, según nuestras pobres fuerzas, en el cultivo de es- ta virtud» (RC III, l). De este modo los misioneros manifestarán que dependen totalmente de Dios y la misma evangelización de los pobres resultará más eficaz.

 

C 32. — § 1. En el cumplimiento de su oficio, según el fin de la Congregación y el proyecto comunitario, todos han de sentirse sujetos a la ley universal del trabajo.

§ 2. Según el derecho propio, son bienes de la Congregación los frutos del trabajo y cualesquiera otros —pensiones, subvenciones, seguros en atención a la Congregación- que le vienen al misionero a partir de su incorporación, de suerte que, a ejemplo de los primeros cristianos, vivamos una verdadera comunión de bienes y nos ayudemos fraternalmente.

 

C 33.—   Teniendo   presente   las    condiciones de vida de los pobres nuestro estilo de vida debe denotar  sencillez  y  sobriedad.  En  cuanto  a los medios de apostolado, si bien eficaces y modernos, carecerán de toda apariencia de ostentación.

Lo que es necesario para el sustento y formación de los misioneros y para el desarrollo de las obras ha de proceder, sobre todo, del esfuerzo común. La Congregación evitará toda acumulación de bienes y procurará gastar de lo propio en favor de los pobres. Así es como, libre del deseo de riquezas, servirá de testimonio a un mundo contagiado de materialismo.

 

C 34.— En el uso y disposición de los bienes es necesario, por razón del voto, contar con el permiso del Superior, según las Constituciones y los Estatutos. Ahora bien, para vivir el espíritu de pobreza no basta con el permiso del Superior, sino que es necesario que cada uno pondere qué es lo más propio y más conforme a nuestra vida y ministerio, según el espíritu de nuestro Fundador, expresado en las Reglas Comunes.

 

C 35.— Conforme al Estatuto Fundamental del voto de pobreza en la Congregación, emplearemos los bienes propios, con permiso del Superior, en obras de caridad y en favor de los compañeros, evitando las diferencias entre nosotros.

 

E 17.— § 1. La Asamblea Provincial concretará las normas sobre la

práctica de la pobreza, en conformidad con las Constituciones, con el

espíritu de las Reglas Comunes y del Estatuto Fundamental de Pobreza,

dado por Alejandro VII en el Breve “Alias Nos supplicationibus”.

§ 2. Cada Provincia y todas las Comunidades locales, teniendo en

cuenta las diversas circunstancias de lugares y situaciones, busquen el

modo de guardar la pobreza evangélica y examínense periódicamente

sobre el mismo, convencidos de que la pobreza no sólo es el baluarte

de la Congregación (cfr. RC III, 1), sino también condición de renovación

y signo de progreso de nuestra vocación en la Iglesia y en el

mundo.

 

C 36.— Conscientes de que la condición humana es limitada, siguiendo la acción salvífica de Cristo que se hizo obediente hasta la muerte y guiados por el Espíritu Santo, obedeceremos gustosos a la voluntad del Padre que se nos manifiesta de muchas maneras.

 

C 37.— § 1. La participación en este misterio de Cristo obediente requiere que todos, comunitaria- mente, busquemos la voluntad del Padre, median- te la mutua comunicación de experiencias y el diálogo abierto y responsable. En éste concurren las diversas edades y temperamentos, de modo que a partir de él van madurando las tendencias coincidentes y surgen las que nos llevan a la toma de de- cisiones.

§ 2. Los miembros de la Congregación, con espíritu de corresponsabilidad y recordando las palabras de San Vicente, pondrán empeño, según sus fuerzas, en obedecer a los Superiores con prontitud, alegría y perseverancia. Se esforzarán, por tan- to, en secundar las decisiones de los Superiores a la luz de la fe, por más que estimen que el propio parecer es mejor.

 

C 38.— § 1. Por razón del voto de obediencia estamos obligados a obedecer al Sumo Pontífice, al Superior General, al Visitador, al Superior de la casa y a sus sustitutos, cuando nos manden según las Constituciones y los Estatutos.

§ 2. Según la mente y el espíritu de San Vicente, prestaremos obediencia a los Obispos en cuyas diócesis está establecida la Congregación, a tenor del derecho universal y del propio de nuestro Instituto.

 

C 39.— Por el voto especifico de estabilidad nos comprometemos a permanecer toda la vida en la Congregación dedicados a conseguir su fin, realizando las obras que nos prescriban los Superiores, según las Constituciones y Estatutos.’’

 

E 18.— Las Provincias, las Comunidades locales y cada misionero se

comprometerán seriamente a profundizar el voto de estabilidad, que

comprende el don total de sí mismo en el seguimiento de Cristo, evangelizador

de los pobres y la fidelidad a permanecer en la Congregación

de la Misión durante toda la vida.

 

CAPITULO IV.

Oración

 

C 40.— § 1. Cristo el Señor permanecía en íntima unión con el Padre cuya voluntad buscaba en la oración. Esa voluntad fue la razón suprema de su vida, de su misión y de su oblación por la salvación del mundo. Enseñó igualmente a sus discípulos a orar con ese mismo espíritu siempre y sin desfallecer.

§ 2. También nosotros, santificados en Cristo y enviados al mundo, intentaremos buscar en la oración los signos de la voluntad divina e imitar la disponibilidad de Cristo, juzgando en todo conforme a su sentir. Así el Espíritu Santo convierte nuestra vida en oblación espiritual y nos hacemos más aptos para participar en la misión de Cristo.

 

C 41.— «Dadme un hombre de oración y será ca- paz de todo» (SV XI, 83; E.S. XI, 778). En efecto, según el pensamiento de San Vicente, la oración es fuente de la vida espiritual del misionero. Mediante ella se reviste de Cristo, se imbuye de la doctrina evangélica, discierne la realidad y los acontecimientos en la presencia de Dios y permanece en su amor y en su misericordia. De esta suerte el Espíritu de Cristo presta siempre eficacia a nuestras palabras y acciones.

 

C 42.— La inserción apostólica en el mundo, la vida comunitaria y la experiencia de Dios por medio de la oración se complementan mutuamente en la vida del misionero y se funden en un todo. En la oración, la fe, el amor fraterno y el celo apostólico se renuevan de continuo, mientras que en la acción se manifiesta de un modo práctico el amor a Dios y al prójimo. Por la íntima unión de la oración y el apostolado el misionero se hace contemplativo en la acción y apóstol en la oración.

 

C 43.— La oración del misionero debe estar informada de espíritu filial, de humildad, de confianza en la Providencia y de amor a la bondad de Dios. De este modo aprendemos a orar como pobres de espíritu teniendo por cierto que nuestra debilidad se robustece con la fuerza del Espíritu Santo. El, en efecto, ilumina nuestras mentes y fortalece nuestras voluntades para que conozcamos con más profundidad y aliviemos con más eficacia las necesidades del mundo

 

C 44.— Es necesario que el ministerio de la palabra, el de los sacramentos y el de la caridad, así como los acontecimientos de la vida, sean para nosotros una particular experiencia de oración. Al evangelizar a los pobres debemos descubrir y con- templar a Cristo en ellos. Al ejercer la pastoral del pueblo al que hemos sido enviados, no sólo hemos de orar por él sino también con él y participar de una manera casi espontánea de su fe y devoción.

 

C 45.— Cultivaremos la oración litúrgica de manera viva y auténtica.

§ 1. Nuestra vida debe tender a la celebración diaria de la Cena del Señor como a su cúlmen: de ella dimana, en efecto, como de su fuente, la fuerza de nuestra actividad y de la comunión fraterna Por la Eucaristía se hacen presentes de nuevo   la muerte y la resurrección de Cristo, nos hacemos en Cristo oblación viva, se significa y realiza la comunión del pueblo de Dios.

§ 2. Nos acercaremos frecuentemente al Sacramento de la Penitencia a fin de poder conseguir la conversión continua y la sinceridad de la vocación.

§ 3. Con la celebración de la Liturgia de las Horas aunamos voces y espíritus para cantar las alabanzas del Señor, elevamos una oración continua ante su presencia y pedimos por todos los hombres. Por lo tanto, celebraremos en común Laudes y Vísperas, si no estamos excusados por razón del apostolado.

 

C 46.— En la oración comunitaria encontramos la mejor forma de animar y renovar nuestra vida, sobre todo cuando participamos en la celebración de la Palabra de Dios o cuando, en un diálogo fraterno, nos comunicamos mutuamente los frutos de nuestra experiencia espiritual y apostólica.

 

C 47.— § 1. Pondremos todo el empeño que podamos en hacer oración personal, en particular o en común, todos los días durante una hora, según la tradición que nos viene de San Vicente. Así nos haremos idóneos para percibir el sentido de Cristo y para encontrar los caminos de realizar su misión. La oración personal debe preparar, ex- tender y completar la oración comunitaria y la litúrgica.

§ 2Haremos fielmente los Ejercicios Espirituales una vez al año.

 

C 48.— Como testigos y mensajeros del amor de Dios debemos rendir veneración y culto peculiar a los misterios de la Trinidad y de la Encarnación.

 

C 49.— § 1. Veneraremos también con especial devoción a Maria, Madre de Cristo y de la Iglesia, quien, según palabras de San Vicente, comprendió con más profundidad que todos los creyentes las enseñanzas evangélicas y las hizo realidad en su vida.

§ 2. Expresaremos de diversas maneras nuestra devoción hacia la Inmaculada Virgen Maria, celebrando con fervor sus fiestas e invocándola a me- nudo, sobre todo por medio del rosario. Divulgaremos el peculiar mensaje manifestado, por su maternal benevolencia, en la Sagrada Medalla.

 

C 50.— Honraremos cordialmente a San Vicente y a los Santos y Beatos de la Familia Vicenciana. Vol- veremos constantemente al patrimonio del Fundador, que se encuentra en sus escritos y en la tradición de la Congregación, para aprender a amar lo que él amó y a practicar lo que él enseñó.

 

E 19.— Cumpliremos fielmente los actos de piedad tradicionales en la Congregación, según el proyecto comunitario, y principalmente la lectura de la Sagrada  Escritura,  sobre  todo  del  Nuevo Testamento, el culto a la Santísima Eucaristía, la oración mental que ha de hacerse en común, el examen de conciencia, la lectura espiritual, los ejercicios espirituales anuales y la práctica de la dirección espiritual.

 

CAPITULO V.

Los miembros de la Congregación

 

1.- En general

 

C 51.— Los miembros de la Congregación de la Misión son discípulos de Cristo que, llamados por Dios a continuar  su  misión  y admitidos  en dicha Congregación, tienden según sus fuerzas a responder a la vocación, trabajando conforme a la doctrina, pensamiento y normas de San Vicente  de Paúl.

 

C 52.— § 1.- Todos los miembros de la Congregación participan, por el bautismo y la confirmación, del sacerdocio real de Cristo. Unos son Clérigos y otros Hermanos y todos se llaman también misioneros.

1º. Los clérigos, esto es, sacerdotes y diáconos, conforme al propio orden, a ejemplo de Nuestro Señor Jesucristo Sacerdote, Pastor y Maestro, cumplen su vocación ejerciendo este triple oficio en todas las formas de apostolado que pueden servir para lograr el fin de la Congregación. Próximos a éstos están los miembros de la Congregación que se preparan para recibir las Ordenes.

2º. Los laicos, entre nosotros se llaman Hermanos, están destinados al apostolado de la Iglesia y de la Congregación y lo cumplen con obras adapta- das a su condición.

§ 2- Todos ellos son o simplemente admitidos o ya incorporados, a tenor de las Constituciones y Estatutos.

 

2.- Admisión en la Congregación.

 

C 53.— § 1. – El candidato es admitido en la Congregación cuando, a petición propia, es aceptado para hacer el tiempo de prueba en el Seminario Interno.

§ 2. El derecho de admitir a los candidatos al Seminario Interno corresponde, observando lo prescrito:

1 ° al Superior General, oído su Consejo, para to- da la Congregación

2.° al Visitador, oído su Consejo, para su Provincia.

§ 3. En cuanto a los requisitos para la admisión hay que atenerse al derecho universal.

 

C 54.— § 1. El tiempo de preparación para incorporarse a la Congregación no debe ser inferior a dos años ni superior a nueve a partir de la recepción en el Seminario Interno.

§ 2. Transcurrido un año completo desde su admisión en la Congregación, el candidato, conforme a nuestra tradición, manifiesta su voluntad, por me- dio de los Propósitos, de dedicarse todo el tiempo de su vida a la salvación de los pobres, según las Constituciones y los Estatutos.

§ 3. El derecho de admitir a los Propósitos corresponde, observando lo prescrito:

1.° al Superior General, oído su Consejo y el Director del Seminario Interno, para toda la Congregación;

2.° al Visitador, oído su Consejo y el Director del Seminario Interno, para su Provincia.

 

E 20.— § 1.— El Seminario Interno se inicia,  para cada candidato, cuando el Director o quien    hace sus veces le declara recibido, según las normas provinciales.

§ 2.— La Congregación tomará en tiempo oportuno, si fueren necesarias, cauciones válidas, incluso en el foro civil, para salvaguardar adecuadamente los derechos, tanto de la Congregación como del candidato, en el caso de que éste salga espontáneamente o sea despedido.

 

E 21.— Los Propósitos se pueden hacer en la Congregación con fórmula directa o con fórmula declarativa:

1.° Fórmula directa: Señor, Dios mío, yo, NN, me propongo dedicarme con fidelidad a evangelizar a los pobres todo el tiempo de mi vida en la Congregación de la Misión, siguiendo a Cristo evangelizador. Y por eso me propongo guardar castidad, pobreza y obediencia con- forme a las Constituciones y Estatutos de nuestro Instituto, con la ayuda de tu gracia.

2.° Fórmula declarativa: Yo, NN, propongo dedicarme con fidelidad a evangelizar a los pobres todo el tiempo de mi vida en la Congregación de la Misión, siguiendo a Cristo evangelizador. Y por eso me propongo guardar castidad, pobreza y obediencia conforme a las Constituciones y Estatutos de nuestro Instituto, con la ayuda de la divina gracia.

 

E 22.— § 1.— La emisión de los Propósitos debe hacerse en presencia del Superior o del misionero que él designe.

§ 2.— La Asamblea de cada Provincia establecerá otras precisiones respecto a la emisión o renovación de los Propósitos, a la forma de vinculación temporal, que tal vez se quiera añadir, así como respecto a los derechos y obligaciones de que gozan los candidatos desde su admisión en la Congregación hasta su incorporación a la misma.

 

C 55.— § 1. Nuestros votos son perpetuos, no religiosos, reservados, de tal modo que sólo el Roma- no Pontífice y el Superior General pueden dispensarlos.

§ 2. Estos votos hay que interpretarlos fielmente según el proyecto de San Vicente aprobado por Alejandro VII en los Breves «Ex commissa no- bis» (22-IX-1655) y «Alias nos supplicationibus» (12-VIII-1659) .

 

C 56.— El derecho de admitir a los votos corresponde, observando lo prescrito:

1.° al Superior General, con el consentimiento de su Consejo y consultados los moderadores del candidato, para toda la Congregación;

2.° al Visitador, con el consentimiento de su Consejo y consultados los moderadores, para su Provincia.

 

C 57.— § 1. La licencia de emitir los votos, dada por el Superior mayor a petición del candidato, lleva consigo, una vez emitidos los votos, la incorporación a la Congregación, a la que el candidato se incardina con la recepción del Diaconado.

§ 2. El candidato todavía no incorporado a la Congregación no puede ser admitido a las Ordenes. Pero la incorporación de un candidato ya clérigo le incardina a la Congregación.

 

C 58.— § 1. La emisión de los votos debe hacerse en presencia del Superior o del misionero que él designe.

§ 2. Conforme a la costumbre de la Congregación, tanto la petición como la certificación de la emisión de lo votos háganse por escrito. Notifíquese cuanto antes la emisión de los votos al Superior General.

Los votos en la Congregación de la Misión se emiten según estas fórmulas:

  1. Fórmula directaSeñor, Dios mío, yo NN.. en presencia de la Bienaventurada Virgen Ma- ría, hago voto de dedicarme con fidelidad a evangelizar a los pobres todo el tiempo de mi vida en la Congregación de la Misión, siguiendo a Cristo evangelizador. Y por eso hago también voto de castidad, pobreza y obediencia conforme a las Constituciones y Estatutos de nuestro Instituto, con la ayuda de tu gracia.
  2.         b)Fórmula declarativa: Yo. NN.. en presencia de la Bienaventurada Virgen Maria, hago voto a Dios de dedicarme con fidelidad a evangelizar a los pobres todo el tiempo de mi vida en la Congregación de la Misión, siguiendo a Cristo evangelizador. Por eso hago también a Dios voto de castidad, pobreza y obediencia conforme a las Constituciones y Estatutos de nuestro Instituto, con la ayuda de la gracia divina.
  3.         c)Fórmula tradicional: Yo. NN.. indigno (sacerdote, clérigo, hermano) de la Congregación de la Misión, en presencia de la Bienaventurada Virgen María y de toda la corte celestial, ha- go a Dios voto de pobreza, castidad y obediencia a nuestro Superior y a sus sucesores, conforme a las Reglas o Constituciones de nuestro Instituto; hago voto además de entregarme a la salvación de los pobres del campo todo el tiempo de mi vida en dicha Congregación, ayudado de la gracia del mismo Dios Omnipotente, a quien para este fin humildemente invoco.

 

E 23.— Otras precisiones sobre el tiempo de la emisión de los votos corresponden a la Asamblea de cada Provincia.

 

E 24.— En circunstancias particulares, la Asamblea Provincial puede proponer a la aprobación del Superior General, con el consentimiento de su Consejo, una fórmula propia, tanto para la emisión de los Propósitos, como para la de los Votos conservando no obstante los elementos esenciales de las fórmulas fijadas.

 

3.- Derechos y obligaciones de los misioneros

 

C 59.— § 1. Todos los miembros de la Congregación, a no ser que por la naturaleza de la materia conste otra cosa, gozan de los derechos, privilegios y gracias espirituales concedidas a la Congregación a tenor del derecho universal y del propio.

§ 2. Todos los incorporados a la Congregación gozan de idénticos derechos y están sujetos a idénticas obligaciones, a tenor del derecho universal y del propio, salvo lo referente al ejercicio del orden y de la jurisdicción a él aneja. Los simple- mente admitidos en la Congregación gozan de los derechos y están sujetos a las obligaciones que marcan las Constituciones, los Estatutos y las Normas Provinciales.

 

C 60.— Los incorporados a la Congregación gozan de voz activa y pasiva, a tenor del derecho universal y propio, a no ser que los hayan perdido según derecho.

 

C 61.— Del derecho de voz pasiva para todos los oficios y cargos, quedando firmes las otras condiciones establecidas por el derecho universal y propio, gozan los que lleven al menos tres años incorporados a la Congregación y hayan cumplido veinticinco años de edad.

 

E 25.— Carecen de voz activa y pasiva:

1.° los que por indulto viven fuera de la Congregación, a tenor del derecho propio de la Congregación y de la cláusula añadida en el mismo indulto.

2.° los misioneros elevados al Orden Episcopal o simplemente preconizados, durante su cargo, e incluso cumplido éste, a no ser que vuelvan a la vida comunitaria.

3.° Los Vicarios, Prefectos, Administradores Apostólicos, aunque no sean obispos, durante su cargo, a no ser que, simultáneamente, sean Superiores de alguna casa de la Congregación.

 

E 26.— § 1. Además de los señalados en los cc. 171 § 1, nn. 3-4; 1336

§ 1, n. 2 del Código del Derecho Canónico y en los art. 70 y 72 § 2 de

las Constituciones de la Congregación de la Misión, también están

privados de voz activa y pasiva aquellos que, en el momento de ejercer

el derecho de voz activa y pasiva, sea en la Congregación, en la

Provincia o en la Casa, están de cualquier modo ilegítimamente ausentes,

es decir:

a) aquellos que están ausentes de la Congregación, sin el debido

permiso, cuando su ausencia supera los seis meses;

b) aquellos que han obtenido el debido permiso, pero, transcurrido

el tiempo, no lo han renovado (cf. Const., art. 72 § 2);

c) aquellos que no se atienen a los términos establecidos en

su permiso de residir fuera de la Comunidad (cf. Const.,

art. 67 § 2);

d) aquellos que han superado los tres años de permiso, excepto

en los casos de enfermedad, de estudio o de apostolado ejercido

en nombre de la Congregación (cf. Const., art. 67 § 2).

§ 2. En los casos dudosos, el Visitador, con el consentimiento de

su Consejo, decide si el misionero goza de voz activa y pasiva, considerando

atentamente su situación en la Provincia, el derecho propio

de la Congregación y las Normas Provinciales.

§ 3. Lo dicho sobre la voz activa y pasiva es igualmente válido

para las consultas establecidas por el derecho propio de la Congregación

y por las Normas Provinciales.

 

C 62.— Los miembros de la Congregación, además de las obligaciones a las que están sometidos por el derecho propio, están también sujetos a las obligaciones comunes de los clérigos establecidas por el derecho común en los cánones 273-289; y esto, claro está, no sólo los clérigos, —a ellos se aplica de modo especial lo relativo a llevar el hábito eclesiástico (c. 284) y a celebrar la Liturgia de las Horas (c. 276)—, sino también los laicos, a no ser que, por la naturaleza de la materia o por el contexto, conste otra cosa.

 

E 27.— § 1.- Todo misionero tiene derecho a que a su muerte se ofrezcan sufragios por él en toda la Congregación.

§ 2.— Todos los meses cada misionero, según su condición ofrecerá una misa por los vivos y los difuntos de la familia vicenciana y también por los padres, parientes y bienhechores, añadiendo una intención especial por la conservación del espíritu primitivo de la Congregación.

§ 3.— Igualmente ofrecerá otra misa por los miembros de toda la Congregación fallecidos en el mes anterior.

§ 4.— Cada Provincia podrá establecer otras precisiones.

 

E 28.— Todos los incorporados a la Congregación tienen derecho a celebrar cada mes algunas misas  a su intención sin estipendio. Cada una de las Provincias establecerá las normas sobre el número y modo de celebración de tales misas.

 

C 63.— Todos deben observar, con obediencia activa y responsable, las Constituciones y Estatutos y demás normas vigentes en la Congregación.

 

C 64.— Del mismo modo observarán las normas promulgadas por los Ordinarios del lugar, salvo nuestro derecho de exención.

 

4.-Adscripción de los misioneros a una Provincia o Casa

 

C 65.— Todo miembro de la Congregación de la Misión estará adscrito a una Provincia y una Casa o un Grupo a modo de Casa, a tenor del derecho propio.

 

E 29.— § 1. El Superior General, los Asistentes, el Secretario General,

el Ecónomo General y el Procurador General ante la Santa Sede,

mientras dura su cargo, a efectos jurídicos, no pertenecen a ninguna

Provincia.

§ 2. Los otros misioneros que prestan servicio en los ofi cios de la

Curia General, siguen perteneciendo a su Provincia de origen, permaneciendo

adscritos a una de sus Casas, con un destino temporal en la

Curia, según un acuerdo establecido entre el Superior General y el

Visitador de la Provincia del misionero.

 

E 30.— § 1.- Todo misionero queda adscrito a la Provincia para la que le admiten legítimamente los Superiores de la Congregación. Tal Provincia se llama Provincia de origen.

§ 2.- El misionero adquiere una nueva adscripción cuando los Superiores le destinan legítima- mente de una Provincia a otra. Esta Provincia se llama Provincia de destino.

 

E 31.— Para que un misionero pierda una Provincia y adquiera otra, sólo se exige, salva siempre la autoridad del Superior General, el acuerdo de los Superiores Mayores competentes, después de haber oído al interesado. Si el interesado no está de acuerdo, su traslado a otra Provincia no puede hacerse sin la aprobación del Superior General.

 

E 32.— El Superior General, una vez terminado su cargo, elegirá libremente Provincia.

 

E 33.— § 1. La adscripción a la Provincia de destino puede ser por

un tiempo indeterminado o determinado.

§ 2. En ambos casos, los dos Visitadores:

1) precisarán por escrito, en un convenio, los derechos y deberes

del misionero y de las dos Provincias;

2) redactarán los documentos de traslado, que se conservarán en

los archivos de las dos Provincias;

334 Estatutos de la Congregación de la Misión

3) el Visitador de la Provincia de la que el misionero ha sido

trasladado enviará al Secretario General la notifi cación de la

nueva adscripción.

§ 3. En el caso de una adscripción temporal, terminado el tiempo,

el misionero vuelve inmediatamente a ser miembro de la Provincia de

la que había sido trasladado, a no ser que los Visitadores, después de

haber oído al misionero, hayan acordado otra cosa entre ellos, siempre

por escrito, en conformidad con los Estatutos.

 

E 34.— El misionero queda adscrito a una casa o a un grupo a modo de casa mediante el destino hecho por el legítimo Superior.

 

 

C 66.— En la Provincia y en la Casa o Grupo a mo- do de Casa a que están adscritos, los misioneros tienen:

1.° derechos y obligaciones a tenor de las Constituciones y Estatutos;

2.° propio e inmediato Superior local y mayor;

3.° ejercicio de voz activa y pasiva.

C 67.— § 1. El misionero que haya obtenido licencia del Superior General o del Visitador, con el con- sentimiento de su respectivo Consejo, para vivir fuera de Casa o de la Comunidad, debe estar adscrito a una Casa o Comunidad, para gozar en ella de los derechos y estar sujeto a las obligaciones, a tenor de la licencia que le haya sido concedida.

§ 2. La licencia ha de concederse por causa justa, pero no para más de un año, a no ser para curarse de una enfermedad, o por razón de estudios o de ejercer el apostolado en nombre del Instituto.

 

5. Salida y expulsión de los misioneros

 

C 68.— En lo referente a la salida y expulsión de los misioneros, en la Congregación de la Misión hay que atenerse al derecho universal y al propio.

 

C 69.— § 1. El miembro de la Congregación aún no incorporado puede abandonarla libremente, manifestando su voluntad a los Superiores.

§ 2. Asimismo el no incorporado puede, por justas causas, ser expulsado por el Superior General o el Visitador, oído el respectivo Consejo y los moderadores del interesado.

 

C 70.— El Superior General, con el consentimiento de su Consejo y por causa grave, puede conceder al misionero incorporado que haga vida fuera de la Congregación, pero no por más de un trienio, salvas las obligaciones que   puedan compaginarse con su nueva condición de vida. El misionero permanece bajo el cuidado de los Superiores de la Congregación, pero carece de voz activa y pasiva. Ahora bien, si se trata de un clérigo, se re- quiere además el consentimiento del Ordinario del lugar en el que debe vivir, bajo cuyo cuidado y de- pendencia queda, según el c. 745.

 

C 71.— El Superior General, con el consentimiento de su Consejo y por causa grave, puede conceder a un misionero la salida de la Congregación y la dispensa de los votos, según el c. 743.

 

C 72.— § 1. El misionero incorporado a la Congregación que se sustrae de la comunión con ella y de la potestad de los Superiores ha de ser buscado con solicitud y ayudado por éstos, a fin de que persevere en su vocación.

§ 2. Pero si el misionero, transcurridos seis meses, no vuelve, quedará privado de voz activa y pasiva y puede ser expulsado por decreto del Superior General, a tenor del art. 74, § 2.

 

C 73.— § 1. Ipso facto, se ha de considerar expulsado del Instituto el misionero que:

1.° haya apostatado notoriamente de la fe católica;

2.° haya contraído matrimonio, o lo haya intentado, aunque se trate sólo del civil.

§ 2. En estos casos, una vez recogidas las pruebas, el Superior mayor con su Consejo debe emitir sin ninguna demora una declaración del hecho, para que la expulsión conste jurídicamente, según el c. 694.

 

C 74.— § 1. El misionero debe ser expulsado, según lo establecido en los cc. 695, 698, 699 § 1.

§ 2. El misionero puede ser expulsado, según lo establecido en los cc. 696, 697, 698, 699 § 1.

§ 3. En caso de grave escándalo externo o de daño gravísimo que amenace al Instituto, un misione- ro puede ser expulsado inmediatamente de casa por el Superior mayor o, si hay peligro en la demora, por el Superior local con el consentimiento de su Consejo, a tenor del c. 703.

 

C 75.— El decreto de expulsión comuníquese cuanto antes al interesado, dándole la oportunidad de recurrir, dentro de los diez días desde que recibió la notificación, a la Santa Sede, con efecto suspensivo. Para que el decreto de expulsión tenga vigor, hay que observar el c. 700.

 

C 76.— § 1. Con la legítima expulsión, cesan, ipso facto, los votos, así como los derechos y obligaciones que el misionero tenía en la Congregación. Pe- ro, si es clérigo, hay que atenerse a lo prescrito en los cc. 693 y 701.

§ 2. Los que salgan legítimamente o sean legítimamente expulsados de la Congregación no pueden exigirle nada por los trabajos realizados en ella.

§ 3. Pero la Congregación debe practicar la equidad y la caridad evangélica para con el misionero que se separa de ella, como está establecido en el c. 702.

 

E 35.— La facultad de readmitir a alguien en la Congregación pertenece:

1.° al Superior General oído su Consejo para todos.

2.° al Visitador, oídos su Consejo y el Visitador de la Provincia de la que el interesado salió o fue expulsado, para los no incorporados a la Congregación.

 

CAPITULO VI.

Formación de los nuestros

 

l.- La Pastoral Vocacional

 

E 36.— El cuidado de promover las vocaciones exige de nosotros constante oración (Mt 9,37) y un auténtico, pleno y alegre testimonio de vida apostólica y comunitaria, sobre todo cuando adolescentes y jóvenes trabajan con nosotros en la misión vicenciana, educando su propia fe.

 

E 37.— § 1.— Las Provincias, las Casas y cada uno de los misioneros deben preocuparse de suscitar candidatos para la misión vicenciana.

§ 2.— Busquen además las Provincias los medios más aptos para promover las vocaciones y atenderlas, y elaboren un adecuado plan provincial.

§ 3.— El Visitador, oído su Consejo, nombrará un Promotor de Vocaciones, que coordinará la pastoral de promoción vocacional en nuestras obras.

 

E 38.— Es necesario que los candidatos que desean ingresar en la Congregación hayan hecho ya opción de vida cristiana, propósitos de apostolado y una elección de trabajar en la comunidad vicenciana. Si no, habrá que ayudarles a hacerlo progresiva- mente mediante la acción pastoral juvenil, o en las Escuelas Apostólicas, donde las haya.

 

E 39.— La formación de los candidatos, adaptada a su edad, debe comprender ante todo la vida fraterna, la frecuentación de la Palabra de Dios, las celebraciones litúrgicas, la actividad apostólica junto con los Moderadores, la orientación personal, el estudio y el trabajo.

 

l.- Principios generales

 

C 77.— § 1. Nuestra formación, en proceso continuo, debe proponerse como fin que los misioneros, animados por el espíritu de San Vicente, lleguen a ser capaces de cumplir la misión de la Congregación.

§ 2. Por tanto, aprendan cada día mejor que Jesucristo es el centro de nuestra vida y la regla de la Congregación.

 

C 78.— § 1. El periodo de formación, como toda nuestra vida, se ordenará de tal manera que la caridad de Cristo nos urja más y más a conseguir el fin de la Congregación. Este fin lo alcanzarán los misioneros, como discípulos del Señor, con la propia abnegación y continua conversión a Cristo.

§ 2. Ejercítense los misioneros en la Palabra de Dios, en la vida sacramental, en la oración tanto comunitaria como personal y en la espiritualidad vicenciana.

§.3. Además, nuestros alumnos realizarán debidamente los estudios prescritos por la ley de la Iglesia, a fin de adquirir la ciencia conveniente.

§ 4. Participen todos oportunamente, ya des- de el principio, según su formación y capacidad, en la práctica pastoral, sobre todo unidos a sus moderadores, acercándose también a los pobres y palpando su realidad. De esta suerte, ca- da uno podrá descubrir más fácilmente su vocación específica en la comunidad según sus do- tes personales.

§ 5. Aplíquense de tal manera, según la edad de los alumnos, las normas pedagógicas que, mientras gradualmente aprenden a gobernarse a si mismos, se acostumbren a usar sabiamente de su libertad y a actuar con espontaneidad y diligencia, y lleguen a la madurez cristiana.

 

C 79.— Los misioneros, al responder a la vocación de Dios dentro de la comunidad, aprendan durante el periodo de formación a vivir la vida comunitaria vicenciana. La comunidad fomentará las iniciativas personales de cada uno en todo el proceso de formación.

 

C 80.— Coordínense los diversos planes de formación de los nuestros y guárdese una unidad orgánica entre las etapas sucesivas. Ordénense, en fin, las cosas de modo que concurran al fin pastoral propio de la Congregación.

 

C 81.— La formación de los nuestros ha de prolongarse y renovarse todo el tiempo de la vida.

 

E 40.— Además de la formación común ha de procurarse también para los nuestros, en cuanto sea posible, una formación específica y profesional que los haga más aptos para realizar con eficacia las obras de apostolado que la Congregación les asigne y sean más apropiadas a sus cualidades.

 

E 41.— § 1. Cada Provincia elaborará un Plan de Formación, que

estará en conformidad con los principios anteriormente establecidos,

con los documentos y las directivas de la Iglesia y de la Congregación

de la Misión, y que responda a las diversas exigencias locales.

§ 2. Asimismo el Visitador deberá crear una Comisión de Formación,

a la que corresponderá preparar y renovar el Plan de Formación

y tratar todo lo concerniente al proceso formativo

E 42.— Con la ayuda de la Comisión de Formación cada una de las Provincias procure organizar y fomentar la formación permanente tanto comunitaria como individual.

 

2.- Seminario Interno

 

C 82.— Entre las condiciones requeridas para ser admitido en el Seminario Interno, los candidatos deben dar señales por las que se les considere aptos para realizar la vocación vicenciana en comunidad.

 

C 83. — § 1. El Seminario Interno es el tiempo en que los admitidos inician la misión y la vida en la Congregación y, con la ayuda de la comunidad y los moderadores, conocen de forma más precisa su vocación y se preparan con una formación especial para su libre incorporación a la Congregación.

§ 2. El Seminario Interno debe prolongarse al menos durante 12 meses, continuos o interrumpidos. Si los meses se interrumpen, compete a la Asamblea Provincial determinar el número de meses continuos y establecer en qué momento de la época de estudios debe insertarse el periodo del Seminario Interno.

 

C 84.— Por tanto, todo el plan de este periodo debe tender a que los seminaristas:

1 ° adquieran una mayor madurez;

2.° se inicien progresivamente en el debido conocimiento y experiencia de la misión apostólica y en la vida de la Congregación;

3.° Lleguen a la experiencia de Dios, especialmente en la oración.

 

C 85.— Para conseguirlo, los seminaristas procurarán celosamente:

1.° adquirir un adecuado y concreto conocimiento de los hombres, sobre todo de los pobres, de sus necesidades, deseos y problemas;

2.° ahondar en el estudio de la índole peculiar, espíritu y funciones de la Congregación, acudiendo a las fuentes, sobre todo a la vida y obras de San Vicente, a la historia y tradiciones de la Congregación, así como a una activa y adecuada participación en nuestro apostolado;

3.° fomentar con ahínco el estudio y meditación del Evangelio y de toda la Sagrada Escritura;

4.° participar activamente en el misterio y misión de la Iglesia, como comunidad de salvación;

5.° conocer y vivir las enseñanzas evangélicas, especialmente la castidad, la pobreza y la obediencia, según el pensamiento de San Vicente.

 

C 86.— Los Seminaristas se integran íntimamente en la comunidad provincial y local en la que viven y en ellas su formación es responsabilidad de todos, bajo la coordinación y animación del Director del Seminario Interno.

 

E 43.— El Seminario Interno, según las necesidades, puede ser Provincial

o Interprovincial. En ambos casos puede realizarse en una o

más Casas de la Congregación escogidas por el Visitador o los Visitadores

interesados, con el consentimiento de sus Consejos.

 

E 44.— En circunstancias particulares y en atención a la madurez humana y cristiana de los candidatos, el Visitador puede establecer oportunas adaptaciones .

 

 

3.- Seminario  Mayor

 

C 87.— § 1. El periodo del Seminario Mayor se ordena a procurar la completa formación para el sacerdocio ministerial vicenciano, de suerte que los alumnos, a ejemplo de Cristo evangelizador, se preparen para predicar el Evangelio, celebrar el culto divino y pastorear a los fieles.

§ 2. Según el espíritu de San Vicente y la tradición de la Congregación, la formación de los nuestros ha de orientarse primordialmente al ministerio de la palabra y al ejercicio de la caridad para con los pobres.

 

C 88.— La formación de los nuestros ha de adaptarse a la realidad de la sociedad, de forma que los estudios tiendan a procurar una visión y un juicio critico  del  mundo  de  hoy. Por  la  conversión del corazón. comiencen los alumnos a incorporarse eficazmente en la obra cristiana de instauración de la justicia. Háganse cada vez más conscientes de las raíces de la pobreza en el mundo y detecten los obstáculos que impiden la evangelización. Todo esto se realizará a la luz de la Palabra de Dios y bajo la orientación de los moderadores.

 

C 89.— Foméntese en los alumnos la madurez afectiva y las cualidades misioneras, como son: la capacidad de suscitar y dirigir comunidades, la responsabilidad, el espíritu y la acción crítica, la generosidad pronta, la fuerza para comprometerse con firmeza a realizar el fin de la Congregación.

 

C 90.— El Visitador debe establecer un tiempo conveniente para que los alumnos, acabados los cursos de Teología, ejerzan el Orden del Diaconado, antes de ser promovidos al Presbiterado.

 

E 45.— § 1.— La Casa del Seminario Mayor puede ser, según lo requiera la necesidad, o propia de una sola Provincia o común a varias.

§ 2.— Nuestros alumnos pueden ser enviados a otra Provincia o a un Instituto debidamente aprobado, para cursar allí los estudios eclesiásticos. En este caso, cuídese de que lleven vida en común, según la costumbre de la Congregación, y de que reciban la conveniente formación vicenciana

§ 3.— En las Casas de formación ha de florecer la vida de familia y prepararse ya al trato fraterno entre los miembros de la misma Provincia. Si los alumnos son numerosos, pueden ser distribuidos convenientemente en grupos menores, donde se provea mejor a la formación personal de cada uno.

 

E 46.— Durante el proceso de formación, el Visitador, después de oír a los Moderadores y a su propio Consejo, puede, con justa causa,  conceder   a los alumnos interrupciones en los estudios y licencia para permanecer fuera de la casa de formación.

 

E 47.— Foméntese el mutuo conocimiento entre los alumnos de las diversas Provincias de la Congregación.

 

4.- Formación de los Hermanos

 

C 91.— § 1. Póngase un cuidado especial en formar a los Hermanos para que puedan cumplir fiel- mente su misión en la Congregación. Todo lo que se dispone en las Constituciones y Estatutos sobre la formación se aplica también a la de los Hermanos.

§ 2. Por tanto, su formación en el Seminario Interno será la misma de los otros candidatos, a no ser que circunstancias especiales aconsejen otra cosa.

§ 3. En cuanto a la formación de los Hermanos que hayan de ser promovidos al Diaconado permanente, obsérvense las normas provinciales.

 

E 48.— Se dará, en tiempo oportuno, a los Hermanos una formación cultural y técnica propia, con estudios oficiales, para que obtengan un título o di- ploma adecuado.

 

C 92.— Los Hermanos han de aplicarse gradualmente al apostolado para que aprendan a ver, juzgar y hacerlo todo a la luz de la fe, y a formarse y perfeccionarse con los demás mediante la acción.

 

5.- Moderadores y Profesores

 

C 93.— Toda la Comunidad provincial debe sentirse responsable de la formación de los nuestros, de suerte que cada uno de los misioneros preste su ayuda a tal obra.

 

C 94.— Ya que la formación de los alumnos depende en primer lugar de la idoneidad de sus educadores, han de procurarse moderadores y profesores con sólida doctrina, conveniente experiencia pastoral y preparación especial.

 

C 95.— § 1. Los moderadores y los alumnos, abiertos a una mutua comprensión y confianza y manteniendo entre sí un constante y activo trato, deben constituir una verdadera comunidad educativa.

§ 2. Esta comunidad educativa, atenta a las aportaciones de los demás grupos, someterá a constante evaluación los propios proyectos y las propias actividades.

§ 3. Los moderadores han de proceder colegial- mente, si bien el cuidado especial e inmediato de los seminaristas y alumnos será confiado a un misionero o a varios, si el caso lo requiere.

 

E 49.— El Seminario Mayor, como centro de formación, prestará ayuda a los misioneros que trabajan en las diversas obras. Los Moderadores y profesores, por su parte, ejercerán también personalmente el apostolado.

 

E 50.— Se ha de procurar que en las casas de formación haya, según la necesidad, misioneros idóneos para desempeñar la función de confesor y di- rector espiritual.

 

TERCERA PARTE

ORGANIZACION

Sección I. GOBIERNO

 

Principios  generales

 

C 96.— Todos los miembros de la Congregación, habiendo sido llamados a trabajar en la continuación de la misión de Cristo, tienen el derecho y la obligación tanto de colaborar al bien de la comunidad apostólica, como de participar en el gobierno de la misma, según nuestro derecho propio. Por tanto, todos han de cooperar activa y responsable- mente en el desempeño de los oficios, en la aceptación de las tareas apostólicas y en el cumplimiento de los mandatos.

 

C 97.— § 1. Los que en la Congregación ejercen la autoridad, que procede de Dios, y los que de cualquier modo participan en su ejercicio, incluso en las Asambleas y Consejos, tengan presente el ejemplo del Buen Pastor, que no vino a ser servido sino a servir. Por ello, conscientes de su responsabilidad ante Dios,  ténganse  por  servidores  de  la comunidad, para promover el  fin propio de la misma según el espíritu de San Vicente, en una verdadera comunión de apostolado y vida.

§ 2. Entablen, pues, el diálogo con los compañeros, quedando, no obstante, a salvo su autoridad de decidir y mandar lo que se ha de hacer.

 

C 98.— Todos los misioneros, en el desempeño de los oficios que les son confiados por la comunidad, tienen la potestad requerida para cumplirlos. Por ello, no se ha de avocar a un grado superior de gobierno aquello a lo que pueden proveer los particulares o los grados inferiores.

Sin embargo, guárdese la unidad de gobierno, necesaria para la realización del fin y bien de toda la Congregación.

 

C 99.— La Congregación de la Misión, con sus casas e iglesias, y todos sus miembros gozan de exención de la jurisdicción de los Ordinarios de lugar por concesión especial de los Romanos Pontífices, excepto en los casos señalados en el derecho.

 

C 100.— La Asamblea General, el Superior General, los Visitadores y los Superiores de las Casas y Comunidades legítimamente constituidas gozan para con los misioneros de la potestad que determinan el derecho universal y el propio. Tienen, además, la potestad eclesiástica de gobierno o jurisdicción, tanto para el foro externo como para el interno. Por tanto, los Superiores deben estar in- vestidos con el orden sagrado

 

CAPITULO I. Administración central

1.- El Superior General

 

C 101.— El Superior General, sucesor de San Vicente, a una con toda la Congregación, continúa la misión del Fundador, adaptada a las diversas circunstancias en servicio de la Iglesia universal. Así pues, gobierne la Congregación con tal desvelo que el carisma de San Vicente permanezca siempre vivo en la Iglesia.

 

C 102.— El Superior General, centro de unidad y coordinación de las Provincias, sea también principio de animación espiritual y de actividad apostólica.

 

C 103.— El Superior General rige todas las Provincias, Casas y miembros de la Congregación con potestad ordinaria a tenor del derecho universal y del propio. No obstante, el Superior General está sometido a la autoridad de la Asamblea General, a tenor del derecho.

 

C 104.— El Superior General puede dar solamente una interpretación usual de las Constituciones, Estatutos y Decretos de la Asamblea General.

 

C 105.— § 1. El Superior General es elegido por la Asamblea General, a tenor del art. 140 de las Constituciones.

§ 2.— Para la validez de la elección del Superior

General son necesarias las condiciones que exigen el derecho universal y el propio.

§ 3. El Superior General es elegido para un sexenio y puede ser elegido para un segundo sexenio, a tenor del derecho propio de la Congregación.

§ 4. El sexenio se considera terminado con la aceptación del oficio hecha por su sucesor en la siguiente Asamblea General ordinaria.

 

C 106.— § 1. El Superior General cesa en el oficio: 1.° al aceptar su sucesor el oficio;

2.° por renuncia propia aceptada por la Asamblea General o por la Santa Sede;

3.° por destitución decretada por la Santa Sede.

§ 2. Si el Superior General se hace claramente in- digno o incapaz de desempeñar el cargo, compete a los Asistentes juzgar de ello colegialmente, y ponerlo en conocimiento de la Santa Sede, a cuya de- cisión habrá que atenerse.

 

C 107.— Además de las facultades dadas por el derecho universal o por concesión especial, compete al Superior General:

1.° procurar con sumo cuidado que se conserve en todas partes vigoroso y ferviente el espíritu del Santo Fundador, que se promueva constantemente la actividad apostólica y la renovación de la Congregación, y que las Constituciones y Estatutos se apliquen de la manera más conveniente;

2.° dar, con el consentimiento de su Consejo, ordenanzas generales en bien de la Congregación;

3.° erigir Provincias y también unirlas, dividirlas y suprimirlas, con el consentimiento de su Consejo, oídos los interesados y guardadas las normas del derecho;

4.° convocar y presidir la Asamblea General, y, con el consentimiento de la misma, disolverla;

5.° destituir del cargo al Visitador, por causa grave, con el consentimiento de su Consejo y oídos los Consejeros de la Provincia;

6.° erigir y suprimir Casas y Comunidades loca- les, con el consentimiento de su Consejo y después de oír a los interesados, a tenor del c. 733, 1, y quedando a salvo la autoridad del Visitador;

7.° erigir una Casa de una Provincia en el territorio de otra, por causa grave, con el consentimiento de su Consejo y oídos los Visitadores interesados;

8.° erigir, por causa justa y con el consentimiento de su Consejo, Casas que no dependan de ninguna Provincia y que sean gobernadas por un Superior local bajo la dependencia directa del Superior General, y nombrar Superiores de esas Casas;

9.° con el consentimiento de su Consejo, autorizar a los miembros de la Congregación la emisión de los votos, admitirlos a las Ordenes y dispensar- les de los votos, por causa grave, ya en caso de salida legítima, ya en el acto de la expulsión.

10.° despedir de la Congregación a los miembros de la misma, a tenor del derecho universal y del propio;

11.° dispensar de las Constituciones, con el consentimiento de su Consejo, en casos extraordinarios y por causa grave;

12 ° aprobar, con el consentimiento de su Consejo, las normas establecidas por las Asambleas Provinciales

 

E 51.— Además de las facultades provenientes del derecho universal o de alguna especial concesión, es propio del Superior General:

1.° ejercer respecto a las Viceprovincias las mismas facultades que tiene para con las Provincias.

2.° ir a ver al menos una vez durante su oficio, por sí o por otro, las Provincias y Viceprovincias para animarlas y cerciorarse de la situación de las mismas y de los misioneros, salvo el derecho de pasar la visita canónica, si el caso lo pide;

3.° con el consentimiento de su Consejo y oídos los interesados, aceptar las misiones ofrecidas por la Santa Sede a la Congregación o, por el contrario, declinar las encomendadas;

4.° conceder a los Visitadores la facultad de aceptar o declinar las misiones dadas por los Ordinarios de lugar fuera del territorio de cualquier Provincia de la Congregación;

5.° a su debido  tiempo,  con  el  consentimiento  de  su Consejo  y  oídos  los Visitadores y Vicevisitadores, nombrar la Comisión Preparatoria, antes de la celebración de la Asamblea General;

6.° promulgar cuanto antes todo lo que la Asamblea General haya decretado;

7.° hacer los contratos de mayor entidad, con el consentimiento de su Consejo y guardando lo establecido por el derecho;

8.° por causa grave y con el consentimiento de su consejo, asumir por breve tiempo el gobierno de alguna Provincia, después de oír al Visitador, a los Consejeros y, si hay tiempo, al mayor número de misioneros de la Provincia, gobierno que ha de ejercerse por un administrador con los poderes de- legados por el mismo Superior General;

9.° destinar misioneros de una Provincia a otra, con el consentimiento de su Consejo, oídos los Visitadores y los interesados;

10.° conceder a los misioneros legítimamente separados de la Congregación los sufragios acostumbrados en favor de nuestros difuntos;

11.° dispensar de los Estatutos y Decretos de la Asamblea General, con el consentimiento de su Consejo, en casos particulares y por justa causa;

12.° nombrar, con el consentimiento de su Consejo y consultados los Visitadores interesados, a los Directores provinciales de las Hijas de la Caridad;

13.° conceder la afiliación a los bienhechores y amigos de la Congregación, indicando los bienes espirituales que les corresponden.

14º con el consentimiento de su Consejo, estimular a las Provincias

a participar en las actividades misioneras internacionales (obras,

compromisos);

15º  con el consentimiento de su Consejo, y después de haber oído

las partes interesadas, constituir Regiones fuera del territorio de las

Provincias y aprobar las Regiones erigidas por los Visitadores;

16º con el consentimiento de su Consejo, aprobar el Estatuto de

cada Conferencia de Visitadores;

17º organizar el trabajo del Consejo General y los servicios de los

Asistentes Generales.

 

E 52.— El Superior General tiene el domicilio en Roma. No lo cambie sin el consentimiento de la Asamblea General y sin consultar a la Santa Sede.

 

E 53.— Las ordenanzas generales dadas por el Superior General continúan en vigor hasta la siguiente Asamblea General, a no ser que el mismo Superior General o su sucesor hayan provisto de otro modo.

 

E 54.— Los Visitadores, los Superiores y los demás ofi ciales de

la Congregación, así como los Directores provinciales de las Hijas

de la Caridad, terminado el tiempo de su mandato, continúan en el

cargo, por razón del buen orden, hasta la entrada en servicio de sus

sucesores.

 

2.- El Vicario General

 

C 108.— El Vicario General ayuda al Superior General y le sustituye en el cargo en caso de ausencia o de impedimento, a tenor del derecho propio.

 

C 109.— El Vicario General es elegido por la Asamblea General a tenor del derecho propio. El elegido para Vicario General, ipso facto, se convierte también en Asistente General.

 

C 110.— En caso de ausencia del Superior General, el Vicario General goza de la misma autoridad que aquél, a no ser que el Superior General se reserve algún asunto.

 

C 111.— En caso de impedimento del Superior General, el Vicario General le sustituye con plenos po- deres hasta la desaparición del impedimento. Juzga del impedimento el Consejo General, sin el Superior General, pero estando presente el Vicario General.

 

C 112.— Vacante por cualquier causa el oficio de Superior General, el Vicario General se convierte, ipso facto, en Superior General hasta el fin del sexenio.  Nombra cuanto antes Vicario  General  entre los Asistentes, con el consentimiento de su Consejo y oídos, al menos, los Visitadores y Vicevisitadores.

 

C 113.— Si, por cualquier causa falta el Vicario General, el Superior General nombra cuanto antes Vicario General a uno de los Asistentes, pero con el consentimiento de su Consejo y oídos, al menos, los Visitadores y Vicevisitadores.

 

C 114.— El Vicario General cesa en el oficio a te- nor del derecho universal y del propio.

 

E 55.— § 1.— El Vicario General  cesa  en  el oficio:

1.° al aceptar su sucesor el oficio;

2.° por renuncia aceptada por la Asamblea General o la Santa Sede;

3.° por destitución decretada  por  la  Santa Sede.

§ 2.— Si el Vicario se hiciese claramente indigno o incapaz para cumplir su oficio, corresponderá al Superior General con su Consejo, excluido el Vicario General, juzgar del hecho y ponerlo en conocimiento de la Santa Sede, a cuya decisión habrá que atenerse.

 

E 56.— El Vicario General que haya asumido el gobierno de la Congregación como Superior General, puede, terminado el sexenio, ser inmediata- mente elegido Superior General y posteriormente reelegido.

 

 

3.- Los Asistentes Generales

 

C 115.— Los Asistentes Generales son los miembros de la Congregación que constituyen el Consejo del Superior General, a quien ayudan  y asesoran en el gobierno de la misma, en orden a promover su unidad y vigor, poner en práctica las Constituciones y decisiones de la Asamblea General y hacer que todas las Provincias colaboren en la promoción de las obras de la Congregación.

 

C 116.— § 1. Los Asistentes Generales son elegidos por la Asamblea General, a tenor del derecho propio.

§ 2. Los Asistentes Generales, en número de cuatro al menos, y de diversas Provincias, son elegidos para un sexenio y pueden ser reelegidos una sola vez. Terminado el segundo sexenio  consecutivo, no pueden ser elegidos de inmediato para Vicario General.

§ 3. El sexenio se da por terminado al aceptar los sucesores el oficio en la siguiente Asamblea General ordinaria.

 

E 57.— Permaneciendo fi rme lo establecido en las Constituciones,

art. 116 § 2:

§ 1. Los Asistentes Generales son elegidos de diversas Provincias

y teniendo en cuenta, en cuanto sea posible, las diversas culturas presentes

en la Congregación.

§ 2. El número de los Asistentes Generales lo determina la

Asamblea.

 

E 58.— Los Asistentes deben residir en la misma casa que el Superior General. Para constituir Consejo General es preciso, que, además del Superior General o del Vicario General, estén presentes, al menos, dos Asistentes.

 

E 59.— No obstante, si hay Asistentes Generales que, por causa justa, están ausentes, de suerte que falte  el   número   requerido   para   el   Consejo,  el Superior General puede llamar a Consejo, con derecho a voto, a uno de los Oficiales de la Curia General, por este orden: Secretario General, Ecónomo General, Procurador General ante la Santa Sede.

 

C 117.— El oficio de los Asistentes Generales cesa a tenor del derecho propio.

 

E 60.— Los Asistentes Generales cesan en el oficio:

1.°  al aceptar los sucesores el oficio;

2.° por renuncia aceptada por el Superior General con el consentimiento de los demás Asistentes o por la Asamblea General;

3.° por destitución decretada por el Superior General con el consentimiento de los demás Asisten- tes y con el beneplácito de la Santa Sede.

 

C 118.— § 1. Si alguno de los Asistentes cesa en su oficio, el Superior General nombra un sustituto con el voto deliberativo de los demás Asistentes. El sustituto tiene los mismos derechos y obligaciones que los otros Asistentes.

§ 2. Pero, si dentro de seis meses ha de celebrarse la Asamblea General, el Superior General no está obligado a nombrar sustituto.

 

4.- Los Oficiales de la Curia General

 

C 119.— § 1. El Secretario General, el Ecónomo General y el Procurador General ante la Santa Sede son nombrados por el Superior General con el consentimiento de su Consejo. No podrá nombrar para estos oficios a los Asistentes Generales.

§ 2. Permanecen en el oficio a voluntad del Superior General con el consentimiento de su Consejo. Por razón de su oficio, están adscritos a la casa de la Curia General.

§ 3. Cuando sean llamados por el Superior General,   pueden   asistir   al   Consejo   General,  pero sin voto, salvo en los casos de que se trata en los Estatutos.

§ 4. Asisten a la Asamblea General con derecho a voto.

 

E 61.— § 1.- El Secretario General:

1.° ayuda al Superior General en lo que se ha de escribir para toda la Congregación;

2.° por razón de su oficio asiste, aunque sin voto, al Consejo General para levantar acta del mismo;

3.° puede proponer al Superior General nombres de misioneros que, a tenor del derecho propio, le sean asignados como colaboradores para llevar el archivo, editar publicaciones y escribir cartas bajo su dirección.

§ 2.— Si el Secretario General estuviese impedi- do para cumplir su oficio, toca al Superior General nombrar como sustituto, interinamente, a un Asis- tente, a un Oficial o a un Colaborador.

 

E 62.— § 1.- El Ecónomo General por razón de su oficio, administra los bienes de la Congregación y los demás bienes confiados a la Curia General bajo la dirección del Superior General con su Consejo, a tenor del derecho universal y del propio.

§ 2.- Visita, con la anuencia del Superior General, a  los  Ecónomos  Provinciales,y  hasta,  en circunstancias especiales, a los de las Casas y a los administradores de las obras de mayor importancia.

 

E 63.— § 1.— Compete al Procurador General ante la Santa Sede:

1.° tramitar las facultades ordinarias que se han de obtener de la Santa Sede;

2.° tramitar ante la Santa Sede, con consentimiento del Superior General y oídos los Visitadores interesados, los asuntos de la Congregación, Provincias, Casas y misioneros.

§ 2.— El Procurador General ante la Santa Sede puede, por mandato escrito del Superior General, ejercer, a tenor del derecho, el oficio de Postulador General de la Congregación en la Curia Romana.

 

 

CAPITULO II. Administración Provincial y Local

 

l.- Provincias y Viceprovincias

 

C 120.— La Congregación de la Misión se divide en Provincias a tenor del derecho propio.

 

C 121.— La Congregación se divide también en Viceprovincias, a tenor del derecho propio.

 

C 122.— Provincia es la unión de varias casas entre sí, circunscrita por limites territoriales. Al frente de ella hay un Visitador con potestad ordinaria propia, a tenor del derecho universal y del propio.

 

E 64.— Aunque cada Provincia está delimitada territorialmente, nada impide la existencia de una casa de una Provincia en el territorio de otra, a tenor del art. 107,7.° de las Constituciones.

 

E 65.— § 1.— Viceprovincia es una unión de varias casas entre sí,delimitada territorialmente, que según acuerdo con alguna Provincia, depende de ella y con ella,de alguna manera, forma un todo, y está presidida por un Vicevisitador con potestad ordinaria propia, a tenor del derecho universal y del propio.

§ 2.— Puede crearse también una Viceprovincia que no dependa de ninguna Provincia plenamente constituida, sino directamente de la autoridad del Superior General y que esté presidida por el Vicevisitador con potestad ordinaria propia.

§ 3.— La Viceprovincia es provisional por su propia naturaleza, y se convierte en Provincia cuando se dan las condiciones requeridas.

§ 4.— Lo que se dice de la Provincia en las Constituciones y Estatutos de la Congregación vale también, puestas las debidas condiciones, para la Vice- provincia a no ser que se determine expresamente otra cosa en dichas Constituciones y Estatutos, o en las normas y acuerdos de cada Viceprovincia.

 

E 66.— § 1.— Cuando, por división de una Provincia, se erige otra nueva, el Superior General con su Consejo deberá dividir también, en la debida pro- porción y según razón y equidad, todos los bienes que estaban destinados al sostenimiento de la Provincia, así como las deudas contraídas por la mis- ma, quedando a salvo la voluntad de los piadosos fundadores y donantes, los derechos legítimamente adquiridos y las normas particulares por las que se rige la Provincia.

§ 2.— La división del archivo de la Provincia madre queda reservada a la decisión del Superior General, oídos los Visitadores interesados.

 

2.- El Visitador

 

C 123.— § 1. El Visitador es un Superior mayor, ordinario, con potestad ordinaria propia, que está al frente de una Provincia para gobernarla conforme al derecho universal y al propio.

§ 2. El Visitador, celoso por la activa participación  de  todos  en  la  vida  y  apostolado  de la Provincia, dedique los misioneros y bienes de la misma al servicio de la Iglesia según el fin de la Congregación, fomente los ministerios de las Casas y muéstrese solicito del progreso personal y actividades de cada uno, procurando una viva unión entre todos.

 

E 67.— Lo que se dice del Visitador en las Constituciones y Estatutos vale también para el Vicevisitador, a no ser que se determine expresamente otra cosa en dichas Constituciones y Estatutos, o en las normas y acuerdos de cada Viceprovincia.

 

C 124.— El Superior General, con el consentimiento de su Consejo, a tenor del derecho propio, nombra al Visitador, previa consulta a la Provincia, o lo confirma, previa elección.

 

E 68.— § 1. El Superior General, con el consentimiento de su Consejo,

nombra al Visitador por seis años, después de haber consultado

por lo menos a los miembros de la Provincia que tengan voz activa.

Del mismo modo y con las mismas condiciones, el Visitador puede ser

confi rmado por el Superior General una sola vez para un trienio

§ 2. El modo y circunstancias de la consulta puede determinarlas

la Asamblea Provincial con la aprobación del Superior General con el

consentimiento de su Consejo

§ 3. La Asamblea Provincial puede proponer a la aprobación del

Superior General, con el consentimiento de su Consejo, una manera

propia de elegir al Visitador. Pero tal elección debe tener, al menos,

las siguientes condiciones:

1) que sea al menos para un trienio, pero no para más de un

sexenio;

2) que el Visitador elegido no esté en el ofi cio más de nueve años

consecutivos;

3) que en los dos primeros escrutinios se requiera la mayoría

absoluta de los votos, descontados los nulos; que en el tercer

escrutinio gocen de voz pasiva sólo los dos que en el segundo

escrutinio obtuvieron el mayor número de votos, aún cuando

ese número sea igual;

4) en caso de empate de votos, téngase por elegido el mayor de

vocación o de edad.

§ 4. Para que el elegido, o reelegido, asuma el cargo de Visitador,

se requiere la confirmación del Superior General, con el consentimiento

de su Consejo.

 

C 125.— Corresponde al Visitador:

1° promover la observancia de las Constituciones, Estatutos y Normas Provinciales:

2.° dar Ordenanzas en bien de la Provincia con el consentimiento de su Consejo;

3.° erigir Casas y constituir Comunidades locales o suprimirlas, dentro de los limites de su Provincia y a tenor del c. 733 § 1, con el consentimiento de su Consejo y después de consultar al Superior  General;

4.° con el consentimiento de su Consejo y después de haber consultado a los miembros de la comunidad, nombrar los Superiores de las Casas e informar del nombramiento al Superior General;

5 ° con el consentimiento de su Consejo y después de consultar a aquellos a quienes afecta, y con la aprobación del Superior General, establecer un Superior Regional con potestad delegada;

6.° hacer visitas frecuentes a las Casas y a los misioneros, lo que hará por oficio al menos cada dos años;

7.°  convocar,  a  tenor  del  derecho  propio,   laAsamblea Provincial y presidirla; disolverla, con el consentimiento de la misma, y promulgar las Normas Provinciales;

8.° admitir a los candidatos en el Seminario Inter- no, así como a los Propósitos y a los votos, conforme a las Constituciones y Estatutos;

9.° previa consulta a los Superiores y moderadores de los candidatos, admitirlos a los “ Ministerios”. Para admitirlos a las Ordenes necesita además el consentimiento del Consejo Provincial.

10.° presentar a los candidatos a las Ordenes y expedir las letras dimisorias para la ordenación;

11.° oído su Consejo y consultados los moderadores respectivos, despedir a los misioneros todavía no incorporados a la Congregación.

 

E 69.— Corresponde al Visitador:

1.° hacer el proyecto provincial según las Normas Provinciales y con el consentimiento de su Consejo

2.° con el consentimiento de su Consejo y después de consultar al Superior General, constituir o suprimir una obra importante de una casa, observa- das las normas del derecho;

3.° destinar misioneros a las Casas según las necesidades de las mismas, oído su Consejo y consultados los interesados en cuanto sea posible. En los casos más urgentes el Visitador debe, al menos, informar a su Consejo;

4.° nombrar, según las Normas Provinciales y con el consentimiento de su Consejo, al Ecónomo Provincial, al Director del Seminario Interno y al del Seminario Mayor;

5.° aprobar el Proyecto comunitario de las Casas preparado por el Superior local con su comunidad;

6.° enviar al Superior General informes sobre los asuntos de la Provincia y sobre las visitas de oficio hechas a las Casas;

7.° con el consentimiento de su Consejo hacer los contratos necesarios o útiles, a tenor del derecho universal y del propio;

8.° nombrar a su debido tiempo la Comisión Preparatoria de la Asamblea Provincial, oído su Consejo;

9.° gozar de la prerrogativa de dirimir el empate de votos a tenor de derecho;

10.° informar al Superior General, cuanto antes, de la emisión de los votos por los misioneros, de su incorporación a la Congregación y de las Ordenes recibidas por ellos;

11.° cuidar del archivo provincial personalmente o por medio de otras personas idóneas;

12.° aprobar y conferir a los misioneros jurisdicción para confesar a los nuestros y, salvo el derecho del Ordinario, para la predicación sagrada de la Palabra de Dios, y delegar en otros estas mismas facultades;

13.° dispensar, por justa causa, de las Normas Provinciales en casos particulares, con el consentimiento de su Consejo.

14.º regularizar la situación de los misioneros que se encuentran

en situaciones irregulares.

 

E 70.— El Vicevisitador tiene los mismos derechos, facultades y obligaciones que el Visitador, a no ser que expresamente se disponga otra cosa en las Constituciones y Estatutos.

 

E 71.— Las Ordenanzas del Visitador continúan en vigor hasta la siguiente Asamblea Provincial, a no ser que el mismo Visitador o su sucesor determine otra cosa.

 

E 72.— § 1.- Cuando queda vacante el oficio de Visitador, el Asistente del Visitador se hace cargo temporalmente de la Provincia. Si no hay Asisten- te, se hace cargo de ella el Consejero Provincial más antiguo por nombramiento, vocación o edad, a no ser que el Superior General haya determinado otra cosa.

§ 2.— La Asamblea Provincial puede proponer a la aprobación del Superior General, con el consentimiento de su Consejo, una manera propia de proveer temporalmente al gobierno de la Provincia, en caso de muerte del Visitador o de su cese en el cargo.

 

 

3.- El Asistente del Visitador

 

C 126.— El Visitador puede tener, como ayuda en el gobierno de la Provincia, un Asistente dotado de las condiciones requeridas por los arts. 61 y 100. Corresponde a la Asamblea Provincial determinar si ha de haber un Asistente del Visitador o no.

 

E 73.— § 1.- El Asistente del Visitador es uno de los Consejeros Provinciales y es elegido por ellos junto con el Visitador, a no ser que la Asamblea Provincial haya determinado otra cosa.

§ 2.— En ausencia del Visitador, tiene la misma autoridad que éste, excepto en lo que el Visitador se haya reservado.

§ 3.— En caso de estar impedido el Visitador, el Asistente lo suple con plenos poderes hasta el cese del impedimento. El Consejo Provincial, sin el Visitador, juzga del impedimento e informa cuanto antes al Superior General, a cuya decisión habrá que atenerse.

 

4.- Consejo del Visitador

 

C 127.— Los Consejeros, que forman el Consejo del Visitador, le ayudan y asesoran en el gobierno de la Provincia en orden a promover la unidad y vigor de la  misma, poner en práctica las    Constituciones y las decisiones de la Asamblea Provincial y hacer que todas las Casas y sus miembros colaboren en la promoción de las obras.

 

E 74.— § 1.- Los Consejeros son nombrados por el Visitador para un trienio, después de consultar, al menos a los miembros de la Provincia que tienen voz activa. Del mismo modo y con iguales condiciones pueden ser confirmados para un segundo y un tercer trienio, pero no para un cuarto.

§ 2.— La Asamblea Provincial puede proponer al Superior General que apruebe, con el consentimiento de su Consejo, una manera propia de designación o elección de los Consejeros, así como el número de los mismos, el tiempo de su nombra- miento y su duración en el cargo. De la designación de los Consejeros el Visitador debe informar al Superior General.

§ 3.— Un Consejero Provincial puede ser destituido de su oficio por el Superior General, por causa grave, a propuesta del Visitador con el consentimiento de los demás Consejeros.

§ 4.— Lo que se dice del Asistente Provincial en el a. 73, § 2 y § 3, vale también para el Consejero Provincial más antiguo por razón de nombramiento, vocación o edad, cuando no hay Asistente Provincial, a no ser que en las Normas Provinciales se determine otra cosa.

 

5.- El Ecónomo Provincial

 

C 128.— En cada Provincia ha de haber un ecónomo que administre los bienes de la Provincia bajo la dirección y vigilancia del Visitador con su Consejo, a tenor del c. 636, § 1 y del derecho propio.

 

E 75.— El Ecónomo es nombrado por el Visitador con el consentimiento de su Consejo, o de otro modo establecido en las Normas Provinciales.

 

E 76.— Si el Ecónomo Provincial no es Consejero, asiste al Consejo Provincial cuando es llamado por el Visitador, pero sin voto.

 

E 77.— Corresponde al Ecónomo Provincial:

1.° procurar que la propiedad de bienes por la Provincia se ajuste a las leyes eclesiásticas y civiles;

2.° ayudar con su consejo y actividad a los Ecónomos de las Casas en el desempeño de sus cargos y vigilar su administración;

3.° procurar que cada Casa pague la suma asignada para gastos de la Provincia y enviar, a su debido tiempo, al Ecónomo General la cuota para el fondo general;

4.° procurar que se pague a los obreros de la Congregación el salario justo y que se observen cuidadosamente las leyes civiles sobre impuestos y seguridad social;

5.° mantener siempre en orden los distintos libros de gastos e ingresos, así como otros documentos;

6.° dar cuenta de su administración al Visitador y su Consejo, a tenor del a. 103.

 

6.- La regiones

 

E 78.- § 1. La Región es un territorio, con al menos una Casa, que

pertenece a una Provincia o que depende directamente del Superior

General.

§ 2. La Región es erigida por el Superior General con su Consejo

o por el Visitador con su Consejo. La Región se confía a un Superior

regional.

§ 3. El Superior regional goza de facultades delegadas por el Superior

General o por el Visitador, a fi n de favorecer la realización de la

misión propia de la Congregación.

§ 4. Si el Superior regional es nombrado por el Visitador con su

Consejo, su nombramiento debe ser confi rmado por el Superior General

con su Consejo (cf. Const., a. 125, 5º).

§ 5. La Región se constituye por medio de un convenio escrito que

precise las facultades delegadas y los compromisos recíprocos entre el

Superior General o el Visitador y el Superior regional.

§ 6. Se puede constituir una Región, ya sea en orden a tener su

propia autonomía convirtiéndose en una Viceprovincia o Provincia, ya

sea porque una Viceprovincia o Provincia no puede seguir manteniendo

su propia autonomía.

§ 7. Para que una Región pueda ser erigida en Viceprovincia o

una Viceprovincia en Provincia, es necesario que la Región o la Viceprovincia

tengan la posibilidad concreta de tener vocaciones y una base

económica sufi ciente para el mantenimiento de la misión y de los

misioneros.

 

7.- Las Conferencias de Visitadores

 

E 79.- § 1. Para favorecer la colaboración entre las Provincias en

los campos de la misión, la comunicación y la formación, los Visitadores

deben constituir Conferencias de Visitadores.

§ 2. Estas Conferencias salvaguarden siempre la unidad de la Congregación,la autonomía de las Provincias y los principios de subsidiaridad

y corresponsabilidad.

§ 3. Corresponde a cada Conferencia redactar su propio Estatuto

y someterlo al Superior General con su Consejo.

 

8.- Oficios de la Administración local

 

C 129.— § 1. La Congregación se hace realidad principalmente en cada una de las Comunidades locales.

§ 2. El Superior, centro de unidad y animador de la vida de la Comunidad local, fomente los ministerios de la Casa y, a una con la Comunidad, muéstrese solícito del progreso y actividad de cada uno.

 

C 130.— § 1. El Superior local es nombrado por el Visitador para un trienio, previa consulta a los miembros de la Casa o Comunidad local. Con iguales condiciones puede ser nombrado para un segundo trienio en la misma Casa o Comunidad local. Para más de dos trienios, si es necesario, hay que recurrir al Superior General.

§ 2. La Asamblea Provincial puede establecer otro modo de designar al Superior local.

§ 3. El Superior local debe reunir las condiciones requeridas por los arts. 61 y 100.

 

C 131.— A tenor del derecho, el Superior local tiene potestad ordinaria en el foro interno y externo sobre los misioneros y los demás que viven día y noche en la Casa. Puede delegar en otros esta misma potestad.

 

E 80.- Es derecho y obligación del Superior local:

1.° dar cuenta al Visitador del estado de la casa a él confiada;

2.° confiar a los misioneros de la Casa los cargos y oficios cuya distribución no esté reservada a los Superiores mayores;

3.° convocar y dirigir la Asamblea Doméstica;

4.° preparar con su comunidad el Proyecto comunitario de la Casa y someterlo a la aprobación del Visitador;

5.° tener el archivo y el sello de la Casa;

6.° comunicar a sus compañeros los decretos y noticias de la Congregación;

7.° procurar que se cumplan las cargas de Misas.

 

E 81.— § 1.- El Superior local administra la Casa con la colaboración de todos los misioneros, principalmente del Asistente y del Ecónomo, que se nombran a tenor de las Normas Provinciales.

§ 2.— En ausencia del Superior, el Asistente ejerce todo el oficio de aquél según las normas del derecho propio.

§ 3.— Ténganse con frecuencia reuniones de los miembros de la Comunidad, a modo de consejo.

 

 

C 132.— § 1. Cuando no se dan las condiciones para erigir una Casa, o si alguna obra lo aconseja, el Visitador, con el consentimiento de su Consejo, puede constituir un Grupo de misioneros a modo de Casa, según las Normas Provinciales.

§ 2. Uno de los misioneros, designado por el Visitador a tenor del derecho, es el responsable del Grupo, a modo de Superior.

§ 3. El Grupo a modo de Casa tiene los mismos derechos y obligaciones que una Casa.

 

C 133.— El Superior local puede ser removido por causa justa y proporcionada siempre que el Visitador lo juzgue oportuno, con el consentimiento de su Consejo y la aprobación del Superior General.

 

C 134.— § 1. El Ecónomo administra los bienes de la Casa bajo la dirección del Superior y ayudado por el diálogo y solicitud de sus compañeros, a tenor del derecho universal, de la Congregación y de la Provincia.

§ 2. Cuando el Visitador, con el consentimiento de su Consejo, lo juzgue necesario para alguna Casa, constitúyase un Consejo doméstico. Los Consejeros domésticos, que ayudan al Superior local en la administración de la Casa, serán designados según las Normas Provinciales.

 

CAPITULO III.

Asambleas

 

1.-Las Asambleas en general

 

C 135.— Las Asamblea de la Congregación de la Misión, cuyo fin es velar por la espiritualidad y la vitalidad apostólica de la Congregación y promover- las, son de tres clases: Generales, Provinciales y Domésticas.

 

E 82.— Los Superiores y los demás misioneros deben preparar las Asambleas y participar  activamente en ellas. Observen, por último, con fidelidad las leyes y normas dadas por las mismas.

 

C 136.— § 1. Nadie puede gozar de doble voto.

§ 2. Las condiciones añadidas al voto antes de la elección se consideran no puestas.

§ 3. La elección crea en el elegido la obligación de participar en la Asamblea, o de aceptar el cargo, a no ser que le excuse una causa grave. Si se trata de la aceptación del cargo, la gravedad de la causa ha de ser aprobada por la misma Asamblea.

§ 4. Nadie, por cuenta propia, puede hacerse sustituir por otro en las Asambleas.

§ 5. La mayoría de votos se ha de computar teniendo en cuenta sólo los votos válidos. Los votos en blanco son nulos.

 

E 83.— § 1.- En toda elección se requieren al me- nos tres escrutadores.

§ 2.— Juntamente con el presidente y con el secretario después de la elección de este último, son escrutadores por derecho los dos miembros más jóvenes de la Asamblea.

§ 3.— Al comienzo de la Asamblea se procede a la elección del secretario. A él corresponde:

1.°  hacer de primer escrutador;

2.° redactar las actas y documentos de las sesiones.

 

E 84.- Antes de la Asamblea y durante ella se ha de fomentar la libre información acerca de los asuntos que se han de tratar y acerca de las cualidades de los candidatos.

 

E 85.— Tratados todos los asuntos, las actas de la Asamblea, aprobadas por los asambleístas, serán firmadas por el Presidente de la misma, por el Secretario y por todos los reunidos. Después de selladas, se guardarán cuidadosamente en el archivo.

 

 

2.- La Asamblea General

 

C 137.— La Asamblea General, que representa inmediatamente a toda la Congregación, tiene, como autoridad suprema de la misma, los siguientes derechos:

1.° velar por el patrimonio del Instituto y promover, según el mismo, su adecuada renovación;

2.° elegir al Superior General, al Vicario General y a los Asistentes Generales;

3.° dar leyes o Estatutos y Decretos en bien de  la Congregación, observando el principio de subsidiariedad. Los Estatutos que no están explícita- mente abrogados siguen en vigor, los Decretos, por el contrario, para seguir en vigor deben ser confirmados explícitamente;

4 ° pedir a la Santa Sede, con dos tercios de los votos, cambios en las Constituciones ya aprobadas por la misma Santa Sede;

5.° interpretar auténticamente los Estatutos; la interpretación auténtica de las Constituciones pertenece a la Santa Sede.

 

E 86.— La Asamblea General goza del derecho de hacer Declaraciones con valor doctrinal y carácter exhortativo.

 

C 138.— La Asamblea General, que ha de celebrarse una vez convocada por el Superior General, puede ser:

1.° ordinaria, para elegir al Superior General,  al Vicario General y a los Asistentes Generales, y para tratar los asuntos de la Congregación;

2.° extraordinaria, cuando la convoca el Superior General, a tenor del derecho propio.

 

E 87.— § 1.- La Asamblea General ordinaria se ha de celebrar a los seis años de la última Asamblea General ordinaria.

§ 2.— La Asamblea General Extraordinaria se celebra siempre que el Superior General lo juzgue conveniente con el consentimiento de su Consejo y oídos los Visitadores.

§ 3.— A la Asamblea General han de preceder las Asambleas Provinciales.

 

E 88.— § 1.- El tiempo y lugar para la celebración de la Asamblea General los determina el Superior General con el consentimiento de su Consejo.

§ 2.— Llegado el sexto año,la celebración de la Asamblea podrá,con justa causa,por decreto del Superior General con el consentimiento de su Consejo, adelantarse o retrasarse hasta seis meses a partir de la fecha inicial de la Asamblea General ordinaria anterior.

 

C 139.— A la Asamblea General deben asistir:

1.° el Superior General, el Vicario General y los Asistentes Generales, el Secretario General, el Ecónomo General y el Procurador General ante la Santa Sede;

2.° los Visitadores y los diputados de las Provincias elegidos según el derecho propio.

 

E 89.— § 1.- El Superior General, el Vicario y los Asistentes Generales que cesen en su oficio siguen siendo miembros de la Asamblea en las sesiones subsiguientes de la misma.

§ 2.— Además de los que, según las Constituciones, deben asistir por oficio a la Asamblea General, asistirá a la misma, de cada Provincia y Vice- provincia, un diputado por los cien primeros misioneros que tienen voz activa. Si los misioneros con voz activa superan el número de cien, irá a la Asamblea otro diputado por cada setenta y cinco o fracción.

El número de diputados para la Asamblea General se ha de establecer conforme al número de misioneros con voz activa el día de la elección de los diputados en la Asamblea Provincial.

§ 3.— Vacante el cargo de Visitador asistirá a la Asamblea General el que interinamente rija la Provincia. Si el Visitador está legítimamente impedido de acudir a la Asamblea General, irá en su lugar el que le suple en el oficio. Y si éste hubiese sido elegido diputado, irá a la Asamblea General el primer sustituto.

 

E 90.— § 1. En el caso de que ningún Hermano resulte elegido para

participar en la Asamblea General, el Superior General con su Consejo

asegurará la presencia de alguno en ella.

§ 2. El Superior General con su Consejo dispondrá además cómo

resolver aquellos casos en los que sea imposible una legítima elección

de delegados a la Asamblea General, y sin embargo sea importante su

presencia en ella.

 

E 91.— § 1.- Antes de convocar la Asamblea General, el Superior General con su Consejo, oídos los Visitadores y teniendo en  cuenta  la  diversidad  de países y obras, nombra, en tiempo oportuno, la Comisión Preparatoria.

§ 2.— Dejando al Superior General con su Consejo amplia libertad para ordenar, según convenga, los trabajos de la Comisión Preparatoria, las funciones de dicha Comisión pueden ser:

1.° preguntar a las Provincias y a cada uno de los misioneros qué problemas son más urgentes, a su juicio, y con qué método se deben tratar en la Asamblea General;

2.° recibidas las respuestas, seleccionar, en cuanto sea necesario, los asuntos más urgentes y universales, preparar los estudios, reunir las fuentes y enviar todo a los Visitadores con tiempo suficiente antes de la celebración de las Asambleas Domésticas;

3.° recibir las propuestas o postulados de las Asambleas Provinciales y los estudios hechos por las Provincias, así como los postulados que el Superior General presente, oído su Consejo;

4.° ordenarlo todo y elaborar con ello un documento de trabajo que se enviará con tiempo   suficiente para que los miembros de la Asamblea y los sustitutos puedan tenerlo en sus manos dos meses completos antes de empezar la Asamblea General.

§ 3.—Las funciones de esta Comisión cesan al comenzar la Asamblea. Sin embargo, su presiden- te, si parece oportuno, hará, por sí o por otro, una exposición sobre el modo de proceder de la Comisión.

 

C 140.— § 1. Para la elección del Superior General se procede de este modo: si en el primer escrutinio nadie consigue los dos tercios de los votos, se hará un segundo escrutinio de la misma forma que el primero; si sucede lo mismo en el segundo, se procederá de igual modo a un tercer escrutinio, y hasta un cuarto.

Después del cuarto escrutinio, se hará un quinto, en el que se requiere y basta la mayoría absoluta de los votos, descontados los nulos.

Después del quinto escrutinio ineficaz, se hará un sexto, en el que tendrán voz pasiva solamente los dos candidatos que en el quinto escrutinio hayan obtenido mayor número de votos, aunque sea con empate, a no ser que hayan sido varios los que hayan obtenido paridad de votos, ya en el primer lugar ya en el segundo. En este caso, todos ellos tendrán voz pasiva en el sexto escrutinio, en el que se requiere y basta la mayoría relativa de los votos, descontados  los  nulos.  En  caso  de  empate, se considera elegido el candidato más antiguo de vocación o de edad.

§ 2. Terminada legítimamente la elección, y aceptado el oficio por el elegido, el Presidente, después de haber redactado el decreto de elección, proclamará en voz alta al elegido. Pero, si el mismo Presidente es elegido como Superior General, redactará el decreto el Secretario de la Asamblea y el Moderador proclamará al elegido.

§ 3. El elegido no rehusara el cargo a él confiado sino por causa grave.

§ 4. Terminada la elección y dadas gracias a Dios, se destruirán las papeletas.

§ 5. Si el recién elegido no está presente, llámesele y, hasta su llegada, la Asamblea puede tratar otros asuntos de la Congregación.

 

E 92.— § 1.- El día de la elección del Superior General los electores ofrecerán a Dios la Santa Misa por el feliz éxito de la elección y, tras una breve exhortación, a la hora establecida iniciarán la sesión bajo la dirección del Presidente.

§ 2.— Los electores escribirán en las papeletas preparadas al efecto el nombre del que eligen para Superior General.

§ 3.— Si, contadas las papeletas, su número supera el número de los electores, la votación es nula y hay que repetirla

 

C 141.— El Vicario General es elegido con las mismas condiciones que el Superior General y según el modo prescrito en el art. 140, § 1.

 

C 142.— § 1. Terminadas las elecciones del Superior General y del Vicario General, la Asamblea General procede a la elección de los demás Asisten- tes en votación distinta para cada uno.

§ 2. Se considerarán elegidos los que, sin contar los votos nulos, hayan conseguido mayoría absoluta de votos. El Presidente de la Asamblea los pro- clamará como elegidos.

§ 3. Si nadie es elegido ni en el primero ni en el segundo escrutinio, se considerará elegido el que obtenga mayoría relativa de votos en el tercer escrutinio, y, en caso de empate, el más antiguo de vocación o de edad.

 

E 93.— El Directorio aprobado por una Asamblea continúa en vigor hasta que sea cambiado o abrogado por otra Asamblea.

 

3.- La Asamblea Provincial

 

C 143.— Corresponde a la Asamblea Provincial, por ser la reunión de misioneros que en calidad de diputados representan a la Provincia:

1.° dar Normas para el bien común de la Provincia dentro de los límites del derecho común y del propio. Estas Normas adquieren fuerza obligatoria tras la aprobación del Superior General con el consentimiento de su Consejo;

2.° tratar, como órgano consultivo del Visitador, de los asuntos que pueden servir al bien de la Provincia;

3.° tratar de las propuestas que, en nombre de la Provincia, se han de presentar a la Asamblea General o al Superior General;

4.° elegir los diputados para la Asamblea General, si hay que hacerlo;

5.° dar normas para las Asambleas Domésticas, dentro de los límites del derecho universal y del propio. Estas normas no necesitan la aprobación del Superior General.

 

E 94.— Las Normas dadas por la Asamblea Provincial son reglas generales, que se han de aplicar a todos los casos señalados en ellas. Estas Normas, sin embargo, no afectan a la autoridad del Visitador, tal como se describe en el derecho universal o en el propio, ni a su potestad ejecutiva necesaria para el cumplimiento del oficio. Pero siguen en vigor hasta que las revoque la siguiente Asamblea Provincial o el Superior General.

 

 

C 144.— § 1. La Asamblea Provincial se celebrará dos veces cada seis años, una antes de la Asamblea General y otra en el tiempo intermedio.

§ 2. Cuando sea necesario, el Visitador, de acuerdo con su Consejo y oídos los Superiores locales, puede convocar una Asamblea Provincial extraordinaria.

 

C 145.— Compete al Visitador convocar y presidir  la  Asamblea  Provincial,  disolverla,  con   el consentimiento de la misma, y promulgar las Normas.

 

E 95.— Compete al Visitador, oído su Consejo, determinar los días y designar la casa para la celebración de la Asamblea Provincial.

 

E 96.— El Superior General comunicará al Visitador su decisión sobre las Normas Provinciales en el término de dos meses a partir de su recepción.

 

C 146.— Si las Normas Provinciales no determinan otra cosa, deben asistir a la Asamblea:

1.° por oficio, el Visitador, los Consejeros Provinciales, el Ecónomo Provincial y los Superiores de cada una de las Casas de la Provincia;

2.° además, los diputados elegidos a tenor del derecho propio.

 

E 97.— Si las Normas Provinciales no determinan otra cosa, deben asistir a la Asamblea Provincial tantos diputados elegidos de un único colegio provincial (compuesto por todos los miembros de la Provincia que gozan de voz pasiva), cuantos son los diputados que deben asistir por oficio, más un diputado por cada veinticinco miembros con voz activa o fracción.

 

E 98.— Han de considerarse elegidos como diputados los que, de un único colegio provincial, hayan obtenido mayor número de votos. En caso de empate, los más antiguos de vocación o edad. Otros tantos, por orden de mayoría de votos, son los sustitutos.

 

E 99.— Si el Superior de la Casa está impedido para acudir a la Asamblea Provincial, irá en su lugar el Asistente de la Casa. Si el Asistente es elegido diputado, le suplirá uno de la lista de los sustitutos.

 

E 100.— La Asamblea Provincial puede proponer al Superior General que apruebe, con el consentimiento de su Consejo, una manera propia de re- presentación en la Asamblea Provincial, pero con la condición de que el número de diputados elegidos sea mayor que el de los que deben asistir por oficio.

 

E 101.— Compete a cada Provincia establecer en la Asamblea las normas propias de procedimiento, es decir, el Directorio, dentro de los límites del derecho universal y del propio.

 

E 102.— La Asamblea Provincial, para elegir los diputados a la Asamblea General y los sustitutos, procede, en votaciones separadas, por mayoría absoluta de votos. Si en el primero y segundo escrutinios nadie es elegido, en el tercero se considerará elegido quien haya obtenido mayoría relativa de votos, y en caso de empate, el más antiguo de vocación o edad.

 

4.- La Asamblea Doméstica

 

C 147.— § 1. El Superior de la Casa, o el Asistente en plenas funciones de Superior, convoca la Asamblea Doméstica, que se celebra en orden a la Asamblea Provincial;

§ 2. A la Asamblea Doméstica han de ser convocados todos los que tienen voz activa.

§ 3. Corresponde a la Asamblea Doméstica tratar de lo que la Casa quiere proponer a la Asamblea Provincial, y de las propuestas presentadas a discusión por la Comisión Preparatoria y deliberar sobre todo ello.

 

SECCION  II. BIENES TEMPORALES

 

C 148.— § 1. La Congregación de la Misión posee bienes temporales por exigencias pastorales y comunitarias; se sirve de ellos como de recursos para el servicio de Dios y de los pobres, según el espíritu y la práctica del Fundador, y los administra, como patrimonio de los pobres, con solicitud, pero sin afán de atesorar.

§ 2. La Congregación de la Misión abraza una for- ma comunitaria de pobreza evangélica en cuanto que todos los bienes de la Congregación son co- munes, y la Congregación se sirve de ellos para procurar y conseguir mejor su fin propio.

 

E 103.— La Congregación meditará constantemente los principios que siguen, los abrazará de corazón y los pondrá en práctica con confianza y fortaleza:

1.° el esfuerzo unánime para establecer de nuevo la sobriedad de vida, que con el ejemplo más que de palabra, en nombre de la pobreza de Cristo, se opone al ansia que nace de la sociedad de la abundancia y al deseo ávido de riquezas que es la ruina de casi todo el mundo (cfr. RC III,1);

2.° la preocupación efectiva por gastar sus bienes en la promoción de la justicia social;

3.° el deshacerse de los bienes superfluos en favor de los pobres.

 

C 149.— Puesto que todos los bienes son comunes, los misioneros son corresponsables, según el derecho, de la adquisición, administración y destino de los bienes temporales de la Casa y de la Provincia a las que pertenecen. En la debida proporción, este principio vale también para lo que se refiere a los bienes de toda la Congregación.

 

C 150.— § 1. Las Casas,  las  Comunidades locales, las Provincias y la misma Congregación son capaces de adquirir, poseer, administrar y enajenar bienes temporales. Cuando el caso lo requiera, los respectivos Superiores son los representan- tes legales, incluso ante la autoridad civil, a no ser que se determine otra cosa.

§ 2. Son fuentes de estos bienes temporales el trabajo de los misioneros y los otros medios lícitos de adquirir bienes.

 

C 151.— Por razón del bien común, las Casas deben ayudar a las Provincias en lo que sea necesario para la buena administración y para proveer a las necesidades generales. Lo mismo hay que decir de las Provincias para con la Curia General.

 

E 104.— Salvaguardada la equidad, el Superior General, con el consentimiento de su Consejo, tiene el derecho de imponer una contribución a las Provincias y lo mismo puede hacer el Visitador, con el consentimiento de su Consejo, con las Casas de su Provincia.

 

C 152.— § 1. Las Provincias y las Casas comparten unas con otras los bienes temporales, de manera que las que más tienen ayuden a las que padecen necesidad.

§ 2. La Congregación, las Provincias y las Casas atienden gustosamente con sus bienes a las necesidades de los demás y al sustento de los necesitados.

 

C 153.— § 1. Los misioneros designados para este fin administran los bienes temporales, para procurar a los misioneros el sustento conveniente y proveerles de los medios adecuados a su actividad apostólica y obras de caridad.

 

E 105.— Los bienes que, únicamente para su gestión han sido confiados a la Congregación,  deben ser administrados bajo la dirección y vigilancia de los Superiores con sus Consejos.

 

E 106.— § 1.— Los Ecónomos deben dar cuenta de su administración a los Superiores e informar de la misma a los compañeros.

§ 2.— Los libros de ingresos y gastos y el informe del estado del patrimonio deben ser examina- dos por el Superior General con su Consejo, una vez al año, si se trata del Ecónomo General; por el Visitador y su Consejo,dos veces al año, si se trata del Ecónomo Provincial; por el Superior local todos los meses, si se trata del Ecónomo doméstico. Los libros y el informe solamente se firmarán si se comprueba su exactitud.

§ 3.— Los misioneros que llevan la administración de obras especiales, tanto de las Provincias como de las Casas, darán cuenta escrita de las entradas y salidas a los Superiores respectivos, en tiempo y modo establecidos en las Normas Provinciales.

§ 4.— Si los bienes no son propiedad de la Congregación, sino encomendados para su administración, los libros de cuentas se deben presentar a los dueños de los bienes y a los Superiores de la Congregación.

§ 5.— Al final de cada año, el Ecónomo General presentará la relación general de su administración a los Visitadores, y cada seis años, a la Asamblea General.

§ 6.— Finalizado el año, los Visitadores enviarán al Superior General el resumen de las cuentas de sus Provincias.

§ 7.— Los Ecónomos Provinciales presentarán a los miembros de la Provincia la relación general de su administración y también del patrimonio de la Provincia, según las Normas Provinciales.

 

§ 2. Los bienes de la comunidad deben administrarse por los respectivos Ecónomos bajo la dirección y vigilancia de los Superiores con sus Consejos, dentro de los límites del derecho universal y del propio, y según el principio de subsidiariedad.

 

C 154.— § 1. Tengan presente los administradores que son tan sólo distribuidores de los bienes de la comunidad. Empleen, por tanto, dichos bienes únicamente en cosas acomodadas al género de vida de los misioneros, y actúen siempre según las le- yes civiles justas y según las normas y el espíritu de la Congregación.

§ 2. Provean gustosamente los administradores a las necesidades de los misioneros en todo lo que se refiere a la vida, oficio particular y trabajo apostólico. Este uso de los bienes sirve a los misioneros de estímulo para fomentar el bien de los pobres y para llevar una vida verdaderamente fraterna.

§ 3. Guarden, además, los administradores la equidad en la distribución de los bienes, pues deben fomentar entre los misioneros la vida comunitaria. Provean a las necesidades personales de los misioneros según las Normas establecidas por la Asamblea Provincial.

 

E 107.— Sólo dentro de los límites de su oficio y según derecho pueden los administradores, sean Superiores o Ecónomos, realizar actos de administración en nombre de la Congregación. Por lo tanto, la Congregación, las Provincias y las Casas solamente deben responder de los actos de administración realizados según dichas Normas. De los actos ilícitos o inválidos responderán los que los hayan realizado. Si alguna persona jurídica de la Congregación hubiera contraído, aun con permiso, deudas u obligaciones, ella misma deberá responder con lo suyo.

 

C 155.— Para la validez de la enajenación y de cualquier negocio en el que la condición patrimonial de la persona jurídica pueda deteriorarse, se requiere licencia, dada por escrito, del Superior competente, con el consentimiento de su Consejo. Pero si se trata de un negocio que supera la suma establecida para cada país por la Santa Sede, e igualmente, si se trata de cosas donadas por voto  a la Iglesia, o de cosas preciosas por razón de su arte o de su historia, se requiere además la licencia de la Santa Sede.

 

E 108.— § 1.— La Asamblea General puede determinar la cantidad límite que el Superior General no puede superar en los gastos extraordinarios.

§ 2.— Los Visitadores pueden hacer gastos según las Normas dadas por la Asamblea Provincial.

§ 3.— Los Superiores locales pueden hacer gastos dentro de los límites establecidos por las Normas Provinciales.

 

E 109.— Los Superiores no deben permitir que se contraigan deudas, a no ser que conste con certeza que,con los ingresos ordinarios,podrán pagarse los intereses de la deuda, y devolverse en el tiempo previsto, mediante las legítimas anualidades, la cantidad recibida en préstamo.

 

E 110.— § 1.— Guárdense cuidadosamente con las  personas que  trabajan  en las Casas  y en   las obras de la Congregación las leyes laborales, de seguridad y de justicia.

§ 2.— Los Superiores deben proceder con máxima prudencia en la aceptación de fundaciones pías que generan obligaciones muy duraderas. No se admitan las perpetuas.

§ 3.— No deben hacerse donaciones de los bienes comunes, si no es según las normas de las Constituciones y Estatutos.

§ 4.— Cúmplase la voluntad del donante acerca de la propiedad y el uso de los bienes que la Congregación, las Provincias o las Casas reciben por testamento o donación.

§ 5.— Procúrese a los misioneros la seguridad social a cargo de la Congregación, de los Obispos, o de otros para quienes trabajan. Por su parte, las Casas, las Provincias y la misma Curia General, tomen las garantías convenientes contra los distintos riesgos.

CONGREGAÇÃO DA MISSÃO
CONSTITUIÇÕES E ESTATUTOS

CURIA GERAL DA CONGREGAÇÃO DA MISSÃO
ROMA – 1984

SAGRADA CONGREGAÇÃO
PARA OS RELIGIOSOS
E INSTITUTOS SECULARES

Prot. n. P. 53-1/81

DECRETO

A Congregação da Missão, fundada por São Vicente de Paulo, tem como fim apostólico especial evangelizar os pobres e promover a disciplina do clero.

Atendo-se às normas do Concilio Vaticano II e a outras disposições da Igreja, preparou cuidadosamente um novo texto das Constituições, o qual o Superior Geral apresentou à Santa Sé, para sua aprovação.

A Sagrada Congregação para os Religiosos e Institutos Seculares, depois de submeter o referido texto das Constituições ao exame de um Consultor, levando em conta o voto favorável da Comissão, tudo bem ponderado, por força do presente Decreto o aprova e confirma, de acordo com o exemplar escrito em latim e conservado em seu Arquivo, observando-se o que pelo Direito se deve observar.

Praza a Deus que todos os membros da Congregação da Missão, com o auxílio da graça divina, pela intercessão de São Vicente de Paulo, dando graças a Deus, recebam as novas Constituições como um auxílio próprio para, cada vez mais, progredirem na importante missão a eles confiada pela Igreja.

Dado em Roma, na Sagrada Congregação para os Religiosos e Institutos Seculares, dia 29 de junho, na festa de São Pedro e de São Paulo, Apóstolos, no ano do Senhor de 1984.

Vincentius FAGIOLO
Secr. Jerôme  HAMER  O.P. Propref.

CURIAMISSIONE
Via di Bravetta, 159
00164 ROMA

RICHARD MC CULLEN
Superior Geral da Congregação da Missão

aos nossos diletos em Cristo,
Sacerdotes, Clérigos e Irmãos,
Saudações no Senhor.

É importante acontecimento na história de nossa Congregação a aprovação das Constituições pela Sagrada Congregação dos Religiosos e Institutos Seculares. Faz exatamente 30 anos 1954) que o Sr. Pe. Slattery promulgava nossas outras Constituições, revistas, então, à luz do Código de Direito Canônico de 1917. Agora, pois, após 17 anos de trabalho, reflexão, oração e, ainda, após as deliberações de três Assembleias Gerais, a Santa Sé aprovou estas Constituições que tenho a alegria de apresentar-lhes.

Permitam-me uma observação sobre nossas novas Constituições. A medida de nossa fidelidade ao espírito e à letra das mesmas determinará fortemente a medida de nossa contribuição para a vida da Igreja local, onde estiver estabelecida a Congregação.

Nas páginas deste livro  está delineada nossa identidade como Congregação na Igreja. Não podemos contentar-nos em deixar no papel tal projeto. Este texto deverá estar impresso em nossos corações e expresso em nossa vocação de pregar o Evangelho aos pobres. Requer-se, para isso, muita leitura refletida de nossas Constituições e muita oração. É minha esperança – quero crer, que de todos nós! – que estas Constituições sejam um instrumento a nos capacitar para, mais efetivamente, amarmos o que S. Vicente amou e praticarmos o que ensinou.

Ao recebermos da Santa Sé as presentes Constituições, nossa mente remonta à famosa conferência que fez S. Vicente à sua comunidade, por ocasião da distribuição das Regras Comuns, a 17 de maio de 1658. A esperança que S. Vicente então expressava pode ser a nossa de hoje:

«Devemos esperar da bondade de Deus toda espécie de bens e de bênçãos Sobre os que observarem fielmente as Regras, que Ele nos deu. Bênção para suas pessoas, bênção para seus projetos e realizações; bênçãos para suas idas e vindas; bênção de Deus, enfim, para tudo que lhes diz respeito… Tenho confiança, meus Padres e Irmãos, na graça de Deus e em vossa bondade, que haveis todos de renovar agora a fidelidade com que tendes observado estas Regras, mesmo antes de escritas… Espero que tal fidelidade e a paciência de esperar tanto tempo por elas vos obtenham da bondade de Deus a graça de as observar ainda mais facilmente no futuro» (Coste, XII, 11).

No amor de Nosso Senhor e de sua Mãe Imaculada, permaneço sempre o devotado Coirmão.

Richard Mc Cullen, i.s.CM.
Superior Geral

Roma, 27 de setembro de 1984.
Festa de S. Vicente de Paulo

DECRETO DE PROMULGAÇÃO

Entrego a todos os membros da nossa Congregação estas Constituições, revistas e aprovadas pela Sagrada Congregação para os Religiosos e Institutos Seculares, no dia 29 de junho, e, passado o espaço de tempo conveniente para que elas sejam observadas na prática, com o consentimento do meu Conselho, decido que as nossas Constituições tenham caráter obrigatório, a partir do dia 25 de janeiro do ano de 1985, na festa da Conversão de São Paulo.

Roma, 27 de setembro de 1984
na Solenidade de São Vicente de Paulo

Richard Mc Cullen, CM.

INTRODUÇÃO

A Congregação da Missão, fundada por São Vicente de Paulo, obedecendo à vontade da Igreja, faz a revisão de seu direito próprio fundamental, para fomentar sua atividade apostólica e sua vida, no mundo de hoje, sob a inspiração do Concílio Vaticano II.

Tem, portanto, consciência de viver uma hora especial da graça e experimenta a ação do Espírito do Senhor a passar sobre ela e a impeli-la a renovar-se no seguimento dos passos de São Vicente.

No desejo de conservar e expressar seu lugar tradicional e seu fim, na Igreja, a mesma Congregação julga necessário voltar às suas origens, bem como à experiência espiritual aos propósitos de São Vicente. Visa, assim, ser mais capaz não só de reconhecer mais profundamente e de guardar com maior fidelidade sua índole genuína e o espírito do próprio Santo Fundador, mas também de haurir nessas mesmas fontes uma inspiração mais abundante para corresponder à sua vocação, permanecendo atenta à vontade de Deus que a ela se manifesta de modo especial nas necessidades dos Pobres da sociedade hodierna, como já se manifestara a São Vicente.

***

Vicente de Paulo nasceu em 1581 no povoado de Pouy. Já na meninice conviveu com os pobres e experimentou as condições de sua vida. Em 1600, ordenou-se sacerdote. Muito embora por algum tempo tenha procurado fugir da pobreza de sua origem, contudo, com a orientação de diretores espirituais, sentiu em si a urgência de buscar com empenho uma santidade mais profunda. Foi então levado pela Divina Providência, através dos acontecimentos de sua vida, a assumir o firme propósito de se devotar à salvação dos pobres.

Percebeu a grave urgência da evangelização dos pobres, quando exercia seu ministério em Gan-nes e, a 25 de janeiro de 1617, em Folleville. Aqui é que se situa, conforme seu próprio testemunho, a origem tanto de sua vocação como da missão.

Finalmente, em agosto do mesmo ano, ao instituir, em Châtillon-les-Dombes, a «Caridades» para socorro dos enfermos carentes de todo cuidado, verificou e manifestou a íntima conexão existente entre a evangelização e o serviço dos pobres.

Foi na contemplação e no serviço de Cristo na pessoa dos pobres que sua experiência espiritual tomou forma gradativamente. Além disso, a visão de Cristo, enviado pelo Pai para evangelizar os pobres, tornou-se o centro tanto de sua vida como de seu trabalho apostólico.

Com a atenção voltada para as  interpelações da sociedade e do seu mundo, Vicente aprendeu a interpretá-las à luz de um amor cada vez mais intenso a Deus e aos pobres, oprimidos sob o peso de todo tipo de calamidades. Desse modo, sentiu-se chamado a ir em socorro de toda espécie de misérias.

Entre diversas atividades, dedicou especial cuidado à Missão. Com efeito, para atender à evangelização dos camponeses, Vicente associou a si, por contrato passado a 17 de abril de 1625, seus primeiros companheiros, e estes, a 4 de setembro de 1626, assinaram um Ato de Associação, obrigando-se a formar uma Congregação, na qual, vivendo em comum, se dedicariam à salvação dos pobres camponeses.

Enquanto se aplicavam à evangelização dos pobres, Vicente e seus companheiros chegaram à convicção de que os frutos da missão só poderiam perdurar entre o povo, se fossem tomadas providências para a formação dos sacerdotes. Iniciaram esta obra em 1628, na cidade de Beauvais, pregando, a instâncias do Bispo, retiros espirituais aos clérigos que se preparavam para as Ordens. Desse modo, estavam convictos de prover a Igreja de bons pastores.

Para ir ao encontro das mais variadas necessidades, São Vicente reuniu em torno de si o maior número possível de pessoas, ricos e pobres, humildes e poderosos, empregou todos os meios para incutir-lhes o sentido do pobre como imagem privilegiada de Cristo, impelindo-os afinal a amparar direta ou indiretamente os pobres. A Comunidade das Filhas da Caridade, as Associações de Caridade, por ele fundadas, e outras delas derivadas seguiram esse voluntário e generoso devotamento e o assumiram como seu. O mesmo fizeram, até nossos dias, pessoas isoladas que conceberam o propósito de adotar esse espírito.

Seu zelo para com os pobres tomou novo incremento com a iniciativa das Missões ad Gentes, ao enviar seus primeiros coirmãos à Ilha de Madagascar, em 1648.

Enquanto crescia como Instituto, a Congregação definiu paulatinamente sua vocação, organização e vida fraterna. Afirmou cuidadosamente sua índole secular, embora seus membros firmassem sua estabilidade nela por um voto peculiar e pela prática da pobreza, castidade e obediência. Ainda em nossos dias, estas mesmas notas constituem o patrimônio da Congregação.

***

Tudo isso, perfeitamente conforme com a intenção do Fundador, está consignado nos documentos que atestam a origem e organização da Congregação, pois Urbano VIII, pela Bula Salvatoris Nostri, de 12 de janeiro de 1633, declarou o seguinte: «… O fim principal e atividade específica desta mesma Congregação e de seus membros seja, com a ajuda da graça divina, além da salvação própria, empenharem-se na salvação dos habitantes das vilas, povoados, campos, lugarejos e cidadezinhas mais humildes; nas cidades, porém, e nas metrópoles… preparem no recolhimento os ordinandos … para os retiros espirituais … e para a recepção das ordens». Alexandre VII, pelo Breve Ex Commissa Nobis, de 22 de setembro de 1655, aprovou a emissão «dos votos simples de castidade, pobreza e obediência, assim como o de estabilidade na dita Congregação, no sentido de se dedicar durante toda a vida à salvação dos pobres camponeses… mas na emissão desses votos não haja ninguém que os receba, nem em nome da Congregação, nem no Nosso e nem no nome do Romano Pontífice existente na ocasião…»; sendo ainda acrescentada a declaração de que «a dita Congregação da Missão seja isenta de subordinação aos Ordinários dos Lugares em tudo, exceto quanto às pessoas que pelos Superiores da mesma Congregação forem designadas para as missões e quanto às coisas que a elas dizem respeito; nem por isso a dita Congregação seja incluída no número das Ordens Religiosas, mas seja da corporação do clero secular».

São Vicente desenvolveu zelosamente esta Congregação, dentro do espírito do Senhor. Após uma experiência de muitos anos, dotou-a de Regras ou Constituições Comuns, cujas raízes nascem da contemplação do Senhor que fez e ensinou, para cumprir a vontade do Pai que o enviara para evangelizar os pobres. Por isso, apresentou os conselhos da perfeição evangélica, que devem inspirar mais de perto a espiritualidade, a atividade apostólica e a vida fraterna de seu Instituto.

São Vicente explica mais claramente a vocação e a missão da Congregação, no início das Regras Comuns, apontando aí também o caminho para realizá-las:

«Nosso Senhor Jesus Cristo, conforme atesta a Sagrada Escritura, enviado ao mundo para salvar o gênero humano, começou por fazer e ensinar. Cumpriu de fato a primeira parte, quando pôs em prática toda espécie de virtudes de modo perfeito; a segunda parte, porém, quando evangelizou os pobres e transmitiu a seus Apóstolos e Discípulos a ciência necessária para dirigirem as nações. E como a pequena Congregação da Missão deseja imitar o mesmo Senhor Jesus Cristo, mediante a graça divina e na razão da pequenez de suas forças, quer quanto às virtudes, quer no que concerne às funções relativas à salvação do próximo, é conveniente que use de meios semelhantes, para executar este piedoso propósito, de modo adequado. Portanto o fim dela é: 1) Procurar a própria per feição, isto é, esforçar-se por praticar, segundo as próprias forças, as virtudes nas quais este Mestre se dignou instruir-nos por palavras e exemplos; 2) Evangelizar os pobres, sobretudo os camponeses; 3) Ajudar os Eclesiásticos a adquirir as ciências e virtudes requeridas pelo seu estado» (Regulae Communes, I,1).

***

Com estas palavras, São Vicente legou à sua família espiritual, isto é, aos membros da Congregação da Missão, uma vocação singular, um tipo novo de vida comunitária, bem como um fim sempre estimulador, que deverá ser sempre sabiamente adaptado aos tempos  atuais.

CONSTITUIÇÕES DA
CONGREGAÇÃO DA MISSÃO
Primeira parte
Vocação

1. – O fim da Congregação da Missão é seguir Cristo evangelizador dos pobres. Este fim se realiza, quando os coirmãos e as comunidades, fiéis a São Vicente:

1º procuram com todas as forças revestir-se do espírito do próprio Cristo (RC, I, 3), para adquirirem a perfeição conveniente à sua vocação (RC XII, 13);

2º se aplicam; a evangelizar os pobres, sobretudo os mais abandonados;

3º ajudam os clérigos e os leigos na sua própria formação e os levam a participar mais plenamente na evangelização dos pobres.

2. – Em razão de seu fim, tendo em vista o Evangelho e sempre atenta aos sinais dos tempos e aos apelos mais urgentes da Igreja, a Congregação da Missão procurará abrir caminhos novos e empregar meios adequados às circunstâncias dos tempos e dos lugares. Além disso, terá o cuidado de avaliar e organizar suas obras e ministérios, de modo a permanecer em estado de renovação contínua.

3. – § 1. – A Congregação da Missão é uma sociedade clerical de        vida apostólica e de direito pontifício, na qual os membros procuram o próprio fim apostólico, de acordo com o patrimônio confiado por São Vicente e aprovado pela Igreja; levam vida fraterna em comum, segundo o modo próprio de sua vida, e, pela observância das Constituições, tendem à perfeição da caridade.

§ 2. – A Congregação da Missão, segundo a tradição legada por São Vicente, exerce seu apostolado em íntima cooperação com os Bispos e o clero diocesano, motivo pelo qual São Vicente sempre afirmou que a Congregação da Missão é secular, embora goze de autonomia própria, concedida quer pela lei universal, quer pela isenção.

§ 3. – Os membros da Congregação da Missão, a fim de  alcançarem, de modo mais eficaz e seguro, o fim da mesma Congregação, emitem os votos de estabilidade, castidade, pobreza e obediência, segundo as Constituições e Estatutos.

4. – Constando  de clérigos e de leigos, para conseguir, sob o influxo da divina graça, o fim que se propôs, a Congregação da Missão procura encher-se dos sentimentos e afetos e mesmo do próprio espírito de Cristo, que aparece com o máximo brilho nos conselhos evangélicos, conforme se explica nas Regras Comuns.

5. – O espírito da Congregação é a participação no espírito do próprio Cristo do modo como é proposto por São Vicente: «Enviou-me para evangelizar os pobres» (Lc 4,18). Por conseguinte, «Jesus Cristo é a regra da Missão» e será tido como o centro de sua vida e de sua atividade (SV XII, 130).

6. – Portanto, o espírito da Congregação contém aquelas íntimas disposições de alma do Cristo que o Fundador desde o início já recomendava aos coirmãos: amor e reverência para com o Pai, caridade efetiva e compassiva para com os pobres e docilidade para com a divina Providência.

7. – A Congregação procura exprimir seu espírito por meio de cinco virtudes, colhidas também de uma visão muito própria do Cristo: simplicidade, humildade, mansidão, mortificação e zelo das almas. Delas disse São Vicente: «A Congregação se aplicará com a maior diligência a cultivá-las e exercitá-las, de modo que estas cinco virtudes sejam como que as faculdades da alma de toda a Congregação e todas as nossas ações sejam sempre animadas por elas» (RC II, 14).

8. – Todos buscarão o conhecimento cada vez mais profundo deste espírito pelo recurso ao Evangelho e aos exemplos e doutrina de São Vicente, lembrados de que nosso espírito e nossos ministérios se devem alimentar reciprocamente.

9. – É preciso, além disto, que nossa vocação – fim, natureza e espírito – oriente a vida e a organização da Congregação.

Segunda parte
Vida da Congregação

CAPITULO I
ATIVIDADE APOSTÓLICA

10. – Desde os tempos do Fundador e sob sua inspiração, a Congregação da Missão considera-se chamada por Deus para realizar a obra da evangelização dos pobres.

Por especial razão, com toda a Igreja, pode afirmar de si mesma que o        múnus        de evangelizar deve ser tido como sua vocação e graça própria, além de exprimir sua verdadeira índole (cf. EN 14).

Por isso, todos e cada um de seus membros ousam dizer como Jesus: «É preciso que eu anuncie a Boa Nova do reino de Deus…, pois para isto fui enviado» (Lc 4,43).

11. – A caridade de Cristo quando se compadeceu da multidão (cf Mc 8,2) é a fonte de toda a nossa atividade apostólica. Ela nos impele, segundo as palavras de São        Vicente, a «tornar o Evangelho realmente efetivo» (SV VII, 84).

No entanto, nas diversas circunstâncias de tempo e lugar, nossa evangelização        deve esforçar-se, por palavras e obras, para que todos, por sua conversão e pela celebração dos sacramentos, dêem sua adesão «ao Reino, isto é, ao mundo novo, ao novo estado de coisas, ao novo encaminhamento da existência, ao novo modo de vida, e mesmo de vida em comum, que o Evangelho inaugura» (EN 23).

12. – Na obra de evangelização que a Congregação visa efetuar, tenham-se em vista estas notas:

1ª Preferência clara e expressa pelo apostolado entre os pobres. Com efeito, a evangelização deles é sinal de que o Reino de Deus na terra se aproxima (cf Mt 11,5);

2ª Atenção para a realidade da sociedade humana, mas sobretudo para as causas da desigualdade da distribuição dos bens        no mundo, para desempenharmos melhor o múnus profético de evangelizar;

3ª Alguma participação        na condição dos pobres, de modo que não só os evangelizemos, mas também sejamos evangelizados por eles;

4ª Verdadeiro sentido comunitário nos trabalhos apostólicos, de maneira a nos confirmarmos mutuamente na vocação comum;

5ª Disponibilidade para irmos ao mundo inteiro, a exemplo dos primeiros missionários da Congregação;

6ª Estado de contínua busca de conversão, quer por parte de cada membro, quer por parte de toda a Congregação, segundo S. Paulo que nos adverte: «Não vos conformeis com este mundo, mas reformai-vos pela renovação do vosso espírito» (Rom 12,2).

13. – As Províncias decidirão sobre as formas de apostolado a adotar, de tal modo que, fiéis ao espírito e exemplo de São Vicente, procurem inserir sua atividade apostólica na pastoral da Igreja local, de acordo com os documentos e instruções emanados da Santa Sé, das Conferências Episcopais e dos Bispos Diocesanos.

14. – As        missões populares, tão        caras ao coração do Fundador, devem ser promovidas com dedicação sempre maior. Portanto empreenderemos a obra das missões, adaptada às circunstâncias da realidade e dos lugares, procurando todas as possibilidades de lhe dar novo incremento, quer para renovar        e construir uma verdadeira comunidade cristã, quer para suscitar a fé no coração dos incrédulos.

 

15. – A obra da formação dos clérigos em seminários, enumerada, desde o começo, entre as atividades da Congregação, seja renovada oportuna e eficientemente.

Além disso, os coirmãos ajudem espiritualmente os sacerdotes, tanto fomentando sua formação contínua, como incrementando seu zelo pastoral. Despertem neles o desejo de tornar efetiva a opção da Igreja pelos pobres.

Apliquem-se em suscitar e bem        preparar os leigos também para os ministérios pastorais necessários na comunidade cristã.

Finalmente, ensinem os clérigos e leigos a trabalharem associados e a se auxiliarem mutuamente no processo de formação        da comunidade cristã.

16. – Entre as obras apostólicas        da Congregação ocupam lugar eminente as Missões ad Gentes ou em nações que se encontram em semelhante situação de evangelização.

Ao fundar uma comunidade eclesial nova, os missionários levem cuidadosamente em consideração as «Sementes do Verbo» existentes na cultura e na religiosidade do povo (cf EN 53).

17. – Como a Congregação da Missão desfrutada mesma herança que as Filhas da Caridade, os coirmãos hão de atender de bom grado aos pedidos de ajuda da parte delas, sobretudo no que se refere aos retiros e à        direção        espiritual.

Sempre hão de prestar-lhes também fraterna colaboração nos trabalhos assumidos em conjunto.

18. – A exemplo de São Vicente, que, segundo a parábola do bom Samaritano (Lc 10,30-37), acudia com uma ação        eficaz aos abandonados, as Províncias e seus membros, dentro        de suas possibilidades, hão de se esforçar por socorrer os que são rejeitados às margens da sociedade, as vítimas de calamidades e de qualquer tipo de injustiça, bem como os atingidos pelas formas de pobreza moral próprias da atualidade.

Agindo em favor deles e com eles, procurarão satisfazer às exigências da justiça social e da caridade evangélica.

CAPÍTULO II
VIDA COMUNITÁRIA

19. – São Vicente reuniu na Igreja coirmãos que, numa nova modalidade de vida comunitária, se consagrassem a evangelizar os pobres. Com efeito, a comunidade vicentina se ordena a preparar a atividade apostólica, desenvolvendo-a e apoiando-a, de modo constante. Assim, todos e cada um dos coirmãos, vivendo em comunhão fraterna, se empenham, mediante uma contínua renovação, em cumprir a missão comum.

20. – Como a Igreja e com a própria Igreja, é na Trindade que a Congregação encontra o supremo princípio de sua ação e de sua vida.

1º Com efeito, reunidos em comunidade para pregar o amor do Pai aos homens, exprimimos este amor em nossa vida.

2º Seguimos o Cristo que convoca os após tolos e discípulos e leva vida fraterna com eles, para evangelizar os pobres.

3º Sob o influxo do Espírito Santo construímos entre nós a unidade no cumprimento da missão, a fim de dar um testemunho acreditável do Cristo Salvador.

21. – § 1. – A vida comunitária é        a característica própria da Congregação        e seu modo próprio de viver, desde suas origens e por clara vontade de São Vicente. Por isso, os coirmãos devem morar em uma casa ou em uma comunidade legitimamente constituída, segundo a norma do direito próprio.

§ 2. – A convivência fraterna, que se alimenta continuamente pela missão, forma a comunidade para buscar o progresso pessoal e comunitário e para tornar mais eficaz o trabalho da evangelização.

22. – Colaboraremos com a comunidade pela entrega de nós mesmos e de tudo que é nosso. Tenha-se, porém, igualmente, o devido respeito pelo que se refere à vida privada. Os valores pessoais sejam promovidos pela comunidade. As iniciativas dos coirmãos sejam avaliadas à luz do fim e do espírito da missão.        Deste modo, as diversidades e os carismas dos particulares concorrem para tornar a missão mais frutuosa.

23. – Cada comunidade local goze da devida autonomia, para que seja de fato o lugar onde se realiza a coordenação comunitária do apostolado e da vida junto com o bem, quer provincial, quer geral, da Congregação. Com efeito, a comunidade local é uma parte viva de toda a Congregação.

24. – Pela prática das «cinco virtudes» esforçamo-nos por levar uma vida comunitária animada pela caridade, para que seja um apoio para nosso apostolado, tornando-se assim um sinal da novidade da vida evangélica para o mundo. Por isso:

1º Prestando auxílio mútuo sobretudo nos casos de adversidade e partilhando uns com os outros as alegrias, com simplicidade de coração, procuraremos estabelecer a concórdia, para cumprir nossa missão;

2º Ajudados pelo serviço imprescindível da autoridade e em espírito de obediência ativa, tornar-nos-emos corresponsáveis, juntamente        com o Superior, na busca da vontade de Deus em nossa vida e trabalhos; desenvolveremos também entre nós o diálogo, superando um modo de vida por demais individualista;

3º Com sentimento de humildade e fraternidade, atentos às opiniões e necessidades de cada coirmão, empregaremos nosso esforço para vencer as dificuldades próprias da vida comunitária; finalmente exerceremos com suavidade a correção fraterna, perdoando-nos uns aos outros;

4º Com solícito cuidado, procuraremos criar as condições necessárias ao trabalho, ao descanso, à oração e à fraterna convivência; usaremos portanto, com discrição e prudência dos meios de comunicação e, salvando-se as exigências do aposto lado, reservaremos uma parte da casa para salva guardar a intimidade da comunidade.

25. – A comunidade é continuamente formadora de si mesma, sobretudo pela renovação dos principais elementos de nosso modo de ser e agir, que são:

1º O seguimento comunitário de Cristo evangelizador, que gera em nós vínculos especiais de caridade e afeição; por isso uniremos o respeito mútuo com uma sincera benevolência, «à maneira de amigos queridos» (RC VIII, 2);

2º A evangelização dos pobres, que dá a todos os nossos trabalhos uma unidade que não destrói nem os talentos, nem os dons, mesmo diversos, mas os orienta para o serviço desta missão;

3º A oração, sobretudo na Eucaristia, que se torna a fonte de nossa vida espiritual, comunitária e apostólica;

4º Nossos bens, que serão comuns, segundo a mente de São Vicente, e que partilharemos de bom grado.

Assim nossa vida se torna de fato uma comunidade de convivência fraterna, de trabalho, de oração e de bens.

26. – § 1. – Teremos em grande estima os coirmãos doentes e os idosos, considerando-os uma bênção para a casa. Por isso, além da assistência médica e do empenho em suavizar-lhes a vida, participarão de nossa vida familiar e do nosso apostolado.

§ 2. – Para os coirmãos falecidos, porém, ofereceremos        fielmente os sufrágios prescritos pelos Estatutos.

27. – Cada comunidade se esforçará por elaborar seu projeto comum, conforme as Constituições, Estatutos e Normas Provinciais. Tal projeto será tido em conta na programação da vida e do trabalho, na execução dos conselhos e na revisão periódica da vida e das atividades.

CAPÍTULO III
CASTIDADE, POBREZA E OBEDIÊNCIA

28. – Desejando continuar a missão de Cristo, consagramo-nos a evangelizar os pobres, durante toda nossa vida. Para cumprir esta vocação, abraçamos a castidade, a pobreza e a obediência, segundo nossas Constituições e Estatutos. Efetiva mente, «a pequena Congregação da Missão… para trabalhar na salvação das almas, principalmente dos pobres camponeses, não julgou poder usar armas mais fortes nem mais aptas do que aquelas mesmas de que        a sabedoria eterna se serviu tão feliz e utilmente» (RC II, 18).

29. – § 1. – Como imitadores de Cristo em seu amor universal aos homens, abraçamos a castidade perfeita no celibato, por força do voto, por causa do reino dos céus. Recebemo-la, no entanto, como um dom da benevolência        pessoal        e infinita de Deus.

§ 2. – Assim, abrimos mais amplamente        o nosso coração para Deus e para o próximo, tornando-se o nosso modo de agir uma expressão alegre do amor existente, entre Cristo e a Igreja e destinado a se manifestar plenamente na vida futura.

30. – A íntima união com Cristo, a comunhão verdadeiramente fraterna, a entrega ao apostolado e a ascese aprovada pela experiência da Igreja dão vigor à nossa castidade. A castidade, pela resposta contínua e madura à vocação divina, torna-se no mundo uma fonte de fecundidade espiritual e também contribui muito para se atingir a plenitude humana.

31. – «Como o próprio Cristo, Senhor verdadeiro de todos os bens, abraçou a pobreza, de modo a não ter onde repousar a cabeça, e colocou aqueles que com Ele trabalhavam em sua missão, isto é, os apóstolos e os discípulos, no mesmo estado de pobreza, sem terem nada de próprio…, cada um de nós procurará, segundo sua pequenez, imitar a Cristo na prática desta virtude» (RC III, 1). Deste modo os coirmãos demonstrarão sua total dependência em relação a Deus, e a própria evangelização dos pobres se tomará mais eficaz.

32. – § 1. – No cumprimento do seu dever, segundo o fim da Congregação e o projeto comum da comunidade, cada coirmão se sinta sujeito à lei        universal do trabalho.

§ 2. – Os frutos do nosso trabalho ou o que, depois da incorporação, recebemos, por motivo de pensão, subvenção ou seguro, no intuito da Congregação, de acordo com o direito próprio, serão bens da comunidade, de tal modo que, a exemplo dos primeiros cristãos, vivamos uma verdadeira comunhão de bens e nos proporcionemos mutua mente ajuda fraterna.

33. – Tendo em vista a situação dos pobres, nosso modo de viver transpire simplicidade e sobriedade. Os meios de apostolado, embora mais eficazes e mais modernos, sejam destituídos de todo aspecto de ostentação.

O que é necessário à subsistência e à promoção dos coirmãos e ao progresso das obras provenha antes de tudo do trabalho comum. A Congregação, evitando qualquer acumulação de bens, cuidará em despender do que é seu em benefício dos pobres. Assim, com efeito, livre da ambição das riquezas, será um testemunho para o mundo, marcado pelo materialismo.

34. – No uso e disposição dos bens é preciso ter o consentimento do Superior, em virtude do voto, segundo as Constituições e Estatutos.

Como, porém, para a prática do espírito de pobreza não basta somente ter o consentimento do Superior, é necessário que cada qual julgue sobre o que é mais apto e conforme para a vida e o ministério, segundo o espírito de nosso Fundador, expresso nas Regras Comuns.

35. – Empregaremos os bens pessoais, com licença do Superior, segundo o Estatuto Funda mental do voto de pobreza na Congregação, em favor das obras de caridade, bem como dos coirmãos, evitando-se as diferenças entre nós.

36. – Lembrando-nos das limitações da natureza humana e imitando a atitude salvador de Cristo, que se fez obediente até à morte, nós, guiados pelo Espírito Santo, cuidaremos de obedecer à vontade do Pai, que se manifesta a nós de muitos modos.

37. – § 1. – A participação neste mistério do Cristo obediente requer que, comunitariamente, todos procuremos a vontade do Pai, por meio da mútua comunicação das experiências e de um diálogo franco e responsável, em que se confrontam as diversas idades e mentalidades, de modo que disso nasçam e amadureçam as tendências comuns que conduzem        à tomada de decisões.

§ 2. – Em espírito de corresponsabilidade e lembrados das palavras de São Vicente, os coirmãos, dentro de suas possibilidades, hão de se esforçar por obedecer aos Superiores, de modo pronto, alegre e perseverante. Embora julguem ser melhor a própria opinião, entretanto procurarão seguir as decisões dos Superiores, à luz da fé.

38. – § 1. – Por força do voto de obediência, somos obrigados a obedecer ao Sumo Pontífice, ao Superior Geral, ao Visitador, ao Superior da casa e aos seus substitutos, quando nos ordenam, de acordo com as Constituições e Estatutos.

§ 2. – Aos Bispos, porém, em cujas dioceses a Congregação está estabelecida prestaremos obediência, segundo o direito universal e o próprio do nosso Instituto, de acordo com a mente e o espírito de São Vicente.

39. – Por um voto especial de estabilidade, prometemos dedicar-nos ao fim da Congregação, durante todo o        tempo da nossa vida, na dita Congregação, executando        os trabalhos que nos forem prescritos pelos Superiores, segundo as Constituições e Estatutos.

CAPÍTULO IV
A ORAÇÃO

40. – § 1. – Cristo, permanecendo sempre em íntima união com o Pai, procurava na oração a vontade dele, que foi a razão suprema de sua vida, de sua missão e de seu sacrifício pela salvação do mundo. Assim também ensinou seus discípulos a orarem sempre no mesmo espírito, sem jamais esmorecerem.

§ 2. – Também nós, santificados em Cristo e enviados ao mundo, procuraremos na oração os sinais da vontade divina e nos esforçaremos por imitar as disposições de Cristo, avaliando tudo segundo seu espírito. Desta maneira, nossa vida é transformada pelo Espírito Santo em oblação espiritual e nos tornamos mais aptos para participar da missão        de Cristo.

41. – «Dai-me um homem de oração e ele será apto para tudo» (SV XI, 83). No sentir de São Vicente, a oração é a fonte da vida espiritual do missionário: por meio dela, reveste-se de Cristo, imbui-se da doutrina do Evangelho, avalia as coisas e acontecimentos diante de Deus e persevera em seu amor e misericórdia. Assim o        Espírito de Cristo garante sempre a eficácia de nossas palavras        e ações.

42. – Pela oração, a inserção apostólica        no mundo, a vida comunitária e a experiência de Deus se complementam e unem na vida do missionário. De fato, na oração renovam-se constantemente a fé, o amor fraterno e o zelo apostólico. Na atividade, por outro lado, o amor de Deus e do próximo mostra-se efetivo. Pela íntima união entre a oração e o apostolado, o missionário torna-se contemplativo na ação e apóstolo na contemplação.

43. – A oração do missionário deve ser animada por um espírito filial, pela humildade, pela confiança na Providência e pelo amor à        bondade de Deus. Assim aprendemos a        rezar como os pobres em espírito, certos de que nossa fraqueza se fortalece com a força do Espírito Santo. É ele quem ilumina a mente e fortifica à vontade para se diagnosticarem        com mais profundidade e se minorarem        com mais eficácia as necessidades do mundo.

44. – É necessário que encontremos no mistério da Palavra, dos Sacramentos e da caridade, assim como nos acontecimentos de nossa vida, uma oportunidade especial para rezarmos. Ao evangelizar os pobres, devemos encontrar e contemplar Cristo neles. No ministério junto ao povo, a        que somos enviados, devemos rezar não só por ele, mas também com ele, e participar como que espontaneamente de sua fé e devoção.

45. – Celebraremos a oração litúrgica de modo vivo e autêntico.

§ 1. – Nossa vida se oriente para a celebração diária da Ceia do Senhor, como para o seu apogeu. Com efeito, é dessa fonte que dimana o vigor de nossa atividade e de nossa comunhão fraterna. Pela Eucaristia, perpetuam-se a morte e a Ressurreição do Senhor, tornamo-nos hóstia viva em Cristo e é significada e se realiza a comunidade do povo de Deus.

§ 2. – Aproximar-nos-emos frequentemente do Sacramento da Penitência, para que possamos realizar nossa conversão contínua e conseguir sinceridade à nossa vocação.

§ 3. – Pela celebração da Liturgia das Horas, unimos a voz e a mente na proclamação dos louvores do Senhor, levamos à sua presença nossa oração incessante e rezamos por todos os homens. Por isso, rezaremos em comum Laudes e Vésperas, a não ser que nos excuse o trabalho do ministério.

46. – Na oração comunitária temos uma forma ótima de animação e renovação da vida, sobretudo quando celebramos a Palavra de Deus e participamos dela, ou então quando, no exercício do diálogo fraterno, nos comunicamos uns aos outros os frutos de nossa experiência espiritual e apostólica.

47. – § 1. – Procuraremos fazer, de acordo com nossas forças, a oração pessoal, quer em particular, quer em comum, todos os dias, durante uma hora, segundo a tradição de São Vicente. Assim, nos tornaremos idôneos        para perceber o espírito de Cristo, como também para achar os caminhos aptos para realizarmos sua missão. Que a oração pessoal, por sua vez, prepare, prolongue e complemente a oração comunitária e litúrgica.

§ 2. – Faremos fielmente os exercícios espirituais cada ano.

48. – Como testemunhas e anunciadores do amor de Deus, devemos ter devoção e prestar culto, de modo especial, aos mistérios da Trindade e da Encarnação.

49. – § 1. – Com especial devoção, cultuaremos também Maria, Mãe de        Cristo e        da Igreja. Ela, na expressão de São Vicente, contemplou e traduziu em sua vida a        mensagem evangélica, de modo mais profundo que todos os fiéis.

§ 2. – Manifestaremos, de diversas formas, nossa devoção à Imaculada Virgem Maria, celebrando piedosamente suas festas e invocando-a mm frequência, sobretudo por meio do rosário. Divulgaremos a mensagem especial, expressa por sua maternal benevolência na Medalha Milagrosa.

 

50. – Prestaremos nosso culto de veneração a São Vicente, aos        Santos e Bem-aventurados da Família Vicentina. Constantemente recorreremos ao patrimônio do Fundador, contido em seus escritos e na tradição da Congregação, para aprendermos a amar o que ele amou e a praticar o que ensinou.

CAPÍTULO V
OS COIRMÃOS

1. Os Coirmãos em geral

51. – Os membros da Congregação da Missão são discípulos de Cristo, chamados por Deus para continuarem sua missão e admitidos na referida Congregação. Procuram, dentro das possibilidades, corresponder à sua vocação, trabalhando conforme a doutrina, a mente e as instituições de São Vicente de Paulo.

52. – § 1. – Os coirmãos, que participam todos do sacerdócio régio de Cristo pelo batismo e pela confirmação, são clérigos e leigos, também chamados Missionários.

1º Os clérigos, isto é, os sacerdotes e diáconos, conforme a própria ordem, a exemplo de Nosso Senhor Jesus Cristo, Sacerdote, Pastor e Mestre, cumprem sua vocação        pelo exercício destas três funções em todas as formas de apostolado, adequadas ao fim da Congregação. A estes acrescentam-se os coirmãos que se preparam para as Ordens.

2º Os leigos, entre nós        chamados Irmãos, destinam-se ao apostolado da Igreja e da Congregação e o exercem em trabalhos apropriados à sua condição.

§ 2. – Todos esses são, segundo as Constituições e Estatutos, ou apenas admitidos ou já incorporados.

2. Admissão na Congregação

53. – § 1. – Um candidato é admitido na Congregação, quando, a seu pedido, é recebido para o período de prova no Seminário        Interno.

§ 2. – O direito de receber no Seminário In terno, guardadas as demais exigências, pertence:

1º ao Superior Geral, ouvindo seu Conselho, para toda a Congregação;

2º ao Visitador, ouvindo seu Conselho, para sua Província.

§ 3. – Quanto aos requisitos para a admissão, atenha-se ao direito universal.

54. – § 1. – O tempo total em que se faz a preparação para a incorporação na Congregação não seja mais breve        do que um biênio nem mais longo do que nove anos, a        contar da recepção no Seminário Interno.

§ 2. – Decorrido um ano completo da ad missão na Congregação, o coirmão, segundo nossa tradição, mostra, por meio do Bom Propósito, sua vontade de dedicar-se, durante todo o tempo de sua vida, na Congregação, à salvação dos pobres, segundo as Constituições e Estatutos.

§ 3. – O direito de admitir ao Bom Propósito, observadas as demais exigências, pertence:

1º ao Superior Geral, ouvindo o seu Conselho e o Diretor do Seminário Interno, para toda a Congregação.

2º ao Visitador, ouvindo o seu Conselho e o Diretor do Seminário Interno, para a sua Província.

55. – § 1. – Nossos votos são perpétuos, não religiosos, reservados, de modo que só o Romano Pontífice e o Superior Geral podem deles dispensar.

§ 2. – Estes votos devem ser fielmente interpretados segundo a intenção de São Vicente, aprovada por Alexandre VII, no breve «Ex commissa nobis» (22-09-1655) e «Alias nos supplicationibus» (12-08-1659).

56. – O direito de admitir aos votos, guarda das as demais exigências, pertence:

1º ao Superior Geral, com o consentimento do seu Conselho e a consulta aos        Formadores do candidato, para toda a        Congregação.

2. ° ao Visitador, com o consentimento do seu Conselho e a consulta aos Formadores, para a sua

Província.

57. – § 1. – A licença de emitir os votos dada por um Superior maior, depois de solicitada pelo coirmão, efetiva, depois da emissão dos votos, a incorporação à Congregação à        qual o coirmão é incardinado pela recepção do Diaconato.

§ 2. – O        coirmão ainda não incorporado        à Congregação não pode ser admitido às Ordens. Mas a incorporação de um coirmão já clérigo o incardina na Congregação.

58. – § 1. – A emissão dos votos        deve ser feita na presença do Superior ou de um coirmão por ele designado.

§ 2. – Segundo o costume da Congregação, façam-se por escrito tanto o pedido, como o atestado da emissão dos votos. Deve-se informar o Superior Geral sobre a emissão dos votos o mais rápido possível.

Os votos se emitem na Congregação de acordo com estas fórmulas:

a) Fórmula direta: Senhor, meu Deus, eu, NN., diante da Bem-aventurada Virgem Maria, faço o voto de me dedicar fielmente à evangelização dos pobres, na Congregação da Missão, durante todo o tempo de minha vida, no seguimento de Cristo evangelizador. E, por isto, faço voto de castidade, pobreza e obediência, segundo as Constituições e Estatutos do nosso Instituto, com o auxílio da vossa graça.

 

b) Fórmula declarativa: Eu, NN., diante da bem-aventurada Virgem Maria, faço a Deus o voto de me dedicar fielmente à evangelização dos pobres, na Congregação da Missão, durante todo o tempo de minha vida, em seguimento de Cristo evangelizador. E, por isso, faço voto de castidade, pobreza e obediência, segundo as Constituições e Estatutos do nosso Instituto, com o auxílio da graça de Deus.

c) Fórmula tradicional: Eu, NN., indigno (sacerdote, clérigo, irmão) da Congregação da Missão, diante da Bem-aventurada Virgem e de toda a corte celeste, faço a Deus os votos de pobreza, castidade e obediência ao nosso Superior e aos seus sucessores, segundo as Regras ou Constituições do nosso Instituto. Faço voto, além disso, de me dedicar, na dita Congregação, durante todo o tempo da minha vida, à salvação dos pobres camponeses, com o auxílio da graça do mesmo Deus onipotente, o        qual para isto, suplicante, invoco.

3. Direitos e obrigações dos Coirmãos

59. – § 1. – Todos os membros da Congregação, a não ser que pela natureza da coisa conste o contrário, gozam dos direitos, privilégios e graças espirituais, concedidos à Congregação, dentro das normas do direito universal e do direito próprio.

§ 2. – Segundo as normas do direito universal e próprio, todos os coirmãos incorporados à Congregação têm os mesmos direitos e obrigações, excetuado o que se refere ao exercício de Ordem e à jurisdição. E os coirmãos apenas admitidos na Congregação possuem os direitos e obrigações que constam nas Constituições, nos        Estatutos e nas Normas Provinciais.

60. – De        acordo com o direito universal e próprio, os coirmãos incorporados na Congregação gozam do direito de voz ativa e passiva, a não ser que o tenham perdido, segundo as normas do direito.

61. – Mantidas as demais condições do direito universal e próprio, referentes aos diversos ofícios e ministérios, possuem o direito de voz passiva todos os coirmãos que tiverem completado 25 anos de idade e 3 de incorporação na Congregação.

62. – Os membros da Congregação, além das obrigações a que estão sujeitos, segundo o direito próprio, estão sujeitos também        às obrigações comuns aos clérigos, determinadas pelo direito universal nos cc. 273-289, não só os clérigos, como é evidente, e estes especialmente para o uso do hábito eclesiástico (c. 284) e para a recitação da Liturgia das Horas (c. 276), mas também os leigos, a não ser que conste o contrário pela própria natureza da coisa ou pelo contexto do assunto.

63. – Todos devem prestar obediência ativa e responsável às Constituições e Estatutos,        assim como às outras normas em vigor na Congregação.

64. – Igualmente observem as normas promulgadas pelos Ordinários locais, resguardado nosso direito de isenção.

4. Incorporação dos Coirmãos numa Província e numa Casa

65. – É necessário que todos os membros da Congregação da Missão pertençam a uma Província e a uma Casa ou Comunidade análoga às Casas, segundo as normas do nosso direito próprio.

66. – Na Província e na Casa ou Comunidade análoga às Casas às quais pertencem, os coirmãos possuem:

1º direitos e obrigações segundo as Constituições e Estatutos;

2º um superior local e maior, próprio e imediato;

3º o exercício da voz ativa e passiva.

67. – § 1. – O coirmão que obtiver ou do Superior Geral ou do Visitador, com o consenti mento de seus Conselhos, a licença de viver fora da Casa ou fora da Comunidade, deve estar adido a alguma Casa ou Comunidade, para que nela goze dos direitos e se sujeite às obrigações, segundo a norma da licença a ele concedida.

§ 2. – A licença seja concedida por uma causa justa, não porém para mais de um ano, a não ser por motivo de tratamento de enfermidade, de estudos ou de apostolado a ser exercido em nome do Instituto.

5. Saída e exclusão dos Coirmãos

68. – A saída e exclusão dos coirmãos são regidas na Congregação da Missão pelos direitos universal e próprio.

69. – § 1. – O coirmão ainda não incorporado à Congregação pode deixá-la livremente, manifestando sua vontade aos Superiores.

§ 2. – O mesmo coirmão ainda não incorporado pode, por causas justas, ser excluído pelo Superior Geral ou pelo Visitador, ouvindo seus Conselhos e os Formadores do coirmão.

70. – O Superior Geral, com o consentimento do seu Conselho e por causa grave, pode conceder a um coirmão incorporado à Congregação, não, porém, por mais de três anos, que viva fora da Congregação, mantidas        as obrigações que se podem coadunar com a sua nova condição de vida. O coirmão permanece, porém, sob o cuidado dos Superiores da Congregação, mas fica privado da voz ativa e passiva. Se, porém, se tratar de um clérigo, requer-se ainda o consentimento do Ordinário do lugar, onde deve morar, sob cujo cuidado e dependência permanece, segundo a norma doc. 745.

71. – O Superior Geral, com o consentimento do seu Conselho, pode, por causa grave, conceder a um coirmão a saída da Congregação e dispensá-lo dos votos, segundo a norma doc. 743.

72. – § 1. – O coirmão incorporado à Congregação que se afasta da comunhão com ela e que se furta à autoridade dos Superiores deve ser solicitamente procurado e ajudado pelos Superiores, para que persevere na vocação.

§ 2. – Se o coirmão não voltar, depois de seis meses, seja privado da voz ativa e passiva e, segundo a norma.do art. 74, § 2, pode ser excluído por um decreto do Superior Geral.

73. – § 1. – Ipso facto, considera-se excluído do Instituto o coirmão que:

1º abandonar notoriamente a fé católica;

2º contrair matrimônio        ou, ainda que só no civil, fizer tentativa de matrimônio.

§ 2. – Nestes casos, o Superior Maior com o seu Conselho, sem nenhuma demora, após reunir as provas, faça uma declaração do fato, para que conste juridicamente da exclusão, segundo a norma do c. 694.

74. – § 1. – O coirmão deve ser excluído, segundo o que está estabelecido nos cc. 695, 698, 699, § 1.

§ 2. – O coirmão pode ser excluído, de acordo com o que está estabelecido nos cc. 696, 697, 698, 699, § 1.

§ 3. – No caso de grave escândalo exterior ou de gravíssimo prejuízo iminente para o Instituto, o coirmão pode ser imediatamente excluído da Casa, segundo a norma doc. 703, pelo Superior Maior ou, se houver perigo na demora, pelo Superior local, com o consentimento do seu Conselho.

75. – O decreto de exclusão deve ser comunicado ao coirmão interessado o mais depressa possível, tendo ele o direito de recorrer à Santa Sé, com efeito suspensivo, dentro de dez dias, a contar do recebimento da notificação. Para que o decreto de exclusão tenha validade, deve-se observar o c. 700.

76. – § 1. – Pela legítima demissão, cessam, ipso facto, os votos, bem como os direitos e obrigações que o coirmão teve na Congregação. Se, porém, for        clérigo, devem-se observar as prescrições dos cc. 693 e 701.

§ 2. – Os que saem legitimamente da Congregação ou os que foram dela legitimamente excluídos, nada podem exigir dela, por qualquer trabalho nela prestado.

§ 3. – A Congregação, porém, observe a equidade e a caridade evangélica para com o coirmão que dela se afastou, como está        estabelecido no c. 702.

CAPÍTULO VI
FORMAÇÃO

1. Princípios Gerais

77. – § 1. – Nossa formação, feita como um processo contínuo, tem o objetivo de tornar os coirmãos, animados do espírito de São Vicente, idôneos para realizar a missão da Congregação.

§ 2. – Portanto, aprendam, cada dia mais profundamente, que Jesus Cristo é o centro de nossa vida e a        regra da Congregação.

78. – § 1. – Assim como toda a nossa vida, o período de formação seja de tal modo organizado que a caridade        de Cristo nos estimule cada dia mais a atingir o fim da Congregação. Este fim, os coirmãos o realizam, como discípulos do Senhor, na abnegação de si mesmos e na contínua conversão a Cristo.

§ 2. – Exercitem-se na Palavra de Deus, na vida sacramentai, na oração tanto comunitária quanto pessoal e na espiritualidade vicentina.

§ 3. – Além do mais, os alunos façam corretamente os estudos prescritos pela lei da Igreja, a fim de adquirirem a devida ciência.

§ 4. – Já        desde o começo, todos, de acordo com a formação e a capacidade de cada um, principalmente junto com seus Formadores, exercitem-se oportunamente na prática pastoral, indo aos pobres e entrando em contato com a realidade deles.        Desta maneira, cada um poderá mais facilmente descobrir sua vocação específica na comunidade, de acordo com seus dotes pessoais.

§ 5. – Apliquem-se as normas pedagógicas de acordo com a idade dos alunos, de tal modo que, enquanto adquirem o domínio de si mesmos, se habituem a usar sabiamente de sua liberdade, a agir espontânea e decididamente e cheguem à maturidade cristã.

79. – Respondendo ao chamado de Deus em comunidade, os coirmãos aprendam, durante o tempo de formação, a viver a vida comunitária vicentina. A comunidade apoie as iniciativas pessoais de cada um, em todo o processo da formação.

80. – Na formação dos nossos, haja coordenação entre os vários planos de formação e unida de orgânica entre os graus sucessivos. E todas as coisas se organizem de modo que possam convergir para o fim pastoral próprio da Congregação.

81. – A formação dos nossos deve prolongar-se        e renovar-se por toda a vida.

 

2. Seminário Interno

82. – Entre as condições requeridas para sua admissão ao Seminário Interno, os candidatos de vem apresentar sinais que indiquem sua aptidão para realizar em comunidade a vocação vicentina.

83. – § 1. – O Seminário Interno é o tempo no qual os coirmãos começam a viver a missão e a vida na Congregação e, com a ajuda da comunidade e dos Formadores, conhecem sua vocação com mais clareza, preparando-se, através de uma formação especial, para sua livre incorporação na Congregação.

§ 2. – O Seminário Interno deve-se estender ao menos por 12 meses quer contínuos, quer intermitentes. Mas se os meses forem intermitentes, caberá à Assembleia Provincial determinar o número de meses contínuos e estabelecer quando o período do Seminário Interno se deva inserir no currículo dos estudos.

84. – Por isso, todo o planejamento deste tempo deve tender a que os Seminaristas:

1º adquiram maior maturidade;

2º sejam progressivamente iniciados no de vido conhecimento e na experiência da missão apostólica e da vida da Congregação;

3º consigam uma experiência de Deus, sobretudo na oração.

85. – Para obter isso, os Seminaristas procurarão cuidadosamente:

1º adquirir um conhecimento conveniente e concreto dos homens, sobretudo dos pobres, de suas necessidades, aspirações e problemas;

2º adquirir o conhecimento da        índole particular, do espírito e dos ministérios da Congregação, recorrendo às fontes, sobretudo à vida e às obras de São Vicente, à história e às tradições da Congregação, bem como a uma participação ativa e apropriada em nosso apostolado;

3º entregar-se, com o maior empenho, ao estudo e meditação do Evangelho e de toda a Sagrada Escritura;

4º participar ativamente do mistério e da missão da Igreja como comunidade de salvação; 5º conhecer e viver os conselhos evangélicos, principalmente a castidade, pobreza e obediência, segundo o espírito de São Vicente.

86. – Os Seminaristas se inserem intimamente na comunidade provincial e local em que vivem e toda a comunidade é responsável pela formação deles, sob a orientação e animação do Diretor do Seminário Interno.

3. Seminário Maior

87. – § 1. – O tempo do Seminário Maior destina-se a dar uma preparação completa para o sacerdócio ministerial vicentino, de modo que os alunos, tendo Cristo Evangelizador por modelo, se formem para pregar o Evangelho, celebrar o culto divino e exercer a pastoral junto aos fiéis.

§ 2. – Segundo o espírito de São Vicente e a tradição da Congregação, a formação dos nossos oriente-se com a máxima preferência para o ministério da palavra e o exercício da caridade para com os pobres.

88. – A formação dos nossos seja integrada na realidade social, de modo que os estudos levem a adquirir uma visão e um juízo crítico do mundo hodierno. Por sua vez, os alunos, pela conversão do coração, comecem a se inserir no trabalho cristão de instaurar a justiça. Tomem consciência cada vez mais claramente das raízes da pobreza no mundo e descubram os obstáculos que se opõem à evangelização. Tudo isso se faça à luz da Palavra de Deus e sob a orientação dos Formadores.

89. – Sejam desenvolvidas nos alunos a maturidade afetiva e as qualidades missionárias, tais como: a capacidade de formar e dirigir comunidades, a responsabilidade, o espírito e os atos críticos, a generosidade pronta e a capacidade de se empenhar firmemente na realização do fim da Congregação.

90. – O Visitador deve determinar um tempo conveniente para que os alunos, terminado o curso teológico, exerçam a ordem do Diaconato, antes de serem promovidos ao Presbiterato.

4. Formação dos Irmãos

91. – § 1. – Empregue-se especial cuidado em formar os Irmãos para o fiel cumprimento de sua missão na Congregação. Tudo que nas Constituições e Estatutos se diz da formação aplique-se também aos Irmãos.

§ 2. – É necessário que a formação dos Ir mãos no Seminário Interno seja a mesma dos demais coirmãos, a não ser que circunstâncias especiais exijam o contrário.

§ 3. – Quanto à formação de Irmãos destina dos ao Diaconato observem-se as normas provinciais.

92. – Os Irmãos sejam gradualmente aplicados ao apostolado, para que, em tudo, aprendam a ver, julgar e agir à luz da fé e a formar-se e aperfeiçoar-se, através da ação, junto com os outros.

5. Formadores e Mestres

93. – Toda a comunidade provincial se sinta responsável pela formação dos nossos, de tal modo que cada coirmão dê sua ajuda a esta obra.

94. – Como a formação dos alunos depende sobretudo de educadores idôneos, os Formadores e Mestres tenham sólida preparação doutrinária, adequada experiência pastoral e formação especializada.

 

95. – § 1. – Formadores e alunos, abertos à mútua compreensão e confiança e mantendo entre si uma convivência contínua e ativa, devem constituir uma verdadeira comunidade educativa.

§ 2. – Esta comunidade educativa, no entanto, aproveitando as contribuições de outras comunidades, sujeite seus próprios projetos e atividades a uma revisão constante.

§ 3. – Os Formadores procedam colegialmente, mas o cuidado especial e imediato dos seminaristas e dos alunos seja confiado a um coirmão ou, se preciso, a vários coirmãos.

Terceira parte
Organização

I SECÇÃO
GOVERNO

Princípios gerais

96. – Uma vez que foram chamados para trabalhar na continuação da missão de Cristo, todos os coirmãos têm o direito e o dever de colaborar para o bem da comunidade apostólica, como de participar do seu governo, segundo nosso direito próprio. Portanto, cooperem ativa e responsavelmente no desempenho dos cargos, na tomada de iniciativas, na execução do que lhes é confiado.

97. – § 1. Aqueles que, na Congregação, exercem a autoridade, que vem de Deus, bem como os que, de algum modo, participam do seu exercício, mesmo nas Assembleias e Conselhos, tenham diante dos olhos o exemplo do Bom Pastor, que veio servir e não ser servido. Por isso, cônscio de sua responsabilidade perante Deus, considerem-se servos da comunidade para promover seu fim próprio, segundo o espírito de São Vicente, em ver dadeira comunhão de apostolado e vida.

§ 2. – Portanto, promovam o diálogo com os coirmãos, mantendo, no entanto, sua autoridade de decidir e ordenar o que deve ser feito.

98. – Todos os coirmãos têm o poder suficiente para desempenhar os encargos a eles confiados pela comunidade. Por isso, não se leve a uma instância superior de governo o que cada coirmão ou uma instância inferior pode resolver.

Entretanto, guarde-se aquela unidade de governo necessária ao fim e ao bem de toda a Congregação.

99. – A Congregação da Missão, suas Casas, igrejas e todos os seus membros gozam de isenção da jurisdição dos Ordinários dos lugares, por especial concessão dos Romanos Pontífices, exceto nos casos expressos pelo direito.

100. – A Assembleia Geral, o Superior Geral, os Visitadores e os Superiores das Casas e Comunidades legitimamente constituídas têm sobre os Coirmãos um poder que é definido pelo direito universal e próprio; têm, além disso, poder eclesiástico de governo ou jurisdição, para o foro tanto externo quanto interno. Os Superiores, portanto, devem ter a ordem sacra.

CAPÍTULO I
A ADMINISTRAÇÃO CENTRAL

1. O Superior Geral

101. – O Superior Geral, sucessor de São Vicente, em união com toda a Congregação, dá continuidade à missão do Fundador, adaptada às diversas circunstâncias, para servir à Igreja universal. Por conseguinte, governe a Congregação com tal solicitude que o carisma de São Vicente persevere sempre vivo na Igreja.

102. – O Superior Geral, centro da unidade e coordenação entre as Províncias, seja também princípio da animação espiritual e da ação apostólica.

103. – O Superior Geral governa com poder ordinário todas as Províncias, as Casas e cada coirmão da Congregação, segundo o direito universal e próprio. No entanto, está sujeito à Assembleia Geral, conforme as normas do direito.

104. – O Superior Geral pode dar uma interpretação somente usual das Constituições, Estatutos e Decretos da Assembleia Geral.

105. – § 1. – O Superior Geral é eleito pela Assembleia Geral, segundo o art. 140 das Constituições.

§ 2. – Para a validade da eleição do Superior Geral, requerem-se as condições, exigidas pelo direito universal e próprio.

§ 3. – O Superior Geral é eleito para um sexênio e pode novamente ser eleito para outro sexênio, conforme a norma do direito próprio da Congregação.

§ 4. – O sexênio se considera completado pela aceitação do ofício, por parte do seu sucessor, na seguinte Assembleia Geral Ordinária.

106. – § 1. – O Superior Geral deixa o ofício:

1º pela aceitação do ofício feita por seu sucessor;

2º por sua renúncia, aceita pela Assembleia Geral ou pela Santa Sé;

3º por deposição decretada pela Santa Sé.

§ 2. – Se o Superior Geral se tornar manifestamente indigno ou incapaz de exercer o seu ofício, cabe aos Assistentes, julgar colegialmente do assunto e cientificar a Santa Sé, a cujas ordens se deve obedecer.

107. – Além das faculdades recebidas do direito universal ou de alguma concessão especial, compete ao Superior Geral:

1º procurar, com toda a solicitude, que o espírito do Santo Fundador se mantenha firme e atuante, que se promovam constantemente a atividade apostólica da Congregação e sua renovação e se apliquem com a maior exatidão as Constituições e Estatutos;

2º com o consentimento do seu Conselho, estabelecer Ordenações gerais para o bem da Congregação;

3º com        o consentimento de seu Conselho e consultados os coirmãos interessados, constituir, unir, dividir e suprimir Províncias, observadas as disposições do direito;

4º convocar a Assembleia Geral e a ela presidir e despedir os convocados, com o consentimento da própria Assembleia;

5º com        o consentimento do seu Conselho e ouvindo os Consultores da Província, afastar o Visitador do ofício, por causa grave;

6º com o consentimento do seu Conselho e ouvindo os interessados, segundo a norma doc. 733, § 1, erigir Casas e constituir Comunidades locais e suprimi-las salvaguardada a autoridade do Visitador;

7º por        motivo        grave, com o consentimento do seu Conselho e ouvindo os Visitadores interessados, fundar uma Casa de uma Província no território de outra;

8º por justa causa e com o consentimento do seu Conselho, erigir Casas que não dependam de nenhuma Província e sejam governadas pelo Superior local, sob a direta dependência do Superior Geral; e nomear os Superiores dessas Casas;

9º com o consentimento do seu Conselho, dar aos coirmãos a licença de emitir os votos e admiti-los às Ordens; dispensar dos votos, por motivo grave, quer no caso de saída legítima, quer no ato da exclusão;

10º excluir os coirmãos da Congregação, segundo a norma do direito universal e próprio;

11º com o consentimento do seu Conselho, em casos extraordinários, e por motivo grave, dispensar das Constituições;

12º com o consentimento do seu Conselho, aprovar normas estabelecidas pelas Assembleias Provinciais.

2. O Vigário Geral

108. – O Vigário Geral ajuda o Superior Geral e o substitui no ofício, quando ausente ou impedido, conforme nosso direito próprio.

109. – o Vigário Geral é eleito pela Assembleia Geral, segundo as normas do direito próprio.

Quem for eleito como Vigário Geral torna-se pelo fato mesmo        Assistente Geral.

110. – No caso de ausência do Superior Geral, o Vigário Geral é investido de sua autoridade, a não ser naquilo que o próprio Superior Geral tenha reservado para si.

111. – No caso de impedimento do Superior Geral, o Vigário Geral o substitui com pleno direito, até o término do impedimento. O Conselho Geral, porém, é que julga sobre tal impedimento, sem o Superior Geral, mas presente o Vigário Geral.

112. – Vagando por qualquer causa o ofício de Superior Geral, pelo fato mesmo o Vigário Geral se torna Superior Geral, até ao fim do sexênio.

Com o consentimento de seu Conselho e depois de ouvir pelo menos os Visitadores e Vice-Visitadores, nomeia, dentre os Assistentes e o mais cedo possível, outro Vigário Geral.

113. – Se, por qualquer causa, vier a faltar o Vigário Geral, o Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho e depois de ouvir pelo menos        os Visitadores e Vice-Visitadores, nomeia quanto antes dentre os Assistentes novo Vigário Geral.

114.- O Vigário Geral deixa o ofício, segundo as normas do direito universal e próprio.

3. Os Assistentes Gerais

115. –        Os Assistentes Gerais são coirmãos da Congregação que constituem o Conselho do Superior Geral e o ajudam, com seus trabalhos e seu conselho, a governar a Congregação, a fim de promover sua unidade e vitalidade, levar a efeito as Constituições e as decisões da Assembleia Geral e fazer todas as Províncias colaborarem na promoção        das obras da Congregação.

116. – § 1. – Os Assistentes Gerais são eleitos pela Assembleia Geral, segundo as normas do direito próprio.

§ 2. – Os Assistentes Gerais, em número de pelo menos quatro e de Províncias diversas, são eleitos para um sexênio e só podem ser reeleitos uma vez. Terminado o segundo sexênio consecutivo, não podem ser imediatamente eleitos para Vigário Geral.

§ 3 . – Considera-se completo o sexênio        pela aceitação do ofício por parte dos sucessores, por ocasião da Assembleia Geral Ordinária seguinte.

117. – O ofício dos Assistentes Gerais cessa segundo o direito próprio.

118. – § 1. – Se algum dos Assistentes deixar o cargo, o substituto é nomeado pelo Superior Geral, com voto deliberativo dos outros Assistentes, e obtém        os mesmos direitos e obrigações que os demais Assistentes.

§ 2. – Mas se houver de se reunir a Assembleia Geral dentro de seis meses, o Superior Geral não é obrigado a nomear o substituto.

4. Os Oficiais da Cúria Geral

119. – § 1. – O Secretário Geral, o Ecônomo Geral e o Procurador Geral junto à Santa Sé são nomeados pelo Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho, e não devem pertencer ao número dos Assistentes Gerais.

§ 2. – Permanecem no ofício ao arbítrio do Superior Geral com seu Conselho e, em razão de seu ofício, devem pertencer à casa da Cúria Geral.

§ 3. – Quando convocados pelo Superior Geral, podem tomar parte no Conselho Geral, sem direito a voto, salvo os casos de que tratam os Estatutos.

§ 4. – Participam da Assembleia Geral com direito de voto.

CAPÍTULO II
ADMINISTRAÇÃO PROVINCIAL E LOCAL

1. Províncias e Vice-Províncias

120. – A Congregação da Missão divide-se em Províncias, segundo as normas do direito próprio.

121. – A Congregação divide-se também em Vice-Províncias segundo as normas do direito próprio.

122. – Província é a união de diversas Casas dentro de determinados limites territoriais, sob a autoridade de um Visitador que tem jurisdição ordinária e própria, segundo as normas do direito universal e próprio.

2. O Visitador

123. – § 1. – O Visitador        é um Superior maior, ordinário, dotado de jurisdição ordinária e própria, posto à        frente de uma Província para governá-la segundo as normas do direito universal e próprio.

§ 2. – Zeloso pela ativa participação de todos na vida e no apostolado da Província, o Visitador empregue os coirmãos e os bens no serviço da Igreja, segundo o fim da Congregação. Estimule o ministério das Casas e mostre-se solícito pelo progresso pessoal e pela atividade de cada um, tendo por objetivo uma união viva.

124. – O Superior Geral, com o consentimento do seu Conselho, segundo a norma do direito próprio, nomeia o Visitador, após prévia consulta à Província, ou o confirma, após prévia eleição.

125. – Compete ao Visitador:

1º promover a observância das Constituições, Estatutos e Normas Provinciais;

2º com o consentimento do seu Conselho, estabelecer Normas para o bem da Província;

3º com        o consentimento do seu Conselho e consultando o Superior Geral, erigir Casas dentro dos limites de sua Província segundo a        norma doc. 733 § 1, e constituir Comunidades locais e suprimi-las;

4º com        o consentimento do seu Conselho e consultando os coirmãos, nomear os Superiores das Casas e notificar o Superior Geral sobre ano meação;

5º com        o consentimento do seu Conselho e consultando os interessados, com a aprovação do

Superior Geral, instituir um Superior regional com autoridade delegada;

6º visitar frequentemente as Casas e os coirmãos e isto por ofício, pelo menos de dois em dois anos;

7º convocar a Assembleia Provincial segundo a norma do direito próprio e presidi-la; despedir

Os convocados com o consentimento da própria Assembleia e promulgar as Normas Provinciais;

8º admitir candidatos ao Seminário Interno, ao Bom Propósito        e aos Votos, segundo as Constituições e Estatutos;

9º consultando        os Superiores e Formadores dos candidatos, admitir coirmãos aos «Ministérios» e, com o consentimento do seu Conselho, às Ordens;

10º apresentar os coirmãos às Ordens e dar cartas dimissórias para a sua Ordenação;

11º ouvindo o        seu Conselho e        consultando os Formadores, excluir coirmãos ainda não incorporados à        Congregação.

3. O Assistente do Visitador

126. – O        Visitador, para que o ajude no governo        da Província, pode ter um Assistente que preencha as condições        requeridas pelos art. 61 e 100. Compete à Assembleia Provincial estabelecer se deve haver um Assistente do Visitador ou não.

4. O Conselho do Visitador

127. – Os Conselheiros, que constituem o Conselho do Visitador, o ajudam com seu trabalho e conselhos no governo da Província, para que sejam promovidas sua unidade e vitalidade, para que as Constituições e decisões da Assembleia Provincial sejam postas em prática e para que todas as Casas e coirmãos colaborem na promoção das obras.

5. O Ecônomo Provincial

128. – Em cada Província, haja um Ecônomo que administre os bens da Província, sob a direção e vigilância do Visitador com o seu Conselho, segundo a norma doc. 636 § 1 e do direito próprio.

6. Ofícios na administração local

129.- § 1. – A Congregação se realiza fundamentalmente em cada uma de suas comunidades locais.

§ 2. – O Superior, centro da unidade e animador da vida da Comunidade local, incentive as obras de sua Casa e, juntamente com a comunidade, mostre-se solícito pelo progresso e pela atividade de cada um dos coirmãos.

130. – § 1. – O Superior local é nomeado para um triênio pelo Visitador, consultando os coirmãos da Casa ou da Comunidade local. Pode ser nomeado para um segundo triênio, na mesma Casa ou na mesma Comunidade local, sob as mesmas condições. Depois do segundo triênio, havendo necessidade, deve-se recorrer ao Superior Geral.

§ 2. – A Assembleia Provincial pode estabelecer outro modo de designação do Superior local.

§ 3. – O Superior local deve ter as condições requeridas pelos art. 61 e 100.

131. – Segundo a norma do direito, o Superior local tem poder ordinário no foro interno e externo        sobre os coirmãos e outros que moram, dia e noite, em sua Casa; pode delegar esse mesmo poder a outros.

132. – §        1. – Faltando as condições para a ereção de uma Casa ou se alguma obra o aconselhar, o Visitador, com o consentimento do seu Conselho, pode constituir uma Comunidade de coirmãos a modo de Casa, segundo as Normas Provinciais.

§ 2. – Um dos coirmãos, designado pelo Visitador, segundo a norma do direito, é responsável por esta Comunidade, a modo de Superior.

§ 3. – A Comunidade a modo de Casa tem os mesmos direitos e obrigações que a Casa.

133. – O Superior local pode ser afastado, todas as vezes que, por causa justa e razoável, com o consentimento        do seu Conselho e com a aprovação do Superior Geral, o Visitador o julgar conveniente.

134. – §        1. – O Ecônomo, sob a autoridade do Superior e com o diálogo e ajuda dos coirmãos, administra os bens da Casa, segundo a norma do direito universal, da Congregação e da Província.

§ 2. – Quando o Visitador, com o consentimento do seu Conselho, o julgar necessário para alguma Casa, estabeleça o Conselho Doméstico; os Conselheiros domésticos, que ajudam o Superior local na administração da Casa, sejam designados de acordo com as Normas Provinciais.

CAPÍTULO III
AS ASSEMBLEIAS

1. As Assembleias em geral

135. – As Assembleias da Congregação da Missão, que têm papel de proteger e promover a espiritualidade e a vitalidade apostólica da mesma Congregação, são três: a Geral, a Provincial e a Doméstica.

136. – §        1. – Ninguém pode gozar de sufrágio duplo.

§ 2. – As condições apostas ao voto, antes da eleição, consideram-se inexistentes.

§ 3. – Da eleição resulta para o eleito a obrigação de ir à Assembleia ou de aceitar o ofício a não ser que o excuse alguma causa grave. Tratando-se de participação, a grave causa é aprovada pelo Superior competente, que depois pedirá sua ratificação à Assembleia. Se, porém, se trata de aceitação de ofício, a grave causa deve ser aprovada pela própria Assembleia.

§ 4. – Ninguém pode fazer-se substituir em uma Assembleia por seu próprio arbítrio.

§ 5. – Para se estabelecer a maioria na contagem dos sufrágios, só devem ser levados em conta os sufrágios válidos. Os        votos em branco são nulos.

2. A Assembleia Geral

137. – A Assembleia Geral, representante imediata de toda a Congregação, como sua suprema autoridade, goza do direito:

1º de defender o patrimônio do Instituto e de promover sua conveniente renovação, dentro de seu espírito;

2º eleger o Superior Geral, Vigário Geral e Assistentes Gerais;

3º fazer leis ou Estatutos e Decretos para o bem da Congregação, observado o princípio da subsidiariedade; os Estatutos que não foram explicitamente abrogados permanecem em vigor; os Decretos, porém, devem ser explicitamente confirma dos, para conservarem a validade;

4º por dois terços dos sufrágios, pedir à Santa Sé mudanças nas Constituições por ela aprovadas;

5º interpretar autenticamente os Estatutos; a interpretação autêntica das Constituições pertence à Santa Sé.

138. – A Assembleia Geral, convocada pelo Superior Geral, deve realizar-se de dois modos:

1° a Ordinária, para eleger o Superior Geral, o Vigário Geral e os Assistentes Gerais, e para tratar dos interesses da Congregação;

2º a Extraordinária, quando for convocada pelo Superior Geral, segundo as normas do direito próprio.

139. – Devem participar da Assembleia        Geral:

1º o Superior Geral, o Vigário e os Assistentes Gerais, o Secretário Geral, o Ecônomo Geral e o Procurador Geral junto à Santa Sé;

2º os Visitadores e deputados das Províncias, eleitos segundo a norma do direito próprio.

140. – § 1. – Para a eleição do Superior Geral procede-se do seguinte modo: Se no primeiro escrutínio ninguém obtiver dois terços dos votos, será feito um segundo escrutínio de modo igual ao primeiro. Se no segundo escrutínio não se obtiver tal maioria, será tentado um terceiro e até mesmo um quarto escrutínio. Se também este quarto escrutínio for ineficaz, passa-se ao quinto, no qual se requer e basta maio ria absoluta de votos, sem contar os nulos. Se o quinto escrutínio for ainda ineficaz, será feito um sexto, no qual só terão voz passiva os dois candidatos mais votados no quinto, mesmo com número igual de votos, a não ser que haja vários com igualdade de votos no primeiro e no segundo lugar. Neste caso, também estes conservam voz passiva no sexto escrutínio, no qual se requer e basta a        maioria relativa dos votos, sem contar os nulos. Em caso de empate considere-se eleito o candidato mais antigo em vocação ou em idade.

§ 2. – Terminada legitimamente a eleição, e aceito o ofício pelo eleito, o Presidente, depois de escrito o decreto da eleição, proclamará, em voz clara, o eleito; mas se o próprio presidente for eleito Superior Geral, o Secretário da Assembleia fará o decreto e o Moderador proclamará o eleito.

§ 3. – A não ser por causa grave, o eleito não recuse o cargo que lhe foi confiado.

§ 4. – Terminada a eleição, e depois de se darem graças a Deus, destruam-se as cédulas.

§ 5. – Se o recém-eleito não estiver presente, seja convocado e, até a sua chegada, a Assembleia poderá        tratar de outros assuntos.

141. – O Vigário Geral é eleito nas mesmas condições que o Superior Geral e do modo prescrito no art. 140 § 1.

142. – § 1. – Após a eleição do Superior Geral e do Vigário Geral, a Assembleia Geral procederá à eleição dos outros Assistentes, em escrutínios separados.

§ 2. – Serão considerados eleitos os que obtiverem a maioria absoluta, sem contar os votos nulos; o Presidente da Assembleia os proclamará eleitos.

§ 3. – Se no primeiro e segundo escrutínios, ninguém for eleito, então, no terceiro, será eleito o que obtiver a maioria relativa dos votos e, em caso de igualdade, o mais velho em vocação ou idade.

3. A Assembleia Provincial

143 – A        Assembleia Provincial é a reunião dos coirmãos que representam a Província como deputados.

Nessa qualidade compete-lhe:

1º dentro dos limites do direito universal e próprio, estabelecer, para o bem da Província, Normas que terão força obrigatória depois de aprovadas pelo Superior Geral com o consentimento de seu Conselho;

2º tratar as coisas que podem levar ao bem da Província, como órgão consultivo do Visitador;

3º tratar de propostas        a serem levadas em nome da Província, quer à Assembleia Geral, quer ao Superior Geral;

4º eleger deputados à Assembleia Geral, se for        o caso;

5º estabelecer normas que não precisam da aprovação do Superior Geral, para as Assembleias Domésticas, dentro dos limites dos direitos universal e        próprio.

144. – § 1. – A Assembleia Provincial deve reunir-se duas vezes em seis anos, uma antes da

Assembleia Geral, outra no tempo intermediário.

§ 2. – Conforme        as necessidades, o Visitador, com o consentimento do seu Conselho e ouvindo os Superiores locais, pode convocar uma Assembleia Provincial extraordinária.

145. – Compete ao Visitador convocar e presidir a Assembleia Provincial, bem como encerrar os seus trabalhos com o consentimento da Assembleia e promulgar suas Normas.

146. – Devem comparecer à Assembleia Provincial, a não ser que nas Normas Provinciais esteja decidido de outro modo:

1º ex officio, o Visitador, os Conselheiros Provinciais e os Superiores das Casas da Província;

2º também os deputados eleitos, segundo a norma do direito próprio.

4. A Assembleia Doméstica

147. – § 1. – A Assembleia Doméstica é convocada pelo Superior da Casa ou pelo Assistente que estiver exercendo integralmente o ofício de Superior. Realiza-se em função da Assembleia Provincial.

§ 2. – A esta Assembleia Doméstica devem ser convocados todos os que têm voz ativa.

§3. – Pertence à Assembleia Doméstica tratar das coisas que a Casa desejar propor à Assembleia Provincial e dos assuntos que a Comissão Preparatória da Assembleia Provincial tiver apresentado para debate e deliberar sobre os pontos propostos.

II SECÇÃO
BENS TEMPORAIS

148. – § 1. – Por causa das exigências pastorais e comunitárias, a Congrega&ccccedil;ão da Missão possui bens temporais. Usa-os como meios para o serviço de Deus e dos pobres, segundo o espírito e o modo de agir de seu Fundador. Administra-os como patrimônio dos pobres, com solicitude, mas sem a preocupação de acumular.

§ 2. – A Congregação abraça a forma comunitária da pobreza evangélica, pelo fato de serem comuns todos os seus bens, que emprega para melhor buscar e atingir seu fim próprio.

149. – Uma vez que todos os bens são comuns, os membros são corresponsáveis, segundo as normas do direito, na aquisição, administração e emprego dos bens temporais da Casa e da Província a que pertencem. Guardada a devida proporção, o mesmo princípio vale relativamente para os bens de toda a        Congregação.

150. – §        1. – As Casas, as Comunidades locais, as Províncias e a Congregação são capazes de adquirir, possuir, administrar e        alienar bens temporais. Quando necessário, seus Superiores são seus representantes legais, mesmo diante da autoridade civil, a não ser que se providencie de outro modo.

§ 2. – As fontes        dos bens temporais são o trabalho dos coirmãos e outros meios lícitos de adquirir bens.

151. – Em vista do bem comum, as Casas de vem ajudar a Província no que for necessário a uma conveniente administração e à provisão das necessidades gerais. O mesmo se diga das Províncias em relação à Cúria Geral.

152. – § 1. – Províncias e Casas mantenham umas com as outras uma tal comunhão de bens temporais que as que possuem mais ajudem aquelas que sofrem necessidade.

§ 2. – A Congregação, as Províncias e as Casas usem de bom grado seus bens para prover às necessidades dos outros e ao sustento dos pobres.

153. – §        1. Os administradores dos bens temporais administram-nos para prover ao sustento conveniente dos coirmãos e fornecer os meios adequados à sua atividade apostólica e às obras de caridade.

§ 2. – Os bens da comunidade devem ser administrados por seus respectivos Ecônomos, sob a direção e vigilância dos Superiores com seus Conselhos, dentro dos limites dos direitos universal e próprio e conforme o princípio de subsidiariedade.

154. – § 1. – Lembrem-se os administradores de        que são apenas despenseiros dos bens da comunidade. Por isso, somente gastem esses bens em usos convenientes ao estado dos missionários, agindo sempre de acordo com as leis civis justas e com as normas e o espírito da Congregação.

§ 2. – De boa vontade, os administradores atendam às necessidades dos coirmãos em tudo que se refere à vida, a seu ofício particular e trabalho apostólico. Com efeito, tal uso dos bens é um estímulo para os coirmãos ativarem o serviço dos pobres e viverem vida verdadeiramente fraterna.

§ 3. – Além disso, os administradores observem também a equidade na distribuição dos bens, uma vez que é de seu dever incrementar a vida fraterna entre os coirmãos. Atendam às necessidades individuais deles segundo as Normas estabelecidas pela Assembleia Provincial.

155. – Para a validade da alienação ou de qualquer negócio no qual a condição        patrimonial da pessoa jurídica perder valor, requer-se a licença, por escrito, do Superior competente, com o consentimento do seu Conselho. Se, porém, se tratar de negócio que supere a quantia definida pela Santa Sé para cada região, como também de objetos dados à Igreja em cumprimento de um voto ou de objetos preciosos, por causa da arte ou da história, requer-se ainda a licença da própria Santa Sé.

ÍNDICE DAS CONSTITUIÇÕES

PRIMEIRA PARTE: VOCAÇÃO (art. 1-9) 19

SEGUNDA PARTE: VIDA        DA CONGREGAÇÃO (art. 10-95) 23

Capítulo I – Atividade Apostólica (10-18) 23

Capítulo II – Vida Comunitária (19-27) 28

Capítulo III – Castidade, Pobreza e Obediência (28-39) 33

Capítulo IV – A Oração (40-50) 38

Capítulo V – Os Coirmãos (51-76) 43

1. Os Coirmãos em geral (51-52) 43

2. Admissão na Congregação (53-58) 44

3 Direitos e obrigações dos Coirmãos (59-64) 47

4. Incorporação dos Coirmãos numa Província e numa Casa (65-67) 49

5. Saída e exclusão dos Coirmãos (68-76) 50

Capítulo VI – Formação (77-95) 54

1. Princípios gerais (77-81) 54

2. Seminário Interno (82-86) 56

3. Seminário Maior (87-90) 57

4. Formação dos Irmãos (91-92) 59

5. Formadores e Mestres (93-95) 59

TERCEIRA PARTE: ORGANIZAÇÃO (art. 96-155) 61

I SECÇAO – GOVERNO (96-147) 61

Princípios gerais (96-100) 61

Capítulo I – Administração Central (101-119) 63

1. O Superior Geral (101-107) 63

2. O Vigário Geral (108-114) 66

3. Os Assistentes Gerais (115-118) 67

4. Os Oficiais da Cúria Geral (119) 69

Capítulo II – Administração Provincial e Local (120-134) 70

1. Províncias e Vice Províncias (120-122) 70

2. O Visitador (123-125) 70

3. O Assistente do Visitador (126) 72

4. O Conselho do Visitador (127) 72

5. O Ecônomo Provincial (128) 73

6. Ofícios na Administração local (129-134) 73

Capítulo III – As Assembleias (135-147) 76

1. As Assembleias em geral (135-136) 76

2. A Assembleia Geral (137-142) 77

3. A Assembleia Provincial (143-146) 80

4. A Assembleia Doméstica (147) 81

II SECÇAO – BENS TEMPORAIS (148-155) 82

 

DOCUMENTOS SOBRE OS VOTOS

OS VOTOS QUE SE EMITEM NA
CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

PAPA ALEXANDRE VII
para futura memória

Pelo cuidado a Nós confiado pelo Supremo Pastor do rebanho, tratamos, com prazer, daquilo que julgamos ser oportunamente útil à situação das congregações de pessoas eclesiásticas, piedosa e prudentemente instituídas, para granjear a maior glória do nome divino e promover a salvação das almas. Por isso, querendo resolver algumas dúvidas sobre a Congregação da Missão, fundada na França e já aprovada pela Sé Apostólica, e querendo também cumular nosso dileto filho Vicente de Paulo, Superior Geral da        dita Congregação, de especiais favores e graças, o absolvemos e cremos que será absolvido, apenas para obter o efeito das presentes, das sentenças de excomunhão, suspensão e interdito e de quaisquer outras sentenças eclesiásticas, de censuras e penas aplicadas, em qualquer ocasião, ou por qualquer causa, pelo direito ou pela autoridade, se nelas, de algum modo, houver incorrido. E nós, atendendo às súplicas humildemente a Nós dirigidas, em seu nome, sobre esta matéria, com o parecer dos nossos veneráveis irmãos, os Cardeais da Sagrada Igreja Romana, intérpretes do Sagrado Concilio de Trento, a quem confiamos a apreciação        deste assunto, confirmamos e aprovamos, pelo teor das presentes, a mencionada Congregação        da Missão, como se disse, fundada e já aprovada pela autoridade apostólica, com a emissão dos votos simples de castidade, pobreza e obediência e também de estabilidade na dita Congregação, para se entregar, por todo o tempo da vida, à salvação dos pobres camponeses, depois de dois anos de provação. Na emissão desses votos, porém, ninguém estará        presente para os aceitar, nem em nome da Congregação, nem no nosso ou do Romano Pontífice, então        reinante. Só o Romano Pontífice poderá dispensar desses votos, como também o Superior Geral, no ato da exclusão da Congregação. Ninguém mais, mesmo em razão de qualquer jubileu ou bula de cruzada ou outro privilégio e indulto, ou por qualquer tipo de constituição ou concessão, a não ser que se faça menção especial desses votos emitidos na Congregação, tenha autoridade ou poder para deles dispensar. Decretamos que a Congregação seja isenta da jurisdição dos Ordinários dos lugares em tudo, exceto quanto às pessoas que forem mandadas pelos Superiores da Congregação para algumas missões e no que a estas diz respeito. A Congregação não pertencerá, portanto, ao número das Ordens Religiosas, mas sim, à corporação do clero secular. Também decretamos que as presentes sejam e hajam de ser firmes, válidas, eficazes e inviolavelmente observadas por aqueles a quem se referem        ou venham a se referir. Decretamos, ainda, que sejam elas        assim julgadas e definidas, entre os documentos primários, por quaisquer juízes, ordinários ou delegados, e mesmo pelos juízes auditores das causas do Palácio Apostólico, resultando nulo e vão, a este respeito, todo atentado em contrário, perpetrado por qualquer        autoridade, ciente ou ignorante. Confirmamos e renovamos, se necessário for, os estatutos e costumes e também os privilégios da dita Congregação, não obstante constituições e ordenamentos apostólicos, mesmo conciliares, ainda que corroborados por juramento, confirmação apostólica ou qualquer outra autoridade, indultos e cartas apostólicas de qualquer modo concedidas contra as pré-mencionadas cartas. Especial e expressamente, derrogamos, por esta vez somente, para o efeito destas cartas, todos e cada um destes pontos, cujo teor consideramos plena e suficientemente inseridos nas presentes cartas, devendo eles conservar sua validade, haja o que houver em contrário. Queremos, porém, que, judicial ou extrajudicialmente, seja atribuída às cópias das presentes, mesmo impressas, depois de assinadas pela mão de algum notário público e munidas do selo de alguma pessoa constituída em dignidade eclesiástica, a mesma fé que se prestaria às presentes, se fossem apresentadas ou mostradas.

Dado em Roma, na igreja de Santa Maria Maior, sob o anel do Pescador, no dia 22 de setembro de 1655, primeiro ano de nosso Pontificado.

ESTATUTO FUNDAMENTAL DA POBREZA

PAPA ALEXANDRE VII
para futura memória

Atendendo às súplicas do dileto filho Vicente de Paulo, Superior Geral da Congregação da Missão, a Nós formuladas a respeito da mesma Congregação, Nós anteriormente a confirmamos e aprovamos sob a modalidade e formas definidas e então manifestadas, com seus votos simples de castidade, pobreza e obediência, bem como também o de estabilidade na dita Congregação, com o objetivo de seus membros se consagrarem por toda a vida à salvação dos pobres camponeses, votos emitidos depois de dois anos de provação. Todavia, na emissão desses votos ninguém haveria que os recebesse, nem em nome da Congregação, nem no Nosso ou no do Romano Pontífice então existente, e tais votos somente o Romano Pontífice e o Superior Geral os poderiam dispensar no ato de exclusão da Congregação, de sorte que a Congregação não fosse considerada pertencente        ao número das Ordens Religiosas, mas fosse da corporação do clero secular. Já o confirmamos e aprovamos, conforme está mais amplamente contido em Nosso        documento, também em forma de Breve, expedido no dia 22 de setembro de 1655, cujo teor queremos que seja, pelas presentes cartas, tido como própria e suficientemente expresso. No entanto o referido Vicente há pouco Nos fez saber que a observância do dito voto simples de pobreza na supracitada Congregação poderia encontrar muitas dificuldades que perturbariam a própria Congregação, se a este respeito não fossem tomadas oportunamente providências de nossa parte. Por isso, o mesmo Vicente deseja sumamente que o estatuto fundamental da mencionada Congregação sobre a pobreza seja munido com o vigor de Nossa confirmação apostólica, sendo o mesmo do teor seguinte: «Todos e cada um dos recebidos em nossa Congregação pela emissão dos referidos quatro votos, os quais possuem ou venham a possuir no futuro bens imóveis ou benefício simples, embora conservem o do mínio de todos eles, não terão, contudo, o uso livre dos mesmos, de modo que não poderão nem conservar os frutos provenientes desses bens ou benefícios, nem converter em uso próprio o que quer que seja sem a licença do Superior, mas estarão obrigados a dispor desses frutos, com a licença e a critério do dito Superior, em favor de obras pias. Se, porém, tiverem pais ou parentes na indigência, o Superior cuidará para que eles, com tais proventos, antes de tudo atendam no Senhor às necessidades dos seus». Querendo cumular o mesmo Superior Geral Vicente com mais abundantes favores e graças e absolvendo-o e crendo que será absolvido, apenas para obter o efeito das presentes, das sentenças de excomunhão, suspensão e interdito e de quaisquer outras sentenças eclesiásticas, de censuras e penas aplicadas, em qualquer ocasião ou por qualquer causa, pelo direito ou pela autoridade, se nelas de algum modo tiver incorrido, Nós atendemos às súplicas humildemente dirigidas a Nós em nome dele acerca desta matéria. Assim, com o parecer dos nossos veneráveis irmãos, cardeais da santa Igreja Romana, intérpretes do santo Concílio Tridentino, pelo teor das presentes confirmamos e aprovamos com a autoridade apostólica o Estatuto acima inserido e lhe ajuntamos com a autoridade apostólica firmeza apostólica e suprimos todos e cada um dos defeitos de direito ou de fato, se de qualquer maneira tiver ocorrido algum neste caso. Também decretamos que as presentes sejam e hajam de ser firmes, válidas, eficazes e inviolavelmente observadas por aqueles a quem se referem ou venham a se referir. Decretamos, ainda, que sejam elas assim julgadas e definidas, entre os documentos primários, por quaisquer juízes, ordinários        ou delegados, e mesmo pelos juízes auditores das causas do Palácio Apostólico, resultando nulo e vão, a este respeito, todo atentado em contrário, perpetrado por qualquer autoridade, ciente ou ignorante. Isso decretamos não obstante anteriores decisões e todas e cada uma daquelas coisas que nas pré-mencionadas cartas, quisemos não obstassem, bem como quaisquer outras coisas contrárias. Queremos, porém, que em toda parte, judicial ou extra-judicialmente, seja atribuída às cópias das presentes, mesmo impressas, depois de assinadas pela mão de algum notário público e marcadas com o selo do Superior Geral da sobredita Congregação ou de outra pessoa constituída em dignidade eclesiástica, a mesma e completa fé que se prestaria às presentes, se fossem apresentadas ou mostradas.

Dado em Roma, junto a Santa Maria Maior, sob o selo do Pescador, aos 12 de agosto de 1659, quinto do nosso Pontificado. S. Ugolino.

KONSTYTUCJE ZGROMADZENIA MISJI

ŚWIĘTA KONGREGACJA DO SPRAW ZAKONÓW
I INSTYTUTÓW ŚWIECKICH
Prot. n. P. 53 – 1/81

DEKRET

Zgromadzenie Misji założone  przez św.  Wincentego a Paulo posiada jako szczególny cel głoszenie Ewangelii ubogim oraz wspomaganie duchownych w zdobywaniu właściwej im formacji.

Obecnie, uwzględniając dokumenty Soboru Waty- kańskiego Drugiego i inne dokumenty Kościoła, przy- gotowało nowy tekst Konstytucji, który przełożony generalny Zgromadzenia przedstawił do zatwierdze- nia Stolicy Apostolskiej.

Dlatego Święta  Kongregacja  do  spraw  Zakonów  i Instytutów Świeckich przedłożyła otrzymany tekst do oceny konsultorów. Pozytywna opinia Kongresu Kon- gregacji sprawia, że mocą niniejszego dekretu, tekst Konstytucji  w  języku  łacińskim,  przedłożony  nam   i zachowany w naszym archiwum, zostaje zaaprobo- wany i zatwierdzony z zachowaniem wszystkich przepi- sów prawa.

Niech Bóg sprawi, aby wszyscy członkowie Zgroma- dzenia Misji, wspierani Jego łaską za wstawiennictwem św. Wincentego, przyjęli te Konstytucje z wdzięcznością wobec Boga i aby ich wskazania potraktowali jako dro-

gę wyznaczoną przez Kościół, a umożliwiającą im stały postęp w chrześcijańskiej doskonałości.

 

Rzym, dnia 29 czerwca 1984 roku,
w uroczystość Świętych Apostołów Piotra i Pawła

 

 

† Vincentius Fagiolo
Sekretarz

† Jerôme kard. Hamer
Proprefekt

 

 

 

  RICHARD MC CULLEN PRZEŁOŻONY GENERALNY ZGROMADZENIA MISJI

UMIŁOWANYM W CHRYSTUSIE KSIĘŻOM,
BRACIOM I KLERYKOM POZDROWIENIE W PANU

 

Wielkiej wagi wydarzeniem w historii naszego Zgromadzenia jest zatwierdzenie przez Świętą Kon- gregację do spraw Zakonów i Instytutów Świeckich naszych Konstytucji. Mija właśnie trzydzieści lat od dnia, kiedy nasz poprzednik Wilhelm Slattery promul- gował Konstytucje dostosowane do przepisów „Ko- deksu Prawa Kanonicznego” z 1917 r.

Obecnie, z radością przekazuję Wam Konstytucje, które są owocem rozważań, studiów i wysiłków trwa- jących siedemnaście lat i prowadzonych przez trzy kolejne Konwenty Generalne i które zostały zatwier- dzone przez Stolicę Apostolską.

Przeżywając to wydarzenie wszyscy stwierdzamy, że miarą naszej przydatności dla Kościoła lokalnego,  w którym  pracujemy,  będzie  nasza  wierność  literze i duchowi Konstytucji.

Na kartach książki, którą bierzemy do rąk, została określona nasza tożsamość. Nie możemy jednak po- zwolić, aby owa tożsamość pozostała tylko w książce.

Tekst Konstytucji bowiem powinniśmy nosić przede wszystkim w naszych sercach. Powinniśmy objawiać go naszym codziennym życiem. Tylko w ten sposób możemy w pełni realizować nasze powołanie głoszenia Ewangelii ubogim.

Często odczytujmy tekst Konstytucji. Tej lekturze niech towarzyszy modlitwa. Wówczas Konstytucje po- mogą nam ukochać to, co kochał św. Wincenty i spełniać to, czego nauczał.

Teraz, gdy otrzymujemy zatwierdzone przez Stolicę Apostolską Konstytucje, nasze myśli wracają do konfe- rencji wygłoszonej przez św. Założyciela w dniu 17 maja 1658 roku podczas wręczania konfratrom Reguł wspól- nych. Przypomnijmy sobie jego słowa:

«Możemy spodziewać się, że wszystkich, którzy te Reguły zachowają, Boża Dobroć obdarzy wszelkimi ła- skami i błogosławieństwem. Możemy spodziewać się błogosławieństwa w ich  zamiarach,  błogosławieństwa  w ich postępowaniu, błogosławieństwa we wszystkim, co do nich należy. Ufam zaś, Moi Bracia, że dzięki Bożej łasce i dzięki Waszej miłości odnowicie dzisiaj wolę wiernego zachowania tych Reguł, które już od dawna zachowujecie. Równocześnie mam nadzieję, że ta Wasza wierność i Wasza cierpliwość, z jaką od dawna oczekiwa- liście na Reguły, zapewni Wam Bożą łaskę, dzięki której tym łatwiej zachowacie je w przyszłości». (SVP XII, 11)

W miłości Pana Naszego Jezusa Chrystusa i Jego Niepokalanej Matki pozostaję, całym sercem oddany, Wasz Konfrater.

Rzym, dnia 27 września 1984 roku

w uroczystość św. Wincentego a Paulo

 

Richard Mc Cullen CM
Przełożony Generalny

 

 

DEKRET PROMULGACYJNY

Wszystkim członkom naszego Zgromadzenia prze- kazuję Konstytucje zatwierdzone przez Świętą Kon- gregację d/s Zakonów i Instytutów Świeckich w dniu 29 czerwca 1984 roku. Za zgodą mojej rady postana- wiam, aby te Konstytucje obowiązywały w całym Zgromadzeniu począwszy od święta Nawrócenia Świę- tego Pawła, 25 stycznia 1985 roku.

Rzym, dnia 27 września 1984 roku,

w uroczystość św. Wincentego a Paulo

 

Richard Mc Cullen CM
Przełożony Generalny

 

WPROWADZENIE

 

Zgromadzenie Misji, założone przez św. Wincente- go a Paulo, posłuszne woli Kościoła, dokonuje odnowy własnego prawa fundamentalnego, by w  ten  sposób, w myśl wskazań Soboru Watykańskiego Drugiego, ożywić swoją apostolską działalność i swoje życie we współczesnym świecie.

Dlatego odczuwa ono głęboko, że przeżywa wyjąt- kową godzinę łaski, a równocześnie uświadamia sobie działanie przechodzącego nad nim Ducha Pańskiego, który je pobudza do tego, by idąc śladami św. Wincen- tego, dokonało własnej odnowy.

Samo zaś Zgromadzenie, pragnąc zachować a rów- nocześnie wyrazić określone dla siebie w Kościele miejsce i cel, uważa za konieczne wrócić do swoich początków oraz do duchowego doświadczenia i wska- zań św. Wincentego. W ten sposób będzie mogło nie tylko lepiej poznać i wierniej strzec swego pierwotne- go charakteru i ducha samego św. Założyciela, ale równocześnie  tym   pełniej   zaczerpnie   natchnienie  z tych źródeł, by móc odpowiedzieć własnemu powo- łaniu zgodnie z wolą Bożą, która w specjalny sposób objawia się Zgromadzeniu w potrzebach ludzi ubogich współczesnego społeczeństwa, podobnie jak ją poznał sam św. Wincenty.

Wincenty a Paulo urodził się w roku 1581 w wiosce Pouy. Już od swego dzieciństwa ma serce otwarte dla ubogich  i  sam  doświadcza  ich   warunków   życia. W roku 1600 przyjmuje święcenia  kapłańskie.  Choć w pewnym momencie usiłuje uciec od ubóstwa swego pochodzenia, jednak pod wpływem swoich kierowni- ków duchowych,  poczuł  się  przynaglany  do  troski  o zdobycie głębszej świętości, a Opatrzność Boża po- przez wydarzenia jego życia doprowadziła go do tego, że ostatecznie powziął mocne postanowienie poświę- cenia się pracy nad zbawieniem ubogich.

O wielkiej potrzebie głoszenia Ewangelii ubogim przekonał się wówczas, gdy pojednał z Bogiem umie- rającego wieśniaka w Gannes. Wzruszony tym wyda- rzeniem wygłosił w Folleville kazanie o spowiedzi ge- neralnej. Miało to miejsce 25 stycznia 1617 roku i jak wyznaje sam Wincenty, dało początek jego szczegól- nemu powołaniu oraz Zgromadzeniu Misji.

Następnie, gdy w sierpniu tegoż roku założył w Châtillons-les-Dombes Bractwo Miłosierdzia dla nie- sienia pomocy chorym pozbawionym wszelkiej opieki, odkrył że zachodzi wewnętrzny ścisły związek między głoszeniem Ewangelii ubogim a służeniem im.

Jego duchowe doświadczenie osiągnęło ostateczny kształt pod wpływem kontemplacji i służby Chrystusowi w osobie ubogiego. Co więcej, obraz Chrystusa posłane- go przez Ojca, aby głosił Ewangelię ubogim, zajął cen- tralne miejsce w jego życiu i w jego apostolskiej pracy.

Uważny na  potrzeby  współczesnego  sobie  świata i społeczeństwa, które nauczył się odczytywać w świe- tle coraz bardziej intensywnej miłości względem Boga i ubogich, dotkniętych ciężarem wielorakich nie- szczęść, Wincenty poczuł się powołany do niesienia pomocy dotkniętym wszelkiego rodzaju nędzą.

Wśród wielu apostolskich działań zawsze szczegól- ną troską otaczał misje. Pierwsi bowiem kapłani, któ- rych zgromadził przy sobie na podstawie umowy za- wartej w dniu 25 kwietnia 1625 r., by razem z nimi głosić Ewangelię wieśniakom, zobowiązali się Aktem Stowarzyszenia, który podpisali 4 września 1626 r., do założenia Zgromadzenia, w którym prowadząc życie wspólne, poświęcą się pracy nad zbawieniem ubogich wieśniaków.

Gdy Wincenty i jego towarzysze poświęcili się gło- szeniu Ewangelii ubogim, doszli do oczywistego wnio- sku, że nie da się zachować owoców misji wśród ludu, jeśli nie zadba się równocześnie o formację kapłanów. Dzieło to zapoczątkowali w roku 1628 w mieście Be- auvais, gdy podjęli na prośbę biskupa rekolekcje dla kleryków przed święceniami, świadomi że w ten spo- sób przysparzają Kościołowi dobrych duszpasterzy.

Aby tym skuteczniej zapobiegać potrzebom wszel- kiego rodzaju, Wincenty zgromadził wokół siebie wielką liczbę osób, zamożnych i niezamożnych, ludzi prostych i mających znaczenie, i używał wszelkich środków, aby przybliżyć im rozumienie człowieka

ubogiego, jako uprzywilejowanego obrazu Chrystusa; ich też wprost lub pośrednio pobudzał do wspomaga- nia ubogich. Dobrowolnie i wspaniałomyślnie podjęły to zadanie jako swój obowiązek i poszły za nim: Zgromadzenie Sióstr Miłosierdzia i Stowarzyszenia Miłosierdzia, założone przez niego oraz inne od nich pochodzące, a także poszczególne osoby, które przeję- ły się tym duchem, aż do naszych czasów.

Gorliwość jego względem ubogich, otrzymała no- wy wyraz przez  podjęcie  misji  zagranicznych,  gdy  w roku 1648 skierował pierwszych konfratrów na Madagaskar.

Zgromadzenie wzrastało jako instytut. Określiło ono stopniowo swoje powołanie, swój ustrój, jak rów- nież życie braterskie i wyraźnie zaakcentowało swój świecki charakter, choć członkowie potwierdzili swoją z nim stałą więź specjalnym ślubem oraz praktykowa- niem ubóstwa, czystości i posłuszeństwa. Tego rodzaju charakterystyczne znamiona stanowią spuściznę Zgro- madzenia także w naszych czasach.

 

* * *

Wszystko to, jak najbardziej zgodne z intencją Za- łożyciela, zostało urzędowo określone w dokumentach mówiących o początkach i organizacji Zgromadzenia.  I tak papież Urban VIII w bulli Salvatoris nostri wy- danej 12 stycznia 1633 stwierdził: «Szczególnym celem

i specjalnym zadaniem tego Zgromadzenia i jego człon- ków  ma  być,  za  pomocą  łaski  Bożej,  wraz  z  troską

o własne zbawienie, zabieganie o zbawienie tych, któ- rzy mieszkają w folwarkach,  wsiach  i  ich okolicach, w różnych miejscach i małych miasteczkach; w wiel- kich natomiast miastach niech przygotowują prywatnie

… przez rekolekcje … na przyjęcie święceń tych, którzy mają je otrzymać».

Natomiast papież Aleksander VII w breve Ex com- missa nobis, wydanym dnia 22 września 1655 zatwier- dził  składanie   «ślubów  prostych  czystości,  ubóstwa i posłuszeństwa oraz wytrwania w tymże Zgromadze- niu w tym celu, aby poświęcić się przez całe życie pra- cy nad zbawieniem ubogich wieśniaków … przy skła- daniu tych ślubów nikt nie pośredniczy, ani ich nie przyjmuje w imieniu Zgromadzenia czy naszym…».

Papież dodaje ponadto wyjaśnienie: «Wspomniane Zgromadzenie Misji ma prawo egzempcji spod władzy ordynariuszy  miejscowych  we  wszystkich  sprawach  z wyjątkiem osób wyznaczonych przez przełożonych tego Zgromadzenia do prowadzenia misji, które to osoby podporządkują się wówczas ordynariuszowi miejsca w sprawach misji i w tym, co się z nimi wiąże. Wspomnianego Zgromadzenia nie należy zaliczać do zakonów, lecz do kleru świeckiego».

Temu Zgromadzeniu, o którego właściwą formację usilnie w duchu Bożym się troszczył, dał Wincenty, po wielu latach doświadczenia, Reguły czyli Konstytucje

wspólne, w których wychodząc z kontemplacji Chry- stusa, w tym co On czynił i czego nauczał, aby wypeł- nić wolę Ojca, który Go posłał, aby głosił Ewangelię ubogim, wyłożył te zasady ewangelicznej doskonało- ści, które powinny stać się źródłem szczególnej inspi- racji w duchowości, działalności apostolskiej i życiu braterskim jego Instytutu.

Jego zaś powołanie i misję wyjaśnia wyraźniej na początku Reguł wspólnych, wskazując równocześnie drogę do ich osiągnięcia:

«Pan nasz Jezus Chrystus, jak świadczy Pismo Święte, przychodząc na świat dla zbawienia rodzaju ludzkiego, począł czynić i nauczać. Pierwsze zadanie wypełnił, praktykując w sposób doskonały cnoty wszel- kiego rodzaju; drugie zaś, głosząc Ewangelię ubogim   i przekazując swoim Apostołom, i Uczniom umiejęt- ność potrzebną do kierowania ludźmi.

A ponieważ małe Zgromadzenie Misji pragnie sa- mego Chrystusa Pana za pomocą Jego łaski i według słabych sił swoich naśladować, tak w wykonywaniu Jego cnót, jak też w pracy nad zbawieniem bliźnich, wypada, by także używało podobnych środków do na- leżytego spełnienia tego zbożnego zadania. Przeto celem jego jest: 1) pracować nad nabyciem własnej doskonałości, to znaczy starać się usilnie praktykować cnoty,  których  nas  ten  największy   Mistrz  słowem    i przykładem nauczyć raczył; 2) głosić Ewangelię ubo- gim, zwłaszcza wieśniakom; 3) dopomagać duchow-

nym w nabywaniu wiedzy i cnót, potrzebnych w stanie kapłańskim» (R I, 1).

* * *

W tych słowach św. Wincenty powierzył swojej duchowej rodzinie, tzn. członkom Zgromadzenia Misji szczególne powołanie, nową formę życia wspólnoto- wego i cel stale pobudzający, który należy nieustannie i mądrze dostosowywać do nowych czasów1.

 

 

1 Na LVI sesji, XXXVI Konwentu Generalnego, została zatwierdzona następująca Nota dotycząca Wprowadzenia: prowadzenie: 1° ma charak- ter historyczny, 2° zawiera treści inspirujące, 3° zawiera elementy, przy pomocy których można lepiej zrozumieć same artykuły Konsty- tucji, 4° stanowi integralną część Konstytucji i razem z Konstytucjami ma być przedłożone Stolicy Apostolskiej, 5° umieszcza się je przed normami, w znaczeniu ścisłym prawnymi,  a te  znajdują  się jedynie w tekście Konstytucji.

CZĘŚĆ PIERWSZA
POWOŁANIE

1. Celem Zgromadzenia Misji jest naśladowanie Chrystusa głoszącego Ewangelię ubogim. Cel ten urze- czywistnia się, gdy członkowie i wspólnoty, w wierno- ści św. Wincentemu:

  1. Dokładają wszystkich sił, by się przyoblec w du- cha samego Chrystusa (R I, 3), celem zdobycia dosko- nałości odpowiadającej naszemu powołaniu (R XII, 13);
  2. Oddają się głoszeniu Ewangelii ubogim, zwłasz- cza bardziej opuszczonym;
  3. Wspomagają duchownych i świeckich w zdobywa- niu właściwej im formacji i prowadzą ich do pełniejszego uczestnictwa w głoszeniu Ewangelii ubogim.
  1. Ze względu na ten cel, Zgromadzenie Misji, ma- jąc przed oczyma Ewangelię, i trwając w nieustannej wrażliwości na znaki czasu i najbardziej naglące we- zwania Kościoła, podejmie starania, by otwierać nowe drogi i używać środków dostosowanych do wymagań czasu i  miejsca, a  ponadto będzie  usiłowało oceniać  i ukierunkowywać prace i posługi, trwając w ten spo- sób w stanie ciągłej odnowy.

        3.        – § 1. Zgromadzenie Misji jest stowarzysze- niem kleryckim życia apostolskiego na prawie papie- skim. Jego członkowie realizują cele apostolskie we- dług dziedzictwa przekazanego przez św.  Wincentego i uznanego przez Kościół. Prowadzą oni życie brater- skie we wspólnocie zachowując Konstytucje, które są zasadą ich postępowania.

  • § 2. Zgromadzenie Misji, zgodnie z tradycją pochodzącą od św. Wincentego, wypełnia swoje posłan- nictwo w ścisłej współpracy z biskupami i duchowień- stwem diecezjalnym. Św. Wincenty często powtarzał, że Zgromadzenie Misji zachowuje charakter świecki, jak- kolwiek cieszy się własną autonomią przyznaną mu przez prawo powszechne na zasadzie egzempcji.
  • § 3. Członkowie Zgromadzenia Misji dla skuteczniejszego i pewniejszego realizowania celu Zgromadzenia składają śluby wytrwania oraz czystości, ubóstwa i posłuszeństwa według Konstytucji i Statutów.
  1. Zgromadzenie Misji, które składa się z duchow- nych i świeckich braci współpracowników, aby mogło osiągnąć, za natchnieniem Bożej łaski cel, który sobie wytyczyło, stara się ożywić tymi co Chrystus myślami i pragnieniami, jak również tym samym duchem, który najbardziej ujawnia się w zasadach ewangelicznych, jak to zostało ukazane w Regułach wspólnych.
  2. Duch Zgromadzenia jest uczestnictwem w duchu

samego Chrystusa, jak to przyjmował św. Wincenty:

«Posłał mnie, abym ubogim głosił Ewangelię» (Łk 4, 18). I stąd: «Jezus Chrystus jest regułą Misji» i On będzie sta- nowił centrum jego życia i działalności (SVP XII, 130).

  1. Duch więc Zgromadzenia obejmuje najgłębsze usposobienie duchowe Chrystusa, które Założyciel od samego początku zalecał członkom Zgromadzenia: miłość i cześć wobec Boga Ojca, współczującą i czyn- ną miłość wobec ubogich, otwartość na działanie Bo- żej Opatrzności.
  2. Zgromadzenie stara się wyrazić swego ducha także przez praktykę pięciu cnót, również zaczerpnię- tych ze szczególnego zapatrzenia się w Chrystusa, mianowicie: prostoty, pokory, łagodności, umartwienia i gorliwości o zbawienie dusz. O cnotach tych powie- dział św. Wincenty: «Zgromadzenie będzie się przy- kładać z większą jeszcze starannością do ich umiłowa- nia i praktykowania tak, aby te cnoty stanowiły jakoby władze duszy całego Zgromadzenia i aby zawsze oży- wiały wszystkie czynności każdego z nas» (R II, 14).
  3. Wszyscy ustawicznie dążyć będą do głębszego zrozumienia tego ducha sięgając do Ewangelii, do przykładu i nauki św. Wincentego, pamiętając, że nasz duch i nasze zajęcia winny się wzajemnie ożywiać.
  4. Powołanie nasze, wyrażające się w celu, naturze  i duchu Zgromadzenia, ma kierować jego życiem wspólnotowym i organizacją wewnętrzną.

CZĘŚĆ DRUGA
ŻYCIE ZGROMADZENIA

Rozdział I
DZIAŁALNOŚĆ APOSTOLSKA

 

  1. Zgromadzenie Misji od czasu Założyciela i z jego inspiracji uważa, że jest powołane przez Boga, by pro- wadzić dzieło ewangelizacji ubogich.

W pewien szczególny sposób, wraz z całym Kościo- łem, może Zgromadzenie twierdzić, że obowiązek gło- szenia Ewangelii ma ono prawo uważać za łaskę i wła- ściwe sobie powołanie i że to wyraża najbardziej istotny jego przymiot (EN 14).

Dlatego   wszyscy  jego   członkowie    jak   i   każdy z osobna mają odwagę twierdzić razem z Jezusem Chry- stusem: «muszę głosić Dobrą Nowinę o Królestwie Bożym, bo na to zostałem posłany» (Łk 4, 43).

  1. Miłość Chrystusa litującego się nad tłumami (Mk 8, 2), jest źródłem całej naszej działalności apostol- skiej i pobudza nas, abyśmy według słów św. Wincen- tego «zapewnili Ewangelii rzeczywistą skuteczność» (SVP XII, 84).

Pośród różnych okoliczności czasu i miejsca, nasze głoszenie Ewangelii słowem i czynem powinno zmie- rzać do tego, aby wszyscy, przez nawrócenie i przyj- mowanie sakramentów świętych, przylgnęli «do Króle- stwa Bożego, tzn. do nowego świata, do nowego po- rządku rzeczy, do nowej drogi istnienia, do nowej zasa- dy życia i to do życia we wspólnocie, życia odrodzonego przez Ewangelię» (EN 23).

  1. W dziele ewangelizacji, które podejmuje Zgroma-

dzenie należy mieć przed oczyma następujące zasady:

  1. Jasne i wyraźne stawianie na pierwszym miejscu apostolstwa wśród ubogich: głoszenie bowiem Ewange- lii ubogim jest znakiem, że Królestwo Boże nadchodzi (por. Mt 11, 5);
  2. Skupienie uwagi na faktycznym stanie społeczeń- stwa ludzkiego, a zwłaszcza na przyczynach nierówne- go podziału dóbr w świecie, abyśmy mogli lepiej pełnić prorockie posłannictwo głoszenia Ewangelii;
  3. Uczestniczenie do pewnego stopnia, w warunkach życia ludzi ubogich, tak abyśmy nie tylko dążyli do gło- szenia im Ewangelii, ale także, aby i oni nam ją głosili;
  4. Prawdziwie wspólnotowy charakter apostolskiej pracy, tak abyśmy wzajemnie umacniali się w naszym wspólnym powołaniu;
  5. Gotowość pójścia na cały świat, na wzór pierw- szych misjonarzy w Zgromadzeniu;

        6.        Stan ustawicznego nawracania się, którego należy domagać się od poszczególnych konfratrów, jak od całe- go Zgromadzenia, stosownie do słów św. Pawła, który upomina: «Nie bierzcie więc wzoru z tego świata, lecz przemieniajcie się przez odnawianie umysłu» (Rz 12, 2).

  1. Prowincje same rozstrzygną, jakie formy apostola- tu należy podjąć, tak aby wierne duchowi i przykładowi św. Wincentego, włączyły działalność apostolską w pra- ce duszpasterskie Kościoła lokalnego, stosownie do do- kumentów i wskazań Stolicy Apostolskiej, konferencji biskupów oraz biskupów diecezjalnych.
  2. Należy intensywnie popierać rozwój misji ludo- wych, które tak bardzo były drogie sercu Założyciela. Podejmujemy przeto pracę misyjną dostosowując ją do istniejących okoliczności i miejsc. Należy poszukiwać wszelkich możliwości, aby dodać misjom nowego impul- su, by przez nie osiągać odnowę i budowanie prawdziwej wspólnoty chrześcijańskiej, a także trzeba zmierzać do wzbudzania wiary w sercach ludzi niewierzących.
  3. Należy odpowiednio i skutecznie odnowić dzie- ło formacji kleryków w seminariach duchownych, które od samego początku było zaliczane do głównych dziedzin pracy Zgromadzenia.

Poza tym, członkowie Zgromadzenia niech niosą du- chową pomoc kapłanom w podejmowaniu przez nich formacji ciągłej oraz w pielęgnowaniu studium proble-

matyki pastoralnej. W ich sercach niech budzą pragnienie spełnienia życzenia Kościoła, by nieść pomoc ubogim.

Niech starają się także pobudzać i należycie przygo- tować ludzi świeckich do pełnienia posług duszpaster- skich, koniecznych we wspólnocie chrześcijańskiej.

Niech wreszcie pouczają duchownych i świeckich, aby pracowali zjednoczeni i pomagali sobie  wzajemnie w procesie kształtowania wspólnoty chrześcijańskiej.

  1. Misje zagraniczne wśród pogan albo w środo- wiskach, które znajdują się na podobnym poziomie ewangelizacji, zajmują wybitne miejsce wśród dzieł apostolskich Zgromadzenia.

Przy budowaniu nowej wspólnoty kościelnej, niech misjonarze pilnie zwracają uwagę na «ziarna Słowa», które znajdują się w kulturze i religijności danego na- rodu (por. EN 53).

  1. Zgromadzenie Misji posiada to samo dziedzic- two co Siostry Miłosierdzia. Dlatego konfratrzy chęt- nie będą spieszyć im z pomocą, gdy one o to poproszą, zwłaszcza w sprawach dotyczących rekolekcji i kie- rownictwa duchowego.

W prowadzeniu dzieł podejmowanych wspólnie, będą

im także spieszyć z braterską współpracą.

  1. Naśladując św. Wincentego, który stosownie do przypowieści o miłosiernym Samarytaninie (por. Łk 10, 30-37), spieszył ze skuteczną pomocą opuszczonym,

prowincje i sami konfratrzy będą się starali przychodzić, w miarę sił, z pomocą tym, którzy zostali zepchnięci na margines społeczeństwa, ofiarom klęsk i wszelkiego rodzaju niesprawiedliwości, jak również tym, którzy zostali dotknięci różnymi formami ubóstwa moralnego, jakie istnieją dzisiaj.

Pracując dla ubogich i z nimi, konfratrzy będą się starali spełniać wymagania sprawiedliwości społecznej i miłości ewangelicznej.

 

Rozdział II
ŻYCIE WSPÓLNOTOWE

 

  1. Św. Wincenty zgromadził w Kościele współ- braci, którzy podejmując nową formę życia wspólno- towego, poświęcili się głoszeniu Ewangelii ubogim. Zadaniem bowiem wspólnoty wincentyńskiej jest przygotowanie działalności apostolskiej, jej stałe pie- lęgnowanie oraz wspomaganie. Przeto wszyscy misjo- narze i każdy z osobna, którzy tworzą wspólnotę bra- terską dążą, poprzez ustawiczną odnowę, do wypełnie- nia wspólnego posłannictwa.
  2. W Kościele i tak jak to czyni Kościół, Zgroma- dzenie odnajduje w Trójcy Przenajświętszej najwyższą zasadę swojego działania i swojego życia.

        1.        Zgromadzeni bowiem we wspólnocie dla głosze- nia miłości Ojca do ludzi, wyrażamy ją w naszym życiu.

Naśladujemy Chrystusa, który powołał aposto- łów i uczniów i prowadził z nimi życie braterskie dla głoszenia Ewangelii ubogim.

Pod tchnieniem Ducha Świętego tworzymy mię- dzy sobą jedność, której celem jest realizacja misji, by w ten sposób dawać wiarygodne świadectwo Chrystu- sowi Zbawicielowi.

  1. – § 1. Życie wspólnotowe jest istotną zasadą Zgromadzenia, wywodzącą się z wyraźnej woli św. Win- centego i obowiązującą nas od samego początku. Dlatego zgodnie z przepisami naszego prawa własnego konfratrzy będą należeli do określonej  wspólnoty i zamieszkiwali  w wyznaczonym domu.

– § 2. Ten braterski sposób życia, który czer- pie ustawicznie swoją żywotność z naszego posłannic- twa, kształtuje naszą wspólnotę, celem osiągnięcia po- stępu osobowego i wspólnotowego oraz zapewnienia większej skuteczności dziełu ewangelizacji.

  1. Będziemy dbać o wspólnotę, poświęcając jej siebie samych i wszystko, co posiadamy. W równym jednak stopniu należy mieć właściwy szacunek dla pry- watnego życia konfratra; wspólnota ma się przyczyniać do rozwoju wartości osobowych poszczególnych człon- ków; inicjatywy konfratrów należy oceniać w świetle celu i ducha Zgromadzenia. W ten sposób różnorodność

i charyzmaty poszczególnych członków  przyczyniają się do wzrostu wspólnoty i do bardziej owocnego wy- konania naszego posłannictwa.

  1. Każda wspólnota miejscowa korzysta z należ- nej jej autonomii, a to w tym celu, by była ona rzeczy- wiście miejscem gdzie osiąga się wspólnotowe uzgod- nienia dotyczące  działań apostolskich  i życia, łącznie z dobrem Zgromadzenia na płaszczyźnie prowincjalnej czy powszechnej. Tak więc wspólnota domowa jest żywą cząstką całego Zgromadzenia.
  2. Życie wspólnotowe, ożywione miłością, a zwłasz- cza praktyką pięciu cnót, będzie pomocą w naszej pracy apostolskiej. Będziemy się starali tak je prowadzić, by stało się ono dla świata znakiem zaczynu życia ewange- licznego. Dlatego:
  1. Będziemy się starali umocnić jedność w wypeł- nianiu naszego posłannictwa, niosąc sobie wzajemnie pomoc, zwłaszcza w przeciwnościach i okazując jeden drugiemu radość w prostocie ducha;
  2. Wspomagani konieczną posługą przełożonych, podejmiemy razem z superiorem współodpowiedzial- ność, by szukać woli Bożej w życiu i pracach, przyj- mując postawę czynnego posłuszeństwa; będziemy również pielęgnować między sobą dialog, przezwycię- żając zbyt indywidualny styl życia;
  3. W duchu pokory i braterstwa będziemy uważni na opinie i potrzeby każdego konfratra i starać się bę- dziemy przezwyciężać trudności, jakie niesie ze sobą

życie wspólnotowe; wreszcie z delikatnością podej- miemy praktykę upomnienia braterskiego, ofiarowując sobie wzajemnie przebaczenie;

  1. Z wielką troską będziemy starać się o stwarzanie warunków sprzyjających modlitwie, pracy, odpoczyn- kowi, czy braterskim rozmowom. Dlatego rozważnie   i dyskretnie będziemy korzystać ze środków przekazu społecznego a uwzględniając potrzeby apostolstwa wydzielimy jednak w naszych domach część służącą wyłącznie wspólnocie.

25. Wspólnota posiada wewnętrzne wartości, które  ją ustawicznie kształtują, zwłaszcza gdy odnawia ona swe istotne elementy życia i działania, którymi są:

  1. Wspólnotowe naśladowanie Chrystusa głoszące- go Ewangelię, co rodzi w nas specjalne więzy miłości  i przywiązania; dlatego wzajemny szacunek będziemy łączyć ze szczerą życzliwością «na wzór serdecznych przyjaciół» (R VIII, 2);
  2. Głoszenie Ewangelii ubogim, które jest elemen- tem jednoczącym wszystkie nasze prace; ta jedność nie niszczy uzdolnień, ani talentów, choćby bardzo zróżni- cowanych, lecz skierowuje je na służbę posłannictwa;
  3. Modlitwa, zwłaszcza zaś Eucharystia, która staje się źródłem naszego życia duchowego, wspólnotowego i apostolskiego;
  4. Nasze dobra materialne, które będą wspólne, sto- sownie do woli św. Wincentego i którymi będziemy się chętnie dzielić z drugimi. W ten sposób życie nasze

staje się rzeczywiście wspólnotą więzi braterskiej, pracy, modlitwy i dóbr.

  1. – § 1. Konfratrzy chorzy, słabi i starsi wie- kiem, będą bliscy naszemu sercu i ich obecność bę- dziemy uważać za błogosławieństwo w naszych do- mach. Dlatego oprócz opieki lekarskiej i ulgi w dole- gliwościach, zapewnimy im udział w życiu wspólnym  i w naszej działalności apostolskiej.
  • § 2. Za zmarłych konfratrów będziemy wiernie modlić się i składać ofiary, o których mowa w Statutach.
  1. Każda wspólnota będzie się starała opracować wspólny program życia i pracy, zgodnie z Konstytucja- mi i Statutami oraz Normami Prowincjalnymi. Program ten należy mieć na uwadze  przy organizowaniu życia   i pracy, przy realizacji zaleceń, a także przy okresowej rewizji naszego życia i działalności apostolskiej.

 

Rozdział III
CZYSTOŚĆ, UBÓSTWO I POSŁUSZEŃSTWO

 

  1. Pragnąc kontynuować posłannictwo Chrystusa, poświęcamy samych siebie na całe życie w Zgromadze- niu dla głoszenia Ewangelii ubogim. By urzeczywistnić to powołanie, podejmujemy czystość, ubóstwo i posłu- szeństwo   według  Konstytucji   i  Statutów.  Albowiem

«małe Zgromadzenie Misji …, by pracować nad zbawie-

niem dusz, zwłaszcza ubogich wieśniaków, uważa,  że nie istnieje potężniejsza i odpowiedniejsza broń jak ta, którą odwieczna Mądrość tak szczęśliwie i z tak wielką korzyścią się posłużyła» (R II, 18).

  1. – § 1. Naśladując Chrystusa w Jego uniwersal- nej miłości do ludzi, podejmujemy czystość w celiba- cie ze względu na królestwo niebieskie. Przyjmujemy ją jako dar udzielony nam przez osobową i nieskoń- czoną hojność Boga.
  • § 2. W ten sposób otwieramy szerzej serce dla Boga i dla bliźniego, a całe nasze  postępowanie staje się radosnym wyrazem miłości między Chrystu- sem a Kościołem, która w całej pełni objawi się w świe- cie przyszłym.
  1. Wewnętrzne zjednoczenie z Chrystusem, więź prawdziwie braterska, gorliwość w działalności apo- stolskiej, asceza wypróbowana doświadczeniem Ko- ścioła – sprawią, że nasza czystość będzie zawsze dy- namiczna. Jest ona bowiem, poprzez dawanie usta- wicznej i dojrzałej odpowiedzi na powołanie Boże, źródłem duchowej płodności w świecie, a także przy- czynia się bardzo do zdobycia ludzkiej dojrzałości.
  2. «Ponieważ sam Jezus Chrystus, rzeczywisty wła- ściciel dóbr wszelkich, tak umiłował ubóstwoże nie miał gdzie  swojej  głowy  skłonić,  a tych którzy razem z Nim ponosili trudy prac misyjnych, to jest Apostołów

i Uczniów, w podobnym niedostatku pragnął zachować, tak iżby niczego na własność nie mieli; … każdy według słabych sił swoich będzie się starał naśladować Zbawi- ciela w pełnieniu tej cnoty» (R III, 1). W ten sposób członkowie Zgromadzenia zaświadczą, że całkowicie zależą od Boga, a ich głoszenie Ewangelii ubogim stanie się bardziej skuteczne.

  1. – § 1. Każdy konfrater, wypełniając swoje obo- wiązki według celu Zgromadzenia i stosownie do wspól- nego programu Wspólnoty, niech ma świadomość, że podlega powszechnemu prawu pracy.
  • § 2. Owoce pracy, jak też renty, emerytury czy ubezpieczenia, do których prawo nabyli konfratrzy po wstąpieniu  do  Zgromadzenia,  stanowią  zgodnie  z prawem własność wspólnoty tak, że na wzór pierw- szych chrześcijan, będziemy przeżywać prawdziwą wspólnotę dóbr i świadczyć sobie wzajemną braterską pomoc.
  1. Przez wzgląd na warunki życia ubogich, nasz sposób życia ma się odznaczać prostotą i umiarkowa- niem. Środki zaś oddziaływania duszpasterskiego, choćby najskuteczniejsze i najbardziej nowoczesne, niech będą wolne od jakiejkolwiek ostentacji.

Wszystko to, co jest koniecznie do utrzymania i oso- bowego rozwoju konfratrów, jak również do rozwoju naszych dzieł, ma przede wszystkim pochodzić z wysiłku wszystkich. Zgromadzenie zaś, unikając jakiegokolwiek

gromadzenia dóbr, będzie się starać przeznaczać je na potrzeby ubogich; w ten sposób, uwolniwszy się od po- żądania bogactw, stanie się świadectwem dla świata do- tkniętego materializmem.

  1. Na używanie dóbr materialnych i dysponowanie nimi konfratrzy, ze względu na ślub, powinni mieć pozwolenie  przełożonego,  zgodnie  z  Konstytucjami i Statutami. Skoro jednak do praktykowania ducha ubóstwa nie wystarcza tylko mieć zgodę przełożonego, jest więc rzeczą konieczną, by każdy zastanowił się, co byłoby bardziej właściwe i odpowiednie, stosownie do ducha naszego Założyciela, wyrażonego w Regułach wspólnych.
  2. Naszych dóbr własnych, za zgodą przełożonego i  stosownie  do  Statutu  podstawowego   o  ubóstwie w Zgromadzeniu, będziemy używać na dzieła miło- sierdzia, a także na użytek konfratrów, unikając różnic między nami.
  3. Świadomi ograniczoności natury ludzkiej i na- śladując zbawczą działalność Chrystusa, który stał się posłuszny aż do śmierci oraz korzystając z mocy Ducha Świętego będziemy się starali ochoczo wykonywać  wolę Ojca, która objawia się nam w różny sposób.
  4. – § 1. Uczestnictwo w tej tajemnicy posłusz- nego Chrystusa domaga się, abyśmy wspólnie poszu- kiwali woli Ojca, przekazując sobie wzajemnie do-

świadczenia w otwartym i odpowiedzialnym dialogu, w którym  spotykają  się  różne  doświadczenia  wieku i usposobienia. W ten sposób będą dojrzewały i rodziły się wspólne przemyślenia, które prowadzą do podjęcia koniecznych decyzji.

  • § 2. Członkowie Zgromadzenia będą się starali być posłuszni przełożonym według swych sił,  w duchu współodpowiedzialności i pomni na słowa św. Wincentego. Posłuszeństwo to niech będzie ochot- ne, radosne i wytrwałe. Choćby swoje opinie uważali konfratrzy za lepsze, to jednak podporządkują się prze- łożonym w duchu wiary.
  1. – § 1. Na mocy ślubu posłuszeństwa jesteśmy zobowiązani do posłuszeństwa Ojcu św., przełożonemu generalnemu, wizytatorowi, superiorowi i ich zastęp- com w tym wszystkim, co nam polecą zgodnie z Kon- stytucjami i Statutami.
  • § 2. Biskupom diecezji, w których pracuje Zgromadzenie będziemy posłuszni zgodnie z prawem powszechnym i naszym własnym oraz stosownie do myśli i ducha św. Wincentego.
  1. Specjalnym ślubem wytrwania w Zgromadze- niu zobowiązujemy się przez całe życie spełniać zada- nia, które zostaną nam wyznaczone przez przełożo- nych zgodnie z Konstytucjami i Statutami.

Rozdział IV

MODLITWA

 

  1. – § 1. Chrystus Pan trwając w najgłębszym zjednoczeniu z Ojcem, szukał na modlitwie Jego woli, która była najwyższą zasadą Jego życia, posłannictwa  i ofiary dla zbawienia świata. Podobnie zachęcał swo- ich uczniów, aby w tym samym duchu zawsze modlili się i nigdy nie ustawali.
  • § 2.  My  również,  uświęceni  w  Chrystusie i posłani do świata, na modlitwie będziemy się starali odkrywać znaki woli Bożej i naśladować gotowość Chrystusa, osądzając wszystko według Jego myśli. W ten sposób Duch Święty zamienia nasze życie na duchową ofiarę, a my sami stajemy się lepiej przygotowani do tego, by uczestniczyć w posłannictwie Chrystusa.
  1. «Dajcie mi człowieka modlitwy, a będzie on zdolny do wszelkich zadań» (SVP XI, 83). Według myśli św. Wincentego modlitwa jest źródłem życia duchowego misjonarza:  przez  nią  przyodziewa  się  w Chrystusa, przepaja się nauką ewangeliczną, osądza sprawy i wydarzenia przed  obliczem Boga oraz trwa  w Jego miłości i miłosierdziu. W ten sposób Duch Chrystusa udziela stale skuteczności naszym słowom   i naszym działaniom.

        42.        Dzięki modlitwie w życiu misjonarza wzajem- nie się uzupełniają i zrastają w jedno: apostolska obec- ność w świecie, życie wspólnotowe i doświadczenie Boga. Przez modlitwę bowiem stale odnawia się w nas wiara, miłość braterska i apostolska gorliwość; w dzia- łaniu zaś miłość Boga i bliźniego objawia swą sku- teczność. Przez  wewnętrzne  zjednoczenie  modlitwy  i apostolstwa, misjonarz staje się człowiekiem kon- templacji w działaniu i apostołem w modlitwie.

Modlitwa misjonarza powinna się odznaczać duchem synowskiego przywiązania, pokorą, ufnością w Opatrzność Bożą i miłością Bożej dobroci. W ten sposób nauczymy się  modlić  jak  ubodzy  w  duchu,  z przekonaniem, że utwierdza nas swoją mocą Duch Święty. On bowiem oświeca nasz umysł i wzmacnia wolę, abyśmy głębiej poznali potrzeby świata i sku- teczniej im zaradzali.

Szczególnej skuteczności modlitwy doświad- czamy wtedy gdy głosimy słowo Boże, udzielamy sakramentów świętych, pełnimy dzieła miłosierdzia oraz w różnych wydarzeniach życiowych. Głosząc Ewangelię ubogim, powinniśmy  odnajdywać  w  nich i kontemplować Chrystusa; wykonując prace duszpa- sterskie wśród ludu, do którego jesteśmy posłani, po- winniśmy modlić się nie tylko za niego, ale również    z nim i jakby spontanicznie uczestniczyć w jego wie- rze i pobożności.

        45.        Modlitwę liturgiczną będziemy odprawiać w spo-

sób żywy i autentyczny.

  • § 1. Całe nasze życie zmierza do sprawowania codziennie Wieczerzy Pańskiej, jako do punktu kulmina- cyjnego; z niej bowiem, jak ze źródła wypływa moc na- szego działania i braterskiej jedności. Eucharystia uobec- nia  śmierć   i   zmartwychwstanie   Chrystusa,   oznacza i urzeczywistnia jedność Ludu Bożego, a także sprawia, że my sami stajemy się żywą ofiarą w Chrystusie.
  • § 2. Dla wytrwania w szczerości powołania  i ciągłego nawracania się, będziemy przystępować czę- sto do sakramentu pojednania.
  • § 3. Przez wspólne odmawianie Liturgii Go- dzin, jednoczymy nasze głosy i naszego ducha, by wyśpiewać chwałę Pana, a równocześnie wznosimy przed Jego oblicze nieustanną modlitwę, błagając za wszystkich ludzi.
  • § 4. Dlatego będziemy wspólnie odprawiać jutrznię i nieszpory, jeżeli nie będzie to utrudniać na- szej działalności apostolskiej.
  1. W modlitwie wspólnotowej odnajdujemy najdo- skonalszą formę ożywienia i odnowy życia, zwłaszcza zaś wówczas, gdy odprawiamy nabożeństwo słowa Bożego, uczestniczymy w nim, albo gdy poprzez bra- terski dialog uczestniczymy w owocach naszego du- chowego i apostolskiego doświadczenia.

        47.        – § 1. Zgodnie z tradycją przekazaną nam przez św. Wincentego poświęcimy każdego dnia jedną godzi- nę na osobistą modlitwę we wspólnocie lub prywatnie. Ułatwi nam to zrozumienie nauki Chrystusa oraz wska- że właściwe drogi wypełniania Jego posłannictwa. Po- nadto modlitwa osobista przygotuje, pogłębi i uzupełni naszą modlitwę wspólnotową i liturgiczną.

  • § 2. Każdego roku będziemy wiernie uczest-

niczyć w rekolekcjach.

  1. Jako świadkowie i głosiciele miłości Boga, winniśmy mieć głębokie nabożeństwo i oddawać spe- cjalny kult tajemnicy Trójcy Przenajświętszej i tajem- nicy Wcielenia.
  2. – § 1. Cześć szczególną będziemy oddawać Najświętszej Maryi Pannie, Matce Chrystusa i Kościoła, która według słów św. Wincentego, najlepiej spośród wszystkich wierzących  wniknęła  w  naukę  Ewangelii  i wprowadziła ją w praktykę życia.
  • § 2. Cześć do Najświętszej Maryi Panny bę- dziemy wyrażać w wieloraki sposób; obchodząc Jej święta z pobożnością a wzywając często Jej pomocy, zwłaszcza przez odmawianie różańca. Będziemy roz- powszechniać specjalne Jej Posłanie, objawione przez Macierzyńską Jej dobroć w Cudownym Medaliku.
  1. Cześć św. Wincentego, świętych i błogosławio- nych Rodziny Wincentyńskiej, będzie droga naszemu

sercu. Ustawicznie będziemy wracać do dziedzictwa św. Założyciela,  znajdującego   się  w  jego  pismach   i w tradycji Zgromadzenia, aby nauczyć się kochać to, co on kochał i wprowadzać w czyn to, czego nauczał.

 

Rozdział V
CZŁONKOWIE ZGROMADZENIA

 

1. Członkowie Zgromadzenia w ogólności

  1. Członkowie Zgromadzenia Misji są uczniami Chrystusa, którzy powołani przez Boga celem konty- nuowania Chrystusowego posłannictwa i przyjęci do tegoż Zgromadzenia, starają się w miarę swoich sił od- powiedzieć swemu powołaniu, podejmując pracę według nauki, zamierzeń i wskazań św. Wincentego a Paulo.
  2. – § 1. Wszyscy członkowie Zgromadzenia, którzy  przez  chrzest  i   bierzmowanie   uczestniczą  w królewskim kapłaństwie Chrystusa, są duchownymi lub świeckimi (braćmi) i wszyscy także nazywają się misjonarzami.
  1. Duchowni, tzn. kapłani i diakoni, stosownie do posiadanego stopnia święceń, na wzór Pana Naszego Jezusa Chrystusa Kapłana, Pasterza i Nauczyciela, wypełniają swoje powołanie przez wykonywanie tego potrójnego posłannictwa we wszystkich formach dzia-

łalności apostolskiej, które mogą przyczynić się do osiągnięcia celu Zgromadzenia. Do tych członków dołączają się ci, którzy przygotowują się do przyjęcia święceń.

  1. Świeccy, którzy u nas nazywają się braćmi, są przeznaczeni do apostolskiej pracy Kościoła i Zgro- madzenia i pełnią ten apostolat przez wykonywanie dzieł zgodnie z ich stanem.

– § 2. Według Konstytucji i Statutów, wszy- scy ci członkowie są: albo tylko przyjęci, albo rów- nież inkorporowani do Zgromadzenia.

 

2. Przyjęcie do Zgromadzenia

53. – § 1. Kandydat zostaje przyjęty do Zgroma- dzenia w momencie, gdy na własną prośbę zostanie dopuszczony do odbycia okresu próby w seminarium internum.

– § 2. Prawo przyjęcia kandydatów do semina- rium internum należy, z zachowaniem odpowiednich przepisów:

  1. Do przełożonego generalnego, po wysłuchaniu

zdania swojej rady, dla całego Zgromadzenia;

  1. Do wizytatora, po wysłuchaniu zdania swojej

rady, dla jego prowincji.

– § 3. Gdy chodzi o warunki wymagane do przy-

jęcia, należy zachować przepisy prawa powszechnego.

        54.        – § 1. Okres czasu w ciągu którego dokonuje się przygotowanie do inkorporacji nie może być krót- szy niż dwa lata, ani też dłuższy niż dziewięć lat od przyjęcia do seminarium internum.

  • § 2. Po upływie roku od przyjęcia do Zgro- madzenia, członek, według naszej tradycji, składa przyrzeczenia (bona proposita), przez które deklaruje swoją wolę poświęcenia  się  przez  całe  życie  pracy w Zgromadzeniu dla zbawienia ubogich; według Kon- stytucji i Statutów.
  • § 3. Prawo dopuszczenia do złożenia przy- rzeczeń (bona proposita) należy, z zachowaniem od- powiednich przepisów:
  1. Do przełożonego generalnego, po wysłuchaniu zdania swojej rady i dyrektora seminarium internum, dla całego Zgromadzenia;
  2. Do wizytatora, po wysłuchaniu zdania swojej rady  i dyrektora seminarium internum, dla jego prowincji.
  1. – § 1. Nasze śluby są wieczyste, nie zakonne, zarezerwowane – tak, że tylko Ojciec św. i przełożony generalny mogą z nich zwalniać.

– § 2. Te śluby należy interpretować dokładnie według postanowienia św. Wincentego zaaprobowanego przez Aleksandra VII w pismach Ex  commissa  nobis  (22 IX 1655) i Alias nos supplicationibus (12 VIII 1659).

  1. Prawo dopuszczenia do złożenia ślubów na- leży, z zachowaniem odpowiednich przepisów:

        1.        Do przełożonego generalnego, za zgodą swojej rady i po zasięgnięciu opinii wychowawców kandyda- ta, dla całego Zgromadzenia;

Do wizytatora, za zgodą swojej rady i po zasię- gnięciu opinii wychowawców kandydata, dla jego prowincji.

  1. – § 1. Pozwolenie na złożenie ślubów przez przełożonego wyższego na prośbę członka  powoduje, po złożeniu ślubów, inkorporację do Zgromadzenia, do którego zostaje inkordynowany po przyjęciu diakonatu.
  • § 2. Przed inkorporacją do Zgromadzenia, członek nie może być dopuszczony do święceń. Inkor- poracja zaś konfratra, który już jest duchownym inkar- dynuje go do Zgromadzenia.
  1. – § 1. Śluby należy składać wobec przełożo- nego lub wobec konfratra przez niego wyznaczonego.
  • § 2. Według zwyczaju Zgromadzenia, za- równo prośba, jak i oświadczenie o złożeniu ślubów, mają być sformułowane na piśmie; o złożeniu zaś ślu- bów należy bezzwłocznie powiadomić przełożonego generalnego. Śluby składa się w Zgromadzeniu według następujących formuł:
  1. Formuła bezpośrednia: «Panie, Boże mój, ja…, idąc za Chrystusem głoszącym Ewangelię, ślubuję, wobec Najświętszej Maryi Dziewicy,  że  wiernie  poświęcę  się w Zgromadzeniu Misji głoszeniu Ewangelii ubogim,

przez całe moje życie. I dlatego ślubuję, przy pomocy Twojej łaski, czystość, ubóstwo i posłuszeństwo, stosow- nie do Konstytucji i Statutów naszego Instytutu».

  1. Formuła deklaratywna: «Ja…, idąc za Chrystusem głoszącym Ewangelię, ślubuję Bogu, wobec Najświętszej Maryi Dziewicy, że wiernie poświęcę się w Zgromadze- niu Misji głoszeniu Ewangelii ubogim, przez całe moje życie. I dlatego ślubuję Bogu, przy pomocy Jego łaski, czystość, ubóstwo i posłuszeństwo, stosownie do Konsty- tucji i Statutów naszego Instytutu».
  2. Formuła tradycyjna: «Ja…, niegodny (kapłan, kleryk, brat) Zgromadzenia Misji, ślubuję Bogu, wobec Najświętszej Dziewicy i całego dworu niebieskiego, ubóstwo, czystość i posłuszeństwo naszemu przełożo- nemu i jego następcom, stosownie do Reguł czyli Kon- stytucji naszego Instytutu; ślubuję ponadto, że przez całe życie poświęcę się w tymże Zgromadzeniu zbawie- niu biednych ludzi na wsi, przy pomocy łaski Boga Wszechmogącego, którego z tego powodu pokornie wzywam».

 

3. Prawa i obowiązki członków Zgromadzenia

  1. – § 1. Wszyscy członkowie Zgromadzenia, jeżeli z natury rzeczy nie wynika co innego, korzystają z praw, przywilejów i łask duchowych przyznanych Zgromadzeniu, zgodnie z przepisami prawa powszech- nego i naszego własnego.

        –        § 2. Wszyscy konfratrzy inkorporowani do Zgromadzenia, posiadają te same prawa i mają te same obowiązki, zgodnie z przepisami prawa powszechnego i naszego własnego, z wyjątkiem tych, które wynikają ze święceń i związanej z nimi jurysdykcji. Konfratrzy, którzy zostali tylko przyjęci do Zgromadzenia, korzy- stają z praw i mają obowiązki określone w Konstytu- cjach i Statutach oraz Normach Prowincjalnych.

  1. Prawo głosu  czynnego  i biernego posiadają, zgodnie z przepisami prawa powszechnego i naszego własnego, konfratrzy inkorporowani do Zgromadzenia, jeżeli nie utracili go w myśl przepisów prawa.
  2. Prawo głosu biernego przysługuje wszystkim konfratrom od trzech lat inkorporowanym do Zgroma- dzenia, którzy ukończyli dwudziesty piąty rok życia; pozostają jednak w mocy inne warunki wymagane przez prawo powszechne i własne Zgromadzenia dla poszczególnych urzędów i obowiązków.
  3. Członkowie Zgromadzenia, oprócz zobowiązań wynikających z prawa własnego, podlegają również przepisom kanonów 273-289 odnoszącym się do wszystkich duchownych. Jeżeli  z  natury  rzeczy  albo z kontekstu nie wynika nic innego; te zobowiązania, zwłaszcza odnoszące się do noszenia stroju duchowne- go (kan. 284) i do sprawowania liturgii uświęcenia cza- su (kan. 276), dotyczą również braci.

        63.        Konstytucje i Statuty oraz inne przepisy obo- wiązujące w Zgromadzeniu, wszyscy powinni zacho- wywać, kierując się czynnym i odpowiedzialnym po- słuszeństwem.

Wszyscy też mają obowiązek zachować normy wydane przez ordynariuszy miejscowych, z zachowa- niem prawa naszej egzempcji.

 

4. Przynależność członków do prowincji i domu

  1. Każdy członek Zgromadzenia Misji ma przyna- leżeć do określonej prowincji i domu lub zespołu, ustanowionego na wzór domu, stosownie do naszego prawa własnego.
  2. W prowincji i w domu lub zespole na wzór domu,

do których zostali przydzieleni, konfratrzy uzyskują:

  1. Prawa  i  obowiązki  zgodnie  z  Konstytucjami  i Statutami;
  2. Własnego i bezpośredniego przełożonego miej- scowego i przełożonego wyższego;
  3. Prawo głosu czynnego i biernego.
  1. – § 1. Konfrater, który od przełożonego gene- ralnego lub od wizytatora za zgodą ich rad, otrzymał pozwolenie na pobyt poza domem, albo też poza zespo- łem na wzór domu, ma być zawsze przypisany do któ- regoś domu, aby w nim korzystał z praw i podlegał ob- owiązkom, zgodnie z pozwoleniem mu udzielonym.

– § 2. Takie pozwolenie może być udzielone ze słusznej przyczyny i nie dłużej niż na jeden rok, chyba że chodzi o leczenie, studia albo apostolstwo sprawo- wane w imieniu Zgromadzenia.

 

5. Wystąpienie i usunięcie ze Zgromadzenia

  1. W sprawie wystąpienia i usunięcia członków na- leży kierować się w Zgromadzeniu Misji przepisami prawa powszechnego i naszego własnego.
  2. – § 1. Konfrater nieinkorporowany jeszcze do Zgromadzenia, może je swobodnie opuścić, powiada- miając o swojej decyzji przełożonych.
  • § 2. Ten sam konfrater nieinkorporowany jesz- cze do Zgromadzenia, może być usunięty przez przeło- żonego generalnego lub przez wizytatora, po wysłucha- niu przez nich swoich rad oraz wychowawców tegoż konfratra.
  1. Przełożony generalny, za zgodą swojej rady, może z powodu ważnej przyczyny, pozwolić konfra- trowi inkorporowanemu do Zgromadzenia, aby żył poza Zgromadzeniem, jednak przez okres nie dłuższy niż trzy lata, z zastrzeżeniem, że zachowa obowiązki, które dadzą się pogodzić z jego nową sytuacją życio- wą. Konfrater ten pozostaje pod opieką przełożonych Zgromadzenia, nie posiada jednak prawa głosu czyn- nego i biernego. Gdy chodzi o duchownego, potrzebna jest ponadto zgoda ordynariusza miejsca, na którym

winien przebywać, pozostaje on pod jego troską i jest od niego zależny (kan. 745).

  1. Przełożony generalny za zgodą swojej rady może, z ważnych powodów, pozwolić członkowi na wystąpienie ze Zgromadzenia i zwolnić go ze ślubów stosownie do przepisu kan. 743.
  2. – § 1. Przełożeni mają obowiązek pilnie szu- kać konfratra inkorporowanego do Zgromadzenia, któ- ry uchyla się od łączności wspólnotowej z nim, jak również wyłącza się spod władzy przełożonych oraz dopomóc mu aby wytrwał w swoim powołaniu.
  • § 2. Gdyby jednak konfrater ten nie wrócił po sześciu miesiącach, zostaje pozbawiony prawa głosu czynnego i biernego, i zachowując normę art. 74 § 2, może być usunięty na mocy dekretu przełożonego ge- neralnego.
  1. – § 1. Na mocy samego prawa jest wydalany

ze Zgromadzenia ten, kto:

  1. Notorycznie odstąpił od wiary katolickiej;
  2. Zawarł małżeństwo albo usiłował zawrzeć, choć-

by tylko cywilne.

– § 2. W tych przypadkach przełożony wyższy wraz ze swoją radą powinien, po zebraniu dowodów, bezzwłocznie wydać stwierdzenie faktu, ażeby praw- nie stało się wiadome wydalenie (kan. 694).

        74.        – § 1. Należy wydalić członka Zgromadzenia w wypadkach przedstawionych w kanonach 695, 698   i 699 § 1.

  • § 2. Można wydalić członka Zgromadzenia  w wypadkach przedstawionych w kanonach 696, 697, 698 i 699 § 1.
  • § 3. W przypadku poważnego zgorszenia ze- wnętrznego lub bardzo poważnej szkody grożącej insty- tutowi, członek może być natychmiast wydalony z domu zakonnego przez przełożonego wyższego, albo – gdy przynagla niebezpieczeństwo – przez miejscowego prze- łożonego za zgodą jego rady (kan. 703).
  1. – § 1. Dekret o usunięciu, należy bezzwłocznie doręczyć zainteresowanemu członkowi, dając mu moż- liwość odniesienia się w ciągu 10 dni od otrzymania powiadomienia do Stolicy Apostolskiej, ze skutkiem zawieszającym. Aby dekret posiadał moc prawną, na- leży zachować przepis kan. 700.
  2. – § 1. Po prawnym usunięciu, ustają tym sa- mym śluby oraz wszystkie prawa i obowiązki, jakie członek miał w Zgromadzeniu. Jeżeli jednak jest du- chownym należy zachować przepisy kan. 693 i 701.
  • § 2. Ci, którzy zgodnie z prawem opuszczają Zgromadzenie lub zostali z niego wydaleni nie mogą domagać się żadnego wynagrodzenia za jakiekolwiek prace wykonane w Zgromadzeniu.

        –        § 3. Zgromadzenie niech kieruje się jednak wobec odchodzących słusznością i ewangeliczną miło- ścią, zgodnie z tym, co postanawia kan. 702.

 

Rozdział VI
FORMACJA

 

1. Zasady ogólne

  1. – § 1. Nasza formacja, która jest procesem ciągłym, powinna zmierzać do tego, aby członkowie, ożywieni duchem św. Wincentego, stali się zdolni do wypełniania posłannictwa Zgromadzenia.
  • § 2. Wszyscy zatem powinni ustawicznie starać się coraz dokładniej poznawać, że Jezus Chrystus jest ośrodkiem naszego życia i regułą Zgromadzenia.
  1. – § 1. Czas formacji, podobnie jak całe nasze życie, ma się tym charakteryzować, by miłość Chry- stusowa coraz bardziej nas przynaglała do realizacji celu Zgromadzenia. Cel ten osiągną członkowie jako uczniowie Pana przez wyrzeczenie się samych siebie    i przez ustawiczne nawracanie się do Chrystusa.
  • § 2. Członkowie Zgromadzenia niech kształ- tują swoją osobowość przez rozważanie słowa Bożego, życie sakramentalne, modlitwę, tak wspólnotową jak

i osobistą, a wreszcie przez zdobywanie duchowości

wincentyńskiej.

  • § 3. Alumni ponadto niech należycie odby- wają studia, przepisane przez prawo kościelne, aby zdobyć gruntowną wiedzę.
  • § 4. Wszyscy, już od samego początku, zależ- nie od stopnia  formacji  i  osobistej  zdatności,  powinni w sposób odpowiedni ćwiczyć się w pracy duszpaster- skiej,   szczególnie   pod    kierunkiem    wychowawców, a także odwiedzając ubogich i stykając się z ich rzeczy- wistością. W ten sposób każdy będzie mógł łatwiej odna- leźć swoje specyficzne powołanie we wspólnocie, sto- sownie do własnych uzdolnień.
  • § 5. Zasady zaś pedagogiczne tak należy stosować zależnie od wieku alumnów, aby ci, ucząc się stopniowo kierować samymi sobą, zdobyli umiejętność mądrego używania wolności, samodzielnego i sumien- nego działania i aby doszli do pełni dojrzałości chrze- ścijańskiej.
  1. Członkowie, odpowiadając na Boże powołanie do wspólnoty, niech w czasie trwania farmacji, nauczą się prowadzić wincentyńskie życie wspólnotowe. Wspólnota zaś niech pielęgnuje osobiste inicjatywy poszczególnych osób w ciągu całego procesu formacji.
  2. W formacji naszych członków, należy stosować koordynację między różnymi aspektami wychowania. Pomiędzy następującymi po sobie etapami formacji,

należy zachować organiczną jedność. Wszystko zaś tak powinno być zorganizowane, by skupiało się wokół własnego duszpasterskiego celu Zgromadzenia.

  1. Formacja konfratrów ma być procesem trwają- cym przez całe życie i ma być stale odnawiana.

 

2. Seminarium internum

  1. Kandydaci, aby mogli być przyjęci do semina- rium internum, oprócz wymaganych warunków, po- winni odznaczać się znamionami według, których można sądzić, że będą zdolni do realizowania wincen- tyńskiego powołania we wspólnocie.
  2. –  §  1.  Seminarium  internum  jest  to  czas,  w którym członkowie rozpoczynają pełnienie posłan- nictwa i prowadzenie życia w Zgromadzeniu, i przy pomocy wspólnoty oraz wychowawców, gruntownie poznają swoje powołanie, a przez specyficzną forma- cję przygotowują się do dobrowolnej inkorporacji do Zgromadzenia.
  • § 2. Seminarium internum powinno trwać przynajmniej przez 12 miesięcy, ciągłych lub z prze- rwami. Jeżeli jednak między miesiącami zachodzi przerwa, to do konwentu prowincjalnego będzie nale- żało określić liczbę miesięcy ciągłych oraz ustalić kie- dy okres seminarium internum ma być włączany do czasu studiów.

        84.        Dlatego wszystko w tym czasie powinno zmie-

rzać do tego, aby seminarzyści:

  1. Osiągnęli wyższy stopień dojrzałości;
  2. Zostali stopniowo wprowadzeni w należyte po- znanie  i  praktykowanie  apostolskiego  posłannictwa  i życia Zgromadzenia;
  3. Doszli do doświadczenia Boga, zwłaszcza przez modlitwę.

85. Aby to osiągnąć seminarzyści będą się starali pilnie:

  1. Zdobyć odpowiednią i dokładną znajomość ludzi, szczególnie zaś  ubogich  oraz  ich  potrzeb,  pragnień  i problemów;
  2. Poznać szczególne właściwości, ducha i zadania Zgromadzenia, sięgając do źródeł, a zwłaszcza  do życia  i dzieł św. Wincentego, do historii i tradycji Zgromadze- nia, jak również biorąc czynny i odpowiedni dla siebie udział w naszej działalności apostolskiej;
  3. Z wielką gorliwością przykładać się do studium

i rozważania Pisma Świętego, zwłaszcza Ewangelii;

  1. Brać czynny udział w tajemnicy i posłannictwie Kościoła, jako wspólnoty zbawienia;
  2. Zgłębiać zasady ewangeliczne, a zwłaszcza czy- stość, ubóstwo i posłuszeństwo według ducha św. Win- centego i żyć według nich.
  1. Seminarzyści są ściśle włączeni we wspólnotę prowincjalną i miejscową, wśród której żyją i w której

przy wspólnej odpowiedzialności otrzymują formację, pod kierunkiem dyrektora seminarium internum, który jest koordynatorem i animatorem formacji.

 

3. Seminarium wyższe

  1. – § 1. Czas pobytu w seminarium wyższym służy do przekazania całokształtu wiedzy o służebnym kapłaństwie wincentyńskim, tak by alumni, na wzór Chrystusa, przygotowali się do głoszenia Ewangelii, sprawowania kultu Bożego i pełnienia funkcji paster- skich w stosunku do wiernych.

– § 2. Według ducha św. Wincentego i tradycji Zgromadzenia, formacja naszych alumnów ma być szczególnie ukierunkowana na  posługę  słowa  Bożego i pełnienie dzieł miłosierdzia względem ubogich.

  1. Formacja naszych alumnów ma brać pod uwagę rzeczywistość panującą w społeczeństwie, tak aby stu- dia  zmierzały  do  zdobycia  krytycznej  wizji   i  sądu  o współczesnym świecie. Alumni zaś przez nawrócenie serca,  niech  zapoczątkują  skuteczne   włączenie   się  w chrześcijańskie dzieło odrodzenia sprawiedliwości; niech coraz bardziej stają się świadomi samych korzeni ubóstwa panującego w świecie i niech odkrywają prze- szkody, które napotyka ewangelizacja. Wszystko to niech dokonuje się w świetle słowa Bożego i pod kie- runkiem wychowawców.

        89.        Należy rozwijać w alumnach dojrzałość uczucio- wą i przymioty misjonarskie, którymi są: umiejętność zakładania wspólnot i kierowania nimi, odpowiedzial- ność, krytyczny zmysł w myśleniu i działaniu, sponta- niczna wielkoduszność, szczera wola zdecydowanego zobowiązania się do wypełnienia celu Zgromadzenia.

Wizytator powinien zarządzić, aby alumni, po ukończeniu studiów teologicznych, pełnili przez określo- ny czas posługę diakonów, zanim przyjmą święcenia kapłańskie.

 

4. Formacja braci

  1. – § 1. Należy dołożyć specjalnych starań, aby bracia przygotowali się do wiernego wykonania swego posłannictwa w Zgromadzeniu. Wszystko, co w Kon- stytucjach i Statutach mówi się o formacji, należy od- nieść także do kształtowania braci.
  • § 2. Formacja braci w seminarium internum powinna być taka sama jak innych członków, chyba że szczególne okoliczności domagałyby się czegoś innego.
  • § 3. Jeżeli chodzi o formację tych braci, któ- rzy mają otrzymać stały diakonat, należy zachować przepisy Norm Prowincjalnych.
  1. Braci  należy  stopniowo   wprowadzać   w  pracę

apostolską,  tak  aby  nauczyli   się  na  wszystko  patrzeć,

oceniać i wypełniać w świetle wiary, a przez współpracę z innymi, urabiać i udoskonalać samych siebie.

 

5. Wychowawcy i wykładowcy

  1. Cała wspólnota prowincjalna powinna poczu- wać się do odpowiedzialności za formację naszych członków i to tak, by poszczególni konfratrzy spieszyli z pomocą temu dziełu.
  2. Formacja alumnów zależy szczególnie od odpo- wiednich wychowawców. Przygotowanie więc modera- torów i profesorów powinno dokonywać się poprzez zdobycie solidnej wiedzy, odpowiednie doświadczenie duszpasterskie i specjalistyczne studia.
  3. – § 1. Wychowawcy i alumni, otwarci na wza- jemne zrozumienie i zaufanie, utrzymując ze sobą stałą  i ścisłą łączność, powinni stanowić prawdziwą wspólno- tę wychowawczą.
  • § 2. Ta zaś wspólnota wychowawcza pozostaje otwarta na sugestie innych wspólnot, nieustannie weryfi- kuje własny program i działalność wychowawczą.
  • § 3. Wychowawcy wspólnie realizują własny program, jednak bezpośrednia odpowiedzialność za wychowanie  zarówno  w  seminarium   internum,  jak i w seminarium wyższym spoczywa na wyznaczonych dyrektorach.

CZĘŚĆ TRZECIA
ORGANIZACJA

DZIAŁ I
ZARZĄD

Zasady ogólne

  1. Wszyscy konfratrzy, ponieważ zostali powołani do tego, aby przyczyniać się swoją pracą do dalszego prowadzenia   posłannictwa    Chrystusa,    mają    prawo  i obowiązek zarówno współpracy dla dobra wspólnoty apostolskiej, jak i czynnego uczestnictwa w zarządzie Zgromadzenia, zgodnie z przepisami naszego prawa wła- snego. Konfratrzy przeto, w sposób czynny i odpowie- dzialny powinni współpracować w wykonywaniu obo- wiązków, w podejmowaniu prac apostolskich i w speł- nianiu rozkazów.
  2. –  §  1.   Wszyscy,   którzy   sprawują   władzę w Zgromadzeniu, która pochodzi od Boga  i ci, którzy w jej wykonywaniu w jakikolwiek sposób uczestniczą, także na konwentach i w radach, powinni mieć przed oczyma przykład Chrystusa Dobrego Pasterza, który nie przyszedł po to, aby Mu służono, ale aby służyć. Dlate- go też, świadomi swej odpowiedzialności wobec Boga,

niech uważają siebie za sługi Wspólnoty, by realizować jej  szczególny  cel  według   ducha   św.   Wincentego w prawdziwej jedności apostolatu i życia.

  • § 2. Niech więc prowadzą dialog z konfra- trami, nie rezygnując jednak ze swej władzy decydo- wania i nakazywania tego, co należy czynić.
  1. Wszyscy konfratrzy w wykonywaniu zlecanych im przez wspólnotę zadań, mają wystarczającą władzę do ich wypełnienia. Dlatego nie należy odwoływać się do wyższego stopnia władzy w tych sprawach, które mogą załatwić sami konfratrzy, albo też ci, którzy pia- stują niższe stopnie władzy. Należy jednak zachować taką jedność zarządu, która jest konieczna do osiągnię- cia celu i dobra całego Zgromadzenia.
  2. Zgromadzenie Misji  wraz  ze  swoimi  domami i kościołami oraz wszyscy jego członkowie, posiadają, na podstawie specjalnego nadania biskupów rzymskich, prawo egzempcji spod jurysdykcji ordynariuszy miej- scowych, z wyjątkiem wypadków wyraźnie w prawie określonych.
  3. Konwent Generalny, przełożony generalny, wizytatorzy i superiorzy domów mają nad członkami Zgromadzenia władzę określoną w prawie powszech- nym i naszym własnym; posiadają ponadto kościelną władzę rządzenia czyli jurysdykcję, zarówno w zakre- sie zewnętrznym jak i wewnętrznym. Dlatego przeło- żeni muszą być kapłanami.

Rozdział I

ADMINISTRACJA CENTRALNA

 

1. Przełożony generalny

  1. Przełożony generalny, następca św. Wincente- go, kontynuuje wraz z całym Zgromadzeniem posłan- nictwo Założyciela będące na służbie Kościoła po- wszechnego, przystosowane do różnych warunków. Dlatego z taką troskliwością powinien kierować Zgromadzeniem, aby charyzmat św. Wincentego trwał zawsze żywy w Kościele.
  2. Przełożony generalny, który jest ośrodkiem jedności i koordynacji wszystkich prowincji, ma być także czynnikiem duchowej żywotności i apostolskiej działalności.
  3. Przełożony generalny na mocy władzy zwy- czajnej  zarządza  wszystkimi  prowincjami,  domami   i poszczególnymi członkami Zgromadzenia według przepisów prawa powszechnego i naszego własnego. Przełożony generalny podlega jednak władzy Konwen- tu Generalnego, według przepisów prawa.
  4. Przełożony generalny może interpretować Konstytucje, Statuty i Dekrety Konwentu Generalnego, jednak tylko w zakresie praktycznego wprowadzania ich w życie.

        105.        – § 1. Przełożonego generalnego wybiera Kon- went Generalny zgodnie z art. 140 Konstytucji.

  • § 2. Do ważności wyboru przełożonego gene- ralnego wymagane są warunki stawiane kandydatowi przez prawo powszechne i nasze własne.
  • § 3. Przełożonego generalnego wybiera się na sześć lat, po czym może być wybrany na drugie sześcio- lecie, według przepisów Statutów Zgromadzenia.
  • § 4. Ustala  się, że sześciolecie kończy się    z chwilą przyjęcia urzędu przez jego następcę na na- stępnym zwyczajnym Konwencie Generalnym.
  1. – § 1. Przełożony generalny traci urząd:
  1. Z chwilą przyjęcia urzędu przez następcę;
  2. Przez zrzeczenie się przyjęte przez Konwent Ge-

neralny lub Stolicę Apostolską;

  1. Przez złożenie z urzędu decyzją Stolicy Apostol- skiej.

– § 2. Gdyby przełożony generalny stał się jawnie niegodnym lub niezdolnym do wykonywania swego urzędu, obowiązkiem asystentów będzie wyda- nie w tej sprawie kolegialnego orzeczenia i powiado- mienie o tym Stolicy Apostolskiej, do zarządzeń której należy się zastosować.

107. Przełożony generalny oprócz uprawnień przy- znanych mu prawem powszechnym lub szczególnym nadaniem, ma prawo i obowiązek:

        1.        Usilnie starać się o to, aby w sposób zdecydowany i gorliwie pielęgnowano wszędzie ducha św. Założyciela, nieustannie rozwijano i odnawiano apostolską działal- ność Zgromadzenia oraz by jak najpełniej wprowadzano w życie Konstytucje i Statuty;

Za zgodą swej rady wydawać powszechne rozpo-

rządzenia dla dobra Zgromadzenia;

  1. Za zgodą swej rady i po wysłuchaniu opinii zain- teresowanych członków zakładać prowincje, łączyć je, dzielić i znosić, z zachowaniem przepisów prawa;
  2. Zwoływać Konwent Generalny i przewodniczyć na nim oraz za zgodą tegoż konwentu zamknąć jego obrady;
  3. Za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania rad- ców prowincji, dla ważnej przyczyny, zdjąć wizytatora z urzędu;
  4. Za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania za- interesowanych, zakładać i znosić domy oraz wspólno- ty lokalne według kan. 733 § 1, z zachowaniem jednak uprawnień wizytatora;
  5. Dla ważnej przyczyny, za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania zainteresowanych wizytatorów, założyć dom jednej prowincji na terytorium drugiej;
  6. Dla ważnej przyczyny i za zgodą swej rady, za- kładać  domy  nieprzynależne  do   żadnej   prowincji, a kierowane przez superiora bezpośrednio zależnego od przełożonego generalnego oraz mianować superio- rów tychże domów;

        9.        Za zgodą swej rady, udzielać konfratrom pozwo- lenia na złożenie ślubów i dopuszczać ich do święceń; dla ważnej przyczyny zwalniać ze ślubów w wypadku legalnego wystąpienia, czy usunięcia ze Zgromadzenia;

Za zgodą swej rady, usuwać członków ze Zgromadzenia, z zachowaniem przepisów prawa po- wszechnego i naszego własnego;

Za zgodą swej rady, w wypadkach nadzwyczaj- nych i dla ważnej przyczyny, dyspensować od zacho- wania Konstytucji;

Za zgodą swej rady, zatwierdzać normy usta- nowione przez konwenty prowincjalne.

 

2. Wikariusz generalny

  1. Wikariusz generalny pomaga przełożonemu generalnemu i zastępuje go w razie nieobecności lub niemożności sprawowania władzy, zgodnie z przepi- sami naszego prawa własnego.
  2. Wikariusza generalnego wybiera Konwent Gene- ralny według przepisów naszego prawa własnego. Wy- brany zaś na wikariusza generalnego, zostaje tym samym również asystentem generalnym.
  3. W przypadku nieobecności przełożonego ge- neralnego, wikariusz generalny jest wyposażony w tę samą władzę, chyba że przełożony generalny coś sobie zastrzegł.

        111.        W razie niemożności sprawowania urzędu przez przełożonego generalnego, zastępuje go wika- riusz generalny z pełnią władzy, aż do ustania prze- szkody. Sąd zaś o zaistniałej przeszkodzie wydaje rada generalna wraz z wikariuszem generalnym, bez udziału przełożonego generalnego.

W razie wakansu z jakiejkolwiek przyczyny urzędu przełożonego generalnego, wikariusz generalny automatycznie zostaje przełożonym generalnym do końca sześciolecia; za zgodą zaś swej rady i po wysłu- chaniu zdania przynajmniej wizytatorów oraz wicewi- zytatorów, zamianuje jak najprędzej wikariusza gene- ralnego spośród asystentów.

Gdy z jakiejkolwiek przyczyny zabraknie wi- kariusza generalnego, przełożony generalny, za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania wizytatorów i wi- cewizytatorów, zamianuje jak najprędzej wikariusza generalnego spośród asystentów.

Wikariusz generalny traci urząd zgodnie z prze- pisami prawa powszechnego i naszego własnego.

 

3. Asystenci generalni

  1. – § 1. Asystenci generalni są członkami Zgromadzenia, którzy stanowią radę przełożonego generalnego, wspomagają go czynem i radą w zarzą- dzie Zgromadzenia, aby wzrastała jedność i dynamizm

Zgromadzenia, aby Konstytucje i uchwały Konwentu Generalnego wprowadzano w czyn oraz by wszystkie prowincje współpracowały nad rozwojem dzieł Zgro- madzenia.

  1. – § 1. Asystentów generalnych wybiera Kon- went Generalny według naszego prawa własnego.
  • § 2. Asystenci generalni w liczbie czterech, wybierani są z różnych prowincji na sześć lat i mogą być powtórnie wybrani na drugie sześciolecie. Po za- kończeniu drugiego, kolejnego sześciolecia, asystent generalny nie może jednak być wybrany na wikariusza generalnego.
  • § 3.  Ustala  się,  że  sześciolecie  kończy  się  z chwilą przyjęcia urzędu przez następców wybranych na kolejnym Konwencie Generalnym.
  1. Asystenci generalni tracą urząd zgodnie z przepi- sami prawa powszechnego i naszego własnego.
  2. – § 1. Jeżeli, któryś z asystentów ustąpił z urzę- du, jego zastępcę mianuje przełożony generalny, za zgo- dą pozostałych asystentów; zastępca zaś otrzymuje te same prawa i obowiązki, co inni asystenci.
  • § 2. Jeżeli jednak w ciągu sześciu miesięcy ma się odbyć Konwent Generalny, przełożony gene- ralny nie jest zobowiązany mianować zastępcy.

4. Urzędnicy kurii generalnej

  1. – § 1. Sekretarza generalnego, ekonoma gene- ralnego, prokuratora generalnego przy Stolicy Apo- stolskiej mianuje, spoza grona asystentów generalnych, przełożony generalny za zgodą swej rady.
  • § 2. Pozostają oni na urzędzie stosownie do decyzji przełożonego generalnego i jego rady; z racji zaś swego urzędu przynależą do domu kurii generalnej.
  • § 3. Mogą brać udział w posiedzeniu rady generalnej ale bez prawa głosu, z wyjątkiem wypad- ków wymienionych w Statutach.
  • § 4.  W Konwencie  Generalnym  uczestniczą z prawem głosu.

 

Rozdział II
ADMINISTRACJA PROWINCJALNA I LOKALNA

 

1. Prowincje i wiceprowincje

  1. Zgromadzenie Misji dzieli się na prowincje zgodnie z przepisami naszego prawa własnego.
  2. Zgromadzenie dzieli się również na wicepro-

wincje zgodnie z przepisami naszego prawa własnego.

        122.        Prowincja jest to związek kilku domów, okre- ślony granicami terytorialnymi; na jej czele stoi wizy- tator posiadający władzę  zwyczajną  własną,  zgodnie z przepisami prawa powszechnego i naszego własnego.

 

2. Wizytator

  1. – § 1. Wizytator jest przełożonym wyższym, ordynariuszem z władzą zwyczajną własną; stoi on na czele jakiejś prowincji i kieruje nią według przepisów prawa powszechnego i naszego własnego.
  • § 2. Wizytator, pełen troski o czynny udział wszystkich konfratrów w życiu i działalności apostol- skiej prowincji, powinien przeznaczać tak konfratrów, jak również środki materialne na służbę Kościoła, zgodnie z celem Zgromadzenia; starając się o zacho- wanie żywotnej jedności, powinien popierać posługę poszczególnych domów, troszcząc się o osobowy roz- wój i aktywność poszczególnych konfratrów.
  1. Przełożony generalny, za zgodą swej rady, zgodnie z normą własnego prawa mianuje wizytatora, po uprzedniej konsultacji prowincji lub zatwierdza uprzednio wybranego.
  2. Wizytator ma prawo i obowiązek:
  1. Dbać o zachowanie Konstytucji, Statutów i Norm Prowincjalnych;

        2.        Wydawać za zgodą swej rady zarządzenia dla

dobra prowincji;

  1. Za zgodą swej rady i po zasięgnięciu zdania prze- łożonego  generalnego,  zakładać   lub   znosić   domy  w granicach swojej prowincji;
  2. Za zgodą swej rady i po skonsultowaniu się z kon- fratrami, mianować superiorów domów, a o tej nomina- cji powiadomić przełożonego generalnego;
  3. Za zgodą swej rady i po skonsultowaniu się z zain- teresowanymi osobami oraz za zgodą przełożonego gene- ralnego, ustanawiać przełożonego regionalnego z władzą delegowaną;
  4. Odwiedzać cz&#28#281;sto domy i konfratrów, z urzędu zaś przynajmniej co drugi rok;
  5. Zwoływać, zgodnie z przepisami naszego prawa własnego, konwent prowincjalny i na nim przewodni- czyć; za zgodą zaś tegoż konwentu zamykać jego obra- dy i promulgować Normy Prowincjalne;
  6. Dopuszczać kandydatów do seminarium internum, przyrzeczeń  (bona  proposita)  i  do  ślubów,   zgodnie z Konstytucjami i Statutami;
  7. Po zasięgnięciu zdania przełożonych i wycho- wawców kandydata, dopuszczać konfratrów do posług i za zgodą swojej rady, do święceń;
  8. Przedstawiać konfratrów do święceń i wystawiać dymisorie celem udzielenia im tych święceń;

        11.        Po wysłuchaniu zdania swej rady i zasięgnięciu zdania wychowawców, usuwać ze Zgromadzenia człon- ków nieinkorporowanych.

 

3. Asystent wizytatora

  1. Wizytator do pomocy w zarządzie prowincji może mieć asystenta, który spełnia  warunki  zawarte w art. 61 i 100 Konstytucji. Decyzję w sprawie istnie- nia w prowincji instytucji asystenta wizytatora podej- muje konwent prowincjalny.

 

4. Rada wizytatora

  1. Radcy, którzy stanowią radę wizytatora, po- magają mu czynem i radą w zarządzie prowincji, aby wzrastała jej jedność i dynamizm, aby wprowadzano  w życie Konstytucje i zarządzenia konwentu prowin- cjalnego oraz by wszystkie domy i wszyscy konfratrzy współpracowali nad rozwojem dzieł Zgromadzenia.

 

5. Ekonom prowincjalny

  1. W każdej prowincji ma być powołany ekonom, który  zarządza  majątkiem   prowincji,   pod  kierunkiem i nadzorem wizytatora i jego rady, zgodnie z przepisami kan. 636 § 1 i naszego prawa własnego.

6. Urzędy administracji lokalnej

  1. – § 1. Zgromadzenie urzeczywistnia się przede

wszystkim w poszczególnych wspólnotach domowych.

  • § 2. Superior, który jest ośrodkiem  jedności  i animatorem życia wspólnoty miejscowej, czuwa nad wykonaniem zadań domu i razem ze swoją wspólnotą troszczy się o rozwój i aktywność poszczególnych dzie- dzin posługi.
  1. – § 1. Superiora domu mianuje wizytator na trzy lata, po uprzednim zasięgnięciu zdania członków domu lub wspólnoty prawnie ustanowionej. W tym samym zaś domu albo wspólnocie prawnie ustanowio- nej i pod tymi samymi warunkami, może mu powie- rzyć urząd na drugie trzechlecie. jeżeli po drugim trzechleciu zachodzi konieczność dalszego sprawowa- nia urzędu, należy zwrócić się o decyzję do przełożo- nego generalnego.
  • § 2. Konwent prowincjalny może ustanowić inny sposób powoływania superiora domu.
  • § 3. Superior domu musi spełniać wymagania Konstytucji zawarte w art. 61 i 100.
  1. Zgodnie z przepisami prawa, superior domu posiada władzę zwyczajną w zakresie wewnętrznym    i zewnętrznym w stosunku do konfratrów oraz w sto- sunku do innych osób, które stale przebywają w jego domu; tę zaś władzę może delegować innym.

        132.        – § 1. W przypadku braku warunków dla zało- żenia domu, albo gdyby przemawiał za tym charakter jakiegoś dzieła, wizytator, za zgodą swej rady, może ustanowić zespół konfratrów na wzór domu, stosownie do przepisów Norm Prowincjalnych.

  • § 2. Jeden z konfratrów, wyznaczony przez wizytatora, zgodnie z przepisami prawa, jest odpowie- dzialny za tego rodzaju zespół, w charakterze superiora.
  • § 3. Zespół konfratrów na wzór domu ma te

same prawa i obowiązki jakie posiada dom.

  1. Superior domu może być pozbawiony urzędu ilekroć wizytator, za zgodą swej rady i po zatwierdze- niu decyzji przez przełożonego generalnego, uzna to  za wskazane dla słusznej i proporcjonalnie ważnej przyczyny.
  2. – § 1. Ekonom, pod kierunkiem superiora oraz przy pomocy konfratrów, którzy go wspierają  słowem i troską, zarządza majątkiem domu, stosownie do prze- pisów prawa powszechnego oraz prawa Zgromadzenia i prowincji.
  • § 2. Gdy wizytator, za zgodą swej rady, uzna to za konieczne dla jakiegoś domu, powinien ustanowić radę domową; radców jednak domu, którzy pomagają superiorowi w zarządzie domem, wyznacza się według przepisów Norm Prowincjalnych.

Rozdział III

KONWENTY

 

1. Konwenty w ogólności

  1. Konwent Zgromadzenia Misji, którego zada- niem jest strzec i rozwijać duchowość i apostolską żywotność Zgromadzenia, jest trojaki generalny, pro- wincjalny i domowy.
  2. – § 1. Nikt nie ma prawa do dwóch głosów.
  • § 2. Warunki postawione przed wyborem uważa się za nieistniejące.
  • § 3. Wybór powoduje dla wybranego obo- wiązek wzięcia udziału w konwencie lub przyjęcia urzędu, chyba że zachodzi ważna przyczyna. Jeżeli chodzi o obowiązek udziału w konwencie, ważność przyczyny stwierdza kompetentny przełożony, który następnie prosi konwent o jej potwierdzenie; jeśli na- tomiast chodzi o przyjęcie urzędu, ważność przyczyny musi być stwierdzona przez sam konwent.
  • § 4. Nikt nie może na konwentach wyznaczyć zastępcy według własnego uznania.
  • § 5. Większość głosów oblicza się jedynie na podstawie głosów ważnie oddanych. Głosy puste uwa- ża się za nieważne.

2. Konwent Generalny

  1. Konwent Generalny, który reprezentuje bezpo- średnio całe Zgromadzenie, jako najwyższy organ jego władzy, posiada prawo:
  1. Strzeżenia dziedzictwa Zgromadzenia i zgodnie z nim wprowadzania stosownej odnowy;
  2. Wybierania przełożonego generalnego, wikariu- sza generalnego i asystentów generalnych;
  3. Wydawania ustaw czyli statutów i dekretów dla dobra Zgromadzenia, z zachowaniem zasady pomocni- czości. Statuty, które nie zostały wyraźnie odwołane, zachowują swoją moc. Dekrety zaś powinny być wy- raźnie potwierdzone, by nadal obowiązywały;
  4. Zwracania się z prośbą do Stolicy Apostolskiej  o dokonanie zmian w Konstytucjach przez nią za- twierdzonych, po uzyskaniu większości dwóch trze- cich głosów za tym postulatem;
  5. Autentycznego tłumaczenia statutów; autentyczna

interpretacja Konstytucji należy do Stolicy Apostolskiej.

138. Konwent Generalny, zwołany przez przełożo- nego generalnego, obraduje jako:

  1. Zwyczajny – celem dokonania wyboru przełożo- nego generalnego, wikariusza generalnego i asysten- tów generalnych oraz celem rozpatrzenia spraw Zgro- madzenia;

        2.        Nadzwyczajny – gdy zostanie zwołany przez przełożonego generalnego, zgodnie z przepisami na- szego prawa własnego.

139. – § 1. W Konwencie Generalnym mają brać udział:

  1. Przełożony generalny, wikariusz generalny i asy- stenci generalni, sekretarz generalny, ekonom general- ny i prokurator generalny przy Stolicy Apostolskiej;
  2. Wizytatorzy i delegaci prowincji wybrani według

naszego prawa własnego.

  1. – § 1. Wyboru przełożonego generalnego do- konuje się w następujący sposób:

Jeśli w pierwszym głosowaniu nikt nie otrzymał dwóch trzecich głosów, należy przystąpić do drugiego głosowania w ten sam sposób, w jaki odbyło się pierw- sze; gdyby i drugie głosowanie nie przyniosło wyma- ganej większości, należy głosować w ten sam sposób po raz trzeci, a nawet i czwarty.

Po czwartym bezskutecznym głosowaniu następuje piąte, w którym wymagana jest i wystarcza bezwzględ- na większość głosów, po odliczeniu głosów nieważ- nych. Po piątym bezskutecznym głosowaniu następuje szóste, w którym głos bierny mają tylko dwaj kandy- daci, którzy w piątym głosowaniu otrzymali najwięk- szą, choćby równą ilość głosów, chyba że wielu na pierwszym albo na drugim miejscu otrzymało równą ilość głosów; w tym wypadku oni również mają głos

bierny w szóstym głosowaniu, w którym wymagana jest i wystarcza względna większość głosów po odli- czeniu głosów nieważnych; w wypadku zaś równej ilości głosów, za wybranego należy uważać kandydata starszego powołaniem lub wiekiem.

  • § 2. Po prawnie dokonanym wyborze i po przyjęciu urzędu przez wybranego, przewodniczący sporządza na piśmie akt wyboru i wyraźnym głosem ogłasza wybranego; jeśliby jednak sam przewodniczą- cy został wybrany przełożonym generalnym, akt wy- boru sporządza na piśmie sekretarz konwentu, a mode- rator ogłasza imię i nazwisko wybranego.
  • § 3. Ten, kto został wybrany nie powinien odmawiać przyjęcia powierzonego mu obowiązku, chyba tylko dla ważnej przyczyny.
  • § 4. Po zakończeniu wyborów i podzięko- waniu Panu Bogu, kartki użyte przy głosowaniu nale- ży zniszczyć.
  • § 5. Jeżeli nowo wybrany jest nieobecny, należy go wezwać; w międzyczasie, aż do jego przy- bycia, konwent może zajmować się innymi sprawami Zgromadzenia.
  1. Wikariusza generalnego wybiera się pod tymi samymi  warunkami,   jak  przełożonego   generalnego i w sposób przepisany w art. 140 § 1.
  2. – §  1.  Po  dokonanym  wyborze przełożonego

generalnego  i  wikariusza generalnego,  konwent przy-

stępuje do wyboru pozostałych asystentów general- nych w odrębnych głosowaniach.

  • § 2. Wybranymi są ci, którzy otrzymują bezwzględną większość głosów, po odliczeniu głosów nieważnych. Ważność wyboru ogłasza przewodniczą- cy konwentu.
  • § 3. Jeżeli w pierwszym i drugim głosowa- niu nikt nie został wybrany, wówczas w trzecim gło- sowaniu wybranym jest ten, kto osiągnął względną większość głosów, a w wypadku równej liczby głosów, starszy powołaniem lub wiekiem.

 

3. Konwent prowincjalny

  1. Konwent prowincjalny, jako Zgromadzenie członków reprezentujących w charakterze delegatów prowincję, ma za zadanie:
  1. Ustanawiać normy dla dobra wspólnego prowin- cji  w  granicach  określonych  prawem  powszechnym i naszym własnym, które otrzymują moc obowiązującą po zatwierdzeniu przez przełożonego generalnego, za zgodą jego rady;
  2. Jako organ doradczy wizytatora, rozpatrywać sprawy, które mogą się przyczynić do dobra prowincji;
  3. Rozpatrywać postulaty, które w imieniu prowin- cji mają być przedłożone bądź Konwentowi General- nemu, bądź przełożonemu generalnemu;

        4.        Jeśli zachodzi potrzeba, dokonywać wyboru de- legatów na Konwent Generalny;

Ustanawiać przepisy dotyczące konwentów domo- wych, w granicach prawa powszechnego i naszego wła- snego; przepisy te nie wymagają zatwierdzenia przełożo- nego generalnego.

  1. – § 1. W przeciągu każdego sześciolecia powin- ny się odbyć dwa konwenty prowincjalne. Jeden z nich będzie miał miejsce przed Konwentem Generalnym.

– § 2. W wypadku konieczności, wizytator mo- że, za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania superio- rów domów, zwołać nadzwyczajny konwent prowin- cjalny.

  1. Wizytatorowi przysługuje prawo zwołania konwentu prowincjalnego i przewodniczenia na nim; za zgodą uczestników konwentu może zamknąć jego obrady i promulgować normy.
  2. W konwencie prowincjalnym, jeżeli Normy Prowincjalne inaczej nie postanowią, powinni brać udział:
  1. Z urzędu: wizytator, radcy prowincjalni, eko- nom prowincjalny, superiorzy poszczególnych domów prowincji;
  2. Delegaci wybrani według przepisów prawa własnego.

4. Konwent domowy

  1. – § 1. Konwent domowy zwołuje superior domu lub asystent, który sprawuje całą władzę supe- riora; konwent ten odbywa się w związku z konwen- tem prowincjalnym.
  • § 2. Do udziału w konwencie domowym należy powołać wszystkich, którzy mają prawo głosu czynnego.
  • § 3. Zadaniem konwentu domowego jest omówienie tych spraw, które dom chciałby przedłożyć na konwencie prowincjalnym, jak również rozpatrze- nie kwestii przesłanych przez komisję przygotowaw- czą konwentu prowincjalnego do przedyskutowania oraz opracowania postulatów.

DZIAŁ II
MAJĄTEK ZGROMADZENIA

 

  1. – § 1. Zgromadzenie Misji posiada dobra do- czesne dla zaspokojenia potrzeb duszpasterskich oraz wspólnotowych; dobrami tymi posługuje się jako środkami pomocniczymi w służbie Boga i ubogich, według ducha i praktyki Założyciela; zarządza  zaś nimi jako dziedzictwem ubogich troskliwie, ale bez chęci bogacenia się.
  • § 2. Zgromadzenie Misji zachowuje wspólno- tową formę ewangelicznego ubóstwa przez  to,  że wszystkie dobra doczesne Zgromadzenia są nam wspól- ne, a Zgromadzenie używa ich dla doskonalszego wypeł- niania i osiągnięcia swego własnego celu.
  1. Wszystkie  dobra  Zgromadzenia   są   wspólne i dlatego konfratrzy są współodpowiedzialni, stosownie do  przepisów  prawa,  za  nabywanie,  administrowanie   i przeznaczanie dóbr doczesnych domu i prowincji, do których przynależą; zasada ta, z zachowaniem proporcji, odnosi się również do majątku całego Zgromadzenia.
  2. – §  1.  Domy,  wspólnoty  lokalne,  prowincje i całe Zgromadzenie jako takie, mają zdolność prawną nabywania, posiadania, zarządzania i pozbywania się

dóbr materialnych, gdy sprawa tego wymaga, kompe- tentni przełożeni są prawnymi przedstawicielami wy- mienionych wspólnot, także wobec władz państwo- wych, chyba że co innego postanowiono.

  • § 2. Źródłami dóbr materialnych są: praca konfratrów oraz wszystkie godziwe sposoby nabywa- nia majątku.
  1. Ze względu na dobro wspólne, domy powinny pomagać prowincjom w tym, co jest konieczne dla dobrej administracji oraz zaspokojenia potrzeb ogól- nych; to samo należy stwierdzić o prowincjach w sto- sunku do kurii generalnej.
  2. – § 1. Prowincje i domy powinny dzielić się swoimi dobrami materialnymi z innymi, tak by te, któ- re są w lepszej sytuacji materialnej spieszyły z pomocą innym, które cierpią niedostatek.
  • § 2. Zgromadzenie, prowincje i domy po- winny chętnie część swego majątku przeznaczać na wspomaganie innych, znajdujących się w potrzebie oraz na utrzymanie ubogich.
  1. – § 1. Wyznaczeni konfratrzy administrują dobrami materialnymi, by zapewnić członkom Zgro- madzenia odpowiednie utrzymanie oraz zabezpieczyć właściwe środki, celem prowadzenia przez nich dzia- łalności apostolskiej i charytatywnej.

        –        § 2. Dobrami wspólnot mają administrować należący do nich ekonomowie, pod kierunkiem i nad- zorem przełożonych i ich rad, z zachowaniem przepi- sów prawa powszechnego i naszego własnego oraz zgodnie z zasadą pomocniczości.

  1. – § 1. Administratorzy majątku niech pamięta- ją, że są tylko szafarzami dóbr wspólnoty; dlatego do- bra te mają obracać wyłącznie na cele zgodne ze sta- nem misjonarskim i zawsze mają działać zgodnie ze słusznymi ustawami państwowymi oraz według norm  i ducha Zgromadzenia.
  • § 2. Administratorzy majątku powinni chętnie zaopatrywać konfratrów w to wszystko, co dotyczy ich życia, specjalnych obowiązków i pracy apostolskiej. Takie bowiem korzystanie z dóbr materialnych zachęca konfratrów do troski o potrzeby ubogich oraz o prowa- dzenie życia prawdziwie braterskiego.
  • § 3. Ci sami administratorzy, mając przyczy- niać się do pogłębienia życia wspólnotowego między konfratrami, powinni przestrzegać ponadto zasady słuszności przy rozdzielaniu dóbr; potrzeby indywidu- alne konfratrów powinni zaopatrywać zgodnie z przepi- sami norm ustanowionych przez konwent prowincjalny.
  1. Do ważności alienacji i jakiegokolwiek działa- nia, przez które stan majątkowy osoby prawnej może doznać uszczerbku, potrzebne jest pisemne zezwolenie kompetentnego przełożonego, wydane za zgodą jego

rady. Jeśli natomiast chodzi o transakcje, w których suma przekracza wysokość określoną dla danego re- gionu przez Stolicę Apostolską, albo przedmiotem są dobra ofiarowane Kościołowi na mocy ślubu albo rze- czy drogocenne z racji artystycznych lub historycz- nych, potrzebna jest ponadto zgoda Stolicy Świętej (kan. 638 § 3).

KONŠTITÚCIE

MISIJNEJ  SPOLOČNOSTI

 

Generálna kúria Misijnej spoločnosti

Rím 1984

POSVÄTNÁ KONGREGÁCIA PRE REHOĽNÍKOV A SEKULÁRNE INŠTITÚTY

Prot. č. 53-1/81

 

DEKRÉT

Misijná spoločnosť, ktorú založil svätý Vincent de Paul má svoj osobitný cieľ: ohlasovanie evanjelia chudobným a pomoc duchovným v ich vlastnej form&aaacute;cii.

Pridŕžajúc sa dokumentov II. vatikánskeho koncilu a iných dokumentov Cirkvi Spoločnosť pripravila text nových Konštitúcií, ktoré generálny superior predložil Svätej Stolici na schválenie.

Kongregácia pre rehoľníkov a sekulárne inštitúty podrobila predložený text Konštitúcii zvláštnemu preskúmaniu svojimi poradcami, prihliadla na priaznivé odporučenie generálneho zhromaždenia, a preto mocou tohto dekrétu tieto Konštitúcie v latinskom jazyku nám predložené a uložené v našom archíve schválila a potvrdila so zachovaním všetkých predpisov práva.

Daj Bože, aby všetci členovia Misijnej spoločnosti, s pomocou Božej milosti a na príhovor svätého Vincenta de Paul s povďačným duchom voči Pánu Bohu prijali nové Konštitúcie ako mocný prostriedok ku stále väčšiemu a väčšiemu napredovaniu v tak vznešenom diele, ktoré im Cirkev zverila.

Dané v Ríme, Kongregácia pre rehoľníkov a sekulárne inštitúty, 29. júna na slávnosť svätých Apoštolov Petra a Pavla v roku 1984.

+ Vincentius Fagiolo,
tajomník

+ James Hamer,
proprefekt

 

 

CURIA MISSIONE
Via di Bravetta, 159
00164 ROMA

 

Richard Mc Cullen
Generálny superior Misijnej spoločnosti,

 

našim v Kristu milovaným kňazom, klerikom a bratom – pozdrav v Pánovi!

Veľmi dôležitou udalosťou v dejinách našej Spoločnosti je, že nám nedávno posvätná Kongregácia pre rehoľníkov a sekulárne inštitúty schválila naše Konštitúcie.

Práve uplynulo tridsať rokov odo dňa, keď náš predchodca v blahej pamäti Viliam Slattery uverejnil v roku 1954 predošlé Konštitúcie, prispôsobené predpisom CIC z roku 1917.

Teraz však po dlhších štúdiách, úvahách, poradách a modlitbách, trvajúcich 17 rokov a po rozhodnutiach troch generálnych zhromaždení, Svätá Stolica potvrdila naše Konštitúcie, ktoré vám s radosťou predkladám.

Chcem o nich povedať aspoň to, že mierou našej užitočnosti pre miestnu Cirkev, v ktorej pracujeme, bude vernosť predpisom a duchu Konštitúcií.

Na stránkach knihy, ktorú berieme do rúk je určená identita našej Spoločnosti v Cirkvi. Nesmieme však dovoliť, aby táto identita zostala iba v knihe, lebo text Konštitúcií musíme nosiť predovšetkým v našich srdciach. Musíme ho uskutočňovať naším každodenným životom. Iba týmto spôsobom môžeme v plnosti realizovať naše povolanie ohlasovať evanjelium chudobným.

Preto často čítajme Konštitúcie a ich čítanie sprevádzajme neustálou modlitbou. Preto si veľmi prajeme, čo nech nám všetkým leží na srdci, aby tieto Konštitúcie boli účinnými prostriedkami, pomocou ktorých budeme ľahšie milovať, čo miloval svätý Vincent a to, čo učil, budeme aj sami ochotne konať.

Teraz, keď preberáme Konštitúcie schválené Svätou Stolicou, tak náš duch si spontánne pripomína konferenciu, ktorú mal svätý zakladateľ 17. mája 1658, keď spolubratom rozdával knižočku Všeobecných pravidiel.

Prianie svätého Vincenta môžeme vyjadriť jeho slovami, ktoré vtedy sám povedal: „Od dobroty Božej dúfame a očakávame dobrodenia a požehnania všetkého druhu, pre všetkých tých, čo budú verne zachovávať tieto Pravidlá, ktoré nám dala: požehnanie pre osoby, požehnanie pre ich zámery, požehnanie pre všetky ich práce a napokon, požehnanie Božie pre všetko, čo sa ich týka teraz alebo v budúcnosti…

Ale bratia moji, dôverujem v milosť Božiu a vo vašu lásku, že pri tejto príležitosti si všetci obnovíte tú vernosť, s ktorou tieto Pravidlá už oddávna zachovávate.

Zároveň dúfam, že táto vaša vernosť voči Pravidlám, vaša trpezlivosť, s ktorou ste tak dlho na ne čakali, vám zaistí Božiu milosť, aby ste ich v budúcnosti ešte ľahšie zachovávali.“ (Coste XII,11)

V láske nášho Pána Ježiša Krista a jeho Nepoškvrnenej Matky zostávam celým srdcom vám oddaný, váš spolubrat.

V Ríme, 27. septembra 1984 na slávnosť sv. Vincenta De Paul.

 

Richard Mc Cullen, CM

 

 

ZVEREJŇUJÚCI DEKRÉT

Všetkým spolubratom našej Spoločnosti posielam tieto Konštitúcie, ktoré Posvätná kongregácia pre rehoľníkov a sekulárne inštitúty preskúmala a dňa 29. júna potvrdila. A tak so súhlasom svojej rady nariaďujem, aby sa tieto Konštitúcie stali záväznými v celej Spoločnosti, počínajúc od sviatku Obrátenia sv. Pavla 25. januára 1985.

 

V Ríme, 27. septembra 1984
Na slávnosť sv. Vincenta de Paul

 

Richard Mc Cullen, CM

ÚVOD

Misijná spoločnosť, ktorú založil svätý Vincent de Paul, poslušná prianiu Cirkvi uskutočňuje obnovu vlastného základného práva, aby takto v duchu smerníc II. vatikánskeho koncilu obnovila svoj život a apoštolskú činnosť v súčasnom svete.

Preto hlboko cíti, že teraz prežíva výnimočnú hodinu milosti a otvára sa turíčnemu pôsobeniu Pánovho Ducha, ktorý ju pobáda k vlastnej obnove nasledovaním sv. Vincenta.

Spoločnosť si chce udržať a uplatniť svoje prijaté miesto a poslanie v Cirkvi. Preto pokladá za nutné vrátiť sa k svojmu počiatku, k duchovnej skúsenosti a zameraniu svätého Vincenta.

Takto bude môcť nielen lepšie poznať a vernejšie chrániť svoj prvotný charakter a ducha samotného svätého zakladateľa, ale aj čerpať bohatú inšpiráciu z týchto prameňov, aby mohla zodpovedať svojmu povolaniu v zhode s Božou vôľou, ktorá sa zvláštnym spôsobom dáva poznať Spoločnosti v potrebách chudobných ľudí v dnešnej spoločnosti, podobne ako ju poznával sám svätý Vincent.

Vincent de Paul sa narodil v roku 1581 v dedinke POUY (Puy). Od svojho detstva mal srdce otvorené pre chudobných a podieľal sa na ich životných ťažkostiach. V r. 1600 sa stal kňazom. Spočiatku chcel uniknúť pred chudobou svojho rodného kraja, avšak vplyvom učiteľov duchovného života sa v ňom prebudila túžba po väčšej svätosti. Zároveň ho Božia prozreteľnosť viedla cez také životné udalosti, že sa napokon pevne rozhodol zasvätiť svoj život práci na spáse chudobných.

O veľkej potrebe hlásať evanjelium sa presvedčil vtedy, keď zmieril s Bohom umierajúceho dedinčana v Ganes. Pohnutý touto udalosťou povedal vo Folleville kázeň o generálnej spovedi. Stalo sa to 25. januára 1617 a ako vyznáva sám sv. Vincent, bol to začiatok jeho zvláštneho povolania, ako aj samotnej Misijnej spoločnosti.

Keď potom v auguste toho istého roku založil v Chatillon-les-Dobes „Charitatívne spolky“ pre pomoc opusteným nemocným, objavil v tejto skúsenosti priamy vnútorný súvis medzi ohlasovaním Evanjelia chudobným a službou chudobným.

Jeho duchovná skúsenosť bola s konečnou platnosťou dotvorená pod vplyvom kontemplácie a služby Kristovi v osobe chudobného. Ba čo viac, obraz Krista, ktorého Otec poslal ohlasovať Evanjelium chudobným, sa stal centrom jeho života a apoštolátu. Vincent si dôkladne všímal požiadavky súčasného sveta a spoločnosti a naučil sa chápať ich vo svetle stále intenzívnejšej lásky k Bohu a k chudobným, ktorých ubíjali najrozličnejšie pohromy. Z toho poznával, že je povolaný poskytovať pomoc v každej núdzi.

Uprostred mnohých apoštolských činností vždy venoval osobitnú starostlivosť misiám. Prvých kňazov získal zmluvou zo dňa 17. apríla 1625 s úmyslom, že sa budú venovať ohlasovaniu Evanjelia chudobným dedinčanom. Dokumentom, ktorý združenie podpísalo 4. septembra 1626, sa rozhodli utvoriť Spoločnosť, aby sa v spoločnom živote mohli venovať spáse chudobných dedinčanov.

Medzi tým čo sa Vincent a jeho spoločníci venovali ohlasovaniu Evanjelia chudobným, jasne poznali, že by nebolo možné zachovať ovocie misií medzi ľudom, keby sa nepostarali o formáciu kňazov. Toto dielo začali v r. 1628, keď na podnet biskupa z Beauvais konali duchovné cvičenia pre klerikov, ktorí sa pripravili na kňazskú vysviacku. Boli presvedčení, že takto napomáhajú, aby Cirkev mala dobrých duchovných pastierov.

V snahe čím lepšie poskytovať pomoc v biedach každého druhu, Vincent zhromažďoval okolo seba veľký počet osôb, majetných i nemajetných, ľudí jednoduchých i význačných a používal všetky prostriedky, aby v nich všemožne prebúdzal porozumenie pre chudobného, ktorý je privilegovaným obrazom Krista. Priamo i nepriamo ich povzbudzoval, aby chudobným poskytovali pomoc. Túto ochotnú a šľachetnú lásku si až po dnešnú dobu osvojujú Dcéry kresťanskej lásky a charitné spolky, ktoré Vincent založil, i tie, ktoré z nich pochádzajú, ako aj jednotlivé osoby, ktoré sa nechali preniknúť týmto duchom.

 

Jeho horlivosť za chudobných dosiahla nový prejav začiatkom misijnej činnosti medzi pohanmi v roku 1648, keď poslal prvých misionárov na Madagaskar.

V počiatočnom raste si Spoločnosť ako inštitút postupne ustaľovala náplň svojho povolania, svoje zameranie i bratské spoločenstvo a vytrvalo si upevňovala vlastný sekulárny charakter, hoci členovia potvrdzovali svoje stále spojenie so Spoločnosťou zvláštnym sľubom a upevňovali ho praktizovaním chudoby, čistoty a poslušnosti. Tieto charakteristické znaky tvoria dedičstvo Spoločnosti aj v našich časoch.

Toto všetko sa presne zhoduje s úmyslom zakladateľa a je to zachované v dokumentoch, ktoré potvrdzujú vznik a zriadenie Spoločnosti.

Pápež Urban VIII. vyhlásil bullou Salvatoris Nostri z 12. januára 1633: „…Zvláštnym cieľom a osobitnou úlohou Spoločnosti a jej členov má byť, s pomocou Božej milosti popri vlastnej spáse starať sa aj o spásu tých, čo žijú na dedinách, osadách, na majeroch, na vidieku a v mestečkách. Avšak vo veľkých mestách nech súkromne pripravujú ordinandov duchovnými cvičeniami na prijatie sviatosti kňazstva…“

Potom pápež Alexander VII. v breve: Ex commissa Nobis zo dňa 22. septembra 1655 schválil skladanie jednoduchých sľubov: „chudoby, čistoty a poslušnosti ako i vytrvalosti v tejto Spoločnosti s úmyslom venovať sa po celý život spáse chudobnému ľudu na vidieku…, pri skladaní sľubov nemusí byť nikto prítomný, aby ich prevzal, či už v mene Spoločnosti alebo v našom mene, alebo v budúcnosti, v mene rímskeho veľkňaza…“ Ďalej prehlasuje, že „spomenutá Misijná spoločnosť je vyňatá vo všetkom z právomoci miestnych ordinárov okrem tých členov, ktorých predstavení pošlú na misie… a len v tom, čo sa týka misií. Spomínaná Spoločnosť sa nemá počítať medzi rehole, ale k svetskému duchovenstvu.“

Vincent mal veľký záujem, aby svoju Spoločnosť formoval v Pánovom duchu a po viacročných skúsenostiach jej dal aj Všeobecné pravidlá a Konštitúcie. V nich vychádza z kontemplácie Krista, ktorý podľa Otcovej vôle konal a učil a takto splnil svoje poslanie ohlasovateľa Evanjelia chudobným. Potom predkladá zásady evanjeliovej dokonalosti, podľa ktorých sa má v jeho Spoločnosti plnšie rozvíjať spiritualita, apoštolát a bratské spoločenstvo.

V úvode Všeobecných pravidiel, najprv vysvetlí povolanie a poslanie Spoločnosti a súčasne naznačí aj cestu ako to dosiahnuť:

„Podľa svedectva Svätého písma, náš Pán Ježiš Kristus prišiel na svet, aby spasil ľudské pokolenie, a preto začal konať a učiť. To prvé uskutočnil tak, že dokonale praktizoval každú čnosť a to druhé zasa tým, že hlásal Evanjelium chudobným a svojim apoštolom a učeníkom dal potrebné vedomosti, aby mohli viesť ľudí. Malá Misijná spoločnosť túži podľa svojich slabých síl, s pomocou Božej milosti, nasledovať Pána Ježiša Krista v jeho cnostiach i v jeho prácach pre spásu blížneho. Patrí sa preto, aby si k vernému plneniu tejto svätej úlohy volila aj sväté prostriedky. Preto je jej cieľom:

  1. snažiť sa o vlastnú dokonalosť, čo znamená usilovne sa cvičiť v cnostiach, ku ktorým nás viedol náš najvyšší Učiteľ svojím slovom a príkladom;
  2. hlásať Evanjelium chudobným, predovšetkým na vidieku;
  3. pomáhať kňazom, aby si osvojovali cnosti a vedomosti, ktoré si vyžaduje ich stav.“ (V.P. I,1)

 

Svätý Vincent zveril týmito slovami svojmu duchovnému potomstvu, t.j. členom Misijnej spoločnosti jedinečné povolanie, nový spôsob spoločného života a stále aktuálny cieľ, ktorý však treba neprestajne a múdro prispôsobovať súčasným požiadavkám.

 

 

Na LVI sesii XXXVI. generálneho zhromaždenia bolo potvrdené nasledujúce prehlásenie vzhľadom na úvod:

1. má historický charakter,

2. má inšpirujúci obsah,

3. má prvky, pomocou ktorých možno lepšie porozumieť samotným článkom Konštitúcií,

4. predstavuje integrálnu časť Konštitúcií a spolu s Konštitúciami má byť predložený Apoštolskej Stolici,

5. umiestňuje sa pred normami, vo význame úzko právnom a tieto sa nachádzajú iba v texte Konštitúcií.

 

Prvá časť

Povolanie

 

1. Cieľom Misijnej spoločnosti je nasledovanie Krista ohlasovaním Evanjelia chudobným.

Členovia a komunity dosiahnu tento cieľ tak, že verní svätému Vincentovi:

  1. sa všemožne usilujú obliecť si Kristovho Ducha (V.P. I,3), aby dosiahli dokonalosť svojho povolania (V.P. XII,13);
  2. venujú sa ohlasovaniu Evanjelia chudobným, predovšetkým najopustenejším;
  3. napomáhajú duchovným i laikom v ich vlastnej formácii a privádzajú ich k plnšej účasti na evanjelizácii chudobných.

 

2. Misijná spoločnosť má v tomto zameraní ustavične pred očami Evanjelium a je pozorná na znamenia čias a na najnaliehavejšie požiadavky Cirkvi. Preto sa snaží otvárať nové cesty a používať prostriedky primerané miestnym a časovým požiadavkám. Okrem toho sa bude snažiť prehodnotiť a preorientovať aj svoje diela a služby. Iba tak zostane v stave nepretržitej obnovy.

 

3.

§1. Misijná spoločnosť je klerické spoločenstvo apoštolského života s pápežským právom. Jej členovia sledujú vlastný apoštolský cieľ podľa im zvereného dedičstva od svätého Vincenta a potvrdeného Cirkvou. Vedú spoločný život v bratskom spoločenstve podľa vlastnej životnej náplne a zachovávaním Konštitúcií sa usilujú o dokonalosť lásky.

§2. Misijná spoločnosť vykonáva svoje poslanie podľa tradície svätého Vincenta v úzkej spolupráci s biskupmi a s diecéznym duchovenstvom. Sv. Vincent často opakoval, že Misijná spoločnosť si zachováva sekulárny charakter, hoci užíva vlastnú autonómiu, ktorú jej priznáva všeobecné právo na základe exempcie.

§3. Členovia Misijnej spoločnosti pre účinnejšie a istejšie realizovanie cieľa Spoločnosti, skladajú sľuby vytrvalosti a tiež čistoty, chudoby a poslušnosti podľa Konštitúcií a Štatútov.

 

4. Misijná spoločnosť pozostáva z duchovných a z laických bratov, spolupracovníkov. Svoj vytýčený cieľ chce s Božou pomocou dosiahnuť tak, že sa snaží byť naplnená Kristovými myšlienkami a túžbami, taktiež tým istým duchom, ktorý sa najviac prejavuje v evanjeliových zásadách, ako je to vysvetlené vo Všeobecných pravidlách.

 

5. Duch Spoločnosti je účasť na duchu Ježiša Krista, ako to vysvetľuje svätý Vincent: „Evangelizare pauperibus misit me – poslal ma hlásať Evanjelium chudobným.“ (Lk 4,18) Preto je Ježiš Kristus pravidlom misie a bude aj centrom jej života a činnosti. (Coste XII, 130)

 

6. Duch Spoločnosti má tie isté vlastnosti Kristovho Srdca, ktoré zakladateľ hneď od začiatku odporúčal svojim členom: lásku a úctu voči Otcovi, milosrdnú a účinnú lásku voči chudobným a pozornú vnímavosť voči Božej prozreteľnosti.

 

7. Spoločnosť sa snaží prejaviť svojho ducha piatimi cnosťami z osobnej kontemplácie Krista. Sú to: jednoduchosť, poníženosť, láskavosť, umŕtvenosť a horlivosť za duše. O nich svätý Vincent hovorí: „Nech si ich Spoločnosť dôkladnejšie váži a nech sa v nich cvičí, aby sa stali, takpovediac, schopnosťami duše celej Spoločnosti a aby vždy oživovali všetky práce každého z nás.“ (V.P. II,14)

 

8. Všetci sa ustavične pousilujú o hlbšie poznávanie tohto ducha návratom k Evanjeliu, k príkladu sv. Vincenta a k jeho náuke, stále budú pamätať, že náš duch a naše služby sa majú navzájom oživovať.

 

9. Naše povolanie – totiž cieľ, charakter a duch Spoločnosti – musí udávať smer spoločnému životu a vnútornej organizácii.

 

 

Druhá časť

ŽIVOT V SPOLOČNOSTI

Kapitola I. – Apoštolská činnosť

 

10. Misijná spoločnosť si už od čias svojho zakladateľa a pod jeho vedením uvedomuje, že ju Boh povolal k práci na ohlasovaní Evanjelia chudobným. Z istého hľadiska môže o sebe s celou Cirkvou tvrdiť, že úloha ohlasovať Evanjelium je jej vlastnou milosťou i povolaním a najvernejšie vyjadruje jej charakter. (EN,14) Preto všetci jej členovia i každý osobne sa môžu osmeliť s Ježišom Kristom povedať: „Musím zvestovať Božie kráľovstvo, lebo na to som poslaný.“ (Lk 4,43)

 

11. Kristova milosrdná láska voči zástupom (Mk 8,2) je prameňom celej našej apoštolskej horlivosti a pobáda nás, aby sme podľa slov sv. Vincenta „urobili Evanjelium naozaj účinným.“ (Coste XII, 84) V rozličných časových a miestnych podmienkach má naše ohlasovanie Evanjelia slovom i skutkom smerovať k tomu, aby sa všetci obrátením a sviatostným životom rozhodli „pre Božie  kráľovstvo, t.j. pre nový svet, pre nový stav vecí, pre nový spôsob bytia a života a to života v spoločenstve, života obnoveného Evanjeliom.“ (EN,23)

 

12. Pri ohlasovaní Evanjelia, ako si to Spoločnosť vytýčila za program, treba mať na zreteli tieto zásady:

  1. Jasné a výslovné prvenstvo apoštolátu medzi chudobnými; pretože ohlasovanie Evanjelia chudobným je znamením, že sa na zemi približuje Božie Kráľovstvo. (Mt 11,5)
  2. Všímať si a skúmať skutočný stav ľudskej spoločnosti a zvlášť príčiny nerovného rozdelenia materiálnych hodnôt vo svete, aby sme dokonalejšie splnili svoje prorocké poslanie pri ohlasovaní Evanjelia.
  3. Mať účasť na podmienkach chudobných, aby sme nielen my ohlasovali Evanjelium, ale sa aj nechali nimi evanjelizovať.
  4. Mať plné porozumenie pre spoločenstvo pri apoštolských prácach, aby sme si navzájom upevnili naše spoločné povolanie.
  5. Ochotne ísť do celého sveta podľa príkladu prvých misionárov Spoločnosti.
  6. Trvalá snaha po obrátení, ktorá sa požaduje od každého člena ako aj od celej Spoločnosti, v zmysle napomenutia sv. Pavla: „Nepripodobňujte sa tomuto svetu, ale sa premeňte a obnovte si myseľ.“ (Rim 12,2)

 

13. Provincie sa samé rozhodnú, aké formy apoštolátu majú prevziať, aby ostali verné duchu a príkladu sv. Vincenta a prispôsobili apoštolskú činnosť pastorálnej činnosti miestnej Cirkvi podľa dokumentov a inštrukcií Svätej Stolice, biskupských konferencií a diecéznych biskupov.

 

14. S najväčším úsilím treba rozvíjať ľudové misie, ktoré boli tak drahé srdcu zakladateľa. Toto dielo misií treba vhodne prispôsobiť daným okolnostiam a využiť každú možnosť, aby sme mu dali nový impulz pri obnove a budovaní pravého kresťanského spoločenstva ako aj pri prebúdzaní viery v srdciach neveriacich.

 

15. Nech sa vhodne a účinne obnoví dielo výchovy klerikov v seminároch, čo sa od počiatku pokladalo za náplň Spoločnosti. Okrem toho členovia nech poskytnú duchovnú pomoc kňazom so zreteľom na ich stálu formáciu a pestovanie pastoračnej horlivosti. Avšak nech v nich prebúdzajú túžbu plniť prianie Cirkvi, aby prinášali pomoc chudobným. Nech povzbudzujú laikov a nech ich dôkladne pripravujú aj pre pastoračné služby, ktoré sú v kresťanskej spoločnosti veľmi potrebné. Napokon nech poúčajú kňazov i laikov, aby svorne spolupracovali a navzájom sa podporovali v procese formovania kresťanského spoločenstva.

 

16. Medzi apoštolskými dielami Spoločnosti majú popredné miesto misie medzi pohanmi alebo medzi národmi, čo sa nachádzajú na podobnej evanjelizačnej úrovni. Nech si misionári pri utváraní nového cirkevného spoločenstva starostlivo všímajú „semená Slova“, ktoré sa nachádzajú v kultúre a v religiozite daného národa. (EN,53)

 

17. Misijná spoločnosť má to isté dedičstvo ako aj Dcéry kresťanskej lásky, preto nech im členovia ochotne poskytnú pomoc, keď ich o to požiadajú, najmä čo sa týka duchovných cvičení a duchovného vedenia. V dielach spoločného podujatia nech im vždy poskytnú bratskú spoluprácu.

 

18. Svätý Vincent prinášal v duchu podobenstva o milosrdnom Samaritánovi (Lk 10,30-37) konkrétnu pomoc opusteným. Provincie a členovia ho v tom budú nasledovať tak, že podľa svojich možností vynaložia všetko úsilie, aby podporovali tých, čo sú odsunutí na okraji spoločnosti alebo sa stali obeťou pohrôm a nespravodlivosti každého druhu, alebo aj tých, čo sú postihnutí rozličnými formami morálnej chudoby dnešných čias. V činnosti sledujúcimi ich prospech a v zhode s nimi sa budú usilovať plniť požiadavky sociálnej spravodlivosti a evanjeliovej milosrdnej lásky.

 

 

 Kapitola  II. – Spoločný život

 

19. Svätý Vincent zhromaždil svojich spolubratov v Cirkvi, aby sa v novej forme komunitného života venovali ohlasovaniu Evanjelia chudobným. Lebo úlohou vincentínskej komunity je príprava apoštolskej činnosti, jej stále pestovanie a napomáhanie. A preto sa všetci misionári, ktorí tvoria bratské spoločenstvo, snažia spoločne i jednotlivo skrze neprestajnú obnovu plniť spoločné poslanie.

 

20. V Cirkvi, a tak ako to robí Cirkev, nachádza Spoločnosť v Najsvätejšej Trojici svoj najvyšší princíp života a činnosti.

  1. Zhromažďujeme sa v spoločenstve, aby sme ohlasovali Otcovu lásku k ľuďom a túto vyjadrujeme svojím životom.
  2. Nasledujeme Krista, ktorý povolal apoštolov a učeníkov a nažíval s nimi v bratskom spoločenstve, aby ohlasovali Evanjelium chudobným.
  3. Nadchnutí Duchom Svätým utvárame medzi sebou jednotu v misijnej činnosti, aby sme vydávali vierohodné svedectvo Kristovi Spasiteľovi.

 

21. 

§1. Spoločný život je charakteristickým znakom Spoločnosti už od jej počiatku a na výslovné prianie svätého Vincenta. A preto podľa vlastného práva majú spolubratia patriť do zákonite utvoreného domu alebo komunity.

§2. Toto bratské spolunažívanie, ktoré sa živí milosťou misijného povolania, formuje spoločenstvo tak k pokroku jednotlivcov a celého spoločenstva ako aj k účinnejšej evanjelizácii.

 

22. Do spoločenstva dávame seba i všetko svoje. Avšak v rovnakom stupni treba brať primeraný ohľad na súkromný život spolubrata. Spoločenstvo má podporovať jeho osobné hodnoty. Iniciatívne snahy spolubratov sa majú rozpoznávať vo svetle cieľa a ducha Spoločnosti. Takto rozmanité vlastnosti a charizmy jednotlivých spolubratov podporujú vzrast spoločenstva a plodnejšie vykonávanie nášho poslania.

 

23. Každé miestne spoločenstvo nech užíva jemu patriacu samostatnosť, aby sa stalo skutočne miestom, kde sa dosahuje komunitné zosúladenie, ktoré sa vzťahuje na apoštolskú činnosť a život spojený s dobrom Spoločnosti, či už na úrovni provinciálnej alebo všeobecnej. Takto je miestne spoločenstvo živou bunkou celej Spoločnosti.

 

24. Usilujeme sa viesť spoločný život v láske, aby bol oporou našej apoštolskej činnosti a oživujeme ho predovšetkým cvičením „piatich cností“; len tak sa stane pre svet znamením nového života podľa Evanjelia. Preto:

  1. sa budeme snažiť posilniť jednotu v plnení nášho poslania, aby sme si navzájom pomáhali, najmä v protivenstvách a prejavovali jeden druhému radosť v jednoduchosti ducha,
  2. hoci sa opierame o službu autority, nesieme v jednote so superiorom spoluzodpovednosť, aby sme hľadali vôľu Božiu v živote i v prácach, a tak prijímame spôsob aktívnej poslušnosti; budeme tiež pestovať medzi sebou dialóg, a tak premáhať príliš individuálny štýl života,
  3. v duchu pokory a bratstva budeme pozorní k názorom a potrebám každého spolubrata a budeme sa snažiť prekonávať ťažkosti, ktoré prináša so sebou život v spoločenstve; napokon budeme taktne používať bratské napomínanie a navzájom si budeme odpúšťať,
  4. sa budeme zvláštnou starostlivosťou usilovať vytvoriť životné podmienky, ktoré sú priaznivé pre modlitbu, prácu, odpočinok a bratské rozhovory. A preto budeme používať oznamovacie prostriedky prezieravo a opatrne. Rešpektujúc požiadavky apoštolátu, rezervujeme istú časť domu výlučne životu spoločenstva.

25. Spoločenstvo je sebaformujúce tým, že sa v ňom neustále uplatňujú podstatné prvky nášho spôsobu života a činnosti. Týmito prvkami sú:

  1. Komunitné nasledovanie Krista ohlasujúceho Evanjelium, čo medzi nami tvorí osobitné puto lásky a náklonnosti. Preto vzájomnú úctu spojíme s úprimnou dobroprajnosťou „na spôsob drahých priateľov“ (V.P. VIII, 2)
  2. Ohlasovanie Evanjelia chudobným, ktoré dáva jednotné usmernenie našim prácam. Táto jednota neničí ani schopnosti, ani dary, hoci sú rozličné, ale ich usmerňuje k službe tohto poslania.
  3. Modlitba, predovšetkým Eucharistia, je prameňom nášho duchovného, komunitného a apoštolského života.
  4. Náš majetok má byť podľa úmyslu svätého Vincenta spoločný a ochotne sa s ním podelíme. Takto sa stane náš život skutočne spoločenstvom bratských vzťahov, práce, modlitby a majetku.

 

26.

§1. Chorí, nevládni a starší spolubratia nech sú blízki nášmu srdcu. Považujme ich za požehnanie pre naše domy. Preto okrem lekárskej starostlivosti a osobného povzbudenia im rezervujme miesto v rodinnom živote a v apoštoláte.

§2. Za zomrelých spolubratov sa budeme verne modliť a prinášať obety, o ktorých sa hovorí v Štatútoch.

 

27. Každé spoločenstvo si vypracuje spoločný plán života a práce podľa Konštitúcií, Štatútov a Provinciálnych noriem. Na tento plán treba brať ohľad pri organizovaní života a prác, pri uskutočňovaní úloh a pri pravidelných revíziách nášho života a činnosti.

 

 

Kapitola III. – Čistota, chudoba a poslušnosť

 

28. V Spoločnosti sa na celý život zasväcujeme ohlasovaniu Evanjelia chudobným, aby sme pokračovali v poslaní Pána Ježiša Krista. Preto sa v tomto povolaní ochotne zaväzujeme k čistote, chudobe a poslušnosti podľa našich Konštitúcií a Štatútov. Preto „malá Misijná spoločnosť… aby sa venovala spáse duší, najmä medzi chudobným dedinským ľudom, uznáva, že nemožno použiť mocnejších a lepších zbraní, ako tie, ktoré použila večná Múdrosť s takým šťastným a požehnaným výsledkom.“ (V.P II, 18)

29. 

§1.  Ako nasledovníci Krista v jeho univerzálnej láske voči ľuďom sa zaväzujeme sľubom dokonalej čistoty v celibáte pre nebeské kráľovstvo. Túto čistotu prijímame ako štedrý dar osobnej a nekonečnej Božej dobroty.

§2.  Takto si viac otvárame svoje srdce pre Pána Boha a blížneho a celý náš život sa stáva radostným prejavom lásky medzi Kristom a Cirkvou, ktorá sa zjaví vo svojej plnosti v budúcom veku.

 

30. Naša čistota sa bude rozvíjať v dôvernom spojení s Kristom, v pravej bratskej láske, v horlivosti pri apoštoláte a v askéze osvedčenej skúsenosťou Cirkvi. Čistota, ako stála a zrelá odpoveď na Božie volanie, sa stáva prameňom duchovnej plodnosti vo svete a veľmi prispieva k dosiahnutiu plného rozvoja ľudskej osobnosti.

 

31. „Kristus, opravdivý Pán všetkých majetkov, si tak zamiloval chudobu, že nemal kde ani len hlavu skloniť. Apoštolov a učeníkov, ktorí s ním pracovali v misijnom poslaní, postavil na podobný stupeň chudoby, aby nemali nič vlastného… preto nech sa každý usiluje podľa svojich slabých síl nasledovať ho v tejto cnosti.“ (V.P.III, 1) Takto členovia Spoločnosti dokážu, že sú celkom závislí na Pánu Bohu a ich evanjelizácia chudobných sa stane účinnejšou.

 

32.

§1.  Každý spolubrat plní svoje povinnosti tak, ako mu ich určuje cieľ Spoločnosti a spoločný plán komunity. Nech si je vedomý, že podlieha všeobecnému zákonu práce.

§2.  Ovocie práce, kam patria aj dôchodky, starobné, či z poistenia, na ktoré spolubratia nadobudli nárok po vstupe do Spoločnosti, sa stávajú podľa vlastného práva majetkom komunity, aby sme podľa príkladu prvých kresťanov prežívali opravdivé spoločenstvo majetku a navzájom si preukazovali bratskú pomoc.

 

33. Zo spôsobu nášho života má vyžarovať jednoduchosť a skromnosť, aby sme mali na zreteli podmienky života chudobných. Preto aj prostriedky apoštolátu, hoci najúčinnejšie a najmodernejšie, musia byť bez akejkoľvek nápadnosti. Čo je potrebné k živobytiu, k rozvoju spolubratov a k úspešnej činnosti, nech sa čerpá predovšetkým z výsledku práce všetkých. Spoločnosť nech sa vyhýba akémukoľvek hromadeniu majetku a snaží sa dávať zo svojho v prospech chudobných. Takto zbavená žiadostivosti po bohatstve sa stane svedectvom pre svet presiaknutý materializmom.

 

34. K používaniu majetku Spoločnosti musia mať spolubratia súhlas predstaveného a byť v zhode s Konštitúciami a Štatútmi. Pre dokonalosť ducha chudoby však nestačí mať iba súhlas predstaveného, ale každý nech uváži, čo je podľa ducha nášho zakladateľa, vyjadreného vo Všeobecných pravidlách, primeranejšie a zodpovednejšie nášmu životu a službe.

 

35. Naše vlastné majetky budeme so súhlasom predstaveného a v súlade so Základným štatútom o sľube chudoby v Spoločnosti (vydal pápež Alexander VII.) používať na dobročinné ciele a v prospech spolubratov tak, aby sme sa vyhli rozdielom medzi nami.

 

36. Vedomí si ohraničenosti ľudskej prirodzenosti a nasledujúc spásonosnú činnosť Krista, ktorý sa stal poslušný až na smrť a tiež aj využívajúc vedenie Ducha Svätého, sa budeme snažiť ochotne plniť Otcovu vôľu, ktorá sa nám prejavuje mnohorakým spôsobom.

 

37. 

§1.  Účasť na tomto tajomstve poslušného Krista vyžaduje, aby všetci spoločne hľadali Otcovu vôľu vzájomnou výmenou skúseností, otvoreným a zodpovedným dialógom, v ktorom sa navzájom stretávajú rôzne vekové rozdiely a duchovné kvality, čím sa utvárajú a dozrievajú spoločné uzávery, ktoré vyústia do konečného rozhodnutia.

§2. Členovia Spoločnosti nech sa všemožne pousilujú poslúchať predstavených v duchu spoluzodpovednosti a podľa slov sv. Vincenta pohotovo, radostne a vytrvalo. Rozhodnutia predstavených nech poslúchajú vo svetle viery, hoci by svoju mienku považovali za lepšiu.

 

38. 

§1. Sľub poslušnosti nás viaže poslúchať Svätého Otca, generálneho predstaveného, vizitátora a superiora domu ako aj ich zástupcov vo všetkom, čo nám prikážu v zhode s Konštitúciami a Štatútmi.

§2.  Biskupom diecéz, v ktorých Spoločnosť pracuje, preukážeme poslušnosť v zhode so všeobecným právom a naším vlastným a tiež podľa myšlienok i ducha sv. Vincenta.

 

39. Zvláštnym sľubom vytrvalosti sa v Spoločnosti zaväzujeme počas celého života plniť úlohy, ktoré nám určia predstavení v zhode s Konštitúciami a Štatútmi.

Kapitola IV. – Modlitba

 

40. 

§1. Kristus Pán zotrvávajúc v dôvernom zjednotení s Otcom hľadal v modlitbe jeho vôľu, ktorá bola najvyššou normou jeho života, poslania a obety za spásu sveta. Podobne učil aj svojich učeníkov, že sa v tomto duchu treba stále modliť a nikdy neustávať.

§2. Aj my, zasvätení v Kristovi a poslaní do sveta, sa modlitbou vynasnažme hľadať znamenie Božej vôle a nasledovať Kristovu ochotu, hodnotiac všetko podľa jeho zmýšľania. Týmto spôsobom Duch Svätý premení náš život na duchovnú obetu a my budeme lepšie pripravení mať účasť na Kristovom poslaní.

 

41. „Dajte mi muža modlitby a všetko bude schopný vykonať.“ (Coste XI, 83) Podľa zmýšľania sv. Vincenta je pre misionára modlitba prameňom duchovného života, ňou si oblieka Krista, napĺňa sa evanjeliovou náukou a pred Božím pohľadom rozhoduje o veciach, udalostiach či ostáva v jeho láske i milosrdenstve. Kristov Duch takto vždy dáva účinnosť našim slovám a činnosti.

 

42. V živote misionára sa silou modlitby navzájom dopĺňa apoštolské účinkovanie vo svete, komunitný život i skúsenosť Boha a vrastajú v jedno. V modlitbe sa totiž neustále obnovuje viera, bratská láska a apoštolská horlivosť; v činnosti sa zase láska k Bohu a blížnemu stáva účinnou. Vnútornou jednotou modlitby a apoštolátu sa tak misionár stáva kontemplatívnym človekom v činnosti a apoštolom v modlitbe.

 

43. Modlitba misionára sa má vyznačovať duchom synovstva, pokory, dôvery v Božiu prozreteľnosť a lásky k Božej dobrote. Takto sa naučíme modliť ako chudobní v duchu a v presvedčení, že nás Duch Svätý posilňuje svojou mocou. On sám totiž osvecuje našu myseľ a posilňuje našu vôľu, aby sme dôkladnejšie poznali chudobu dnešného sveta a účinnejšie ju zmierňovali.

 

44. Treba nám zakusovať osobitnú silu modlitby pri hlásaní Slova, pri vysluhovaní sviatostí a službe lásky, ako i v životných udalostiach. V chudobných máme pri ohlasovaní Evanjelia nachádzať a kontemplovať Krista; v starostlivosti o zverený ľud, ku ktorému sme poslaní, sa máme modliť nielen zaň, ale aj s ním a spontánne sa podieľať na jeho viere a zbožnosti.

 

45. Liturgickú modlitbu pestujme živým a autentickým spôsobom.

§1. Náš život nech smeruje ku každodennému sláveniu Pánovej večere ako svojmu vrcholu. Z nej totiž ako z prameňa vyviera sila našej činnosti a bratskej jednoty. Eucharistiou sa sprítomňuje smrť a zmŕtvychvstanie Krista, naznačuje sa  a uskutočňuje jednota Božieho ľudu a my sami sa stávame živou obetou v Kristovi.

§2. Aby sme dosiahli úprimnosť povolania a ustavičné obrátenie, často pristupujme k sviatosti zmierenia.

§3. Slávením liturgie hodín zjednocujme naše hlasy a nášho ducha, aby sme vyspievali Pánovi chválu, prednášajme ustavičnú modlitbu pred jeho pohľadom a prosme za všetkých ľudí. Preto budeme ranné a večerné chvály sláviť spoločne, ak nebudeme ospravedlnení z dôvodu apoštolskej činnosti.

§4. Preto budeme spoločne sláviť ranné chvály a vešpery, pokiaľ to nebude prekážať pastoračnej činnosti.

 

46. V komunitnej modlitbe nachádzame najlepšiu formu oživenia a obnovy života, zvlášť keď konáme bohoslužbu slova a zúčastňujeme sa na nej alebo sa v bratskom dialógu navzájom podieľame pri výmene svojich duchovných a apoštolských skúseností.

 

47. 

§1. Podľa tradície sv. Vincenta venujme každodenne podľa našich síl jednu hodinu osobnej modlitbe buď spoločne, alebo súkromne. To nás uschopní chápať Kristovo zmýšľanie a nachádzať správne cesty, aby sme splnili jeho poslanie. Ona nech pripravuje, rozširuje i dopĺňa modlitbu komunitnú i liturgickú.

§2. Každoročne si verne a svedomite vykonáme duchovné cvičenia.

 

48. Ako svedkovia a ohlasovatelia Božej lásky máme prejavovať vrúcnu nábožnosť a úctu k tajomstvám Najsvätejšej Trojice a vtelenia.

 

49. 

§1. Osobitnú úctu pestujme aj k Panne Márii, Matke Kristovej a Cirkvi, ktorá podľa slov sv. Vincenta najlepšie zo všetkých veriacich prenikla do zásad evanjelia a vo svojom živote ich aj uskutočňovala.

§2. Úctu k Nepoškvrnenej Panne Márii prejavíme tak, že zbožne oslávime jej sviatky a často ju budeme vzývať najmä modlitbou sv. ruženca. Taktiež budeme rozširovať vznešený odkaz, ktorý nám svojou materinskou láskavosťou zjavila zázračnou medailou.

 

50. Úcta k sv. Vincentovi, k svätým a blahoslaveným vincentínskej rodiny nech je drahá nášmu srdcu. Stále sa vracajme k dedičstvu zakladateľa, ktoré sa nachádza v jeho spisoch a tradícii Spoločnosti, aby sme sa naučili milovať, čo miloval on a uskutočňovať, čo on učil.

 

 

Kapitola V. – Členovia spoločnosti

1. O členoch Spoločnosti všeobecne

 

51. Členovia Misijnej spoločnosti sú Kristovými učeníkmi, ktorých Boh povolal do tejto Spoločnosti, aby pokračovali v Kristovom misijnom diele. Podľa svojich síl sa snažia zodpovedať svojmu povolaniu tým, že vyvíjajú činnosť podľa náuky, ducha a pravidiel sv. Vincenta de Paul.

 

52. 

§1. Všetci členovia Spoločnosti sa krstom a sviatosťou birmovania stali účastnými na Kristovom kráľovskom kňazstve a sú buď duchovní alebo laickí bratia, ktorí sa tiež nazývajú misionármi.

  1. Duchovní v rozsahu svojho svätenia, t.j. kňazi a diakoni, plnia podľa príkladu nášho Pána Ježiša Krista, kňaza, pastiera a učiteľa, svoje povolanie vykonávaním jeho trojakého úradu v tých formách apoštolátu, ktorými možno dosiahnuť cieľ Spoločnosti. Sem patria aj tí členovia, čo sa pripravujú na prijatie svätení.
  2. Laici, ktorí sa u nás nazývajú bratmi, sú poverení apoštolátom Cirkvi a Spoločnosti a túto svoju úlohu plnia prácou primeranou ich stavu.

§2. Títo všetci sú buď prijatí alebo aj inkorporovaní, ako o tom hovoria Konštitúcie a Štatúty.

2.  O prijatí do Spoločnosti

 

53. 

§1. Kandidát je prijatý do Spoločnosti, ak ho na jeho vlastnú žiadosť prijmú na dobu formácie do vnútorného seminára.

§2. Právo prijať kandidátov do vnútorného seminára majú v súlade s predpismi:

  1. Generálny superior celej Spoločnosti, po vypočutí mienky svojej rady;
  2. vizitátor vo svojej provincii, po vypočutí svojej rady.

 

§3.  Pokiaľ ide o podmienky požadované na prijatie treba zachovať predpisy všeobecného práva.

 

54.

§1. Obdobie, počas ktorého sa uskutočňuje príprava na inkorporáciu do Spoločnosti, nesmie byť kratšie než dva roky ani dlhšie než deväť rokov od prijatia do vnútorného seminára.

§2. Po uplynutí jedného roka od prijatia do Spoločnosti, prejaví člen podľa našej tradície „dobrým predsavzatím“ (Bona Proposita) svoju vôľu, že chce po celý svoj život pracovať v Spoločnosti na spáse chudobných podľa Konštitúcií a Štatútov.

§3. V súlade s predpismi nášho práva majú právo dovoliť „dobré predsavzatie“:

  1. generálny superior pre celú Spoločnosť, po vypočutí svojej rady a direktora vnútorného seminára;
  2. vizitátor vo svojej provincii, po vypočutí svojej rady a direktora vnútorného seminára.

 

55.

§1. Naše sľuby sú večné, nie rehoľné, rezervované, takže od nich môžu dišpenzovať iba Svätý Otec a generálny superior.

§2. Tieto sľuby treba verne vysvetľovať podľa návrhu sv. Vincenta schváleného pápežom Alexandrom VII. v listoch Ex commissa nobis (22.9.1655) a Alias nos supplicationibus (12.8.1659)

 

56. Právo dovoliť skladať sľuby má v súlade s predpismi:  

  1. generálny superior pre celú Spoločnosť, so súhlasom svojej rady a po porade s moderátormi kandidáta;
  2. vizitátor vo svojej provincii, so súhlasom svojej rady a po porade s moderátormi.

 

57.

§1. Inkorporácia člena do Spoločnosti sa uskutočňuje  zložením sľubov, ak na vlastnú žiadosť dostal povolenie od vyššieho predstaveného – inkardanuje sa do nej prijatím diakonátu.

§2. Pred inkorporáciou do Spoločnosti nemôže  člen prijať svätenia. Spolubrat, ktorý je už duchovným, sa inkorporáciou inkardinuje do Spoločnosti.

 

58.

§1. Sľuby sa majú skladať v prítomnosti superiora alebo ním povereného člena.

§2. Podľa zvyku Spoločnosti sa aj žiadosť, aj potvrdenie o zložení sľubov musia podať písomne. O zložení sľubov treba čím skôr upovedomiť generálneho superiora.

V Misijnej spoločnosti skladáme sľuby podľa týchto formúl (vzorov):

Slovenský text:  

 

 

  1. formula priama: „Pane a Bože môj, ja X. Y., v prítomnosti Preblahoslavenej Panny Márie sľubujem, že sa budem v Misijnej spoločnosti po celý život verne venovať ohlasovaniu Evanjelia chudobným, pri nasledovaní Krista ohlasujúceho evanjelium. A preto sľubujem s pomocou tvojej milosti čistotu, chudobu a poslušnosť podľa Konštitúcií a Štatútov našej Spoločnosti.“
  2. formula deklaratívna: „Ja, X.Y., nasledujúc Krista ohlasujúceho evanjelium, sľubujem Bohu v prítomnosti Preblahoslavenej Panny Márie, že sa budem v Misijnej spoločnosti po celý život verne venovať ohlasovaniu Evanjelia chudobným. Preto sľubujem Bohu s pomocou jeho milosti chudobu, čistotu a poslušnosť podľa Konštitúcií a Štatútov našej Spoločnosti.“ 
  3. Formula tradičná: „Ja X.Y., nehodný kňaz, (diakon, klerik, brat) Misijnej spoločnosti sľubujem Bohu v prítomnosti  Blahoslavenej Panny Márie a celého nebeského dvora: chudobu, čistotu a poslušnosť nášmu predstavenému a jeho nástupcom podľa pravidiel, čiže Konštitúcií našej Spoločnosti. Okrem toho sľubujem, že sa po celý život budem v tejto Spoločnosti venovať spáse chudobných dedinčanov s pomocou milosti všemohúceho Boha, ktorého o to pokorne prosím.“

  3. Práva a povinnosti členov

 

59.

§1. Všetci členovia Spoločnosti, ak z povahy veci nevyplýva iné, používajú práva a privilégia ako aj duchovné dobrodenia dané Spoločnosti podľa predpisov všeobecného a vlastného práva.

§2. Všetci spolubratia inkorporovaní do Spoločnosti majú rovnaké práva a sú viazaní rovnakými povinnosťami podľa predpisov všeobecného a vlastného práva okrem tých, ktoré vyplývajú zo svätení a s nimi spojenej jurisdikcie. Spolubratia, ktorí boli iba prijatí do Spoločnosti, užívajú práva a sú viazaní povinnosťami podľa Konštitúcií a Štatútov, ako aj Provinciálnych noriem.

 

60. Všetci spolubratia inkorporovaní do Spoločnosti majú aktívne a pasívne hlasovacie právo podľa všeobecného a vlastného práva, ak ho podľa predpisov práva nestratili.

 

61. Pasívny hlas majú všetci spolubratia, ktorí sú už tri roky inkorporovaní do Spoločnosti a dovŕšili 25 rokov života. Pri tom však treba mať na zreteli ostatné podmienky, stanovené všeobecným a vlastným právom Spoločnosti vzhľadom na jednotlivé úrady a služby.

 

62. Členov Spoločnosti viažu okrem povinností, ktoré im ukladá vlastné právo, aj povinnosti spoločné všetkým duchovným, uložené všeobecným cirkevným právom kánonmi 273-289. Tieto zaväzujú nielen duchovných – zvlášť k noseniu cirkevného rúcha (kán. 284) a k modleniu liturgie hodín (kán. 276) – ale aj bratov, ak z povahy vecí alebo kontextu nevyplýva niečo iné.

 

63. Všetci sú povinní v aktívnej a zodpovednej poslušnosti zachovávať Konštitúcie a Štatúty ako aj ostatné predpisy, ktoré platia v Spoločnosti.

 

64. Tak isto zachovávajú aj nariadenia miestnych ordinárov, avšak so zachovaním práva našej exempcie.

4. Zaradenie člena do niektorej provincie a domu

 

 

65. Každý člen Misijnej spoločnosti má byť zaradený do niektorej provincie a domu alebo do spoločenstva zriadeného na spôsob domu, podľa nášho vlastného práva.

 

66. V provincii a dome alebo v spoločenstve na spôsob domu, do ktorého boli pridelení, majú spolubratia:

  1. práva a povinnosti podľa Konštitúcií a Štatútov,
  2. vlastného a bezprostredného miestneho  predstaveného a vyššieho predstaveného,
  3. právo aktívneho a pasívneho hlasu.

 

67.

§1. Člen, ktorý dostal od generálneho superiora alebo vizitátora so súhlasom ich rád povolenie žiť mimo domu alebo mimo spoločenstva na spôsob domu, má byť vždy pridelený k niektorému domu alebo k spoločenstvu na spôsob domu, aby užíval práva a bol viazaný povinnosťami podľa úprav dovolenia, ktoré mu boli dané.

§2. Toto dovolenie sa dáva zo spravodlivej príčiny nie však na dlhšie ako jeden rok, iba ak by to bolo potrebné z dôvodu liečenia, štúdií a apoštolátu v mene Spoločnosti.

5. Vystúpenie a prepustenie zo Spoločnosti

 

68. Vo veci vystúpenia a prepustenia členov treba sa v Misijnej spoločnosti riadiť predpismi všeobecného práva a nášho vlastného.

69. 

§1. Spolubrat, ktorý ešte nebol inkorporovaný do Spoločnosti, môže ju po oznámení svojho rozhodnutia predstaveným, celkom slobodne opustiť.

§2. Podobne neinkorporovaného spolubrata môže generálny superior alebo vizitátor, po vypočutí svojich poradcov a moderátorov, z oprávnených dôvodov prepustiť.

 

70. Generálny superior môže po vypočutí svojej rady z vážneho dôvodu dovoliť inkorporovanému členovi Spoločnosti žiť mimo Spoločnosť, nie však dlhšie ako na 3 roky, počas ktorých má zachovávať všetky povinnosti, ktoré možno zladiť s novou životnou situáciou. Od takéhoto člena nech sa za ten čas predstavení Spoločnosti starajú, on sám však stráca právo aktívneho a pasívneho hlasu. Ak ide o duchovného je potrebný aj súhlas miestneho ordinára, kde má bývať. Duchovný zostáva pod jeho starostlivosťou a je od miestneho ordinára závislý podľa normy kan. 745.

 

71. Generálny superior so súhlasom svojej rady môže z vážnej príčiny dovoliť členovi vystúpiť zo Spoločnosti a dišpenzovať ho od sľubov podľa normy kán. 743.

 

72.

§1. Člena, ktorý bol inkorporovaný do Spoločnosti, ak sa odťahuje od spojenia s ňou a od podriadenosti voči predstaveným, nech predstavení starostlivo vyhľadajú a nech mu pomáhajú vytrvať v povolaní.

§2. Ak sa však do šiestich mesiacov nevráti, pozbaví sa práva aktívneho a pasívneho hlasu a podľa normy čl. 74 §2 ho môže generálny superior prepustiť.

 

73.

§1. Mocou samotného práva je prepustený zo Spoločnosti člen, ktorý:

  1. zjavne odpadol od katolíckej viery,
  2. ktorý uzavrel manželstvo alebo sa aspoň pokúsil o civilné manželstvo.

 

§2. V týchto prípadoch vyšší predstavený po porade so svojou radou bez meškania, na základe dôkazov, vyhlási prepustenie v zhode s právom o prepustení člena podľa kán. 694.

 

74.

§1. Člena treba prepustiť podľa predpisov, ktoré sa nachádzajú v kán. 695, 698, 699 §1.

§2. Člena možno prepustiť podľa predpisov, ktoré sa nachádzajú v kán. 696,697,698, 699 §1.

§3. V prípade veľkého verejného pohoršenia alebo veľkej škody, ktorá hrozí Spoločnosti, môže vyšší predstavený člena ihneď prepustiť a ak hrozí veľké nebezpečenstvo, môže ho bez meškania z domu prepustiť aj miestny superior so súhlasom svojej rady podľa kán. 703.

 

75. Dekrét o prepustení treba bezodkladne doručiť zainteresovanému členovi s možnosťou odvolania sa do 10 dní od obdŕžania upovedomenia Svätej Stolici, s odkladným účinkom. Aby dekrét nadobudol právnu moc, treba zachovať predpis kán. 700.

 

76.

§1. Zákonitým prepustením, ipso facto, sa rušia sľuby a tiež všetky práva a povinnosti, ktoré mal ako člen Spoločnosti. Ak by však bol duchovným, treba postupovať podľa predpisov kán. 693 a 701.

§2. Tí, ktorí zo Spoločnosti právoplatne vystúpia alebo boli riadne prepustení, nemôžu od nej žiadať nijaké odškodné, hoci by jej boli preukázali akékoľvek služby.

§3. Spoločnosť sa má voči odchádzajúcemu členovi zachovať spravodlivo a s evanjeliovou láskavosťou, tak, ako to predpisuje kán. 702.

 

Kapitola VI. – Formácia

1. Všeobecné zásady

 

77.

§1. Naša formácia, ktorá je stálym procesom, musí smerovať k tomu, aby sa členovia, oživovaní duchom sv. Vincenta, stali schopnými plniť poslanie Spoločnosti.

§2. Nech sa všetci denne stále viac učia tomu, že Ježiš Kristus je centrom nášho života a pravidlom Spoločnosti.

 

78.

§1. Čas formácie, ako aj celý náš život, má byť usmerňovaný tak, aby nás Kristova láska vždy viac a viac podnecovala na dosiahnutie cieľa Spoločnosti. Členovia, ako Pánovi učeníci, dosiahnu tento cieľ zriekaním sa seba samých a neprestajným vinutím sa ku Kristovi.

§2. Členovia Spoločnosti nech formujú svoju osobnosť rozjímaním „Božieho slova,“ sviatostným životom, spoločnou a osobnou modlitbou ako i nadobúdaním vincentínskej spirituality.

§3. Okrem toho, nech sa bohoslovci venujú riadnemu štúdiu predpísaného cirkevným zákonom, aby si nadobudli potrebné vedomosti.

§4. Nech sa všetci hneď od začiatku, podľa stupňa formácie a svojej schopnosti vhodne, zapájajú do pastoračnej činnosti, predovšetkým so svojimi moderátormi a to aj navštevovaním chudobných. Pritom poznávajú ich skutočný život. Takto každý ľahšie nájde svoje špecifické povolanie v komunite podľa osobných schopností.

§5. Pedagogické zásady sa majú tak prispôsobiť veku bohoslovcov, aby sa postupnou sebavýchovou učili múdro užívať slobodu, obľúbili si samostatnú a horlivú prácu, a tak dospeli ku kresťanskej zrelosti.

 

79. Členovia odpovedajúci na Božie povolanie do spoločenstva, nech sa počas formácie naučia komunitnému vincentínskemu životu. Komunita nech však v priebehu celej formácie rozvíja osobnú iniciatívu jednotlivcov.

 

80. Vo formácii našich členov treba použiť koordináciu medzi rôznymi aspektmi výchovy. Medzi po sebe nasledujúcimi etapami formácie treba zachovať organickú jednotu. Všetko treba organizovať tak, aby sa to sústredilo okolo vlastného pastoračného cieľa Spoločnosti.

 

81. Formácia spolubratov nech sa obnovuje a pokračuje po celý život.

2. Vnútorný seminár

 

82. Do vnútorného seminára možno prijať iba tých kandidátov, u ktorých sa okrem požadovaných podmienok javia aj také známky, podľa ktorých ich možno považovať za schopných pre vincentínske povolanie v spoločenstve.

 

83.

§1. Vnútorný seminár je obdobie, v ktorom členovia začínajú plniť poslania a život v Spoločnosti a pomocou komunity a moderátorov bližšie poznávajú svoje povolanie. Špecifickou formáciou sa následne pripravujú k dobrovoľnej inkorporácii do Spoločnosti.

§2. Vnútorný seminár má trvať aspoň 12 mesiacov či už súvislých alebo s prerušením. Ak sa mesiace prerušia, provinciálne zhromaždenie nech určí počet nepretržitých mesiacov a ustáli, kedy treba obdobie vnútorného seminára zaradiť do obdobia štúdia.

 

84. Náplň tohto obdobia má smerovať k tomu, aby seminaristi:

  1. nadobudli väčšiu zrelosť,
  2. boli postupne uvádzaní do primeraného poznania a praktizovania apoštolského poslania a života Spoločnosti,
  3. nadobudli skúsenosť Boha, najmä v modlitbe.

 

85. Aby toto všetko seminaristi dosiahli, musia sa horlivo usilovať:

  1. nadobúdať si zodpovedajúce a konkrétne poznanie ľudí, predovšetkým chudobných a ich potrieb, túžob a problémov,
  2. osvojiť si poznanie zvláštneho charakteru, ducha a úloh Spoločnosti štúdiom prameňov, predovšetkým života a diel sv. Vincenta, dejín tradície Spoločnosti, činnou a vhodnou účasťou na našom apoštoláte,
  3. s veľkou horlivosťou prehlbovať štúdium a rozjímanie evanjelia a celého Svätého písma,
  4. mať aktívnu účasť na tajomstve a poslaní Cirkvi ako spoločenstva spásy,
  5. dôkladne poznávať evanjeliové zásady najmä čistotu, chudobu a poslušnosť podľa náuky sv. Vincenta a podľa nich žiť.

 

86. Seminaristi sú v atmosfére dôvery zapojení do provinciálneho a miestneho spoločenstva, v ktorom žijú a v ktorom sú formovaní pri spoločnej zodpovednosti a pod vedením direktora vnútorného seminára, ktorý je koordinátorom a animátorom formácie.

 

3. Veľký seminár

 

87.

§1. Čas pobytu vo veľkom seminári slúži na odovzdanie všeobecného vzdelania o služobnom kňazstve vo vincentínskom duchu tak, aby sa bohoslovci podľa vzoru Krista ohlasujúceho evanjelium, pripravovali na hlásanie Evanjelia, slávenie bohoslužieb a pastoračnú službu veriacim.

§2. Podľa ducha sv. Vincenta a tradície Spoločnosti, sa formácia našich bohoslovcov zameriava predovšetkým na službu Božieho slova a na preukazovanie skutkov milosrdenstva voči chudobným.

 

88. Formácia našich nech vychádza z reality dnešnej spoločnosti, aby štúdiá viedli k nadobudnutiu kritického pohľadu na dnešný svet a správneho úsudku o ňom. Bohoslovci nech sa však sami, obrátením vlastného srdca, začínajú úprimne zapájať do kresťanského diela obrodenia spravodlivosti; nech si vždy viac a viac uvedomujú príčiny chudoby panujúcej vo svete a nech odhaľujú prekážky evanjelizácie. Nech sa všetko uskutočňuje vo svetle Božieho slova a pod vedením vychovávateľov.

 

89. V bohoslovcoch sa má rozvíjať citová zrelosť a kvality misionára, ktorými sú schopnosť zakladať a viesť komunity, zodpovednosť, kritický zmysel v myslení a konaní, spontánna veľkodušnosť a pevné rozhodnutie zaviazať sa dosiahnuť cieľ Spoločnosti.

 

90. Vizitátor má zariadiť, aby bohoslovci po skončení teologického štúdia vykonávali službu diakonov ešte pred kňazskou vysviackou.

4. Formácia bratov

 

91.

§1. Zvláštna starostlivosť nech sa venuje formácii bratov, aby mohli verne plniť svoje poslanie v Spoločnosti. Všetko, čo sa hovorí v Konštitúciách a Štatútoch o formácii, nech sa použije aj pri výchove bratov.

§2. Formácia bratov vo vnútornom seminári musí byť taká istá ako ostatných členov, iba ak by si zvláštne okolnosti vyžadovali iné.

§3. Čo sa týka formácie bratov, ktorí majú prijať stály diakonát, nech sa zachovávajú Provinciálne normy.

 

92. Nech sa bratia postupne zapájajú do apoštolátu, aby sa naučili všetko vidieť, konať a súdiť vo svetle viery a v spolupráci s inými formovať a zdokonaľovať seba samých.

5. Moderátori a profesori

 

93. Celé spoločenstvo provincie nech sa cíti zodpovedné za formáciu našich členov tak, aby sa jednotliví spolubratia usilovali napomáhať tomuto dielu.

 

94. Pretože výchova bohoslovcov závisí od  vhodných vychovávateľov, nech sa moderátori a profesori pripravujú solídnym štúdiom, primeranou pastoračnou skúsenosťou a zvláštnym odborným vzdelaním.

 

95.

§1. Vychovávatelia a bohoslovci, ktorí sú otvorení na vzájomné porozumenie a dôveru, udržujú medzi sebou stále a aktívne spojenie, musia týmto spôsobom vytvárať pravé výchovné spoločenstvo.

§2. Toto výchovné spoločenstvo nech je pozorné na vplyv iných spoločenstiev tak, že neustále overuje  vlastný program výchovnej činnosti.

§3. Vychovávatelia spoločne realizujú vlastný program, avšak osobitná a bezprostredná zodpovednosť za výchovu, tak vo vnútornom seminári ako aj vo veľkom seminári, spočíva na menovaných direktoroch.

Tretia časť

Organizácia

DIEL 1. – Správa

Všeobecné zásady

 

96. Všetci členovia, ktorí sú povolaní pracovať na pokračovaní Kristovho poslania, majú právo a povinnosť zodpovedne spolupracovať na rozvoji tejto apoštolskej komunity, ako aj zapájať sa do jej správy podľa normy vlastného práva. Preto nech členovia aktívne a zodpovedne spolupracujú na plnení svojich povinností, na apoštolských podujatiach a na plnení príkazov.

 

97.

§1. Všetci, ktorí v Spoločnosti vykonávajú moc pochádzajúcu od Boha a tí, ktorí akokoľvek majú na nej účasť, tak na zhromaždeniach ako aj v radách, nech majú na zreteli príklad dobrého Pastiera, ktorý neprišiel na to, aby sa dal obsluhovať, ale aby slúžil. Preto vedomí si tejto svojej zodpovednosti pred Bohom, nech sa považujú za služobníkov komunity, aby dosiahla svoj vlastný cieľ podľa ducha sv. Vincenta v opravdivom spoločenstve apoštolátu a života.

§2. Preto nech pestujú dialóg so spolubratmi, pritom nech zachovávajú svoju vlastnú moc rozhodovať a nariaďovať to, čo treba robiť.

 

98. Všetci spolubratia pri vykonávaní úloh, ktoré im zverila komunita, majú dostatočnú moc na ich splnenie. Preto nech sa neodvolávajú na vyšší stupeň správy s tým, čo môžu zariadiť sami spolubratia alebo tiež tí, ktorí sú na nižšom stupni správy. Nech sa však zachová jednota správy, ktorá je potrebná pre dosiahnutie cieľa a dobra celej Spoločnosti.

 

99. Misijná spoločnosť so svojimi domami, kostolmi a všetci jej členovia, sú podľa zvláštneho privilégia rímskych biskupov vyňatí spod jurisdikcie miestnych ordinárov, okrem prípadov výslovne spomenutých právom.

 

100. Generálne zhromaždenie, generálny superior, vizitátori, superiori domov a zákonite zriadených komunít majú voči svojim podriadeným právomoc vyplývajúcu zo všeobecného a vlastného práva; okrem toho majú právomoc riadenia a jurisdikcie pre vonkajšie a vnútorné fórum. Preto predstavení musia byť kňazmi.

 

Kapitola I. – Ústredná administratíva

1. Generálny superior

 

101. Generálny superior je nástupcom sv. Vincenta. S celou Spoločnosťou pokračuje v poslaní zakladateľa v službe všeobecnej Cirkvi podľa rozličných okolností. Preto nech spravuje Spoločnosť s takou starostlivosťou, aby v Cirkvi bola stále živá charizma sv. Vincenta.

 

102. Generálny superior ako centrum jednoty a koordinácie všetkých provincií má byť aj princípom duchovnej životnosti a apoštolskej činnosti.

 

103. Generálny superior spravuje všetky provincie, domy a členov Spoločnosti riadnou právomocou podľa predpisov všeobecného a nášho vlastného práva. Zároveň však podlieha autorite generálneho zhromaždenia, podľa predpisov práva.

 

104. Generálny superior môže interpretovať Konštitúcie, Štatúty a Dekréty generálneho zhromaždenia avšak iba v oblasti ich praktického vovedenia do života.

 

 

105.

§1. Generálneho superiora volí generálne zhromaždenie podľa 140. bodu Konštitúcií.

§2. K platnosti voľby generálneho superiora sa vyžaduje, aby sa splnili podmienky k zvoleniu podľa všeobecného a nášho vlastného práva.

§3. Generálny superior sa volí na 6 rokov a podľa noriem vlastného práva Spoločnosti ho možno znova zvoliť na ďalších 6 rokov.

§4. Šesťročie sa počíta dovtedy, kým jeho nástupca neprijme zvolenie v nasledujúcom riadnom generálnom zhromaždení.

 

106.

§1. Generálny superior končí svoj úrad:

  1. keď jeho nástupca prijme zvolenie;
  2. keď sa sám zriekne svojho úradu a generálne zhromaždenie alebo Svätá Stolica s tým súhlasí;
  3. ak je zosadený rozhodnutím Svätej Stolice.

 

§2. Ak sa generálny superior stane zjavne nehodným alebo neschopným zastávať svoj úrad, asistenti spoločne posúdia skutočnosť a upovedomia a tom Svätú Stolicu a potom sa treba riadiť podľa jej pokynov.

 

107. Generálny superior má popri fakultách, ktoré sú mu dané všeobecným právom alebo sú mu špeciálne udelené, aj tieto práva a povinnosti:

  1. Všemožne sa starať, aby sa rozhodne a horlivo všade pestoval duch nášho zakladateľa, aby sa v Spoločnosti stále rozvíjalo apoštolské účinkovanie a jeho obnova a čo najplnšie sa uviedli do života Konštitúcie a Štatúty.
  2. So súhlasom svojej rady vydávať v prospech Spoločnosti všeobecné nariadenia.
  3. So súhlasom svojej rady a po porade s tými, ktorých sa to týka, zriaďovať provincie, spájať ich, rozdeľovať alebo rušiť v rámci právnych predpisov.
  4. Zvolávať generálne zhromaždenie a predsedať mu a so súhlasom tohto zhromaždenia ukončiť jeho zasadanie.
  5. So súhlasom svojej rady a po vypočutí mienky provinciálnych radcov pozbaviť vizitátora úradu.
  6. So súhlasom svojej rady a po vypočutí tých, ktorých sa to týka, zriaďovať alebo rušiť domy, takisto zriaďovať alebo rušiť miestne komunity podľa normy kán. 733 §1 so zachovaním právomoci vizitátora.
  7. Z vážneho dôvodu a so súhlasom svojej rady a po vypočutí mienky patričných vizitátorov, zriadiť dom jednej provincie na území druhej.
  8. Zo spravodlivej príčiny a so súhlasom svojej rady zriaďovať domy, nezávisle na nijakej provincii, ktoré spravuje miestny superior s priamou závislosťou na generálnom superiorovi a menovať superiorov týchto domov.
  9. So súhlasom svojej rady pripustiť členov k sľubom a k sväteniam, z vážnej príčiny dišpenzovať od sľubov, či už pre legitímne vystúpenie alebo v prípade prepustenia zo Spoločnosti.
  10. Prepustiť členov zo Spoločnosti podľa noriem všeobecného a nášho vlastného práva.
  11. V mimoriadnych prípadoch a z vážneho dôvodu a so súhlasom svojej rady dišpenzovať od Konštitúcií.
  12. So súhlasom svojej rady potvrdiť normy ustanovené Provinciálnymi zhromaždeniami.

2. Generálny vikár

 

108. Generálny vikár pomáha generálnemu superiorovi a zastupuje ho v jeho neprítomnosti, alebo ak niečo prekáža výkonu jeho moci podľa noriem nášho vlastného práva.

 

109. Generálneho vikára volí generálne zhromaždenie podľa nášho vlastného práva. Zvolením sa generálny vikár súčasne stáva generálnym asistentom.

 

110. V neprítomnosti generálneho superiora preberá jeho právomoc generálny vikár vo všetkom, okrem toho, čo by si bol generálny superior rezervoval pre seba.

 

111. Ak generálny superior nemôže zastávať svoj úrad, právoplatne ho zastupuje generálny vikár až do zániku prekážky. O tejto prekážke rozhoduje generálna rada bez generálneho superiora, ale v prítomnosti generálneho vikára.

 

112. Ak sa pre akúkoľvek príčinu uvoľní úrad generálneho superiora, generálny vikár sa ihneď stane generálnym superiorom až do naplnenia šesťročia. So súhlasom svojej rady a po vypočutí mienky aspoň vizitárov a vicevizitátorov, čo najskôr vymenuje spomedzi asistentov generálneho vikára.

 

113. Keď sa pre akúkoľvek príčinu uvoľní úrad generálneho vikára, generálny superior so súhlasom svojej rady a po vypočutí mienky vizitátorov a vicevizitátorov, vymenuje spomedzi asistentov čo najskôr generálneho vikára.

 

114. Úrad generálneho vikára prestáva podľa noriem všeobecného a nášho vlastného práva.

3. Generálni asistenti

 

115. Generálni asistenti sú tí členovia Spoločnosti, ktorí tvoria radu generálneho superiora, pomáhajú mu skutkom i radou v riadení Spoločnosti, aby sa zveľaďovala jednota a dynamizmus Spoločnosti, aby sa uplatňovali Konštitúcie a rozhodnutia generálneho zhromaždenia, a tiež aby všetky provincie spolupracovali na zveľaďovaní diel Spoločnosti.

 

116.

§1. Generálnych asistentov volí podľa nášho vlastného práva generálne zhromaždenie.

§2. Generálni asistenti, počtom aspoň 4, sú volení z rôznych provincií na 6 rokov a môžu byť zvolení ešte raz. Po uplynutí druhého šesťročia nesmú byť bezprostredne volení za generálneho vikára.

§3. Toto šesťročie sa končí, keď nástupcovia prijmú zvolenie na nasledujúcom riadnom generálnom zhromaždení.

 

117. Úrad generálnych asistentov prestáva podľa noriem všeobecného a nášho vlastného práva.

 

118.

§1. Ak sa uvoľní úrad niektorého z asistentov, jeho nástupcu menuje generálny superior so súhlasom ostatných asistentov. Nástupca dostáva tie isté práva a povinností ako ostatní asistenti.

§2. Ale ak sa však do 6 mesiacov má zísť generálne zhromaždenie, generálny superior nie je povinný nástupcu vymenovať.

4. Úradníci generálnej kúrie

 

119.

§1. Generálny superior so súhlasom svojej rady menuje generálneho tajomníka, generálneho ekonóma, generálneho prokurátora pri Svätej Stolici – nie však spomedzi generálnych asistentov.

§2. Svoj úrad zastávajú z rozhodnutia generálneho superiora a jeho rady; z dôvodu svojho úradu patria do domu generálnej kúrie.

§3. Zúčastňujú sa na generálnej rade, ak ich pozve generálny superior, ale sú bez hlasovacieho práva, vyjmúc prípady, o ktorých je reč v Štatútoch.

§4. Na generálnom zhromaždení sa zúčastňujú s právom hlasu.

 

Kapitola II. – Provinciálna a miestna administratíva

1. Provincie a viceprovincie

 

120. Misijná spoločnosť sa podľa predpisov nášho vlastného práva delí na provincie.

 

121. Spoločnosť sa tiež delí na viceprovincie podľa predpisov nášho vlastného práva.

 

122. Provincia je vzájomné združenie viacerých domov v ohraničenom území istej krajiny. Na jej čele stojí vizitátor s vlastnou riadnou mocou podľa predpisov všeobecného a nášho vlastného práva.

2. Vizitátor

 

123.

§1. Vizitátor je vyšší predstavený, ordinár s vlastnou riadnou mocou, ktorý stojí na čele provincie, aby ju viedol podľa predpisov všeobecného a nášho vlastného práva.

§2. Vizitátor sa horlivo stará o činnú účasť všetkých spolubratov na živote a apoštoláte provincie a musí zapájať tak spolubratov ako aj hmotné prostriedky do služieb Cirkvi podľa cieľa Spoločnosti; popri úsilí o zachovanie životnej jednoty provincie má podporovať službu jednotlivých domov a starať sa o rozvoj osobnosti a aktivity jednotlivých spolubratov.

 

124. Generálny superior so súhlasom svojej rady a podľa vlastného práva menuje vizitátora po predchádzajúcej konzultácii provincie alebo predtým zvoleného potvrdí.

 

Práva a povinnosti vizitátora

 

125.

  1. Starať sa o zachovávanie Konštitúcií, Štatútov a Provinciálnych noriem.
  2. So súhlasom svojej rady vydávať nariadenia pre dobro provincie.
  3. So súhlasom svojej rady a po porade s generálnym superiorom pre oblasti svojej provincie podľa kán. 733 §1 zriaďovať domy, ustanovovať miestne komunity ako aj ich zrušenie.
  4. So súhlasom svojej rady po konzultácii s členmi menovať superiorov domov a o ich menovaní podať správu generálnemu superiorovi.
  5. So súhlasom svojej rady a po konzultácii so zainteresovanými osobami a tiež so schválením generálneho superiora, ustanovovať oblastného superiora s delegovanou právomocou.
  6. Často navštevovať domy a spolubratov z úradnej povinnosti aspoň každý druhý rok.
  7. V zmysle nášho vlastného práva má zvolávať provinciálne zhromaždenie a predsedať mu; so súhlasom tohto zhromaždenia ukončiť jeho zasadanie a promulgovať Provinciálne normy.
  8. Podľa Konštitúcií a Štatútov pripúšťať kandidátov do vnútorného seminára, k dobrému predsavzatiu (bona proposita) a k sľubom.
  9. Po porade so superiormi a vychovávateľmi kandidátov odporúčať k nižším sväteniam a so súhlasom rady aj k vyšším sväteniam.
  10. Predstavovať spolubratov k sväteniam a vystavovať dimissoriálky (prepúšťaciu listinu) k vysviacke.
  11. Po vypočutí svojej rady a po porade s moderátormi prepustiť členov, ktorí neboli inkorporovaní do Spoločnosti.

3. Asistent vizitátora

 

126. Vizitátor môže mať pomocníka v riadení provincie, svojho asistenta, ktorý má zodpovedať podmienkam naznačeným v bodoch Konštitúcií 61 a 100. Provinciálne zhromaždenie má určiť, či vizitátor potrebuje asistenta alebo nie.

4. Rada vizitátora

 

127. Radcovia, ktorí tvoria radu vizitátora, mu pomáhajú skutkom i radou v riadení provincie, aby sa zveľaďovala jej jednota a dynamizmus, aby sa uskutočňovali Konštitúcie a rozhodnutia provinciálneho zhromaždenia a aby všetky domy i všetci spolubratia spolupracovali na zveľaďovaní diel  Spoločnosti.

5. Provinciálny ekonóm

 

128. V každej provincii má byť ekonóm pre spravovanie majetku provincie, pod vedením a dozorom vizitátora a jeho rady, podľa predpisov kán. 636 §1 a nášho vlastného práva.

 

 

6. Úrady v miestnej správe

 

129.

§1. Spoločnosť sa tvorí predovšetkým z jednotlivých miestnych komunít.

§2. Superior, ktorý je centrom jednoty a animátorom života miestnej komunity, bdie nad plnením úloh domu a spolu so svojou komunitou sa stará o rozvoj a aktivitu jednotlivých oblastí služby.

 

130.

§1. Miestneho superiora menuje vizitátor na tri roky po konzultácii s členmi domu alebo miestnej komunity. Avšak v tom istom dome alebo v tej istej komunite a za tých istých podmienok ho môže menovať i na ďalšie tri roky. Ak je po druhom trojročí nutné, aby ďalej zostával v úrade, treba sa obrátiť na generálneho superiora.

§2. Provinciálne zhromaždenie si môže určiť iný spôsob voľby superiora.

§3. Miestny superior má zodpovedať podmienkam, obsiahnutým v Konštitúciách bod 61 a 100.

 

131. Zhodne s predpismi práva má miestny superior právomoc vo vnútornom a vonkajšom fóre nad svojimi podriadenými a nad všetkými, čo trvalo bývajú v jeho dome a túto právomoc môže iným delegovať.

 

132.

§1. V prípade nedostatku podmienok na založenie domu, alebo ak to vyžaduje charakter nejakého diela, môže vizitátor so súhlasom svojej rady ustanoviť spoločenstvo spolubratov na spôsob domu, podľa predpisov Provinciálnych noriem.

§2. Jeden zo spolubratov určený vizitátorom je podľa predpisov práva a na spôsob superiora zodpovedný za tento druh spoločenstva.

§3. Spoločenstvo spolubratov na spôsob domu má tie isté práva a povinnosti ako riadny dom.

 

133. Miestneho superiora možno odvolať zo spravodlivých a primeraných dôvodov, ak to uzná vizitátor so súhlasom svojej rady za potrebné a ak to schváli generálny superior.

 

134.

§1. Ekonóm pod vedením superiora starostlivou pomocou spolubratov a cestou dialógu spravuje majetok domu podľa predpisov všeobecného práva ako aj práva Spoločnosti a provincie.

§2. Keď to vizitátor so súhlasom svojej rady uzná za nevyhnutné pre niektorý dom, je povinný ustanoviť domovú radu; avšak radcovia domu, ktorí pomáhajú superiorovi v riadení domu, sa určujú podľa predpisov Provinciálnych noriem.

 

 

Kapitola III. – Zhromaždenia

1. Všeobecne o zhromaždeniach

 

135. Zhromaždenie Misijnej spoločnosti, ktoré má za úlohu chrániť a zveľaďovať spiritualitu a apoštolskú životaschopnosť v Spoločnosti je trojaké: generálne, provinciálne a domové.

 

136.

§1. Nikto nemá právo na dva hlasy.

§2. Podmienky dané pred voľbou sa neberú do úvahy.

§3. Voľba znamená pre zvoleného záväzok mať účasť na zhromaždení alebo prijať úrad, ak ho neospravedlňuje vážna príčina. Ak ide o záväzok účasti na zhromaždení, tak vážnosť príčiny potvrdzuje kompetentný superior, ktorý následne žiada zhromaždenie o jej potvrdenie; ak sa však jedná o prijatie úradu, vážnosť príčiny preskúma samotné zhromaždenie.

§4. Na zhromaždeniach sa nikto nemôže dať zastúpiť iným podľa svojho rozhodnutia.

§5. Väčšina hlasov sa počíta len z platných hlasov. Čisté lístky sú neplatné.

 

2. Generálne zhromaždenie

 

137. Generálne zhromaždenie, ktoré bezprostredne reprezentuje Spoločnosť ako jej najvyššia autorita, má tieto práva:

  1. Chrániť dedičstvo Spoločnosti a v jeho duchu sa starať o jeho primeranú obnovu.
  2. Voliť generálneho superiora, generálneho vikára a generálnych asistentov.
  3. Vydávať zákony, t.j. Štatúty a Dekréty pre dobro Spoločnosti so zachovávaním zásady subsidiarity (majú úlohu napomáhať dobru Spoločnosti). Štatúty, ktoré nie sú výslovne zrušené, ostávajú v platnosti, avšak Dekréty treba výslovne schváliť, aby zostali v platnosti.
  4. Požiadať o zmeny v Konštitúciách Svätú stolicu, ak to odhlasovala aspoň dvojtretinová väčšina zhromaždenia.
  5. Autenticky vysvetľovať Štatúty, pričom autentické vysvetľovanie Konštitúcií prináleží Svätej stolici.

 

138. Generálne zhromaždenie, zvolané generálnym superiorom zasadá ako:

  1. Riadne – pre voľbu generálneho superiora, generálneho vikára a generálnych asistentov, a na prejednávanie záležitostí Spoločnosti.
  2. Mimoriadne – ak to uzná za potrebné generálny superior, podľa nášho vlastného práva.

 

139. Na generálnom zhromaždení majú byť prítomní:

  1. generálny superior, generálny vikár, generálni asistenti, generálny tajomník, generálny ekonóm, generálny prokurátor pri Svätej gtolici;
  2. vizitátori a delegáti provincií, zvolení podľa nášho vlastného práva.

 

140. Voľba generálneho superiora sa uskutočňuje nasledujúcim spôsobom:

§1. Ak v prvom hlasovaní nikto nedostal dve tretiny hlasov, tak sa uskutoční druhé hlasovanie, podobné ako prvé. Ak ani v druhom nie je dostatočný počet hlasov, urobí sa tretie, ba aj štvrté. Po štvrtom bezvýslednom hlasovaní nasleduje piate, v ktorom sa vyžaduje a stačí absolútna väčšina hlasov, po odpočítaní neplatných. Po piatom bezvýslednom hlasovaní nasleduje šieste, v ktorom pasívny hlas budú mať len dvaja kandidáti, ktorí v piatom hlasovaní dostali najväčší, hoci aj rovnaký počet hlasov. Keby však na prvom alebo druhom mieste boli viacerí s rovnakým počtom hlasov, aj vtedy v šiestom hlasovaní majú všetci títo pasívny hlas a potom už po odpočítaní neplatných hlasov stačí len relatívna väčšina hlasov. V prípade rovnosti hlasov je zvolený ten kandidát, ktorý je starší v povolaní alebo vekom.

§2. Keď sa voľba skončila podľa predpisov a zvolený ju prijal, predsedajúci písomne vyhotoví dekrét o zvolení a jasným hlasom vyhlási zvoleného. Ak bol za generálneho superiora zvolený sám predseda, dekrét zhotoví tajomník generálneho zhromaždenia a zvoleného vyhlási moderátor.

§3. Zvolený nemá odmietnuť zverený úrad, iba ak pre vážne dôvody.

§4. Po voľbe a po poďakovaní Pánu Bohu sa lístky zničia.

§5. Keby zvolený nebol medzi prítomnými, treba ho zavolať a zhromaždenie môže až do jeho príchodu pojednávať o iných záležitostiach Spoločnosti.

 

141. Generálny vikár sa volí takým istým spôsobom ako generálny superior, podľa Konštitúcií bod 140 §1.

 

142.

§1. Generálne zhromaždenie po voľbe generálneho superiora a generálneho vikára volí ostatných asistentov v samostatných hlasovaniach.

§2. Zvolení sú tí, ktorí po odpočítaní neplatných hlasov majú absolútnu väčšinu hlasov a týchto predseda zhromaždenia vyhlási za zvolených.

§3. Ak v prvom a druhom hlasovaní nik nebol zvolený, tak je v treťom zvolený ten, čo mal relatívnu väčšinu hlasov a v prípade rovnakého počtu hlasov je zvolený ten, čo je povolaním alebo vekom starší.

3. Provinciálne zhromaždenie

 

143. Provinciálne zhromaždenie, ako stretnutie členov poverených reprezentovať provinciu, má za úlohu:

  1. V rámci všeobecného a nášho vlastného práva vydávať normy, ktoré nadobúdajú záväznosť po schválení generálnym superiorom a so súhlasom jeho rady.
  2. Ako poradný orgán vizitátora má rokovať o záležitostiach, ktoré môžu prispievať k dobru provincie.
  3. Pojednávať o návrhoch, ktoré sa majú v mene provincie predložiť generálnemu zhromaždeniu alebo generálnemu superiorovi.
  4. Ak treba, voliť zástupcov na generálne zhromaždenie.
  5. V rámci všeobecného a nášho vlastného práva vydávať normy pre domové zhromaždenie, ktoré nepotrebujú schválenie generálneho superiora.

 

 

144.

§1. Provinciálne zhromaždenie sa má konať každé tri roky, jedno pred každým generálnym zhromaždením a druhé v období medzi dvoma zhromaždeniami.

§2. V prípade potreby môže vizitátor so súhlasom svojej rady a po vypočutí miestnych superiorov, zvolať mimoriadne provinciálne zhromaždenie.

 

145. Vizitátor má právo zvolávať provinciálne zhromaždenie a predsedať mu, so súhlasom zhromaždených rozpustiť zhromaždenie a zverejňovať normy.

 

146. Ak ináč nestanovujú Provinciálne normy, na provinciálom zhromaždení sa majú zúčastniť:

  1. Z úradu vizitátor, provinciálni radcovia, provinciálny ekonóm a superiori jednotlivých domov provincie.
  2. Zvolení delegáti podľa predpisov vlastného práva.

4. Domové zhromaždenie

147.

§1. Domové zhromaždenie zvoláva a vedie superior domu alebo jeho asistent, ktorý ho zastupuje v úrade. Koná sa vždy pred provinciálnym zhromaždením.

§2. Na domové zhromaždenie treba zvolať všetkých, čo majú aktívny hlas.

§3. Domové zhromaždenie má rokovať o tom, čo by dom chcel predniesť na provinciálnom zhromaždení a ďalej to, čo prípravná komisia provinciálneho zhromaždenia predložila na prerokovanie a napokon rozhodovať o návrhoch.

DIEL 2. – MAJETOK SPOLOČNOSTI

 

148.

§1. Misijná spoločnosť vlastní majetky pre pastoračné a komunitné potreby. Užíva ich ako pomôcky pre službu Bohu a chudobným podľa ducha a praxe zakladateľa. Spravuje ich starostlivo bez hromadenia ako vlastníctvo chudobných.

§2. Misijná spoločnosť si osvojuje evanjeliovú chudobu tým, že všetky majetky Spoločnosti sú spoločné a Spoločnosť ich používa, aby lepšie dosiahla svoj vlastný cieľ.

 

149. Keďže všetky majetky sú spoločné, členovia sú spoluzodpovední podľa právnych predpisov za nadobúdanie, spravovanie a disponovanie časných majetkov domu i provincie, ku ktorej patria. Táto zásada platí obdobne aj o majetkoch celej Spoločnosti.

150.

§1. Domy, miestne komunity, provincie i samotná Spoločnosť môžu nadobúdať, vlastniť, spravovať a predávať majetky. Keď to vec vyžaduje, kompetentní predstavení sú zákonitými reprezentantmi menovanej  Spoločnosti. Platí to pred civilnou vrchnosťou, iba ak by bolo niečo iné určené.

§2. Zdrojom majetkov je práca spolubratov ako aj náležité prostriedky nadobúdania vlastníctva.

 

151. V záujme spoločného dobra majú domy podporovať provinciu v tom, čo je potrebné pre vhodné spravovanie a zakrytie všeobecných potrieb, taktiež aj provincie podporujú generálnu kúriu.

 

152.

§1. Provincie a domy si majú navzájom pomáhať v majetkových potrebách a to tak, že bohatšie podporia tie, čo trpia nedostatkom.

§2. Spoločnosť, provincie a domy, majú ochotne časť svojho majetku určiť na pomoc iným, nachádzajúcim sa v núdzi a tiež na podporovanie chudobných.

 

153.

§1. Určení spolubratia spravujú majetky tak, aby mali všetci členovia Spoločnosti slušné živobytie a aby získali vhodné prostriedky pre našu apoštolskú činnosť a skutky milosrdenstva.

§2. Pod vedením a dozorom superiorov a rád spravujú majetky spoločenstiev patriční ekonómovia podľa smerníc všeobecného a nášho vlastného práva a zásad subsidiarity.

 

154.

§1. Administrátori majetku si majú uvedomiť, že sú iba správcami hmotných dobier komunity; preto nech svedomite dbajú, aby majetky používali len na ciele vhodné stavu misionárov. Nech ich vždy spravujú podľa spravodlivých civilných zákonov a podľa noriem a ducha Spoločnosti.

§2. Administrátori majetku sa majú ochotne postarať o potreby spolubratov vo všetkom, čo sa týka ich života, špeciálnych úloh a apoštolskej práce. Také používanie majetkov je podnetom pre spolubratov, aby sa starali o potreby chudobných a aby viedli naozaj bratský život.

§3. Keďže sa tí istí administrátori majú pričiniť o prehĺbenie komunitného života medzi spolubratmi, musia okrem toho zachovávať zásadu spravodlivosti pri rozdeľovaní majetku; individuálne potreby spolubratov musia zaisťovať zhodne s predpismi ustanovenými provinciálnym zhromaždením.

 

155. K platnosti predaja a k akejkoľvek činnosti, cez ktorú by majetkový stav právnej osoby mohol byť poškodený, je potrebné písomné dovolenie kompetentného predstaveného, vydaného so súhlasom jeho rady. Ak však ide o transakcie, v ktorých suma prekračuje výšku určenú Svätou stolicou pre danú oblasť alebo sú predmetom majetky darované Cirkvi na základe sľubu, alebo drahocenné veci umeleckej alebo historickej hodnoty, je okrem toho potrebný aj súhlas Svätej stolice (kán. 638 §3).

 

KONSTITUSI KONGREGASI MISI

Edisi Bahasa Indonesia
DAFTAR ISI

KONGREGASI SUCI
untuk
PARA RELIGIUS
dan
LEMBAGA SEKULAR

 

Prot. n. P. 53 – 1/81

D E K R I T

Kongregasi Misi, yang didirikan oleh Santo Vinsen de Paul, mempunyai tujuan kerasulan yang khusus: Mewartakan Injil kepada orang-orang miskin dan memajukan pendidikan imam.

Sambil memperhatikan sepenuhnya pedoman Konsili Vatikan II dan ketetapan Gereja yang lain, Kongregasi Misi telah mempersiapkan dengan teliti sebuah naskah Konstitusi yang baru, se- bagaimana telah diajukan oleh Pemimpin Umum (Superior Generalis) kepada Tahta Suci untuk di- setujui.

Setelah naskah Konstitusi tersebut diserahkan kepada seorang penasehat ahli khusus untuk diperiksa; dengan memperhatikan bahwa naskah tersebut sudah direstui oleh Dewan, dan setelah semuanya dipertimbangkan dengan teliti, maka Kongregasi Suci untuk para Religius dan Lembaga Sekular melalui dekrit ini menyetujui dan mengesahkan naskah tersebut sebagaimana ditulis dalam bahasa Latin dan disimpan dalam arsip, sedangkan hal-hal, yang harus dipertahankan menurut Hu- kum Gereja, tetap berlaku.

Semoga Allah mendorong agar semua anggota Kongregasi Misi, dengan bantuan Rahmat Tuhan dan dengan perantaraan St. Vinsen de Paul, menerima Konstitusi yang baru ini dengan hati penuh syukur, sebagai suatu sarana yang tangguh untuk makin lama makin maju dalam karya yang begitu besar sebagaimana diserahkan kepada mereka oleh Gereja.

Dekrit ini diberikan di Roma, di kantor Kongregasi Suci untuk para Religius dan Lembaga Sekular, pada tanggal 29 Juni 1984, pesta Rasul Santo Petrus dan Paulus.

ttd.
SURAT SUPERIOR JENDRAL RICHARD McCULLEN

Pemimpin Umum Kongregasi Misi kepada
para
Imam, Frater dan Bruder kami yang terkasih dalam Kristus

Salam sejahtera dalam Tuhan,

Pengesahan Konstitusi kita yang dilakukan oleh Kongregasi Suci untuk Religius dan Lem- baga Sekular merupakan suatu peristiwa yang sangat penting di dalam sejarah Kongregasi kita. Se- benarnya sudah sekitar 30 tahun yang lalu almarhum William Slattery, pendahulu kami meng- umumkan sebuah Konstitusi (1954) yang disesuaikan dengan Kitab Hukum Kanonik tahun 1917.

Namun sekarang, setelah kita mempelajari, menimbang-nimbang dan berdoa selama 17 tahun, serta melalui kerja keras tiga Musyawarah Umum (Conventus Generalis), Tahta Suci menye- tujui Konstitusi kita, dan kini dengan senang hati saya menyerahkannya kepada Anda semua. Per- kenankanlah saya mengemukakan satu hal mengenai Konstitusi ini. Tingkat kesetiaan kita terhadap peraturan dan semangat Konstitusi ini pasti akan sangat menentukan besarnya sumbangan kita kepada kehidupan Gereja setempat (lokal) tempat Kongregasi kita melibatkan diri. Pada halaman- halaman buku ini digariskan identitas Kongregasi kita di dalam Gereja. Akan tetapi janganlah kita membiarkan identitas itu tinggal di dalam buku ini saja. Sebab naskah Konstitusi ini harus kita cam- kan benar-benar di dalam hati kita dan kita laksanakan dalam hidup sehari-hari, agar kita memenuhi panggilan kita untuk mewartakan Injil kepada orang-orang miskin. Oleh sebab itu Konstitusi ini harus sering kita baca, dan bacaan itu disertai doa yang tekun. Maka sangat saya harapkan – dan tentunya akan Anda perhatikan semua – supaya Konstitusi ini menjadi sarana yang ampuh bagi kita untuk lebih mudah mencintai apa yang dicintai St. Vinsensius dan mengerjakan dengan senang hati apa yang diajarkannya.

Pada saat menerima Konstitusi ini dari Takhta Suci dengan sendirinya kami teringat pada suatu konferensi yang diberikan oleh Pendiri kita pada tanggal 17 Mei 1658, ketika beliau menye- rahkan buku «Regulae Communes» kepada masing-masing konfrater. Harapan St.Vinsensius yang diungkapkan pada waktu itu dapat menjadi harapan kita pada masa kini:

«Kita seharusnya mengharapkan segala harta rohani dan berkat dari kebaikan Tuhan bagi mereka, yang akan mentaati dengan setia peraturan-peraturan yang telah diberikan olehNya (Mz 70: 8): berkat atas pribadi mereka, berkat atas cita-cita mereka, berkat atas kelakuan mereka, pendek kata berkat atas segala hal yang ada hubungannya dengan mereka … Namun saya percaya akan rahmat Tuhan dan kebaikan Anda sekalian, romo- romo, bahwa Anda semua pada kesempatan ini akan membaharui kesetiaan dengan mana Anda telah menepati peraturan-peraturan sampai saat ini … saya berharap bahwa kesetiaan Anda pada masa lampau dan kesabaran Anda menantikan peraturan ini sedemikian lama itu, akan menghasilkan rahmat Tuhan sehingga Anda dapat menepatinya lebih mudah lagi pada masa yang akan datang, berkat kebaikanNya. (SV XII, 11)

Dalam Cinta kasih Tuhan kita Yesus Kristus dan IbuNya yang tak bernoda, dan dengan segenap hati saya, saya menyatakan diri saya menjadi konfrater abdi Anda sekalian.

Roma, 27 September 1984 Pesta St. Vinsen de Paul Richard McCullen CM

DEKRIT PEMAKLUMAN

Saya menyerahkan Konstitusi ini kepada semua anggota Kongregasi kita setelah Konstitusi ini diperiksa dan disetujui oleh Kongregasi Suci untuk para Religius dan Lembaga Sekular pada tanggal 29 Juni 1984. Setelah jangka waktu secukupnya untuk mulai berlaku, dengan persetujuan Dewan Penasehat saya, saya memutuskan bahwa Konstitusi kita mempunyai kekuatan hukum mulai tanggal 25 Januari 1985, pada pesta Pertobatan St. Paulus.

Roma, 27 September 1984 Pesta St. Vinsen de Paul

Richard McCullen CM
PENGANTAR

Kongregasi Misi (CM) yang didirikan oleh St. Vinsen de Paul, sesuai dengan maksud Gereja, telah meninjau kembali hukum asasinya, berkat inspirasi konsili Vatikan II, menghidupkan kembali semangat kerasulan dan hidupnya di dalam dunia masa kini.

Kongregasi Misi menyadari bahwa hidupnya kini berada pada suatu masa rahmat yang unik. Ia merasa karya Roh Tuhan datang atasnya mendorongnya untuk membaharui diri, dengan tetap setia mengikuti jejak St. Vinsensius.

Kongregasi menganggap perlu untuk kembali kepada sumber dan asal mulanya, kembali kepada pertobatan terus menerus dan visi St. Vinsensius, sehingga CM tetap memberikan kesaksian mengenai peranannya di dalam hidup Gereja. Dengan demikian CM tidak hanya berusaha untuk lebih menegaskan dan memelihara dengan setia ciri khas semula dan se-mangat rohani pendirinya yang suci, tetapi juga untuk mengambil inspirasi yang lebih mendalam dari sumber-sumber tersebut. CM mencoba memenuhi panggilannya yang secara khusus nampak di dalam kebutuhan orang-orang miskin masyarakat modern, sama seperti pada jaman St. Vinsensius, dengan tetap memperhatikan Kehendak Allah.

Vinsen de Paul lahir di Pouy pada tahun 1581. Sebagai seorang anak ia hidup di antara orang miskin dan mengalami keadaan hidup mereka itu. Pada tahun 1600 ia ditahbiskan menjadi imam. Selama beberapa waktu ia berusaha meloloskan diri dari kemiskinan lingkungan asalnya. Namun berkat pertolongan para pembimbing rohaninya ia mulai merasa terpanggil untuk memiliki kesucian yang lebih mendalam. Melalui peristiwa-peristiwa hidupnya, akhirnya ia dibimbing oleh Penye- lengaraan Ilahi kepada suatu keputusan yang teguh untuk mengabdikan diri demi keselamatan orang miskin.

Ketika ia bertugas sebagai imam di Gannes dan di Folleville, pada tanggal 25 Januari 1617, ia sadar bahwa pewartaan Injil kepada orang miskin merupakan suatu kebutuhan yang mendesak. Sesuai dengan kesak-siannya sendiri, pengalaman inilah yang menjadi awal mula panggilannya sendiri dan lahirnya Kongregasi Misi (CM).

Pada bulan Agustus tahun itu juga, di Châtillon-les-Dombes, ia mendirikan «La Charité» untuk melayani orang-orang sakit yang tidak terurus sama sekali. Pada waktu itu pula ia sadar dan memperlihatkannya juga kepada orang lain, betapa erat kaitan antara pewartaan Injil dan pelayanan bagi orang-orang miskin.

Lambat laun pengalaman spiritualnya mengarahkannya untuk mengkontemplasikan dan mengabdikan dirinya kepada Kristus di dalam diri orang miskin. Bahkan gambaran Vincent tentang Kristus sebagai utusan Bapa untuk mewartakan Injil kepada orang miskin menjadi pusat hidup dan karya pelayanannya.

Vinsensius sangat memperhatikan tuntutan dunia dan masyrakat jaman itu. Ia belajar melihat semua itu di dalam terang kasihnya yang makin berkobar baik terhadap Tuhan maupun terhadap orang miskin yang tertimpa berbagai macam malapetaka. Oleh karena itu ia merasa terpanggil untuk meringankan segala macam penderitaan.

Di antara semua kegiatannya, ia selalu secara khusus memperhatikan retret paroki (Misi Umat). Ia mengumpulkan anggota-anggota pertamanya dan dengan suatu perjanjian, yang diadakan pada tanggal 25 April 1625, bersama mereka ia bermaksud untuk mewartakan Injil kepada orang miskin di pedesaan. Melalui suatu keputusan untuk hidup bersama yang mereka tanda-tangani pada tanggal 4 Septem ber 1626, mereka mengikat diri membentuk sebuah kongregasi, sehingga dengan hidup bersatu di dalam kongregasi itu, mereka dapat mengabdikan diri demi keselamatan orang miskin di pedesaan.

Sementara Vinsensius dan para konfraternya giat mewartakan Injil kepada orang miskin,

mereka melihat secara nyata bahwa hasil retret (Misi Umat) tidak dapat lestari di dalam hidup umat, apabila tidak sekaligus diusahakan pendidikan para imam. Mereka mulai dengan karya ini pada tahun 1628 di Beauvais, ketika atas permintaan Uskup mereka memberi retret untuk para calon tahbisan imamat. Sebab mereka sadar bahwa dengan cara demikian mereka menyediakan gembala- gembala yang baik bagi Gereja.

Agar ia dapat menangani berbagai macam kebutuhan, Vinsensius mengumpulkan sebanyak mungkin orang, entah kaya entah miskin, orang rendahan ataupun berkuasa. Ia memakai segala daya upaya untuk membangkitkan di dalam diri mereka penghargaan terhadap orang miskin sebagai gambar Kristus yang istimewa. Ia mendorong mereka untuk membantu orang miskin, baik secara langsung maupun secara tidak langsung. Mereka mengabdi dengan suka rela dan tulus. Mereka menjadi anggota komunitas Puteri Kasih dan perkumpulan Karya Cinta Kasih yang didirikan Vin- sensius serta perkumpulan-perkumpulan lain yang seasal. Demikian pula individu-individu tertentu yang sampai pada jaman kita sekarang telah memutuskan untuk memgambil semangat itu.

Usahanya bagi orang miskin bertambah lagi dengan dimulainya kegiatan-kegiatan di daerah misi, ketika pada tahun 1648 untuk pertama kalinya ia mengirim anggota-anggota CM ke pulau Madagascar.

Dalam perkembangannya, Kongregasi sebagai suatu lembaga secara bertahap menentukan panggilan, organisasi dan hidup komunitasnya. Juga ditetapkannya dengan seksama bahwa Kongre- gasi ini bersifat sekulir (praja), meskipun para anggotanya mengucapkan kaul stabilitas di dalam kongregasi serta mengamalkan kemiskinan, kemurnian dan ketaatan. Ciri-ciri demikian merupakan warisan kongregasi sampai masa kini.

Semua hal ini, seperti yang dikehendaki Pendiri Kongregasi ini dengan teguh, telah ditetap- kan dalam dokumen-dokumen mengenai asal mula dan organisasi (pemerintahan) Kongregasi. Di dalam bulla Salvatoris Nostri, 12 Januari 1633, paus Urbanus VIII menyatakan hal-hal berikut ini: «.   tujuan utama dan cita-cita khas Kongregasi serta anggota-anggotanya, berkat rahmat Allah,

ialah baik mengusahakan keselamatan-nya sendiri maupun mereka yang tinggal di desa-desa, pelosok, daerah perladangan dan dukuh serta tempat-tempat yang lebih miskin. Se-dangkan di kota besar dan kota-kota lainnya,  mereka akan memberi-kan retret secara pribadi bagi mereka yang

akan maju untuk menerima tahbisan Imamat, dan mengajar mereka yang mempersiapkan diri untuk tahbisan». Sedangkan paus Alexander VII di dalam bulla «Ex Comissa Nobis»tanggal 22 September 1655, menyetujui adanya «Kaul-kaul simplex, yakni kemurnian, kemiskinan dan ketaatan serta stabilitas di dalam Kongregasi yang bertujuan untuk mengabdikan diri sepanjang hidupnya demi keselamatan orang-orang miskin pedesaan. Pada saat kaul-kaul itu diucapkan, hendaknya tidak ada orang yang membantu untuk menerima mereka entah itu atas nama Kongregasi, entah atas nama kami sendiri, ataupun atas nama Paus di Roma pada waktu itu …». Tambahan pula dinyatakan bahwa «Kongregasi Misi tersebut bersifat exempt dari yurisdiksi Uskup setempat dalam segala hal, kecuali para anggota yang ditugaskan oleh Superior Kongregasi itu untuk mengadakan misi (retret-retret paroki) …dan apa saja yang berkaitan dengan misi itu. Oleh karena itu kami menetapkan bahwa Kongregasi ini tidak dikelompokkan dalam Ordo Religius, tetapi Kongregasi ini termasuk kalangan imam sekulir (praja)».

Vinsensius berusaha sungguh-sungguh membentuk Kongregasi ini menurut semangat Tuhan Yesus. Setelah pengalaman bertahun-tahun, ia memberikan Tata Tertib (Regulae) dan Konstitusi Umum bagi Kongregasi. Di dalam Regulae Communes itu ia menyampaikan teladan kesucian injili yang secara lebih mendalam menggerakkan spiritualitas, kegiatan kerasulan, dan hidup persaudaraan kongregasinya. Semua ini bersumber dari kesadarannya yang mendalam mengenai apa yang di- kerjakan dan diajarkan Tuhan Yesus dalam memenuhi kehendak BapaNya yang mengirimNya untuk mewartakan Injil kepada orang miskin.

Pada awal Regulae Communes itu ia menguraikan lebih jelas lagi mengenai panggilan dan

perutusan Kongregasi dan sekaligus juga menunjukkan jalan untuk mencapainya:

«Di dalam Kitab Suci kita membaca bahwa Tuhan kita Yesus Kristus, yang diutus ke dunia untuk menyelamatkan umat manusia, tidak mulai berkarya dengan mengajar; Ia memulainya de- ngan bekerja. Dan apa yang Ia lakukan adalah mengintegrasikan secara penuh setiap jenis ke- utamaan ke dalam hidupNya. Kemudian Ia melanjutkan dengan mengajar sambil menerangkan Kabar Gembira keselamatan kepada orang miskin, dan mewariskan kepada para rasul dan murid- Nya apa yang perlu mereka ketahui agar menjadi pedoman bagi orang lain. Kini Kongregasi Misi ingin, dengan rahmat Allah, meneladan Kristus Tuhan sejauh mungkin di dalam keterbatasannya. Kongregasi berusaha meneladan keutamaan-keutamaannya dan apa yang ia kerjakan demi ke- selamatan orang lain. Hal itu menjadi benar apabila Kongregasi melaksanakan jenis karya yang sama, sehingga ia juga melaksanakannya dengan cara yang sama. Hal ini berarti tujuan Kongre- gasi ini ialah: 1° bertekad untuk berkembang dalam kekudusan, dengan meneladan sejauh mungkin keutamaan-keutamaan, yang diajarkan oleh Guru besar itu dengan murah hati kepada kita; 2° mewartakan Kabar Gembira keselamatan kepada orang- orang miskin, khususnya yang berada di pedesaan; 3° membantu para seminaris dan imam untuk berkembang dalam pengetahuan dan ke- utamaan, sehingga mereka dapat berhasil guna dalam pelayanan mereka» (RC I,1)

Melalui kata-kata ini St. Vinsensius mempercayakan kepada para konfrater Kongregasi Misi, yakni para pengikutnya di dalam Tuhan, suatu panggilan yang unik, sebuah hidup berkomunitas yang baru dan suatu tujuan tertentu, yang senantiasa harus disesuaikan dengan setiap jaman baru secara bijaksana.

KONSTITUSI KONGREGASI MISI

B A G I A N P E R T A M A (I)
Panggilan Kita

  1. Tujuan Kongregasi Misi ialah mengikuti Kristus, pembawa Kabar Gembira kepada kaum miskin. Tujuan ini dicapai, bila para anggota dan komunitas setia kepada santo Vinsensius, dengan melakukan hal-hal berikut ini:

1° berusaha dengan sekuat tenaga mengenakan Roh Kristus sendiri (RC I, 3), agar dengan demikian memperoleh kekudusan yang selaras dengan panggilanNya (RC XII ,13);

2° mewartakan kabar gembira kepada orang miskin, terutama mereka yang terlantar (di- telantarkan);

3° membantu para imam dan awam dalam hal pembinaan mereka dan mengarahkan mereka untuk lebih mengambil bagian secara penuh dalam mewartakan Injil kepada kaum miskin.

  1. Berdasarkan tujuan itu, dengan selalu memperhatikan Injil, tanda-tanda jaman dan pang- gilan Gereja yang lebih mendesak, Kongregasi Misi akan berusaha membuka jalan baru dan meng- gunakan sarana yang sesuai dengan jaman dan tempat. Selain itu Kongregasi Misi akan selalu ber- usaha meninjau dan merencanakan kembali karya dan pelayanannya, sehingga dengan demikian Kongregasi Misi akan selalu berada dalam keadaan membaharui diri terus menerus.

3.

§1 Kongregasi Misi adalah Serikat Hidup Kerasulan klerikal dan berada di bawah kewenang- an Paus, sehingga para anggotanya melaksanakan tujuan kerasulannya yang khas, sesuai dengan warisan yang ditinggalkan oleh St. Vinsensius dan yang disahkan oleh Gereja. Para anggotanya menghayati hidup persaudaraan di dalam komunitas menurut pedoman hidup mereka sendiri dan berusaha melaksanakan Cinta Kasih dengan melaksanakan Konstitusi.

§2 Sesuai dengan tradisi yang berasal dari St. Vinsensius, Kongregasi Misi melaksanakan ke- rasulannya dalam kerja sama yang erat dengan para Uskup dan Imam Diosesan. Atas dasar inilah St. Vinsensius sering menegaskan bahwa Kongregasi Misi itu bersifat sekulir, meskipun memiliki otonomi, baik berdasarkan hukum universal, maupun berdasarkan pada eksempsi.

§3 Para anggota Kongregasi Misi mengucapkan kaul stabilitas (ke setiaan), kemurnian, ke- miskinan dan ketaatan menurut Konstitusi dan Statuta, agar mereka dapat mewujudkan tujuan Kongregasi dengan lebih tepat guna dan tekun.

  1. Kongregasi Misi, yang beranggotakan para imam dan awam ini, berusaha keras dikuasai oleh pikiran dan kepekaan Kristus, bahkan oleh RohNya, yang nampak sangat jelas di dalam Injil, seperti dijelaskan di dalam Tata Tertib Umum (Regulae Communes), agar Kongregasi Misi dapat mencapai tujuannya.
  1. Semangat Kongregasi ini ialah ikut ambil bagian dalam semangat Yesus Kristus sendiri seperti yang dikemukakan oleh St. Vinsensius: «Ia mengutus Aku mewartakan kabar gembira kepada kaum miskin» (Lk 4: 18). Demikian juga pernyataan: «Yesus Kristus itu pedoman bagi karya misi» itu akan menjadi pusat hidup dan kegiatan Kongregasi (SV XII, 130).
  1. Karenanya semangat Kongregasi ini meliputi sikap batin pribadi Kristus seperti yang

diserahkan oleh Pendiri kita kepada para anggota sejak awal mula, yaitu: kasih dan hormat kepada Bapa; rasa cinta dan cinta yang tepat guna kepada kaum miskin, serta sikap bersedia dibimbing oleh Penyelenggaraan Ilahi.

  1. Kongregasi berusaha mewujudkan semangatnya dalam lima keutamaan yang bersumber dari pandangan khasnya terhadap Kristus, yaitu: simplisitas, kerendahan hati, lemah lembut, mati raga dan semangat untuk menyelamatkan jiwa-jiwa. Perihal keutamaan ini St. Vinsensius berkata: «Kongregasi hendaknya berusaha untuk menghormati dan menghayati keutamaan itu sedemikian rupa, sehingga lima keutamaan ini menjadi daya gerak jiwa seluruh Kongregasi, dan karenanya semua kegiatan kita masing masing selalu dijiwai oleh kelima keutamaan itu» (RC II, 14).
  1. Semua anggota hendaknya berusaha dengan tekun lebih mendalami semangat ini, sambil selalu kembali kepada Injil dan dengan ajaran serta teladan St. Vinsensius, dan senantiasa menyadari bahwa semangat dan karya kita harus saling mendukung dan melengkapi.
  1. Panggilan kita – yakni: tujuan, hakekat dan semangat kita – sudah selayaknya menjadi arah bagi hidup dan organisasi Kongregasi.

B A G I A N   K E D U A (II)

Hidup di dalam Kongregasi BAB I
Aktivitas Kerasulan

  1. Kongregasi Misi, sejak jaman Pendirinya dan bersumber pada inspirasinya, menyadari dirinya dipanggil Tuhan untuk melaksanakan karya mewartakaan Injil kepada orang miskin.

Atas dasar pandangan yang khas ini, Kongregasi bersama seluruh Gereja dapat menyatakan bahwa mewartakan Injil ini adalah rahmat dan panggilannya, serta mengungkapkan hakekatnya yang sejati (cf. EN 14).

Bahkan semua dan masing-masing anggota Kongregasi bersama Yesus berani berkata: «Aku harus memberitakan Injil Kerajaan Allah, sebab untuk itulah Aku diutus.»(Lk 4: 43).

  1. Cinta Kasih Kristus yang berbelas kasih kepada orang banyak itu (Mk 8: 2) adalah sum- ber semua kegiatan kerasulan kita dan cinta kasih itu mendorong kita untuk «membuat Injil mengena secara nyata», seperti dikatakan oleh St. Vinsensius (SV XII, 84).

Sesuai dengan waktu dan tempat yang beraneka ragam, karya pewartaan Injil dalam kata-kata dan perbuatan harus mengusahakan ini: semua orang setia «pada Kerajaan Allah, yakni, dunia baru, tatanan baru, keberadaan, cara hidup, dan cara hidup di dalam komunitas yang baru, seperti yang dituntut oleh Injil»(EN, 23) melalui pertobatan dan penerimaan sakramen.

  1. Dalam melaksanakan karya pewartaan Injil yang dinyatakan sebagai karya Kongregasi ini, perlu diperhatikan beberapa ciri hal-hal berikut ini:

1° Pilihan yang jelas dan nyata bagi kerasulan di antara orang miskin: karena pewartaan Injil merupakan tanda bahwa Kerajaan Allah hadir di dunia ini (cf. Mt 11: 5);

2° Perhatian pada realitas masyarakat masa kini, terutama mengenai sebab-sebab adanya pembagian kekayaan dunia yang tidak merata, sehingga kita mampu melaksanakan tugas kenabian pewartaan Injil ini dengan lebih baik;

3° Ada semacam keikutsertaan tertentu pada kondisi kaum miskin, sehingga kita tidak hanya mewartakan Injil kepada mereka, tetapi juga bahwa mereka mewartakan Injil kepada kita.

4° Ada semangat berkomunitas yang sejati dalam semua karya kerasulan kita, sehingga kita saling diteguhkan dalam panggilan yang sama.

5° Siap sedia diutus pergi ke seluruh dunia sesuai dengan teladan para misionaris pertama Kongregasi Misi;

6° Masing-masing anggota dan Kongregasi secara keseluruhan ha rus terus menerus hidup dalam pertobatan, sesuai dengan keinginan St. Paulus yang menasehati kita sebagai berikut: «Jangan lah kamu menjadi serupa dengan dunia ini, tetapi berubahlah oleh pembaharuan budimu» (Rom 12: 2).

  1. Masing-masing Provinsi sendiri akan menentukan bentuk-bentuk kerasulan yang harus dilaksanakan, sehingga dengan tetap setia kepada semangat dan teladan St. Vinsensius, kerasulan mereka terintegrasi kan dengan kegiatan pastoral Gereja setempat, sesuai dengan dokumen-dokumen dan instruksi Tahta Suci, serta peraturan yang dikeluarkan oleh Konferensi Wali Gereja dan para Uskup setempat.
  1. Misi Umat (Missio ad populum) yang amat disukai Pendiri kita harus diusahakan dan

dikembangkan dengan lebih hebat. Oleh karena itu hendaknya kita menangani misi ini sesuai dengan jaman dan tempat, sambil mencari segala kemungkinan untuk memberi vitalitas baru kepada karya ini, baik dengan membaharui maupun dengan membangun komunitas kristiani sejati dan dengan membangkitkan iman di dalam hati orang yang belum percaya.

  1. Pembinaan para calon imam di seminari-seminari, sebuah karya Kongregasi sejak awal mula, perlu diperbaharui secara tepat dan berhasil guna di mana diperlukan.

Hendaknya para anggota memberi bantuan rohani kepada para imam baik dengan mengada- kan bina-lanjut maupun dengan mendorong semangat pastoral mereka. Para anggota hendaknya membangkitkan dalam hati para imam keinginan mewujudkan pilihan Gereja untuk memihak orang miskin.

Para anggota hendaknya membaktikan diri untuk mendorong dan mempersiapkan kaum awam yang cocok bagi pelayanan pastoral yang diperlukan di dalam komunitas kristiani.

Akhirnya, para anggota hendaknya mengajar para calon imam dan awam untuk bekerja sama dan saling mendukung dalam proses pembentukan sebuah komunitas Kristiani.

  1. Karya Misi, baik ad Gentes maupun ad Populum, menduduki tempat yang penting di antara kerasulan Kongregasi, karena berada pada tataran pewartaan Injil yang sama.

Dalam membangun komunitas gerejani yang baru, para misionaris (CM) hendaknya secara khusus mengamati «benih-benih Sabda» yang dijumpai di dalam kebudayaan dan praktek agama penduduk (cf. EN 53).

  1. Karena CM dan Suster Puteri Kasih mempunyai warisan yang sama, hendaknya para ang- gota CM dengan sukarela menolong mereka (Puteri Kasih), kalau diminta bantuan, terutama dalam hal bimbingan rohani dan retret.

Mereka juga akan menunjukkan kerjasama penuh persaudaraan dalam karya yang ditangani bersama.

  1. Dengan mengikuti St. Vinsensius, seperti dalam perumpamaan orang Samaria yang baik hati (Lk 10: 30 – 37), yang menolong dengan tepat guna mereka yang terlantar, maka provinsi-pro- vinsi dan para anggota akan berusaha sekuat tenaga menolong mereka: yang dibuang oleh masyara- kat dan yang menjadi korban berbagai macam ketidakadilan. Kita juga harus membantu mereka yang menderita berbagai bentuk kemiskinan moral yang menjadi ciri khas jaman ini.

Dengan bekerja untuk dan bersama mereka, para anggota akan berusaha dengan tekun me- menuhi tuntutan akan keadilan sosial dan cinta kasih injili.

B A B   II
Hidup Komunitas

  1. St. Vinsensius mengumpulkan anggota-anggota dengan persetujuan Gereja membaktikan diri untuk mewartakan Injil kepada orang miskin, melalui sebuah bentuk hidup komunitas yang baru. Komunitas vinsensian ini diselenggarakan untuk menyiapkan, dan mengembangkan serta mendu- kung kegiatan kerasulan secara terus menerus. Oleh karena itu semua dan masing-masing anggota, melalui pembaharuan yang dilakukan dengan tekun, harus berusaha melaksanakan tugas ini.

        20.        Gereja menemukan dan mengalami prinsip dasar tertinggi bagi hidup dan kegiatannya dalam Tritunggal Maha Kudus. Kongregasi, di dalam Gereja, juga mengalami yang sama:

1° Karena kita dikumpulkan di dalam komunitas untuk mewartakan cinta Bapa kepada semua orang, maka kita mengungkapkan cinta yang sama itu dalam hidup kita sendiri.

2° Kita mengikuti Kristus yang memanggil para murid dan rasul dan bersama mereka mem- praktekkan hidup persaudaraan untuk mewartakan kabar gembira bagi kaum miskin.

3° Atas inspirasi Roh Kudus kita membentuk kesatuan di antara kita untuk meraih misi, agar kita mampu memberikan kesaksian yang dapat dipercaya perihal Kristus Penyelamat.

  1. 21.

§1 Sudah sejak semula hidup komunitas merupakan ciri khas Kongregasi dan cara hidup sehari-hari. Inilah kehendak St. Vinsensius. Karena itu para anggota harus bertempat tinggal dalam satu rumah atau komunitas yang didirikan secara sah, sesuai dengan peraturan kita.

§2 Hidup bersama dalam persaudaraan ini, yang secara tetap bersumber pada misi, mem- bentuk sebuah komunitas yang mengembangkan hidup pribadi dan komunitas, dan menyebabkan pelaksanaan pewartaan menjadi lebih mengena.

  1. Pemberian diri kita dan semua yang kita miliki itulah yang membuat kita benar-benar hadir di dalam komunitas. Namun, hendaknya juga ada suatu sikap hormat oleh Komunitas terhadap segala sesuatu yang berkaitan dengan hidup pribadi dan kemajuan nilai-nilai individual. Inisiatif para anggota hendaknya dinilai dalam cahaya tujuan dan semangat Kongregasi. Atas dasar ini, maka kharisma dan bakat individual pada masing-masing anggota bersatu-padu untuk menumbuhkan komunitas dan membuat misi kita mengena.
  1. Setiap komunitas lokal mempunyai otonomi, agar benar-benar menjadi tempat di mana koordinasi bersama dalam kerasulan dan hidup serta harta kongregasi baik dalam tingkat provinsi maupun dalam tingkat universal terwujud. Dengan demikian komunitas lokal menjadi bagian yang hidup dari seluruh kongregasi.
  1. Kita berusaha menghayati hidup komunitas yang dijiwai oleh Cinta Kasih, terutama me- lalui praktek «lima keutamaan», sehingga hal ini mendukung kerasulan kita dan menjadi tanda bagi dunia mengenai pembaharuan hidup injili. Oleh karena itu:

1° kita harus berusaha hidup dalam keserasian untuk melaksanakan misi kita, dengan saling mendukung terutama mereka yang sedang mengalami kesulitan dan saling membagikan kegembira- an dengan tulus hati.

2° kita harus ikut bertanggungjawab bersama, dengan bantuan pelayanan seperlunya dari yang berwenang dan superior, dalam mencari kehendak Tuhan dalam hidup dan karya; dan karena- nya terlibat dalam ketaatan yang aktif. Lagipula kita juga harus mengembangkan dialog antar kita dan dengan cara ini mengatasi bentuk hidup yang terlalu individualistis.

3° kita harus benar-benar memperhatikan pendapat dan kebutuhan masing-masing konfrater dengan rendah hati dan dalam semangat per-saudaraan, dan karenanya berusaha mengatasi kesukar- an-kesukaran yang mengiringi hidup komunitas; kita harus memberikan teguran persaudaraan de- ngan lemah-lembut, dan saling mengampuni.

4° dengan perhatian seperlunya kita akan berusaha menciptakan kondisi yang perlu untuk: bekerja, berdoa, istirahat/rekreasi, dan berbicara bersama, sambil menggunakan media komunikasi dengan hati-hati dan bijaksana. Dan setelah menyediakan kebutuhan-kebutuhan untuk karya ke- rasulan, hendaknya kita menyediakan suatu tempat dalam rumah untuk keakraban komunitas.

        25.        Komunitas bertanggungjawab secara terus menerus untuk membangun dirinya sendiri, terutama dengan membaharui unsur-unsur pokok cara hidup dan cara kerja kita; unsur-unsur itu ia- lah:

1° mengikuti Kristus sang Pewarta Injil sebagai sebuah komunitas, yang pada gilirannya membuahkan di dalam diri kita suatu ikatan cinta kasih dan afeksi; dalam semangat ini kita harus bersatu dengan saling menghormati yang bersumber dari penghargaan yang sejati «seperti layaknya sahabat» (RC, VIII, 2).

2° pewartaan Injil kepada orang miskin, yang menyatukan semua karya kita, menyebabkan tidak ada satu talenta atau bakat yang berbeda terbuang, tetapi justru mengarahkan semuanya pada pelayanan terhadap misi.

3° doa, terutama di dalam perayaan Ekaristi, merupakan sumber hidup rohani, hidup kom- unitas, dan hidup kerasulan kita.

4° bertanggungjawab bersama atas harta benda kita, sesuai dengan kehendak St. Vinsensius, dan saling kita bagikan dengan penuh ke-murahan hati.

Dengan cara demikian hidup kita sungguh-sungguh merupakan komunitas persahabatan, karya, doa dan harta benda.

  1. 26.

§1 Konfrater yang sakit, yang lemah dan tua hendaknya dekat di hati kita, karena kehadiran mereka merupakan berkat bagi rumah-rumah kita. Oleh karena itu, di samping kita memelihara me- reka secara medis dan memperhatikan secara pribadi, kita harus menyediakan sarana-sarana bagi mereka untuk membagikan diri dalam hidup sehari-hari dan kerasulan kita.

§2 Kita harus mengurbankan misa dengan setia sebagaimana ditentukan dalam statuta untuk anggota-anggota yang telah meninggal dunia.

  1. Setiap komunitas hendaknya berusaha membuat rencana komunitas, sesuai dengan konstitusi, statuta dan norma provinsi. Kita harus menggunakan rencana kerja itu sebagai sarana untuk mengarahkan hidup dan karya kita, untuk melaksanakan saran-saran yang kita sepakati, dan untuk mengevaluasi hidup dan kegiatan kita secara berkala.

BAB III
Kemurnian, Kemiskinan, Ketaatan dan Kesetiaan

  1. Karena ingin melanjutkan perutusan Kristus, maka kita mengikat diri untuk mengabdikan diri mewartakan Injil kepada orang miskin seumur hidup sebagai anggota Kongregasi. Untuk menjawab panggilan ini kita melaksanakan kemurnian, kemiskinan dan ketaatan sesuai dengan Konstitusi dan Statuta. Dengan demikian: «Kongregasi Misi yang kecil ini …untuk bekerja bagi keselamatan umat, khususnya umat miskin di pedesaan … berpendapat bahwa tidak ada senjata lain yang lebih ampuh dan cocok daripada senjata yang berhasil digunakan dengan penuh kebahagiaan oleh Sang Kebijaksanaan abadi» (RC II,18).
  1. 29.

§1 Untuk meneladan Kristus dalam mencintai semua orang tanpa batas itu, kita melaksana- kan dengan kaul, kemurnian yang utuh dalam bentuk hidup selibat demi kerajaan surga. Kita mene-

rima hidup selibat ini sebagai anugerah yang diberikan kepada kita oleh karena kebaikan hati pribadi Allah yang tak terbatas.

§2 Dengan demikian kita membuka hati lebih luas bagi Tuhan dan sesama, dan karenanya seluruh kegiatan kita mempunyai arti sebagai ungkapan gembira cinta antara Kristus dan GerejaNya, yang kelak akan dinyatakan secara lengkap.

  1. Persatuan yang mendalam dengan Kristus, persaudaraan yang sejati, semangat berkobar dalam kerasulan, dan praktek askese yang direstui Gereja, akan memperkokoh kemurnian kita. Me- lalui jawaban kita yang terus menerus dan dewasa terhadap panggilan Allah, kemurnian itu menjadi sumber kesuburan rohani di dunia, dan sangat mendukung dalam mencapai kedewasaan manusiawi.
  1. «Kristus sendiri, sebagai Tuhan atas semua, hidup dalam kemiskinan sedemikian rupa sehingga Ia tidak memiliki tempat untuk meletakkan kepalaNya. Ia mendidik para rasul dan murid- Nya, mitra kerja da-lam MisiNya, untuk hidup dengan cara yang sama, sehingga mereka secara individual tidak mempunyai milik apapun … setiap konfrater harus mencoba, bagaimanapun lemahnya, untuk meniru Kristus dalam mengembangkan kebajikan kemiskinan ini» (RC III, 1). De- ngan cara ini, para anggota tergantung sepenuhnya kepada Allah, dan pewartaan Injil kepada orang miskin akan menjadi lebih mengena.
  1. 32.

§1 Setiap anggota hendaknya sadar bahwa ia wajib tunduk pada hukum kerja umum dalam melaksanakan tugas-tugas yang sesuai dengan tujuan Kongregasi dan rencana umum komunitas.

§2 Penghasilan seseorang ataupun segala sesuatu yang diterima dalam bentuk apapun sebagai anggota Kongregasi, setelah seseorang menjadi anggota penuh, seperti pensiun, bantuan keuangan, atau asuransi akan menjadi milik komunitas sesuai dengan hukum kita sendiri, sehingga sesuai dengan teladan hidup orang-orang Kristen pertama, kita hidup dalam komunitas harta dan dengan saling menolong.

  1. Hendaknya cara hidup kita memancarkan simplisitas dan kesederhanaan dengan mem- pertimbangkan keadaan orang miskin. Hendaknya kita bebas dari segala bentuk pameran dalam menggunakan sarana kerasulan kita, meskipun sarana itu lebih tepat guna dan lebih modern.

Apa yang diperlukan untuk kebutuhan hidup, perkembangan pribadi anggota, serta pelaksa- naan karya, pada prinsipnya hendaknya merupakan hasil usaha semua anggota. Tetapi Kongregasi, karena ingin menghindari segala macam penumpukan harta benda, hendaknya berusaha memakai harta bendanya guna kepentingan kaum miskin. Kongregasi menjadi saksi bagi dunia yang dilanda semangat materialisme, kalau ia melepaskan diri dari keserakahan terhadap harta benda.

  1. Atas dasar kaul serta sesuai dengan konstitusi dan statuta anggota Kongregasi harus men- dapat ijin superior dalam menggunakan dan mengelola harta benda. Namun untuk memupuk sema- ngat kemiskinan itu tidak cukup dengan adanya ijin dari superior saja, maka perlulah bahwa ma- sing-masing menimbang mana-mana yang lebih sesuai dan cocok bagi hidup dan pelayanannya. Se- mua ini sesuai dengan semangat pendiri kita sebagaimana diungkapkan di dalam Regulae Commun- es.
  2. Dengan ijin superior hendaknya kita menggunakan harta pribadi demi kepentingan karya amal dan anggota yang lain sesuai dengan Statuta Dasar, dan berusaha menghindari perbedaan antar anggota.
  1. Mengingat bahwa kondisi dan kemampuan manusia itu terbatas, maka kita berusaha taat

secara sukarela, di bawah bimbingan Roh Kudus, kepada kehendak Bapa yang menyatakan ke- hendakNya melalui berbagai cara, serta mengikuti karya penyelamatan Kristus, yang taat sampai mati.

  1. 37.

§1 Partisipasi kita dalam misteri Kristus yang taat itu, menuntut kita semua untuk mencari kehendak Bapa secara bersama, dengan saling berbagi pengalaman melalui dialog terbuka dan penuh tanggungjawab. Di situlah mentalitas dan kemampuan yang berbeda-beda bertemu, bekerja sama, sedemikian rupa hingga kecenderungan kebersamaan menjadi matang dan terwujud serta pada akhirnya mengarah pada pelaksanaan keputusan.

§2 Para anggota, dengan semangat kebersamaan dalam tanggung-jawab serta selalu meng- ingat kata-kata St. Vinsensius, hendaknya mencoba dengan sekuat tenaga untuk taat kepada para superior dengan cepat, gembira dan tekun.

Hendaknya para anggota berusaha mentaati keputusan superior dalam cahaya iman, meski- pun menganggap bahwa mungkin pendapatnya sendiri lebih baik.

  1. 38.

§1 Berdasarkan kaul, kita wajib taat kepada Paus, Superior Jendral, Visitator, Superior Do- mus, dan wakil-wakil mereka yang memimpin kita sesuai dengan Konstitusi dan Statuta.

§2 Sesuai dengan maksud dan semangat St. Vinsensius hendaknya kita menunjukkan ketaat- an kepada para Uskup di keuskupan tempat Kongregasi berada dengan mengikuti hukum universal dan hukum khusus lembaga kita.

  1. Dengan kaul kesetiaan (stabilitas) yang khusus ini, kita berkaul untuk tinggal dalam Kongregasi seumur hidup, demi tujuan Kongregasi, dan untuk melaksanakan karya yang ditugaskan oleh para Superior, menurut Konstitusi dan Statuta.

BAB IV
Doa

  1. 40.

§1 Kristus Tuhan, yang hidup dalam persatuan abadi dengan Bapa, melalui doa mencari ke- hendak BapaNya. Kehendak Bapa ini menjadi pedoman tertinggi bagi hidup, tugas dan pengabdian- Nya demi keselamatan dunia. Dengan cara yang serupa Ia juga mengajarkan kepada murid-murid- Nya, agar mereka juga selalu berdoa dalam semangat yang serupa dan tak pernah berhenti berdoa.

§2 Kita juga, yang disucikan dalam Kristus dan diutus ke dunia, hendaknya mencoba mencari tanda-tanda kehendak Tuhan melalui doa, dan meniru ketersediaan diri Kristus, serta membuat semua keputusan sesuai dengan pendapat Kristus. Dengan cara ini hidup kita akan diubah oleh Roh Kudus melalui korban rohani, dan kita akan menjadi lebih mampu untuk ikut ambil bagian dalam tugas Kristus.

  1. «Berilah aku seorang pendoa, maka ia akan mampu melaksanakan segalanya» (SV XI,83). Sesuai dengan maksud St. Vinsensius doa merupakan sumber hidup rohani seorang misio- naris (CM): melalui doa ia mengenakan Kristus, diresapi ajaran Injil, melihat berbagai persoalan dan

peristiwa dengan sudut pandangan Tuhan; dalam doa ia hidup oleh cinta dan belaskasih Tuhan. Dengan demikian Roh Kristus akan memberi daya yang tepat dan berguna bagi kata-kata dan per- buatan kita.

  1. Merasul di dunia, hidup dalam komunitas dan pengalaman akan Allah melalui doa itu saling melengkapi dan membentuk suatu kesatuan organis dalam hidup seorang misionaris. Pada satu sisi, iman, cinta persaudaraan dan semangat kerasulan selalu diperbaharui melalui doa; dan pada sisi lain, cinta Tuhan kepada sesama dinyatakan dalam tindakan. Melalui doa dan kerasulan yang menyatu secara men-dalam seorang misionaris menjadi seorang kontemplatif dalam karya dan seorang rasul di dalam doa.
  1. Doa seorang misionaris harus terbentuk oleh semangat anak-anak Allah, kerendahan hati, kepercayaan terhadap penyelenggaraan Ilahi, dan cinta akan kebaikan Allah. Dengan demikian kita belajar berdoa sebagai orang-orang yang bersemangat miskin, penuh keyakinan bahwa kelemahan kita akan diteguhkan oleh kekuatan Roh Kudus. Karena Roh Kudus itu sendirilah yang menerangi budi kita dan menguatkan kehendak untuk mengenal kebutuhan dunia secara lebih mendalam dan menanggapi kebutuhan itu dengan lebih mengena.
  1. Kita seharusnya dapat menggunakan kemampuan khusus berdoa dalam pelayanan Sabda, pelayanan Sakramen, karya amal dan dalam peristiwa-peristiwa hidup ini. Kita harus menemukan dan memandang Kristus dalam orang-orang miskin pada waktu kita mewartakan Injil kepada mere- ka. Dalam melayani umat kepada siapa kita diutus, kita tidak hanya berdoa untuk mereka, tetapi juga berdoa bersama mereka dan ikut serta secara spontan dalam iman dan devosi mereka.
  1. Hendaknya kita merayakan liturgi secara hidup dan autentik.

§1. Hendaknya hidup kita terarah kepada perayaan Perjamuan Tuhan setiap hari sebagai puncak hidup, karena dari sini memancarlah, bagai kan suatu sumber air, suatu kekuatan bagi karya dan hidup persaudaraan kita. Melalui Ekaristi, wafat dan kebangkitan Kristus dihadirkan, sedangkan di dalam Kristus kita menjadi korban hidup, dan hidup umat Allah sebagai komunitas menjadi nam- pak dan terlaksana.

§2. Hendaknya kita sering menerima sakramen Tobat, agar kita mampu melaksanakan per- tobatan terus menerus dan bersikap tulus terhadap panggilanNya.

§3. Kita menyatukan hati dan suara dalam perayaan Ibadat Harian untuk mengumandangkan pujian bagi Tuhan. Hendaknya kita melambungkan doa yang tak putus-putusnya ke hadapan Tuhan dan berdoa bagi semua orang. Oleh karena itu hendaknya kita merayakan Ibadat Pagi dan Ibadat Sore bersama-sama, kecuali kalau ada alasan kerasulan.

  1. Dalam doa bersama kita menyadari akan adanya suatu bentuk yang paling bagus untuk membaharui semangat hidup kita, terutama bila kita merayakan dan ikut ambil bagian dalam Sabda Tuhan, atau bila kita saling membagi hasil pengalaman rohani dan kerasulan kita melalui dialog persaudaraan.
  1. 47.

§1. Hendaknya kita mengusahakan doa pribadi, sendirian ataupun bersama-sama, dengan se- kuat tenaga selama satu jam setiap hari, sesuai dengan tradisi St. Vinsensius. Dengan demikian,kita mampu menangkap kehendak Kristus dan menemukan jalan yang tepat untuk melaksanakan tugas perutusanNya. Doa pribadi ini menyiapkan, memperluas dan melengkapi doa liturgis maupun doa bersama.

§2. Hendaknya kita dengan tekun dan setia mengadakan latihan-latihan hidup rohani dalam satu tahun berjalan.

  1. Sebagai saksi dan pewarta Cinta Allah, kita harus melakukan devosi dan kebaktian khu- sus terhadap misteri-misteri Tritunggal Maha Kudus dan Inkarnasi.
  1. 49.

§1 Hendaknya kita menghormati Maria, Bunda Kristus dan Gereja melalui devosi khusus. Karena, sesuai dengan kata-kata St. Vinsensius, Maria benar-benar menghayati ajaran injil dan me- laksanakannya dalam hidupnya lebih dari umat beriman.

§2 Oleh karena itu kita mengungkapkan devosi kita kepada Maria Perawan yang Tak Ber- cela itu melalui berbagai cara: merayakan pestanya dengan penuh hormat, dan terutama memohon pertolongan Maria melalui doa rosario. Kita akan menyebarluaskan pewartaan khusus yang ter- ungkap dalam Medali Kudus melalui kemurahan hati Bunda Maria.

  1. Hendaknya kita memperhatikan ibadat bagi St. Vinsensius, para Beato dan Santo anggota keluarga vinsensian. Hendaknya kita selalu kembali pada warisan Pendiri, yang terdapat dalam tulisannya maupun dalam tradisi Kongregasi, agar kita belajar mencintai apa yang beliau cintai dan melaksanakan apa yang beliau ajarkan di dalam karya kita.

BAB  V
Keanggotaan

  1. Keanggotaan pada umumnya

51. Para anggota Kongregasi Misi, karena dipanggil Tuhan untuk melanjutkan tugasNya dan diterima dalam Kongregasi tersebut, menjadi murid-murid Kristus yang berusaha sekuat tenaga menjawab panggilan itu dengan bekerja seturut ajaran, kehendak dan asas-asas St. Vinsen de Paul.

52.

§1 Para anggota, yang mengambil bagian dalam imamat Kristus melalui Sakramen Baptis dan Krisma, itu terdiri dari para Klerus dan Bruder; dan mereka semua disebut Misionaris.

  1. Para klerus, yaitu para imam dan diakon, karena jabatan khusus mereka, menjawab panggil- an mereka seturut teladan Tuhan Kita Yesus Kristus sang Imam, Gembala dan Guru melalui pelaksanaan ketiga fungsi tadi dalam semua bentuk kerasulan yang dapat berguna untuk mencapai tujuan Kongregasi. Harus ditambahkan pula di sini para anggota yang sedang mempersiapkan diri untuk menerima tahbisan imamat.
  2. Para awam, yang kita sebut Bruder, ditugaskan untuk kerasulan Gereja dan Kongregasi; dan mereka melaksanakan tugas ini melalui karya yang cocok dengan kondisi mereka.

§2 Semua anggota ini terdiri dari: entah mereka yang masih anggota sementara (admissi), entah mereka yang sudah anggota penuh (incorporati), sebagaimana terdapat di dalam Konstitusi dan Statuta.

  1. Penerimaan anggota ke dalam Kongregasi

53.

§1 Seorang calon diterima masuk ke dalam Kongregasi, bila ia diterima untuk menjalani masa percobaan di dalam novisiat (Seminarium Internum), setelah ia mengajukan permohonan.

§2 Sesuai dengan keadaan, maka hak untuk menerima calon dalam novisiat terletak pada:

  1. Superior Jendral, setelah ia mendengarkan Dewan Penasehatnya, bagi seluruh Kongregasi.
  2. Visitator, setelah ia mendengarkan Dewan Penasehatnya, bagi Provinsinya.

§3 Perihal persyaratan penerimaan calon, kita harus tunduk pada hukum universal (Gereja).

54.

§1 Keseluruhan waktu untuk dapat menjadi anggota penuh kongregasi hendaklah tidak kurang dari dua tahun dan tidak lebih dari sembilan tahun, terhitung sejak diterimanya seorang calon di novisiat.

§2 Sesuai dengan tradisi kita, setelah setahun penuh sejak ia diterima di dalam Kongregasi, anggota tersebut menyatakan kehendaknya untuk tinggal dalam Kongregasi demi keselamatan orang miskin seumur hidup dengan mengucapkan Bona Proposita, sesuai de ngan Konstitusi dan Statuta.

§3 Sambil memperhatikan apa yang perlu dipertimbangkan, maka hak untuk mengijinkan seseorang mengucapkan Bona Proposita terletak pada:

  1. Superior Jendral, setelah ia mendengarkan Dewan Penasehatnya dan Direktur Novis- iat: untuk seluruh Kongregasi.
  2. Visitator, setelah ia mendengarkan Dewan Penasehatnya dan Direktur Novisiat: un- tuk Provinsi.

55.

§1 Kaul kita bersifat kekal, bukan religius, dan direservir, sehingga hanya Paus dan Superior Jendral sajalah yang dapat membebaskan (seseorang dari kaul itu).

§2 Kaul-kaul itu harus ditafsirkan dengan setia sesuai dengan usul St. Vinsen yang disetujui oleh paus Alexander VII dalam surat «Ex Commisa nobis» (22 September 1655) dan «Alias nos Supplicationibus» (12 Agustus 1659).

  1. Sambil memperhatikan apa yang perlu diperhatikan, maka hak untuk mengijinkan sese- orang mengucapkan kaul kekal terletak pada:
  1. Superior Jendral dengan persetujuan Dewan Penasehatnya dan setelah ia meminta pendapat para pembina calon tersebut: untuk seluruh Kongregasi.
  2. Visitator dengan persetujuan Dewan Penasehatnya dan setelah ia meminta pendapat para pembina calon tersebut: untuk Provinsi.

57.

§1 Setelah ada permohonan dari anggota, dan sesudah ijin mengucapkan kaul diberikan oleh Superior Maior, maka kaul diucapkan. Hal ini berakibat: anggota tersebut menjadi anggota penuh Kongregasi; dan sesudah ia menerima tahbisan Diakon, ia juga di-inkardinasi-kan pada Kongregasi.

§2 Anggota yang belum menjadi anggota penuh Kongregasi tidak dapat diijinkan menerima tahbisan. Namun kalau ada penerimaan anggota yang sudah Klerus (Diakon, Imam, Uskup), maka penerimaan itu sekaligus meng-inkardinasi-kannya pada Kongregasi.

58.

§1 Kaul harus diucapkan di hadapan Superior atau anggota yang ditunjuk olehnya.

§2 Sesuai dengan kebiasaan Kongregasi, baik permohonan untuk mengucapkan kaul, mau- pun pernyataan bahwa sudah mengucapkan kaul, harus dibuat secara tertulis. Superior Jendral harus diberi tahu secepatnya tentang pengucapan kaul itu.

Dalam Kongregasi Misi kaul diucapkan dengan rumusan sebagai berikut:

  1. Rumus Langsung:

Tuhan Allahku, saya … di hadapan Santa Perawan Maria berkaul membaktikan diri saya dengan setia mewartakan Injil kepada kaum miskin, di dalam Kongregasi Misi, selama hidup saya, untuk mengikuti Kristus, Pewarta Injil. Karena itu saya juga berkaul kemurnian, kemiskinan, dan ketaatan sesuai dengan Konstitusi dan Statuta Kongregasi.

  1. Rumus Deklaratif:

Berkat rahmat Allah, saya … di hadapan Santa Perawan Maria berkaul membaktikan diri saya dengan setia mewartakan Injil kepada kaum miskin, di dalam Kongregasi, selama hidup saya, untuk mengikuti Kristus, Pewarta Injil. Karena itu saya juga berkaul ke murnian, kemiskinan, dan ketaatan sesuai dengan Konstitusi dan Statuta Kongregasi.

  1. Rumus Tradisional:

Saya … , (Imam, Frater dan Bruder) CM yang tak pantas ini di hadapan Santa Perawan Maria dan seluruh warga surga, mengucapkan kaul kemiskinan, kemurnian dan ketaatan kepada superior kita dan penggantinya sesuai dengan Peraturan atau Konstitusi Kongregasi kepada Tuhan; kecuali itu saya berkaul akan menyerahkan diri bagi keselamatan orang-orang mis kin pedesaan seumur hidup di dalam kongregasi tersebut dengan bantuan rahmat Allah yang mahakuasa yang saya mohon de- ngan rendah hati.

  1. Hak dan Kewajiban Anggota

59.

§1 Semua anggota Kongregasi, kecuali kalau ditentukan lain berdasarkan hakekat masalah- nya, menikmati hak-hak, privilegi, dan rahmat rohani yang diperuntukkan Kongregasi ini sesuai dengan norma hukum universal dan hukum CM sendiri.

§2 Semua anggota Kongregasi yang sudah menjadi anggota penuh menikmati hak-hak yang sama, serta terikat oleh kewajiban-kewajiban yang sama, berdasarkan norma hukum universal dan hukum CM, kecuali dalam hal-hal yang berkaitan dengan pelaksanaan tugas tahbisan dan yurisdiksi yang menyangkut hal itu. Sedangkan anggota-anggota sementara Kongregasi menikmati hak-hak dan terikat oleh kewajiban-kewajiban berdasarkan Konstitusi, Statuta dan Norma Provinsi.

  1. Berdasarkan hukum universal dan hukum CM sendiri, anggota Kongregasi yang sudah anggota penuh, menikmati hak suara aktif (= dapat memilih, pentj.) dan pasif (dapat dipilih, pentj.), kecuali kalau berdasarkan norma hukum mereka kehilangan hak itu.
  1. Dengan tetap memperhatikan syarat-syarat yang ditentukan hukum universal dan hukum

CM sendiri, maka mereka yang mendapat hak suara pasif bagi semua tugas dan jabatan ialah ang- gota yang sekurang-kurangnya sudah menjadi anggota penuh Kongregasi selama 3 tahun dan sudah berumur 25 tahun.

  1. Anggota Kongregasi, kecuali terikat oleh kewajiban hukum CM, juga terikat kewajiban umum para Klerus seperti dinyatakan dalam kanon 273 – 289. Bukan hanya para klerus saja, tetapi juga anggota awam (para bruder dan frater) terikat oleh peraturan memakai pakaian gerejani (kanon

284) dan melaksanakan Ibadat Harian (kanon 276); kecuali kalau ditentukan lain berdasarkan hakekat masalahnya dan konteks ayat-ayat-nya.

  1. Semua anggota harus mentaati Konstitusi dan Statuta serta norma-norma lain yang ber- laku dalam Kongregasi dengan ketaatan yang aktif dan bertanggung-jawab.
  1. Semua anggota hendaknya juga mentaati peraturan-peraturan yang diumumkan oleh uskup setempat, dengan tetap memperhatikan hak eksempsi kita.
  1. Penggabungan anggota pada suatu Provinsi atau Rumah.
  1. Sesuai dengan norma hukum kita, setiap anggota Kongregasi Misi harus tergabung dalam suatu Provinsi dan Domus (Rumah) atau suatu kelompok yang setaraf dengan Domus (Rumah).
  1. Para anggota yang tergabung di dalam Provinsi dan Domus atau Kelompok setaraf Do- mus memiliki:
  1. Hak dan kewajiban berdasarkan Konstitusi dan Statuta.
  2. Superior lokal dan Superior Maiornya yang langsung.
  3. Pelaksanaan dari hak suara aktif dan pasif.

67.

§1 Anggota yang mendapat ijin hidup di luar Domus atau di luar komunitas, baik dari Super- ior Jendral maupun Visitatornya, dengan persetujuan masing-masing dewan, tetap harus tergabung pada suatu Domus atau komunitas, agar di dalamnya mereka menikmati hak-hak mereka dan juga terikat oleh kewajiban-kewajiban mereka, sesuai dengan peraturan dalam ijin yang diterimanya.

§2 Ijin tersebut hendaknya diberikan atas dasar alasan yang benar, namun tidak boleh me- lebihi jangka waktu 1 tahun. Kecuali kalau ada alasan kesehatan, karena studi atau karena melaksa- nakan kerasulan atas nama Kongregasi.

  1. Perihal anggota yang keluar dan pemecatan anggota.

68. Apa saja yang menyangkut keluarnya anggota dan pemecatan anggota, berlakulah di dalam Kongregasi hukum universal dan peraturan Kongregasi.

69.

§1 Anggota yang belum menjadi anggota penuh Kongregasi dapat dengan bebas meninggal- kan Kongregasi, setelah ia menyatakan kehendaknya kepada Superior.

§2 Karena alasan yang sah, anggota yang belum menjadi anggota penuh dapat dipecat oleh Superior Jendral ataupun oleh Visitator, setelah ia mendengarkan pendapat dewan penasehat dan

pembinanya.

  1. Superior Jendral, dengan persetujuan Dewannya atas dasar alasan yang berat, dapat mengijinkan seseorang yang sudah menjadi anggota penuh untuk hidup di luar Kongregasi tidak le- bih dari 3 tahun, dengan tetap melakukan kewajiban-kewajiban yang masih dapat disesuaikan de- ngan kondisi hidup yang baru itu. Anggota itu tetap ada di bawah wewenang seorang superior Kongregasi, namun ia kehilangan hak suara aktif dan pasif. Jika masalahnya mengenai seorang klerus (Imam, Diakon), maka juga perlu persetujuan dari Uskup tempat ia tinggal. Ia juga tetap ada di bawah kuasa dan tunduk pada Uskup tersebut, sesuai dengan norma kanon 745.
  1. Superior Jendral, dengan persetujuan Dewannya atas dasar alasan yang berat, dapat mengijinkan seorang anggota keluar dari Kongregasi dan memberinya dispensasi dari kaul-kaulnya, sesuai dengan norma kanon 743.
  1. 72.

§1. Anggota penuh Kongregasi yang menarik diri dari hubungan dengan Kongregasi dan kuasa Superior, hendaknya dengan penuh perhatian didekati dan ditolong oleh Superior, agar ia tetap setia dalam panggilan.

§2. Namun, apabila anggota itu tidak kembali sesudah 6 bulan, ia kehilangan hak suara aktif dan pasif, dan sesuai dengan norma artikel 74 §2 ia dapat dipecat dengan surat keputusan Superior Jendral.

  1. 73.

§1. Seorang anggota dengan sendirinya (ipso facto) dipecat, jika:

  1. Ia secara terang-terangan murtad dari Iman Katolik.
  2. Ia menikah, bahkan juga cukup secara sipil saja, atau berusaha menikah.

§2. Dalam kasus-kasus itu, Superior Maior bersama dewannya, tanpa menunda-nunda, setelah bukti-bukti terkumpul, hendaknya membuat pernyataan perihal kejadian itu, agar secara yuri- dis pemecatan berlaku, sesuai dengan norma kanon 694.

74.

§1 Anggota harus dipecat seperti yang ditetapkan dalam kanon 695, 697, 698, dan 699 §1.

§2 Anggota dapat dipecat seperti yang ditetapkan dalam kanon 696, 697, 698 dan 699 §1.

§3 Dalam hal skandal umum yang berat atau dalam hal akan terjadi kerugian amat besar bagi Kongregasi, seorang anggota dapat segera diusir dari Domus oleh Superior Maior dengan persetuju- an dewannya atau kalau dengan menunda-nunda masalahnya akan terjadi bahaya, juga dapat diusir oleh Superior setempat sesuai dengan norma kanon 703.

75. Keputusan pemecatan hendaknya segera diberitahukan kepada anggota yang bersangkut- an, dengan memberinya kesempatan untuk naik banding ke Tahta Suci dalam waktu 10 hari setelah pemberitahuan itu diterima; naik banding ini menunda pelaksanaan pemecatan. Agar keputusan pe- mecatan itu sah dan berlaku, harus ditaati kanon 700.

76.

§1 Setelah pemecatan terjadi dengan sah, maka dengan sendirinya kaul serta hak dan ke- wajiban yang dimiliki anggota berhenti berlaku. Kalau anggota itu klerus (Imam, Diakon) tetap ber- laku peraturan kanon 693 dan 701.

§2 Siapa saja yang keluar dari Kongregasi dengan sah atau dipecat dari Kongregasi secara

sah, tidak dapat menuntut apa-apa dari Kongregasi berdasarkan karya apa saja yang telah dilaksana- kannya selama ia berada di dalam Kongregasi.

§3 Namun Kongregasi hendaknya menunjukkan pelayanan keadilan dan cintakasih Injil kepada anggota yang memisahkan diri dari Kongregasi sebagaimana ditetapkan dalam kanon 702.

BAB  VI

Pendidikan dan Pembinaan

  1. Prinsip-prinsip Umum

77.

§1 Pembinaan kita merupakan proses yang terus menerus, dan harus menuju ke arah ini: agar para anggota dijiwai oleh semangat St. Vinsensius, menjadi cakap dan pandai untuk melaksanakan tugas perutusan Kongregasi.

§2 Hendaknya para anggota belajar agar makin hari makin lebih menyadari bahwa Yesus Kristus adalah pusat hidup dan pedoman Kongregasi.

78.

§1 Seperti halnya seluruh hidup kita, maka waktu pendidikan hendaknya diatur sedemikian rupa hingga cinta kasih Kristus semakin mendorong kita untuk mencapai tujuan Kongregasi. Para anggota, sebagai murid-murid Kristus, hendaknya mencapai tujuan itu melalui penyangkalan diri dan pertobatan kepada Kristus secara terus menerus.

§2 Para anggota hendaknya dibina melalui Sabda Allah, hidup sakramental, hidup doa, baik itu doa bersama (komunitas) maupun doa pribadi, dan dalam spiritualitas vinsensian.

§3 Selain hal di atas tadi, hendaknya para mahasiswa mengikuti studi yang ditetapkan oleh hukum Gereja dengan baik, supaya mereka memperoleh ilmu dan pengetahuan yang diwajibkan.

§4 Sudah sejak awal pendidikan mereka, hendaknya semua mahasiswa, sesuai dengan pen- didikan dan kemampuan mereka, dilatih secara tepat dalam praktek pastoral, terutama dalam kerja sama dengan para pembina mereka, dengan cara pergi mengunjungi orang miskin dan berkontak langsung dengan realitas hidup mereka. Dengan cara demikian, mereka masing-masing dapat dengan lebih mudah menemukan panggilan mereka yang khusus dalam komunitas sesuai dengan kemampu- an pribadi masing-masing.

§5 Norma-norma pedagogis hendaknya diterapkan pada para mahasiswa sesuai dengan usia mereka, agar mereka, sementara mereka secara bertahap belajar mengendalikan diri, menggunakan kebebasan dengan bijaksana, serta bertindak dengan sukarela dan rajin, dan mencapai kematangan kristiani.

  1. Para anggota, karena mereka menjawab panggilan Tuhan di dalam komunitas, selama masa pendidikan hendaknya belajar hidup bersama secara vinsensian. Hendaknya komunitas me- melihara kepribadian dasar dan bakat pembawaan dari masing-masing anggota dalam seluruh proses pembinaan itu.
  1. Hendaknya ada koordinasi berbagai sistem pendidikan dalam pembinaan anggota kita

dan kesatuan organis dalam urutan tingkat-tingkat hendaknya dipertahankan. Hendaknya semua itu diatur sedemikian rupa agar menuju satu arah ini: tujuan pastoral khusus CM.

  1. Pembinaan para anggota kita harus dilaksanakan dan diperbaharui sepanjang hidup kita.
  1. Novisiat (Seminarium Internum)

82. Di antara syarat-syarat yang diperlukan agar para calon dapat diterima dalam novisiat (Seminarium Internum), mereka harus dapat menunjukkan tanda-tanda untuk dapat dianggap cocok melaksanakan panggilan vinsensian di dalam komunitas.

83.

§1 Novisiat adalah masa di mana para anggota memulai tugas dan kehidupan dalam Kongre- gasi. Mereka mengenal panggilan mereka dengan lebih mendalam, dengan bantuan para pembim- bing dan komunitas. Mereka menyiapkan diri melalui pembinaan khusus untuk menjadi anggota penuh Kongregasi secara bebas.

§2 Novisiat harus berlangsung sekurang-kurangnya 12 bulan terus menerus ataupun terputus- putus. Kalau masa novisiat itu dilaksanakan terputus-putus, maka tugas musyawarah provinsilah untuk menentukan jumlah bulan yang harus berurutan dan menegaskan kapan masa novisiat dapat dimasukkan dalam suatu kurikulum studi.

  1. Oleh karena itu seluruh perangkat sistem periode ini harus diarahkan agar para seminaris:
  1. menjadi lebih matang;
  2. secara bertahap diperkenalkan dengan pemahaman yang tepat dan pengalaman tugas kerasulan serta hidup Kongregasi.
  3. mencapai pengalaman akan Allah, terutama dalam doa.
  1. Untuk mencapai semuanya itu, para seminaris hendaknya rajin berusaha untuk:
  1. memperoleh pengetahuan konkrit dan sesuai perihal manusia, khususnya kaum mis- kin, perihal kebutuhan dan persoalan-persoalan mereka;
  2. memperoleh pengetahuan perihal sifat khas, semangat dan tugas-tugas Kongregasi dengan cara pergi ke sumber-sumbernya, yakni hidup dan karya St. Vinsensius, seja- rah dan tradisi Kongregasi, serta partisipasi aktif dan yang sesuai dengan kerasulan kita;
  3. mengembangkan studi dan meditasi perihal Injil dan seluruh Kitab Suci dengan sungguh-sungguh;
  4. secara aktif ambil bagian dalam misteri dan tugas Gereja yang merupakan komunitas keselamatan;
  5. mengenal dan menghayati nasehat-nasehat Injil terutama kemurnian, kemiskinan dan ketaatan sesuai dengan maksud St.Vinsensius.
  1. Para seminaris hendaknya secara akrab dan mendalam terlibat dalam komunitas provinsi dan setempat, yang dekat dengan tempat mereka hidup. Di tempat ini mereka dididik dalam tang- gung-jawab bersama, tetapi direktur novisiatlah yang mengkoordinir dan menggerakkan semuanya.
  1. Seminari Tinggi.

87.

§1 Masa Seminari Tinggi bertujuan untuk memberi pembinaan lengkap ke arah imamat vin- sensian yang bersifat melayani, agar para mahasiswa, seturut teladan Kristus sang Pewarta, dibina untuk mewartakan Injil, mempersembahkan ibadat ilahi dan menggembalakan umat.

§2 Sesuai dengan semangat St. Vinsensius dan tradisi Kongregasi, hendaknya pembinaan mahasiswa kita diarahkan secara jelas terutama untuk pelayanan Sabda dan pelaksanaan Cinta Kasih terhadap kaum miskin.

  1. Hendaknya pembinaan mahasiswa kita terkait dengan realitas masyarakat, sehingga studi terarah untuk memperoleh visi dan pen-dapat yang kritis terhadap dunia dewasa ini. Para mahasiswa hendaknya mulai melibatkan diri secara efektif dalam karya kristiani untuk menegak-kan keadilan melalui pertobatan hati mereka. Hendaknya mereka semakin sadar terhadap akar kemiskinan di dunia ini dan membuka tabir yang menghambat pewartaan Injil. Semua ini hendaknya terjadi dalam cahaya Sabda Tuhan dan di bawah bimbingan para pembina.
  1. Hendaknya dikembangkan di dalam diri para mahasiswa suatu kematangan affektif dan kualitas-kualitas seorang misionaris, yaitu kemampuan menyemangati dan mengarahkan komunitas, rasa tanggung jawab, semangat dan tindakan kritis, kemurahan hati yang sigap, tekad yang kuat untuk mewajibkan diri mencapai tujuan Kongregasi.
  1. Visitator harus menentukan waktu yang tepat, agar setelah para mahasiswa menyelesai- kan kurikulum teologi, mereka mendapatkan tahbisan diakon dan melaksanakan jabatan diakon, sebelum mereka diajukan untuk jabatan imam.
  1. Pembinaan para bruder.

91.

§1 Hendaknya diperhatikan secara khusus agar para bruder dibina untuk setia memenuhi tugasnya di dalam Kongregasi. Semua hal yang ditetapkan di dalam Konstitusi dan Statuta perihal pembinaan, berlaku juga bagi pembinaan para bruder.

§2 Karenanya pembinaan mereka di Seminarium Internum harus sama dengan pembinaan anggota-anggota lainnya, kecuali kalau situasi dan keadaan khusus menuntut lain.

§3 Pembinaan para bruder yang akan diajukan menjadi Diakon Tetap mengikuti peraturan provinsi.

92. Para bruder hendaknya diterjunkan ke dalam karya kerasulan secara bertahap, agar me- reka belajar melihat, menilai semua masalah dan bertindak di bawah cahaya iman,serta membina dan menyempurnakan diri bersama sesama dalam tindakan nyata.

  1. Para Pembina dan Guru
  1. Seluruh komunitas provinsi hendaknya merasa bertanggungjawab atas pembinaan anggota kita, sehingga masing-masing anggota menyediakan bantuannya bagi karya tersebut.
  1. Karena pembinaan para siswa tergantung pada para pembina yang cakap, hendaknya para

pembina dan pimpinan pendidikan disiapkan dengan ajaran yang kokoh, pengalaman pastoral yang cukup dan pendidikan khusus.

  1. 95.

§1 Para pembina dan siswa, melalui sikap terbuka dan saling percaya dan mengerti serta hubungan yang aktif dan mantab, harus membangun suatu komunitas pendidikan yang sejati.

§2 Dengan memperhatikan sumbangan pikiran dari kelompok karya yang lain, hendaknya komunitas pendidikan ini tetap mengadakan penilaian dan pemeriksaan yang terus menerus terhadap rencana serta kegiatan-kegiatan khususnya.

§3 Para pembina hendaknya bertindak secara kolegial; namun perhatian khusus dan langsung terhadap para seminaris dan siswa hendaknya diserahkan kepada seorang konfrater atau kalau perlu kepada beberapa konfrater.

B A G I A N        K E T I G A  (III)

Organisasi

Seksi 1 – Pemerintahan

Prinsip-prinsip Umum

  1. Karena semua anggota dipanggil untuk mempersembahkan karya mereka untuk melanjut- kan Perutusan Kristus, maka semua anggota memiliki hak dan kewajiban, baik untuk bekerja sama demi kebaikan komunitas kerasulan, maupun untuk ambil bagian dalam tata pemerintahan kom- unitas itu, sesuai dengan norma hukum kongregasi sendiri. Oleh karena itu para anggota hendaknya bekerja sama secara aktif dan bertanggung-jawab dalam melaksanakan tugas, melakukan karya kerasulan dan melaksanakan perintah.
  1. 97.

§1 Mereka yang ada dalam kongregasi melaksanakan wewenang kepemimpinan yang berasal dari Tuhan itu, dan mereka yang melalui cara apapun entah itu musyawarah ataupun sebagai anggota dewan ambil bagian dalam pelaksanaan kekuasaan tersebut hendaknya memperhatikan teladan Gembala yang Baik, yang datang tidak untuk dilayani, melainkan untuk melayani. Atas dasar tanggung-jawabnya di hadapan Tuhan, hendaknya mereka menganggap diri mereka sebagai abdi komunitas untuk mengembangkan tujuan khas komunitas itu seturut semangat St. Vinsensius me- lalui persatuan sejati dalam kerasulan dan hidup.

§2 Mereka hendaknya mengadakan dialog dengan para anggota, namun toh memiliki sikap tegas dan wibawa untuk melihat dan memerintahkan apa yang harus dikerjakan.

  1. Setiap anggota memiliki kuasa yang cukup untuk melaksana kan tugas yang dipercayakan oleh komunitas padanya. Oleh karena itu hal-hal yang dapat diselenggarakan oleh masing-masing anggota atau tingkat tata pemerintahan yang lebih rendah, hendaknya jangan diserahkan ke tingkat pemerintahan yang lebih tinggi. Kesatuan tata pemerintahan ini hendaknya dipelihara, karena hal ini perlu untuk tercapainya tujuan dan kebaikan seluruh kongregasi.
  1. CM, bersama rumah-rumahnya, gereja-gerejanya dan semua anggotanya, menikmati anu- gerah eksempsi atas yurisdiksi Uskup setempat berdasarkan persetujuan khusus Santo Bapa, kecuali dalam hal-hal yang tercantum dalam Hukum Gereja.
  1. Musyawarah Umum, Superior Jendral, Visitator dan Superior Domus maupun kom- unitas yang didirikan secara sah memiliki kuasa atas para anggota. Kuasa itu ditetapkan oleh hukum universal maupun oleh hukum CM sendiri. Mereka juga memiliki kuasa pemerintahan gerejani atau yurisdiksi, baik untuk aktivitas lahiriah maupun batiniah. Oleh karena itu para Superior harus di- tandai oleh Tahbisan Suci.

BAB  I

Pemerintahan Pusat

  1. Superior Jendral
  1. Superior Jendral sebagai pengganti St. Vinsensius bersama seluruh Kongregasi, me- lanjutkan tugas Sang Pendiri, sesuai dengan aneka ragam keadaan pengabdian bagi Gereja Univer- sal, hendaknya memerintah Kongregasi dengan suatu perhatian yang sedemikian rupa hingga kharis- ma St. Vinsensius selalu hidup dan berlangsung terus di dalam Gereja.
  2. Superior Jendral, yakni pusat persatuan dan koordinasi provinsi-provinsi, hendaknya juga menjadi sumber penyulut hidup rohani dan karya kerasulan.
  1. Superior Jendral memerintah semua provinsi, domus dan masing-masing anggota de- ngan kuasa ordinaria sesuai dengan norma hukum umum (Gereja) dan hukum khusus. Namun sesuai dengan norma hukum, Superior Jendral tunduk kepada kuasa Musyawarah Umum.
  1. Superior Jendral hanya mempunyai kuasa menafsirkan secara biasa atas Konstitusi, Statuta dan Keputusan-keputusan Musyawarah Umum.
  1. 105.

§1 Superior Jendral dipilih oleh Musyawarah Umum sesuai dengan Konstitusi artikel 140.

§2 Untuk mengesahkan pemilihan Superior Jendral, harus ada persyaratan yang mempunyai dasar pada Hukum Universal dan Hukum CM.

§3 Menurut Hukum CM seorang Superior Jendral dipilih untuk jangka waktu 6 tahun dan dapat dipilih lagi untuk 6 tahun yang kedua.

§4 Masa 6 tahun dianggap selesai pada saat penggantinya menerima jabatan Superior Jendral pada suatu Musyawarah Umum biasa.

  1. 106.

§1 Seorang Superior Jendral berhenti dari jabatannya:

  1. karena penggantinya menerima jabatan itu;
  2. karena mengundurkan diri dan Musyawarah Umum atau Tahta Suci me- nyetujui pengunduran diri itu;
  3. karena diturunkan dari jabatannya oleh ketentuan Tahta Suci.

§2 Apabila Superior Jendral nyata-nyata menjadi tidak pantas atau tidak cakap lagi untuk melaksanakan tugasnya, maka tugas para Asisten Umum secara bersama-sama untuk memberi pe- nilaian dan keputusan tentang soal itu dan memberitahukannya kepada Tahta Suci. Keputusan Tahta Suci harus ditaati.

  1. Kecuali kuasa yang diberikan oleh Hukum Umum atau yang berasal dari persetujuan khusus, maka seorang Superior Jendral bertugas sebagai berikut:
  1. Dengan seluruh perhatiannya mengusahakan agar semangat Pendiri berkembang di mana- mana dengan hebat dan penuh gelora; agar tak henti-hentinya mengembangkan aktivitas ke- rasulan Kongregasi dan memperbaharuinya terus menerus, dan supaya konstitusi dan statuta dilaksanakan dengan lebih baik dan lebih tepat.
  2. Mengeluarkan peraturan umum demi kebaikan Kongregasi melalui persetujuan dewannya.
  3. Mendirikan provinsi-provinsi dengan persetujuan dewannya dan setelah mendengar pendapat

para anggota yang bersangkutan; menggabungkan provinsi-provinsi (membagi, serta mem- bubarkan provinsi dengan tetap memperhatikan hal-hal yang perlu sesuai dengan hukum).

  1. Mengundang Musyawarah Umum dan mengetuainya, dan kemudian membubarkan para utusan yang hadir setelah disetujui oleh Musyawarah Umum itu.
  2. Memecat Visitator dari jabatannya dalam soal yang berat setelah mendengar pendapat para penasehat provinsi dan dengan persetujuan dewannya.
  3. Menetapkan berdirinya suatu Domus atau Komunitas Lokal dengan persetujuan dewannya dan setelah mendengar pendapat mereka yang bersangkutan sesuai dengan norma kanon 733

§1; membubarkan Domus atau Komunitas Lokal sambil tetap memperhatikan kuasa Visit- ator.

  1. Menetapkan berdirinya Domus suatu provinsi di dalam wilayah provinsi lain, kalau ada alasan yang berat, melalui persetujuan dewannya dan setelah mendengarkan pendapat para Visitator yang bersangkutan.
  2. Menetapkan berdirinya Domus yang tidak tergantung pada satu provinsi manapun, yang dikelola oleh Superior Lokal yang langsung bertanggungjawab kepada Superior Jendral, atas dasar alasan yang layak dan dengan persetujuan dewannya; oleh karena itu ia juga mengang- kat para Superior untuk Domus semacam itu.
  3. Memberi ijin kepada para anggota untuk mengucapkan kaul melalui persetujuan dewannya; meluluskan mereka untuk menerima tahbisan-tahbisan; memberi pembebasan dari kaul, kalau ada alasan yang berat, baik dalam hal anggota yang mengundurkan diri sesuai dengan hukum, mau-pun dalam hal anggota yang kena tindakan pemecatan.
  4. Memecat anggota keluar dari Kongregasi, sesuai dengan norma hukum universal Gereja dan hukum CM sendiri.
  5. Memberi pembebasan dari Konstitusi dengan persetujuan dewannya, dalam hal luar biasa dan demi alasan yang berat.
  6. Menyetujui norma provinsi yang ditetapkan oleh Musyawarah Provinsi melalui persetujuan dewannya.
  1. Wakil Superior Jendral
  1. Vikaris Jendral membantu Superior Jendral dan menggantikannya pada saat Superior Jendral tidak hadir atau berhalangan, sesuai dengan norma hukum CM sendiri.
  1. Vikaris Jendral dipilih oleh Musyawarah Umum sesuai dengan norma hukum CM sendiri. Orang yang terpilih menjadi Vikaris Jendral dengan sendirinya juga menjadi Asisten Jendral.
  1. Selama ketidakhadiran Superior Jendral, Vikaris Jendral memiliki kekuasaan Superior Jendral, kecuali kalau Superior Jendral menetapkan kuasa atas hal-hal tertentu menjadi salah satu hak eksklusifnya.
  1. Dalam hal Superior Jendral berhalangan, maka Vikaris Jendral menggantikannya de- ngan kuasa penuh sampai berhentinya halangan tersebut. Tetapi Dewan Pimpinan Umumlah yang menentukan halangan tersebut tanpa kehadiran Superior Jendral, tetapi dengan kehadiran Vikaris Jendral.
  1. Jika jabatan Superior Jendral kosong oleh sebab apapun, maka dengan sendirinya Vikaris Jendral menjadi Superior Jendral sampai selesainya masa bakti 6 tahun; namun dengan

persetujuan dewannya dan sekurang-kurangnya mendengar pendapat para Visitator dan Wakil Visitator, ia secepatnya mengangkat Vikaris Jendral dari antara para Asisten Jendral.

  1. Jika Vikaris Jendral, oleh sebab apapun, tidak mampu lagi bertugas, maka Superior Jendral dengan persetujuan dewannya atau sekurang-kurangnya mendengar pendapat para Visitator dan Wakil Visitator, secepatnya memilih Vikaris Jendral dari antara para Asisten Jendral.
  1. Vikaris Jendral berhenti dari jabatannya sesuai dengan norma hukum universal dan hukum CM sendiri.
  1. Asisten Jendral

115. Para Asisten Jendral ialah anggota Kongregasi yang menjadi Dewan Penasehat Superior Jendral. Mereka menolong Superior Jendral melalui pekerjaan dan nasehat mereka dalam meme- rintah Kongregasi, agar kesatuan dan kekuatan Kongregasi berkembang, agar konstitusi dan keputusan-keputusan Musyawarah Umum dilaksanakan secara effektif, agar semua Provinsi saling bekerja sama mengembangkan karya Kongregasi.

sendiri.

116.

§1 Para Asisten Jendral dipilih oleh Musywarah Umum, sesuai dengan norma hukum CM

§2 Jumlah Asisten Jendral sekurang-kurangnya 4 orang, dari provinsi-provinsi yang berbeda

dan dipilih untuk jangka waktu 6 tahun. Mereka dapat dipilih sekali lagi. Sesudah selesai 6 tahun kedua berturut-turut (dengan yang pertama), mereka tidak dapat secara langsung dipilih menjadi Vikaris Jendral.

§3 Jangka waktu 6 tahun dianggap selesai pada saat para pengganti mereka menerima jabatan itu dalam Musyawarah Umum biasa berikutnya.

117. Jabatan Asisten Jendral berhenti sesuai dengan norma hukum CM sendiri.

118.

§1 Kalau salah seorang dari para Asisten berhenti dari jabatannya, penggantinya ditunjuk oleh Superior Jendral dengan usul pertimbangan para Asisten yang lain. Pengganti ini memiliki hak dan kewajiban yang sama seperti para Asisten yang lain.

§2 Akan tetapi, bila dalam waktu 6 bulan sudah akan diadakan Musyawarah Umum, Superior Jendral tidak diharuskan menunjuk seorang pengganti.

  1. Pejabat-pejabat Pemerintahan Pusat

119.

§1 Sekretaris Jendral, Ekonom Jendral, dan Prokurator Jendral untuk Tahta Suci ditunjuk oleh Superior Jendral dengan persetujuan Dewan Penasehat dan tidak boleh dipilih dari antara para Asisten Jendral.

§2 Para pejabat itu di dalam tugas mereka berada di bawah perintah Superior Jendral dengan persetujuan Dewan Penasehat. Atas dasar tugas jabatan mereka, maka mereka termasuk di dalam rumah Pimpinan Pusat (Curia Generalis).

§3 Mereka dapat hadir dalam rapat Dewan Penasehat Umum kalau diundang oleh Superior

Jendral; namun mereka tidak memiliki hak suara, kecuali dalam hal-hal yang ditetapkan dalam Statuta.

§4 Mereka hadir dalam Musyawarah Umum dengan hak suara.

BAB  II

Pemerintahan Provinsi dan Lokal

  1. Provinsi dan Vice-Provinsi
  1. Sesuai dengan norma hukum CM sendiri, Kongregasi Misi dibagi dalam provinsi- provinsi.
  1. Sesuai dengan norma hukum CM sendiri, Kongregasi Misi juga dibagi dalam Vice- provinsi – vice-provinsi.
  1. Provinsi ialah gabungan antar beberapa Domus, yang terletak dalam batas wilayah tertentu, dipimpin oleh seorang Visitator yang memiliki kuasa ordinaria sendiri, sesuai dengan norma hukum universal dan CM sendiri.
  1. Visitator

123.

§1 Visitator adalah Superior Maior, Ordinarius dengan kuasa biasa yang khusus, yang mengepalai suatu provinsi untuk mengaturnya sesuai dengan norma hukum universal dan CM sendiri.

§2 Visitator hendaknya rajin mengusahakan partisipasi aktif semua anggota dalam hidup dan karya kerasulan provinsi; hendaknya ia mendayagunakan harta kekayaan dan diri para anggota dalam pelayanan Gereja, sesuai dengan tujuan Kongregasi. Hendaknya ia mengembangkan tugas pelayanan Domus, membaktikan diri dengan penuh perhatian bagi perkembangan pribadi dan aktivitas masing-masing anggota, dengan mengusahakan kesatuan yang penting itu.

  1. Sesuai dengan hukum CM sendiri, Superior Jendral, melalui persetujuan Dewannya, menunjuk Visitator, setelah ada konsultasi sebelumnya dengan provinsi, atau meneguhkan Visitator, setelah diadakan pemilihan sebelumnya.
  1. Tugas Visitator ialah:
  1. Mengembangkan ketaatan dan sikap hormat terhadap Konstitusi, Statuta dan Norma Pro- vinsi.
  2. Mengeluarkan peraturan-peraturan demi kebaikan Provinsi dengan persetujuan Dewannya.
  3. Menetapkan berdirinya Domus dan Komunitas Lokal di dalam wilayah provinsinya, dan menutup Domus serta membubarkan Komunitas Lokal dengan persetujuan Dewannya, sete- lah berkonsultasi dengan Superior Jendral serta mengikuti petunjuk kanon 733 §1.
  4. Mengangkat para Superior Domus, melalui persetujuan Dewannya dan setelah berkonsultasi

dengan para anggota, serta memberitahukan pengangkatan itu kepada Superior Jendral.

  1. Menetapkan seorang Superior Regional dengan kekuasaan perwakilan, melalui persetujuan Dewannya dan setelah berkonsultasi dengan para anggota yang bersangkutan serta persetuju- an Superior Jendral.
  2. Sering mengunjungi Domus dan para anggota, sedangkan kunjungan resmi sekurang-kurang- nya dua tahun sekali.
  3. Mengundang Musyawarah Provinsi, mengetuai Musyawarah itu, membubarkan para anggota Musyawarah yang hadir, dan mengumumkan norma provinsi dengan persetujuan Dewannya serta sesuai dengan hukum CM sendiri.
  4. Menerima para calon ke dalam Seminarium Internum, mengijinkan mereka mengucapkan

Bona Proposita dan kaul-kaul seturut Konstitusi dan Statuta.

  1. Memberi ijin kepada para anggota untuk menerima Tahbisan Kecil setelah berkonsultasi dengan para Superior dan Pembina; mengijinkan mereka untuk menerima Tahbisan Imamat melalui persetujuan Dewannya.
  2. Mengajukan para anggota kepada Uskup untuk ditahbiskan dan mengeluarkan surat Dimisso- ria untuk tahbisan Imamat.
  3. Mengeluarkan anggota yang belum menjadi anggota penuh setelah mendengar pendapat Dewan Penasehat dan berkonsultasi dengan para pembina.
  1. Asisten (Wakil) Visitator

126. Visitator dapat mempunyai seorang wakil Visitator, untuk mengatur provinsi, yang memenuhi syarat-syarat yang ditentukan oleh artikel 61 dan 100. Adalah tugas musyawarah provinsi menentukan apakah perlu ada wakil Visitator atau tidak.

  1. Dewan Penasehat Visitator

127. Para Penasehat yang merupakan Dewan Penasehat Visitator membantu Visitator dengan karya nyata dan nasehat dalam mengatur provinsi, agar kesatuan dan kekuatan provinsi dikembang- kan. Mereka melaksanakan dan menerapkan Konstitusi serta keputusan Musyawarah Provinsi secara efektif, agar semua Domus dan anggota bekerja sama dalam mengembangkan karya.

  1. Ekonom Provinsi

128. Dalam setiap provinsi hendaknya ada seorang ekonom yang mengurusi harta provinsi, di bawah pengawasan dan pengarahan Visitator bersama dewannya, sesuai dengan norma kanon 636

$1 dan hukum khusus.

  1. Para Pejabat Pemerintahan Lokal

lokal.

129.

§1 Kongregasi mewujudkan diri secara efektif, terutama dalam masing-masing komunitas

§2 Superior Domus menjadi pusat kesatuan dan persatuan serta menjadi jiwa hidup kom-

unitas lokal. Hendaknya ia memupuk pelayanan Domus dan membaktikan diri dengan penuh per- hatian pada perkembangan masing-masing anggota dan aktivitasnya bersama komunitas.

130.

§1 Superior lokal diangkat oleh Visitator untuk jangka waktu 3 tahun, setelah mendengarkan pendapat para anggota Domus atau Komunitas lokal. Superior dapat dipilih lagi untuk 3 tahun yang kedua, dengan syarat yang sama. Sesudah 3 tahun yang kedua, kalau perlu (dapat dipilih lagi), na- mun persoalannya harus diserahkan kepada Superior Jendral.

§2 Musyawarah provinsi dapat menentukan cara lain untuk menunjuk Superior lokal.

§3 Superior Lokal harus memiliki persyaratan yang ditentukan oleh art. 61 dan 100.

131. Sesuai dengan norma hukum, Superior lokal memiliki kuasa ordinaria dalam bidang intern maupun dalam bidang ekstern atas anggota nya dan orang-orang lain yang bertempat tinggal setiap hari (siang dan malam) dalam Domus itu. Ia dapat melimpahkan kuasa itu kepada orang lain yang mewakilinya.

132.

§1 Jika persyaratan-persyaratan untuk menetapkan berdirinya Domus kurang, atau kalau sa- lah satu karya menuntutnya, maka Visitator, dengan persetujuan Dewannya, dapat menetapkan satu- an kelompok setaraf Domus sesuai dengan norma Provinsi.

§2 Sesuai dengan norma hukum, Visitator menunjuk salah seorang anggota kelompok itu sebagai penanggungjawab kelompok, seperti seorang Superior.

§3 Satuan kelompok setaraf Domus mempunyai hak dan kewajiban yang sama seperti suatu Domus.

133. Superior lokal dapat digeser kedudukannya setiap saat, kalau Visitator memandang ada- nya alasan yang benar, adil dan seimbang dengan persetujuan Dewannya dan setelah meminta peneguhan Superior Jendral.

134.

§1 Ekonom Domus mengurusi harta kekayaan Domus sesuai dengan norma hukum universal, kongregasi dan provinsi di bawah bimbingan Superior dengan bantuan para anggota lain melalui dialog dan perhatian.

§2 Bila Visitator, dengan persetujuan dewannya, memandang perlu adanya sebuah Dewan Penasehat Domus, hendaknya mereka mendirikannya demi kepentingan salah satu Domus itu. Para Penasehat Domus, yang menolong Superior lokal dalam mengatur Domus, hendaknya ditunjuk se- suai dengan norma provinsi.

BAB III
Musyawarah

  1. Musyawarah pada umumnya

135. Kongregasi Misi memiliki 3 macam Musyawarah: Musyawarah Umum, Musyawarah Provinsi dan Musyawarah Domus. Tugas dan tujuan Musyawarah itu ialah menjaga dan mengem- bangkan daya hidup (vitalitas) kerasulan dan spiritualitas Kongregasi.

136.

§1 Tidak seorangpun mempunyai hak dua suara.

§2 Syarat-syarat yang ditambahkan atas hak suara sebelum suatu pemilihan, harus dianggap tidak diadakan.

§3 Suatu pemilihan mewajibkan kepada si terpilih untuk ikut ambil bagian dalam musywarah atau menerima suatu tugas jabatan, kecuali kalau ada keberatan yang membebaskannya. Jika ke- wajiban itu perihal ke ikutsertaannya dalam musyawarah, maka keberatan itu harus dibuktikan oleh Superior yang berwenang dan kemudian dimintakan pernyataan setuju dari musyawarah. Jika kewajiban itu perihal menerima suatu jabatan, maka keberatan yang membebaskannya itu harus dinyatakan oleh musyawarah sendiri.

§4 Tidak seorangpun dapat dengan semaunya sendiri menunjuk orang lain untuk mengganti- kannya dalam suatu musyawarah.

§5 Mayoritas suara harus dihitung dari suara masuk yang sah. Suara kosong dinilai tidak sah.

  1. Musyawarah Umum

137. Musyawarah Umum yang secara langsung mewakili seluruh Kongregasi dan sebagai Otoritas Tertinggi Kongregasi mempunyai hak untuk:

  1. Menjaga warisan Kongregasi dan mengembangkan pembaharuan yang tepat sesuai dengan warisan itu.
  2. Memilih Superior Jendral, Vikaris General dan para Asisten Jendral.
  3. Menetapkan undang-undang atau Statuta dan Keputusan-keputusan demi kebaikan Kongre- gasi, dengan tetap mempertahankan prinsip-prinsip subsidiaritas. Statuta yang tidak secara eksplisit dihapus, tetap berlaku. Keputusan-keputusan harus secara eksplisit ditegaskan lagi, agar tetap memiliki daya gerak.
  4. Memohon dari Tahta Suci perubahan-perubahan dalam Konstitusi dan untuk masalah ini usul harus disetujui oleh musyawarah dengan dua per tiga (2/3) dari jumlah suara yang sah.
  5. Menafsirkan statuta secara otentik, namun wewenang untuk memberi interpretasi otentik itu ada pada Tahta Suci.

138. Musyawarah Umum yang diadakan oleh Superior Jendral dilaksanakan secara:

  1. BIASA: untuk memilih Superior Jendral, Vikaris Jendral dan Asisten Jendral, serta untuk membicarakan masalah Kongregasi.
  2. LUAR BIASA : jika diselenggarakan oleh Superior Jendral atas dasar norma hukum kita sendiri.

139. Mereka yang harus hadir pada Musyawarah Umum ialah:

        1.        Superior Jendral, Vikaris Jendral, para Asisten Jendral, Sekretaris Jendral, Ekonom Jendral, Prokurator Jendral pada Tahta Suci.

Para Visitator dan utusan provinsi yang dipilih sesuai dengan norma hukum kita sendiri.

140.

§1 Cara pemilihan seorang Superior Jendral ialah sebagai berikut:

Kalau dalam pemilihan pertama tak seorangpun mendapat suara dua per tiga (2/3) jumlah suara, maka dilakukan pemilihan yang ke dua seperti yang pertama; jika dalam pemilihan ke dua ini juga belum terpilih seorangpun, maka diadakan pemilihan ke tiga, bahkan pemilihan yang ke empat. Setelah pemilihan ke empat tidak berhasil, diadakan pemilihan ke lima. Dalam pemilihan ke lima ini cukup ada mayoritas absolut (50% + 1 suara), dan suara yang tidak sah tidak dihitung. Kalau pemilihan ke lima tidak berhasil, diadakan pemilihan ke enam, namun yang dapat dipilih hanya dua calon yang dalam pemilihan ke lima mendapat jumlah suara yang sama; kecuali kalau beberapa mendapat suara yang sama, baik pada tempat pertama, maupun pada tempat ke dua. Kalau demikian halnya, maka semua itu tadi dapat dipilih dalam pemilihan ke enam. Dalam pemilihan ini cukup mayoritas relatif, dan suara yang tidak sah tidak dihitung. Dalam hal para calon mendapat jumlah suara yang sama, maka calon yang lebih senior, baik dalam panggilan maupun dalam usia, dianggap sebagai yang terpilih.

§2 Setelah pemilihan dilakukan sesuai dengan peraturan dan sah, dan si terpilih menerima jabatan, serta keputusan pemilihan sudah ditanda tangani, maka ketua sidang mengumumkan si terpilih dengan suara lan-tang; tetapi kalau ketua sidang sendiri yang terpilih menjadi Superior Jendral, maka Sekretaris Musyawarah Umum menulis dan menandata-ngani keputusan, dan moderator sidang mengumumkan si terpilih.

§3 Yang terpilih hendaknya tidak menolak tugas yang dibebankan padanya, kecuali jika ada alasan yang berat.

§4 Setelah pemilihan selesai dan Doa Syukur telah dipanjatkan kepada Tuhan, lalu kertas- kertas pemilihan harus dimusnahkan.

§5 Kalau orang yang baru terpilih tidak hadir, hendaknya ia segera diberitahu dan dipanggil sampai kedatangannya, dan Musyawarah Umum dapat terus membicarakan hal-hal mengenai Kongregasi.

141. Vikaris Jendral dipilih dengan syarat-syarat seperti dalam pemilihan Superior Jendral, juga dengan cara seperti dinyatakan dalam artikel 140 §1.

142.

§1 Setelah pemilihan Superior Jendral dan Vikaris Jendral selesai, maka Musyawarah Umum melanjutkan acara pemilihan para Asisten yang lain dengan caranya sendiri-sendiri.

§2 Mereka dianggap terpilih kalau mendapat suara mayoritas absolut dan suara yang tidak sah tidak dihitung; mereka diumumkan sebagai terpilih oleh pimpinan sidang Musyawarah Umum.

§3 Kalau dalam pemilihan pertama dan ke dua tak seorangpun terpilih, maka dalam pemilihan ke tiga orang yang mendapat suara mayoritas relatiflah yang terpilih. Dalam hal ada yang mendapat jumlah suara (mayoritas relatif) yang sama, maka dia yang senior dalam panggilan atau usialah yang terpilih.

  1. Musyawarah Provinsi

143. Musyawarah Provinsi sebagai pertemuan bersama para anggota, yang menjadi utusan

mewakili Provinsi, mempunyai tugas:

  1. Menetapkan norma demi kepentingan umum provinsi dalam batas-batas hukum universal dan hukum CM sendiri. Norma itu memiliki kekuatan mewajibkan setelah diteguhkan dan disetujui Superior Jendral melalui persetujuan Dewannya.
  2. Sebagai badan penasehat Visitator, membicarakan hal-hal yang dapat membawa kebaikan dan kemajuan bagi provinsi.
  3. Membicarakan usul-usul yang akan diajukan baik kepada Musyawarah Umum maupun kepada Superior Jendral atas nama seluruh Provinsi.
  4. Memilih utusan ke Musyawarah Umum sesuai dengan kebutuhan.
  5. Menetapkan norma untuk Musyawarah Domus dalam batas-batas hukum universal dan hu- kum CM sendiri. Norma ini tidak memerlukan persetujuan dan peneguhan Superior Jendral.

144.

§1 Musyawarah Provinsi harus diadakan dua kali dalam 6 tahun; yang satu sebelum Musya- warah Umum, dan yang lain pada waktu antara (dua musyawarah itu).

§2 Untuk suatu kepentingan yang sangat perlu, Visitator dengan persetujuan dewannya, dan setelah mendengar pendapat para superior lokal, dapat mengadakan suatu Musyawarah Provinsi luar-biasa.

  1. Pada Visitator-lah wewenang mengadakan Musyawarah Provinsi dan memimpinnya; membubarkan yang hadir dan memaklumkan nor ma dengan persetujuan musyawarah itu sendiri.
  1. Kecuali kalau dalam norma provinsi ditentukan lain, maka yang harus hadir dalam Mu- syawarah Provinsi ialah:
  1. Ex officio (dari tugasnya): Visitator, para Penasehat provinsi, Ekonom Provinsi dan masing- masing Superior Domus.
  2. Para utusan yang sudah dipilih sesuai dengan norma hukum khusus.
  1. Musyawarah Domus

147.

§1 Suatu Musyawarah Domus diadakan dan dilaksanakan sehubungan dengan adanya Mu- syawarah Provinsi.

§2 Semua anggota yang memilik suara aktif harus diundang pada Musyawarah Domus ini.

§3 Tugas Musyawarah Domus ialah: Membicarakan apa yang ingin diusulkan oleh Domus kepada Musyawarah Provinsi; juga membicarakan hal-hal yang diajukan oleh Panitia Persiapan Musyawarah Provinsi untuk dibahas dan diputuskan.

Seksi 2 – Harta Benda

148.

§1 Kongregasi Misi memiliki harta benda karena tuntutan karya pastoral dan hidup bersama; Kongregasi menggunakan harta benda itu sebagai sarana penunjang dalam mengabdi Tuhan dan orang miskin menurut semangat dan praktek Pendiri kita. Kongregasi mengelola harta benda itu, sebagai harta warisan dari orang miskin, dengan penuh hati-hati dan teliti, namun tanpa usaha untuk

menumpuk harta benda.

§2 Kongregasi Misi menjunjung tinggi bentuk hidup bersama dari kemiskinan Injili, dalam arti ini: bahwa semua harta Kongregasi itu milik bersama, dan Kongregasi menggunakan milik itu untuk dapat melaksanakan dan mencapai tujuannya yang khusus itu dengan lebih baik.

149. Karena seluruh harta itu milik bersama, maka sesuai dengan norma hukum para anggota memiliki tanggungjawab bersama dalam mendapatkan, mengelola dan menggunakan harta Domus maupun Provinsi; dengan tetap mempertahankan segi pembagian yang seimbang, prinsip di atas juga berlaku bagi harta seluruh Kongregasi.

150.

§1 Domus, Komunitas Lokal, Provinsi dan Kongregasi sendiri mampu untuk mendapatkan, memiliki, mengelola dan memindah-tangankan harta benda. Sesuai dengan keperluannya, maka para Superior (Domus, Komunitas Lokal dst) menjadi pelaksana resmi di depan hukum, juga di hadapan penguasa sipil, kecuali jika ditentukan lain.

§2 Sumber harta benda kita ialah pekerjaan para anggota dan cara lain yang halal untuk men- dapatkan harta benda.

151. Demi kepentingan umum, Domus harus menolong Provinsi dalam hal-hal yang diperlu- kan baik untuk pemerintahan (provinsi) yang baik maupun untuk mencukupi kebutuhan-kebutuhan umum; hal yang sama harus dikatakan mengenai Provinsi terhadap Pemerintahan Pusat (Curia Generalis).

152.

§1 Dalam hal harta benda hendaknya masing-masing Domus saling berkomunikasi satu sama lain, sehingga Domus yang memiliki harta yang berlebih menolong Domus lain yang sedang meng- alami kekurangan.

§2 Kongregasi, Provinsi dan Domus hendaknya secara sukarela mencukupi kebutuhan orang lain yang mendesak dari harta kekayaannya, serta memenuhi kebutuhan hidup sehari-hari orang- orang miskin.

153.

§1 Para anggota yang ditugaskan untuk itu mengelola harta benda kita untuk memenuhi kebutuhan sehari-hari yang layak bagi para anggota dan memberi tunjangan secukupnya secara tepat untuk karya kerasulan anggota serta aktivitas dan karya-amal-kasih mereka.

§2 Harta benda komunitas harus dikelola oleh Ekonom masing-masing komunitas di bawah pengawasan dan bimbingan Superior bersama dewannya, dalam batas-batas hukum universal dan hukum CM sendiri dan sesuai dengan asas subsidiaritas.

154.

§1 Para pengelola harta benda hendaknya selalu ingat bahwa mereka hanyalah penyalur harta benda komunitas. Karena itu hendaknya mereka mengeluarkan harta benda demi penggunaan yang layak untuk tingkat hidup para anggota; hendaknya mereka selalu bertindak sesuai dengan hukum sipil yang adil dan sesuai dengan norma dan semangat Kongregasi.

§2 Para pengelola hendaknya mencukupi kebutuhan para anggota dengan murah hati dalam semua masalah yang menyangkut hidup sehari-hari, tugas khusus dan karya kerasulan mereka. Peng- gunaan harta benda sedemikian itu hendaknya mendorong para anggota untuk mengembangkan kesejahteraan para miskin dan untuk menjalankan hidup persaudaraan yang benar.

§3 Para pengelola hendaknya memelihara keadilan dan keseimbangan dalam pembagian harta benda, karena mereka harus mengembangkan hidup berkomunitas di antara para anggota. Hendaknya mereka memenuhi kebutuhan pribadi para anggota masing-masing sesuai dengan norma yang ditentukan oleh Musyawarah Provinsi.

155. Ijin tertulis dari Superior yang berwenang dengan persetujuan dewannya diperlukan untuk suatu pengalihan harta benda secara sah, serta urusan keuangan yang lain di mana kondisi ke- uangan persona hukum akan menjadi lebih buruk. Kalau masalahnya mengenai urusan keuangan yang menyangkut harta benda yang diberikan kepada Gereja, serta harta benda yang amat berharga, karena nilai seni atau nilai sejarah, perlu juga ijin dari Tahta Suci.

KONSTITUCIJE MISIJONSKE DRUŽBE

Ljubljana 1985

 

SACRA CONGREGATIO PRO RELIGIOSIS
ET INSTITUTIS SAECULARIBUS
Prot. n. P. 53 – 1/81

ODLOK SVETE KONGREGACIJE (1984)

Misijonska družba, ki jo je ustanovil sv. Vincencij Pavelski, ima za svojo posebno apostolsko nalogo oznanjati evangelij ubogim in pospeševati vzgojo duhovščine.

Držeč se pravil 2. vatikanskega zbora in drugih naredb Cerkve je marljivo pripravila novo besedilo konstitucij, ki ga je vrhovni predstojnik predložil svetemu sedežu, da prejme častno potrditev.

Sveta kongregacija za redovnike in svetne ustanove je predloženo besedilo dala svetovalcu v poseben pregled; upoštevajoč ugodno oceno skupščine in po vsestranskem premisleku zdaj v moči tega odloka odobrava in potrjuje besedilo, kakor je izdelano v latinskem jeziku in shranjeno v njenem arhivu; upoštevati pa je treba, kar se po pravu mora upoštevati.

Bog daj, da bi vsi člani Misijonske družbe s pomočjo božje milosti in na priprošnjo sv. Vincencija Pavelskega nove konstitucije sprejeli s hvaležnim srcem kot dober pripomoček za vedno lepše napredovanje pri tako velikem delu, ki jim ga zaupa Cerkev.

Dano v Rimu v zgradbi Svete kongregacije za redovnike in svetne ustanove 29. junija, na slovesni praznik sv. apostolov Petra in Pavla, v Gospodovem letu 1984.

+ Vincentius Fagiolo, tajnik
+ Fr. Jerome Hamer O. P., proprefekt

 

CURIAMISSIONE, Via di Bravetta, 159
00164 ROMA

Richard McCullen (1984)

generalni superior Misijonske družbe,
našim v Kristusu ljubljenim
duhovnikom, klerikom in bratom
pozdrav v Gospodu.

V zgodovini naše Družbe je gotovo velikega pomena dejstvo, da je Sveta kongregacija za redovnike in svetne ustanove nedavno odobrila naše Konstitucije.

Okrog trideset let je že minilo od dne, ko je naš prednik William Slattery častitljivega spomina razglasil (1954) prejšnje Konstitucije, prirejene po predpisih Zakonika cerkvenega prava iz leta 1917.

Po študiju, razmišljanju in molitvah, ki so trajali sedemnajst let, in po razpravljanjih na treh občnih zborih pa je zdaj sveti sedež potrdil naše Konstitucije, ki vam jih izročam z veselim srcem.

Naj mi bo dovoljeno o njih reči samo to: najbolj odločilno, koliko bomo prispevali k življenju krajevne Cerkve, v kateri je naša Družba zasajena, bo to, koliko bomo zvesti črki in duhu Konstitucij.

Na straneh te knjige je zarisana identiteta Družbe v Cerkvi. Ta identiteta pa naj zaradi nas ne ostane samo v tej knjigi. Besedilo Konstitucij si moramo marveč vtisniti globoko v svoja srca in ga izražati v vsakdanjem življenju, da bomo spolnili svoj poklic oznanjevalcev evangelija ubogim.

Konstitucije moramo zato pogosto brati, branje pa mora stalno spremljati molitev. Močno torej želim – kar je gotovo vam vsem pri srcu – da bi te konstitucije postale uspešno sredstvo, s pomočjo katerega bomo laže ljubili, kar je sv. Vincencij ljubil, in radi izvrševali, kar je učil.

Ko sprejemamo te konstitucije od svetega sedeža, mi nehote prihaja na misel konferenca, ki jo je imel naš ustanovitelj 17. maja 1658, ko je vsakemu sobratu posebej izročil knjižico Splošnih pravil.

Prav z besedami sv. Vincencija lahko izrazimo željo, ki jo je on sam takrat izrazil:

»Od dobrote Vsevišnjega moramo pričakovati vsake vrste dobrin in blagoslova za vse, ki se bodo zvesto držali pravil, ki nam jih je sam dal: blagoslova za njih osebe, blagoslova za njih početje, blagoslova končno za vse, kar je ali kar bo njihovega… Zanesem pa se, bratje, da boste z božjo milostjo in svojo ljubeznijo danes vsi obnovili tisto zvestobo, s katero ste že do zdaj ta pravila izvajali v življenju.

Hkrati upam, da vam bosta vaša zvestoba in potrpežljivost, s katerima ste na pravila tako dolgo čakali, od božjega usmiljenja dosegli to milost, da jih boste mogli v prihodnje še laže spolnjevati« (Coste XII,11).

V ljubezni našega Gospoda Jezusa Kristusa in njegove brezmadežne Matere sem iz vsega srca vaš vdani sobrat.

V Rimu, 27. septembra 1984,
na slovesni praznik sv. Vincencija Pavelskega

RAZGLASITVENI ODLOK (1984)

Te konstitucije, ki jih je 29. junija pregledala in odobrila Sv. kongregacija za redovnike in svetne ustanove, pošiljam vsem članom naše Družbe in v soglasju s svojim svetom določam, potem, ko je minil primeren čas za njih udejstvitev, da dobijo obvezno moč od 25. januarja 1985, od praznika spreobrnitve sv. Pavla naprej.

V Rimu, 27. septembra 1984,

na slovesni praznik sv. Vincencija Pavelskega

Richard McCullen CM

Uvod

Misijonska družba, ki jo je ustanovil sv. Vincencij, si po volji Cerkve prireja svoje temeljno pravo, da bi po smernicah 2. vatikanskega cerkvenega zbora poživila svojo apostolsko dejavnost in življenje v sedanjem svetu.

Zato se zaveda, da preživlja poseben čas milosti; čuti tudi delovanje Svetega Duha, ki veje nad njo in jo spodbuja, naj se obnavlja in hodi zvesto po stopinjah sv. Vincencija.

Družba sama želi ohraniti in določiti svoje mesto in poslanstvo v Cerkvi; zato ima za potrebno, da se vrne k svojim virom ter k duhovnim izkušnjam in namenom sv. Vincencija. Tako bo lahko bolje spoznavala in skrbneje ohranjala ne le svojo začetno naravo in duha sv. ustanovitelja, ampak bo iz istih virov črpala tudi bolj bogato navdihnjenje; pozorna bo na božjo voljo, ki se kot že v Vincencijevem času na poseben način kaže v potrebah sodobnih ubogih, in bo tako uresničevala svoj poklic.

* * *

Vincencij Pavelski je bil rojen v vasi Pouy leta 1581. Že kot otrok je živel med ubogimi in spoznaval njihove življenjske razmere. Leta 1600 je postal duhovnik. Najprej je sicer želel, da bi se rešil iz skromnih razmer, v kakršnih je bil rojen. Pod vodstvom učiteljev duhovnega življenja ga je pa prevzela misel, da mora gledati, kako bi si pridobil popolnejšo svetost. Tudi božja Previdnost ga je po raznih dogodkih v njegovem življenju vodila k temu, da se je nazadnje odločil posvetiti svoje življenje blagru ubogih.

Šele ko je pri Gannesu in 25. januarja 1617 v Follevillu opravljal duhovniško službo, je spoznal, da je nujno ubogim oznanjati evangelij. Sam je trdil, da je bil to začetek njegovega poklica in Misijonske družbe.

Ko je končno avgusta istega leta v Chatillon–les–Dombes ustanovil bratovščino krščanske ljubezni za pomoč bolnim, ki so bili brez vsake pomoči, mu je postalo jasno in je tudi povedal, da je nujno oznanjati evangelij ubogim in jim pomagati.

Njegova duhovna izkušnja je polagoma dozorevala, ko je v osebi ubogih gledal Kristusa in mu služil. Še več: misel na Kristusa, ki ga je Oče poslal, da oznanja evangelij ubogim, je postala celo središče njegovega življenja in apostolskega delovanja. Prisluhnil je klicem tedanjega sveta in družbe ter se jih naučil razbirati v luči vse močnejše ljubezni do Boga in ubogih, ki so jih mučile vsakovrstne nadloge: čutil je, da je poklican lajšati vsakovrstno bedo.

Med raznimi dejavnostmi je posebno skrb posvečal oznanjevanju evangelija. Prve sodelavce je s pogodbo, sklenjeno 17. aprila 1625, zbral okoli sebe, da bi z njimi oznanjal evangelij kmečkemu ljudstvu; z listino združitve, ki so jo podpisali 4. septembra 1626, so se obvezali sestavljati Družbo, v kateri bodo živeli skupno in se posvetili zveličanju ubogega kmečkega ljudstva.

Ko so se Vincencij in sodelavci posvečali evangelizaciji ubogih, so prišli do jasnega spoznanja, da ne bo mogoče ohraniti sadov ljudskih misijonov, če ne poskrbijo za vzgojo duhovnikov. To delo so začeli leta 1628 v mestu Beauvais, ko so na škofovo željo pridigali na duhovnih vajah za klerike, ki so se pripravljali na redove. Bili so prepričani, da s tem pripravljajo Cerkvi dobre pastirje.

Vincencij je skušal pritegniti čim več sodelavcev, bogatih in revnih, preprostih in imenitnih, da bi mogel v raznovrstnih potrebah čimbolj pomagati; potem pa je uporabljal vsa sredstva, da jim je vzbujal sočutje za revne, ki so bolj kot drugi Kristusova podoba; posredno in neposredno jih je spodbujal, naj pomagajo ubogim. Triko prostovoljno zavzemanje za uboge so vse do današnjih dni posnemale Družba hčera krščanske ljubezni in bratovščine krščanske ljubezni, ki jih je ustanovil, in še druge, ki so iz njih izšle; pa še posamezniki, ki so sklenili, da sprejmejo tega duha.

V gorečnosti za uboge se je še spopolnil, ko je začel z misijoni med pogani in je leta 1648 poslal svoje prve člane na Madagaskar.

Ko je Družba rasla, je polagoma opredeljevala svoj poklic, ureditev in skupno življenje; skrbno je branila svojo posebnost, da je svetna ustanova, čeprav so v njej člani svojo stanovitnost utrjevali z zaobljubo uboštva, čistosti in pokorščine. Te značilnosti so še danes dediščina Družbe.

* * *

Vse to je v popolnem skladu z namenom sv. ustanovitelja in je bilo zapisano tudi v dokumentih, ki ugotavljajo začetek in ureditev Družbe; tako je Urban VIII. v buli »Salvatoris nostri« 12. januarja 1633 takole izjavil: »Glavni namen te Družbe in njenih članov ter posebna naloga je, da s pomočjo bolje milosti delajo za svoje zveličanje in zveličanje tistih, ki prebivajo na pristavah, v vaseh, na deželi ter v manjših krajih in naseljih; v večjih naseljih in v mestih pa naj zasebno poučujejo tiste, ki naj bi prejeli redove; vodijo naj jim duhovne vaje in naj jih pripravljajo na prejem redov. »Aleksander VII. je pa v brevu »Ex commissa nobis« 22. septembra 1655 potrdil »preproste zaobljube čistosti, uboštva in pokorščine ter stanovitnosti v imenovani Družbi, ki ima namen, da bi se … vse življenje posvečali delu za zveličanje ubogega kmečkega ljudstva. Zaobljubitve pa naj nihče ne sprejema ne v imenu Družbe ne v našem imenu oziroma v imenu vladajočega papeža.« Dodal je še izjavo, da je »omenjena Misijonska družba v vsem izvzeta izpod oblasti krajevnih ordinarijev; ne velja pa to za tiste, ki jih bodo predstojniki te Družbe poslali na misijone, kolikor se le teh tiče. Omenjena Družba naj se zato ne uvršča med redovne družbe, ampak naj bo v sestavu svetne duhovščine«.

Sv. Vincencij je tej Družbi, ki jo je skrbno oblikoval v Gospodovem duhu, po večletnih izkušnjah dal splošna pravila ali konstitucije. V njih mu je bil izhodišče pogled na to, kaj je Gospod delal in učil, da bi izpolnjeval voljo Očeta, ki ga je poslal, da bi oznanjal evangelij ubogim. Tako je podal tista načela evangeljske popolnosti, ki morajo bolj živo navdihovati duhovnost, apostolsko dejavnost in bratsko življenje v njegovi ustanovi.

Poklic in poslanstvo Družbe je bolj jasno razložil v začetku Splošnih pravil, kjer je obenem nakazal pot, po kateri naj bi se uresničevala: ,Naš Gospod Jezus Kristus, ki je bil poslan na svet, da bi rešil človeški rod, je po pričevanju Svetega pisma začel delati in učiti. Prvo je izpolnil s tem, da je najpopolneje izvrševal vse kreposti; drugo pa tako, da je ubogim oznanjal evangelij ter dajal apostolom in učencem nauke, ki so potrebni za vodstvo narodov. Naša mala Misijonska družba želi s pomočjo milosti in po svojih slabih močeh posnemati Gospoda Jezusa Kristusa v njegovih krepostih in v njegovem delovanju za zveličanje bližnjega, zato je primerno, da uporablja podobna sredstva, da to sveto namero prav izvede. Potemtakem je njen namen: 1. skrbeti za lastno popolnost, tako da kolikor mogoče izvršuje kreposti, katerih nas je ta najvišji Učenik blagovolil učiti z besedo in zgledom; 2. oznanjevati evangelij ubogim, zlasti kmečkim ljudem; 3. pomagati duhovnikom, da si pridobijo znanosti in kreposti, ki jih zahteva njih stan« (Sp I,1).

* * *

S temi besedami je sv. Vincencij svojemu duhovnemu potomstvu, se pravi članom Misijonske družbe, zaupal poseben poklic, nov način skupnega življenja, pa tudi stalno spodbudo s ciljem, ki pa ga je treba neprestano in modro prilagajati času.

KONSTITUCIJE MISIJONSKE DRUŽBE

Prvi del

POKLIC

K 1.

Namen Misijonske družbe je posnemati Kristusa, ki je oznanjal evangelij ubogim. Člani in skupnosti v zvestobi do sv. Vincencija dosegajo ta namen:

a) ko se z vsemi močmi skušajo navzeti Kristusovega duha (Sp I,3), da bi dosegli poklicu primerno popolnost (Sp XII,13);

b) ko oznanjajo evangelij ubogim, zlasti bolj zapuščenim;

c) ko pomagajo pri vzgoji duhovnikov in laikov ter jih navajajo k večjemu sodelovanju pri evangelizaciji ubogih.

K 2.

Misijonska družba upošteva svoj cilj; pri tem ima pred očmi evangelij in je vedno pozorna na znamenja časa in nujnejše klice Cerkve; tako skrbi za to, da utira nova pota ter uporablja času in kraju primerna sredstva; poleg tega skuša svoja opravila presojati in prilagajati potrebam ter živeti tako, da se neprestano obnavlja.

K 3.

§ 1. Misijonska družba je papeškopravna kleriška družba apostolskega življenja; v njej člani delajo za sebi lastni apostolski cilj, ki jim ga je v dediščino zapustil sv. Vincencij in ga je Cerkev odobrila; gojijo bratsko življenje v skupnosti po svojem življenjskem načrtu ter s spolnjevanjem konstitucij teže po popolnosti v ljubezni.

§ 2. Misijonska družba v skladu z izročilom, ki izhaja od sv. Vincencija, vrši svoj apostolat v tesnem sodelovanju s škofi in škofijsko duhovščino, zaradi česar je sv. Vincencij večkrat naglašal, da je Misijonska družba svetna, čeprav uživa sebi lastno samostojnost (avtonomijo), ki ji jo podeljujeta bodisi splošni zakon ali izvzetost.

§ 3. Da bi člani Misijonske družbe uspešneje in zanesljiveje delali za cilj svoje Družbe, naredijo zaobljube stanovitnosti, čistosti, uboštva in pokorščine po konstitucijah in statutih.

K 4.

Misijonsko družbo sestavljajo kleriki in laiki. Da bi z božjo milostjo dosegla zastavljeni cilj, se skuša navzeti Kristusovega mišljenja in čustvovanja; biti želi istega duha kot on. Ta duh je jasno razviden iz evangelija in prikazan v Splošnih pravilih.

K 5.

Duh Družbe je sprejemanje duha samega Kristusa, kakor ga podaja sv. Vincencij: »Poslal me je oznanjat evangelij ubogim« (Lk 4,18). Zato »je Jezus Kristus pravilo Misijonske družbe« in naj bo središče njenega življenja in dejavnosti (Coste XII,130).

K 6.

Duh Družbe torej obsega tista najgloblja Kristusova razpoloženja, ki jih je ustanovitelj priporočal svojim članom že od začetka: ljubezen in spoštovanje do Očeta, sočutno in dejavno ljubezen do ubogih, sprejemljivost za vodstvo božje Previdnosti.

K 7.

Družba hoče svojega duha izražati s peterimi krepostmi, ki so povzete iz posebnega gledanja na Kristusa; to so: preprostost, ponižnost, krotkost, zatajevanje in gorečnost za zveličanje duš. O njih je rekel sv. Vincencij: »Družba naj si še skrbneje prizadeva, da bo te petere kreposti gojila in izvrševala tako, da bodo postale nekake dušne zmožnosti vse Družbe in bodo vedno oživljale vsa dejanja vsakega izmed nas« (Sp II,14).

K 8.

Vsi naj se vedno prizadevajo za globlje spoznanje tega duha; zato naj po zgledih in naukih sv. Vincencija prebirajo evangelij in se zavedajo, da se morajo duh in naša opravila vzajemno prepajati.

K 9.

Naš poklic – to je namen, narava in duh – mora nadalje odločati o življenju in ureditvi Družbe.

Drugi del

ŽIVLJENJE V DRUŽBI

1. poglavje

APOSTOLSKA DEJAVNOST

K 10.

Misijonska družba se že od ustanoviteljevega časa in po njegovem navdihu zaveda, da jo je Bog poklical, naj oznanja evangelij ubogim.

Iz posebnega razloga je lahko s celotno Cerkvijo prepričana, da mora v oznanjevanju evangelija gledati svojo milost in svoj poklic; to je tudi pristen izraz njene narave (prim. En 14).

Vsi člani in vsak posebej si celo upajo reči z Jezusom: »Moram oznanjati božje kraljestvo, ker sem za to poslan« (Lk 4,43).

K 11.

Ljubezen Kristusa, ki se mu je množica smilila (prim. Mr 8,2), je vir vse naše apostolske dejavnosti; spodbuja nas, da »dajajmo evangeliju dejansko učinkovitost« (Coste XII,84).

Naše oznanjevanje v besedi in dejanju naj bi v različnih okoliščinah krajev in časov težilo za tem, da bi vsi, ki bi se spreobrnili in prejeli zakramente, zaživeli za »kraljestvo, nov svet, novo stanje stvari, nov način bivanja, za življenje, sožitje z drugimi; v vse to namreč uvaja evangelij« (En 23).

K 12.

Družba si je zastavila nalogo, da oznanja evangelij; pri tem naj bi upoštevala naslednja navodila:

a) jasno in izrecno prvenstvo apostolata med reveži; oznanjevati evangelij tem je znamenje, da se je približalo božje kraljestvo na zemlji (prim. Mt 11,5);

b) če smo pozorni na to, kakšna je dejansko človeška družba, zlasti na to, kaj povzroča neenako razdelitev dobrin na svetu, bomo bolje spolnjevali preroško nalogo oznanjevanja;

c) nekaj enakosti z reveži naj bo in zavest, da ne bomo samo mi njim oznanjali evangelij, temveč da ga bodo tudi oni nam;

č) imejmo pravi smisel za skupnost pri apostolskem delovanju, tako da se med seboj krepimo v skupnem poklicu;

d) po vzoru prvih misijonarjev v Družbi bodimo pripravljeni za delo po vsem svetu;

e) stalno spreobračanje naj bo naloga vsakega člana in celotne Družbe po nauku sv. Pavla, ki opominja: »Ne ravnajte se po tem svetu, ampak preobrazujte se z obnovo svojega mišljenja« (Rim 12,2).

K 13.

Province naj same presojajo, kakšne oblike apostolata naj sprejmejo, da bodo zveste duhu in zgledu sv. Vincencija. Svojo apostolsko dejavnost naj vključujejo v pastoralno delo krajevne Cerkve po odločbah in navodilih, ki jih izdajajo sveti sedež, škofovske konference in krajevni škofje.

K 14.

Ljudske misijone, ki so bili ustanovitelju izredno pri srcu, je treba bolj zvesto pospeševati. Zato se bomo posvečali misijonskemu delu, prilagojenemu razmeram in krajem; iskali bomo vse možnosti, da damo temu delu nov polet, bodisi da z njim obnovimo in zgradimo pravo krščansko skupnost bodisi da v nevernih zbudimo vero.

K 15.

Vzgoja v bogoslovnih semeniščih je bila že od začetka ena Družbenih dejavnosti, zato naj se primerno in učinkovito obnovi.

Sobratje naj poleg tega dajejo duhovnikom duhovno pomoč bodisi pri njihovem stalnem oblikovanju bodisi z gojitvijo pastoralnega študija. Zbujajo naj v njih željo, da bi se zavzeli za blagor revežev, saj si jih je Cerkev izbrala za svoj delež.

Naj prebujajo in pravilno pripravljajo laike tudi za pastoralno delo, ki je potrebno v krščanski skupnosti.

Končno naj klerike in laike uče, da bodo združeno delali in se pri oblikovanju krščanske skupnosti vzajemno podpirali.

K 16.

Med apostolskimi dejavnostmi Družbe zavzemajo odlično mesto misijoni med pogani ali med ljudstvi, ki so glede evangelizacije v podobnih razmerah.

Ko misijonarji snujejo novo cerkveno skupnost, naj skrbno pazijo na »semina Verbi« (semena Besede), ki jih najdejo v kulturi in vernosti ljudstva (prim. En 53).

K 17.

Misijonska družba in usmiljene sestre imajo isto duhovno dediščino, zato naj jim sobratje radi pomagajo, če so naprošeni; zlasti še glede duhovnih vaj in duhovnega vodstva.

Pri dejavnostih, ki so jih skupno sprejeli, naj vedno z njimi bratsko sodelujejo.

K 18.

Province in sobratje sami naj posnemajo sv. Vincencija, ki je po zgledu prilike o usmiljenem Samarijanu (Lk 10,30–37) z uspešnim delovanjem pomagal zapuščenim; po svojih močeh naj bi pomagali tistim, ki so odrinjeni na rob družbe, dalje žrtvam raznih nesreč in krivic; pa tudi tistim, ki jih je zajela moralna beda sedanjega časa.

Skušajo naj njim v prid in v sodelovanju z njimi zadostiti zahtevam socialne pravičnosti in evangeljske ljubezni.

2. poglavje

SKUPNO ŽIVLJENJE

K 19.

Sv. Vincencij je v Cerkvi zbral člane zato, da bi se v novi obliki skupnega življenja posvetili evangelizaciji revežev. Vincencijanska skupnost je namreč urejena tako, da pripravlja apostolsko dejavnost, ki jo vztrajno goji in podpira. Tako se vsi v bratski skupnosti živeči člani in vsak posebej stalno obnavljajo in prizadevajo spolnjevati skupno poslanstvo.

K 20.

Kakor Cerkev in v Cerkvi ima Družba najvišje počelo svojega delovanja in življenja v presveti Trojici.

a) Živimo namreč v skupnosti, da bi oznanjali Očetovo ljubezen do ljudi, to ljubezen pa izražamo v svojem življenju.

b) Posnemamo Kristusa, ki je zbral apostole in učence in z njimi bratsko živel, da je tako oznanjal evangelij ubogim.

c) Po navdihu Svetega Duha ustvarjamo pri svojem misijonskem poslanstvu medsebojno edinost, da tako prepričljivo pričamo za Kristusa Odrešenika.

K 21.

§ 1) Skupno življenje je značilnost in redna oblika življenja Družbe že od njenega začetka; tako je jasno hotel sv. Vincencij. Zato morajo člani po predpisih lastnega prava prebivati v zakonito ustanovljeni hiši ali skupnosti.

§ 2. Z bratskim sožitjem, ki ga stalno hrani poslanstvo, oblikujemo skupnost tako, da delamo za osebni in občestveni napredek ter za uspešnejše delo evangelizacije.

K 22.

Skupnosti pripadamo s tem, da ji darujemo sebe in vse svoje. Hkrati pa je treba primerno upoštevati, kar spada k zasebnemu življenju. Do vsega tega imejmo spoštovanje. Skupnost naj pospešuje osebne talente. Pobude sobratov naj se presojajo v luči namena in poslanstva. Tako se ob posebnostih in karizmah posameznikov skupnost krepi in poslanstvo postaja rodovitno.

K 23.

Vsaka krajevna skupnost naj uživa potrebno samostojnost, da bo to res kraj, kjer prihaja do veljave skupno usklajevanje apostolata in življenja bodisi province ali Družbe. Saj je krajevna skupnost živi del celotne Družbe.

K 24.

Da bo skupno življenje res pripomoglo k našemu apostolatu, naj bo prežeto z ljubeznijo; v njem skušajmo gojiti zlasti petere kreposti; tako bo svetu res znamenje novega življenja po evangeliju. Zato:

a) si bomo prizadevali za čim večjo slogo, da bomo lahko izvrševali svoje poslanstvo; pomagali si bomo med seboj zlasti v težavah; s preprostim srcem si bomo med seboj deliti veselje;

b) ob pomoči nujne službe oblasti bomo gojili odgovornost in skupaj s superiorjem odkrivali božjo voljo v življenju ter delovanju; tako bo naša pokorščina dejavna; med seboj bomo gojili dialog, da ne bi prevladala individualna oblika življenja;

c) v ponižni in bratski ljubezni bomo pozorni na mišljenje in potrebe vsakega sobrata in bomo tako skušali premagati težave, ki jih prinaša skupno življenje; bratske opomine si bomo dajali blago in pripravljeni bomo na medsebojno spravo;

č) skrbno bomo skušali ustvariti take razmere, kot so potrebne za delo, počitek, molitev in bratski pogovor; zato bomo previdno in modro uporabljali občila in brez škode za zahteve apostolata namenili kakšen del hiše skupnosti, tako da bo tam zavarovana njena domačnost.

K 25.

Skupnost stalno oblikuje sama sebe zlasti s tem, da obnavlja glavne sestavine našega življenja in dela; to so:

a) skupna hoja za Kristusom, oznanjevalcem evangelija, ki poraja v nas posebne vezi ljubezni in naklonjenosti; zaradi tega bomo medsebojno spoštovanje združevali z iskreno dobrohotnostjo, kot to delajo dobri prijatelji (Sp VIII,2);

b) oznanjevanje evangelija ubogim, ki daje edinost vsem našim opravilom, ne uničuje talentov in sposobnosti, čeprav so različne, temveč jih usmerja k izvrševanju tega poslanstva;

c) molitev, zlasti pa evharistija, ki imamo v njej vir duhovnega, skupnostnega in apostolskega življenja;

č) naše imetje, ki bo po nauku sv. Vincencija skupno in ga bomo radi med seboj delili.

Naše življenje tako res postane skupnost bratskega sožitja, dela, molitve in imetja.

K 26.

§ 1. Bolni, slabotni in ostareli sobratje nam bodo močno pri srcu; v njihovi navzočnosti bomo gledali blagoslov naših hiš. Zato jim bomo nudili ne samo zdravniško pomoč in olajšave za življenje, temveč jim bomo dali mesto tudi pri družinskem življenju in apostolatu.

§ 2. Za rajne sobrate pa bomo zvesto darovali v statutih predpisane molitve.

K 27.

Vsaka skupnost bo skušala izdelati občestveni načrt v smislu konstitucij, statutov in provincialnih norm. Ta načrt naj se upošteva v urejanju življenja in dela, pri sejah svetov in pri občasni presoji našega življenja in delovanja.

3. poglavje

ČISTOST, UBOŠTVO, POKORŠČINA

K 28.

V želji, da nadaljujemo Kristusovo poslanstvo, se v Družbi vse življenje posvečujemo evangelizaciji ubogih. Da moremo opravljati ta poklic, gojimo čistost, uboštvo in pokorščino v smislu konstitucij in statutov. »Naša najmanjša Misijonska družba (je v prizadevanju), da bi služila zveličanju duš, zlasti zveličanju ubogega kmečkega ljudstva, (namreč) prepričana, da v resnici ne more uporabljati boljšega in pripravnejšega orožja od tistega, ki ga je s tolikim uspehom in pridom uporabila večna Modrost« (Sp II,18).

K 29.

§ 1. Ker posnemamo Kristusa v njegovi ljubezni do vseh ljudi, zaradi božjega kraljestva gojimo popolno čistost (= se z zaobljubo obvežemo k popolni čistosti) v celibatu. Sprejmemo jo kot dar, ki ga nam podeljuje osebna in neizmerna božja dobrohotnost.

§ 2. Tako bolj na široko odpiramo svoja srca Bogu in bližnjemu; vse naše delovanje postane vesel izraz ljubezni med Kristusom in Cerkvijo, ki se bo v polnosti razodela v večnosti.

K 30.

Čistost bomo ohranili s tesno povezanostjo s Kristusom, z zares bratsko skupnostjo, z apostolsko zavzetostjo in gojitvijo askeze, ki je preizkušena v Cerkvi. Tako bo čistost kot trajen in zrel odgovor na božji klic vir duhovne rodovitnosti v svetu; veliko bo tudi pripomogla, da bomo dosegli človeško zrelost.

K 31.

»Ker je Kristus, pravi gospodar vseh stvari, uboštvo tako ljubil, da ni imel, kamor bi glavo položil, in ker je postavil tiste, ki so z njim delovali na misijonih, namreč apostole in učence, na enako stopnjo uboštva, tako da niso imeli ničesar svojega…, zato naj si vsak prizadeva, da bo po svojih slabih močeh v izvrševanju te kreposti posnemal Gospoda Jezusa« (Sp III,1). S tem bodo člani pokazali, da so popolnoma odvisni od Boga, in bo tudi evangelizacija ubogih postala uspešnejša.

K 32.

§ 1. Ko člani opravljajo svojo službo v smislu namena Družbe in po načrtu skupnosti, naj imajo zavest, da jih veže splošni zakon dela.

§ 2. Sadovi dela ali karkoli posameznik dobi po včlanjenju v Družbo kot pokojnino, podporo ali zavarovanje (op.: zavarovalnino; glede izraza prim. kan. 668,3) je po njenem lastnem pravu lastnina skupnosti, tako da nam bo po zgledu prvih kristjanov zares vse skupno in da se bomo dobrohotno med seboj podpirali.

K 33.

Ob pogledu na življenjske razmere ubogih naj naše življenje razodeva preprostost in skromnost. Sredstva za apostolat so sicer lahko bolj uspešna in moderna, vendar se pri njih varujmo vsakega razkazovanja.

Kar je potrebno za vzdrževanje in izpopolnjevanje sobratov ter za uspešno delo, naj bo kolikor mogoče sad dela vseh. Družba pa naj se varuje, da bi kakorkoli kopičila imetje, in naj iz svojega rada deli revežem; tako bo varna pred pohlepom in bo dajala pričevanje zmaterializiranemu svetu.

K 34.

Za uporabo dobrin in razpolaganje z njimi je treba v moči zaobljube po konstitucijah in statutih imeti predstojnikovo soglasje. Če pa hočemo gojiti duha uboštva, nikakor ni zadosti superiorjevo soglasje; zato mora vsak sam misliti, kaj je bolj prikladno in primerno za življenje in službo v duhu našega ustanovitelja, ki je izražen v Splošnih pravilih.

K 35.

Osebno lastnino bomo v smislu temeljnega statuta za uboštvo v Družbi z dovoljenjem predstojnika uporabljali za karitativna dela, pa tudi za sobrate; ogibali se bomo razlik med seboj.

K 36.

Zavedamo se, da so človeške zmožnosti omejene; ko posnemamo zveličavno delovanje Kristusa, ki je bil pokoren do smrti, se bomo pod vodstvom Svetega Duha radi skušali ukloniti Očetovi volji, ki se nam različno razodeva.

K 37.

§ 1. Ker smo deležni skrivnosti pokornega Kristusa, moramo vsi skupaj odkrivati, kaj je Očetova volja, in si izmenjavati izkušnje ter se odkrito in z zavestjo odgovornosti pogovoriti. Pri tem se srečujejo različne starosti in značaji; tako potem zore in pridejo na dan skupna nagnjenja, ki vodijo do določenih sklepov.

§ 2. Sobratje naj si kolikor moči prizadevajo, da bodo hitro, veselo in vztrajno ubogali predstojnike; to naj store odgovorno in se spominjajo besed sv. Vincencija. Predstojnikove odločitve naj skušajo v luči vere upoštevati tudi takrat, ko sodijo, da sami bolj pravilno mislijo.

K 38.

§ 1. V moči zaobljube pokorščine smo dolžni ubogati svetega očeta, generalnega superiorja, vizitatorja, hišnega superiorja in njihove namestnike, ki nam ukazujejo v soglasju s konstitucijami in statuti.

§ 2. Škofom, v škofijah katerih je ustanovljena Družba, pa bomo v smislu in duhu sv. Vincencija izkazovali pokorščino po splošnem in lastnem pravu naše ustanove.

K 39.

S posebno zaobljubo stanovitnosti se zavežemo, da bomo ves čas življenja v Družbi delali za namene omenjene Družbe z izvrševanjem opravil, ki nam jih bodo po konstitucijah in statutih določili predstojniki.

4. poglavje

MOLITEV

K 40.

§ 1. Gospod Kristus je bil stalno najtesneje povezan z Očetom in je v molitvi odkrival njegovo voljo, ki je bila najvišje načelo njegovega življenja, poslanstva in žrtvovanja za zveličanje sveta. Tudi učence je učil, naj v istem duhu vedno molijo in nikoli ne prenehajo.

§ 2. Tudi mi, ki smo v Kristusu posvečeni in poslani v svet, bomo v molitvi prizadevno iskali znamenja božje volje in skušali posnemati Kristusovo pripravljenost; vse bomo presojali po njegovem mišljenju. Tako Sveti Duh spreminja naše življenje v duhovno daritev in postajamo vedno bolj sposobni za sodelovanje pri Kristusovem poslanstvu.

K 41.

»Dajte mi moža molitve in sposoben bo za vse« (Coste XI,83). Po nauku sv. Vincencija je molitev za misijonarja vir duhovnega življenja; z njo se spreminja v Kristusa, se prepaja z evangeljskim naukom, presoja stvari in dogodke pred Bogom ter ostaja v njegovi ljubezni in usmiljenju. Tako Kristusov duh vedno daje našim besedam in dejanjem uspeh.

K 42.

V misijonarjevem življenju se apostolska vključitev v svet, skupno življenje in doživljanje Boga med seboj dopolnjujejo in zraščajo v enoto. V molitvi se stalno obnavljajo vera, bratska ljubezen in apostolska gorečnost; v delovanju pa se dejavno razodevata ljubezen do Boga in bližnjega. Če sta tesno povezana molitev in apostolat, postane misijonar mož molitve pri delu in apostol v molitvi.

K 43.

Misijonarjeva molitev bo izraz sinovskega duha, ponižnosti, zaupanja v božjo Previdnost in ljubezni do božje dobrote. Tako se učimo moliti kot ubogi v duhu, v trdni zavesti, da naši slabosti daje moč Sveti Duh; saj on razsvetljuje naš razum, da temeljiteje spoznamo potrebe sveta, in krepi voljo, da jih bolj uspešno lajšamo.

K 44.

Naša molitvena sposobnost bo prišla do veljave posebno tedaj, ko bomo oznanjali božjo besedo, delili zakramente in izvrševali dela ljubezni, pa tudi v življenjskih tegobah. Ko oznanjamo evangelij ubogim, moramo v njih odkrivati in premišljevati Kristusa; ko skrbimo za ljudstvo, h kateremu smo poslani, molimo ne samo zanj, temveč tudi z njim in se radi neprisiljeno udeležujmo njegove vere in pobožnosti.

K 45.

Liturgično molitev bomo opravljali živo in pristno.

§ 1. Naše življenje naj teži k vsakodnevni Gospodovi večerji kot k svojemu vrhuncu. Iz nje nam kot iz studenca doteka moč za naše delovanje in bratsko občestvo. Kristusova evharistija nam ponavzoča Kristusovo smrt in vstajenje, v Kristusu se spreminjamo v živo daritev, v njej se izraža in utrjuje skupnost božjega ljudstva.

§ 2. K zakramentu pokore bomo pristopali pogosto, da bi mogli priti do stalnega spreobračanja in iskrenosti v poklicu.

§ 3. Z molitvijo duhovnih dnevnic združujemo glasove in srca in pojemo hvalnice Gospodu; k njemu se dviga naša nenehna molitev in molimo za vse ljudi. Zato bomo hvalnice in večernice molili skupno, razen če nas ne opravičuje apostolat.

K 46.

V občestveni molitvi imamo najboljši pripomoček za poživitev in prenovo življenja, zlasti ko opravljamo bogoslužje božje besede in pri njem sodelujemo ali pa ko v bratskem pogovoru delimo med seboj sadove svojih duhovnih in apostolskih skušenj.

K 47.

§ 1. Kolikor bo mogoče, se bomo po izročilu sv. Vincencija skušali zasebno ali skupno posvetiti premišljevalni molitvi vsak dan eno uro. Tako se usposabljamo za to, da dojamemo Kristusovega duha in najdemo primernih potov za izvrševanje njegovega poslanstva. S premišljevanjem se tudi pripravljamo na občestveno in liturgično molitev ter ji dajemo širino in dopolnilo.

§ 2. Med letom bomo zvesto opravili duhovne vaje.

K 48.

Kot priče in oznanjevalci božje ljubezni moramo izkazovati posebno pobožnost in češčenje skrivnosti Svete Trojice in učlovečenja.

K 49.

§ 1. Prav posebno bomo častili Marijo, Mater Kristusa in Cerkve, saj je ona po besedah sv. Vincencija bolj kot vsi verniki globoko razumela evangeljska načela in jih uresničevala.

§ 2. Pobožnost do brezmadežne Device Marije bomo razodevali različno: pobožno bomo obhajali njene praznike in se pogosto zatekali k njej, zlasti z molitvijo rožnega venca. Širili bomo posebno sporočilo, ki ga je v svoji materinski dobrohotnosti izrazila s čudodelno svetinjo.

K 50.

Pri srcu nam bo češčenje sv. Vincencija ter svetnikov in blaženih iz vincencijanske družine. Stalno se bomo poglabljali v dediščino ustanovitelja, ki jo imamo v njegovih spisih in v Družbenem izročilu, da se naučimo ljubiti tisto, kar je ljubil, in izvrševati, kar je učil.

5. poglavje

ČLANI

1. Člani na splošno

K 51.

Člani Misijonske družbe so Kristusovi učenci, ki jih je Bog poklical, da nadaljujejo njegovo poslanstvo, ko so bili sprejeti v Družbo; zato se po svojih močeh prizadevajo, da se odzovejo božjemu klicu z delom po naukih, duhu in smernicah sv. Vincencija Pavelskega.

K 52.

§ 1. Člani so kleriki in bratje, ki so po krstu in birmi vsi deležni Kristusovega kraljevskega duhovništva; vsi se imenujejo tudi misijonarji.

a) Kleriki, to je duhovniki in diakoni, opravljajo svoj poklic vsak v svojem redu. Po zgledu našega Gospoda Jezusa Kristusa, Duhovnika, Pastirja in Učitelja opravljajo trojno službo v vseh oblikah apostolata, ki z njimi lahko pomagajo uresničevati namen Družbe. (Mednje se štejejo sobratje, ki se pripravljajo za prejem redov).

b) Laiki, ki jih pri nas imenujemo brate, so izbrani za cerkveni in Družbeni apostolat; tega opravljajo z deli, primernimi njihovi usposobljenosti.

§ 2. Vsi ti so ali samo sprejeti ali pa tudi včlanjeni, kakor določajo konstitucije in statuti.

2. Sprejem v Družbo

K 53.

§ 1. Kandidat je sprejet v Družbo, ko na svojo prošnjo pride, da opravi čas preizkušnje v notranjem semenišču.

§ 2. Pravico sprejemati kandidate v notranje semenišče imata ob upoštevanju vsega, kar je treba upoštevati:

a) za vso Družbo generalni superior, ko prej zasliši svoj svet;

b) za provinco vizitator, ko prej zasliši svoj svet.

§ 3. Glede zahtev za sprejem se je treba držati splošnega prava.

K 54.

§ 1. Ves čas priprave na včlanjenje v Družbo naj ne bo krajši od dveh in daljši od devetih let od sprejema v notranje semenišče.

§ 2. Ko mine polno leto od sprejema v Družbo, član po našem izročilu s trdnim sklepom pokaže svojo voljo, da bo ves čas življenja v Družbi delal za zveličanje ubogih po konstitucijah in statutih.

§ 3. Pravico pripustiti koga k trdnemu sklepu imata ob upoštevanju vsega, kar je treba upoštevati:

a) za vso Družbo generalni superior, ko prej zasliši svoj svet in ravnatelja notranjega semenišča;

b) za provinco pa vizitator, ko prej zasliši svoj svet in ravnatelja notranjega semenišča.

K 55.

§ 1. Naše zaobljube so večne, ne redovniške, pridržane, tako da lahko dasta spregled samo papež in generalni superior.

§ 2. Te zaobljube je treba razlagati zvesto po predlogu sv. Vincencija, ki ga je potrdil Aleksander VII. z brevejem »Ex commissa nobis« (22.9.1655) in »Alias nos supplicationibus« (12.8.1659).

K 56.

Pravico pripustiti k zaobljubam, ob upoštevanju vsega, kar je treba upoštevati, ima:

a) za vso Družbo generalni superior v soglasju s svojim svetom in po posvetovanju s kandidatovimi vzgojitelji;

b) za provinco pa vizitator v soglasju s svojim svetom in po posvetovanju s kandidatovimi vzgojitelji.

K 57.

§ 1. Ko da višji predstojnik kandidatu na njegovo prošnjo dovoljenje, da naredi zaobljube in jih res naredi, je včlanjen v Družbo in s sprejemom diakonata vanjo inkardiniran.

§ 2. Sobrata, ki še ni včlanjen v Družbo, ni mogoče pripustiti k redovom. Če pa je včlanjen sobrat, ki je že klerik, je s tem inkardiniran v Družbo.

K 58.

§ 1. Zaobljubitev mora potekati vpričo superiorja ali sobrata, ki ga je določil.

§ 2. Po Družbenem običaju naj bosta prošnja za zaobljubitev in potrdilo o njej pismena. O zaobljubitvi je treba čimprej obvestiti generalnega superiorja. Zaobljube se naredijo po naslednjih obrazcih:

a) Gospod, moj Bog, jaz, I. I., vpričo preblažene Device Marije obljubim, da bom po Kristusovem zgledu vse svoje življenje v Misijonski družbi zvesto posvetil delu za evangelizacijo ubogih. Zato v zaupanju na tvojo milostno pomoč obljubim čistost, uboštvo in pokorščino po konstitucijah in statutih naše Družbe.

b) Jaz, I. 1., vpričo preblažene Device Marije obljubim Bogu, da bom po Kristusovem zgledu vse svoje življenje v Misijonski družbi zvesto posvetil delu za evangelizacijo ubogih. Zato v zaupanju na božjo milostno pomoč obljubim Bogu čistost, uboštvo in pokorščino po konstitucijah in statutih naše Družbe.

c) Jaz I. I., nevredni (duhovnik, klerik, brat) Misijonske družbe, vpričo preblažene Device Marije in vsega nebeškega zbora obljubim čistost, uboštvo in pokorščino našemu predstojniku in njegovim naslednikom po pravilih ali konstitucijah naše Družbe; vrh tega obljubim, da bom vse svoje življenje v omenjeni Družbi posvetil delu za zveličanje ubogega kmečkega ljudstva – ob milostni pomoči istega vsemogočnega Boga, ki ga za to ponižno prosim.

3. Pravice in dolžnosti članov

K 59.

§ 1. Vsi člani Družbe uživajo v smislu splošnega in našega lastnega prava Družbi podeljene pravice, privilegije in duhovne milosti, razen če ni očitno drugače zaradi narave stvari.

§ 2. Vsi v Družbo včlanjeni člani uživajo po splošnem in našem lastnem pravu iste pravice in jih vežejo iste dolžnosti, razen tistih, ki se nanašajo na izvrševanje svetega reda in na oblast, ki je njemu pridržana. Sobratje, ki so v Družbo samo sprejeti, uživajo pravice in jih vežejo dolžnosti, kakor jih določajo konstitucije, statuti in provincialne norme.

K 60.

Po splošnem in našem lastnem pravu imajo sobratje, ki so včlanjeni Družbo, aktivno in pasivno volilno pravico, če je niso po pravu izgubili.

K 61.

Pasivno volilno pravico imajo vsi sobratje po treh letih od včlanjenja v Družbo, če so izpolnili petindvajset let; v veljavi pa ostanejo vsi pogoji, ki jih za različne dolžnosti in službe določata splošno in Družbeno lastno pravo.

K 62.

Člane Družbe vežejo poleg dolžnosti po lastnem pravu tudi skupne dolžnosti klerikov, ki jih določa splošno pravo v kan. 273–289, in to ne samo klerike, kot je jasno, posebno tista o nošnji duhovniške obleke (kan. 284) in o opravljanju molitvenih ur (kan. 276), temveč tudi laike, če ni iz narave stvari ali konteksta besedila jasno drugače.

K 63.

Vsi se morajo, in to z aktivno odgovorno pokorščino, držati konstitucij in statutov ter drugih Družbenih določb.

K 64.

Držijo naj se tudi odredb krajevnih ordinarijev, kolikor niso v nasprotju z našo izvzetostjo.

4. Pripadnost sobratov provinci in hiši

K 65.

Vsak član Misijonske družbe mora po našem lastnem pravu pripadati kaki provinci, hiši ali skupnosti z veljavo hiše.

K 66.

Člani imajo v provinci, hiši ali skupnosti z veljavo hiše, kamor pripadajo:

a) pravice in dolžnosti po konstitucijah in statutih;

b) lastnega in neposrednega krajevnega in višjega predstojnika;

c) aktivno in pasivno volilno pravico.

K 67.

§ 1. Član, ki je od generalnega superiorja ali vizitatorja s pristankom njunih svetov pravno veljavno dobil dovoljenje, da biva zunaj hiše ali tudi zunaj skupnosti, mora vedno pripadati kakšni hiši ali skupnosti, da v njej uživa pravice in ga vežejo dolžnosti v smislu dovoljenja, ki mu je dano.

§ 2. Dovoljenje pa naj se daje iz upravičenega razloga, vendar ne dalj kot za eno leto, razen zaradi zdravljenja, študija ali apostolata v imenu Družbe.

5. Izstop in odslovitev članov

K 68.

Pri izstopu in odslovitvi članov se je v Misijonski družbi treba držati splošnega in našega lastnega prava.

K 69.

§ 1. Sobrat, ki še ni v Družbo včlanjen, jo lahko svobodno zapusti s tem, da predstojnikom razodene svojo voljo.

§ 2. Istega nevčlanjenega sobrata lahko iz upravičenega razloga odslovi generalni superior ali vizitator, ko zaslišita svoj svet in njegove vzgojitelje.

K 70.

Generalni superior lahko iz tehtnega vzroka s pristankom svojega sveta dovoli včlanjenemu sobratu, da biva zunaj Družbe, a ne več kot tri leta; ostanejo pa mu iste dolžnosti, ki jih je mogoče uskladiti z njegovim življenjem v novih razmerah. Za člana skrbijo še naprej Družbeni predstojniki, nima pa aktivne in pasivne glasovalne pravice. Če pa gre za klerika, je poleg tega potreben pristanek ordinarija kraja, kjer mora živeti; po predpisu kan. 745 ima on skrb za njega in od njega je odvisen.

K 71.

Generalni superior lahko v soglasju s svojim svetom članu iz tehtnega vzroka dopusti, da izstopi iz Družbe, in mu da spregled od zaobljub po določbi kan. 743.

K 72.

§ 1. V Družbo včlanjenega sobrata, ki se odteguje skupnosti in oblasti predstojnikov, naj ti skrbno iščejo in mu pomagajo, da vztraja v svojem poklicu (op.: kan. 665,2).

§ 2. Če pa se član po šestih mesecih ne vrne, izgubi aktivno in pasivno glasovalno pravico in ga po K 74 § 1 generalni superior s svojim odlokom lahko odslovi.

K 73.

§ 1. S samim dejanjem velja za odslovljenega iz ustanove član, ki

a) je javno odpadel od katoliške vere;

b) je sklenil ali, tudi samo civilno, poskušal skleniti zakon.

§ 2. V teh primerih naj višji predstojnik s svojim svetom brez kakršnegakoli odlašanja, ko je zbral dokaze, da izjavo, da po kan. 694 pravno obstaja razlog za odslovitev.

K 74.

§ 1. Člana je treba odsloviti po predpisih kan. 695, 698, 699,1.

§ 2. Člana je mogoče odsloviti po predpisih kan. 696, 697, 698, 699,1.

§ 3. Ob velikem zunanjem pohujšanju ali če ustanovi grozi velika škoda, sme višji predstojnik ali, če je nevarno odlašati, tudi krajevni predstojnik s privolitvijo svojega sveta člana takoj izgnati iz hiše po predpisu kan. 703.

K 75.

Odločbo o odslovitvi je treba čim prej sporočiti članu, ki se ga tiče, in mu dati možnost, da v desetih dneh, odkar je odločbo sprejel na znanje, vloži pritožbo na sveti sedež. Pritožba ima odložilni učinek. Da ima odločba o odslovitvi veljavo, se je treba držati kan. 700.

K 76.

§ 1. Z zakonito odslovitvijo takoj prenehajo pravice in dolžnosti, ki jih je član imel v Družbi. Če pa je klerik, se je treba držati predpisov kan. 693 in 701.

§ 2. Tisti, ki Družbo zakonito zapustijo ali so iz nje zakonito odslovljeni, ne morejo od nje ničesar zahtevati za kakršnokoli v njej opravljeno delo.

§ 3. Družba naj vendar do člana, ki se od nje loči, ohranja pravšnost in evangeljsko ljubezen, kot je določeno v kan. 702.

6. poglavje

VZGOJA

1. Splošna načela

K 77.

§ 1. Naša vzgoja mora stalno napredovati v to smer, da bodo sobratje prežeti z Vincencijevim duhom postali sposobni opravljati Družbeno poslanstvo.

§ 2. Naj torej vedno bolj spoznavajo, da je Jezus Kristus središče našega življenja in Družbeno pravilo.

K 78.

§ 1. Čas vzgoje kakor tudi vse naše življenje naj bosta tako urejena, da nas bo Kristusova ljubezen vedno bolj priganjala k uresničevanju Družbenega namena. Sobratje naj kot Gospodovi učenci ta namen dosegajo z zatajevanjem samega sebe in stalnim spreobračanjem h Kristusu.

§ 2. Sobratje naj gojijo božjo besedo, zakramentalno življenje, občestveno in osebno molitev ter vincencijansko duhovnost.

§ 3. Gojenci naj poleg tega v redu opravijo študij, ki ga predpisuje cerkveni zakon, da si pridobijo potrebno znanje.

§ 4. Vsi naj se že od začetka ustrezno svoji izobrazbi in sposobnosti priložnostno vadijo v pastoralnem delu, posebno še skupaj z vzgojitelji; naj obiskujejo tudi reveže in se seznanjajo z njihovimi razmerami. Tako bo vsak v skladu s svojimi sposobnostmi laže odkril svoj poklic v skupnosti.

§ 5. Vzgojna načela naj se izvajajo tako, kot je primerno starosti gojencev; s tem da se naučijo imeti vedno bolj oblast nad seboj, se bodo navadili pametno uporabljati svobodo, z veseljem in marljivo delati ter se bližati krščanski zrelosti.

K 79.

Sobratje, ki so se odzvali božjemu klicu v skupnosti, naj se med vzgojo učijo živeti skupno vincencijansko življenje. Skupnost pa naj ves čas vzgoje podpira osebne pobude posameznikov.

K 80.

Pri vzgoji naših naj vlada skladnost med raznimi oblikami izobrazbe; med stopnjami, ki si sledijo, naj se ohrani organska enotnost. Vse pa naj bo tako urejeno, da služi pastoralnemu namenu, ki je lasten Družbi.

K 81.

Vzgojo naših je treba raztegniti na ves čas življenja in jo obnavljati.

2. Notranje semenišče

K 82.

Da se kandidati sprejmejo v notranje semenišče, morajo med zahtevanimi pogoji pokazati, da so sposobni za življenje vincencijanskega poklica v skupnosti.

83.

§ 1. Notranje semenišče je čas, ko sobratje začno s poslanstvom in življenjem v Družbi, ko s pomočjo skupnosti in vzgojiteljev od bliže spoznavajo svoj poklic in se s posebno vzgojo pripravljajo na prostovoljno včlanjenje v Družbo.

§ 2. Notranje semenišče mora trajati vsaj dvanajst bodisi neprekinjenih ali prekinjenih mesecev. Če se meseci prekinejo, mora provincialni zbor določiti število neprekinjenih mesecev in kdaj se obdobje notranjega semenišča vključi v študijsko leto.

K 84.

Zato mora ta čas vsa vzgoja težiti za tem, da semeniščniki:

a) dosežejo zrelost;

b) se postopoma uvajajo v pravo poznavanje in doživljanje misijonskega poslanstva in Družbenega življenja;

c) pridejo do izkustvenega stika z Bogom, posebno v molitvi.

K 85.

Da semeniščniki to dosežejo, bodo marljivo skrbeli:

a) da si pridobijo primerno in konkretno spoznanje ljudi, zlasti revežev, njihovih potreb, želja in problemov;

b) da si pridobijo spoznanje posebne narave, duha in nalog Družbe; v ta namen preučujejo vire, zlasti življenje in delo sv. Vincencija, zgodovino in izročila Družbe, ter v primerni obliki dejavno sodelujejo pri našem apostolatu;

c) da bolj vneto gojijo študij in premišljevanje evangelija ter celotnega Svetega pisma;

č) da dejavno sodelujejo s skrivnostjo in poslanstvom Cerkve kot odrešenjske skupnosti;

d) da po nauku sv. Vincencija spoznavajo in živijo po evangeljskih načelih, zlasti pa gojijo čistost, uboštvo in pokorščino.

K 86.

Semeniščniki so tesno povezani s provincialno in krajevno skupnostjo, v kateri živijo; za njihovo vzgojo so odgovorni vsi; usklaja pa jo in ji daje duha ravnatelj notranjega semenišča.

3. Veliko semenišče

K 87.

§ 1. Čas velikega semenišča je namenjen popolni izobrazbi za vincencijansko službeno duhovništvo tako, da se gojenci po zgledu Kristusa–Oznanjevalca vzgoje za oznanjevanje evangelija, za obhajanje bogoslužja in za pastirstvo vernikov.

§ 2. Po duhu sv. Vincencija in Družbenem izročilu naj bo vzgoja naših usmerjena predvsem k oznanjevanju ljubezni do ubogih.

K 88.

Izobrazba naših naj upošteva družbeno stvarnost, tako da jim študij pomaga do kritičnega gledanja na današnji svet in do kritične sodbe o njem. Gojenci pa naj se s spreobračanjem srca začno dejavno vključevati v krščansko delo za uvedbo pravičnosti; vedno bolj naj se zavedajo, kje so korenine siromaštva v svetu, in odkrivajo zapreke za evangelizacijo. Vse to naj se godi v luči božje besede in pod vodstvom vzgojiteljev.

K 89.

V gojencih naj se gojijo čustvena zrelost in misijonarske vrline, kot so: sposobnost ustanavljati in voditi skupnosti, odgovornost, kritičen duh in ravnanje, hitra velikodušnost in moč, da se trdno zavežejo za uresničenje Družbenega namena.

K 90.

Vizitator mora določiti primeren čas, da gojenci po končanem teološkem študiju izvršujejo opravila diakonskega reda, preden dosežejo duhovništvo.

4. Vzgoja bratov

K 91.

§ 1. Posebna skrb naj se posveča bratom, da bodo za zvesto opravljanje svojega poslanstva v Družbi deležni potrebne vzgoje. Vse, kar je v konstitucijah in statutih rečeno o vzgoji, naj velja tudi za oblikovanje bratov.

§ 2. Njihova vzgoja v notranjem semenišču naj bo torej prav taka kot drugih sobratov, razen če posebne razmere ne svetujejo kaj drugega.

§ 3. Kar se tiče izobrazbe bratov, ki naj bi prejeli stalni diakonat, se je ravnati po provincialnih normah.

K 92.

Bratje naj se postopoma vključujejo v apostolat, da se nauče vse gledati, presojati in delati v luči vere, ter sebe skupaj z drugimi z delom oblikovati in spopolnjevati.

5. Vzgojitelji in učitelji

K 93.

Odgovornost za vzgojo naših naj čuti vsa provincialna skupnost, tako da vsak sobrat pomaga pri tem delu.

K 94.

Ker je izobrazba gojencev odvisna zlasti od sposobnih vzgojiteljev, naj se vzgojitelji in učitelji pripravljajo z zanesljivim naukom, primerno pastoralno izkušnjo in posebno izobrazbo.

K 95.

§ 1. Vzgojitelji in gojenci naj bodo odprti za medsebojno razumevanje in zaupanje; naj nenehno in dejavno gojijo medsebojne stike in tako ustvarjajo pravo vzgojno skupnost.

§ 2. Ta vzgojna skupnost pa naj bo pozorna na uspehe drugih skupin in naj stalno jemlje v pretres svoje načrte in svoje delovanje.

§ 3. Voditelji naj nastopajo zborno, vendar naj se posebna in neposredna skrb za semeniščnike in gojence zaupa enemu, ali če treba, več sobratom.

Tretji del

ORGANIZACIJA

I. razdelek: VODSTVO

Splošna načela

K 96. Ker so vsi sobratje poklicani, da pomagajo nadaljevati Kristusovo poslanstvo, imajo pravico in dolžnost ne samo sodelovati v blagor apostolske skupnosti, temveč imeti tudi delež pri vodstvu, po določbah našega lastnega prava. Sobratje naj torej dejavno in odgovorno sodelujejo pri opravljanju svojih služb, pri sprejemanju apostolskih nalog ter pri izpolnjevanju ukazov.

K 97.

§ 1. Tisti, ki imajo v Družbi oblast, ki je od Boga, ali kakorkoli pri njej sodelujejo, tudi na zborih in svetih, naj imajo pred očmi zgled Dobrega pastirja, ki ni prišel, da bi mu stregli, ampak da bi on stregel. Naj se zavedajo svoje odgovornosti pred Bogom in se imajo zato za služabnike skupnosti, ki naj v pravi apostolski in življenjski skupnosti skrbi za uspešno uresničevanje namena Družbe v duhu sv. Vincencija.

§ 2. S sobrati naj se torej pogovore; vendar ostane nedotaknjena njih oblast, da odločajo in ukazujejo, kaj je treba storiti.

K 98.

Pri opravilih, ki jih jim zaupa skupnost, imajo vsi sobratje zadostna pooblastila, da jih lahko izvršujejo. Zato naj ne bodo pridržane višji oblasti stvari, za katere lahko poskrbijo bodisi posamezni sobratje ali nižje stopnje vodstva.

Vendar naj se ohrani tista edinost vodstva, ki je potrebna, da se uresničujeta namen in blagor celotne Družbe.

K 99.

Misijonska družba, njene hiše in cerkve in njeni člani so po posebni podelitvi papežev izvzeti izpod oblasti krajevnih ordinarijev, razen v primerih, ki so našteti v pravu.

K 100.

Občni zbor, generalni superior, vizitatorji in predstojniki zakonito ustanovljenih hiš in skupnosti imajo nad sobrati oblast, kot jo določata splošno in naše lastno pravo; imajo tudi cerkveno oblast vodstva ali jurisdikcije tako na zunanjem kot notranjem področju. Zato morajo predstojniki imeti sveti red.

1. poglavje

OSREDNJA UPRAVA

1. Generalni superior

K 101.

Generalni superior, naslednik sv. Vincencija, nadaljuje skupaj s celotno Družbo ustanoviteljevo poslanstvo v blagor vesoljne Cerkve, prilagojeno raznim okoliščinam, zato naj tako skrbno vodi Družbo, da bo karizma sv. Vincencija ostala v Cerkvi vedno živa.

K 102.

Generalni superior naj bo kot središče edinosti in usklajenosti med provincami tudi počelo duhovnega spodbujanja in apostolske dejavnosti.

K 103.

Generalni superior vodi z redno oblastjo vse Družbene province, hiše in posamezne sobrate po določbah splošnega in lastnega prava. Po pravu pa je podrejen oblasti občnega zbora.

K 104.

Generalni superior lahko daje samo običajno razlago konstitucij, statutov in odlokov občnega zbora.

K 105.

§ 1. Generalnega superiorja voli občni zbor po določbah K 140.

§ 2. Za veljavnost izvolitve generalnega superiorja se zahtevajo pogoji, ki so potrebni po splošnem in lastnem pravu.

§ 3. Generalni superior je izvoljen za šest let; ponovno je lahko izvoljen za drugo šestletje po predpisu Družbi lastnega prava.

§ 4. Šestletje velja za dopolnjeno, ko naslednik sprejme službo na naslednjem občnem zboru.

K 106.

§ 1. Služba generalnega superiorja preneha:

a) ko naslednik prevzame službo;

b) če se službi sam odpove in odpoved sprejme občni zbor ali apostolski sedež;

c) če je z odlokom apostolskega sedeža odstavljen.

§ 2. Če postane generalni superior očitno nevreden ali nesposoben za izvrševanje svoje službe, naj o tem skupno presodijo asistenti in obvestijo apostolski sedež; potem se je ravnati po njegovih navodilih.

K 107.

Poleg pooblastil, ki jih ima generalni superior po splošnem pravu ali po posebni podelitvi, sodi v njegovo pristojnost, da:

a) si z vso dobro voljo prizadeva, da člani povsod zvesto in goreče gojijo duha sv. ustanovitelja, nenehno dela za napredek in obnovo Družbene apostolske dejavnosti in skrbi, da konstitucije in statute kar se da primerno izvajajo;

b) v sporazumu s svojim svetom daje splošne odredbe v blagor Družbe;

c) v sporazumu s svojim svetom in po pogovoru s sobrati, ki se jih tiče, ustanavlja, združuje in ukinja province, pri tem pa upošteva, kar je treba upoštevati;

č) skliče občni zbor in mu predseduje; v soglasju z zborom sklicane razpusti;

d) v sporazumu s svojim svetom in po zaslišanju provincialnih svetovalcev iz tehtnega razloga odstavi vizitatorja;

e) v sporazumu s svojim svetom in po posvetovanju s tistimi, ki se jih tiče, po določbi kan. 733,1 ustanavlja hiše in krajevne skupnosti ter jih ukinja ob nedotaknjeni oblasti vizitatorja;

f) v sporazumu s svojim svetom in po zaslišanju vizitatorjev, ki se jih tiče, iz tehtnega razloga ustanovi hišo ene province na ozemlju druge province;

g) iz upravičenega razloga in v sporazumu s svojim svetom ustanavlja hiše, ki ne spadajo v nobeno provinco in jih vodi krajevni superior v neposredni odvisnosti od generalnega superiorja; tem hišam imenuje superiorje;

h) v sporazumu s svojim svetom daje sobratom dovoljenje za zaobljubitev in jih pripušča k redovom; iz tehtnega razloga daje spregled od zaobljub, bodisi pri zakonitem izstopu ali pa pri odslovitvi;

i) v sporazumu s svojim svetom odpušča sobrate v smislu splošnega in našega lastnega prava;

j) v izrednih primerih in iz tehtnega razloga daje v sporazumu s svojim svetom spregled od konstitucij;

k) v sporazumu s svojim svetom potrjuje odločbe provincialnih zborov.

2. Generalni vikar

K 108.

Generalnemu superiorju pomaga generalni vikar; če je generalni superior odsoten ali zadržan, ga nadomešča v smislu našega lastnega prava.

K 109.

Generalnega vikarja izvoli po predpisih našega lastnega prava občni zbor. Generalni vikar postane z izvolitvijo tudi že generalni asistent.

K 110.

V primeru, da je generalni superior odsoten, prevzame njegovo oblast generalni vikar, kolikor si generalni superior ni česa pridržal.

K 111.

Če je generalni superior zadržan, ga ves čas nadomešča generalni vikar s polnim pravom, dokler zadržanosti ni konec. O zadržanosti pa razsodi vrhovni svet brez generalnega superiorja, a v navzočnosti generalnega vikarja.

K 112.

Če je mesto generalnega superiorja iz kakršnegakoli razloga nezasedeno, postane že samo zaradi tega generalni vikar generalni superior, dokler se ne izteče šestletje. V sporazumu s svojim svetom in po posvetovanju vsaj z vizitatorji in vicevizitatorji čimprej med generalnimi asistenti izbere generalnega vikarja.

K 113.

Če iz kakršnegakoli razloga generalnega vikarja ni, naj generalni superior v sporazumu s svojim svetom in po posvetovanju vsaj z vizitatorji in vicevizitatorji čimprej med generalnimi asistenti izbere generalnega vikarja.

K 114.

Generalnemu vikarju preneha služba po splošnem in našem lastnem pravu.

3. Generalni asistenti

K 115.

Generalni asistenti so člani Družbe, ki sestavljajo svet generalnega superiorja, mu dejansko in z nasveti pomagajo pri vodstvu Družbe, da se krepi edinost in moč Družbe, se izvajajo konstitucije ter odločbe občnega zbora in vse province sodelujejo pri pospeševanju Družbenih dejavnosti.

K 116.

§ 1. Generalne asistente voli po predpisih našega lastnega prava občni zbor.

§ 2. Generalni asistenti so vsaj štirje, volijo jih iz različnih provinc za šest let in so lahko še enkrat izvoljeni. Ko pa poteče drugo zaporedno šestletje, ne morejo takoj biti izvoljeni za generalnega vikarja.

§ 3. Šestletje se šteje za dopolnjeno, ko na naslednjem rednem občnem zboru prevzamejo službo nasledniki.

K 117.

Služba generalnih asistentov preneha po splošnem in lastnem pravu,

K 118.

§ 1. Če se kakšen generalni asistent umakne iz službe, imenuje namestnika generalni superior; pri tem pa odločajo glasovi drugih asistentov; namestnik dobi iste pravice in dolžnosti kot drugi asistenti.

§ 2. Če pa mora biti občni zbor v šestih mesecih, potem generalni superior ni dolžan imenovati naslednika.

4. Uslužbenci generalne kurije

K 119.

§ 1. Generalnega tajnika, generalnega ekonoma in generalnega prokuratorja pri apostolskem sedežu imenuje generalni superior v sporazumu s svojim svetom, toda ne izmed generalnih asistentov.

§ 2. V službi ostanejo, dokler hoče generalni superior v sporazumu s svojim svetom.

§ 3. Vrhovnega sveta se lahko udeležijo, ko jih pokliče generalni superior, a brez glasovalne pravice, razen v primerih, predvidenih v statutih.

§ 4. Občnega zbora se udeležijo s pravico glasovanja.

2. poglavje

PROVINCIALNO IN KRAJEVNO VODSTVO

1. Province in viceprovince

K 120.

Misijonska družba se po predpisih našega lastnega prava deli na province.

K 121.

Družba se po predpisih našega lastnega prava deli tudi na viceprovince.

K 122.

Provinca je zveza več hiš na določenem področju; vodi jo vizitator s svojo redno oblastjo po predpisih splošnega in našega lastnega prava.

2. Vizitator

K 123.

§ 1. Vizitator je višji predstojnik, ordinarij, z redno lastno oblastjo, ki je na čelu province, da jo vodi po predpisih splošnega in našega lastnega prava.

§ 2. Vizitator naj se zavzema za to, da se vsi dejavno udeležujejo življenja in apostolata province, sobrate in imetje v skladu z namenom Družbe daje v službo Cerkve, podpira delovanje hiš in se zavzema za osebno spopolnjevanje in dejavnost posameznih ter tako v provinci spodbuja življenjsko edinost.

K 124.

Po predhodni poizvedbi v provinci imenuje ali po predhodni izvolitvi potrdi vizitatorja generalni superior v sporazumu s svojim svetom.

K 125.

Vizitatorjeve dolžnosti so, da:

a) spodbuja k izpolnjevanju konstitucij, statutov in provincialnih norm;

b) v sporazumu s svojim svetom daje odločbe v blagor province;

c) v sporazumu s svojim svetom in po posvetovanju z generalnim superiorjem v mejah svoje province po določbi kan. 733, § 1 ustanavlja in zapira hiše in krajevne skupnosti;

č) v sporazumu s svojim svetom in po posvetovanju s sobrati imenuje hišne superiorje in o imenovanju obvesti generalnega superiorja;

d) v sporazumu s svojim svetom in po posvetovanju s tistimi, ki se jih tiče, ter po odobritvi generalnega superiorja nastavi področnega superiorja z delegirano oblastjo;

e) pogosto obišče hiše in sobrate, po dolžnosti pa vsaj vsako drugo leto;

f) po predpisih našega lastnega prava skliče provincialni zbor in mu predseduje; sklicane člane pa v sporazumu z zborom razpusti in razglasi provincialne norme;

g) v smislu konstitucij in statutov sprejema kandidate v notranje semenišče, pripušča k trdnemu sklepu in k zaobljubitvi;

h) po posvetovanju z njih predstojniki in vzgojitelji sprejema sobrate k »službam«, v sporazumu s svojim svetom pa k redovom;

i) sobrate predlaga za redove in izdaja odpustnice za njihovo posvečenje;

j) po razpravljanju s svojim svetom in po posvetovanju z vzgojitelji odslovi sobrate, ki še niso včlanjeni v Družbo.

3. Vizitatorjev asistent

K 126.

Vizitator sme imeti asistenta, da mu je v pomoč pri vodstvu; spolnjevati mora pogoje, ki jih zahtevata K 61 in 100. Ali naj ima vizitator asistenta ali ne, odloča provincialni zbor (op.: S 73).

4. Vizitatorjev svet

K 127.

Svetovalci, ki sestavljajo vizitatorjev svet, podpirajo vizitatorja pri vodstvu province, dejansko in z nasvetom, da se krepita njena edinost in moč, da se izpolnjujejo konstitucije in odredbe provincialnega zbora, da vse hiše in vsi člani sodelujejo pri pospeševanju delovanja.

5. Provincialni ekonom

K 128.

Vsaka provinca naj ima ekonoma; ta naj pod vodstvom in nadzorstvom vizitatorja in njegovega sveta po predpisih kan. 636,1 in lastnega prava upravlja provincialno imetje.

6. Službe v krajevni upravi

K 129.

§ 1. Družba je to, kar je, predvsem po krajevnih skupnostih.

§ 2. Superior, središče edinosti in pobudnik življenja v krajevni skupnosti, pospešuje hišno dejavnost ter s skupnostjo skrbi za napredek in delovanje posameznikov.

K 130.

§ 1. Krajevnega superiorja imenuje za tri leta vizitator po posvetovanju s sobrati tiste hiše ali krajevne skupnosti. V isti hiši ali krajevni skupnosti in v istih pogojih ga lahko imenuje še za drugo triletje; če je potrebno še za tretje triletje, se je treba obrniti na generalnega superiorja.

§ 2. Provincialni zbor lahko določi drugačno imenovanje krajevnega superiorja.

§ 3. Krajevni superior mora spolnjevati pogoje, predvidene v K 61 in 100.

K 131.

Po pravu ima krajevni superior redno oblast za notranje in zunanje območje do sobratov in drugih, ki noč in dan prebivajo v njegovi hiši. To oblast lahko poveri drugim.

K 132.

§ 1. Če ni možnosti za ustanovitev hiše ali se zaradi kakšnega dela zdi to primerno, lahko vizitator v sporazumu s svojim svetom po provincialnih normah osnuje skupnost z veljavo hiše.

§ 2. Eden od sobratov, ki ga po pravu določi vizitator, je v taki skupnosti odgovoren kot hišni predstojnik.

§ 3. Skupnost z veljavo hiše ima iste pravice in obveznosti kot hiša sama.

K 133.

Vizitator lahko krajevnega superiorja v sporazumu s svojim svetom odstavi, kadarkoli se mu zdi potrebno iz upravičenega in zadostnega razloga in to odobri generalni superior.

K 134.

§ 1. Ekonom pod vodstvom superiorja in ob pogovoru s sobrati ter njihovo podporo upravlja hišno imetje po predpisih splošnega, Družbenega in provincialnega prava.

§ 2. Če se vizitatorju v sporazumu z njegovim svetom zdi za kako hišo potrebno, naj ustanovi hišni svet. Hišni svetovalci podpirajo hišnega superiorja pri vodstvu hiše, imenovani pa so po provincialnih normah.

3. poglavje

ZBORI

1. Zbori na splošno

K 135.

Zbor Misijonske družbe ima namen in nalogo varovati ter pospeševati njeno duhovnost in apostolsko življenje; je trojen: občni, provincialni in hišni.

K 136.

§ 1. Nihče ne more imeti dvojnega volilnega glasu.

§ 2. Pred volitvijo postavljeni pogoji se ne upoštevajo, kot da jih ni.

§ 3. Izvoljeni je dolžan udeležiti se zbora ali sprejeti službo, če ga ne opravičuje tehten razlog. Če gre za udeležbo, pristojni predstojnik potrdi tehtnost vzroka, potem pa prosi zbor, da to sprejme; če pa gre za sprejem službe, mora tehtnost vzroka potrditi zbor sam.

§ 4. V zborih si nihče ne more po svoji volji določiti namestnika.

§ 5. Večina glasov se šteje samo po veljavno oddanih glasovih. Bele glasovnice so neveljavne.

2. Občni zbor

K 137.

Občni zbor neposredno predstavlja celotno Družbo kot njena vrhovna oblast in ima pravico, da:

a) varuje dediščino ustanove in v skladu z njo pospešuje prilagojeno prenovo;

b) izvoli generalnega superiorja, generalnega vikarja in generalne asistente;

c) izdaja zakone, statute in odloke v blagor Družbe, pri tem pa upošteva načelo subsidiarnosti. Statuti, ki niso izrečno odpravljeni, ostanejo v veljavi; odloke pa je treba izrečno potrditi, da ostanejo v veljavi;

č) z dvema tretjinama glasov prosi apostolski sedež za spremembe v konstitucijah, ki jih je apostolski sedež že potrdil;

d) avtentično razlaga statute; avtentična razlaga konstitucij pa je stvar apostolskega sedeža.

K 138.

Občni zbor, ki ga skliče generalni superior, je:

a) reden: ta voli generalnega superiorja, generalnega vikarja in generalne asistente ter razpravlja o Družbenih zadevah;

b) izreden: tega skliče generalni superior po predpisih našega lastnega prava.

K 139.

Občnega zbora se morajo udeležiti:

a) generalni superior, generalni vikar in asistenti, generalni tajnik, generalni ekonom in generalni prokurator pri apostolskem sedežu;

b) vizitatorji in odposlanci, izvoljeni po predpisih našega lastnega prava.

K 140.

§ 1. Za izvolitev generalnega superiorja velja naslednji postopek:

Če pri prvem glasovanju nihče ne dobi dveh tretjin glasov, volijo drugič, in sicer prav tako kot prvič; če tudi po drugem ne, prav tako glasujejo tretjič in celo četrtič.

Po četrtem neuspešnem glasovanju glasujejo petič; tedaj zadostuje absolutna večina, če se odštejejo nične glasovnice.

Po petem neuspešnem glasovanju naj se glasuje šestič; tedaj imata pasivno volilno pravico samo dva kandidata, ki sta pri petem glasovanju dobila največ glasov, pa čeprav oba enako število, razen če jih je na prvem ali drugem mestu dobilo več enako glasov; v tem primeru imajo v šestem glasovanju tudi ti pasivno volilno pravico; zahteva pa se sedaj le relativna večina glasov, če se odštejejo neveljavni. Če jih dobi več enako število glasov, velja za izvoljenega kandidat, ki je starejši po poklicu ali po letih.

§ 2. Ko je izvolitev zakonito opravljena in je izvoljeni službo sprejel, izdela predsednik odlok o izvolitvi in glasno razglasi izvoljenega; če je pa za generalnega superiorja izvoljen predsednik sam, naj tajnik zbora sestavi odlok, moderator pa izvoljenega razglasi.

§ 3. Izvoljeni naj ne odkloni službe, če nima res tehtnega vzroka.

§ 4. Po molitvi in zahvali Bogu se uničijo glasovnice.

§ 5. Če novoizvoljeni ni navzoč, naj ga pokličejo; zbor pa do njegovega prihoda lahko razpravlja o Družbenih zadevah.

K 141.

Generalnega vikarja volijo v enakih pogojih kot generalnega superiorja in tako, kot je določeno v K 140, § 1.

K 142.

§ 1. Po volitvah generalnega superiorja in generalnega vikarja voli občni zbor druge asistente, in sicer vsakega posebej.

§ 2. Za izvoljene veljajo tisti, ki po odštetju neveljavnih dobijo absolutno večino glasov; te predsednik zbora razglasi za izvoljene.

§ 3. Če ni v prvem in drugem glasovanju nihče izvoljen, je pri tretjem glasovanju izvoljen tisti, ki dobi relativno večino glasov; v primeru enakosti pa starejši po poklicu ali letih.

3. Provincialni zbor

K 143.

Provincialni zbor je shod sobratov; na njem imajo odposlanci, ki predstavljajo provinco, nalogo, da:

a) v mejah splošnega in lastnega prava izdajajo odredbe v splošen blagor province; odredbe dobijo obvezno moč, ko jih potrdi generalni superior v sporazumu s svojim svetom;

b) kot vizitatorjev posvetovalni organ razpravljajo o zadevah, ki lahko pripomorejo k napredku province;

c) pretresajo predloge, ki naj jih v imenu province pošljejo tako občnemu zboru kot generalnemu superiorju;

č) volijo odposlance na občni zbor, če je treba;

d) izdajajo v mejah splošnega in našega lastnega prava odredbe za hišne zbore; zanje ni potrebna odobritev generalnega superiorja.

K 144.

§ 1. Provincialni zbor je dvakrat v šestih letih, eden pred občnim zborom, drugi pa vmes.

§ 2. Po potrebi vizitator v sporazumu s svojim svetom in po zaslišanju hišnih predstojnikov lahko skliče izredni provincialni zbor.

K 145.

Vizitator ima nalogo, da provincialni zbor skliče in mu predseduje; zbrane v sporazumu z zborom samim odpusti in razglasi odredbe.

K 146.

Če ni s provincialnimi normami drugače določeno, se morajo provincialnega zbora udeležiti:

a) po službeni dolžnosti vizitator, provincialni svetovalci, provincialni ekonom in predstojniki posameznih hiš v provinci;

b) zraven pa še odposlanci, izvoljeni po predpisih našega lastnega prava.

4. Hišni zbor

K 147.

§ 1. Hišni zbor skliče superior ali asistent, ki superiorja v vsem nadomešča; sklican je in poteka kot priprava na provincialni zbor.

§ 2. Na hišni zbor je treba poklicati vse, ki imajo aktivno volilno pravico.

§ 3. Hišni zbor ima nalogo, da razpravlja o stvareh, ki jih morda hiša predloži provincialnemu zboru, in o vsem, kar je pripravljalna komisija provincialnega zbora predložila v razpravljanje, in se odloči za predloge ali proti njim.

II. razdelek: IMETJE

K 148.

§ 1. Misijonska družba ima imetje zaradi pastoralnih in skupnostnih potreb. Uporablja ga v duhu in po zgledu ustanovitelja kot pomoč pri služenju Bogu in ubogim; upravlja ga kot lastnino revežev skrbno in ga ne misli kopičiti.

§ 2. Misijonska družba sprejema občestveno evangeljsko uboštvo tako, da je vse Družbeno imetje skupno in ga Družba uporablja za to, da bolje uresničuje in dosega svoj namen.

K 149.

Ker je vse imetje skupno, so v smislu prava sobratje soodgovorni za pridobivanje, upravljanje in uporabo imetja hiše in province, kamor spadajo; z upoštevanjem razmerja velja to načelo tudi za imetje, ki je last vse Družbe.

K 150.

§ 1. Hiše, krajevne skupnosti, province in tudi Družba sama so pravno sposobne za pridobivanje, posestvovanje, upravljanje in odtujevanje imovine. Kjer to gre, so predstojniki zakoniti predstavniki imetja tudi pred civilno oblastjo, če ni drugače določeno.

§ 2. Vir imetja je delo sobratov in druga za pridobivanje imetja dovoljena sredstva.

K 151.

Zaradi skupnega blagra morajo hiše podpirati province v vsem, kar je potrebno za dobro upravljanje in kritje splošnih potreb; isto velja za province glede na generalno kurijo.

K 152.

§ 1. Province in hiše naj si med seboj pomagajo z imetjem; tiste, ki imajo več, naj pomagajo tistim, ki so v potrebi.

§ 2. Družba, province in hiše naj od svojega imetja rade pomagajo v potrebah drugim in podpirajo uboge.

K 153.

§ 1. Za to določeni sobratje upravljajo imetje tako, da skrbijo za primerno vzdrževanje sobratov in dajejo ustrezna sredstva za njihovo apostolsko dejavnost ter karitativno delo.

§ 2. Družbeno imetje naj v mejah splošnega in našega lastnega prava povsod upravljajo ekonomi pod vodstvom predstojnikov z njihovimi sveti po načelu subsidiarnosti.

K 154.

§ 1. Upravitelji naj pomnijo, da so le delivci skupnega imetja; zato naj ga delijo le v uporabo, ki je primerna stanu misijonarjev; vedno naj se tudi ravnajo po pravičnih civilnih predpisih, po predpisih Družbe in v njenem duhu.

§ 2. Upravitelji naj radi poskrbijo za potrebe sobratov v vsem, kar zadeva njihovo življenje, posebno službo in apostolsko delo. Taka uporaba imetja je namreč za sobrate spodbuda, da se zavzemajo za blagor ubogih in gojijo res bratsko življenje.

§ 3. Poleg tega naj upravitelji pazijo, da delijo imetje pravično, saj morajo med sobrati gojiti skupno življenje; za osebne potrebe sobratov naj poskrbijo v smislu odredb provincialnega zbora.

K 155.

Za veljavnost odtujitve ali kateregakoli posla, zaradi katerega bi moglo postati imovinsko stanje pravne osebe slabše, se zahteva pismeno dovoljenje pristojnega predstojnika s pristankom njegovega sveta. Če pa gre za posel, ki presega vsoto, ki jo je apostolski sedež določil za posamezne dežele, ali za stvari, ki so Cerkvi darovane ex voto, ali za dragocene stvari umetniške ali zgodovinske vrednosti, se zahteva vrh tega dovoljenje apostolskega sedeža samega.

 

SACRA CONGREGATIO
PRO RELIGIOSIS

ET INSTITUTIS SAECULARIBUS

Prot. n. P. 53 – 1/81

DECRETUM

Congregatio Missionis, a S. Vincentio a Paulo fundata, specialem finem apostolicum habet pauperes evangelizandi et cleri disciplinam promovendi.

Normis inhaerens Concilii Vaticani Secundi aliisque Ecclesiae ordinationibus, novum Constitutionum textum sedulo opere paravit, quem Moderator Generalis Sanctae Sedi proposuit, ut approbatione decoraretur.

Sacra igitur Congregatio pro Religiosis et Institutis saecularibus, postquam allatum Constitutionum textum peculiari subiecit Consultoris examini, considerato voto favorabili Congressus, omnibus perpensis, vi praesentis Decreti, illum approbat et confirmat, iuxta exemplar idiomate latino exaratum et in suo tabulario asservatum, servatis de iure servandis.

Faxit Deus ut Congregationis Missionis sodales omnes, divina gratia adiuti, per S. Vincentii a Paulo intercessionem, animo Deo grato novas accipiant Constitutiones ut validum instrumentum magis magisque progrediendi in tanto opere ipsis ab Ecclesia commisso.

Datum Romae, ex aedibus Sacrae Congregationis pro Religiosis et Institutis saecularibus, die 29 iunii, in solemnitate SS. Petri et Pauli Apostolorum, anno Domini 1984.

✠ Fr. Jerôme Hamer, O.P.
✠ Vincentius Fagiolo Secr.

CURIA MISSIONE
Via di Bravetta, 159
00164 ROMA

RICHARDUS MC CULLEN

Superior Generalis Congregationis Missionis

dilectis nostris in Christo
Sacerdotibus, Clericis et Fratribus

Salutem in Domino

Res sane magni momenti in nostrae Congregationis historia quod nuper a S. Congregatione pro Religiosis et Institutis Saecularibus Constitutiones nostrae sint approbatae.

Anni quidem circiter triginta iam effluxere a die qua praedecessor noster, Gulielmus Slattery, ven. mem., praecedentes Constitutiones, ad praescripta Codicis Iuris Canonici anni 1917 accommodatas, promulgavit (1954).

Nunc vero, post studia, considerationes et preces, per septemdecim annos protracta, ac trium Conventuum Generalium deliberationes, Sancta Sedes Constitutiones nostras approbavit, quas vobis laeto animo offero.

De quibus hoc unum mihi dicere liceat: ratio scilicet qua Constitutionum litterae et spiritui fideles erimus, maxime determinabit mensuram contributionis nostrae vitae Ecclesiae localis, in qua Congregatio nostra est inserta.

In huius libri paginis Congregationis identitas in Ecclesia delineatur. Hanc tamen identitatem ne sinamus esse tantum in hoc libro. Textum enim Constitutionum in nostris cordibus alte imprimere debemus et cotidiana vita exprimere, ut vocationem nostram ad pauperum evangelizationem impleamus.

Saepe igitur Constitutiones sunt nobis legendae, oratione lectionem assidue comitante. Valde itaque exopto quod sane vobis omnibus cordi est. Ut Constitutiones istae efficacia media fiant, quibus facilius quod S. Vincentius amavit amemus et quod docuit libenter ipsi operemur.

Has Constitutiones a S. Sede accipientes animus noster illam conferentiam sponte recolit quam Institutor noster die 17 maii a. 1658 habuit, cum Regularum Communium libellum singulis confratribus distribuit.

Ipsius igitur S. Vincentii verbis, votum exprimere possumus, quod ipse tunc protulit:

« A summi Dei bonitate, pro omnibus qui has Regulas, ab ipso nobis datas, fideliter servabunt, omnis generis bona et benedictiones expectare debemus: benedictiones in eorum personas, benedictiones in eorum incepta, benedictiones denique super omnia quae ad eos pertinent ac pertinebunt… Confido vero, fratres, per gratiam Dei et vestram caritatem, vos omnes hodie illam fidelitatem renovaturos, qua usque nunc has Regulas in praxim redegistis.

Simulque spero fore ut fidelitas vestra ac patientia, qua tandiu illas expectastis, a misericordia Dei illam gratiam vobis obtineant, qua facilius etiam in futuro illas servare possitis » (SV XII, 11).

In amore Domini nostri Iesu Christi eiusque Immaculatae Matris addictissimum vobis confratrem toto corde me profiteor.

Romae, die 27 septembris anni 1984
in solemnitate Sancti Vincentii a Paulo.

Richard McCullen, C.M.

DECRETUM PROMULGATIONIS

Omnibus Congregationis nostrae sodalibus has Constitutiones a S.C. pro Religiosis et Institutis Saecularibus die 29 iunii recognitas et approbatas transmitto atque, congruo temporis spatio elapso ut illae ad effectum adducantur, de consensus mei Consilii, decerno ut Constitutiones nostrae vim obligandi sortiantur a die 25 januarii a. 1985 in festo Conversionis Sancti Pauli.

Romae, die 27 septembris a. 1984
in solemnitate S. Vincentii a Paulo

Richard McCullen, C.M.

DECRETUM QUO STATUTA RENOVATA
CONGREGATIONIS MISSIONIS
PROMULGANTUR

De consensu Consilii Generalis Statuta Congregationis Missionis transmitto a Conventu Generali 2010 renovata et approbata.

Pro renovatis vel novis Statutis textus lingua italica exaratus tamquam “officialis” habeatur.

Datum Romae, die 27 septembris 2011
in solemnitate Sancti Vincentii a Paulo

G. Gregory Gay, C.M.
Superior Generalis

INTRODUCTIO

Congregatio Missionis, a Sancto Vincentio de Paul fundata, Ecclesiae voluntati obsequens, ius fundamentale sibi proprium recognoscit, quo apostolicam suam actuositatem et vitam in mundo huius temporis, afflatu Concilii Vaticani II, vivificet.

Hinc persentit se peculiarem horam gratiae vivere et actionem Spiritus Domini super se transeuntis percipit, qui eam impellit ut seipsam renovet, vestigia Sancti Vincentii sectando.

Ipsa autem Congregatio, suum cupiens traditum locum et finem in Ecclesia servare et exprimere, necessarium ducit ad suas origines atque ad Sancti Vincentii experientiam spiritualem et proposita redire, quo plenius valeat non solum originariam suam indolem et ipsius Sancti Fundatoris spiritum plenius agnoscere et fideliter custodire, sed et impensiorem inspirationem ex iisdem fontibus haurire ut suae vocationi respondeat, voluntati Dei attenta, quae speciali modo in pauperum societatis hodiernae necessitatibus sibi manifestatur, sicut jam Sancto Vincentio.

* * *

Vincentius de Paul, in pago vulgo Pouy, anno 1581 natus, jam a puero cum pauperibus est conversatus et eorum vitae condiciones est expertus. Anno 1600 sacerdos factus est. Etsi quaesiverat aliquando paupertatem suae originis effugere, moderantibus vitae spiritualis magistris, sollicitudine profundioris sanctitatis acquirendae se urgeri sensit, et a Divina Providentia per suae vitae eventus eo ductus est ut firmum tandem propositum assumpserit se pauperum saluti devovendi.

Pauperum enim evangelizationem graviter urgere perspexit cum, apud Gannes et, die 25 ianuarii anni 1617, apud Folleville ministerio operam daret: quod fuit, ipso teste, et suae vocationis et Congregationis Missionis origo.

Tandem cum mense augusto eiusdem anni, apud ChâtillonlesDombes « Caritates » instituit ad subveniendum infirmis omni ope destitutis, compertum habuit et manifestavit intimam necessitudinem intercedere inter pauperum evangelizationem eorumque servitium.

Eius spiritualis experientia formam gradatim accepit contemplatione et servitio Christi in persona pauperis, immo visio Christi a Patre missi ut pauperibus evangelizaret, centrum occupavit tum vitae tum apostolici eius laboris.

Mundi et societatis sui temporis interpellationibus attentus, quas legere didicit lumine intensioris semper amoris in Deum et in pauperes, cuiusvis generis calamitatum pondere oppressos, Vincentius se ipsum vocatum sensit ad omnigenas aerumnas levandas.

Inter diversas activitates, peculiarem curam Missioni semper adhibuit. Primi enim sodales, quos contractu, die 17 aprilis anni 1625 transacto, ad se collegerat ut cum illis ruricolis evangelizandis attenderet, per actum consociationis quem die 4 septembris anni 1626 subsignaverunt, seque obligaverunt ad Congregationem efformandam in qua, in unum viventes, saluti pauperum ruricolarum sese dicarent.

Vincentius eiusque sodales, dum pauperum evangelizationi incumbebant, aperte conspexerunt fructus missionis in populo servari non posse, nisi et sacerdotum formationi provideretur: cui opem initium dederunt cum, anno 1628, in civitate Beauvais, exercitia spiritualia pro clericis ad Ordines accedentibus habuerunt, instante episcopo, conscii se hac ratione bonos pastores Ecclesiae providere.

Quo melius cuiusvis generis necessitatibus subveniret, Vincentius quam plurimos ad se convocavit, divites et pauperes, humiles ac potentes, mediaque omnia adhibuit ut illis sensum pauperis, Christi privilegiatae imaginis, inspiraret: illosque ad pauperes sublevandos directe et indirecte impulit. Voluntariam ac generosam hanc dedicationem suam fecerunt et secutae sunt Communitas Filiarum Caritatis et Consociationes a Caritate ab eo conditae aliaeque ex his promanantes, singulaeque personae, quae hunc spiritum sibi proposuerunt assumendum, ad nostros usque dies.

Zelus eius in pauperes novum incrementum attigit per inceptum Missionum ad Gentes, cum anno 1648 primos sodales ad insulam Madagascar misit.

Dum crescebat, Congregatio qua Institutum, suam vocationem, ordinationem necnon vitam fraternam paulatim definivit, et sedulo suam indolem saecularem affirmavit, quamvis sodales suam in ipsa stabilitatem peculiari voto, et paupertatis, castitatis et oboedientiae praxi firmarent.

Huiusmodi notae Congregationis patrimonium nostris quoque diebus constituunt.

* * *

Haec omnia, Institutoris intentioni firmiter consentanea, in documentis Congregationis originem atque ordinationem asserentibus consignata sunt, cum Urbanus VIII per Bullam Salvatoris Nostri datam die 12 ianuarii 1633 haec edixit: « … huiusmodi Congregationis illiusque personarum praecipuus finis et peculiare institutum sit, divina favente gratia, cum propria salute, in eorum salutem incumbere, qui in villis, pagis, terris, locis et oppidis humilioribus commorantur; in civitatibus autem et urbibus, privatim eos qui ad ordines promovendi fuerint… ad spiritualia exercitia… ad eosdem ordines suscipiendos instituant »; et cum Alexander VII per Breve Ex Commissa Nobis datum die 22 septembris 1655 emissionem probavit « votorum simplicium castitatis, paupertatis et obedientiae necnon stabilitatis in dicta Congregatione ad effectum se, toto vitae tempore, saluti pauperum rusticanorum applicandi, in quorum tamen emissione nemo intersit qui ea acceptet, sive nomine Congregationis, sive Nostro, et pro tempore existente Romani Pontificis nomine… », addita insuper declaratione quod « dicta Congregatio Missionis exempta sit a subiectione locorum Ordinariorum in omnibus, excepto quod personae quae a Superioribus eiusdem Congregationis deputabuntur ad missiones… et ea quae illas concernunt; utque dicta Congregatio non censeatur propterea in numero Ordinum Religiosorum, sed sit de corpore cleri saecularis ».

Huic Congregationi, quam efformandam in spiritu Domini sedulo curavit, Vincentius post plurium annorum experientiam Regulas seu Constitutiones Communes commisit, in quibus, e contemplatione Domini procedens, in eo quod fecit et docuit ut voluntatem Patris impleret qui illum misit ut pauperibus evangelizaret, illa documenta proposuit perfectionis evangelicae, quae spiritualitatem, apostolicam actuositatem et vitam fraternam sui Instituti pressius inspirare deberent.

Eius autem vocationem et missionem clarius explicat, initio Regularum Communium, viam simul indicando ad eam assequendam:

« Dominus noster Jesus Christus, testante Scriptura Sacra, missus in mundum ut salvum faceret genus humanum, coepit facere et docere. Primum quidem adimplevit, cum omne genus virtutum perfecte in praxim redegit; secundum vero, quando evangelizavit pauperibus, tradiditque Apostolis ac Discipulis suis scientiam ad populos dirigendos necessariam. Et quoniam pusilla Congregatio Missionis cupit ipsum Christum Dominum, mediante eius gratia, et pro virium suarum tenuitate, imitari tum quoad ipsius virtutes, tum circa munia salutem proximi spectantia; conveniens est, ut similibus mediis, ad pium hoc propositum rite exsequendum, utatur. Idcirco eius finis est: 1) Propriae perfectioni studere, nitendo scilicet pro viribus virtutes exercere, quibus summus iste Magister nos verbo et exemplo instituere dignatus fuit:

2) Evangelizare pauperibus, maxime ruricolis;

3) Ecclesiasticos adiuvare ad scientias, virtutesque acquirendas, ipsorum statui requisitas » (Regulae Communes, I, 1).

* * *

His verbis, Sanctus Vincentius soboli suae spirituali, sodalibus nempe Congregationis Missionis, singularem concredidit vocationem, novum vitae communitariae genus, et finem semper stimulantem, novis tamen temporibus indesinenter et sapienter aptandum.

CONSTITUTIONES ET STATUTA

CONGREGATIONIS MISSIONIS

PARS PRIMA

DE VOCATIONE

C 1. — Congregationis Missionis finis est sequi Christum evangelizantem pauperibus. Hic autem finis perficitur cum sodales et communitates, sancto Vincentio fideles,

1° totis viribus spiritum ipsius Christi induere nituntur (RC I, 3) ut perfectionem vocationi suae congruentem acquirant (RC XII, 13);

2° pauperibus, praecipue vero magis derelictis, evangelizandis incumbunt;

3° clericos et laicos in ipsorum formatione adiuvant et eos adducunt ad plenius participandum in pauperum evangelizatione.

C 2. — Ratione habita finis, Congregatio Missionis, Evangelium prae oculis habens et signis temporum atque urgentioribus Ecclesiae petitionibus semper attenta, novas vias aperire mediaque adhibere temporum et locorum adiunctis aptata curabit, ac praeterea opera et ministeria ponderare necnon disponere studebit, sic permanens in statu renovationis continuae.

C 3. — § 1. Congregatio Missionis est societas clericalis vitae apostolicae et iuris pontificii in qua sodales proprium finem apostolicum, iuxta patrimonium a sancto Vincentio commissum et ab Ecclesia sancitum, prosequuntur; vitam fraternam in communi ducunt secundum propriam rationem vitae et per observantiam Constitutionum ad perfectionem caritatis tendunt.

§ 2. Congregatio Missionis, iuxta traditionem a sancto Vincentio promanantem, apostolatum suum exercet in intima cooperatione cum episcopis et clero dioecesano, qua ratione sanctus Vincentius saepe asseruit Congregationem Missionis esse saecularem etsi gaudeat propria autonomia sive a lege universali sive ab exemptione concessa.

§ 3. Sodales Congregationis Missionis, intuitu prosequendi finem ipsius Congregationis efficaciore et firmiore modo, emittunt vota stabilitatis, castitatis, paupertatis et oboedientiae iuxta Constitutiones et Statuta.

C 4. — Congregatio Missionis, quae clericis et laicis constat, ut finem quem sibi proponit, divina adspirante gratia, attingat, Christi sensibus et affectibus, imo eodem, quo ipse, spiritu repleri quaerit, qui maxime elucet in evangelicis documentis, prout in Regulis Communibus explanatur.

C 5. — Spiritus Congregationis est participatio spiritus ipsius Christi prout a sancto Vincentio proponitur: « Evangelizare pauperibus misit me » (Lc 4, 18). Proinde « Jesus Christus est Missionis regula » et tamquam eius vitae et actuositatis centrum habebitur (SV XII, 130).

C 6. — Spiritus ergo Congregationis intimas illas animi dispositiones Christi comprehendit, quas Fundator iam ab initio sodalibus commendabat: caritatem ac reverentiam erga Patrem, compatientem et efficacem amorem erga pauperes, divinae Providentiae docilitatem.

C 7. — Congregatio suum spiritum quaerit exprimere etiam quinque virtutibus ex peculiari Christi visione depromptis: simplicitate nempe, humilitate, mansuetudine, mortificatione, animarumque zelo, de quibus sanctus Vincentius dixit: « Congregatio his colendis atque exercendis accuratius incumbet, ita ut hae quinque virtutes sint veluti facultates animae totius Congregationis, omnesque nostrae singulorum actiones illis semper animentur » (RC II, 14).

C 8. — Huius spiritus profundiori cognitioni omnes semper studebunt, redeuntes ad Evangelium, ad exemplum sancti Vincentii eiusque doctrinam, memores quod spiritus et ministeria nostra sese mutuo alere debent.

C 9. — Nostra insuper vocatio – finis scilicet, natura et spiritus – Congregationis vitam et organizationem dirigat oportet.

PARS SECUNDA

DE VITA IN CONGREGATIONE

Caput I

De actuositate apostolica

C 10. — Congregatio Missionis, inde a temporibus Fundatoris et ipso inspirante, sese agnoscit a Deo vocatam ad opus evangelizationis pauperum peragendum.

Peculiari quadam ratione, cum tota Ecclesia ipsi de se asseverare licet quod evangelizandi munus habendum est gratia ac vocatio sibi propria, verissimamque indolem exprimit (cf. EN 14).

Immo omnes et singuli eius sodales cum Iesu dicere audent: « Oportet me evangelizare regnum Dei, quia ideo missus sum » (Lc 4, 43).

C 11. — Caritas Christi miserentis super turbas (cf. Mc 8, 2) fons est totius nostrae actuositatis apostolicae, nosque impellit ut, iuxta verba sancti Vincentii, « Evangelium reapse effectivum reddamus » (SV XII, 84).

In variis autem temporum et locorum adiunctis, evangelizatio nostra verbo et opere ad hoc contendere debet, ut omnes per conversionem et sacramentorum celebrationem adhaereant « ad Regnum, nempe mundum novum, ad novum rerum statum, ad novam exsistendi viam, ad nostram rationem vivendi, et quidem coniuncte vivendi, quam Evangelium instaurat » (EN 23).

C 12. — In opere evangelizationis, quod Congregatio sibi proponit peragendum, hae notae prae oculis habeantur:

1° praeferentia clara et expressa apostolatus inter pauperes: evangelizatio enim eorum signum est regnum Dei appropinquare in terra (cf. Mt 11, 5);

2° attentio realitati societatis humanae, maxime vero causis inaequalis distributionis bonorum in mundo, ut prophetico munere evangelizandi melius perfungamur;

3° aliqualis participatio condicioni pauperum, ita ut non solum ipsis evangelizandis attendamus, sed et ab ipsis evangelizemur;

4° verus sensus communitarius in operibus apostolicis, ita ut invicem in communi vocatione confirmemur;

5° disponibilitas eundi in mundum universum, ad exemplum primorum missionariorum Congregationis;

6° status continuae conversionis exquirendae tum ab unoquoque sodali tum a Congregatione universa, ad mentem sancti Pauli, qui admonet: « Nolite conformari huic saeculo, sed reformamini in novitate sensus vestri » (Rm 12, 2).

S 1. — Opera activitatis apostolicae quae, rebus bene perpensis, amplius non videntur respondere vocationi Congregationis in praesenti, gradatim relinquantur.

S 2. — In hoc tempore, quod globalizationis appellamus, plura extant signa et adiuncta quae fidei fortiter opponuntur et tamquam provocationes videntur quoad methodos traditionales evangelizationis. Sodales haec omnia serio perpendent, pro certo habentes hanc rerum condicionem ab ipsis exigere testificationem personalem et communitariam fidei solidae in Deum Jesu Christi et explorationem novarum viarum, quae aptiores habeantur ad rite persequendam suam vocationem pauperibus evangelizandi.

S 3. — Provinciae et singulae domus in inceptis apostolicis fraterna cooperatione sive inter se, sive cum clero dioecesano et cum institutis religiosis, sive cum laicis libenter laborabunt.

S 4. — Dialogum oecumenicum quaerent sodales; in re autem religiosa, sociali et culturali cum aliis, sive christianis sive non christianis, active intererunt.

C 13. — Provinciae ipsae iudicabunt de formis apostolatus suscipiendis ita ut spiritui et exemplo sancti Vincentii fideles, actuositatem apostolicam actioni pastorali Ecclesiae localis inserant, iuxta documenta et instructiones a Sancta Sede, a Conferentiis Episcoporum et ab Episcopis dioecesanis prolatas.

C 14. — Missiones ad populum, Fundatoris cordi maxime carae, impensius promovendae sunt. Ideo missionum opus, rerum et locorum adiunctis aptatum aggrediemur, omnes exquirentes possibilitates quibus illi novum impulsum conferamus, tum ad veram communitatem christianam renovandam et aedificandam, tum ad fidem in cordibus non credentium suscitandam.

C 15. — Opus institutionis clericorum in seminariis, iam ab exordiis inter Congregationis activitates adnumeratum, opportune efficaciterque renovetur.

Sodales insuper spirituale adiumentum sacerdotibus praestent in eorum sive formatione continua producenda sive studio pastorali fovendo. In ipsis autem desiderium excitent implendi optionem Ecclesiae in favorem pauperum.

Laicis, suscitandis et rite praeparandis, etiam ad ministeria pastoralia, in communitate christiana necessaria, incumbant.

Clericos tandem et laicos doceant ut consociate laborent et sese invicem adiuvent in processu formationis communitatis christianae.

C 16. — Inter opera apostolica Congregationis eminentem locum occupant Missiones sive ad Gentes sive ad populos qui in simili condicione evangelizationis versantur.

In aedificanda nova communitate ecclesiali, missionarii sedulo attendant ad « semina Verbi » quae in cultura et religiositate populi reperiantur (cf. EN 53).

S 5. — Ad opus missionum ad Gentes quod attinet, his normis attendatur:

1) corresponsabilitati obsequentes, Provinciae sive sua sponte sive Superiore Generali invitante mutuum sibi praestent auxilium;

2) singulae Provinciae vel etiam plures una simul recipiant unum saltem territorium missionis, quo sodales, uti operarios in messem Domini, mittant;

3) sodalibus facultas concedatur concrete adiuvandi opera missionum, etiam sese offerendo ad munus evangelizationis illic obeundum;

4) sodales insuper incitentur ad participandum operibus missionalibus Ecclesiae universalis et localis. Etiam opera missionalia Congregationis propria congrue ordinentur.

S 6. — Missionarii ad Gentes missi, cognitione realitatis regionis ubi laborabunt, sedulo se praeparent ad specialia munia illic obeunda ut actio pastoralis quam suscipient efficaciter respondeat necessitatibus locorum.

C 17. — Cum Congregatio Missionis eadem ac Filiae Caritatis haereditate fruatur, sodales illis petentibus auxilio libenter aderunt, praesertim ad exercitia spiritualia et ad directionem spiritualem quod attinet.

Fraternam quoque cooperationem in operibus mutuo susceptis eis semper exhibebunt.

S 7. — § 1. Sodales peculiarem habebunt curam promovendi et fovendi, in apostolicis activitatibus, Familiam Vincentianam et Consociationes laicorum ad ipsam pertinentes.

§ 2. Omnes Sodales congruenter parati esse debent ad hoc munus exercendum erga diversos Familiae Vincentianae ramos et solliciti ad id praestandum quotiescumque ab ipsis requiratur.

§ 3. Huius ministerii centrum exprimitur in condivisione propriae experientiae fidei iuxta Ecclesiae doctrinam et spiritum vincentianum. Ut hoc munus hodiernis necessitatibus respondeat, apta formatio curanda est theologicospiritualis, tecnica, professionalis et politicosocialis.

§ 4. Cum aliqua domus a sua actuositate cessat, peculiaris habeatur cura ut faciliter vitam suam prosequantur Consociationes laicorum quae spiritum vincentianum induunt.

S 8.  Inter Provincias foveantur congressus ad melius cognoscenda vocationem missionariorum et methodos actionis pastoralis, quae efficacius respondeant concretis rerum personarumque condicionibus et mutationibus.

C 18. — Sanctum Vincentium secuti, qui, secundum parabolam boni Samaritani (Lc 10, 3037), actione efficaci occurrebat derelictis, Provinciae ipsique sodales satagent pro viribus iis opitulari qui ad margines societatis sunt reiecti, victimis calamitatum et iniustitiae cuiusvis generis, necnon iis qui formis paupertatis moralis huius aetatis propriis sunt afflicti. In favorem eorum et cum eis agentes, studebunt exigentias implere iustitiae socialis et caritatis evangelicae.

S 9. — § 1. Ad Provincias pertinet, pro rerum adiunctis, condere normas ad actionem socialem spectantes, et concreta determinare media quibus iustitiae socialis adventus festinetur.

§ 2. Cooperationem insuper praestabunt sodales, pro locorum et temporum adiunctis, consociationibus iuribus humanis defendendis atque iustitiae et paci fovendis.

S 10. — § 1. Inter activitates apostolicas Congregationis numerantur paroeciae, dummodo apostolatus quem ibi exercent sodales, congruat cum fine et natura Instituti nostri, et exiguus pastorum numerus illud expostulet.

§ 2. Hae paroeciae Congregationis debent esse, magna ex parte, a pauperibus realiter constitutae, aut adnexae Seminariis ubi confratres formationem pastoralem tradunt.

S 11. — § 1. Magnum momentum educationis tam pro iuvenibus quam pro adultis agnoscentes, docendi et educandi numus, ubi opus sit ad finem Congregationis assequendum, assument sodales.

§ 2. Huiusmodi autem munus aggrediendum est non solum in scholis cuiusvis generis, sed et in familiis, in locis laboris, immo in universo ambitu societatis, ubi iuvenes et adulti versantur.

§ 3. Scholae, Collegia, et Universitates, pro locorum adiunctis, pauperes recipiant ad eorum promotionem fovendam. Affirmando vero valorem educationis christianae et formationem socialem christianam tradendo, sensus pauperis alumnis insinuetur, iuxta spiritum Fundatoris.

S 12. — Inter media quibus Congregatio utitur in opere evangelizationis congrua pars tribuatur mediis technicis comunicationis socialis, ad verbum salutis latius efficaciusque diffundendum.

Caput II

De vita communitaria

C 19. — Sanctus Vincentius sodales in Ecclesia adunavit, qui, nova communitaria vivendi forma, evangelizandis pauperibus incumberent. Communitas enim vincentiana ordinatur ad activitatem apostolicam praeparandam, eamque constanter fovendam atque adiuvandam. Itaque omnes et singuli sodales, in communione fraterna constituti, assidua renovatione ad missionem communem implendam contendunt.

C 20. — Sicut Ecclesia et in Ecclesia, Congregatio invenit in Trinitate actionis et vitae suae supremum principium.

1° In communitate enim congregati ad nuntiandum amorem Patris erga homines, eum exprimimus in vita nostra.

2° Christum convocantem apostolos et discipulos et cum eis vitam fraternam ducentem ad evangelizandum pauperibus sectamur.

3° Sub Spiritus Sancti afflatu inter nos unitatem in missione persolvenda construimus, ut exhibeamus testimonium credibile Christi Salvatoris.

C 21. — § 1. Vita communitaria est nota propria Congregationis eiusque ratio vivendi ordinaria inde ab eius initio et ex clara voluntate sancti Vincentii. Ideoque sodales, in domo vel in communitate legitime constituta, habitare debent, ad normam iuris proprii.

§ 2. Fraterna conversatio, quae missione continue alitur, communitatem efformat ad persequendum profectum personale et communitarium, et ad opus evangelizationis efficacius reddendum.

C 22. — Nosmetipsos nostraque omnia impendendo, communitati aderimus. Pariter tamen circa ea quae ad vitam privatam spectant congruus respectus habeatur; valores personales a communitate promoveantur; incepta sodalium lumine finis et spiritus Missionis discernantur. Hac ratione diversitates et charismata singulorum concurrunt ad communionem augendam et ad missionem fructiferam reddendam.

C 23. — Unaquaeque communitas localis debita autonomia fruatur, ut revera sit locus ubi ad effectum deducitur coordinatio communitaria apostolatus et vitae una cum bono Congregationis, sive provinciali sive universali. Etenim communitas localis pars viva est totius Congregationis.

C 24. — Ut adiumento apostolatui nostro sit, vitam communitariam, a caritate animatam praesertim praxi « quinque virtutum », ducere nitimur, ita ut novitatis vitae evangelicae signum mundo evadat. Proinde:

1° concordiam perficere conabimur ad missionem nostram implendam, subsidium vicissim adferentes maxime in rebus adversis, alter alteri gaudium in simplicitate cordis communicans;

2° necessario servitio auctoritatis adiuti, corresponsabiles nos faciemus, una cum Superiore, ad voluntatem Dei in vita et operibus quaerendam, activae oboedientiae obnoxii; atque inter nos dialogum fovebimus, formam vivendi nimis individuam superantes;

3° humili et fraterno animo ad opiniones et necessitates cuiusque consodalis intenti, conabimur difficultates, quas vita communitaria secumfert, superare; correctionem denique fraternam leniter exercebimus, reconciliationem ad invicem donantes;

4° sollicita cura illas conabimur condiciones creare, quae labori, requiei, orationi et fraternae conversationi sunt necessariae, ideoque, discrete ac prudenter media communicationis adhibebimus et, salvis apostolatus exigentiis, aliquam domus partem ad communitatis intimitatem tuendam, servabimus.

C 25. — Communitas est permanenter efformatrix sui ipsius, renovando imprimis elementa praecipua nostri modi vivendi et operandi, quae sunt:

1° communitaria sequela Christi evangelizatoris, quae generat in nobis specialia vincula amoris et affectionis; proinde mutuam reverentiam coniungemus cum sincera benevolentia in « morem carorum amicorum » (RC VIII, 2);

2° evangelizatio pauperum, quae omnibus laboribus nostris tribuit unitatem, quaeque nec talenta nec dona, etsi diversa, exstinguit, sed dirigit ad servitium huius missionis;

3° oratio, praesertim vero in Eucharistia, quae fons efficitur nostrae vitae spiritualis, communitariae et apostolicae;

4° bona nostra, quae erunt communia ad mentem sancti Vincentii, quaeque libenter condividemus.

Sic etenim vita nostra vere fit communitas conversationis fraternae, laboris, orationis et bonorum.

C 26. — § 1. Aegrotantes, infirmi senescentesque confratres cordi erunt nobis considerantibus eorum praesentiam sicut benedictionem domorum nostrarum. Proinde, praeter curam medicam et vitae solatium, eis partes in vita familiari et in apostolatu nostro reservabimus.

§ 2. Pro sodalibus defunctis, vero, cum fidelitate suffragia in Statutis praescripta offeremus.

S 13. — Confratres aegrotantes et senio affecti vel in aliqua necessitate versantes, cum Christo patiente specialiter coniuncti, nostrum evangelizationis opus participant. Peramanter contendemus illis adesse. Si impossibile fiat eos excipere in eadem domo ubi suum ministerium expleverunt, Visitator cum suo Consilio congruentem deliberationem assumet, attentis variis opportunitatibus et audito confratre curis egente.

S 14. — § 1. Confratres qui soli vivere coguntur, in muneribus a Congregatione sibi concreditis, curabunt aliquas partes temporis in communi impendere, ut bonum communitatis experiantur. Nos vero eis propinqui erimus ad eorum solitudinem sublevandam eosque sollicite invitabimus ut aliquoties vitam fraternam et apostolicam simul condividamus.

§ 2. Confratres vero difficultatibus laborantes fraterno et tempestivo animo adiuvare contendemus.

S 15. — § 1. Officia erga parentes fideliter exsequemur, servata moderatione quae necessaria est ad implendam nostram missionem et ad vitam communitariam servandam.

§ 2. Aperto animo excipere studebimus in domibus nostris confratres, sacerdotes et alios hospites.

§ 3. Liberaliter tractabimus indigentes, a nobis petentes auxilium, conando corum angustias expedire.

§ 4. Fraternam conversationem ad eos omnes qui nobis in vita et labore associantur, libenter extendemus.

C 27. — Unaquaeque communitas commune propositum elaborare conabitur, secundum Constitutiones, Statuta et Normas Provinciales. Idem propositum prae oculis habebitur in vita et labore ordinandis, in exsecutione consiliorum atque in periodico examine vitae et activitatis nostrae.

S 16. — Commune propositum, quod unaquaeque communitas sibi conficit initio, quantum fieri potest, anni laboris, simul amplectatur: activitatem apostolicam, orationem, usum bonorum, testimonium christianum in loco laboris, formationem continuam, tempora considerationis in commune peragendae, tempus necesarium relaxationis et studii, ordinem diei. Quae omnia examini periodico subicientur.

Caput III

De castitate, paupertate,
oboedientia et stabilitate

C 28. — Missionem Christi persequi cupientes, nosmetipsos pauperibus evangelizandis in Congregatione toto vitae tempore devovemus. Ad hanc autem vocationem implendam, castitatem, paupertatem et oboedientiam iuxta Constitutiones et Statuta amplectimur. Etenim, « minima Congregatio Missionis… ut animarum saluti, maxime pauperum ruricolarum, inserviret, nullis utique fortioribus et aptioribus armis uti posse iudicavit, quam iisdem, quibus ista Sapientia aeterna tam feliciter, tamque utiliter usa est » (RC II, 18).

C 29. — § 1. Christi imitatores in eius universali amore erga homines, perfectam castitatem in coelibatu propter regnum coelorum vi voti amplectimur. Eam autem accipimus uti donum a personali et infinita Dei benevolentia nobis largitum.

§ 2. Hoc modo, cor ad Deum et ad proximum latius patefacimus, et tota nostra agendi ratio fit laeta expressio amoris inter Christum et Ecclesiam, qui in futuro saeculo plene manifestabitur.

C 30. — Intima unio cum Christo, communio vere fraterna, instantia in apostolatu, ascesis experientia Ecclesiae probata, efficient ut castitas nostra vigeat.

Eadem autem per continuam et maturam responsionem vocationi divinae, est fons spiritualis fecunditatis in mundo, et ad plenitudinem etiam humanam assequendam valde confert.

C 31. — « Cum ipse Christus, verus universorum bonorum Dominus, ita paupertatem amplexus fuerit, ut non haberet ubi reclinaret caput suum, eosque, qui secum in missionibus laboraverunt, Apostolos scilicet et Discipulos, in simili inopiae gradu constituerit, ita ut nihil proprium haberent; … unusquisque in hac virtute colenda, ipsum pro sua tenuitate imitari conabitur » (RC III, 1). Hac ratione, sodales manifestabunt se totaliter a Deo dependere, ipsaque pauperum evangelizatio validior evadet.

C 32. — § 1. In suo officio implendo, secundum finem Congregationis et commune propositum communitatis, quisquis sodalis universali legi laboris sese obnoxium sentiat.

§ 2. Fructus autem laboris aut quae ei ratione pensionis, subventionis vel assicurationis intuitu Congregationis quoquo modo obveniunt post incorporationem, iuxta ius proprium, bona communitatis erunt, ita ut exemplo primorum christianorum, veram communionem bonorum vivamus, et fraterno adiumento nos mutuo prosequamur.

C 33. — Prae oculis habitis condicionibus pauperum, modus noster vivendi simplicitatem et sobrietatem redoleat. Media autem apostolatus, etsi efficaciora et moderniora, omni specie ostentationis careant.

Quae ad sustentationem et promotionem sodalium atque profectum operum sunt necessaria, ex omnium conatu potissimum procedant. Congregatio autem, vitata quavis cumulatione bonorum, studebit ex suis in favorem pauperum erogare; sic enim, expedita a cupiditate divitiarum, testimonio erit mundo materialismo affecto.

C 34. — In usu et dispositione bonorum consensum Superioris oportet habere vi voti, iuxta Constitutiones et Statuta. Cum autem ad spiritum paupertatis colendum haud sufficiat consensum tantum habere Superioris, necesse est ut unusquisque perpendat quid aptius et conformius sit ad vitam et ministerium, iuxta spiritum Fundatoris nostri in Regulis Communibus expressum.

C 35. — Bona autem propria, cum licentia Superioris adhibebimus, iuxta Statutum Fundamentale voti paupertatis in Congregatione, in favorem operum caritatis et etiam sodalium, vitatis differentiis inter nos.

S 17. — § 1. Conventus provincialis accommodet normas circa praxim paupertatis, iuxta Constitutiones et iuxta spiritum Regularum Communium et Statuti Fundamentalis Paupertatis Congregationi ab Alexandro VII dati (« Alias Nos supplicationibus »).

§ 2. Singulae Provinciae et communitates locales, attentis diversis locorum et rerum adiunctis, modum servandi evangelicam paupertatem exquirant, et circa ipsum periodicum examen instituant, pro certo habentes paupertatem esse, non tantum propugnaculum Communitatis (cf. RC III, 1), sed etiam condicionem renovationis et signum progressus nostrae vocationis in Ecclesia et in mundo.

C 36. — Memores condicionem humanam esse limitatam, et sectantes salvificam actionem Christi, qui factus est oboediens usque ad mortem, voluntati Patris multiplici modo sese nobis manifestanti, ductu Spiritus Sancti, libenter oboedire studebimus.

C 37. — § 1. Participatio in hoc Christi oboedientis mysterio requirit ut omnes communitarie voluntatem Patris quaeramus, mutua experientiarum communicatione, aperto et responsabili dialogo, in quo diversae aetates et animi habitudines inter se occurrunt, ita ut exinde communes propensiones maturescant et exoriantur quae ad decisiones faciendas conducant.

§ 2. Sodales, spiritu corresponsabilitatis et memores verborum sancti Vincentii, prompte, libenter et perseveranter, Superioribus oboedire pro viribus nitentur. Superiorum autem decisionibus, etiamsi sententiam propriam meliorem esse existiment, lumine fidei obsequi conabuntur.

C 38. — § 1. Vi voti oboedientiae tenentur oboedire Summo Pontifici, Superiori Generali, Visitatori, Superiori domus eorumque substitutis, qui nobis praecipiunt iuxta Constitutiones et Statuta.

§ 2. Episcopis vero, in quorum dioecesibus instituta est Congregatio, iuxta ius universale et Instituti nostri proprium, exhibebimus oboedientiam, secundum mentem et spiritum sancti Vincentii.

C 39. — Peculiari voto stabilitatis vovemus fini Congregationis toto vitae tempore in dicta Congregatione vacare, operibus obeundis, quae a Superioribus praescripta nobis fuerint, iuxta Constitutiones et Statuta.

S 18. — Provinciae, Communitates locales et singuli sodales serio insistere debent in voto stabilitatis profundius perpendendo, cum id respiciat donum summum suipsius ad sequendum Christum pauperibus evangelizantem et fidelitatem permanendi toto vitae tempore in Congregatione Missionis.

Caput IV

De oratione

C 40. — § 1. Christus Dominus, in intima unione permanens cum Patre, oratione eius voluntatem quaerebat, quae fuit ratio suprema suae vitae, missionis et oblationis pro mundi salute. Similiter Discipulos docuit eodem spiritu semper orare et nunquam deficere.

§ 2. Nos quoque, in Christo sanctificati et in mundum missi, oratione signa voluntatis divinae inquirere et Christi disponibilitatem imitari conabimur, omnia iuxta sensum eius diiudicando. Hoc modo vita nostra in oblationem spiritualem a Sancto Spiritu immutatur et nos aptiores efficimur ad missionem Christi participandam.

C 41. — « Date mihi virum orationis et ad omnia exsequenda aptus erit » (SV XI, 83). Iuxta mentem enim sancti Vincentii oratio est fons spiritualis vitae missionarii: per illam Christum induit, sese doctrina imbuit evangelica, res atque eventus in conspectu Dei discernit, et in eius amore et misericordia permanet. Sic Spiritus Christi semper efficaciam verbis et actionibus nostris praestat.

C 42. — Apostolica in mundum insertio, vita communitaria et experientia Dei ope orationis in vita missionarii invicem complentur et in unum coalescunt. In oratione enim fides, amor fraternus et zelus apostolicus constanter renovantur; in actione autem amor Dei et proximi effectivus manifestatur. Per intimam unionem orationis et apostolatus missionarius fit contemplativus in actione et apostolus in oratione.

C 43. — Oratio missionarii spiritu filiorum, humilitate, fiducia erga Providentiam et amore bonitatis Dei informari debet. Ita ediscimus orare sicut pauperes spiritu, pro certo habentes nostram infirmitatem virtute Spiritus Sancti roborari. Ipse enim illuminat mentes nostras et firmat voluntates ad necessitates mundi profundius cognoscendas et efficacius levandas.

C 44. — Peculiarem orandi facultatem experiamur oportet in ministerio Verbi, Sacramentorum et caritatis necnon in eventibus vitae. Evangelizando pauperibus Christum in eis invenire et contemplari debemus, curam populi exercentes ad quem missi sumus, non tantum pro illo sed etiam cum illo orare, et quasi sponte fidem devotionemque eius participare.

C 45. — Orationem liturgicam modo vivo et authentico colemus.

§ 1. Vita nostra ad celebrationem cotidianam Coenae Domini tanquam ad suum culmen contendat: ab ea enim, uti a fonte, virtus activitatis nostrae et fraternae communionis promanat. Per Eucharistiam Christi mors et resurrectio repraesentantur, nos in Christo hostia viva perficimur, atque communitas populi Dei significatur et efficitur.

§ 2. Ad sacramentum Poenitentiae frequenter accedemus, ut conversionem continuam et vocationis sinceritatem assequi valeamus.

§ 3. Liturgiae Horarum celebratione voces et spiritus unimus ad laudes Domini decantandas, orationemque continuam ad eius conspectum elevamus et pro omnibus hominibus deprecamur.

Ideo, Laudes et Vesperas in communi celebrabimus, nisi apostolatus causa excusemur.

C 46. — In oratione communitaria optimam formam reperimus animationis et renovationis vitae, praesertim vero cum Verbum Dei celebramus et participamus, aut cum, dialogum fraternum instituentes, participes ad invicem nos facimus fructus nostrae spiritualis et apostolicae experientiae.

C 47. — § 1. Orationem personalem, sive privatim sive in communi, cotidie per unam horam, iuxta traditionem sancti Vincentii, pro viribus peragere nitemur. Sic idonei reddimur, tum ad sensum Christi percipiendum, tum ad vias aptas inveniendas, ut missionem eius impleamus. Ipsa vero, orationem communitariam et liturgicam praeparet, extendat et compleat.

§ 2. Excercitiis spiritualibus inter annum fideliter vacabimus.

C 48. — Testes et nuntii amoris Dei, Trinitatis et Incarnationis mysteriis peculiarem devotionem et cultum praestare debemus.

C 49. — § 1. Speciali devotione et Mariam, Matrem Christi et Ecclesiae, colemus, quae, iuxta sancti Vincentii verba, prae omnibus credentibus, documenta evangelica penitus perspexit et in vita sua effecit.

§ 2. Devotionem erga Immaculatam Virginem Mariam diversimode exprimemus, eius festa devote celebrando eamque frequenter, praesertim ope rosarii, invocando.

Peculiare nuntium, materna eius benevolentia, in Sacro Numismate expressum, pervulgabimus.

C 50. — Cultum sancti Vincentii, Sanctorum Beatorumque familiae Vincentianae corde habebimus. Ad Fundatoris patrimonium, quod in eius scriptis et in Congregationis traditione invenitur, constanter revertemur, ut amare ediscamus quod amavit et opere exercere quod docuit.

S 19. — Pietatis actus in Congregatione traditos fideliter implebimus, iuxta propositum commune, praecipue vero Sacrae Scripturae lectionem, praesertim Novi Testamenti, SS. Eucharistiae cultum, orationem mentalem in communi persolvedam, examen conscientiae, lectionem spiritualem, spiritualia inter annum exercitia, necnon praxim directionis spiritualis.

Caput V

De sodalibus

1. De sodalibus in genere

C 51. — Sodales Congregationis Missionis sunt discipuli Christi qui, ad continuandam eius missionem a Deo vocati et in dictam Congregationem admissi, pro viribus nituntur suae vocationi respondere adlaborando iuxta doctrinam, mentem et instituta sancti Vincentii a Paulo.

C 52. — § 1. Sodales, qui omnes per baptismum et confirmationem sacerdotium regale Christi participant, sunt clerici et fratres, omnesque etiam Missionarii vocantur.

1° Clerici, i.e. sacerdotes et diaconi, iuxta proprium ordinem, ad exemplum Domini Nostri Iesu Christi Sacerdotis, Pastoris et Magistri, vocationem suam adimplent per exercitium huius triplicis functionis in omnibus formis apostolatus quae ad finem Congregationis assequendum inservire possunt.

His accedunt sodales qui ad ordines recipiendos se praeparant.

2° Laici, qui apud nos fratres appellantur, ad apostolatum Ecclesiae et Congregationis deputantur illumque adimplent operibus suae condicioni aptatis.

§ 2. Hi omnes sunt vel admissi tantum, vel etiam incorporati, iuxta Constitutiones et Statuta.

2. De admissione in Congregationem

C 53. — § 1. Candidatus admittitur in Congregationem cum, ipso petente, recipitur ad tempus probationis Seminarii Interni perficiendum.

§ 2. Ius admittendi candidatos in Seminarium Internum spectat, servatis servandis:

1° ad Superiorem Generalem, audito suo Consilio, pro tota Congregatione;

2° ad Visitatorem, audito suo Consilio, pro sua Provincia.

§ 3. Quoad requisita ad admissionem standum est iuri universali.

C 54. — § 1. Totum tempus quo fit praeparatio ad incorporationem Congregationi nec brevius sit biennio nec longius novennio a receptione in Seminario Interno.

§ 2. Elapso anno completo ab admissione in Congregationem, sodalis, iuxta traditionem nostram per Bona Proposita, voluntatem suam ostendit ad salutem pauperum, toto vitae tempore, in Congregatione vacandi, iuxta Constitutiones et Statuta.

§ 3. Ius admittendi ad Bona Proposita spectat, servatis servandis:

1° ad Superiorem Generalem, auditis suo Consilio et Directore Seminarii Interni, pro tota Congregatione;

2° ad Visitatorem, auditis suo Consilio et Directore Seminarii interni, pro sua Provincia.

S 20. — § 1. Seminarium Internum pro unoquoque sodali incipit cum a Directore vel ab eius vices gerente receptus declaratur iuxta Normas Provinciales.

§ 2. Congregatio, tempore opportuno, cautiones validas, si necessariae sint, etiam in foro civili, assumet ut iura tum sodalis tum Congregationis debite serventur, in casu quo sodalis sponte egrediatur aut dimittatur.

S 21. — Bona Proposita emittuntur in Congregatione Missionis secundum formulam directam vel declarativam:

1) Formula directa: Domine, Deus meus, ego, NN., propono me evangelizationi pauperum toto vitae tempore in Congregatione Missionis fideliter dedicaturum in sequela Christi evangelizantis. Ideoque propono me castitatem, paupertatem et oboedientiam iuxta Instituti nostri Constitutiones et Satuta servaturum, gratia tua adiuvante.

2) Formula declarativa: Ego, N.N., propono me evangelizationi pauperum toto vitae tempore in Congregatione Missionis fideliter dedicaturum in sequela Christi evangelizantis. Ideoque propono me castitatem, paupertatem et oboedientiam iuxta Instituti nostri Constitutiones et Statuta servaturum, gratia Dei adiuvante.

S 22. — § 1. Emissio Bonorum Propositorum, presente Superiore vel sodali ab ipso designato fieri debet.

§ 2. Ulteriores determinationes quoad Bonorum Propositorum emissionem vel renovationem, et aliquam formam temporariae vinculationis forsan addendam, necnon quoad iura et obligationes quibus sodales fruuntur a sua in Congregationem admissione usque ad suam incorporationem in ipsam, a Conventu uniuscuiusque Provinciae statuantur.

C 55. — § 1. Vota nostra sunt perpetua, non religiosa, reservata, ita ut solus Romanus Pontifex et Superior Generalis possint ea dispensare.

§ 2. Quae vota fideliter interpretanda sunt secundum propositum sancti Vincentii approbatum ab Alexandro VII in brevibus « Ex commissa nobis » (22.IX.1655) et « Alias nos supplicationibus » (12.VIII.1659).

C 56. — Ius ad vota admittendi spectat, servatis servandis:

1° ad Superiorem Generalem, de consensu sui Consilii et consultis moderatonibus candidati, pro tota Congregatione;

2° ad Visitatorem, de consensu sui Consilii et consultis moderatoribus, pro sua Provincia.

C 57. — § 1. Licentia emittendi vota a Superiore maiore data post petitionem sodalis secumfert, emissis votis, incorporationem Congregationi, cui sodalis incardinatur receptione Diaconatus.

§ 2. Sodalis Congregationi nondum incorporatus ad Ordines admitti nequit. Incorporatio tamen sodalis iam clerici, eum incardinat Congregationi.

C 58. — § 1. Emissio votorum praesente Superiore vel sodali ab ipso designato fieri debet.

§ 2. Iuxta consuetudinem Congregationis tam petitio quam attestatio emissionis votorum scripto fiant; de votorum autem emissione Superior Generalis quam primum certior fiat.

Vota emittuntur in Congregatione Missionis secundum has formulas:

a)        Formula directa: Domine, Deus meus, ego NN. coram Beatissima Virgine Maria, voveo me evangelizationi pauperum toto vitae tempore in Congregatione Missionis fideliter dedicaturum, in sequela Christi evangelizantis, ideoque castitatem, paupertatem et oboedientiam voveo iuxta Instituti nostri Constitutiones et Statuta, gratia tua adiuvante.

b)        Formula declarativa: Ego, N.N., coram Beatissima Virgine Maria, voveo Deo me evangelizationi pauperum toto vitae tempore in Congregatione Missionis fideliter dedicaturum, in sequela Christi evangelizantis. Ideoque castitatem, paupertatem et oboedientiam Deo voveo iuxta Instituti nostri Constitutiones et Statuta, gratia Dei adjuvante.

c)        Formula traditionalis: Ego, NN. indignus (sacerdos, clericus, frater) Congregationis Missionis, coram Beatissima Virgine et curia coelesti universa, voveo Deo paupertam, castitatem et Superiori nostro eiusque successoribus oboedientiam, iuxta Instituti nostri Regulas seu Constitutiones; voveo praeterea me pauperum rusticanorum saluti toto vitae tempore in dicta Congregatione vacaturum, eiusdem Dei omnipotentis gratia adiuvante, quem ob hoc suppliciter invoco.

S 23. — Ulteriores determinationes quoad tempus emissionis Votorum, ad Conventum Provincialem uniuscuiusque Provinciae pertinent.

S 24. — In peculiaribus adiunctis, Conventus Provincialis approbationi Superioris Generalis, de consensu sui Consilii, propriam formulam tam pro emissione Bonorum Propositorum, quam pro emissione Votorum proponere potest, conservando tamen elementa essentialia formularum fixarum.

3. De iuribus

et obligationibus sodalium

C 59. — § 1. Omnes sodales Congregationis, nisi ex natura rei aliud constet, gaudent iuribus, privilegiis et gratiis spiritualibus Congregationi concessis ad normam iuris universalis et proprii.

§ 2. Omnes sodales Congregationi incorporati iisdem iuribus fruuntur et obligationibus tenentur ad normam iuris universalis et proprii, illis exceptis quae exercitium Ordinis eique adnexam iurisdictionem respiciunt. Sodales vero in Congregationem solummodo admissi, fruuntur iuribus et tenentur obligationibus iuxta Constitutiones, Statuta et Normas Provinciarum.

C 60. — Iure vocis activae et passivae gaudent, nisi amiserint ad normam iuris, sodales Congregationi incorporati, iuxta ius universale et proprium.

C 61. — Iure vocis passivae, firmis aliis condicionibus a iure universali et proprio statutis, pro omnibus officiis et muneribus fruuntur sodales qui saltem a triennio Congregationi sint incorporati et vigesimum quintum annum expleverint.

S 25. — Carent iure vocis activae et passivae:

1) Qui ex indulto vivunt extra Congregationem, iuxta ius proprium Congregationis et clausulam in ipso indulto appositam;

2) Sodales ad Ordinem Episcopatus evecti vel tantum renuntiati, durante munere, et etiam expleto munere, nisi ad vitam communitariam redierint;

3) Vicarii, Praefecti et Administratores Apostolici, quamvis non Episcopi, durante munere, nisi simul sint Superiores alicuius domus Congregationis.

S 26. — § 1. Praeter eos, qui enumerantur in cann. 171 § 1 nn. 34; 1336 § 1 n. 2 Codicis Iuris Canonici et in a. 70 et 72 § 2 Constitutionum Congregationis Missionis, voce activa et passiva carent etiam sodales, qui – cum ius vocis activae et passivae sive in Congregatione, sive in Provincia, sive in domo exercere debent – quocumque modo non legitimo absentes sunt; idest:

a) qui absentes sunt a Congregatione sine debita licentia, cum eorum absentia tempus sex mensium superat;

b) qui debitam licentiam obtinuerunt, attamen tempore transacto eam renovare non curaverunt;

c) qui condiciones in licentia extra communitatem residendi statutas non servant (cf. Const. art. 67, § 2);

d) qui triennium licentiae superaverunt, salvis casibus infirmitatis, studiorum aut apostolatus nomine Congregationis persolvendi (cf. Const. art. 67, § 2).

§ 2. In casibus dubiis Visitator, de consensu sui Consilii, decernit an sodalis voce activa et passiva gaudeat, attente considerando eius condicionem in Provincia, ius proprium Congregationis et Normas Provinciales.

§ 3. Quod dicitur de voce activa et passiva extenditur etiam ad consultationes in iure proprio Congregationis et in Normis Provincialibus statutas.

C 62. — Sodales Congregationis, praeter obligationes quibus tenentur secundum ius proprium, communibus obligationibus clericorum a iure universali statutis in cc. 273289 etiam adstringuntur, non solum clerici, uti patet, et ii speciatim pro habitu ecciesiastico deferendo (c. 284) et pro liturgia horarum persolvenda (c. 276), sed etiam laici, nisi ex natura rei vel ex contextu sermonis aliud constet.

S 27. — § 1. Unicuique sodali ius est ut in tota Congregatione suffragia pro ipso offerantur cum decesserit.

§ 2. Singulis mensibus unusquisque sodalis, iuxta condicionem suam, Missam offerat pro vivis atque defunctis totius vincentianae familiae necnon pro parentibus, propinquis et benefactoribus, addendo specialem intentionem pro servando spiritu Congregationis primigenio.

§ 3. Pariter, alteram Missam offerat pro sodalibus totius Congregationis mense praecedenti defunctis.

§ 4. Ulteriores determinationes ab unaquaque Provincia statuantur.

S 28. — Unicuique sodali Congregationi incorporato ius est ut singulis mensibus celebratio aliquarum Missarum secundum propriam intentionem et sine stipe concedatur. Normae circa numerum et modum celebrationis harum Missarum ab unaquaque Provincia statuantur.

C 63. — Constitutiones ac Statuta aliasque normas in Congregatione vigentes, activa et responsabili oboedientia omnes servare debent.

C 64. — Item observent normas ab Ordinariis locorum promulgatas, salvo iure exemptionis nostrae.

4. De adscriptione sodalium

alicui provinciae et domui

C 65. — Quemlibet sodalem Congregationis Missionis oportet esse alicui Provinciae et Domui vel Coetui ad instar Domus adscriptum, ad normam iuris proprii.

S 29. — § 1. Superior Generalis, Assistentes, Secretarius et Oeconomus Generalis et Procurator Generalis apud Sanctam Sedem, Provinciam, ad effectus iuridicos, durante munere, non habent.

§ 2. Ceteri sodales suam operam praestantes in officiis Curiae Generalis pertinere ad suas Provincias originis pergunt, adscripti stabiliter alicui earum domui; addicti sunt tamen ad tempus Curiae, conventione habita inter Superiorem Generalem et Visitatorem Provinciae sodalis.

S 30. — § 1. Sodalis Congregationis Missionis adscribitur Provinciae pro qua Superiores eum legitime in Congregationem admittunt. Quae Provincia dicitur Provincia originis.

§ 2. Nova sodalis adscriptio acquiritur per destinationem ex una ad aliam Provinciam, a Superioribus legitime factam. Quae Provincia dicitur Provincia destinationis.

S 31. — Ut sodalis amittat unam Provinciam et aliam acquirat, salva semper Superioris Generalis auctoritate, exigitur tantum ut Superiores maiores competentes inter se conveniant, audito ipso sodali. Si autem sodalis invitus est, translatio ad aliam Provinciam sine approbatione Superioris Generalis effici non potest.

S 32. — Superior Generalis, expleto munere, libere eligat Provinciam.

S 33. — § 1. Adscriptio Provinciae destinationis ad tempus indefinitum vel definitum esse potest.

§ 2. In utroque casu duo Visitatores:

1) per conventionem scriptam definient iura et obligationes sodalis et utriusque Provinciae;

2) translationis documenta conscribent, in tabulario utriusque Provinciae servanda;

3) Visitator Provinciae, a qua sodalis translatus est, ad Secretarium Generalem novae adscriptionis nuntium mittet.

§ 3. Cum de adscriptione temporanea agitur, tempore transacto, sodalis illico ad suam Provinciam originis redit, nisi forte Visitatores, audito ipso sodali, aliter inter se semper scripto convenerint iuxta Statuta.

S 34. — Sodalis adscribitur Domui vel Coetui ad instar Domus per destinationem a legitimo Superiore factam.

C 66. — In Provincia et in Domo vel Coetu ad instar Domus, quibus sunt adscripti, sodales habent:

1° iura et obligationes iuxta Constitutiones et Statuta;

2° proprium et immediatum Superiorem localem et maiorem;

3° exercitium vocis activae et passivae.

C 67. — § 1. Sodalis qui, vel a Superiore Generali vel a Visitatore, de eorumdem consiliorum consensu, licentiam vivendi extra Domum vel extra Communitatem obtinuerit, alicui Domui vel Communitati adscribi debet, ut in ea iuribus fruatur et obligationibus teneatur, ad normam licentiae ipsi concessae.

§ 2. Licentia vero concedatur iusta de causa, non tamen ultra annum, nisi ratione infirmitatis curandae, studiorum aut apostolatus exercendi nomine instituti.

5. De egressu et dimissione sodalium

C 68. — Quoad egressum et dimissionem sodalium, in Congregatione Missionis iuri universali et proprio standum est.

C 69. — § 1. Sodalis Congregationi nondum incorporatus libere eam deserere potest, Superioribus voluntatem suam manifestando.

§ 2. Idem vero sodalis nondum incorporatus, ob iustas causas, dimitti potest a Superiore Generali vel a Visitatore, auditis suis Consiliis et eiusdem sodalis moderatoribus.

C 70. — Superior Generalis, de consensu sui Consilii, gravi de causa, sodali Congregationi incorporato concedere potest, non ultra triennium, ut vitam agat extra Congregationem, salvis obligationibus quae cum ipsius nova vitae condicione componi possunt. Sodalis, vero, sub cura Superiorum Congregationis manet, caret tamen voce activa et passiva. Si autem agatur de clerico, requiritur praeterea consensus Ordinarii loci in quo commorari debet, sub cuius cura et dependentia manet, ad normam c. 745.

C 71. — Superior Generalis, de consensu sui Consilii, potest sodali, gravi de causa, egressum e Congregatione concedere, illumque a votis dispensare, ad normam c. 743.

C 72. — § 1. Sodalis Congregationi incorporatus, qui a communione cum illa necnon a potestate Superiorum sese subducit, sollicite a Superioribus quaeratur et adiuvetur, ut in vocatione perseveret.

§ 2. Quod si sodalis non redierit post sex menses, privetur voce activa et passiva, et, ad normam art. 74, § 2, decreto Superioris Generalis dimitti potest.

C 73. — § 1. Ipso facto ab Instituto dimissus habendus est sodalis qui:

1° a fide catholica notorie defecerit;

2° matrimonium contraxerit vel, etiam civiliter tantum, attentaverit.

§ 2. His in casibus, Superior maior cum suo Consilio, nulla mora interposita, collectis probationibus, declarationem facti emittat, ut iuridice constet de dimissione, ad normam c. 694.

C 74. — § 1. Sodalis dimitti debet, iuxta ea quae stabilita sunt in cc. 695, 698, 699, § 1.

§ 2. Sodalis dimitti potest, iuxta ea quae stabilita sunt in cc. 696, 697, 698, 699, § 1.

§ 3. In casu gravi scandali exterioris vel gravissimi nocumenti Instituto imminentis, sodalis statim a Superiore maiore vel, si periculum sit in mora, a Superiore locali, cum consensu sui Consilii, e domo eici potest, ad normam c. 703.

C 75. — Decretum dimissionis sodali cuius interest, quam primum communicetur, data ei facultate recurrendi, intra decem dies a recepta notificatione, ad Sanctam Sedem, cum effectu suspensivo. Ut decretum dimissionis vim habeat, servandus est c. 700.

C 76. — § 1. Legitima dimissione, ipso facto cessant vota necnon iura et obligationes, quae sodalis habuit in Congregatione. Si tamen est clericus, standum est praescriptis cc. 693 et 701.

§ 2. Qui e Congregatione legitime egrediantur, vel ab ea legitime dimissi fuerint, nihil ab ea repetere possunt, ob quamlibet operam in ea praestitam.

§ 3. Congregatio vero, aequitatem et evangelicam caritatem servet erga sodalem, qui ab ea separatur, sicut statutum est in c. 702.

S 35. — Auctoritas denuo admittendi aliquem in Congregationem pertinet:

1) ad Superiorem Generalem, audito suo Consilio, pro omnibus;

2) ad Visitatorem, auditis suo Consilio et Visitatore Provinciae a qua sodalis egressus vel dimissus est, pro iis qui nondum Congregationi incorporati sunt.

Caput VI

De formatione

I – DE PROMOVENDIS

ET FOVENDIS VOCATIONIBUS

S 36. — Cura de vocationibus promovendis exigit a nobis constantem orationem (Mt 9, 37) et authenticum, plenum ac laetum testimonium vitae apostolicae et communitariae, praesertim cum adulescentes et iuvenes nobiscum laborant in missione vincentiana, educantes propriam fidem.

S 37. — § 1. Provinciae, Domus et singuli Sodales curent de candidatis ad missionem vincentianam suscitandis.

§ 2. Provinciae autem media aptiora, quibus vocationes promoveantur ipsisque attendantur, exquirant et propositum provinciale ad id aptum conficiant.

§ 3. Visitator, audito suo Consilio, Promotorem Vocationum nominabit, qui curam de promovendis vocationibus coordinabit in operibus nostris.

S 38. — Candidatos, qui Congregationem ingredi cupiunt, optionem vitae christianae, propositum apostolicum et electionem laborandi in communitate vincentiana iam fecisse oportet; aut eos ad haec eligenda progressive iuvari ope actionis pastoralis iuvenilis, vel in Scholis Apostolicis, ubi hae habeantur.

S 39. — Candidatorum autem formatio, ipsorum aetati conformis, imprimis comprehendat vitam fraternam, Verbi Dei frequentationem, celebrationes liturgicas, actuositatem apostolicam una cum Moderatoribus perductam, orientationem personalem, studium atque laborem.

II – DE FORMATIONE NOSTRORUM

1. Principia generalia

C 77. — § 1. Nostra formatio, processu continuo, eo tendere debet ut sodales, spiritu sancti Vincentii animati, idonei evadant ad missionem Congregationis implendam.

§ 2. Magis in dies igitur discant Iesum Christum esse centrum vitae nostrae et Congregationis regulam.

C 78. — § 1. Tempus formationis, sicut tota vita nostra, ita ordinetur ut caritas Christi nos magis ac magis urgeat ad finem Congregationis assequendum. Quem finem sodales, ut discipuli Domini, in sui ipsius abnegatione et continua conversione ad Christum attingent.

§ 2. Sodales verbo Dei, vita sacramentali, oratione tam communitaria quam personali et spiritualitate vincentiana exerceantur.

§ 3. Alumni insuper studia a lege Ecclesiae praescripta rite peragant, ut debitam scientiam acquirant.

§ 4. Omnes iam ab initio, pro sua quisque formatione et capacitate, praxi pastorali, praesertim cum Moderatoribus consociati, opportune exerceantur, pauperes quoque adeundo eorumque realitatem attingendo. Hac ratione unusquisque suam vocationem specificam in communitate pro personalibus facultatibus facilius invenire poterit.

§ 5. Normae vero paedagogicae ita pro alumnorum aetate applicentur, ut ipsi, dum gradatim sibimetipsis moderari addiscunt, libertate sapienter uti, sponte naviterque agere assuescant et ad maturitatem christianam perveniant.

C 79. — Sodales, vocationi Dei in communitate respondentes, tempore formationis vitam communitariam vincentianam vivere discant. Communitas vero foveat incepta personalia singulorum in toto processu formationis.

C 80. — In formatione nostrorum vigeat coordinatio inter diversas institutionis rationes, et inter gradus subsequentes unitas organica servetur. Omnia autem ita ordinentur, ut in finem pastoralem Congregationis proprium conspirent.

C 81. — Formatio nostrorum toto vitae tempore perducenda et renovanda est.

S 40. — Praeter formationem communem, pro unoquoque nostrorum, quantum fieri potest, procuranda est etiam formatio specifica et professionalis, quae singulos ad opera apostolatus, a Congregatione assignata, illisque magis consentanea, efficaciter exercenda aptos reddat.

S 41. — § 1. In singulis Provinciis Formationis Ratio habeatur, quae cum principiis hic statutis, cum documentis et normis Ecclesiae et Congregationis Missionis consonet, diversisque locorum adiunctis respondeat.

§ 2. Item Visitator statuat Commissionem Formationis, cuius erit Rationem Formationis praeparare et renovare, atque ea omnia tractare, quae ad processum institutionis attinent.

S 42. — Singulae Provinciae, ope Commissionis Formationis, tam communitariam quam individualem formationem continuam ordinent et foveant.

2. De Seminario Interno

C 82. — Candidati, ut in Seminarium Internum admittantur, inter condiciones requisitas, signa praebere debent, quibus apti censeantur ad vocationem vincentianam in communitate persequendam.

C 83. — § 1. Seminarium Internum est tempus quo sodales missionem et vitam in Congregatione incipiunt et, adiuvantibus communitate et Moderatoribus, suam vocationem pressius agnoscunt, ac per specialem formationem ad liberam incorporationem in Congregationem se praeparant.

§ 2. Seminarium Internum per 12 saltem menses sive continuos sive intermissos, protrahi debet. Si vero menses intermittuntur, Conventus Provincialis erit numerum mensium continuorum determinare et statuere quando periodus Seminarii Interni curriculo studiorum inseratur.

C 84. — Ideo tota ratio huius temporis eo tendere debet, ut Seminaristae:

1° maiorem maturitatem acquirant;

2° congruae cognitioni et experientiae missionis apostolicae et vitae Congregationis progressive initientur;

3° ad experientiam Dei, praesertim in oratione, perveniant.

C 85. — Quod ut assequantur, Seminaristae sedulo curabunt:

1° convenientem et concretam cognitionem hominum, in primis vero pauperum, eorumque necessitatum, desideriorum et problematum sibi comparare;

2° cognitionem peculiaris indolis, spiritus et munerum Congregationis acquirere, fontes adeundo, praesertim vero vitam atque opera sancti Vincentii, Congregationis historiam et traditiones, necnon actuosam et congruam apostolatus nostri participationem;

3° studium et meditationem Evangelii totiusque Sacrae Scripturae impensius fovere;

4° Ecclesiae, qua salutis communitatis, mysterium ac missionem, active participare;

5° documenta evangelica, praecipue vero castitatem, paupertatem et oboedientiam, iuxta mentem sancti Vincentii, cognoscere et vivere.

C 86. — Seminaristae communitati provinciali et locali apud quam vivunt intime inseruntur, et in ea communi responsabititate formantur, coordinante et animante Directore Seminarii Interni.

S 43. — Seminarium Internum, iuxta necessitates, provinciale vel interprovinciale esse potest. In utroque casu peragi potest in una vel in pluribus domibus Congregationis, selectis a Visitatore vel a Visitatoribus, quorum interest, consentientibus eorum Consiliis.

S 44. — Peculiaribus in adiunctis, et attenta maturitate humana et christiana candidatorum, opportunae aptationes a Visitatore statui possunt.

3. De Seminario Maiore

C 87. — § 1. Tempus Seminarii Maioris ad completam institutionem sacerdotii ministerialis vincentiani tradendam ordinatur, ita ut alumni, ad exemplar Christi Evangelizatoris, formentur ad Evangelium praedicandum, divinum cultum celebrandum fidelesque pascendos.

§ 2. Secundum spiritum sancti Vincentii et traditionem Congregationis, formatio nostrorum dirigatur potissimum ad ministerium verbi et ad exercitium caritatis erga pauperes.

C 88. — Formatio nostrorum realitati societatis adhaereat, ita ut studia ad visionem et iudicium criticum mundi hodierni acquirendum contendant. Alumni autem per conversionem cordis, incipiant seipsos efficaciter inserere in opus christianum instaurationis iustitiae; magis magisque conscii fiant de radicibus paupertatis in mundo, et impedimenta detegant quae evangelizationi obstant. Quae omnia fiant lumine Verbi Dei et ductu Moderatorum.

C 89. — Foveantur in alumnis maturitas affectiva et qualitates missionariae, cuiusmodi sunt: capacitas suscitandi et dirigendi communitates, responsabilitas, spiritus et actus critici, generositas prompta, vis sese firmiter obstringendi ad finem Congregationis efficiendum.

C 90. — Visitator statuere debet congruum tempus, ut alumni, expleto curriculo theologico, diaconalem exerceant ordinem, antequam ad Presbyteratum promoveantur.

S 45. — § 1. Domus Seminarii Maioris, prout necessitas postulat, potest esse vel singulis Provinciis propria vel pluribus communis.

§ 2. Alumni nostri possunt ad aliam Provinciam vel ad Institutum rite approbatum mitti, ut ibi studiorum ecclesiasticorum curriculum peragant. Hoc tamen in casu caveatur, ut ipsi vitam communem, iuxta Congregationis morem, ducant, et convenientem formationem vincentianam recipiant.

§ 3. In Domibus formationis vita familiaris floreat, et fraternitas inter sodales eiusdem Provinciae praeparetur; si autem alumni multi sint, apta ratione in coetus minores distribui possunt, quo singulorum formationi personali melius provideatur.

S 46. — Durante processu formationis Visitator, auditis Moderatoribus et suo Consilio, intermissiones studiorum et licentiam manendi extra domum formationis alumnis, iusta de causa, concedere potest.

S 47. — Foveatur mutua cognitio inter alumnos e diversis Congregationis Provinciis.

4. De Fratrum formatione

C 91. — § 1. Cura peculiaris impendatur ut Fratres ad suam missionem in Congregatione fideliter implendam formentur. Omnia quae in Constitutionibus et Statutis de formatione edicuntur, institutioni quoque Fratrum applicantur.

§ 2. Eorum igitur formationem in Seminario Interno eandem ac aliorum sodalium esse oportet, nisi peculiaria rerum adiuncta aliud suadeant.

§ 3. Quoad formationem Fratrum qui ad Diaconatum permanentem promovendi sint, serventur normae provinciales.

S 48. — Specialis Fratrum institutio culturalis et technica, opportune fiat legitimo curriculo studiorum, ut titulum seu diploma congruens acquirant.

C 92. — Fratres ad apostolatum gradatim applicentur ut omnia sub lumine fidei adspicere, iudicare et agere, atque per actionem seipsos cum aliis efformare et perficere discant.

5. De Moderatoribus et Magistris

C 93. — Communitas provincialis universa, de formatione nostrorum responsabilem se sentiat, ita ut singuli sodales eidem operi adiumentum praestent.

C 94. — Cum alumnorum formatio ab idoneis educatoribus praecipue pendeat, Moderatores et Magistri solida doctrina, congrua experientia pastorali et peculiari institutione praeparentur.

C 95. — § 1. Moderatores et alumni mutuae comprehensioni et fiduciae aperti, atque constantem et activam consuetudinem inter se habentes, veram communitatem educativam constituere debent.

§ 2. Haec autem communitas educativa, contributionibus aliorum coetuum attenta, propria proposita propriasque activitates constanti examini subiciat.

§ 3. Moderatores collegialiter procedant: attamen cura specialis et immediata seminaristarum et alumnorum alicui confratri vel, si casus ferat, pluribus confratribus committatur.

S 49. — Seminarium Maius, qua centrum formationis, adiumentum praestet sodalibus in diversis operibus laborantibus, ipsi autem Moderatores et Magistri opera apostolatus exerceant.

S 50. — Curandum est ut in domibus formationis habeantur, prout necessitas postulat, confratres idonei, qui confessarii et directoris spiritus muneribus fungantur.

PARS TERTIA

DE ORGANIZATIONE

Sectio I. — DE REGIMINE

Principia generalia

C 96. — Sodales omnes, cum vocati sint ut operam suam praestent ad missionem Christi continuandam, ius et officium habent tum cooperandi ad bonum communitatis apostolicae, tum eiusdem regimine participandi, ad normam iuris proprii. Sodales igitur in muneribus obeundis, in inceptis apostolicis suscipiendis, in praeceptis exsequendis, active et responsabiliter cooperentur.

C 97. — § 1. Qui in Congregatione auctoritatem exercent, quae a Deo est, et qui in eius exercitio quocumque modo partem habent, etiam in Conventibus et in Consiliis, prae oculis habeant exemplum Boni Pastoris, qui non venit ministrari sed ministrare. Ideoque, conscii de sua coram Deo responsabilitate, se existiment servos communitatis, ad promovendum finem ipsi proprium iuxta spiritum sancti Vincentii, in vera communione apostolatus et vitae.

§ 2. Cum sodalibus, ergo, dialogum instituant, firma tamen ipsorum auctoritate decernendi et praecipiendi quae agenda sunt.

C 98. — Omnes sodales, in muneribus a communitate concreditis obeundis, habent potestatem sufficientem ad ea implenda. Ideoque, ne avocentur ad maiorem regiminis gradum ea quibus aut singuli sodales aut inferiores regiminis gradus providere possunt.

Servetur tamen illa regiminis unitas, quae necessaria est ad finem et bonum totius Congregationis prosequenda.

C 99. — Congregatio Missionis, cum suis Domibus et ecclesiis omnesque eius sodales exemptione ab Ordinariorum locorum iurisdictione gaudent ex speciali Romanorum Pontificum concessione, praeterquam in casibus a iure expressis.

C 100. — Conventus Generalis, Superior Generalis, Visitatores ac Superiores Domorum et Communitatum legitime constitutarum, in sodales gaudent potestate, quae a iure universali et proprio definitur; habent praeterea ecclesiasticam potestatem regiminis seu iurisdictionis, pro foro tam externo quam interno. Superiores, igitur, ordine sacro debent esse insigniti.

Caput I

De administratione centrali

1. De Superiore Generali

C 101. — Superior Generalis, successor sancti Vincentii, una cum tota Congregatione, missionem Fundatoris diversis adiunctis aptatam in servitium universalis Ecclesiae continuat. Proinde, tali sollicitudine Congregationem gubernet, ut charisma sancti Vincentii vivum semper in Ecclesia perseveret.

C 102. — Superior Generalis, centrum unitatis et Provinciarum coordinationis, sit etiam principium spiritualis animationis et actionis apostolicae.

C 103. — Superior Generalis omnes Provincias, Domos et singulos sodales Congregationis potestate ordinaria regit ad normam iuris universalis et proprii. Superior Generalis tamen subest auctoritati Conventus Generalis, ad normam iuris.

C 104. — Superior Generalis valet usualem tantum interpretationem Constitutionum, Statutorum et Decretorum Conventus Generalis dare.

C 105. — § 1. Superior Generalis a Conventu Generali eligitur, iuxta art. 140 Constitutionum.

§ 2. Ad validitatem electionis Superioris Generalis, requiruntur condiciones, quae ex Iure universali et proprio haberi debent.

§ 3. Superior Generalis eligitur ad sexennium, et iterum eligi potest ad alterum sexennium, ad normam iuris proprii Congregationis.

§ 4. Sexennium vero compleri censetur acceptatione officii, ab eius successore facta, in Sequenti Conventu Generali ordinario.

C 106. — § 1. Superior Generalis ab officio cessat:

1° per acceptationem officii a successore factam;

2° per ipsius renuntiationem a Conventu Generali vel a Sancta Sede acceptatam;

3° per depositionem a Sancta Sede decretam.

§ 2. Si Superior Generalis manifeste indignus vel ineptus factus fuerit ad munus suum implendum, Assistentium erit de re collegialiter iudicare et Sanctam Sedem certiorem facere, cuius mandatis standum erit.

C 107. — Praeter facultates ipsi a iure universali vel ex speciali concessione datas, Superioris Generalis est:

1° omni cura studere ut spiritus sancti Fundatoris firmus atque fervens ubique foveatur, apostolica Congregationis actuositas eiusque renovatio indesinenter promoveantur, atque Constitutiones et Statuta quam aptius applicentur:

2° de consensu sui Consilii, ordinationes generales condere, in bonum Congregationis;

3° de consensu sui Consilii et consultis sodalibus quorum interest, constituere Provincias easque coniungere, dividere, supprimere, servatis de iure servandis;

4° convocare Conventum Generalem ipsique praeesse, et convocatos, de ipsius Conventus consensu, dimittere;

5° de consensu sui consilii et auditis Consultoribus Provinciae, Visitatorem, gravi de causa, ab officio removere;

6° de consensu sui Consilii et auditis illis quorum interest, ad normam c. 733, § 1, Domus erigere et Communitates locales constituere easque supprimere, salva auctoritate Visitatoris;

7° gravi de causa, de consensu sui consilii et auditis Visitatoribus quorum interest, Domum unius Provinciae in territorio alterius erigere;

8° iusta de causa et de consensu sui Consilii, domos erigere, quae a nulla Provincia dependeant et regantur a Superiore locali sub directa dependentia Superioris Generalis; et Superiores earundem Domorum nominare;

9° de consensu sui Consilii, sodalibus licentiam dare emittendi vota, eosdemque ad Ordines admittere; a votis dispensare, gravi de causa, sive in casu legitimi egressus, sive in actu dimissionis;

10° sodales e Congregatione dimittere, ad normam iuris universalis et proprii;

11° de consensu sui Consilii, in casibus extraordinariis ac gravi de causa, dispensare a Constitutionibus;

12° de consensu sui consilii, approbare normas a Conventibus provincialibus statutas.

S 51. — Praeter facultates ipsi a iure universali vel ex speciali concessione datas, Superioris Generalis est:

1° eamdem facultatem quam habet pro Provinciis, relate ad Viceprovincias exercere;

2° salvo iure visitationem canonicam peragendi, si casus ferat, adire semel saltem durante munere, per se vel per alium, Provincias et Viceprovincias, ut illas animet et de ipsarum sodaliumque statu certior fiat;

3° a) de consensu sui Consilii et iis consultis quorum interest, missiones recipere a Sede Apostolica vel ab Ordinariis locorum Congregationi propositas, eas sub sua iurisdictione servando aut eas alicui Provinciae vel coetui Provinciarum committendo; ab illis recedere quae ipsi commissae fuerant;

b) de consensu sui Consilii et auditis iis quorum interest, coetus missionarios constituere sub sua iurisdictione vel eos cuidam Provinciae vel coetui Provinciarum committere;

4° concedere Visitatoribus facultatem acceptandi vel resignandi missiones ab Ordinariis locorum concessas extra territorium cuiusvis Provinciae Congregationis;

5° de consensu sui Consilii, auditisque Visitatoribus et Vicevisitatoribus, tempore opportuno, ante celebrationem Conventus Generalis, Commissionem Praeparatoriam nominare;

6° quam primum ea omnia, quae a Conventu Generali decreta sunt, promulgare;

7° de consensu sui Consilii, contractus maioris momenti, servatis de iure servandis, inire;

8° gravi de causa, de consensu sui Consilii, et auditis Provinciae Visitatore, Consultoribus et, si tempus suppetat, quamplurimis sodalibus, regimen alicuius Provinciae ad breve tempus assumere per administratorem, cum facultatibus ab ipso Superiore Generali delegatis, exercendum;

9° de consensu sui Consilii et auditis Visitatoribus sodalibusque quorum interest, transferre sodales ab una Provincia in aliam;

10° sodalibus e Congregatione legitime separatis, suffragia concedere, pro defunctis nostris consueta;

11° de consensu sui Consilii, in casibus particularibus ac iusta de causa, a Statutis et Decretis Conventus Generalis dispensare;

12° de consensu sui Consilii et consultis Visitatoribus quorum interest, Directores Filiarum Caritatis nominare;

13° benefactoribus atque amicis Congregationis affiliationem concedere, bona spiritualia quae ad ipsos spectant, indicando;

14° de consensu sui Consilii, Provincias hortari ad participandas activitates missionarias internationales (operae – munera);

15° de consensu sui Consilii et auditis partibus quarum interest, Regiones constituere extra fines Provinciarum et Regiones approbare a Visitatoribus erectas;

16° de consensu sui Consilii, Statutum cuiusque Conferentiae Visitatorum approbare;

17° laborem Consilii Generalis et Assistentium Generalium munera ordinare.

S 52. — Superior Generalis Romae domicilium habet. Illud ne mutet, nisi consentiente Conventu Generali et consulta Sancta Sede.

S 53. — Ordinationes generales a Superiore Generali conditae vigent usque ad sequentem Conventum Generalem, nisi ab ipso Superiore Generali vel ab eius successore aliter provisum fuerit.

S 54. — Visitatores, Superiores aliique officiales Congregationis, necnon Directores provinciales Filiarum Caritatis, expleto sui muneris tempore, boni ordinis causa, in officio pergunt donec a successoribus substituantur.

2. De Vicario Generali

C 108. — Vicarius Generalis Superiorem Generalem adiuvat illumque absentem vel impeditum in munere supplet, ad normam iuris proprii.

C 109. — Vicarius Generalis a Conventu Generali eligitur ad normam iuris proprii. Electus vero in Vicarium Generalem ipso facto fit etiam Assistens Generalis.

C 110. — In casu absentiae Superioris Generalis, Vicarius Generalis eiusdem auctoritate insignitur, nisi ipse Superior Generalis aliquid sibi reservaverit.

C 111. — In casu impedimenti Superioris Generalis, Vicarius Generalis illum supplet pleno iure usque ad impedimenti cessationem. De impedimento autem Consilium Generale, sine Superiore Generali, sed praesente Vicario Generali, iudicat.

C 112. — Vacante quacumque de causa munere Superioris Generalis, ipso facto Vicarius Generalis fit Superior Generalis usque ad completum sexennium; de consensu autem sui consilli, auditisque saltem Visitatoribus et Vicevisitatoribus, ex Assistentibus Vicarium Generalem quamprimum nominat.

C 113. — Deficiente Vicario Generali, quacumque de causa, Superior Generalis, de consensu sui Consilii auditisque saltem Visitatoribus et Vicevisitatoribus, ex Assistentibus Vicarium Generalem quamprimum nominat.

C 114. — Vicarius Generalis ab officio cessat ad normam iuris universalis et proprii.

S 55. — § 1. Vicarius Generalis ab officio cessat:

1) per acceptationem officii a successore factam;

2) per renuntiationem a Conventu Generali vel a Sancta Sede acceptatam;

3) per depositionem a Sancta Sede decretam.

§ 2. Si Vicarius Generalis manifeste indignus vel ineptus factus fuerit ad munus suum implendum, Superioris Generalis erit, cum suo Consilio, excluso ipso Vicario Generali, de re iudicare et certiorem facere Sanctam Sedem, cuius mandatis standum erit.

S 56. — Vicarius Generalis, qui ut Superior Generalis regimen Congregationis assumpserit, expleto sexennio, immediate in Superiorem Generalem eligi potest, et denuo eligi.

3. De Assistentibus Generalibus

C 115. — Assistentes Generales sunt sodales Congregationis qui Consilium Superioris Generalis constituunt, opera et consilio in regimine Congregationis eum adiuvant, ut unitas et robur Congregationis promoveantur, Constitutiones et decisiones Conventus Generalis ad effectum deducantur, omnesque Provinciae in operibus Congregationis promovendis collaborent.

C 116. — § 1. Assistentes Generales a Conventu Generali, ad normam iuris proprii, eliguntur.

§ 2. Assistentes Generales, saltem quattuor numero, ex diversis Provinciis, ad sexennium eliguntur, et semel possunt iterum eligi. Expleto tamen secundo sexennio consecutivo, nequeunt immediate in Vicarium Generalem eligi.

§ 3. Sexennium vero compleri censetur acceptatione officii, a successoribus facta, in sequenti Conventu Generali ordinario.

S 57. — Firmo stante principio quod in Constitutionibus art. 116 § 2 enuntiatur:

§ 1. Assistentes Generales eliguntur ex diversis Provinciis et ratione habita, quantum fieri potest, diversi generis culturarum in Congregatione praesentium.

§ 2. Numerus Assistentium Generalium a Conventu determinatur.

S 58. — Assistentes in eadem domo qua Superior Generalis residere debent. Ad Consilium autem Generale constituendum, praeter Superiorem Generalem aut Vicarium Generalem, duo saltem Assistentes praesentes sint oportet.

S 59. — Absentibus tamen, iusta de causa Assistentibus Generalibus, ita ut numerus requisitus pro Consilio deficiat, Superior Generalis ad ipsum Consilium, cum iure suffragii, vocare potest unum ex Officialibus Curiae Generalis, hoc ordine: Secretarium Generalem, Oeconomum Generalem, aut Procuratorem Generalem apud Sanctam Sedem.

C 117. — Assistentium Generalium officium cessat ad normam iuris proprii.

S 60. — Assistentes Generales ab officio cessant:

1) per acceptationem officii a successoribus factam;

2) per renuntiationem a Superiore Generali, de consensu aliorum Assistentium vel a Conventu Generali acceptatam;

3) per depositionem a Superiore Generali, de consensu aliorum Assistentium, decretam, accedente beneplacito Sanctae Sedis.

C 118. — § 1. Si quis ex Assistentibus a munere cesserit, substitutus nominatur a Superiore Generali cum voto deliberativo aliorum Assistentium; substitutus vero eadem iura et obligationes ac alii Assistentes obtinet.

§ 2. Sed, si intra sex menses Conventus Generalis celebrari debeat, Superior Generalis non tenetur nominare substitutum.

4. De Officialibus Curiae Generalis

C 119. — § 1. Secretarius Generalis, Oeconomus Generalis et Procurator Generalis apud Sanctam Sedem, extra numerum Assistentium Generalium nominantur a Superiore Generali, de consensu sui Consilli.

§ 2. In munere manent ad nutum eiusdem Superioris Generalis de consensu sui Consilii; ratione autem sui officii, domui Curiae Generalis adscribuntur.

§ 3. Consilio Generali interesse possunt cum vocati fuerint a Superiore Generali, sed sine suffragio, salvis casibus de quibus agitur in Statutis.

§ 4. Conventui Generali intersunt cum iure suffragii.

S 61. — § 1. Secretarius Generalis:

1) Superiori Generali ministrat in iis quae scribenda sunt pro tota Congregatione;

2) ex munere interest Consilio Generali, sed sine suffragio, ad eiusdem acta conficienda;

3) Superiori Generali proponere potest nomina confratrum qui, ad norman iuris proprii ab eo nominentur tamquam cooperatores, sub directione sua, ad archivum ordinandum, ad publicationes edendas et ad litteras scribendas.

§ 2. Si Secretarius Generalis impeditus fuerit ab officio implendo, Superioris Generalis est nominare pro tempore unum ex Assistentibus vel Officialibus vel cooperatoribus, qui eius vices gerat.

S 62. — § 1. Oeconomus Generalis, ratione officii, bona Congregationis et alia bona Curiae Generali concredita, administrat, sub moderatione Superioris Generalis cum suo Consilio, ad normam iuris universalis et proprii.

§ 2. Annuente Superiore Generali, visitat Oeconomos Provinciales, immo particularibus in adiunctis, Oeconomos Domorum vel administratores operum maioris momenti.

S 63. — § 1. Procuratoris Generalis apud Sanctam Sedem est:

1) postulationes circa facultates ordinarias a Sancta Sede obtinendas curare;

2) de consensu Superioris Generalis, et auditis Visitatoribus quorum interest, tractare apud Sanctam Sedem negotia Congregationis, Provinciarum, Domorum et sodalium.

§ 2. Procurator Generalis apud Sanctam Sedem, de mandato scriptis dato Superioris Generalis officio Postulatoris Generalis Congregationis fungi potest in Curia Romana, ad normam iuris.

Caput II

De administratione provinciali,
regionali et locali

1. De Provinciis et Viceprovinciis

C 120. — Congregatio Missionis dividitur in Provincias ad normam iuris proprii.

C 121. — Congregatio dividitur etiam in Viceprovincias, ad normam iuris proprii.

C 122. — Provincia est plurium domorum inter se coniunctio, territorialibus limitibus circumscripta, cui praeest Visitator, potestate ordinaria propria, ad normam iuris universalis et proprii.

S 64. — Etsi unaquaeque Provincia territorialibus limitibus circumscribitur, nihil impedit quin alicuius Provinciae Domus adsit in alterius Provinciae territorio, ad normam art. 107, 7º Constitutionum.

S 65. — § 1. Viceprovincia est plurium Domorum inter se coniunctio, territorialibus limitibus circumscripta, quae, iuxta conventionem initam cum aliqua Provincia, ab ea dependet, et cum ea quoddam totum efformat, cui praeest Vicevisitator, potestate ordinaria propria, ad normam iuris universalis et proprii.

§ 2. Potest etiam constitui Viceprovincia quae a nulla Provincia plene constituta, sed directe a potestate Superioris Generalis pendeat, cui praeest Vicevisitator potestate ordinaria propria.

§ 3. Viceprovincia, natura sua, est transitoria, et in Provinciam convertitur cum condiciones requisitae habeantur.

§ 4. Quod in Constitutionibus et Statutis Congregationis dicitur de Provincia, valet, positis ponendis, etiam de Viceprovincia, nisi aliter expresse caveatur in ipsis Constitutionibus et Statutis, vel in Normis et conventionibus cuiusque Viceprovinciae.

S 66. — § 1. Divisa Provincia, ita ut distincta Provincia erigatur, etiam bona omnia quae in commodum Provinciae erant destinata et aes alienum quod pro Provincia contractum fuerat, a Superiore Generali cum suo Consilio, debita proportione, ex bono et aequo, dividi debent, salvis piorum fundatorum seu offerentium voluntatibus, iuribus legitimis quaesitis, ac normis propriis quibus Provincia regitur.

§ 2. Divisio archivi Provinciae matris reservatur decisioni Superioris Generalis, auditis prius Visitatoribus quorum interest.

2. De Visitatore et Vicevisitatore

C 123. — § 1. Visitator est Superior maior, ordinarius, cum potestate ordinaria propria, qui alicui Provinciae praeficitur ad eam regendam ad normam iuris universalis et proprii.

§ 2. Visitator, actuosae omnium participationis in vita et apostolatu Provinciae studiosus, sodales et copias impendat in servitium Ecclesiae, iuxta finem Congregationis, ministerium Domorum foveat, de profectu personali et activitate singulorum sollicitum se praebeat, unionem vitalem procurans.

S 67. — Quod in Constitutionibus et Statutis dicitur de Visitatore valet etiam de Vicevisitatore, nisi aliter expresse caveatur in ipsis Constitutionibus et Statutis, vel in Normis et conventionibus cuiusque Viceprovinciae.

C 124. — Superior Generalis, de consensu sui Consilli, ad normam iuris proprii, Visitatorem, praevia consultatione Provinciae, nominat aut eum confirmat, praevia electione.

S 68. — § 1. Superior Generalis, de consensu sui Consilii, nominat Visitatorem, non minus quam triennii fine, consultis saltem sodalibus Provinciae vocem activam habentibus. Eodem modo, secundum normas Provinciae, Visitator a Superiore Generali confirmari potest semel vel saepius, sed non ultra novem annos sine interruptione.

§ 2. Modus et circumstantiae consultationis determinari possunt a Conventu Provinciali, cum approbatione Superioris Generalis de consensu sui Consilii.

§ 3. Conventus provincialis proponere potest approbationi Superioris Generalis, de consensu sui Consilii, modum proprium electionis Visitatoris. Huiusmodi vero electio has saltem condiciones habere debet:

1) mandatum sit saltem ad triennium, sed non ultra sexennium;

2) Visitator electus non permaneat in officio ultra novem annos continuos;

3) in primo et secundo scrutinio requiratur maioritas absoluta, demptis schedis nullis; in tertio autem scrutinio gaudeant voce passiva duo tantum, qui in secundo scrutinio obtinuerint maiorem numerum votorum, etiamsi sunt aequalia;

4) in casu paritatis votorum, electus retineatur senior vocatione vel aetate.

§ 4. Ut electus, vel reelectus, Visitatoris munus assumat, requiritur confirmatio Superioris Generalis, de consensu sui Consilii.

C 125. — Visitatoris est:

1° constitutionum, Statutorum et Normarum provincialium observantiam promovere;

2° de consensu sui consilii, Ordinationes condere in bonum Provinciae;

3° de consensu sui Consilii et consulto Superiore Generali, intra fines suae Provinciae et ad normam c. 733 § 1, domus erigere et communitates locales constituere easque supprimere;

4° de consensu sui consilli et consultis sodalibus, Superiores Domorum nominare et Superiorem Generalem de nominatione certiorem facere;

5° de consensu sui Consilii et consultis iis quorum interest, approbante Superiore Generali, Superiorem Regionalem cum potestate delegata instituere;

6° domos et sodales frequenter invisere, et quidem ex officio, saltem alternis annis;

7° Conventum Provincialem, ad normam iuris proprii, convocare, ipsique praeesse; convocatos autem, de consensu ipsius Conventus, dimittere, et Normas Provinciales promulgare;

8° candidatos admittere in Seminarium internum, ad Bona Proposita et ad Vota, iuxta Constitutiones et Statuta;

9° consultis Superioribus et Moderatoribus candidatorum, sodales admittere ad « Ministeria », et, de consensu sui Consilii, ad Ordines;

10° sodales praesentare ad Ordines ac litteras dimissorias dare pro eorum Ordinatione;

11° audito suo Consilio et consultis Moderatoribus, sodales nondum Congregationi incorporatos dimittere.

S 69. — Visitatoris est:

1) propositum Provinciale condere, iuxta Normas Provinciales et de consensu sui Consilii;

2) de consensu sui Consilii et consulto Superiore Generali, servatis de iure servandis, opus maius alicuius Domus constituere et supprimere;

3) audito suo Consilio et consultis, quantum fieri potest, iis quorum interest, sodales singulis Domibus, pro ipsarum necessitate, assignare; in casibus tamen urgentioribus, Visitator tenetur suum Consilium saltem certius facere;

4) de consensu sui Consilii nominare, iuxta Normas Provinciales, Oeconomum provincialem et Directorem Seminarii Interni et Seminarii Maioris;

5) approbare Propositum commune Domorum a Superiore locali cum sua communitate praeparatum;

6) relationes mittere ad Superiorem Generalem de rebus Provinciae, et de visitationibus Domorum ex officio peractis;

7) de consensu sui Consilii, contractus necessarios et utiles inire, ad normam iuris universalis et proprii;

8) audito suo Consilio, tempore opportuno, Commissionem praeparatoriam Conventus Provincialis nominare;

9) gaudere praerogativa dirimendi paritatem suffragiorum, ad normam iuris;

10) Superiorem Generalem quam primum certiorem facere de emissis Votis a sodalibus deque eorum incorporatione in Congregationem, et de Ordinibus ab illis susceptis;

11) per se vel per alios idoneos curam habere de archivo provinciali;

12) approbare sodales et ipsis conferre iurisdictionem ad sodalium confessiones, necnon, salvo iure Ordinarii, ad sacram Verbi Dei praedicationem, easdemque facultates aliis delegare;

13) de consensu sui Consilii, iusta de causa, dispensare a Normis provincialibus in casibus particularibus;

14) curam gerere Confratrum in adiunctis anomalis versantium et ad normam illos reducere.

S 70. — Vicevisitator eadem iura, facultates et obligationes habet ac Visitator, nisi aliter in ipsis Constitutionibus et Statutis expresse caveatur.

S 71. — Ordinationes Visitatoris vigent usque ad sequentem Conventum Provincialem, nisi ab ipso Visitatore vel eius successore aliter provisum fuerit.

S 72. — § 1. Vacante officio Visitatoris, regimen Provinciae ad tempus cedit Assistenti Visitatoris; si vero Assistens non habeatur, Consultori Provinciali antiquiori ratione institutionis, vocationis vel aetatis, nisi a Superiore Generali aliter provisum fuerit.

§ 2. Conventus Provincialis proponere potest approbationi Superioris Generalis, de Consensu eius Consilii, modum proprium providendi regimini Provinciae ad tempus, adveniente morte Visitatoris, aut eius cessatione ab officio.

3. De Assistente Visitatoris

C 126. — Visitator, ut in regimine Provinciae adiuvetur, habere potest Assistentem, condicionibus ab art. 61 et 100 requisitis, praeditum. Conventus provincialis est statuere utrum habendus sit Assistens Visitatoris necne.

S 73. — § 1. Assistens Visitatoris est unus ex Consultoribus Provincialibus, et eligitur ab ipsis Consultoribus cum Visitatore, nisi a Conventu Provinciali aliter provisum fuerit.

§ 2. Absente Visitatore, Assistens eiusdem auctoritatem habet, exceptis iis quae sibi Visitator reservaverit.

§ 3. Impedito Visitatore, Assistens illum supplet pleno iure, usque ad impedimenti cessationem. De impedimento autem Consilium Provinciale, sine Visitatore, iudicat, et quam primum Superiorem Generalem certiorem facit, cuius mandatis standum erit.

4. De Consilio Visitatoris

C 127. — Consultores, qui consilium Visitatoris constituunt, opera et consilio eum in regimine Provinciae adiuvant, ut eius unitas et robur promoveantur, Constitutiones et decisiones Conventus Provincialis ad effectum deducantur, omnesque Domus et sodales in operibus promovendis collaborent.

S 74. — § 1. Consultores nominantur ad triennium a Visitatore, consultis saltem sodalibus Provinciae vocem activam habentibus. Eodem modo iisdemque condicionibus, Consultores confirmari possunt ad secundum et ad tertium triennium, non autem ad quartum.

§ 2. Conventus Provincialis proponere potest approbationi Superioris Generalis, de consensu eius Consilii, modum proprium designationis vel electionis Consultorum, necnon eorumdem numerum, tempus nominationis et durationis in officio. De Consultorum designatione, Visitator certiorem facere debet Superiorem Generalem.

§ 3. Consultor Provincialis, gravi de causa, ab officio removeri potest a Superiore Generali, proponente Visitatore, de consensu reliquorum Consultorum.

§ 4. Quod dicitur de Assistente Provinciali in art. 73, § 2 et § 3, valet etiam de Consultore Provinciali antiquiore ratione institutionis, vocationis vel aetatis, ubi Assistens Provincialis non habeatur, nisi aliter in Normis Provincialibus statutum fuerit.

5. De Oeconomo Provinciali

C 128. — In unaquaque Provincia sit Oeconomus qui administret bona Provinciae, sub directione ac vigilantia Visitatoris cum suo Consilio, ad normam c. 636, § 1 et iuris proprii.

S 75. — Oeconomus nominatur a Visitatore de consensu sui Consilii, vel alio modo in Normis Provincialibus statuto.

S 76. — Si Oeconomus Provincialis non est Consultor, interest Consilio Provinciali cum vocatus fuerit a Visitatore, sed sine suffragio.

S 77. — Oeconomi Provincialis est:

1) curare ut bona Provinciae recte in foro ecclesiastico et civili possideantur;

2) consilio et opera adiuvare Oeconomos Domorum ad munus implendum, eorumque administrationi invigilare;

3) curare ut unaquaeque Domus solvat summam assignatam pro expensis Provinciae et, suo tempore, mittere ad Oeconomum Generalem taxam pro fundo generali;

4) curare ut iusta merces Congregationis operariis solvatur et accurate serventur leges civiles de tributis et de securitate sociali;

5) semper ordine servare varia regesta expensarum et redituum, necnon alia documenta;

6) rationem reddere Visitatori eiusque Consilio de sua administratione, ad normam art. 103.

6. De Regionibus

S 78. — § 1. Regio est territorium, in quo una saltem domus extat, quae ad aliquam Provinciam pertinet vel directe a Superiore Generali dependet.

§ 2. Regio erigitur a Superiore Generali cum suo Consilio vel a Visitatore cum suo Consilio, cum approbatione Superioris Generalis (cf. S  51, 15). Committitur Superiori Regionali.

§ 3. Superior Regionalis gaudet facultatibus delegatis a Superiore Generali vel a Visitatore, ea mente ut faveatur progressioni missionis propriae Congregationis.

§ 4. Si Superior Regionalis nominatur a Visitatore cum suo Consilio, nominatio eget confirmatione Superioris Generalis con suo Consilio (cf. Const. 125, 5º).

§ 5. Regio constituitur conventione scripta, quae definiat facultates delegatas et mutua onera inter Superiorem Generalem aut Visitatorem et Superiorem regionalem.

§ 6. Regio constitui potest sive ad tuendam suam autonomiam, qua inde ViceProvincia vel Provincia evadat, sive eo quod ViceProvincia aut Provincia nequeat propriam autonomiam servare.

§ 7. Ut Regio erigi possit in ViceProvinciam aut ViceProvincia in Provinciam, opus est ut Regio vel ViceProvincia concretam habeat spem Vocationes habendi et solidum fundamentum oeconomicum congruens ad sustentandas Missiones et sodales.

7. De Visitatorum Conferentiis

S 79. — § 1. Ad favendam cooperationem inter Provincias quoad Missionem, communicationem et formationem, Visitatores Conferentias Visitatorum constituere debent.

§ 2. Huiusmodi Conferentiae tueantur semper Congregationis unitatem, Provinciarum autonomiam et principia subsidiaritatis et corresponsabilitatis.

§ 3. Uniuscuiusque Conferentiae Visitatorum est proprium Statutum redigere et Superiori Generali cum suo Consilio approbandum proponere.

8. De Officiis in administratione locali

C 129. — § 1. Congregatio seipsam efficit praesertim in singulis Communitatibus localibus.

§ 2. Superior, centrum unitatis et animator vitae Communitatis localis, ministeria Domus foveat et de singulorum profectu et actuositate cum communitate sollicitum se praebeat.

C 130. — § 1. Superior localis nominatur ad triennium a Visitatore, consultis sodalibus Domus vel Communitatis localis. In eadem autem Domo vel Communitate locali, iisdem condicionibus, nominari potest ad alterum triennium. Post secundum triennium, pro necessitate, recurrendum est ad Superiorem Generalem.

§ 2. Conventus Provincialis alium modum designationis Superioris localis statuere potest.

§ 3. Superior localis habere debet condiciones requisitas ab art. 61 et 100.

C 131. — Ad normam iuris, Superior localis potestatem habet ordinariam in foro interno et externo pro sodalibus aliisque diu noctuque in Domo sua degentibus; eamdem autem potestatem aliis delegare potest.

S 80. — Superioris localis ius et officium est:

1) Visitatorem certiorem facere de statu Domus sibi concreditae;

2) munera et officia, quorum attributio Superioribus maioribus non reservatur, sodalibus Domus committere;

3) Conventum domesticum convocare et dirigere;

4) una cum sua communitate Propositum commune suae Domus praeparare et approbationi Visitatoris proponere;

5) habere archivum et sigillum Domus;

6) Sodalibus notificare decreta et notitias Congregationis;

7) curare ut onera Missarum adimpleantur.

S 81. — § 1. Superior localis Domum administrat cooperantibus omnibus sodalibus, praesertim Assistente et Oeconomo, qui nominantur iuxta Normas Provinciales.

§ 2. Assistens, absente Superiore, totum illius officium exercet, iuxta normas a iure proprio stabilitas.

§ 3. Coadunationes sodalium communitatis ad instar Consilii frequenter habeantur.

C 132. — § 1 Deficientibus condicionibus ad Domum erigendam vel si opus aliquod id suadeat, Visitator, de consensu sui Consilii, Coetum sodalium ad instar Domus constituere potest, iuxta Normas Provinciales.

§ 2. Unus e sodalibus, a Visitatore ad normam iuris designatus, in huiusmodi Coetu responsabilis est ad modum Superioris.

§ 3. Coetus ad instar Domus eadem ac ipsa Domus iura et obligationes habet.

C 133. — Superior localis amoveri potest quotiescumque Visitatori, de consensu sui Consilli et accedente approbatione Superioris Generalis, id visum fuerit ex iusta et proportionata causa.

C 134. — § 1. Oeconomus, sub moderatione Superioris atque sodalibus dialogo et cura adiuvantibus, bona Domus administrat ad normam iuris universalis Congregationis et Provinciae.

§ 2. Cum Visitator, de consensu sui Consilii, id necessarium iudicaverit pro aliqua Domo, Consilium domesticum constituatur; Consultores vero domestici, qui in administranda Domo Superiorem localem adiuvant, iuxta Normas Provinciales designentur.

Caput III

De Conventibus

1. De Conventibus in genere

C 135. — Congregationis Missionis Conventus, cuius munus est eiusdem Congregationis spiritualitatem atque apostolicam vitalitatem tueri ac promovere, triplex distinguitur: Generalis, Provincialis et Domesticus.

S 82. — Superiores et sodales Conventus praeparent, eosque actuose participent; fideliter tandem servent leges et normas ab ipsis traditas.

C 136. — § 1. Nemo duplici suffragio gaudere potest.

§ 2. Condiciones ante electionem suffragio appositae, tamquam non adiectae censentur.

§ 3. Electio obligationem gignit electo Conventum participandi vel officium acceptandi, nisi gravis causa excuset. Si agitur de participatione, gravis causa probatur a Superiore competenti, qui postea eius comprobationem a Conventu petet; si vero de officii acceptatione agitur, gravis causa ab ipso Conventu probanda est.

§ 4. Nemo in Conventibus alium sibi substituere potest proprio arbitrio.

§ 5. Maioritas suffragiorum computanda est solum ex suffragiis valide latis. Suffragia alba sunt nulla.

S 83. — § 1. In electionibus requiruntur saltem tres scrutatores.

§ 2. Ex iure sunt scrutatores, simul cum praeside et cum secretario post eius electionem, duo aetate iuniores e membris Conventus.

§ 3. Initio Conventus proceditur ad electionem secretarii, cuius est:

1) primi scrutatoris munus implere;

2) relationes sessionum earumque documenta conficere.

S 84. — Ante Conventum et eo perdurante, fovenda est libera communicatio notitiarum circa res determinandas et qualitates eligendorum.

S 85. — Expleta negotiorum tractatione, acta Conventus a congregatis approbata subscribenda sunt a Praeside Conventus, ab eiusdem Secretario et ab omnibus congregatis ac, sigillo munita, in tabulario diligenter servanda sunt.

2. De Conventu Generali

C 137. — Conventus Generalis, universam Congregationem immediate repraesentans, ut suprema eiusdem auctoritas, gaudet iure:

1° patrimonium Instituti tuendi et accommodatam renovationem, iuxta ipsum, promovendi;

2° eligendi Superiorem Generalem, Vicarium Generalem et Assistentes Generales;

3° condendi leges seu Statuta et Decreta ad bonum Congregationis, servato principio subsidiarietatis. Statuta quae explicite non sunt abrogata, in vigore manent. Decreta vero, explicite confirmari debent, ut in vigore maneant;

4° postulandi a Sancta Sede mutationes in Constitutionibus ab ipsa approbatis duabus e tribus partibus suffragiorum:

5° interpetandi authentice Statuta; interpretatio autem authentica Constitutionum ad Sanctam Sedem pertinet.

S 86. — Conventus Generalis gaudet iure faciendi Declarationes quae habent vim doctrinalem et indolem exhortationis.

C 138. — Conventus Generalis, a Superiore Generali convocatus, celebrandus est:

1° ordinarius, ad eligendum Superiorem Generalem, Vicarium Generalem et Assistentes Generales, et ad negotia Congregationis tractanda;

2° extraordinarius, cum a Superiore Generali convocatus fuerit, ad normam iuris proprii.

S 87. — § 1. Conventus Generalis ordinarius sexto recurrente anno post ultimum Conventum Generalem ordinarium celebrandus est.

§ 2. Conventus Generalis extraordinarius celebrator quotiescumque Superior Generalis, de consensu sui Consilii et auditis Visitatoribus, censuerit illum esse celebrandum.

§ 3. Celebrationem Conventus Generalis praecedere debent Conventus Provinciales.

S 88. — § 1. De tempore et loco Conventus Generalis celebrandi, Superior Generalis, de consensu sui Consilii, decernet.

§ 2. Sexto tamen recurrente anno, iusta de causa, celebratio Conventus poterit, decreto Superioris Generalis de consensu sui Consilii, ad sex menses anticipari vel retardari a die incepti praecendentis Conventum Generalis ordinarii.

C 139. — Conventui Generali interesse debent:

1° Superior Generalis, Vicarius et Assistentes Generales, Secretarius Generalis, Oeconomus Generalis et Procurator Generalis apud Sanctam Sedem;

2° Visitatores ac Provinciarum deputati, ad normam iuris proprii electi.

S 89. — § 1. Superior Generalis, Vicarius et Assistentes Generales, exeuntes ab officio, remanent membra Conventus in subsequentibus eiusdem Conventus sessionibus.

§ 2. Praeter eos qui, ad normam Constitutionum, Conventui Generali ex officio interesse debent, aderit unus deputatus pro singulis Provinciis et Viceprovinciis pro primis septuaginta quinque sodalibus vocem activam habentibus; si autem sodales vocem activam habentes plures quam septuaginta quinque sunt, habebitur alius deputatus pro quavis eorum quinquagesima parte et reliqua portione.

Numerus deputatorum ad Conventum Generalem computandus est iuxta numerum sodalium vocem activam habentium die electionis deputatorum in Conventu Provinciali.

§ 3. Vacante officio Visitatoris, ille qui interim regimen Provinciae tenet ad Conventum Generalem pergit.

Si Visitator legitime impediatur quominus ad Conventum Generalem se conferat, eius loco pergit qui eum in officio supplet. Si autem hic electus fuerit in deputatum, primus substitutus ad conventum Generalem pergit.

S 90. — § 1. Superior Generalis cum suo Consilio curabit ut, si nullus Frater electus sit in deputatum ad Conventum Generalem, praesentia Fratrum in illo non desit.

§ 2. Superior Generalis cum suo Consilio provideat ut solvantur casus in quibus fieri nequeat legitima deputatorum electio ad Conventum Generalem, quorum tamen praesentia magni momenti retineatur.

S 91. — § 1. Ante Conventus Generalis convocationem, tempore opportuno, Superior Generalis, cum suo Consilio, auditis Visitatoribus et attentis diversis regionibus et operibus, nominat Commissionem Praeparatoriam.

§ 2. Relicta Superiori Generali cum suo Consilio ampla facultate ordinandi, pro opportunitate, Commissionis Praeparatoriae labores, eiusdem Commissionis munera esse possunt:

1) quaerere a Provinciis et a singulis sodalibus quaenam problemata eorum iudicio sint urgentiora, et quanam methodo in Conventu Generali sint tractanda;

2) acceptis responsionibus, argumenta, pro necessitate, urgentiora ac universaliora seligere, studia parare et fontes colligere, eaque omnia, congruo tempore, ante Conventuum Domesticorum celebrationem, Visitatoribus mittere;

3) proposita seu postulata Conventuum Provincialium et studia a Provinciis facta necnon postulata a Superiore Generali, audito suo Consilio, proposita recipere;

4) omnia in ordinem adducere, et ex eis documentum laboris conficere, et omnia ita tempestive mittere, ut membra Conventus et substituti prae manibus ea habere possint duobus integris mensibus ante Conventus Generalis initium.

§ 3. Incepta celebratione Conventus, munus huius Commissionis cessat; eius tamen praeses, per se vel per alium, si opportunum visum fuerit, expositionem facit de ratione agendi Commissionis.

C 140. — § 1. Ad electionem Superioris Generalis proceditur hoc modo: si in primo scrutinio nemo duas tertias partes suffragiorum obtinuerit, experiendum erit secundum scrutinium eodem modo quo factum est primum; si neque in secundo, pari modo tertium tentabitur scrutinium, immo et quartum.

Post quartum inefficax scrutinium, fiat quintum, in quo requiritur et sufficit maioritas ad plura absolute suffragia, demptis nullis.

Post quintum inefficax scrutinium, fiat sextum, in quo voce passiva gaudeant solummodo duo candidati qui in quinto scrutinio maiorem etsi parem numerum suffragiorum tulerint, nisi plures, primo aut secundo loco, paritatem obtinuerint; quo in casu, etiam isti gaudeant voce passiva in sexto scrutinio, in quo requiritur et sufficit maioritas relativa suffragiorum, demptis nullis; et, in casu paritatis, candidatus senior vocatione vel aetate electus habeatur.

§ 2. Electione legitime peracta et officio ab electo acceptato, qui praesidet, decreto electionis exaratum, clara voce proclamabit electum; sed si ipse Praeses in Superiorem Generalem electus fuerit, Secretarius Conventus decretum conficiet et Moderator electum proclamabit.

§ 3. Qui vero electus fuerit, commissum sibi onus non renuet nisi gravi de causa.

§ 4. Absoluta electione et gratiis Deo relatis, destruentur schedulae.

§ 5. Si neoelectus non sit praesens, advocetur et, usque ad eius adventum, Conventus alia negotia Congregationis tractare potest.

S 92. — § 1. Die electionis Superioris Generalis, electores Sacrum Deo offerent pro felici electione et, post brevem exhortationem, hora statuta, sessionem sub Praeside incipient.

§ 2. In schedulis praeparatis, electores inscribent nomen illius quem elegerint in Superiorem Generalem.

§ 3. Omnibus schedulis numeratis, si earum numerus excedat eligentium numerum, nihil actum est, et novae schedulae sunt scribendae.

C 141. — Vicarius Generalis eligitur iisdem condicionibus ac Superior Generalis et modo praescripto in art. 140, § 1.

C 142. — § 1. Electionibus Superioris Generalis et Vicarii Generalis absolutis, Conventus Generalis ad electionem aliorum Assistentium procedit, in distinctis scrutiniis.

§ 2. Ii electi habebuntur qui, demptis suffragiis nullis, plura absolute suffragia tulerint; hi ut electi a Praeside Conventus proclamentur.

§ 3. Si in primo et secundo scrutinio nemo fuerit electus, tunc in tertio electus erit qui maiora relative obtinuerit suffragia, et in casu paritatis, senior vocatione vel aetate.

S 93. — Directorium ab aliquo Conventu approbatum in vigore manet usquedum ab alio Conventu mutetur vel abrogetur.

3. De Conventu provinciali

C 143. — Conventus Provincialis, utpote coadunatio sodalium qui, tamquam deputati Provinciam repraesentant, est:

1° condere Normas ad bonum commune Provinciae intra limites iuris universalis et proprii, quae vim obligatoriam obtinent post approbationem Superioris Generalis de consensu sui consilii;

2° tractare, ut organum consultivum Visitatoris, de rebus quae ad bonum Provinciae ducere possunt;

3° agere de propositis quae, nomine Provinciae, deferenda sunt tum Conventui Generali, tum Superiori Generali;

4° eligere deputatos ad Conventum Generalem, si casus ferat;

5° condere normas pro Conventibus Domesticis, intra limites iuris universalis et proprii, quae non indigent approbatione Superioris Generalis.

S 94. — Normae, a Conventu Provinciali conditae, sunt regulae generales omnibus casibus in ipsis Normis descriptis applicandae. Hae Normae tamen non attingunt auctoritatem Visitatoris, prouti haec in iure universali vel proprio describitur, neque eius potestatem executivam ad ipsius officium implendum necessariam. In vigore autem manent usquedum a subsequenti Conventu Provinciali vel a Superiore Generali revocentur.

C 144. — § 1. Conventus Provincialis celebrandus est bis in sexennio, alter ante Conventum Generalem, alter tempore intermedio.

§ 2. Pro necessitate, Visitator, de consensu sui Consilii et auditis Superioribus localibus, potest convocare Conventum Provincialem extraordinarium.

C 145. — Ad Visitatorem pertinet Conventum Provincialem convocare eique praesidere: congregatos, de consensu ipsius Conventus, dimittere, et Normas promulgare.

S 95. — Ad Visitatorem, audito Consilio, pertinet dies statuere domumque designare in qua celebrari debet Conventus Provincialis.

S 96. — Superior Generalis decisionem circa Normas Provinciales Visitatori significabit, intra duos menses ab earum receptione.

C 146. — Conventui Provinciali interesse debent, nisi aliud in Normis Provincialibus caveatur:

1° ex officio, Visitator, Consultores Provinciales, Oeconomus provincialis, et singularum Provinciae Domorum Superiores;

2° insuper, deputati electi ad normam iuris proprii.

S 97. — Conventui Provinciali interesse debent, nisi aliud in Normis Provincialibus caveatur, tot deputati electi ex unico collegio provinciali, constante ex omnibus sodalibus voce passiva fruentibus, quot sunt deputati qui ex officio interesse debent, additis uno deputato pro vicenis quinis (25) sodalibus voce activa fruentibus, et alio pro reliqua eorum parte.

S 98. — Electi in deputatos habeantur qui ex unico collegio provinciali maiorem numerum suffragiorum obtinuerint, et in casu paritatis seniores vocatione vel aetate; totidem secundum ordinem maioritatis suffragiorum sunt substituti.

S 99. — Si Superior Domus impediatur quominus pergat ad Conventum Provincialem, Assistens Domus eius loco perget. Si vero Assistens electus fuerit in deputatum, alius ipsi sufficiatur ex elencho substitutorum.

S 100. — Conventus Provincialis proponere potest approbationi Superioris Generalis, de consensu sui Consilii, modum proprium repraesentationis in Conventu Provinciali, ita tamen ut numerus deputatorum electorum superet numerum eorum qui ex officio Conventui interesse debent.

S 101. — Singularum Provinciarum est in Conventu conficere normas proprias procedendi, seu Directorium, intra limites iuris universalis et proprii.

S 102. — Conventus Provincialis ad electionem deputatorum et substitutorum ad Conventum Generalem procedit in distinctis scrutiniis, ad plura absolute suffragia. Si in primo et secundo scrutinio nemo fuerit electus, in tertio electus habebitur qui maiorem suffragiorum numerum obtinuerit, et in casu paritatis, senior vocatione vel aetate.

4. De Conventu domestico

C 147. — § 1. Conventus Domesticus a Superiore Domus, vel ab Assistente qui totum eiusdem officium exercet, convocatur et celebratur in ordine ad Conventum Provincialem.

§ 2. Ad Conventum Domesticum convocandi sunt omnes vocem activam habentes.

§ 3. Conventus Domestici est tractare de iis quae Domus proponere voluerit Conventui Provinciali necnon de iis quae Commissio Praeparatoria Conventus Provincialis ad disceptationem proposuerit, et circa proposita deliberare.

Sectio II. — DE BONIS TEMPORALIBUS

C 148. — § 1. Congregatio Missionis bona temporalia propter exigentias pastorales et communitarias possidet; iis utitur tamquam subsidiis in servitium Dei et pauperum, secundum spiritum et praxim Fundatoris; eadem autem, uti patrimonium pauperum, cum sollicitudine, sed absque thesaurizandi cura, administrat.

§ 2. Congregatio Missionis formam communitariam paupertatis evangelicae amplectitur in eo quod omnia bona Congregationis sunt communia, et Congregatio iis utitur ad melius persequendum et attingendum suum finem proprium.

S 103. — Congregatio haec principia assidue meditetur, corde amplectatur et fidenter ac fortiter in usum ducat:

1) unanimen conatum ad sobrietatem vitae instaurandam, quae, exemplo potius quam verbis, in nomine paupertatis Christi, militat contra aviditatem profluentem e societate abundantiae, et contra cupiditatem divitiarum, quae totum fere mundum perdit (cf. RC III, 1);

2) sollicitudinem effectivam bona sua impendendi ad iustitiam socialem promovendam;

3) alienationem bonorum, quae superflua sint, in favorem pauperum.

C 149. — Cum omnia bona sint communia, sodales sunt corresponsabiles, ad normam iuris, in adquisitione, administratione et destinatione bonorum temporalium Domus et Provinciae ad quas pertinent; servata proportione, principium valet etiam ad bona quod attinet totius Congregationis.

C 150. — § 1. Domus, Communitates locales, Provinciae et Congregatio ipsa sunt capaces acquirendi, possidendi, administrandi et alienandi bona temporalia. Ubi casus ferat, earum Superiores sunt repnaesentantes legales etiam coram auctoritate civili, nisi aliter provideatur.

§ 2. Fontes bonorum temporalium sunt labor sodalium et alia media licita acquirendi bona.

C 151. — Propter bonum commune, Domus debent adiuvare Provincias in iis quae necessaria sunt ad bonam administrationem et ad providendum necessitatibus generalibus; idem dicendum est de provinciis quoad Curiam Generalem.

S 104. — Aequitate servata, Superior Generalis, de consensu sui Consilii, ius habet taxam imponendi Provinciis;  item, Visitator,

de consensu sui Consilii, Domibus suae Provinciae.

C 152. — § 1. Provinciae et Domus aliae cum aliis in bonis temporalibus communicent, ita ut quae plus habent, alias adiuvent quae necessitatem patiuntur.

§ 2. Congregatio, Provinciae et Domus, ex bonis suis, libenter provideant aliorum necessitatibus et egenorum sustentationi.

C 153. — § 1. Sodales ad hoc deputati, administrant bona temporalia ad procurandam convenientem sustentationem sodalium et ad congrua suppeditanda media apostolicae eorum actuositati et operibus caritatis.

§ 2. Bona communitatis administranda sunt a suis cuiusque Oeconomis sub directione et vigilantia Superiorum cum suis Consiliis, intra limites iuris universalis et proprii, et secundum principium subsidiarietatis.

S 105. — Sub directione et vigilantia Superiorum cum suis Consiliis, administranda sunt bona quae Congregationi, pro gestione tantum, commissa sunt.

S 106. — § 1. Oeconomi rationem reddere debent Superioribus, et certiores facere sodales de sua administratione.

§ 2. Exhibita regesta accepti et expensi et relatio de statu patrimonii examinanda erunt a Superiore Generali cum suo Consilio, cum agitur de Oeconomo Generali, semel in anno; a Visitatore cum suo Consilio, cum agitur de Oeconomo Provinciali, bis in anno; a Superiore locali, cum agitur de Oeconomo Domus, singulis mensibus; regesta autem vel relatio subscribentur tantum si exacta reperiantur.

§ 3. Sodales qui administrationem operum specialium habent tum Provinciae, tum Domus, exhibebunt regesta accepti et expensi Superioribus respectivis, tempore et modo in Normis Provincialibus determinatis.

§ 4. Si autem bona non sint Congregationis propria, sed pro administratione commissa, eorum regesta, tum ipsorum dominis, tum Superioribus Congregationis, exhiberi debent.

§ 5. Oeconomus Generalis relationem generalem praebeat de sua administratione Visitatoribus in fine uniuscuiusque anni; septimo quoque anno, Conventui Generali.

§ 6. Visitatores, pro suis Provinciis, computum transmittent Superiori Generali post finem anni.

§ 7. Oeconomi Provinciales sodalibus suae Provinciae relationem generalem praebeant de sua administratione necnon de Provinciae patrimonio, iuxta Normas Provinciales.

C 154. — § 1. Meminerint administratores se esse dispensatores tantum bonorum communitatis; proinde eadem bona impendant tantummodo in usus statui missionarionum aptos, et semper agant secundum leges civiles iustas, et secundum normas et spiritum Congregationis.

§ 2. Administratores libenter provideant necessitatibus sodalium in omnibus quae respiciunt eorum vitam, officium peculiare et apostolicum laborem. Huiusmodi enim usus bonorum incitamentum est sodalibus ad bonum pauperum fovendum et ad vitam vere fraternam ducendam.

§ 3. Iidem administratores insuper servent aequitatem in bonorum distributione, cum debeant inter sodales vitam communitariam fovere: necessitatibus individualibus sodalium provideant iuxta Normas a Conventu Provinciali statutas.

S 107. — Administratores omnes, tam Superiores quam Oeconomi, nequeunt actus administrationis nomine Congregationis ponere, nisi intra limites sui muneris et ad norman iuris. Quare Congregatio, Provincia et Domus respondere debent tantum de actibus administrativis iuxta praefatas normas positis; de ceteris illi respondebunt qui illicitos aut invalidos actus posuerint. Si qua tamen persona iuridica Congregationis debita vel obligationes, etiam cum licentia, contraxerit, ipsa ex suis respondebit.

C 155. — Ad validitatem alienationis et cujuslibet negotii in quo condicio patrimonialis personae iuridicae peior fieri potest, requiritur licentia, scripto data, Superioris competentis, cum consensu sui Consilli. Si autem agatur de negotio quod summam a Sancta Sede pro cuiusque regione definitam superet, itemque de rebus ex voto Ecclesiae donatis aut de rebus pretiosis, artis vel historiae causa, requiritur insuper ipsius Sanctae Sedis licentia.

S 108. — § 1. Conventus Generalis statuere potest summam supra quam Superior generalis non potest expensas extraordinarias facere.

§ 2. Visitatores possunt expensas facere secundum Normas a Conventu Provinciali datas.

§ 3. Superiores locales possunt expensas facere intra limites a Normis Provincialibus statutos.

S 109. — Superiores debita contrahi ne permittant, nisi certo constet, ex consuetis fontibus posse debiti foenus solvi, et intra tempus praevisum, per legitimam annui census redemptionem, reddi summam mutuo acceptam.

S 110. — § 1. Leges laboris, securitatis et iustitiae pro personis in Domibus et in operibus Congregationis laborantibus, accurate serventur.

§ 2. Superiores maxima cum prudentia agant in accipiendis piis fundationibus, quae per diuturnum tempus obligationes gignunt. Ne admittantur quae sint perpetuae.

§ 3. Largitiones ex bonis communibus ne dentur, nisi ad normam Constitutionum et Statutorum.

§ 4. In accipiendis bonis quae Congregationi, Provinciae et Domui ex testamento vel donatione proveniunt, servetur voluntas donantis circa eorum dominium et usum.

§ 5. Securitas socialis sodalibus procuretur cura Congregationis aut Episcopi vel aliorum pro quibus illi operam suam praestant. Domus insuper, Provinciae et ipsa Curia Generalis, aequas cautiones sumant a periculis diversi generis.

Estatutos

COSTITUZIONI E STATUTI
DELLA CONGREGAZIONE
DELLA MISSIONE

PARTE PRIMA

LA VOCAZIONE

C 1. — Il fine della Congregazione della Missione è seguire Cristo che annuncia il Vangelo ai poveri. Questo fine si realizza quando i confratelli e le comunità, fedeli a san Vincenzo:

1° cercano con tutte le forze, di rivestirsi dello spirito di Cristo (RC I, 3), per raggiungere la perfezione conveniente alla loro vocazione (RC XII, 13);

2° attendono all’evangelizzazione dei poveri, soprattutto dei più abbandonati;

3° aiutano i chierici e i laici nella loro formazione, e li guidano a partecipare, in modo più impegnato, all’evangelizzazione dei poveri.

C 2. — Tenendo conto del proprio fine, la Congregazione della Missione, con la mente rivolta al Vangelo e l’attenzione sempre vigile ai segni dei tempi e agli appelli più urgenti della Chiesa, sarà sollecita ad aprire nuove vie e ad impiegare mezzi corrispondenti alle diverse esigenze dei tempi e dei luoghi; inoltre si impegnerà a riesaminare attentamente e a coordinare le sue opere e i suoi ministeri, rimanendo così in stato di continuo rinnovamento.

C 3. — § 1. La Congregazione della Missione è una società clericale di vita apostolica e di diritto pontificio, nella quale i membri perseguono il proprio fine apostolico secondo il patrimonio spirituale trasmesso da san Vincenzo e sancito dalla Chiesa; conducono vita fraterna in comune secondo un proprio stile di vita e tendono alla carità perfetta mediante l’osservanza delle Costituzioni.

§ 2. La Congregazione della Missione, secondo la tradizione che risale a san Vincenzo, esercita il suo apostolato in stretta collaborazione con i vescovi e con il clero diocesano; per questo san Vincenzo affermò spesso che la Congregazione della Missione è secolare, benché goda di una propria autonomia concessale sia dalla legge universale sia dall’esenzione.

§ 3. I membri della Congregazione della Missione, allo scopo di perseguire il fine della stessa Congregazione in modo più efficace e sicuro, emettono i voti di stabilità, castità, povertà e obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti.

C 4. — La Congregazione della Missione, che è formata di chierici e di laici, per poter conseguire, con l’aiuto della grazia di Dio, il fine che si propone, cerca di far proprio il modo di pensare e di sentire di Cristo, anzi lo stesso suo spirito, che risplende in modo mirabile nelle massime evangeliche, come viene spiegato nelle Regole Comuni.

C 5. — Lo spirito della Congregazione è la partecipazione dello spirito di Cristo stesso, come l’ha proposto san Vincenzo: « Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio » (Lc 4, 18). Perciò « Gesù Cristo è la regola della Missione » e sarà il centro della sua vita e della sua attività (SV XII, 130; SVit X, 448).

C 6. — Lo spirito della Congregazione, dunque, abbraccia quelle disposizioni interiori dell’animo di Cristo, che il Fondatore, fin dagli inizi, raccomandava ai confratelli: amore e rispetto devoto verso il Padre, amore compassionevole e fattivo verso i poveri, docilità alla Provvidenza divina.

C 7. — La Congregazione cerca di esprimere il suo spirito anche nella pratica delle « cinque virtù » derivate da una particolare contemplazione di Cristo: la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione, lo zelo per le anime. Di esse san Vincenzo disse: « La Congregazione avrà somma cura di coltivarle e praticarle, in modo che queste cinque virtù siano come le facoltà dell’anima di tutta la Congregazione, e tutte le azioni di ciascuno di noi ne siano sempre animate » (RC II, 14).

C 8. — Tutti aspireranno ad approfondire sempre più la conoscenza di questo spirito, richiamandosi al Vangelo, all’esempio e all’insegnamento di san Vincenzo, consapevoli che il nostro spirito e il nostro ministero devono trarre alimento l’uno dall’altro.

C 9. — La nostra vocazione inoltre – cioè il fine, la natura e lo spirito – deve ispirare e dirigere la vita e l’organizzazione della Congregazione.

PARTE SECONDA

LA VITA NELLA CONGREGAZIONE

Capitolo I
L’attività apostolica

C 10. — La Congregazione della Missione, fin dai tempi del Fondatore e seguendo la sua ispirazione, si riconosce chiamata da Dio ad attendere all’evangelizzazione dei poveri.

Insieme con tutta la Chiesa, può affermare di se stessa, a titolo del tutto particolare, che il mandato di evangelizzare è per lei la grazia e la vocazione sua propria, l’espressione della sua identità più profonda (cf. EN 14).

Anzi ognuno dei suoi membri può dire con Gesù: « è necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio; per questo sono stato mandato » (Lc 4, 43).

C 11. — L’amore di Cristo che sente compassione delle folle (cf. Mc 8, 2) è la sorgente di tutta la nostra attività apostolica, e ci spinge, secondo le parole di san Vincenzo, « a rendere veramente effettivo il Vangelo » (SV XII, 84; SVit X, 415).

Nelle diverse situazioni che i tempi e i luoghi presentano, la nostra evangelizzazione deve mirare, con le parole e le opere, a questo scopo: che tutti, attraverso la conversione e la celebrazione dei sacramenti, aderiscano « al regno, cioè al mondo nuovo, al nuovo stato di cose, alla nuova maniera di essere, di vivere, di vivere insieme, che il Vangelo inaugura » (EN 23).

C 12. — Nel lavoro di evangelizzazione che la Congregazione si propone di svolgere, si devono tenere ben presenti queste caratteristiche:

1° una chiara ed esplicita preferenza per l’apostolato tra i poveri: infatti, la loro evangelizzazione è il segno che, sulla terra, il regno di Dio si avvicina (cf. Mt 11, 5);

2° una sensibilità attenta alla realtà concreta della società umana, soprattutto alle cause della disuguale distribuzione dei beni nel mondo, per poter meglio compiere la missione profetica dell’evangelizzazione;

3° una qualche partecipazione alla condizione dei poveri, in modo che non solo li evangelizziamo, ma siamo anche da loro evangelizzati;

4° un’autentica responsabilità comunitaria nel lavoro apostolico, per sentirci più facilmente sostenuti reciprocamente nella vocazione comune;

5° la disponibilità ad andare in tutto il mondo, secondo l’esempio dei primi missionari della Congregazione;

6° un atteggiamento di conversione continua, che deve essere ricercata sia dai singoli, sia dall’intera Congregazione, secondo il pensiero di san Paolo che ammonisce: « Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare » (Rm 12, 2).

S 1. — Le opere apostoliche che, dopo attento esame, dovessero risultare ai giorni nostri non più rispondenti alla vocazione della Congregazione, siano gradualmente abbandonate.

S 2.  Nel contesto attuale di globalizzazione, molteplici fattori e situazioni mettono alla prova la fede e rappresentano delle sfide per i metodi tradizionali di evangelizzazione. I confratelli prenderanno seriamente in considerazione tutto ciò, convinti che questa situazione esige da loro una testimonianza personale e comunitaria di fede solida nel Dio di Gesù Cristo e la ricerca di nuove vie per realizzare bene la loro vocazione di evangelizzatori dei poveri.

S 3.  Le province e le singole case collaboreranno volentieri, in spirito di fraternità, sia tra loro sia con il clero diocesano e con gli istituti religiosi, come anche con i laici, in tutto ciò che si riferisce alle iniziative apostoliche.

S 4.  I confratelli si inseriranno nel dialogo ecumenico; saranno attivamente presenti insieme con gli altri, siano essi cristiani o no, a tutte le realtà di indole religiosa, sociale e culturale.

C 13.  Le province stesse giudicheranno quali forme di apostolato debbano adottare, in modo che, nella fedeltà allo spirito e all’esempio di san Vincenzo, inseriscano la loro attività nella pastorale della Chiesa locale, come richiedono le istruzioni e i documenti emanati dalla Sede Apostolica, dalle Conferenze episcopali e dai vescovi diocesani.

C 14. — Le missioni al popolo, così care al cuore del Fondatore, devono essere incrementate con ogni sforzo. Ci impegneremo quindi a fondo nell’opera delle missioni, adattandola alle condizioni e alle circostanze di ogni luogo. Ricercheremo tutti i mezzi possibili per dare nuovo impulso a quest’opera, sia per rinnovare e costituire vere comunità cristiane, sia per suscitare la fede nel cuore di coloro che non credono.

C 15. — Il lavoro di formazione dei chierici nei seminari, che fin dall’inizio fu considerato un’attività propria della Congregazione, sia aggiornato in modo opportuno ed efficace.

I confratelli inoltre offrano il loro aiuto spirituale ai sacerdoti, sia favorendo tra loro la formazione continua, sia promuovendo lo studio dei problemi pastorali. Stimolino in essi il desiderio di far propria la scelta della Chiesa a favore dei poveri.

Attendano ad animare opportunamente i laici e a prepararli convenientemente anche ai ministeri pastorali che sono necessari nella comunità cristiana.

Infine educhino i chierici e i laici a lavorare strettamente uniti e ad aiutarsi gli uni gli altri nel processo di formazione della comunità cristiana.

C 16. — Tra le attività apostoliche della Congregazione occupano un posto di alto rilievo le missioni sia « ad Gentes » sia tra popolazioni che si trovano in condizioni analoghe di evangelizzazione.

Nel fondare nuove comunità ecclesiali, i missionari prestino grande attenzione ai « germi del Verbo » contenuti nella cultura e nella religiosità dei vari popoli (cf. EN 53).

S 5. — Per le missioni « ad Gentes », si tengano presenti le seguenti norme:

1) attuando il principio di corresponsabilità, le province, o spontaneamente o su invito del Superiore generale, si prestino aiuto reciproco;

2) le singole province, o più province insieme, si assumano la responsabilità di almeno uno dei territori di missione, inviandovi confratelli come operai nella messe del Signore;

3) sia concessa ai confratelli la possibilità di aiutare, in modo concreto, le opere delle missioni, anche offrendosi per il ministero dell’evangelizzazione in quei luoghi;

4) si stimolino i confratelli a prender parte alle opere missionarie della Chiesa universale e locale. Anche le opere missionarie proprie della Congregazione siano organizzate in modo appropriato.

S 6. — I missionari che vengono inviati alle missioni « ad Gentes », mediante la conoscenza della situazione del luogo dove lavoreranno, si preparino con diligenza ai compiti speciali che vi dovranno svolgere, affinché l’attività pastorale che intraprenderanno risponda fruttuosamente alle necessità del luogo.

C 17. — Poiché la Congregazione della Missione partecipa della stessa eredità delle Figlie della Carità, i confratelli, quando ne siano richiesti, presteranno volentieri ad esse la loro assistenza, specialmente per quanto concerne gli esercizi spirituali e la direzione spirituale.

Daranno inoltre sempre la loro collaborazione fraterna nelle opere intraprese di mutuo accordo.

S 7.  § 1. I confratelli avranno particolare cura di promuovere e assistere, nelle loro attività apostoliche, la Famiglia Vincenziana e le Associazioni laicali vincenziane che ne fanno parte.

§ 2. Tutti i confratelli dovranno essere preparati in modo adeguato a rendere questo servizio ai diversi rami della Famiglia Vincenziana ed essere disponibili a renderlo, quando viene loro richiesto.

§ 3. Il cuore di questo servizio consisterà nella condivisione della propria esperienza di fede alla luce degli insegnamenti della Chiesa e dello spirito vincenziano. Perché questo servizio sia rispondente alle necessità di oggi, si dovrà avere cura della necessaria formazione teologicospirituale, tecnica, professionale e politicosociale.

§ 4. In occasione della chiusura di case, si presterà una particolare attenzione per facilitare la continuità dei gruppi laicali che condividono lo spirito vincenziano.

S 8. — Si promuovano tra le province incontri per approfondire la conoscenza della vocazione dei missionari e di quei metodi dell’attività pastorale che con più efficacia rispondano alle concrete situazioni e mutamenti delle cose e delle persone.

C 18. — Animati dall’esempio di san Vincenzo che, realizzando la parabola del buon Samaritano (Lc 10, 3037), soccorreva gli abbandonati con mezzi efficaci, le province e i singoli confratelli, ognuno secondo le proprie possibilità, si sforzeranno di venire in soccorso di coloro che sono emarginati o vittime di sventure e di ingiustizie di vario genere, e di quanti soffrono delle forme di povertà morale, caratteristiche del nostro tempo. Operando in loro favore e insieme con loro, si impegneranno a soddisfare le istanze della giustizia sociale e della carità evangelica.

S 9. — § 1. è compito delle province emanare, secondo le circostanze, norme riguardanti l’attività sociale, e determinare mezzi concreti con cui possa essere affrettata la realizzazione della giustizia sociale.

§ 2. Inoltre i confratelli, tenendo conto delle circostanze di tempo e di luogo, offriranno la loro collaborazione alle associazioni che si propongono di difendere i diritti umani e di promuovere la giustizia e la pace.

S 10. — § 1. Tra le attività apostoliche della Congregazione vanno annoverate le parrocchie, purché l’apostolato che i confratelli vi esercitano sia in consonanza con il fine e la natura del nostro Istituto, e sia richiesto dall’insufficiente numero di pastori.

§ 2. Queste parrocchie della Congregazione devono essere realmente formate, in gran parte, da poveri, oppure devono essere annesse a seminari in cui i confratelli formano i giovani all’attività pastorale.

S 11. — § 1. I confratelli, consapevoli della grande importanza della formazione dei giovani e degli adulti, assumeranno il compito di insegnanti e di educatori là dove ciò sia necessario per realizzare il fine della Congregazione.

§ 2. Tale compito si deve svolgere non solo nelle scuole di ogni tipo, ma anche nelle famiglie, nei posti di lavoro, anzi in ogni ambiente sociale frequentato da giovani e adulti.

§ 3. Le scuole, i collegi e le università, secondo le esigenze dei vari luoghi, accolgano i poveri per favorirne la promozione. Affermando poi il valore dell’educazione cristiana, e impartendo una formazione sociale cristiana, cerchino di istillare negli alunni il senso del povero, secondo lo spirito del Fondatore.

S 12. — Tra gli strumenti di cui la Congregazione si serve nell’opera di evangelizzazione, si tenga il dovuto conto dei mezzi tecnici di comunicazione sociale per una diffusione più ampia ed efficace della parola di salvezza.

Capitolo II

La vita comunitaria

C 19. — San Vincenzo ha radunato nella Chiesa dei confratelli che, in nuova forma di vita comunitaria, si dedicassero all’evangelizzazione dei poveri. Infatti la comunità vincenziana è ordinata a preparare, favorire costantemente e sostenere l’attività apostolica. A tale scopo, tutti e singoli i confratelli, stretti in comunione fraterna, impegnati in un rinnovamento continuo, tendono all’adempimento della missione comune.

C 20. — Come la Chiesa e nella Chiesa, la Congregazione trova nella Trinità il principio più sublime della sua attività e della sua vita.

1° Radunati in comunità per annunziare l’amore del Padre verso gli uomini, esprimiamo questo stesso amore nella nostra vita.

2° Seguiamo Cristo che riunisce gli apostoli e i discepoli, e con loro conduce vita fraterna per evangelizzare i poveri.

3° Sotto l’impulso dello Spirito Santo, costruiamo l’unità tra di noi nel compimento della nostra missione, per rendere una testimonianza credibile di Cristo Salvatore.

C 21. — § 1. La vita comunitaria, fin dagli inizi e per volontà espressa di san Vincenzo, è una caratteristica della Congregazione e la sua ordinaria forma di vita. Perciò i confratelli devono abitare nella casa o nella comunità legittimamente costituita, a norma del diritto proprio.

§ 2. Questo rapporto fraterno, continuamente alimentato dalla missione, crea la comunità per promuovere il progresso personale e comunitario, e per dare maggiore efficacia al ministero dell’evangelizzazione.

C 22. — Ci sentiremo della comunità con il dono di noi stessi e di tutto quanto abbiamo. Nel medesimo tempo, tuttavia, si abbia il dovuto rispetto per ciò che si riferisce alla vita privata di ciascuno; la comunità aiuti a sviluppare le attitudini personali; discerna le iniziative dei confratelli alla luce del fine e dello spirito della Missione. In questo modo, le diversità e i carismi dei singoli contribuiscono a ravvivare la comunione e a far sì che la missione ottenga i suoi frutti.

C 23. — Ogni comunità locale goda di una giusta autonomia per essere veramente un luogo in cui si realizza l’intima connessione tra comunità di apostolato e di vita, in armonia con il bene della Congregazione a livello sia provinciale che universale. Infatti, la comunità locale è cellula viva dell’intera Congregazione.

C 24. — Perché sia di aiuto al nostro apostolato, ci sforziamo di vivere una vita comunitaria animata dalla carità, soprattutto nella pratica delle « cinque virtù » di modo che essa sia per il mondo segno della novità di vita portata dal Vangelo. Perciò:

1° per compiere la nostra missione, cercheremo di vivere in concordia tra di noi, prestandoci aiuto scambievole soprattutto nei momenti difficili, comunicandoci l’un l’altro la gioia in semplicità di cuore;

2° sostenuti dall’indispensabile ministero dell’autorità, ci renderemo corresponsabili, insieme con il Superiore, nel cercare la volontà di Dio nella vita e nelle opere, sottomettendoci a un’obbedienza attiva; favoriremo inoltre tra di noi il dialogo, superando forme di vita troppo individualistiche;

3° prestando umile e fraterna attenzione alle opinioni e ai bisogni di ogni confratello, ci impegneremo a superare le difficoltà che la vita comune porta con sé; eserciteremo infine con dolcezza la correzione fraterna, riconciliandoci reciprocamente;

4° ci sforzeremo con premurosa attenzione di creare quelle condizioni che sono necessarie per il lavoro, il riposo, la preghiera e la vita fraterna; perciò ci serviremo dei mezzi di comunicazione con discrezione e prudenza e, salve le esigenze dell’apostolato, riserveremo qualche parte della casa per tutelare l’intimità della comunità.

C 25. — La comunità realizza una continua formazione di se stessa, rinnovando innanzitutto gli elementi principali del nostro modo di vivere e di lavorare. Essi sono:

1° la sequela, in forma comunitaria, di Cristo evangelizzatore, la quale genera in noi vincoli speciali di amore e di affetto; perciò uniremo il mutuo rispetto con la sincera benevolenza « come cari amici » (RC VIII, 2);

2° l’evangelizzazione dei poveri, la quale dona a tutte le nostre attività un carattere unitario, che non affievolisce le capacità personali né i doni, benché diversi, di ciascuno, ma li volge a servizio di questa missione;

3° la preghiera, in modo particolare nell’Eucarestia, che costituisce la sorgente della nostra vita spirituale, comunitaria e apostolica;

4° i nostri beni, che saranno comuni secondo il pensiero di san Vincenzo, e che volentieri condivideremo con gli altri.

In questo modo la nostra vita diventa veramente una comunità di rapporti fraterni, di lavoro, di preghiera e di beni.

C 26. — § 1. Ci staranno a cuore i confratelli malati, i più deboli e quelli che sono più avanti negli anni: considereremo la loro presenza come una benedizione per le nostre case. Perciò, oltre a prestar loro le cure mediche e il necessario per una vita serena, li faremo partecipare alla vita di famiglia e al nostro apostolato.

§ 2. Per i confratelli defunti poi offriremo fedelmente i suffragi prescritti negli Statuti.

S 13. — I confratelli ammalati e anziani o in situazioni di particolare necessità, uniti in modo speciale al Cristo sofferente, prendono parte alla nostra opera di evangelizzazione. Ci preoccuperemo di assisterli in modo conveniente. Qualora non sia più possibile accoglierli nella casa in cui hanno svolto il loro servizio, il Visitatore con il suo Consiglio avrà la responsabilità di prendere la decisione più adatta, dopo aver attentamente valutato le diverse possibilità e ascoltato il confratello bisognoso di assistenza.

S 14. — § 1. I confratelli che, a causa dei ministeri loro affidati dalla Congregazione, sono costretti a vivere soli, faranno il possibile per trascorrere un po’ del loro tempo in comunità, per sperimentare i valori della comunità. Da parte nostra, saremo loro vicini per rendere meno pesante la loro solitudine e saremo solleciti nell’invitarli a condividere qualche volta con noi la vita fraterna e l’apostolato.

§ 2. Faremo poi il possibile per offrire il nostro aiuto fraterno e tempestivo ai confratelli che si trovassero in qualche difficoltà.

S 15. — § 1. Osserveremo fedelmente i doveri verso i genitori, con quella moderazione che ci consenta di adempiere la nostra missione e di essere fedeli alla vita comunitaria.

§ 2. Accoglieremo a cuore aperto nelle nostre case confratelli, sacerdoti e altri ospiti.

§ 3. Tratteremo con generosità i poveri che ci chiederanno soccorso, cercando di aiutarli a uscire dalle loro difficoltà.

§ 4. Estenderemo di buon animo i nostri rapporti fraterni a tutti coloro che condividono con noi la vita e il lavoro.

C 27. — Ogni comunità elaborerà un progetto comunitario, secondo le Costituzioni, gli Statuti e le Norme provinciali. Esso servirà di guida nell’organizzare la nostra vita e il nostro lavoro, nel porre in atto le deliberazioni, e nella revisione periodica della nostra vita e della nostra attività.

S 16. — Il progetto comunitario, che ogni comunità elabora, possibilmente all’inizio dell’anno di lavoro, comprenda: l’attività apostolica, la preghiera, l’uso dei beni, la testimonianza cristiana nel luogo dove si lavora, la formazione permanente, i tempi di riflessione comunitaria, il tempo necessario di sollievo e di studio, l’organizzazione della giornata. Tutto ciò dovrà essere sottoposto a revisione periodica.

Capitolo III

La castità, la povertà,
l’obbedienza e la stabilità

C 28. — Desiderando continuare la missione di Cristo, ci consacriamo all’evangelizzazione dei poveri nella Congregazione per tutta la vita. Per realizzare questa vocazione, abbracciamo la castità, la povertà e l’obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti. Infatti « la piccola Congregazione della Missione… avendo lo scopo di dedicarsi alla salvezza delle anime, soprattutto dei poveri contadini, ha ritenuto di non potersi servire di armi più forti e più appropriate di quelle stesse che usò con tanto successo e tanta efficacia la stessa Sapienza eterna » (RC II, 18).

C 29. — § 1. Poiché vogliamo imitare Cristo nel suo amore verso tutti, abbracciamo con voto la castità perfetta nel celibato per il regno dei cieli. La accogliamo come un dono che ci viene elargito dalla personale e infinita benevolenza di Dio.

§ 2. In tal modo apriamo più generosamente a Dio e al prossimo il nostro cuore, e tutto il nostro modo di agire diventa una gioiosa espressione dell’amore tra Cristo e la Chiesa, che si manifesterà pienamente nel mondo futuro.

C 30. — L’intima unione con Cristo, la comunione veramente fraterna, l’assidua dedizione all’apostolato, l’ascesi collaudata dall’esperienza della Chiesa, concorreranno a dar vigore alla nostra castità.

Attraverso la continua e matura risposta alla vocazione divina, essa è sorgente di fecondità spirituale nel mondo e giova molto al raggiungimento di una pienezza anche umana.

C 31. — « Cristo stesso, cui appartengono tutti i beni, abbracciò la povertà a tal punto da non avere dove posare il capo, e costituì i collaboratori della sua missione, cioè gli apostoli e i discepoli, in simile grado di povertà da non possedere nulla di proprio… ciascuno, per quanto lo comporta la sua debolezza, si sforzerà di imitarlo nel coltivare questa virtù » (RC III, 1). Così facendo, i confratelli dimostreranno di dipendere totalmente da Dio, e la stessa evangelizzazione dei poveri riuscirà più efficace.

C 32. — § 1. Ogni confratello, nel compiere il ministero secondo il fine della Congregazione e il progetto comunitario della comunità, si senta soggetto alla legge universale del lavoro.

§ 2. I proventi del lavoro o ciò che ognuno riceve in qualsiasi modo « intuitu Congregationis » dopo la sua incorporazione a titolo di pensione, di sussidio o di assicurazione, secondo il diritto proprio della Comunità sono da ritenersi beni della medesima; cosicché, sull’esempio dei primi cristiani, realizziamo una vera comunione di beni e ci aiutiamo fraternamente.

C 33. — Tenendo presenti le condizioni dei poveri, il nostro tenore di vita sia semplice e sobrio. Anche i mezzi di apostolato, sia pure efficaci e moderni, siano esenti da ogni parvenza di ostentazione.

I mezzi necessari al sostentamento e al perfezionamento dei confratelli e allo sviluppo delle opere, devono provenire in massima parte dall’impegno di tutti. La Congregazione, poi, rifuggendo da ogni accumulazione di beni, destinerà parte delle sue sostanze a beneficio dei poveri; così, libera da ogni cupidigia di ricchezze, costituirà una testimonianza per il mondo invischiato nel materialismo.

C 34. — Per usare i beni e per disporre di essi è necessario avere, in forza del voto, il consenso del Superiore, secondo le Costituzioni e gli Statuti. Ma poiché, per coltivare lo spirito della povertà, il solo permesso del Superiore non è sufficiente, occorre che ognuno rifletta attentamente su ciò che è più adatto e più conforme alla nostra vita e al nostro ministero, secondo lo spirito del nostro Fondatore espresso nelle Regole comuni.

C 35. — Destineremo, con il permesso del Superiore, i nostri beni personali, secondo lo statuto fondamentale che regola il voto di povertà nella Congregazione, a vantaggio delle opere di carità e anche dei confratelli, evitando che si creino disuguaglianze tra di noi.

S 17. — § 1. L’Assemblea provinciale adatti le norme circa la pratica della povertà, in conformità con le Costituzioni e con lo spirito delle Regole comuni e dello statuto fondamentale sulla povertà, dato alla Congregazione da Alessandro VII, nel Breve « Alias nos supplicationibus ».

§ 2. Le singole province e le comunità locali, in base alle diverse esigenze dei luoghi e delle situazioni, ricerchino il modo di osservare la povertà evangelica, e su di esso si esaminino periodicamente, convinti che la povertà non solo è il baluardo della Comunità (cf. RC III, 1), ma anche presupposto di rinnovamento e segno di progresso della nostra vocazione nella Chiesa e nel mondo.

C 36. — Memori che la condizione umana ha i suoi limiti, e seguendo il modo di agire salvifico di Cristo, che si è fatto obbediente fino alla morte, ci impegneremo, sotto la guida dello Spirito Santo, ad obbedire volentieri alla volontà del Padre che ci si manifesta in molti modi.

C 37. — § 1. La partecipazione a questo mistero di Cristo obbediente esige da parte di tutti la ricerca comunitaria della volontà del Padre, attraverso la scambievole comunicazione delle esperienze, il dialogo libero e responsabile, nel quale le differenze di età e di mentalità si possono confrontare, in modo che ne nascano e maturino quelle intese comuni che permettano poi di prendere le decisioni opportune.

§ 2. I confratelli, con spirito di corresponsabilità e memori delle parole di san Vincenzo, cercheranno, secondo le loro forze, di obbedire con prontezza, con gioia e con perseveranza ai Superiori. Alla luce della fede, si sforzeranno di conformarsi alle decisioni dei Superiori, anche quando la loro opinione personale sembrasse migliore.

C 38. — § 1. In forza del voto d’obbedienza siamo tenuti a obbedire al sommo Pontefice, al Superiore generale, al Visitatore, al Superiore della casa e ai loro sostituti, che ci comandano secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 2. Ai vescovi, nelle cui diocesi la Congregazione è presente, obbediremo a norma del diritto universale e di quello proprio del nostro Istituto, secondo il pensiero e lo spirito di san Vincenzo.

C 39. — Con il voto particolare di stabilità ci impegniamo ad attendere al fine della Congregazione per tutta la vita nella medesima Congregazione, svolgendo le attività che ci saranno prescritte dai Superiori, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

S 18. — Le province, le comunità locali e ogni confratello si impegneranno seriamente ad approfondire il voto di Stabilità, che comprende il dono totale di se stessi alla sequela di Cristo evangelizzatore dei poveri e la fedeltà a rimanere per tutta la vita nella Congregazione della Missione.

Capitolo IV

La preghiera

C 40. — § 1. Cristo Signore, che viveva in continua e intima unione con il Padre, ne ricercava la volontà nella preghiera. Essa fu la norma suprema della sua vita, della sua missione e della sua offerta per la salvezza del mondo. Egli insegnò pure ai suoi discepoli a pregare nel medesimo spirito, sempre, senza mai venir meno.

§ 2. Anche noi, santificati in Cristo e mandati nel mondo, ci sforzeremo di cercare, con la preghiera, i segni della volontà di Dio e di imitare la disponibilità di Cristo, giudicando ogni cosa secondo il suo spirito. In questo modo, la nostra vita viene trasformata dallo Spirito Santo in offerta spirituale, e noi diventiamo più idonei a partecipare alla missione di Cristo.

C 41. — « Datemi un uomo d’orazione, e sarà capace di tutto » (SV XI, 83; SVit X, 77). Secondo il pensiero di san Vincenzo, la preghiera è sorgente della vita spirituale del missionario: con essa egli si riveste di Cristo, assimila la dottrina del Vangelo, giudica le cose e gli avvenimenti alla presenza di Dio, e rimane fermo e sicuro nel suo amore misericordioso. In tal modo, lo Spirito di Cristo dona sempre efficacia alle nostre parole e alle nostre azioni.

C 42. — Il rapporto apostolico col mondo, la vita comunitaria e l’esperienza di Dio mediante la preghiera, si completano a vicenda nella vita del missionario e si fondono in un’unica realtà. Infatti, nella preghiera, la fede, l’amore fraterno e lo zelo apostolico si rinnovano continuamente; a sua volta, nell’azione, l’amore di Dio e del prossimo si dimostra effettivo. Mediante l’unione della preghiera con l’apostolato, il missionario si fa contemplativo nell’azione e apostolo nella preghiera.

C 43. — La preghiera del missionario deve ispirarsi allo spirito filiale, all’umiltà, alla fiducia nella Provvidenza e all’amore della bontà di Dio. Impariamo in tal modo a pregare come poveri in spirito, persuasi che la nostra debolezza viene rinvigorita dalla potenza dello Spirito Santo. Egli, infatti, illumina la nostra mente e fortifica la nostra volontà per conoscere più a fondo le necessità del mondo e apportarvi più efficace rimedio.

C 44. — è necessario che valorizziamo le particolari possibilità di preghiera che ci offrono il ministero della parola, dei sacramenti e della carità, e gli avvenimenti della vita. Quando annunciamo il Vangelo ai poveri, dobbiamo scoprire e contemplare in essi Cristo stesso; quando esercitiamo il nostro ministero presso le popolazioni alle quali siamo stati inviati, dobbiamo non solo pregare per loro, ma anche con loro, e partecipare quasi spontaneamente alla loro fede e alla loro devozione.

C 45. — Parteciperemo alla preghiera liturgica in modo vivo e autentico.

§ 1. La nostra vita abbia come suo vertice la celebrazione quotidiana della Cena del Signore: da essa, infatti, come da sorgente, attingono forza la nostra attività e la nostra comunione fraterna. Per mezzo dell’Eucaristia viene ripresentata la morte e la risurrezione di Cristo; in Cristo diventiamo offerta vivente e la comunità del popolo di Dio viene espressa e costruita.

§ 2. Ci accosteremo con frequenza al sacramento della Penitenza per attendere alla conversione continua e ravvivare la nostra vocazione.

§ 3. Con la celebrazione della Liturgia delle Ore, uniamo le nostre voci e i nostri cuori per cantare le lodi del Signore, innalziamo a lui la nostra preghiera incessante e intercediamo per tutti gli uomini.

Perciò celebreremo in comune le Lodi e i Vespri, a meno che non ne siamo impediti da impegni di apostolato.

C 46. — Nella preghiera comunitaria abbiamo un ottimo mezzo di animazione e di rinnovamento di vita, soprattutto quando celebriamo e partecipiamo la parola di Dio, o quando, mediante un dialogo fraterno, ci comunichiamo reciprocamente i frutti della nostra esperienza spirituale e apostolica.

C 47. — § 1. Cercheremo, secondo le nostre possibilità, di fare ogni giorno la preghiera personale, in privato o in comune, per un’ora, secondo la tradizione di san Vincenzo. In tal modo diventiamo capaci di cogliere i sentimenti di Cristo, e di scoprire il cammino per compiere la sua missione. Essa poi prepari, dilati e dia compimento alla preghiera comunitaria e liturgica.

§ 2. Attenderemo fedelmente nel corso dell’anno agli esercizi spirituali.

C 48. — Quali testimoni e annunciatori dell’amore di Dio, abbiamo il dovere di nutrire una devozione particolare e di tributare un culto speciale ai misteri della Trinità e dell’Incarnazione.

C 49. — § 1. Venereremo con speciale devozione anche Maria, Madre di Cristo e della Chiesa. Ella, secondo le parole di san Vincenzo, comprese a fondo, più di tutti gli altri credenti, gli insegnamenti del Vangelo, e li rese operanti nella sua vita.

§ 2. Dimostreremo la nostra devozione all’Immacolata Vergine Maria in vari modi, celebrando con sincera pietà le sue feste e invocandola frequentemente, soprattutto con la recita del rosario.

Faremo conoscere il messaggio particolare che Ella, nella sua bontà materna, ha rivelato nella Medaglia Miracolosa.

C 50. — Ci starà a cuore il culto di san Vincenzo e dei Santi e Beati della famiglia vincenziana. Ci rifaremo costantemente al patrimonio del Fondatore, che è contenuto nei suoi scritti e nella tradizione della Congregazione, affinché possiamo imparare ad amare ciò che egli ha amato e a praticare ciò che egli ha insegnato.

S 19. — Attenderemo fedelmente alle pratiche di pietà tradizionali nella Congregazione, secondo il progetto comunitario, specialmente alla lettura della Sacra Scrittura e in modo particolare del Nuovo Testamento, al culto dell’Eucaristia, alla meditazione in comune, all’esame di coscienza, alla lettura spirituale, agli esercizi spirituali annuali e alla direzione spirituale.

Capitolo V

I membri della Congregazione

1. Principi generali

C 51. — I membri della Congregazione della Missione sono discepoli di Cristo che, chiamati da Dio a continuare la sua missione, e ammessi in Congregazione, cercano di corrispondere secondo le loro forze alla propria vocazione, impegnandosi assiduamente in conformità agli insegnamenti, alle istruzioni e ai disegni di san Vincenzo de Paoli.

C 52. — § 1. I membri della Congregazione, che, in forza del battesimo e della cresima, partecipano tutti del sacerdozio regale di Cristo, sono chierici e fratelli, e tutti sono detti anche missionari.

1° I chierici, cioè i sacerdoti e i diaconi, ciascuno secondo il proprio ordine, sull’esempio di nostro Signore Gesù Cristo Sacerdote, Pastore e Maestro, vivono la loro vocazione nell’esercizio di questa triplice funzione, in tutte le forme di apostolato che possono servire a realizzare il fine della Congregazione.

Ad essi si aggiungono coloro che si preparano a ricevere gli ordini.

2° I laici, che da noi sono chiamati fratelli, sono destinati all’apostolato della Chiesa e della Congregazione, e lo svolgono in attività adatte alla loro condizione.

§ 2. Tutti costoro sono: o soltanto ammessi, o anche incorporati, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

2. Ammissione in Congregazione

C 53. — § 1. Il candidato viene ammesso in Congregazione quando, dietro sua domanda, è accolto per compiere il periodo di prova nel seminario interno.

§ 2. Il diritto di ammettere candidati al seminario interno spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio, per la sua provincia.

§ 3. Quanto ai requisiti per l’ammissione, si deve stare al diritto universale.

C 54. — § 1. Il tempo complessivo di preparazione all’incorporazione alla Congregazione non deve essere inferiore a due anni, né superiore a nove anni dall’accettazione nel seminario interno.

§ 2. Trascorso un anno completo dall’ammissione in Congregazione, il confratello, secondo la nostra tradizione, manifesta, con i Proponimenti, la sua volontà di attendere per tutta la vita alla salvezza dei poveri nella Congregazione, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 3. Il diritto di ammettere ai Proponimenti, nel rispetto delle norme stabilite, spetta:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per la sua provincia.

S 20. — § 1. Il seminario interno ha inizio quando, dal Direttore o da chi ne fa le veci, il candidato viene dichiarato ammesso, secondo le Norme provinciali.

§ 2. La Congregazione, a tempo debito e se ritenute necessarie, prenderà cautele valide anche in foro civile, affinché, nel caso che un confratello si ritiri spontaneamente o venga dimesso, siano rispettati nel modo dovuto i diritti sia del confratello che della Congregazione.

S 21. — I Proponimenti vengono emessi nella Congregazione della Missione secondo una formula che può essere diretta o dichiarativa:

1° Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della tua grazia, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

2° Formula dichiarativa: Io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della grazia di Dio, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

S 22. — § 1. L’emissione dei proponimenti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un altro confratello da lui designato.

§ 2. Sarà compito dell’Assemblea di ciascuna provincia stabilire altre disposizioni circa l’emissione o la rinnovazione dei proponimenti e circa qualche forma di vincolo temporaneo che si potrebbe aggiungere, come anche circa i diritti e i doveri che i confratelli godono a partire dalla loro ammissione in Congregazione fino alla loro incorporazione ad essa.

C 55. — § 1. I nostri voti sono perpetui, non religiosi, riservati, cosicché soltanto il Romano Pontefice e il Superiore generale li possono dispensare.

§ 2. Questi voti devono essere interpretati fedelmente secondo il progetto di san Vincenzo approvato da Alessandro VII nei Brevi « Ex commissa nobis » (22.IX.1655) e « Alias nos supplicationibus » (12.VIII.1659).

C 56. — Il diritto di ammettere ai voti spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per la sua Provincia.

C 57. — § 1. Il permesso di emettere i voti, dato dal Superiore maggiore su domanda del confratello, comporta, una volta emessi i voti, l’incorporazione alla Congregazione; a essa un confratello viene incardinato ricevendo il diaconato.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione non può essere ammesso agli ordini. Tuttavia l’incorporazione di un confratello già chierico lo incardina nella Congregazione.

C 58. — § 1. L’emissione dei voti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un confratello da lui designato.

§ 2. Secondo l’uso della Congregazione, tanto la domanda quanto l’attestato dell’emissione dei voti devono essere redatti in forma scritta. Il Superiore generale, poi, sia informato al più presto dell’avvenuta emissione dei voti.

I voti della Congregazione della Missione vengono emessi secondo queste formule:

a) Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della tua grazia.

b) Formula dichiarativa: Io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto a Dio di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto a Dio di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della grazia di Dio.

c) Formula tradizionale: Io N.N., indegno (sacerdote, chierico, fratello) della Congregazione della Missione, alla presenza della beatissima Vergine e di tutti i Santi del cielo, faccio voto a Dio di povertà, di castità e di obbedienza al nostro Superiore e ai suoi successori, secondo le Regole o Costituzioni del nostro Istituto. Inoltre faccio voto di dedicarmi alla salvezza dei poveri della campagna per tutta la mia vita nella predetta Congregazione, con l’aiuto della grazia di Dio onnipotente, che perciò umilmente invoco.

S 23. — Ulteriori determinazioni riguardanti il tempo dell’emissione dei voti sono di competenza dell’Assemblea provinciale di ciascuna provincia.

S 24. — In casi particolari, l’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio una formula propria per l’emissione dei proponimenti e dei voti, conservando però gli elementi essenziali contenuti nelle formule prestabilite.

3. Diritti e doveri dei membri della Congregazione

C 59. — § 1. Tutti i membri della Congregazione, a norma del diritto universale e proprio, godono dei diritti, dei privilegi e dei favori spirituali concessi alla Congregazione, salvo che risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa.

§ 2. Tutti i confratelli incorporati alla Congregazione godono dei medesimi diritti e sono tenuti agli stessi doveri, a norma del diritto universale e proprio, salvo quanto riguarda l’esercizio dell’ordine e l’annessa giurisdizione. Invece i confratelli che sono stati soltanto ammessi in Congregazione godono dei diritti e sono tenuti ai doveri previsti dalle Costituzioni, dagli Statuti e dalle Norme provinciali.

C 60. — Godono del diritto di voce attiva e passiva, secondo il diritto universale e proprio, i confratelli incorporati alla Congregazione, a meno che non l’abbiano perduto a norma del diritto.

C 61. — Salve restando le altre condizioni stabilite dal diritto universale e proprio, godono del diritto di voce passiva, per tutti gli uffici e le cariche, i confratelli incorporati alla Congregazione almeno da tre anni, e che abbiano compiuto i venticinque anni di età.

S 25. — Sono privi del diritto di voce attiva e passiva:

1° coloro che, per indulto, vivono fuori della Congregazione, secondo il diritto proprio della Congregazione e la clausola apposta a tale indulto;

2° i confratelli elevati all’ordine dell’Episcopato o anche solo nominati, finché sono in carica, ed anche dopo, a meno che non ritornino alla vita di Comunità;

3° i Vicari, i Prefetti e gli Amministratori Apostolici, anche se non Vescovi, finché sono in carica, a meno che non siano, allo stesso tempo, Superiori di una casa della Congregazione.

S 26. — § 1. Oltre a quelli indicati nei canoni 171, § 1, nn. 34; 1336, § 1, n. 2 e negli art. 70 e 72, § 2 delle Costituzioni della Congregazione della Missione, sono privi di voce attiva e passiva anche coloro che, quando devono esercitare il diritto di voce attiva e passiva sia nella Congregazione, sia nella provincia, sia nella casa, sono in qualsiasi modo illegittimamente assenti, cioè:

a) coloro che sono assenti dalla Congregazione, senza il dovuto permesso, quando la loro assenza superi il tempo di sei mesi;

b) coloro che hanno ottenuto il dovuto permesso, ma, trascorso il tempo, non l’hanno rinnovato (cf. Cost. art. 72, § 2);

c) coloro che non stanno ai termini stabiliti nei loro permessi di risiedere fuori della comunità (cf. Cost. art. 67, § 2);

d) coloro che hanno superato i tre anni di permesso, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da esercitare a nome della Congregazione (cf. Cost. art. 67, § 2).

§ 2. Nei casi dubbi, il Visitatore, con il consenso del proprio Consiglio, decide se il confratello gode di voce attiva e passiva, considerando attentamente la sua situazione in provincia, il diritto proprio della Congregazione e le Norme provinciali.

§ 3. Quanto detto per la voce attiva e passiva vale anche per le consultazioni stabilite dal diritto proprio della Congregazione e dalle Norme provinciali.

C 62. — I membri della Congregazione, oltre ai doveri a cui sono tenuti per diritto proprio, sono anche soggetti agli obblighi comuni dei chierici stabiliti dal diritto universale nei cc. 273289. Ciò riguarda non soltanto i chierici, come è evidente, e questi in modo speciale per quanto riguarda l’uso dell’abito ecclesiastico (c. 284) e la celebrazione della Liturgia delle Ore (c. 276), ma anche i laici, a meno che non risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa o dal contesto.

S 27. — § 1. A ciascun confratello sono dovuti, dopo la sua morte, suffragi da parte di tutta la Congregazione.

§ 2. Ogni mese, ciascun confratello, secondo la sua condizione, offra una Messa per i vivi e per i defunti di tutta la famiglia vincenziana, ed anche per i genitori, i parenti e i benefattori, aggiungendo un’intenzione speciale per la conservazione dello spirito originario della Congregazione.

§ 3. Ciascun confratello offra anche una seconda Messa per i confratelli di tutta la Congregazione morti nel mese precedente.

§ 4. Altre disposizioni siano stabilite da ciascuna provincia.

S 28. — Ogni confratello incorporato alla Congregazione ha diritto, ogni mese, alla celebrazione di alcune Messe secondo la propria intenzione, senza riceverne l’offerta. Spetta alle singole province stabilire le norme circa il numero e il modo di celebrare queste Messe.

C 63. — Tutti devono osservare, con obbedienza attiva e responsabile, le Costituzioni e gli Statuti e le altre norme che sono in vigore nella Congregazione.

C 64. — Osservino anche le norme emanate dagli Ordinari del luogo, salvo restando il diritto della nostra esenzione.

4. Ascrizione dei confratelli ad una provincia e ad una casa

C 65. — Ogni membro della Congregazione della Missione deve essere ascritto ad una provincia e ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, a norma del diritto proprio.

S 29. — § 1. Il Superiore generale, gli Assistenti, il Segretario e l’Economo generale, il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, durante il loro incarico, agli effetti giuridici, non appartengono ad alcuna provincia.

§ 2. Gli altri confratelli che prestano servizio negli uffici della Curia generalizia continuano ad appartenere alla loro provincia d’origine, rimanendo ascritti a una delle sue case, con una destinazione temporanea alla Curia, in base ad una convenzione stipulata tra il Superiore generale e il Visitatore della provincia del confratello.

S 30. — § 1. Ogni membro della Congregazione della Missione viene ascritto alla provincia per la quale i Superiori lo ammettono legittimamente in Congregazione. Tale provincia si chiama provincia di origine.

§ 2. Un confratello ottiene una nuova ascrizione mediante la destinazione da una provincia ad un’altra, fatta legittimamente dai Superiori. Tale provincia si chiama provincia di destinazione.

S 31. — Per il passaggio di un confratello da una provincia a un’altra, salva sempre l’autorità del Superiore generale, si richiede soltanto che i Superiori maggiori competenti, dopo aver sentito il confratello, si accordino fra di loro. Se però il confratello fosse contrario, il trasferimento a un’altra provincia non può avvenire senza l’approvazione del Superiore generale.

S 32. — Il Superiore generale, allo scadere del suo ufficio, ha il diritto di scegliersi una provincia.

S 33.  § 1. L’ascrizione alla provincia di destinazione può avvenire per un periodo indeterminato o determinato.

§ 2. Nei due casi, i due Visitatori:

1° preciseranno per iscritto in una convenzione i diritti e doveri del confratello e delle due province;

2° redigeranno dei documenti di trasferimento da conservare negli archivi delle due province;

3° il Visitatore della provincia da cui il confratello è stato trasferito invierà al Segretario generale la comunicazione della nuova ascrizione.

§ 3. Nel caso di un’ascrizione temporanea, scaduto il suo tempo, il confratello ritorna ad essere immediatamente membro della provincia da cui era stato trasferito, a meno che i Visitatori, dopo aver sentito il confratello, non abbiano convenuto diversamente tra loro, sempre per iscritto, in conformità con gli Statuti.

S 34. — Un confratello viene ascritto ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, mediante la destinazione fatta dal legittimo Superiore.

C 66. — Nella provincia e nella casa o nel gruppo costituito a modo di casa, dove sono ascritti, i confratelli hanno:

1° i diritti e i doveri secondo le Costituzioni e gli Statuti;

2° un proprio e diretto Superiore locale e maggiore;

3° l’esercizio della voce attiva e passiva.

C 67. — § 1. Il confratello che abbia ottenuto dal Superiore generale o dal Visitatore, con il consenso del loro Consiglio, il permesso di vivere fuori della sua casa o della sua comunità, deve essere ascritto ad una casa o ad una comunità perché possa godere in essa dei suoi diritti ed osservare i propri doveri, in conformità del permesso che gli è stato concesso.

§ 2. Tale permesso venga concesso per una giusta causa, ma non per più di un anno, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da svolgere a nome dell’Istituto.

5. Uscita e dimissione dalla Congregazione

C 68. — Per ciò che riguarda l’uscita e la dimissione dei confratelli, nella Congregazione della Missione ci si deve attenere al diritto universale e proprio.

C 69. — § 1. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può lasciarla liberamente, dopo aver manifestato la sua decisione ai Superiori.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può venir dimesso, per giusti motivi, dal Superiore generale o dal Visitatore, dopo aver sentito i rispettivi Consigli e i Superiori del confratello.

C 70. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere a un confratello incorporato alla Congregazione di vivere, non oltre un triennio, fuori della medesima, purché osservi gli obblighi che possono conciliarsi con la sua nuova condizione di vita. Il confratello però rimane sotto la cura dei Superiori della Congregazione, senza godere, tuttavia, della voce attiva e passiva. Se poi si tratta di un chierico, si richiede anche il consenso dell’Ordinario del luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua cura e dipendenza, a norma del c. 745.

C 71. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere ad un confratello di uscire dalla Congregazione, e dispensarlo dai voti, a norma del c. 743.

C 72. — § 1. Un confratello incorporato alla Congregazione, che si sottrae alla comunione con essa e all’autorità dei Superiori, venga prontamente da questi ricercato e aiutato a perseverare nella sua vocazione.

§ 2. Se poi, dopo sei mesi, il confratello non fosse ritornato, sia privato della voce attiva e passiva e, a norma dell’art. 74 § 2, può essere dimesso con decreto del Superiore generale.

C 73. — § 1. Si deve ritenere ipso facto dimesso dall’Istituto il confratello che:

1° abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;

2° abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente.

§ 2. In tali casi il Superiore maggiore con il suo Consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente, a norma del c. 694.

C 74. — § 1. Un confratello deve essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 695, 698, 699 § 1.

§ 2. Un confratello può essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 696, 697, 698, 699 § 1.

§ 3. In caso di grave scandalo esterno o nel pericolo imminente di un gravissimo danno per l’Istituto, un confratello può essere espulso dalla casa immediatamente da parte del Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo risultasse pericoloso, dal Superiore locale con il consenso del suo Consiglio, a norma del c. 703.

C 75. — Il decreto di dimissione sia comunicato il più presto possibile al confratello interessato, salva la sua facoltà di ricorrere alla Sede Apostolica, con effetto sospensivo, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica. Perché il decreto di dimissione abbia vigore, si deve osservare il c. 700.

C 76. — § 1. Con la legittima dimissione cessano ipso facto i voti, i diritti e gli obblighi che il confratello aveva nella Congregazione. Se però è un chierico, si deve stare a quanto è prescritto dai cc. 693 e 701.

§ 2. Coloro che legittimamente escono dalla Congregazione, o ne sono legittimamente dimessi, non possono esigere nulla da essa per qualsiasi attività in essa compiuta.

§ 3. La Congregazione deve però osservare l’equità e la carità evangelica verso il confratello che se ne separa, come è stabilito nel c. 702.

S 35. — Hanno l’autorità di riammettere in Congregazione:

1° il Superiore generale, sentito il suo Consiglio, per tutti;

2° il Visitatore, sentito il suo Consiglio e il Visitatore della provincia dalla quale il confratello è uscito o fu dimesso, per coloro che non erano ancora stati incorporati alla Congregazione.

Capitolo VI

La formazione

I. – La pastorale vocazionale

S 36. — La pastorale vocazionale esige da parte nostra la preghiera assidua (Mt 9, 37) e la testimonianza schietta, totale e gioiosa di una vita apostolica e comunitaria, soprattutto quando gli adolescenti e i giovani lavorano con noi nella missione vincenziana, formandosi nella fede.

S 37. — § 1. Le province, le case e i singoli confratelli pongano ogni cura nel suscitare nuovi candidati per la missione vincenziana.

§ 2. Le province studino i mezzi più adatti per promuovere le vocazioni e coltivarle, ed elaborino un piano provinciale che risponda adeguatamente allo scopo.

§ 3. Il Visitatore, sentito il suo Consiglio, nominerà un animatore vocazionale, che dovrà coordinare nelle nostre opere le varie iniziative per promuovere le vocazioni.

S 38. — I candidati che desiderano entrare nella Congregazione devono aver già fatto la loro scelta di vita cristiana, il proposito di dedicarsi all’apostolato e la scelta di esercitarlo nella comunità vincenziana. In caso contrario, bisogna aiutarli a fare queste scelte, in modo progressivo, mediante la pastorale giovanile oppure, dove ci sono, nelle Scuole Apostoliche.

S 39. — La formazione dei candidati, adeguata alla loro età, si fondi soprattutto sulla vita fraterna, l’ascolto assiduo della parola di Dio, le celebrazioni liturgiche, l’attività apostolica svolta insieme con gli educatori, l’orientamento personale di ciascuno, lo studio e il lavoro.

II. – La formazione dei membri della Congregazione

1. Principi generali

C 77. — § 1. La nostra formazione deve tendere, con metodo progressivo, a far sì che i confratelli, animati dallo spirito di san Vincenzo, si rendano idonei a compiere la missione della Congregazione.

§ 2. Imparino quindi, ogni giorno di più, che Gesù Cristo è il centro della nostra vita e la regola della Congregazione.

C 78. — § 1. Il periodo della formazione, come tutta la nostra vita, sia ordinato in modo tale che la carità di Cristo ci spinga sempre più a raggiungere il fine della Congregazione. Fine questo che i confratelli, come discepoli del Signore, raggiungeranno mediante il rinnegamento di se stessi e la conversione continua a Cristo.

§ 2. I confratelli si applichino nella meditazione della parola di Dio, nella vita sacramentale, nella preghiera sia comunitaria che personale, e nella pratica della spiritualità vincenziana.

§ 3. Gli studenti inoltre compiano in modo regolare gli studi prescritti dalle leggi della Chiesa, così che possano acquistare la scienza necessaria.

§ 4. Tutti, fin da principio, secondo la preparazione personale di ciascuno, si esercitino convenientemente nella pastorale, soprattutto insieme con i loro Superiori. Si accostino anche ai poveri per conoscere da vicino la loro reale condizione di vita. In questo modo ognuno potrà scoprire più facilmente la sua specifica vocazione nella comunità, rispondente alle sue attitudini personali.

§ 5. Le norme pedagogiche siano applicate, tenendo conto dell’età degli alunni, in modo tale che, mentre a poco a poco imparano a dominare se stessi, si abituino anche ad usare della loro libertà con saggezza, ad agire con spontaneità e avvedutezza, e raggiungano la maturità cristiana.

C 79. — I confratelli, rispondendo alla chiamata di Dio in comunità, durante il periodo della loro formazione imparino a vivere la vita comunitaria vincenziana. La comunità, da parte sua, durante tutto il corso della formazione, assecondi le iniziative personali di ciascuno.

C 80. — Nella formazione dei confratelli, si curi il coordinamento tra i vari settori della formazione e sia rispettata un’organica unità tra i successivi periodi educativi. Tutto poi venga disposto in modo tale che tenda al fine pastorale della Congregazione.

C 81. — La formazione dei confratelli deve continuare e rinnovarsi durante tutta la vita.

S 40. — Oltre alla formazione comune, occorre, nei limiti del possibile, provvedere per ciascuno dei nostri giovani una formazione professionale specifica, che li renda idonei a compiere con efficacia le opere di apostolato loro assegnate dalla Congregazione e più corrispondenti alle loro attitudini.

S 41. — § 1. Ogni provincia elaborerà un piano di formazione che sia in accordo con i principi sopra indicati, con i documenti e le direttive della Chiesa e della Congregazione della Missione, e che risponda alle diverse esigenze locali.

§ 2. Il Visitatore, da parte sua, nomini una commissione per la formazione, la quale avrà l’incarico di elaborare e di aggiornare il piano per la formazione, e di trattare quanto è connesso con il graduale processo educativo.

S 42. — Ogni provincia provveda, con l’aiuto della commissione per la formazione, a regolare e a favorire la formazione permanente sia comunitaria che personale.

2. Il seminario interno

C 82. — I candidati, per essere ammessi al seminario interno, tra le condizioni richieste, devono mostrare d’avere attitudine a realizzare in comunità la vocazione vincenziana.

C 83. — § 1. Il seminario interno è il tempo in cui i confratelli iniziano la missione e la vita nella Congregazione e, con l’aiuto della comunità e dei superiori, conoscono più a fondo la loro vocazione, e attraverso una formazione speciale si preparano in libertà alla loro incorporazione nella Congregazione.

§ 2. Il seminario interno deve durare almeno dodici mesi, continui o suddivisi. Se i mesi sono suddivisi, toccherà all’Assemblea provinciale determinare il numero dei mesi continui, e stabilire a quale punto del corso degli studi debba essere inserito il periodo del seminario interno.

C 84. — Tutto l’ordinamento di questo periodo deve perciò far sì che i seminaristi:

1° raggiungano una più completa maturità;

2° siano iniziati, in modo progressivo, ad una conoscenza e ad una esperienza adeguate della missione apostolica e della vita della Congregazione;

3° giungano, soprattutto nella preghiera, all’esperienza di Dio.

C 85. — Per raggiungere questo scopo, i seminaristi avranno cura di:

1° acquistare una conoscenza adeguata e concreta degli uomini, particolarmente dei poveri, dei loro bisogni, delle loro aspirazioni e dei loro problemi;

2° approfondire la conoscenza dell’indole propria, dello spirito e dei ministeri della Congregazione, rifacendosi alle fonti, in modo particolare alla vita e alle opere di san Vincenzo, alla storia e alle tradizioni della Congregazione e ad un’attiva e congrua partecipazione del nostro apostolato;

3° dare largo spazio allo studio e alla meditazione del Vangelo e di tutta la Sacra Scrittura;

4° rendersi parte attiva del mistero e della missione della Chiesa, quale comunità di salvezza;

5° conoscere e vivere le massime evangeliche, in particolar modo la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo il pensiero di san Vincenzo.

C 86. — I seminaristi sono intimamente inseriti nella comunità provinciale e locale presso la quale vivono, e della loro formazione è responsabile tutta la comunità, sotto la guida e l’animazione del Direttore del seminario interno.

S 43. — Il Seminario interno, secondo le necessità, può essere provinciale o interprovinciale. Nei due casi può compiersi in una o in più case della Congregazione scelte dal Visitatore o dai Visitatori interessati, con il consenso dei loro Consigli.

S 44. — In circostanze particolari, e considerando la maturità umana e cristiana dei candidati, il Visitatore potrà fare opportuni adattamenti.

3. Il seminario maggiore

C 87. — § 1. Il tempo del seminario maggiore ha lo scopo di dare una formazione completa al sacerdozio ministeriale vincenziano, in modo che gli studenti, sull’esempio di Cristo evangelizzatore, si formino alla predicazione del Vangelo, alla celebrazione del culto divino e alla cura pastorale dei fedeli.

§ 2. Secondo lo spirito di san Vincenzo e la tradizione della Congregazione, la formazione dei nostri studenti sia rivolta principalmente al ministero della parola e all’esercizio della carità verso i poveri.

C 88. — La formazione dei nostri studenti sia così strettamente inserita nella realtà sociale, che gli studi aiutino a formarsi una visione e un giudizio critico del mondo contemporaneo. Gli studenti inoltre, attraverso la conversione del cuore, comincino a prender parte, in modo efficace, all’impegno cristiano di instaurare la giustizia, acquistino una sempre più profonda consapevolezza delle radici della povertà nel mondo, e scoprano quali sono gli ostacoli che rendono difficile l’evangelizzazione. Tutto questo programma deve attuarsi alla luce della parola di Dio e sotto la guida dei superiori.

C 89. — Si favoriscano negli studenti la maturità affettiva e le attitudini missionarie, quali: l’abilità a dar vita e a dirigere comunità, il senso di responsabilità, la capacità di giudizio e il suo esercizio, la prontezza alla generosità, la forza di obbligarsi fermamente a realizzare il fine della Congregazione.

C 90. — Il Visitatore deve stabilire un conveniente periodo di tempo durante il quale gli studenti, terminato il corso teologico, esercitino l’ordine del diaconato, prima di essere ammessi al presbiterato.

S 45. — § 1. La casa del seminario maggiore può essere, a seconda delle necessità, propria a ciascuna provincia o comune a più province.

§ 2. Per compiere il corso degli studi ecclesiastici, i nostri studenti possono essere inviati in un’altra provincia o ad un istituto approvato. In tal caso però si provveda che essi conducano vita comune, secondo le consuetudini della Congregazione, e ricevano una conveniente formazione vincenziana.

§ 3. Nelle case di formazione fiorisca la vita di famiglia e si pongano le premesse per una fraternità tra membri della stessa provincia. Se però gli studenti fossero numerosi, si possono dividere, con criteri opportuni, in gruppi minori, per provvedere meglio alla formazione personale di ciascuno.

S 46. — Il Visitatore, sentiti i Superiori e il suo Consiglio, può, per giusti motivi, concedere agli studenti, durante il periodo della formazione, di interrompere gli studi e di vivere fuori della casa di formazione.

S 47. — Si favorisca la mutua conoscenza tra gli studenti delle diverse province della Congregazione.

4. La formazione dei Fratelli

C 91. — § 1. Si abbia una cura particolare di formare i fratelli al compimento fedele della loro missione nella Congregazione. Tutto ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti è disposto circa la formazione, venga applicato anche per la formazione dei fratelli.

§ 2. Occorre quindi che la loro formazione nel seminario interno sia uguale a quella degli altri confratelli, a meno che situazioni particolari non consiglino altrimenti.

§ 3. Quanto alla formazione dei fratelli che debbano essere promossi al diaconato permanente, si osservino le Norme provinciali.

S 48. — Una formazione culturale e professionale specifica per i fratelli deve essere debitamente realizzata attraverso un corso di studio legalmente riconosciuto, affinché essi possano conseguire un titolo o un diploma conveniente.

C 92. — I fratelli vengano inseriti nell’apostolato gradualmente, affinché apprendano a considerare, giudicare e compiere ogni cosa alla luce della fede, e attraverso l’azione imparino a formarsi e a perfezionarsi insieme con gli altri.

5. I Superiori e gli insegnanti

C 93. — L’intera comunità provinciale deve sentirsi responsabile della formazione degli studenti, in modo che ogni confratello offra la sua collaborazione a questa medesima opera.

C 94. — Poiché la formazione degli studenti dipende principalmente dalla idoneità di coloro che li formano, occorre che i Superiori e gli insegnanti siano preparati con una solida dottrina, con una conveniente esperienza pastorale e con una formazione specifica.

C 95. — § 1. Superiori e studenti devono costituire una vera comunità educativa mediante la disponibilità alla mutua comprensione e alla fiducia reciproca, e vivendo tra loro in abituale ed attiva familiarità.

§ 2. Questa comunità educativa, aperta alla collaborazione degli altri gruppi, sottoponga i suoi piani e le sue attività ad una revisione costante.

§ 3. I Superiori operino collegialmente; tuttavia la cura specifica e diretta dei seminaristi e degli studenti sia affidata ad un confratello o, se necessario, a più confratelli.

S 49. — Il seminario maggiore, quale centro di formazione, aiuti i confratelli impegnati nelle diverse attività. Gli stessi educatori e insegnanti si dedichino a opere di apostolato.

S 50. — Si abbia cura che nelle case di formazione vi siano, secondo la necessità, confratelli idonei che esercitino l’ufficio di confessori e di direttori spirituali.

PARTE TERZA

L’ORGANIZZAZIONE

Sezione I. — IL GOVERNO

Principi generali

C 96. — Tutti i confratelli, essendo chiamati a lavorare per continuare la missione di Cristo, hanno il diritto e il dovere di cooperare al bene della comunità apostolica e di partecipare al suo governo, a norma del diritto proprio. Pertanto i confratelli cooperino in modo attivo e responsabile sia nell’esercitare gli uffici, sia nell’intraprendere opere di apostolato, sia nell’eseguire quanto è prescritto.

C 97. — § 1. Coloro che nella Congregazione esercitano l’autorità, che viene da Dio, e coloro che in qualsiasi modo partecipano al suo esercizio, anche nelle Assemblee e nei Consigli, abbiano davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito ma per servire. Perciò, consapevoli della loro responsabilità davanti a Dio, si considerino a servizio della comunità per promuovere il fine che le è proprio secondo lo spirito di san Vincenzo, in una vera comunione di apostolato e di vita.

§ 2. Pertanto instaurino con i confratelli un rapporto di dialogo, ferma restando l’autorità loro propria di decidere e di comandare ciò che va fatto.

C 98. — Tutti i confratelli, nell’adempimento degli incarichi loro affidati dalla comunità, godono del potere sufficiente per esercitarli. Non siano perciò avocate a un grado superiore dell’autorità quelle cose alle quali possono provvedere o i singoli confratelli o i gradi inferiori dell’autorità.

Si mantenga però quell’unità di governo, che è necessaria per raggiungere il fine e il bene di tutta la Congregazione.

C 99. — La Congregazione della Missione, con le sue case e le sue chiese, e tutti i suoi membri, per concessione speciale dei Romani Pontefici, godono dell’esenzione dalla giurisdizione degli Ordinari del luogo, eccetto i casi contemplati dal diritto.

C 100. — L’Assemblea generale, il Superiore generale, i Visitatori e i Superiori delle case e delle comunità legittimamente costituite, hanno sui loro confratelli la potestà definita dal diritto universale e proprio; hanno inoltre la potestà ecclesiastica di governo, ossia di giurisdizione, per il foro esterno ed interno. I Superiori perciò devono essere insigniti dell’ordine sacro.

Capitolo I

L’amministrazione centrale

1. Il Superiore generale

C 101. — Il Superiore generale, successore di san Vincenzo, insieme con tutta la Congregazione, continua la missione del Fondatore, adattata secondo le diverse circostanze, al servizio della Chiesa universale. Perciò governi la Congregazione con tale sollecitudine che il carisma di san Vincenzo rimanga sempre vivo nella Chiesa.

C 102. — Il Superiore generale, centro di unità e di coordinamento delle province, sia anche principio di animazione spirituale e di azione apostolica.

C 103. — Il Superiore generale governa tutte le province, le case e i singoli confratelli della Congregazione con potestà ordinaria, a norma del diritto universale e proprio. Il Superiore generale tuttavia è soggetto all’autorità dell’Assemblea generale, a norma del diritto.

C 104. — Il Superiore generale ha l’autorità di dare soltanto l’interpretazione usuale delle Costituzioni, degli Statuti e dei Decreti dell’Assemblea generale.

C 105. — § 1. Il Superiore generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma dell’art. 140 delle Costituzioni.

§ 2. Per la validità dell’elezione del Superiore generale si richiedono le condizioni che il candidato deve avere a norma del diritto universale e proprio.

§ 3. Il Superiore generale viene eletto per un sessennio, e può essere rieletto per un secondo sessennio, a norma del diritto proprio della Congregazione.

§ 4. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte del successore nella seguente Assemblea generale ordinaria.

C 106. — § 1. Il Superiore generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per sua rinunzia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Superiore generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetta agli Assistenti giudicare collegialmente il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

C 107. — Oltre alle facoltà che gli sono attribuite dal diritto universale o per concessione speciale, spetta al Superiore generale:

1° adoperarsi con grande diligenza affinché lo spirito del Fondatore sia dovunque autentico e fervoroso; l’attività apostolica della Congregazione e l’aggiornamento della medesima siano continuamente promossi; le Costituzioni e gli Statuti vengano applicati con la massima esattezza;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni generali per il bene della Congregazione;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli interessati, fondare province, unirle, dividerle, sopprimerle, nel rispetto delle norme del diritto;

4° convocare l’Assemblea generale e presiederla, e dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa;

5° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Consultori provinciali, rimuovere dal suo ufficio, per gravi motivi, un Visitatore;

6° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, a norma del c. 733 § 1, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, salva l’autorità del Visitatore;

7° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori interessati, erigere, per gravi motivi, case di una Provincia nel territorio di un’altra;

8° per giusti motivi e con il consenso del suo Consiglio, erigere case che non dipendano da nessuna provincia, e siano rette da un Superiore locale alla diretta dipendenza del Superiore generale, e nominarne i Superiori;

9° con il consenso del suo Consiglio, dare ai confratelli il permesso di emettere i voti, e ammetterli agli ordini; dispensare, per gravi motivi, dai voti, sia nel caso che uno legittimamente si ritiri, sia che venga dimesso;

10° dimettere i confratelli dalla Congregazione, a norma del diritto universale e proprio;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi straordinari e per gravi motivi, dispensare dalle Costituzioni;

12° con il consenso del suo Consiglio, approvare le Norme stabilite dalle Assemblee provinciali.

S 51. — Oltre alle facoltà che gli vengono attribuite dal diritto universale, o per concessione speciale, al Superiore generale compete:

1° esercitare nei confronti delle viceprovince le medesime facoltà che ha per le province;

2° salvo il diritto di compiere la visita canonica, se le circostanze lo richiedono, visitare, almeno una volta durante il suo mandato, personalmente o per mezzo di altri, le province e le viceprovince per animarle e rendersi conto della situazione loro e dei confratelli;

3° a) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato gli interessati, accettare missioni offerte alla Congregazione dalla Sede Apostolica o dagli Ordinari del luogo, tenendole sotto la propria giurisdizione o affidandole a una provincia o a un gruppo di province; rinunciare a quelle che le erano state affidate;

b) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, costituire delle équipes missionarie sotto la propria giurisdizione o affidarle a una provincia o a un gruppo di province.

4° concedere ai Visitatori la facoltà di accettare o di rifiutare missioni concesse dagli Ordinari del luogo fuori del territorio di qualsiasi provincia della Congregazione;

5° con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito i Visitatori e i Vicevisitatori, a tempo opportuno, prima dell’Assemblea generale, nominare la commissione preparatoria;

6° promulgare quanto prima le decisioni dell’Assemblea generale;

7° con il consenso del suo Consiglio, e nel rispetto delle norme stabilite, stipulare i contratti di maggiore rilievo;

8° per motivi gravi, con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito il Visitatore della provincia, i Consultori e, se il tempo lo consente, un gran numero di confratelli, governare per breve tempo una provincia mediante un amministratore munito delle facoltà delegate dallo stesso Superiore generale;

9° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori e i confratelli interessati, trasferire confratelli da una provincia ad un’altra;

10° concedere a confratelli legittimamente separati dalla Congregazione i suffragi in uso per i nostri defunti;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi particolari e per giusti motivi, dispensare dagli Statuti e dai Decreti dell’Assemblea generale;

12° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Visitatori interessati, nominare i Direttori delle Figlie della Carità;

13° concedere l’affiliazione a benefattori e amici della Congregazione, indicando i benefici spirituali che loro spettano;

14° con il consenso del suo Consiglio, incitare le province a partecipare alle attività missionarie internazionali (opere, impegni);

15° con il consenso del suo Consiglio, e udite le parti interessate, costituire delle regioni al di fuori del territorio delle province e approvare le regioni erette dai Visitatori;

16° con il consenso del suo Consiglio, approvare lo Statuto di ogni Conferenza di Visitatori;

17° organizzare il lavoro del Consiglio generale e i servizi degli Assistenti generali.

S 52. — Il Superiore generale ha il suo domicilio in Roma. Non può cambiarlo senza il consenso dell’Assemblea generale e senza aver prima consultato la Sede Apostolica.

S 53. — Le disposizioni emanate dal Superiore generale hanno vigore fino alla seguente Assemblea generale, a meno che non sia stato stabilito diversamente dallo stesso Superiore generale o dal suo successore.

S 54. — I Visitatori, i Superiori e gli altri ufficiali della Congregazione, come pure i Direttori provinciali delle Figlie della Carità, terminato il loro mandato, rimangono in carica fino all’entrata in servizio dei loro successori; questo per una ragione di buon ordine.

2. Il Vicario generale

C 108. — Il Vicario generale coadiuva il Superiore generale e lo sostituisce nell’ufficio quando è assente o impedito, a norma del diritto proprio.

C 109. — Il Vicario generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio. Per il fatto di essere stato eletto Vicario generale, diventa anche Assistente generale.

C 110. — In caso di assenza del Superiore generale, il Vicario generale ne assume interamente l’autorità, a meno che il Superiore generale non abbia riservato a sé qualche cosa.

C 111. — In caso di impedimento del Superiore generale, il Vicario generale lo sostituisce di pieno diritto fino alla cessazione dell’impedimento. Di tale impedimento giudica il Consiglio generale, assente il Superiore generale, ma presente il Vicario generale.

C 112. — Se, per qualsiasi motivo, si rende vacante l’ufficio di Superiore generale, il Vicario generale diventa ipso facto Superiore generale fino allo scadere del sessennio. Egli poi, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 113. — Se, per qualsiasi motivo, viene a mancare il Vicario generale, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 114. — Il Vicario generale cessa dal suo ufficio a norma del diritto universale e proprio.

S 55. — § 1. Il Vicario generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per rinuncia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Vicario generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetterà al Superiore generale con il suo Consiglio, escluso però lo stesso Vicario generale, giudicare il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

S 56.  Il Vicario generale che abbia assunto il governo della Congregazione come Superiore generale, allo scadere del sessennio può venire immediatamente eletto Superiore generale, ed essere anche rieletto.

3. Gli Assistenti generali

C 115. — Gli Assistenti generali sono membri della Congregazione che formano il Consiglio del Superiore generale, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro suggerimenti nel governo della Congregazione, affinché ne sia promossa l’unità e l’efficienza, siano attuate le Costituzioni e le deliberazioni delle Assemblee generali, e tutte le province collaborino nel promuovere le opere della Congregazione.

C 116. — § 1. Gli Assistenti generali vengono eletti dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio.

§ 2. Gli Assistenti generali vengono eletti, in numero di almeno quattro, da province diverse, per sei anni, e possono essere rieletti una volta sola. Concluso il secondo sessennio consecutivo, non possono venire immediatamente eletti all’ufficio di Vicario generale.

§ 3. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte dei successori nella seguente Assemblea generale ordinaria.

S 57. — Fermo restando quanto stabilito nelle Costituzioni, art. 116 § 2:

§ 1. Gli Assistenti generali sono eletti da diverse province e tenendo conto, per quanto possibile, delle varie culture presenti nella Congregazione.

§ 2. Il numero degli Assistenti generali è determinato dall’Assemblea generale.

S 58. — Gli Assistenti devono risiedere nella casa in cui risiede il Superiore generale. Per formare il Consiglio generale, oltre al Superiore generale o al Vicario generale, si richiede la presenza di almeno due Assistenti.

S 59. — Tuttavia, qualora, per una giusta causa, fossero assenti gli Assistenti generali, in modo da venire a mancare il numero richiesto per il Consiglio, il Superiore generale può chiamare a prendere parte allo stesso Consiglio, con diritto di voto, uno degli ufficiali della Curia generalizia, nell’ordine seguente: il Segretario generale, l’Economo generale, o il Procuratore generale presso la Sede Apostolica.

C 117. — L’ufficio degli Assistenti generali cessa a norma del diritto proprio.

S 60. — Gli Assistenti generali cessano dal loro ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte dei loro successori;

2° per rinuncia accettata dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti o dall’Assemblea generale;

3° per deposizione decisa dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti, e approvata dalla Sede Apostolica.

C 118. — § 1. Se qualcuno degli Assistenti cessa dal suo ufficio, un sostituto viene nominato dal Superiore generale con voto deliberativo degli altri Assistenti; il sostituto ha gli stessi diritti e obblighi degli altri Assistenti.

§ 2. Ma se entro sei mesi si deve tenere l’Assemblea generale, il Superiore generale non è tenuto a nominare un sostituto.

4. Gli Ufficiali della Curia generalizia

C 119. — § 1. Il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica vengono nominati dal Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, al di fuori del numero degli Assistenti generali.

§ 2. Essi rimangono in carica a discrezione del medesimo Superiore generale con il consenso del suo Consiglio; a motivo del loro ufficio, sono ascritti alla casa della Curia generalizia.

§ 3. Quando siano chiamati dal Superiore generale, possono partecipare al Consiglio generale, ma non hanno diritto di voto, eccetto i casi previsti negli Statuti.

§ 4. Partecipano all’Assemblea generale con diritto di voto.

S 61. — § 1. Il Segretario generale:

1° è a servizio del Superiore generale per redigere gli atti che riguardano l’intera Congregazione;

2° partecipa per ufficio al Consiglio generale, ma senza voto, con l’incarico di redigerne gli atti;

3° può suggerire al Superiore generale nomi di confratelli perché, a norma del diritto proprio, li nomini come suoi collaboratori, sotto la sua direzione, per l’ordinamento dell’archivio, per curare le pubblicazioni e attendere alla corrispondenza.

§ 2. Se il Segretario generale fosse impedito dall’attendere al suo ufficio, spetta al Superiore generale nominare temporaneamente uno degli Assistenti o uno degli ufficiali o uno dei suoi collaboratori che lo sostituisca.

S 62. — § 1. L’Economo generale, in forza del suo ufficio, amministra, sotto la direzione del Superiore generale con il suo Consiglio e a norma del diritto universale e proprio, i beni della Congregazione e quelli affidati alla Curia generalizia.

§ 2. Col consenso del Superiore generale visita gli Economi provinciali, anzi, in particolari situazioni, anche gli Economi delle case o gli amministratori delle opere di maggiore importanza.

S 63. — § 1. Al Procuratore generale presso la Sede Apostolica spetta:

1° occuparsi delle richieste di facoltà ordinarie da ottenere dalla Sede Apostolica;

2° trattare presso la Sede Apostolica, con il consenso del Superiore generale, e dopo aver sentito i Visitatori interessati, gli affari della Congregazione, delle province, delle case e dei confratelli.

§ 2. Il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, per incarico conferito per iscritto dal Superiore generale, può, a norma del diritto, esercitare l’ufficio di Postulatore generale della Congregazione presso la Curia Romana.

Capitolo II

L’amministrazione provinciale, regionale e locale

1. Le province e le viceprovince

C 120. — La Congregazione della Missione è divisa in province, a norma del diritto proprio.

C 121. — La Congregazione è divisa anche in viceprovince, a norma del diritto proprio.

C 122. — La provincia è l’insieme di più case, circoscritta da confini territoriali. A capo di essa è posto il Visitatore con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

S 64. — Sebbene ogni provincia sia circoscritta da confini territoriali, nulla impedisce che una casa di una provincia, a norma dell’a. 107, 7° delle Costituzioni, si trovi nel territorio di un’altra provincia.

S 65. — § 1. La viceprovincia è l’unione di più case, circoscritta da confini territoriali, che, in base a una convenzione intervenuta con una provincia, ne dipende e forma con essa un tutt’uno. A capo di essa c’è un Vicevisitatore, con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Può essere costituita anche una viceprovincia che dipenda non da una provincia pienamente costituita, ma direttamente dall’autorità del Superiore generale; ne è a capo un Vicevisitatore con potestà ordinaria propria.

§ 3. La viceprovincia è, per sua natura, provvisoria. Essa diventerà provincia quando si verifichino le condizioni richieste.

§ 4. Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa le province, vale, fatte le debite proporzioni, anche per la viceprovincia, a meno che, in modo esplicito, non sia detto diversamente nelle stesse Costituzioni e negli Statuti o nelle Norme e convenzioni di ciascuna viceprovincia.

S 66. — § 1. Quando dalla divisione di una provincia se ne fonda un’altra distinta dalla prima, anche tutti i beni che erano a disposizione della provincia, e i debiti contratti dalla medesima, devono venir divisi dal Superiore generale col suo Consiglio proporzionalmente secondo giustizia ed equità, rispettando le intenzioni dei fondatori o donatori, i diritti legittimamente acquisiti, e anche le Norme proprie secondo cui è retta la provincia.

§ 2. La divisione dell’archivio della provincia madre è riservata alla decisione del Superiore generale, dopo aver sentito i Visitatori interessati.

2. Il Visitatore e il Vicevisitatore

C 123. — § 1. Il Visitatore è un Superiore maggiore, ordinario, con potestà ordinaria propria, che è preposto ad una provincia perché la governi a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Il Visitatore, sollecito dell’attiva partecipazione di tutti alla vita e all’apostolato della provincia, destini i confratelli e i beni a servizio della Chiesa, secondo il fine della Congregazione; dia impulso ai ministeri delle case; si mostri premuroso del progresso personale e dell’attività dei singoli, promuovendo un’unione vitale.

S 67.  Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa il Visitatore, vale anche per il Vicevisitatore, a meno che nelle Costituzioni o negli Statuti stessi, o nelle Norme e nelle convenzioni di ciascuna viceprovincia, non venga esplicitamente disposto in altro modo.

C 124. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, a norma del diritto proprio, nomina il Visitatore dopo una consultazione della provincia, o lo conferma dopo un’elezione.

S 68. — § 1. Il Visitatore è nominato per sei anni dal Superiore generale col consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato almeno i membri della provincia che hanno voce attiva. Allo stesso modo e alle stesse condizioni, il Visitatore può essere confermato dal Superiore generale una volta per un triennio.

§ 2. Le modalità e le circostanze della consultazione possono essere stabilite dall’Assemblea provinciale con l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

§ 3. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di elezione del Visitatore. Ma questa elezione deve riunire almeno le condizioni seguenti:

1° che l’incarico non sia inferiore a tre anni e non oltrepassi sei anni;

2° che il Visitatore eletto non resti in carica oltre nove anni continui;

3° che nei primi due scrutini sia richiesta la maggioranza assoluta dei voti, tolte le schede nulle; che al terzo scrutinio godano di voce passiva solo i due che nel secondo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero di voti, anche se uguale;

4° in caso di parità di voti, si riterrà eletto il più anziano di vocazione o di età.

§ 4. Perché il Visitatore eletto o rieletto possa entrare in carica, si richiede la conferma del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 125. — È compito del Visitatore:

1° promuovere l’osservanza delle Costituzioni, degli Statuti e delle Norme provinciali;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni per il bene della provincia;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, entro i confini della sua provincia e a norma del c. 733 § 1;

4° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli, nominare i Superiori delle case, ed informare il Superiore generale della nomina fatta;

5° con il consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato gli interessati e con l’approvazione del Superiore generale, nominare un Superiore regionale con potestà delegata;

6° visitare con frequenza le case e i confratelli, e per ufficio almeno ogni due anni;

7° convocare, a norma del diritto proprio, l’Assemblea provinciale e presiederla; dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa e promulgare le Norme provinciali;

8° ammettere al seminario interno, ai proponimenti e ai voti i candidati, a norma delle Costituzioni e degli Statuti;

9° dopo aver consultato i Superiori e i direttori dei candidati, ammettere questi ai « ministeri » e, con il consenso del suo Consiglio, agli ordini;

10° presentare i confratelli per gli ordini e rilasciare le lettere dimissorie per la loro ordinazione;

11° dopo aver sentito il suo Consiglio e consultato i loro Superiori, dimettere confratelli non ancora incorporati alla Congregazione.

S 69. — È compito del Visitatore:

1° elaborare il progetto provinciale, secondo le Norme provinciali e con il consenso del suo Consiglio;

2° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, nel rispetto delle norme stabilite, fondare o sopprimere un’opera di grande rilievo per una casa;

3° dopo aver sentito il suo Consiglio e dopo aver consultato, per quanto possibile, gli interessati, destinare i confratelli alle diverse case, secondo le necessità delle medesime. Nei casi più urgenti, tuttavia, il Visitatore deve almeno informare il suo Consiglio;

4° con il consenso del suo Consiglio e seguendo le Norme provinciali, nominare l’Economo provinciale e il Direttore del seminario interno e del seminario maggiore;

5° approvare il progetto comunitario delle case, preparato dal Superiore locale con la sua comunità;

6° mandare al Superiore generale le relazioni sullo stato della provincia e delle visite d’ufficio fatte alle case;

7° con il consenso del suo Consiglio, stipulare contratti necessari ed utili, a norma del diritto universale e proprio;

8° dopo aver sentito il suo Consiglio, nominare, in tempo utile, la commissione preparatoria per l’Assemblea provinciale;

9° usufruire della prerogativa di dirimere la parità di voti, a norma del diritto;

10° informare quanto prima il Superiore generale dell’emissione dei voti fatta dai confratelli e della loro incorporazione alla Congregazione, e degli ordini da essi ricevuti;

11° aver cura, personalmente o con l’aiuto di persone competenti, dell’archivio provinciale;

12° approvare i confratelli e dar loro la giurisdizione per le confessioni dei membri della Comunità, ed anche, salvo il diritto dell’Ordinario del luogo, per la sacra predicazione della parola di Dio, e delegare ad altri le stesse facoltà;

13° con il consenso del suo Consiglio e per giusti motivi, dispensare dalle Norme provinciali in casi particolari;

14° regolarizzare la situazione dei missionari che si trovano in situazioni irregolari.

S 70. — Il Vicevisitatore ha gli stessi diritti, le stesse facoltà e gli stessi doveri del Visitatore, a meno che nelle Costituzioni e negli Statuti non sia espressamente disposto in altro modo.

S 71. — Le disposizioni del Visitatore rimangono in vigore fino all’Assemblea provinciale seguente, a meno che non sia stato disposto in altro modo dal Visitatore stesso o dal suo successore.

S 72. — § 1. Quando si renda vacante l’ufficio di Visitatore, il governo della provincia passa temporaneamente all’Assistente del Visitatore; se poi non vi fosse un Assistente, il governo passa al Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, a meno che non sia stato disposto diversamente dal Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di provvedere al governo temporaneo della provincia, in caso di morte del Visitatore o nel caso che questi cessi dall’ufficio.

3. L’Assistente del Visitatore

C 126. — Il Visitatore può avere un Assistente, fornito delle condizioni richieste dagli aa. 61 e 100, che lo coadiuvi nel governo della provincia. Spetta all’Assemblea provinciale stabilire se vi debba essere o no l’Assistente del Visitatore.

S 73. — § 1. L’Assistente del Visitatore è uno dei Consultori provinciali, e viene eletto dagli stessi Consultori insieme con il Visitatore, a meno che non sia stato disposto diversamente dall’Assemblea provinciale.

§ 2. In assenza del Visitatore, l’Assistente ha la medesima autorità del Visitatore, eccetto per quanto il Visitatore ha riservato a sé.

§ 3. In caso di impedimento del Visitatore, l’Assistente lo sostituisce a tutti gli effetti, per la durata dell’impedimento. Sarà poi il Consiglio provinciale, senza il Visitatore, a giudicare circa l’impedimento e a informarne al più presto il Superiore generale, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

4. Il Consiglio del Visitatore

C 127. — I Consultori, che formano il Consiglio del Visitatore, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro consigli nel governo della provincia per promuoverne l’unità e la vitalità, per far attuare le Costituzioni e le decisioni dell’Assemblea provinciale, e perché tutte le case e tutti i confratelli collaborino allo sviluppo delle opere.

S 74. — § 1. I Consultori sono nominati dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato almeno i confratelli della provincia che godono di voce attiva. Nel medesimo modo e alle stesse condizioni, i Consultori possono essere confermati per un secondo e per un terzo triennio, ma non per un quarto.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio un modo proprio per designare o eleggere i Consultori, stabilire il loro numero, determinare il tempo della nomina e della durata in carica. Il Visitatore deve informare il Superiore generale dell’avvenuta designazione dei Consultori.

§ 3. Un Consultore provinciale può, per gravi motivi, essere rimosso dall’ufficio dal Superiore generale, su proposta del Visitatore con il consenso degli altri Consultori.

 § 4. Ciò che all’art. 73, § 2 e § 3 si dice dell’Assistente provinciale, vale anche per il Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, qualora non vi sia l’Assistente provinciale, a meno che nelle Norme provinciali non sia disposto diversamente.

5. L’Economo provinciale

C 128. — In ogni provincia deve esserci un Economo che amministri i beni della provincia, sotto la direzione e la vigilanza del Visitatore con il suo Consiglio, a norma del c. 636 § 1 e del diritto proprio.

S 75. — L’Economo viene nominato dal Visitatore con il consenso del suo Consiglio, o in altro modo stabilito dalle Norme provinciali.

S 76. — Se l’Economo provinciale non è consultore, partecipa al Consiglio provinciale quando è convocato dal Visitatore, ma senza diritto di voto.

S 77. — è compito dell’Economo provinciale:

1° aver cura che il possesso dei beni della provincia sia legittimo davanti alla legge ecclesiastica e a quella civile;

2° aiutare, con il consiglio e la collaborazione, gli Economi delle case nell’adempimento del loro ufficio, e vigilare sulla loro amministrazione;

3° far sì che ogni casa paghi la somma stabilita per le spese della provincia e mandare, a suo tempo, all’Economo generale la tassa per il fondo generale;

4° assicurarsi che venga pagato il giusto stipendio a coloro che lavorano alle dipendenze della Congregazione, e che si osservino scrupolosamente le leggi civili circa le tasse e le assicurazioni sociali;

5° tenere sempre in ordine i vari registri delle uscite e delle entrate, come pure gli altri documenti;

6° rendere conto della sua amministrazione al Visitatore e al suo Consiglio, a norma dell’art. 103.

6. Le regioni

S 78. — § 1. La regione è un territorio, con almeno una casa, che appartiene a una provincia o che dipende direttamente dal Superiore generale.

§ 2. La regione è eretta dal Superiore generale con il suo Consiglio o dal Visitatore con il suo Consiglio, con l’approvazione del Superiore generale (cf. S 51, 15). è affidata a un Superiore regionale.

§ 3. Il Superiore regionale è munito di facoltà delegate dal Superiore generale o dal Visitatore, in vista di favorire la realizzazione della missione propria della Congregazione.

§ 4. Se il Superiore regionale è nominato dal Visitatore con il suo Consiglio, la sua nomina deve essere confermata dal Superiore generale con il suo Consiglio (cf. Cost. 125, 5°).

§ 5. La regione è costituita con una convenzione scritta che precisi le facoltà delegate e gli impegni reciproci tra il Superiore generale o il Visitatore e il Superiore regionale.

§ 6. Una regione può essere costituita sia in vista della sua propria autonomia diventando una viceprovincia o provincia, sia perché una viceprovincia o provincia non può più mantenere la sua autonomia.

§ 7. Perché una regione possa essere eretta in viceprovincia o una viceprovincia in provincia, è necessario che la regione o la viceprovincia abbiano una concreta possibilità di avere vocazioni e una base economica sufficiente per il mantenimento della missione e dei confratelli.

7. Le Conferenze di Visitatori

S 79. — § 1. Per favorire la collaborazione tra le province nel campo della missione, della comunicazione e della formazione, i Visitatori devono costituire delle Conferenze di Visitatori.

§ 2. Queste Conferenze salvaguardino sempre l’unità della Congregazione, l’autonomia delle province e i principi di sussidiarietà e di corresponsabilità.

§ 3. Spetta a ogni Conferenza redigere il proprio Statuto e sottometterlo al Superiore generale con il suo Consiglio.

8. Uffici dell’amministrazione locale

C 129. — § 1. La Congregazione realizza se stessa soprattutto nelle singole comunità locali.

§ 2. Il Superiore, centro di unità e animatore della vita della comunità locale, dia impulso ai ministeri della casa, e si mostri sollecito, con la comunità, del progresso e dell’attività di ciascuno.

C 130. — § 1. Il Superiore locale viene nominato dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato i confratelli della casa o della comunità locale. Nella stessa casa o comunità locale, alle stesse condizioni, può essere nominato per un secondo triennio. Dopo il secondo triennio, se è necessario rinnovarlo, si deve ricorrere al Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale ha la facoltà di stabilire un altro modo di designazione del Superiore locale.

§ 3. Il Superiore locale deve avere i requisiti indicati dagli aa. 61 e 100.

C 131. — A norma del diritto, il Superiore locale ha potestà ordinaria in foro interno e in foro esterno sui confratelli e su coloro che dimorano giorno e notte nella sua casa; e può delegare la medesima potestà ad altri.

S 80. — Il Superiore locale ha il diritto e il dovere di:

1° informare il Visitatore sulla situazione della casa affidatagli;

2° assegnare ai confratelli della casa incarichi e uffici, la cui attribuzione non sia riservata ai Superiori maggiori;

3° convocare e dirigere l’Assemblea domestica;

4° preparare, insieme con la comunità, il progetto comunitario della sua casa e sottoporlo all’approvazione del Visitatore;

5° avere un archivio e il sigillo della casa;

6° comunicare ai confratelli i decreti e le notizie della Congregazione;

7° curare che siano soddisfatti gli obblighi di Messe.

S 81. — § 1. Il Superiore locale amministra la casa con la collaborazione di tutti i confratelli, specialmente dell’Assistente e dell’Economo, che vengono nominati secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

§ 2. L’Assistente, in assenza del Superiore, ne esercita interamente l’Ufficio, secondo le norme stabilite dal diritto proprio.

§ 3. Gli incontri dei confratelli della comunità, fatti a modo di Consiglio, siano frequenti.

C 132. — § 1. Qualora non vi siano le condizioni per erigere una casa, oppure lo richieda qualche opera, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, può costituire un gruppo di confratelli a modo di casa, secondo le Norme provinciali.

§ 2. Uno dei confratelli, designato dal Visitatore a norma del diritto, è responsabile di tale gruppo come se fosse Superiore.

§ 3. Un gruppo costituito a modo di casa ha i medesimi diritti ed obblighi di una casa propriamente detta.

C 133. — Il Superiore locale può essere rimosso qualora ciò sembri opportuno al Visitatore, per un motivo giusto e proporzionato, con il consenso del suo Consiglio e con l’approvazione del Superiore generale.

C 134. — § 1. L’Economo amministra i beni della casa sotto la direzione del Superiore, aiutato dal dialogo e dall’interessamento dei confratelli, a norma del diritto universale, della Congregazione e della provincia.

§ 2. Qualora il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, lo giudicasse necessario per qualche casa, venga costituito un Consiglio domestico; i Consultori di casa, che aiutano il Superiore locale nella direzione della casa, siano designati secondo le Norme provinciali.

Capitolo III

Le Assemblee

1. Principi generali

C 135. — Le Assemblee della Congregazione della Missione, che hanno lo scopo di custodire e promuovere la spiritualità e l’attività apostolica della medesima, sono di tre tipi: generale, provinciale e domestica.

S 82. — I Superiori e i confratelli preparino le Assemblee e vi partecipino attivamente; osservino poi fedelmente le disposizioni e le norme da esse emanate.

C 136. — § 1. Nessuno può godere di due voti.

§ 2. Le condizioni apposte al voto prima delle elezioni vanno considerate nulle.

§ 3. L’elezione comporta l’obbligo, per chi è stato eletto, di partecipare all’Assemblea o di accettare l’ufficio, a meno che non sia scusato da un motivo grave. Se si tratta di partecipare ad un’Assemblea, il motivo grave deve essere riconosciuto dal Superiore competente, che in seguito ne chiederà l’approvazione all’Assemblea; se invece si tratta dell’accettazione di un ufficio, la gravità del motivo deve essere riconosciuta dall’Assemblea stessa.

§ 4. Nelle Assemblee nessuno può farsi sostituire da un altro di proprio arbitrio.

§ 5. La maggioranza dei voti deve essere computata unicamente in base ai voti validi. Le schede bianche sono nulle.

S 83. — § 1. Per le elezioni si richiedono almeno tre scrutatori.

§ 2. Sono scrutatori di diritto, insieme con il presidente e il segretario, dopo la sua elezione, i due membri dell’Assemblea più giovani per età.

§ 3. In apertura di Assemblea si procede all’elezione del segretario, che ha per compito di:

1° svolgere l’incarico di primo scrutatore;

2° stendere le relazioni delle sessioni e redigerne i documenti.

S 84. — Prima e durante l’Assemblea si deve favorire il libero scambio di notizie sulle questioni da decidere e sulle qualità di coloro che sono da eleggersi.

S 85. — Terminata la trattazione degli argomenti, gli atti dell’Assemblea, approvati dai suoi membri, devono essere sottoscritti dal presidente dell’Assemblea, dal suo segretario e da tutti i partecipanti e, autenticati dal sigillo, devono essere conservati accuratamente in archivio.

2. L’Assemblea generale

C 137. — L’Assemblea generale, che rappresenta direttamente tutta la Congregazione, come sua autorità suprema, ha il diritto di:

1° salvaguardare il patrimonio spirituale dell’Istituto e promuovere, in armonia con esso, un adeguato rinnovamento;

2° eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali;

3° emanare leggi, ossia Statuti e Decreti, per il bene della Congregazione, salvo restando il principio di sussidiarietà. Gli Statuti non esplicitamente abrogati rimangono in vigore. I Decreti, invece, perché rimangano in vigore, devono essere esplicitamente confermati;

4° chiedere alla Sede Apostolica, con votazione a maggioranza dei due terzi, modifiche alle Costituzioni da essa approvate;

5° interpretare in modo autentico gli Statuti; l’interpretazione autentica delle Costituzioni invece spetta alla Sede Apostolica.

S 86. — L’Assemblea generale ha il diritto di fare Dichiarazioni con valore dottrinale e di indole esortativa.

C 138. — L’Assemblea generale, convocata dal Superiore generale, è da tenersi:

1° come ordinaria, per eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, e per trattare i problemi della Congregazione;

2° come straordinaria, se convocata come tale dal Superiore generale, a norma del diritto proprio.

S 87. — § 1. L’Assemblea generale ordinaria si deve tenere nel corso del sesto anno successivo all’ultima Assemblea generale ordinaria.

§ 2. L’Assemblea generale straordinaria si tiene ogni qualvolta il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori, lo riterrà necessario.

§ 3. L’Assemblea generale deve essere preceduta dalle Assemblee provinciali.

S 88. — § 1. Spetta al Superiore generale stabilire, con il consenso del suo Consiglio, quando e dove tenere l’Assemblea generale.

§ 2. Tuttavia, nel corso del sesto anno, per un giusto motivo, l’Assemblea generale potrà venire anticipata o differita di sei mesi rispetto al giorno d’inizio della precedente Assemblea generale ordinaria, mediante un decreto del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 139. — All’Assemblea generale devono partecipare:

1° il Superiore generale, il Vicario e gli Assistenti generali, il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica;

2° i Visitatori e i deputati delle province, eletti a norma del diritto proprio.

S 89. — § 1. Il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, che terminano il loro mandato, rimangono membri dell’Assemblea nelle successive sessioni della medesima.

§ 2. Oltre coloro che, a norma delle Costituzioni, devono partecipare per ufficio all’Assemblea generale, sarà presente un deputato per ogni provincia e viceprovincia in rappresentanza dei primi cento confratelli che hanno voce attiva; se poi i confratelli che hanno voce attiva sono più di cento, vi sarà un altro deputato per ogni settantacinque e per la rimanente frazione di questo numero.

Il numero dei deputati all’Assemblea generale va calcolato in base al numero dei confratelli aventi voce attiva nel giorno dell’elezione dei deputati nell’Assemblea provinciale.

§ 3. Quando fosse vacante l’ufficio di Visitatore, va all’Assemblea generale colui che ha il governo temporaneo della provincia.

Se il Visitatore fosse legittimamente impedito di andare all’Assemblea generale, al suo posto va colui che lo sostituisce nell’ufficio. Se poi questi fosse stato eletto deputato, andrà all’Assemblea generale il primo sostituto.

S 90. — § 1. Il Superiore generale con il suo Consiglio avrà cura che, nel caso in cui nessun Fratello risulti eletto per partecipare all’Assemblea generale, sia assicurata la presenza di fratelli in essa.

§ 2. Il Superiore generale con il suo Consiglio provvederà inoltre a risolvere quei casi, in cui sia impossibile una legittima elezione di delegati all’Assemblea generale, ma sia comunque importante la loro presenza in essa.

S 91. — § 1. A tempo opportuno, prima della convocazione dell’Assemblea generale, il Superiore generale con il suo Consiglio, dopo aver sentito i Visitatori e tenendo conto delle diverse regioni e opere, nomina la commissione preparatoria.

§ 2. Pur lasciando al Superiore generale con il suo Consiglio piena libertà di ordinare i lavori della commissione preparatoria secondo criteri di opportunità, i compiti della medesima commissione potrebbero essere i seguenti:

1° chiedere alle province e ai singoli confratelli quali problemi, a loro parere, siano più urgenti, e con che metodo debbano essere trattati in Assemblea generale;

2° ricevute le risposte, scegliere, secondo le necessità, gli argomenti più urgenti e più generali, preparare studi e raccogliere le fonti, e mandare tutto ai Visitatori, in tempo utile, prima che si tengano le Assemblee domestiche;

3° ricevere le proposte o postulati delle Assemblee provinciali e gli studi elaborati dalle province, come anche i postulati che vorrà proporre il Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio;

4° disporre ordinatamente tutti i dati acquisiti e ricavarne un documento di lavoro, e spedire quindi il tutto tempestivamente in modo che i membri dell’Assemblea e i loro sostituti lo possano avere tra mano due mesi prima dell’inizio dell’Assemblea generale.

§ 3. Una volta iniziata l’Assemblea, il compito di questa commissione è esaurito. Tuttavia il suo presidente, personalmente o per mezzo di altri, se ciò sembrerà opportuno, farà una relazione sul lavoro della commissione.

C 140. — § 1. All’elezione del Superiore generale si procede in questo modo: se nel primo scrutinio nessuno avrà ottenuto due terzi dei voti, si procederà a un secondo scrutinio, con le stesse modalità seguite nel primo; se neppure nel secondo, allo stesso modo si tenterà un terzo scrutinio, e anche un quarto.

Dopo il quarto scrutinio inefficace, se ne farà un quinto, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli.

Dopo il quinto scrutinio inefficace, se ne farà un sesto, nel quale godranno di voce passiva soltanto i due candidati che nel quinto scrutinio avranno raccolto il maggior numero di voti, anche se a parità, a meno che non siano in più ad aver ottenuto parità al primo o al secondo posto: nel qual caso anche questi godranno di voce passiva nel sesto scrutinio, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza relativa dei voti, non computando quelli nulli; ed in caso di parità si riterrà eletto il candidato più anziano per vocazione o per età.

§ 2. Avvenuta legittimamente l’elezione, dopo che l’eletto avrà accettato l’ufficio, colui che presiede stenderà il decreto di elezione e a voce alta proclamerà l’eletto. Ma se fosse stato eletto Superiore generale colui che presiede, sarà il segretario dell’Assemblea a redigere il decreto e il moderatore proclamerà l’eletto.

§ 3. L’eletto poi non rifiuterà l’onere che gli viene affidato, se non per gravi motivi.

§ 4. Terminata l’elezione e rese grazie a Dio, le schede saranno distrutte.

§ 5. Se il neoeletto non fosse presente, lo si convochi e, fino al suo arrivo, l’Assemblea potrà trattare altri problemi della Congregazione.

S 92. — § 1. Il giorno dell’elezione del Superiore generale, gli elettori offriranno a Dio la Messa per il buon risultato dell’elezione e, dopo una breve esortazione, all’ora stabilita, inizieranno la sessione sotto la direzione del presidente.

§ 2. Gli elettori scriveranno su schede appositamente preparate il nome di colui che vorranno eleggere Superiore generale.

§ 3. Se, al conteggio, risultasse che il numero delle schede è superiore a quello degli elettori, tutto si considera nullo, e si deve ripetere l’operazione di voto.

C 141. — Il Vicario generale viene eletto alle stesse condizioni del Superiore generale e nel modo prescritto nell’art. 140 § 1.

C 142. — § 1. Terminate le elezioni del Superiore generale e del Vicario generale, l’Assemblea generale procede all’elezione degli altri Assistenti, in scrutini distinti.

§ 2. Saranno ritenuti eletti coloro che avranno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli; costoro saranno proclamati eletti dal presidente dell’Assemblea.

§ 3. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo scrutinio si riterrà eletto colui che avrà ottenuto la maggioranza relativa dei voti; e in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

S 93. — Il direttorio approvato da un’Assemblea rimane in vigore fino a che non sia mutato o abrogato da un’altra.

3. L’Assemblea provinciale

C 143. — Compito dell’Assemblea provinciale, quale adunanza di confratelli che come deputati rappresentano la Provincia, è il seguente:

1° emanare Norme per il bene comune della provincia entro i limiti del diritto universale e proprio; tali Norme acquistano forza obbligatoria dopo l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio;

2° trattare, quale organo consultivo del Visitatore, ciò che può servire al bene della provincia;

3° trattare le proposte che, a nome della provincia, si devono trasmettere sia all’Assemblea generale, sia al Superiore generale;

4° eleggere i deputati per l’Assemblea generale, quando è il caso;

5° dare norme per le Assemblee domestiche, entro i limiti del diritto universale e proprio; tali norme non hanno bisogno dell’approvazione del Superiore generale.

S 94. — Le Norme emanate dall’Assemblea provinciale sono regole generali che vanno applicate in tutti i casi contemplati dalle Norme stesse. Tuttavia tali Norme non toccano l’autorità del Visitatore, quale viene descritta dal diritto universale e proprio, né il suo potere esecutivo, necessario al compimento del suo ufficio. Rimangono in vigore fino a che non siano revocate da una successiva Assemblea provinciale o dal Superiore generale.

C 144. — § 1. L’Assemblea provinciale si deve tenere due volte in sei anni, una prima dell’Assemblea generale, l’altra nel tempo intermedio.

§ 2. Se necessario, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e sentiti i Superiori locali, può convocare un’Assemblea provinciale straordinaria.

C 145. — Spetta al Visitatore convocare l’Assemblea provinciale e presiederla, dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa, e promulgarne le Norme.

S 95. — Spetta al Visitatore, sentito il suo Consiglio, fissare la data e designare la Casa in cui si deve tenere l’Assemblea provinciale.

S 96. — Il Superiore generale renderà nota al Visitatore la sua decisione riguardante le Norme provinciali entro due mesi dalla data in cui le avrà ricevute.

C 146. — Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stato stabilito diversamente nelle Norme provinciali:

1° per ufficio: il Visitatore, i Consultori provinciali, l’Economo provinciale e i Superiori delle singole case della provincia;

2° inoltre, i deputati eletti a norma del diritto proprio.

S 97. — Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stabilito diversamente nelle Norme provinciali, tanti deputati eletti entro un unico collegio provinciale, formato da tutti i confratelli che hanno voce passiva, quanti sono i deputati che devono partecipare per ufficio con l’aggiunta di un deputato ogni 25 confratelli che hanno voce attiva, e di uno per la rimanente frazione di questo numero.

S 98. — Si ritengano eletti deputati coloro che, entro un unico collegio provinciale, hanno ottenuto il maggior numero di voti e, in caso di parità, i più anziani per vocazione o per età; altrettanti sono i sostituti, secondo la graduatoria dei voti riportati.

S 99. — Se il Superiore di una casa, per qualche impedimento, non può recarsi all’Assemblea provinciale, in suo luogo andrà l’Assistente di casa. Se poi l’Assistente fosse già eletto deputato, lo sostituirà un altro dall’elenco dei sostituti.

S 100. — L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, col consenso del suo Consiglio, un sistema proprio di rappresentanza all’Assemblea provinciale, a condizione però che il numero dei deputati eletti sia superiore al numero di coloro che devono parteciparvi per ufficio.

S 101. — Spetta alle singole province darsi, durante l’Assemblea, proprie norme di procedura, ossia un Direttorio, entro i limiti del diritto universale e proprio.

S 102. — L’Assemblea procede all’elezione dei deputati e dei sostituti all’Assemblea generale in scrutini distinti, a maggioranza assoluta di voti. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo si riterrà eletto colui che avrà riportato il maggior numero di voti e, in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

4. L’Assemblea domestica

C 147. — § 1. L’Assemblea domestica viene convocata dal Superiore della casa o dall’Assistente che esercita pienamente l’ufficio di Superiore, e si tiene in relazione all’Assemblea provinciale.

§ 2. All’Assemblea domestica devono essere convocati tutti coloro che hanno voce attiva.

§ 3. è compito dell’Assemblea domestica trattare di quelle proposte che la casa intende presentare all’Assemblea provinciale, come pure di quelle che la commissione preparatoria dell’Assemblea provinciale ha presentato da discutere, e deliberare circa le proposte stesse.

Sezione II. — I BENI TEMPORALI

C 148. — § 1. La Congregazione della Missione possiede beni temporali per le esigenze dell’attività pastorale e della vita comunitaria; di essi si serve come mezzi per il servizio di Dio e dei poveri, secondo lo spirito e l’esempio del Fondatore; li amministra come patrimonio dei poveri, con oculatezza, ma senza la preoccupazione di accumulare ricchezze.

§ 2. La Congregazione della Missione abbraccia una forma comunitaria di povertà evangelica per il fatto che tutti i beni della Congregazione sono comuni, e la Congregazione ne usa per meglio ricercare e raggiungere il fine che le è proprio.

S 103. — La Congregazione rifletta assiduamente su questi principi, li accolga di cuore e li metta in pratica con fiducia e coraggio:

1° lo sforzo concorde per instaurare quella sobrietà di vita che, con la forza dell’esempio, più che con le parole, nel nome della povertà di Cristo, si oppone alla cupidigia che scaturisce dalla società dell’opulenza e alla bramosia delle ricchezze, che manda in rovina quasi tutto il mondo (cf. RC III, 1);

2° preoccupazione effettiva di impiegare i propri beni per promuovere la giustizia sociale;

3° l’alienazione dei beni, quando siano superflui, a favore dei poveri.

C 149. — Poiché tutti i beni sono comuni, i confratelli sono corresponsabili, a norma del diritto, dell’acquisto, amministrazione e destinazione dei beni temporali della casa e della provincia alle quali essi appartengono; fatte le debite proporzioni, il principio vale anche riguardo ai beni di tutta la Congregazione.

C 150. — § 1. Le case, le comunità locali, le province e la Congregazione stessa hanno capacità giuridica di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali. Qualora le circostanze lo richiedano, i loro Superiori sono i rappresentanti legali anche davanti all’autorità civile, a meno che non sia disposto altrimenti.

§ 2. Fonti da cui provengono i beni temporali sono il lavoro dei confratelli e gli altri mezzi leciti per acquistare beni.

C 151. — In forza del principio del bene comune, le case devono venire in aiuto delle province in tutto ciò che è necessario alla buona amministrazione, e per provvedere alle necessità generali; lo stesso vale per le province nei confronti della Curia generalizia.

S 104. — Tenendo presente il principio di equità, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, ha il diritto di fissare una tassa per le province; lo stesso può fare il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, per le case della provincia.

C 152. — § 1. Le province e le case condividano le une con le altre i beni temporali, in modo che quelle che hanno maggiore disponibilità vengano in aiuto di quelle che si trovano in strettezze.

§ 2. La Congregazione, le province e le case provvedano volentieri con i loro beni alle necessità altrui e al sostentamento dei poveri.

C 153. — § 1. I confratelli che ne hanno ricevuto l’incarico, amministrino i beni temporali per provvedere al conveniente sostentamento dei confratelli e per fornire mezzi adeguati al loro ministero apostolico e alle opere di carità.

§ 2. I beni della comunità devono essere amministrati dai rispettivi Economi sotto la vigile direzione dei Superiori con i loro Consigli, nei limiti del diritto universale e proprio e nel rispetto del principio di sussidiarietà.

S 105. — Si devono amministrare sotto la vigilanza dei Superiori e dei loro Consigli i beni affidati alla Congregazione soltanto in amministrazione.

S 106. — § 1. Gli Economi devono rendere conto ai Superiori, e tenere informati i confratelli della loro amministrazione.

§ 2. I registri delle entrate e delle uscite e la relazione sullo stato patrimoniale dovranno essere esaminati dal Superiore generale con il suo Consiglio una volta all’anno per quanto riguarda l’Economo generale; dal Visitatore col suo Consiglio due volte all’anno per quanto riguarda l’Economo provinciale; dal Superiore locale ogni mese per quanto riguarda l’Economo di casa. I registri e la relazione saranno firmati soltanto se risulteranno esatti.

§ 3. I confratelli che hanno l’amministrazione di opere particolari, tanto di una provincia quanto di una casa, presenteranno i registri delle entrate e delle uscite ai loro rispettivi Superiori, alle scadenze e nei modi stabiliti dalle Norme provinciali.

§ 4. Se invece i beni non sono proprietà della Congregazione, ma sono stati affidati in amministrazione, i loro registri si devono presentare sia ai loro proprietari sia ai Superiori della Congregazione.

§ 5. L’Economo generale presenti una relazione generale della sua Amministrazione: ai Visitatori alla fine di ogni anno; ogni sei anni all’Assemblea generale.

§ 6. I Visitatori, per le loro province, manderanno un resoconto al Superiore generale alla fine dell’anno.

§ 7. Gli Economi provinciali presentino ai confratelli della provincia una relazione generale della loro amministrazione e del patrimonio della provincia, secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

C 154. — § 1. Ricordino gli amministratori che essi sono soltanto dispensatori dei beni della comunità; li impieghino pertanto solo per scopi corrispondenti alla condizione dei missionari; e si comportino in ogni caso secondo le leggi civili giuste, e secondo le norme e lo spirito della Congregazione.

§ 2. Gli amministratori provvedano volentieri alle necessità dei confratelli in tutto ciò che riguarda la loro vita, il loro particolare ufficio e il lavoro apostolico. Un tale uso dei beni, infatti, è stimolo per i confratelli a prendersi cura del bene dei poveri e a condurre una vita veramente fraterna.

§ 3. Gli stessi amministratori, inoltre, si comportino con equità nella distribuzione dei beni, dovendo promuovere la vita comunitaria tra i confratelli; provvedano alle loro necessità personali secondo le Norme stabilite dall’Assemblea provinciale.

S 107. — Tutti gli amministratori, tanto i Superiori quanto gli Economi, non possono compiere atti amministrativi in nome della Congregazione, se non entro i limiti del loro ufficio e a norma del diritto. Perciò la Congregazione, la provincia e le case devono rispondere soltanto degli atti amministrativi compiuti in conformità alle suddette norme; degli altri risponderanno coloro che avranno posto atti illeciti o invalidi. Tuttavia se una persona giuridica della Congregazione avesse contratto, sia pure con il permesso, debiti o obbligazioni, ne dovrà rispondere con i propri mezzi.

C 155. — Per la validità dell’alienazione, e di qualsiasi altra operazione da cui la situazione patrimoniale della persona giuridica potrebbe subire danno, si richiede il permesso scritto rilasciato dal Superiore competente con il consenso del suo Consiglio. Se però si tratta di operazione che supera la somma fissata dalla Sede Apostolica per le singole regioni, come pure di donazioni votive fatte alla chiesa, o di cose preziose per valore artistico o storico, si richiede anche il permesso della stessa Sede Apostolica.

S 108. — § 1. L’Assemblea generale può fissare una somma, oltre la quale il Superiore generale non può fare spese straordinarie.

§ 2. I Visitatori possono fare spese secondo le Norme fissate dall’Assemblea provinciale.

§ 3. I Superiori locali possono fare spese entro i limiti stabiliti dalle Norme provinciali.

S 109. — I Superiori non permettano che si contraggano debiti, se non consti con certezza che si possono pagare gli interessi passivi del capitale con le entrate ordinarie, e che si possa restituire, entro il tempo previsto, la somma presa a prestito, attraverso il riscatto legale delle rate annue.

S 110. — § 1. Si osservino scrupolosamente le norme di legge sul lavoro, sulle assicurazioni e sulla giustizia, nei confronti delle persone che lavorano nelle case e nelle opere della Congregazione.

§ 2. I Superiori siano oltremodo cauti nell’accettare pie fondazioni che impongono obblighi a lunga scadenza. Non si accettino oneri perpetui.

§ 3. Non si facciano donazioni con i beni della comunità, se non a norma delle Costituzioni e degli Statuti.

§ 4. Quando si accettano beni destinati per testamento o per donazione alla Congregazione, alla provincia o alla casa, si rispetti la volontà del donante circa la loro proprietà e il loro uso.

§ 5. Si provveda all’assicurazione sociale dei confratelli a cura della Congregazione o del Vescovo o di altri per i quali essi prestano il loro servizio. Inoltre le case, le province e la stessa Curia generalizia sottoscrivano assicurazioni convenienti contro pericoli di vario tipo.

 

____

 

Statuti della Congregazione della Missione        281

STATUTI DELLA CONGREGAZIONE DELLA MISSIONE

CAPITOLO I

LA VITA NELLA CONGREGAZIONE

L’attività apostolica (aa. 10-18)        255

 

CAPITOLO II

La vita comunitaria (aa. 19-27)        257

 

CAPITOLO III

La castità, la povertà, l’obbedienza e la stabilità (aa. 28-39)        258

 

CAPITOLO IV

La preghiera (aa. 40-50)        259

 

CAPITOLO V

I membri della Congregazione        259

  1. L’ammissione in Congregazione  (aa. 53-58)        259
  2. Diritti e doveri dei membri della Congregazione (aa. 59-64)        260
  3. Ascrizione dei confratelli ad una provincia e ad una casa

(aa. 65-77)        261

5.  Uscita e dimissione dalla Congregazione (aa. 68-76)        262

 

CAPITOLO VI

La formazione        263

  1. – LA PASTORALE VOCAZIONALE        263
  2. 263
  1. Principi  generali (aa. 77-81)        263
  2. Il seminario interno  (aa. 82-86)        264
  3. Il seminario maggiore  (aa. 87-90)        264
  4. La formazione dei Fratelli  (aa. 91-92)        265
  5. I Superiori e gli insegnanti (aa. 93-95)        265

 

L’ORGANIZZAZIONE

SEZIONE I – IL GOVERNO        266

 

CAPITOLO I

L’amministrazione centrale        266

  1. Il Superiore generale  (aa. 101-107)        266
  2. Il Vicario generale  (aa. 108-114)        268
  3. Gli Assistenti generali  (aa. 115-118)        268
  4. Gli ufficiali della Curia Generalizia (a. 119)        269

 

CAPITOLO II

L’amministrazione provinciale, regionale e locale        269

  1. Le province e le viceprovince (aa. 120-122)        269
  2. Il  Visitatore  e  il Vicevisitatore (aa. 123-125)        270
  3. L’Assistente del Visitatore  (a. 126)        272
  4. Il Consiglio del Visitatore (a. 127)        273
  5. L’Economo provinciale (a. 128)        273
  6. Le regioni        274
  7. Le Conferenze di Visitatori        274
  8. Uffici  dell’amministrazione  locale (aa. 129-134)        274

 

CAPITOLO III

Le Assemblee        275

  1. Principi  generali (aa. 135-136)        275
  2. L’Assemblea  generale (aa. 137-142)        276
  3. L’Assemblea  provinciale (aa. 143-146)        278

SEZIONE II – I BENI TEMPORALI (aa. 148-155)        279

Appendice        283

 

APPENDICE

INTERPRETAZIONE DELLO STATUTO FONDAMENTALE SULLA POVERTÀ

A. CONTENUTO DELLO STATUTO

Nello statuto fondamentale si possono notare questi elementi nor- mativi:

  1. — Si presuppone che i membri della Congregazione mantengono la proprietà dei beni immobili e dei benefici semplici che possiedono   o che possederanno in futuro.
  2. — I membri della Congregazione sono tenuti a disporre dei frutti dei loro beni in opere pie. Questa è la norma principale e positiva, che nasce dall’orientamento vincenziano, per cui disponiamo di noi e dei nostri beni a servizio dell’evangelizzazione dei poveri; questo è l’eccel- lente e straordinario valore evangelico dello statuto. Alle necessità dei genitori e dei parenti poveri si deve provvedere prima di tutto per dovere di pietà e di giustizia.
  3. — I membri della Congregazione non possono tenere i frutti. Questa è una norma negativa per cui ci è proibito « capitalizzare », accumulando i frutti e così arricchire. È una norma che deriva dalla povertà evangelica, che è povertà non solo di spirito, ma anche reale.
  4. — I membri della Congregazione possono, col permesso del Superiore, servirsi dei frutti per uso personale. Questa è una norma permissiva: è chiaro infatti che qui si tratta solo di una concessione, non di un orientamento positivo raccomandato (cf. SV XII, 382).
  5. — I membri della Congregazione non hanno l’uso libero dei loro beni, anche perché devono dipendere dai Superiori. Questa norma deriva dalla dimensione comunitaria della nostra povertà.

 

B. SPIEGAZIONE DELLO STATUTO

  1. — I beni immobili e i benefici semplici sono considerati nello statuto in quanto sono fonti da cui derivano dei frutti. Oggi perciò       si possono paragonare a questi beni tutti gli altri beni veramente fruttiferi e i diritti a ricevere frutti, secondo la stima comune dei  diversi luoghi.
  1. — Nulla è detto, nello statuto, dei beni mobili che non proven- gono da beni fruttiferi; però secondo il suo spirito, quei beni mobili non possono sfuggire alla norma principale e positiva, per cui siamo tenuti a disporre di essi a servizio dell’evangelizzazione dei poveri o direttamente o mediante la comunità, né possono sfuggire alle altre norme.
  2. — Lo statuto fondamentale non è l’unica fonte delle norme che regolano il nostro voto di povertà.
  3. — Per comprendere meglio lo spirito dello statuto fondamentale, sarà utile tenere presenti alcuni  principi  della  povertà  vincenziana, ad esempio:
    1. la nostra consacrazione ad evangelizzare i poveri;
    2. la povertà in spirito (cf. Conferenza di san Vincenzo del 14 no- vembre 1659; RC III, 4, 7);
    3. la comunione dei beni (RC III, 3, 4, 5, 6);
    4. la conformità della nostra vita con quella dei poveri (RC III, 7);
    5. la legge universale del lavoro (cf. Conferenza di san Vincenzo del luglio 1655);
    6. i frutti del nostro lavoro sono beni della comunità;
    7. i beni della comunità vanno considerati come patrimonio dei poveri; non ci è lecito né individualmente né collettivamente, conser- vare beni improduttivi o non collocati nel modo più fruttuoso per la promozione dei poveri;
    8. la comunità ha la proprietà dei beni, affinché possiamo svol- gere gratuitamente, secondo la necessità, i nostri ministeri e farne elargizioni ai poveri (cf. Conferenza di san Vincenzo del 14 novem-    bre 1659; RC III, 2).

 


Decree of Promulgation of the Revised Statutes
With the consent of my Council
I give to the Congregation of the Mission the revised Statutes,
approved by the 2010 General Assembly.
For the renewed or new Statutes the official text will be Italian.

Rome, September 27, 2011 Solemnity of St. Vincent de Paul

 

G. Gregory Gay, C.M.

Superior General

The Revised Statutes

Javier Álvarez, C.M.
Vicar-General

During the last General Assembly (2010), besides reflecting on “creative fidelity for the mission” the delegates dedicated time and effort to the revision of the Statutes of the Congregation and approved those that were revised. In this edition of Vincentiana we present those revisions in five languages. Naturally the members of the Assembly were not able to attend to all the details of the revision, for example, the new numbering of the Statutes that resulted from the addition of Statutes, correct punctuation, translation into the official languages of the Congregation (including a translation into Latin) etc. The Assembly gave a vote of confidence to the Superior General and his Council to do this work themselves or through a Commission. This is the reason why the Statutes appear several months after the conclusion of the Assembly.

THE STATUTES, AN ADDITIONAL CODE TO THE CONSTITUTIONS

The Constitutions and Statutes have a common focus: both are expressions of the specific charism of the Congregation and therefore, guardians of its unity and its particular identity in the Church. In a diverse and changing world, such as ours, the Congregation views its Constitutions and Statutes as a point of reference to preserve itself as a whole, as a single and harmonious body, though obviously respecting legitimate diversity. In addition, our Constitutions and Statutes point out the path and the essential conditions that preserve this unity, with- out which the Congregation would no longer be an effective force on the local and international level. We could say the same thing with regard to our manner of being and living and acting. They are like the compass or the map that guides the Congregation as it continues its journey through time.

Up to now we have spoken about the points in common between the Constitutions and the statutes. Nevertheless there are notable differ- ences between them even though they are part of the same book.

288        Javier Álvarez, C.M.

Number 14 of the Motu Propio, Ecclesiae Sanctae, states that the objec- tive of the Statutes is to bring together all those norms that should   not be placed in the Constitutions because they are more situational and practical and as such are subject  to  change  and  modification.  The Statutes are more flexible and easier to modify because they ought to respond to specific times and places. Therefore they can and ought to be changed, thus putting aside those things that become antiquated and distorted.

The nature of the Statutes  is  that  they  are  more  juridical  than  the Constitutions. The Constitutions also contain juridical aspects (only those that constitute the permanent and universal patrimony    of the Congregation) but are clothed in theological reflections and a genuine Vincentian spirituality. The fact is that the Statutes are in reality a predominantly normative text which does not mean that the doctrinal aspect is totally absent in them. The source of their inspira- tion is the Vincentian charism which is concretized in the Constitu- tions. Thus the Statutes have exactly the same structure as the Constitutions. This means that they cannot be read or studied or med- itated on apart from the Constitutions.

The Constitutions as well as the Statutes form part of “proper law”  of the Congregation. While the Constitutions need the approval of the Holy See, the Statutes (whether they are formulated for the first time or revised) require the approval of the General Assembly (cf., Constitu- tions 137, 3).

THE REVISED STATUTES

Despite the profound reflection that the Assembly made on various Statutes, there have not been many changes of  great  significance.  This fact reveals the seriousness with which our Constitutions were formulated. We now point out the following changes in the Statutes:

  • Changes in redaction:
    • Statutes 2, 7, 13, 41, 51.3, 51.12, 54 and 68.

Changes in content:

  • Statute 17: This number is the result of the previous #17 and #18.
  • Statute 29.2 clarifies the previous #28.2 with regard to the con- freres who work in the General Curia.
  • Statute 33: this number, with regard to the attachment of mis- sionaries from one Province to another, is the result of combi- ning the previous #32 and #33.

The Revised Statutes        289

  • Statute 43: a new redaction that recognizes that the Internal Seminary can also be international.
  • Statute 51: paragraphs 14, 15, 16, 17, have been added to this number that deals with the functions of the Superior General.
  • Statute 69: paragraph 14 has been added to this number that deals with the functions of the Visitor.

New Statutes:

  • Statute 18: deals with the vow of stability.
  • Statute 26: missionaries deprived of active and passive voice.
  • Statute 57: number and diversity of Assistant Generals.
  • Statute 78: regions in the Congregation.
  • Statute 79: Conferences of Visitors.
  • Statute 90: Presence of the Brothers in the General Assembly.

Translation: CHARLES T. PLOCK, C.M.

STATUTES OF THE CONGREGATION OF THE MISSION

LIFE IN THE CONGREGATION

CHAPTER I

Apostolic Activity (C 10-18)

  1. — We are gradually to withdraw from those apostolic works which, after due reflection, no longer seem to correspond to the voca- tion of the Congregation at the present time.
  2. — Given the actual context of globalization, multiple factors and situations put faith to the test, and are challenges for the traditional methods of evangelization. Confreres will take into serious considera- tion all of this, convinced that this situation demands of them a per- sonal and communal witness of solid faith in God and Jesus Christ,  and the seeking of new means to actualize well their vocation as evan- gelizers of the poor.
  3. — In apostolic initiatives, provinces and individual houses should willingly work in fraternal cooperation with each other, with the diocesan clergy, with religious institutes, and with the laity.
  4. — Members should seek ecumenical dialogue; but they should also actively participate in religious, social, and cultural affairs with Christians and non-Christians.
  5. — In regard to the work of the foreign missions, the following norms should be observed:
  1. in a spirit of co-responsibility, provinces, whether on their own initiative or at the invitation of the superior general, should give mutual assistance;
  2. individual provinces, or several provinces together, should take on at least one mission territory to which they send members as work- ers in the Lord’s harvest;
  3. members should be offered the possibility of helping the work of the missions in a practical way, even to the extent of volunteering  to undertake the work of evangelization there;
  1. members should be urged to share in the universal and local Church’s promotional work for the missions. The promotional work  for the Congregation’s own missions should be properly organized.
  1. — Those sent to the foreign missions should be carefully pre- pared to undertake the special works there by knowledge of the reality of the region where they will labor, so that the pastoral work which they take on may effectively meet the needs of the local Church.
  2. — § 1. In their apostolic activities the confreres will have special care to promote and assist the Vincentian Family and the lay Vincen- tian associations that are part of the family.

§ 2. All confreres must be sufficiently prepared to give this service to the different branches of the Vincentian Family, and to be available to serve when it is asked of them.

§ 3. The heart of this service will consist in sharing one’s own experience of faith in the light of the teaching of the Church, and of   the Vincentian spirit. So that this service responds to today’s needs, we must pay attention to the theological-spiritual, technical, professional, and socio-political formation necessary for these tasks.

§ 4. When closing houses, we will give special attention to facili- tate the continuity of lay groups who share the Vincentian spirit.

  1. — Inter-provincial meetings should be fostered for the purpose of deepening our knowledge of the vocation of missioners and of those pastoral methods which more effectively meet the actual conditions and changes of situations and people.
  2. — § 1. It pertains to provinces, according to circumstances, to establish norms governing social action, and to determine concrete means for hastening the coming of social justice.

§ 2. Members should also, according to circumstances of time and place, cooperate with associations that are concerned with the defense of human rights and the promotion of justice and peace.

  1. — § 1. Parishes are included among the apostolic works of the Congregation, provided that the apostolate which the members exercise there is in accord with the purpose and nature of our Institute, and provided also that the small number of pastors requires it.

§ 2. These parishes of the Congregation should consist, for the most part, of the really poor, or should be attached to seminaries where confreres give pastoral formation.

  1. — § 1. Recognizing the great importance of education for both youth and adults, members should take up  this  work  of  teaching and educating where it is needed to achieve the purpose of the Con- gregation.

§ 2. This work should be carried out, however, not only in schools of various kinds, but also within the family circle, in places of work, and across the whole spectrum of society, wherever young people and adults spend their time.

§ 3. Schools, colleges, and universities should, according to local circumstances, admit, and  promote  the  development  of  the  poor.  All the students, however, should be imbued  with  a  sensitivity  for the poor, according to the spirit of our Founder, while the confreres affirm the value of Christian education and provide a Christian social formation.

  1. — Among the means to be used by the Congregation in its work of evangelization, a suitable place should be given to technical media  of social communication, with the purpose of spreading the word of salvation more widely and more effectively.

CHAPTER II

Community life (C 19-27)

  1. — Sick and aged confreres, or those in situations of particular necessity who are united in a special manner to the suffering Christ, have a part in our work of evangelization. We will take care to assist them in an appropriate way. In the case where it is no longer possible to have them in the house where they had served, the Visitor with his Council will have the responsibility to make the most appropriate deci- sion, after having evaluated attentively different possibilities, and hav- ing heard the confrere in need of assistance.
  2. — § 1. Confreres who are obliged to live alone in works entrusted to them by the Congregation, should take care to spend some time with other confreres, so that they might experience the benefits of commu- nity. We, however, should remain close to them to ease their loneliness, and we should invite them with solicitude to share our fraternal and apostolic life from time to time.

§ 2. We should strive with brotherly and timely concern to help confreres who are struggling with problems.

  1. — § 1. We should faithfully fulfill our responsibilities to our parents, observing the balance necessary to fulfill our mission and to preserve community life.

§ 2. We should try to receive confreres, priests, and other guests in our houses with hospitality.

§ 3. We should be liberal to those in need who ask our help by seeking to alleviate their difficulties.

§ 4. We should willingly extend our friendship to all those associ- ated with us in life and work.

  1. — The community plan which each community draws up for itself as far as possible at the beginning of its work year, should include all of the following: apostolic activity, prayer, the use of goods, Chris- tian witness where we work, ongoing formation, times for group reflec- tion, necessary time for relaxation and study, and an order of day.    All these should be revised periodically.

CHAPTER III

Chastity, poverty, obedience and stability (C 28-39)

  1. — § 1. The provincial assembly should adapt its norms concern- ing the practice of poverty to the Constitutions, and to the spirit of the Common Rules and of the Fundamental Statute on Poverty given to the Congregation by Alexander VII (“Alias Nos supplicationibus”).

§ 2. Individual provinces and local communities, paying attention to the diversity of place and circumstances, should look into ways of observing evangelical poverty and review them periodically, knowing for certain that poverty is  not  only  a  rampart  of  the  Community (cf. CR III, 1), but also a condition for renewal and a sign of progress in our vocation in both the Church and the world.

  1. — Provinces, local communities, and each confrere shall be committed seriously to deepen the vow of stability, which includes the total gift of oneself in following Christ, the evangelizer of the poor and the faithfulness to remain in the Congregation of the Mission through- out one’s life.

CHAPTER IV

Prayer (C 40-50)

  1. — We should fulfill the following spiritual practices, traditional in the Congregation, according to the community plan: first of all, reading sacred scripture, especially the New Testament; devotion to the Holy Eucharist; mental prayer made in common; examination of con- science; spiritual reading; annual retreat; and the practice of spiritual direction.

CHAPTER V

Members

  1. Admission into the Congregation (C 53-58)
  1. — § 1. The internal seminary begins for each member when he  is declared by the director or his substitute to have been received according to the provincial norms.

§ 2. At an appropriate time the Congregation should take mea- sures, valid also in civil law if necessary, to safeguard the rights both of the member and of the Congregation, in case the member leaves of his own accord or is dismissed.

  1. — Good purposes are made in the Congregation of the Mission by means of either a direct or a declarative formula:
  1. Direct formula: Lord, my God, I, NN., declare my intention of faithfully dedicating myself in the Congregation of the Mission, for the whole time of my life, to the evangelization of the poor, after the example of Christ evangelizing. Therefore, I propose to observe, with the help of your grace, chastity, poverty, and obedience, according to the Constitutions and Statutes of our Institute.
  2. Declarative formula: I, NN., declare my intention of faithfully dedicating myself in the Congregation of the Mission, for the whole time of my life, to the evangelization of the poor, after the example of Christ evangelizing. Therefore, I propose to observe, with the help of God’s grace, chastity, poverty, and obedience, according to the Consti- tutions and Statutes of our Institute.
  1. — § 1. The making of good purposes should be done in the presence of the superior or a member designated by him.

§ 2. Further determinations regarding the making or renewing of good purposes and any form of temporary bond that may possibly be added, and also the rights and obligations which members have between admission into the Congregation and incorporation into it, should be provided by the assembly of each province.

  1. — Further determinations regarding the time when vows are taken pertain to the provincial assembly of each province.
  2. — In special circumstances, a provincial assembly may propose for the approval of the superior general, with the consent of his Council, its own formula for making good purposes or taking vows, preserving the essential elements of the established formulas.
  1. Rights and obligations of members (C 59-64)
  1. — The following lack both active and passive voice:
  1. those who by indult live outside the Congregation according to the Congregation’s own law and any clause contained in the said indult;
  2. members who have been ordained bishops, or even only appointed, during the time of their office; and even after the time of their office, unless they shall have returned to community life;
  3. vicars, prefects, and administrators apostolic, even if they are not bishops, during the time of their office, unless they are at the same time superiors of some house of the Congregation.
  1. — § 1. Besides those things indicated in Canons 171, § 1, nn. 3-4; 1336, § 1, n. 2, of the Code of Canon Law, and in art. 70 and 72 of the Constitutions of the Congregation of the Mission, they are deprived of active and passive voice who, at the time to exercise the right to active and passive voice, whether in the Congregation, in the Province, or in the house, are in some way illegitimately absent, for example:
  1. those who are absent from the Congregation without the nec- essary permission, when the absence is longer than six months;
  2. those who have obtained the necessary permission but, when the time lapsed, had not renewed it (cf. Const. art. 7, § 2);
  3. those who have not followed the terms established in their per- mission to live outside the Community (cf. Const. art. 67, § 2);
  4. those who have gone beyond the three years of permission, except in the cases of sickness, of study, or of apostolate exer- cised in the name of the Congregation (cf. Const. art. 67, § 2).

§ 2. In doubtful cases the Visitor, with the consent of his Council, decides whether a confrere enjoys active and passive voice, considering attentively his situation in the Province, the law proper to the Congre- gation, and the Provincial norms.

§ 3. What is said about active and passive voice is equally valid  for the consultations established by the law proper to the Congregation and by the Provincial norms.

  1. — § 1. It is the right of each incorporated member of the Con- gregation to have suffrages offered for him throughout the Congrega- tion when he dies.

§ 2. Every month each member, according to his status, should offer Mass for the living and dead of the entire Vincentian Family as well as for parents, relative, and benefactors, adding a special intention for the preservation of the original spirit of the Congregation.

§ 3. In the same way he should offer another Mass for the mem- bers of the entire Congregation who have died during the preceding month.

§ 4. Further determination should be made by each province.

  1. — It is the right of each incorporated member of the Congrega- tion to be granted each month the celebration of a certain number of Masses according to his intention and without a stipend. Norms regard- ing the number and manner of the celebration of these Masses are to be laid down by each province.
  1. Attachment of members to a province or house (C 65-67)
  1. — § 1. During their terms of office, the superior general, the assistants, the secretary general, the treasurer general, and the procu- rator general at the Holy See do not have a province as far as juridical effects are concerned.

§ 2. Other confreres who are in service in the offices of the General Curia still belong  to  their  Provinces  of  origin,  and  are  still  listed  as belonging to one of its houses, according to an agreement estab- lished among the superior general, the Visitor of the Province, and the confrere.

  1. — §1. A member of the Congregation of the Mission is attached to the province for which the superiors lawfully admit him into the Congregation. This province is known as the province of origin.

§ 2. A member acquires a new attachment by assignment from one province to another, lawfully done by superiors. This province is known as the province of assignment.

  1. — In order that a member may leave one province and be attached to another, all that is required is that, the authority of the superior general always respected, the competent major superiors should agree between themselves after consulting the member involved. However, if the member is unwilling, the transfer to another province cannot be made without the approval of the superior general.
  2. — At the end of his term, the superior general is free to choose his own province.
  3. — § 1. Membership in the Province of destination can be for a determined or an indeterminate amount of time.

§ 2. In both cases, the two Visitors:

  1. will make precise in writing, in an agreement, the rights and the duties of the confrere and of the two Provinces;
  1. will formalize the documents of transfer, which will be pre- served in the archives of the two Provinces;
  2. the Visitor of the Province to which the confrere has been transferred will send to the superior general the notification of the new inscription.

§ 3. In the case of a temporary inscription, when the time has expired, the confrere returns immediately to be a member of the Prov- ince from which he had been transferred, unless the Visitors, after hearing the confrere, had agreed on something else between them- selves, always in writing, in conformity with the Statutes.

  1. — A member is attached to a house or a group constituted as the equivalent of a house by appointment made by a lawful superior.
  1. Departure and dismissal of members (C 68-76)
  1. — The authority to readmit someone into the Congregation pertains:
  1. to the superior general, after consulting his Council, for everyone;
  2. to the provincial, after consulting his Council and the provin- cial of the province from which the member has left or been dismissed, for those who have not yet been incorporated into the Congregation.

CHAPTER VI

Formation

I — PROMOTING AND SUPPORTING VOCATIONS

  1. — Concern for promoting vocations demands of us constant prayer (Mt 9:37) and the authentic, full, and joyful testimony of apos- tolic and community life, especially when adolescents and young peo- ple, for the development of their own faith, are working with us in the Vincentian mission.
  2. — § 1. Provinces, houses, and individual members should acti- vely engage in encouraging candidates for the Vincentian mission.

§ 2. Provinces should seek out the more effective means of pro- moting and supporting vocations, and draw up a provincial plan suit- able for this.

§ 3. The provincial in consultation with his Council should appoint a promoter of vocations to coordinate the efforts for the promotion of vocations in our works.

  1. — Candidates who want to enter the Congregation should already have made an option for the Christian life, a commitment to apostolic work, and the choice of working within the Vincentian com- munity; otherwise, they are to be gradually helped toward these choices in pastoral-action youth groups, or in apostolic schools where they are available.
  2. — The formation of candidates, in accordance with their age, should comprise above all fraternal life, frequent use of the word of God, liturgical celebrations, apostolic activity undertaken with their moderators, personal orientation, study, and work.

II — FORMATION OF OUR MEMBERS

  1. General principles (C 77-81)
  1. — In addition to the common formation, each of our members should receive, in so far as possible, a special and professional forma- tion, which will prepare individuals to carry on effectively the works    of the apostolate which have been assigned to them by the Congrega- tion, and which are more in accord with their abilities.
  2. — § 1. Each Province will prepare a Formation Plan, which will be in conformity with the principles already established, with the doc- uments and directives of the Church and of the Congregation of the Mission, and which responds to the various local needs.

§ 2. The provincial should establish a formation commission to draw up and revise the formation program and to deal with all those things which pertain to the entire course of training.

  1. — Individual provinces, through the help of their formation commission, should organize and promote both common and personal continuing formation.
  1. The internal seminary (C 82-86)
  1. — The Internal Seminary, according to the needs, may be Pro- vincial or Interprovincial. In both cases it can take place in one or more Houses of the Congregation chosen by the Visitor or the interested Visitors, with the consent of their Council.
  2. — In special circumstances, and with regard for the degree of human and Christian maturity of the seminarists, the provincial can make suitable adaptations.
  1. The major seminary (C 87-90)
  1. — § 1. As need demands, the house of the major seminary can be either proper to an individual province or common to several provinces.

§ 2. Our students can be sent to another province or to a properly approved institute to complete the curriculum of their ecclesiastical studies. In this latter case, care should be taken that they lead a com- mon life according to the custom of the Congregation, and that they receive a suitable Vincentian formation.

§ 3. In houses of formation a family lifestyle should flourish, and a fraternal spirit should be fostered among students of the same prov- ince. If, however, there are many students, they may be organized in     a suitable way into smaller groups to make better provision for the personal growth of individuals.

  1. — During the process of formation, the provincial can, in con- sultation with the moderators and his own Council, and for a just reason, permit students to interrupt their studies and live outside of a house of formation.
  2. — Steps should be taken that students from different provinces of the Congregation can come to know each other.
  1. The formation of brothers (C 91-92)

48. —  Special cultural and technical training should be available for brothers by means of an approved curriculum of studies leading to a suitable degree or a diploma.

  1. Moderators and teachers (C 93-95)
  1. — The major seminary, as the center of formation, should pro- vide help for the members engaged in different works. The moderators and teachers themselves should be actively engaged in the works of the apostolate.
  2. — In houses of formation, care should be given to provide suit- able confreres who will function as confessors and spiritual directors, as the need demands.

 

 ORGANIZATION

SECTION I GOVERNMENT

CHAPTER I

Central Administration

  1. The superior general (C 101-107)
  1. — Besides the faculties granted him by universal law or by special concession, it is the function of the superior general:
  1. to exercise for vice-provinces the same powers which he has for provinces;
  2. without prejudice to his right to make a canonical visitation whenever one is needed, to visit the provinces and vice-provinces at least once during his time of office, either personally or by a delegate, in order to animate them and be informed about how their members are doing;
  3. a) with the consent of his Council and after having consulted those interested, to accept the missions offered to the Con- gregation by the Holy See or by the Ordinaries of the place, keeping them under his own jurisdiction, or confiding them to a Province or a group of Provinces; to renounce those which had been confided to it;

b) with the consent of his Council and after having heard those who are interested, to constitute missionary teams under his own jurisdiction, or to confide them to a Province or to a group of Provinces;

  1. to grant to provincials the faculty of accepting or giving up missions given them by local ordinaries outside the territory of any province of the Congregation;
  2. at an opportune time before holding a General Assembly, hav- ing heard the provincials and the vice-provincials, and with the consent of his Council, to appoint a preparatory commission;
  1. to promulgate as soon as possible all the enactments of the General Assembly;
  2. with the consent of his Council, to enter into contracts of major importance, observing the norms of law;
  3. for a serious reason, having heard the provincial, the consul- tors and, if time allows, as many members of the province as possible, and with the consent of his Council, to take over for a brief time the government of a particular province; this is to be exercised through    an administrator with faculties delegated by the superior general himself;
  4. having heard the interested provincials and members, and with the consent of his Council, to transfer members from one province to another;
  5. to grant members who have been legitimately separated from the Congregation those suffrages that are customary for our deceased members;
  6. in particular cases, for a just reason, and with the consent of his council, to dispense from the Statutes and Decrees of the General Assembly;
  7. to nominate, with the consent of his Council and after a con- sultation with the Visitors involved, the Directors of the Daughters of Charity 1;
  8. to grant affiliation to benefactors and friends of the Congrega- tion, informing them of the spiritual benefits they receive;
  9. with the consent of his Council, to animate the Provinces to participate in international missionary activities (works, commit- ments);
  10. with the consent of his Council, and having heard the inter- ested parties, to constitute Regions outside the territory of the Prov- inces, and to approve the Regions established by the Visitors;
  11. with the consent of his Council, to approve the statutes of each Conference of Visitors;
  12. to organize the work of the General Council and the Works   of the assistants general.
  1. — The superior general has his domicile in Rome. He should not change it without the consent of the General Assembly and without having consulted the Holy See.

 

1 The superior general exercises over the Daughters of Charity the authority conceded by the Holy See, as is laid out in their Constitutions.

  1. — General ordinances enacted by the superior general remain  in force until the following General Assembly, unless the superior gen- eral himself or his successor provides otherwise.
  2. — When their term expires, Visitors, Superiors, and other offic- ers of the Congregation, as well as the Directors of the Daughters of Charity, continue in office until their successors begin to function; this to maintain good order.
  1. The vicar general (C 108-114)
  1. — § 1. The vicar general ceases to hold office:
  1. by his successor’s acceptance of office;
  2. by resignation accepted by the General Assembly or by the Holy See;
  3. by deposition decreed by the Holy See.

§ 2. If the vicar general becomes manifestly unworthy or incapa- ble of discharging his office, the superior general should, with his Council but excluding the vicar general, judge the matter, inform the Holy See, and follow its directives.

  1. — A vicar general who has taken over the government of the Congregation as superior general can immediately, at the end of the six year term, be elected superior general, and he can be reelected.
  1. Assistants general (C 115-118)
  1. — Remaining in vigor what is established in the Constitutions art. 116 § 2:

§ 1. The assistants general are elected from different Provinces, keeping in mind, where possible, the different cultures present in the Congregation of the Mission.

§ 2. The Assembly determines the number of Assistants.

  1. — The assistants must reside in the same house as the superior general. In order to constitute a quorum in the General Council, besides the superior general or the vicar general, there must be present at least two of the assistants.
  2. — When, however, the number of assistants absent for a just reason is such that there are not enough to constitute a quorum for council, the superior general can call into Council, with the right of voting, one of the officers of the general curia in this order: the secre- tary general, the treasurer general, or the procurator general at the Holy See.
  1. — The assistants general cease to hold office:
  1. by their successors’ acceptance of office;
  2. by resignation accepted either by the superior general with the consent of the other assistants or by the General Assembly;
  3. by deposition decreed by the superior general with the consent of the other assistants, and with approval of the Holy See.
  1. Officers of the general curia (C 119)
  1. — § 1. The secretary general:
  1. assists the superior general in those things which are to be written for the whole Congregation;
  2. attends the General Council meetings by reason of his office   in order to take minutes, but without a vote;
  3. can propose for appointment by the superior general the names of confreres, according to the norm of our own law, as co- workers under his own direction to manage the archives, edit publications, and write letters.

§ 2. If the secretary general is impeded from fulfilling his duties, the superior general can temporarily appoint in his place one of the assistants or officers or co-workers.

  1. — § 1. The treasurer general, by reason of his office and under the guidance of the superior general with his Council, administers the goods of the Congregation and other goods entrusted to the general curia, according to the norm of universal law and our own law.

§ 2. With the approval of the superior general, he visits provincial treasurers and, in particular circumstances, even local treasurers or administrators of works of major importance.

  1. — § 1. It is the  function  of  the  procurator  general  at  the Holy See:
  1. to take care  of  requests  for  ordinary  faculties  from  the Holy See;
  2. with the consent of the superior general, and having heard the interested provincials, to take up with the Holy See the busi- ness of the Congregation, provinces, houses, and members.

§ 2. The procurator general at the Holy See, by written mandate of the superior general, can exercise in the Roman curia the office of postulator general of the Congregation, according to the norm of law.

CHAPTER II

Provincial, regional and local administration

  1. Provinces and vice-provinces (C 120-122)
  1. — Although each province is circumscribed by territorial boundaries, there is nothing to prevent a house of one province being located within the territory of another province, according to the norm of art. 107, 7) of the Constitutions.
  2. — § 1. A vice-province is a union of a number of houses circum- scribed by territorial boundaries which, in accord with a contract with a province, depends on that province and forms one whole with it, and is presided over by a vice-provincial with proper ordinary power, according to the norm of universal law and our own law.

§ 2. It is also possible to set up a vice-province which does not depend on any fully constituted province, but depends directly on the power of the superior general, and which is presided over by a vice- provincial with proper ordinary power.

§ 3. A vice-province by its nature is transitory and is changed into a province when the required conditions are met.

§ 4. What is stated in the Constitutions and Statutes of the Con- gregation in regard to provinces applies, relevant conditions having been met, to vice-provinces, unless it is expressly stated otherwise in the Constitutions and Statutes themselves, or in the norms and con- tracts of the individual vice-province.

  1. — § 1. When a province is divided and a new province is set up, all the goods which are destined for the benefit of the province as well as the debts contracted by the province must be divided proportionately and equitably by the superior general with his Council, safeguarding the wishes of pious founders and donors, lawfully acquired rights, and the particular norms by which the province is regulated.

§ 2. The division of the archives of the mother province is reserved to the decision of the superior general after he has heard the interested provincials.

  1. The provincial and the vice-provincial (123-125)
  1. — What is stated in the Constitutions and Statutes in regard to the provincial applies also to the vice-provincial, unless it is expressly stated otherwise in the Constitutions and Statutes themselves or in the norms and contracts of each vice-province.
  1. — § 1. The provincial is appointed for a six year term by the superior general with the consent of his Council after consultation with at least those members of the province having active voice. In the same way and under the same conditions the provincial can be confirmed once by the superior general for a three year term.

§ 2. The method and circumstances of the consultation can be determined by the provincial assembly with the approval of the supe- rior general with the consent of his Council.

§3 The Provincial Assembly can propose for the approval of the superior general, with the consent  of  his  Council,  a  particular  way to elect the Visitor; however such an  election  must  have,  at  least,  the following conditions:

  1. that the term of office be for at least three years, but not longer than six years;
  2. that the Visitor who is elected not be in office for more than nine consecutive years;
  3. that in the first two ballots an absolute majority of the votes be required, not counting the null votes; that in the third bal- lot only the two who had the greater number of votes in the second ballot would have passive voice, even if their numbers are equal;
  4. in case of a tie vote, the confrere older in vocation or in age is considered elected.

§ 4. For the one elected or re-elected to assume the office of pro- vincial, the confirmation of the superior general with the consent of   his Council is required.

  1. — It is the function of the provincial:
  1. in accord with the provincial norms and with the consent of his Council, to establish the provincial plan;
  2. with the consent of his Council, and having consulted the superior general, observing the norms of law, to establish or suppress a major work of some house;
  3. having consulted as far as possible the interested parties, and having heard his Council, to assign members to individual houses according to the needs of these houses. In more urgent cases, however, the provincial is obliged at least to inform his Council;
  4. in accord with provincial norms, and with the consent of his Council, to appoint the provincial treasurer, the director of the internal seminary, and the director of the major seminary;
  5. to approve the community plan of each house prepared by the local superior and his community;
  6. to send the superior general reports about the affairs of the province and about official visitations of houses which he has made;
  1. with the consent  of  his  Council,  to  enter  into  necessary and useful contracts, observing the norms of universal law and our own law;
  2. having heard his Council, to appoint in plenty of time the preparatory commission for the provincial assembly;
  3. to be able to break a tie vote, in accord with the norm of law;
  4. to notify the superior general as soon as possible about vows taken by members and their incorporation into the Congregation, as well as about orders received by them;
  5. to take care of the provincial archives either personally or through competent people;
  6. to approve members and grant them jurisdiction both for the hearing of the confessions of members and, safeguarding the rights of ordinaries, for preaching the sacred word of God, and also to delegate these same faculties to others;
  7. in particular cases and for a just reason, and with the consent of his Council, to dispense from provincial norms;
  8. to regularize the situation of confreres who find themselves in irregular situations.
  1. — A vice-provincial has the same rights, faculties, and obliga- tions as a provincial, unless it is expressly stated otherwise in the Constitutions and Statutes themselves.
  2. — The ordinances of a provincial remain in force until the next provincial assembly, unless another provision has been made by the provincial or his successor.
  3. — § 1. When the office of provincial becomes vacant, the gov- ernment of the province passes temporarily to the assistant provincial. But if there is no assistant, it passes to the provincial consultor who is senior by reason of appointment, vocation, or age, unless the superior general has provided otherwise.

§ 2. The provincial assembly can propose for the approval of the superior general, with the consent of his Council, its own way of pro- viding temporarily for the government of the province in case of the death of the provincial or his cessation from office.

  1. The assistant provincial (C 126)

73. — § 1. The assistant provincial is one of the provincial consul- tors and is elected by the consultors with the provincial, unless the provincial assembly has provided otherwise.

§ 2. In the absence of the provincial, the assistant has the author- ity of the provincial, except in those matters which the provincial has reserved to himself.

§ 3. When the provincial is impeded, the assistant replaces him with full authority until the impediment ceases. The Provincial Council, without the provincial, passes judgment on the impediment and as soon as possible informs the superior general, whose directives are to be followed.

  1. The Council of the provincial (C 127)

74. — § 1.  The consultors are appointed for a three year term by the provincial after a consultation with at least those members of the province who have active voice. In the same way, and under the same conditions, the consultors can be confirmed for a second and a third term of three years, but not for a fourth.

§ 2. The provincial assembly can propose for approval by the superior general, with the consent of his Council, its own method of appointing or electing the consultors, as well as their number, the time when they take office, and their term of office. The provincial must inform the superior general about the designation of the consultors.

§ 3. For a serious reason, a provincial consultor can be removed from office by the superior general at the request of the provincial, with the consent of the other consultors.

§ 4. Where there is no assistant provincial, what is stated about the assistant provincial in art. 73, § 2 and § 3, applies also to the pro- vincial consultor who is senior by appointment, vocation, or age, unless the provincial norms provide otherwise.

  1. The provincial treasurer (C  128)
  1. — The treasurer is named by the provincial with the consent of his Council, or in some other way enacted in the provincial norms.
  2. — If the provincial treasurer is not a consultor, he participates  in the Provincial Council when called in by the provincial, but with- out vote.
  3. — It is the function of the provincial treasurer:
  1. to see that the goods of the province are held by proper title  in the Church and the state;
  2. by his advice and his labors, to help the local treasurers in the discharge of their duties, and to watch over their administration;
  1. to see to it that each house contributes the required amount for the expenses of the province, and to send to the treasurer general at the proper time the tax for the general fund;
  2. to see to it that the employees of the Congregation are paid a just wage, and that the civil laws concerning taxes and social security are exactly obeyed;
  3. to keep accurate and up-to-date records of expenditures and receipts, and to preserve other documents;
  4. to make a report of his administration to the provincial and his Council, according to the norm of art. 103.
  1. Regions

78. — § 1. A region is a territory with at least one house, which belongs to a province or depends directly on the superior general.

§ 2. The region is erected by the superior general with his Council or by the Visitor with his Council. The region is confided to a regional superior.

§ 3. The regional superior enjoys the faculties delegated to him by the superior general or by the Visitor so that he can facilitate the realization of the mission that is proper to the Congregation.

§ 4. If the regional superior is named by the Visitor with his Council, his nomination must be approved by the superior general with his Council (cf. Const. art. 125, 5º).

§ 5. The region is constituted through an written agreement which makes precise the faculties delegated and the reciprocal commitments between the superior general or the Visitor and the regional superior.

§ 6. One can set up the region either in order to have its own autonomy to transform itself into a Vice Province or Province, or to become a region since it cannot maintain its autonomy as a Province or a Vice Province.

§ 7. To erect a region into a Vice Province or a Vice Province into  a Province, it is necessary that the Region or the Vice Province have the concrete possibility of vocations and an economic base sufficient for maintaining its mission and the missionaries.

  1. The Conferences of Visitors

79. — § 1. To encourage collaboration among the Provinces in the fields of the mission, of communication, and of formation, the Visitors should form Conferences of Visitors.

§ 2. Let these conferences always safeguard the unity of the con- gregation, the autonomy of the provinces, and the principles of sub- sidiarity and co-responsibility.

§ 3. It is up to each conference to prepare its own statute and to submit it to the superior general with his Council.

  1. Offices of local administration (C 129-134)
  1. — The local superior has the right and duty;
  1. to keep the provincial informed about the state of the house entrusted to him;
  2. to assign to members of the house those tasks and offices the assignment of which is not reserved to major superiors;
  3. to convoke and direct the domestic assembly;
  4. together with his community, to work out the common plan for his house and present it for the approval of the provincial;
  5. to keep the archives and the seal of the house;
  6. to inform members about the decrees and news of the Con- gregation;
  7. to see to it that Mass obligations are fulfilled.
  1. — § 1. The local superior administers the house with the col- laboration of all the members, especially the assistant and the treas- urer, who are named in accord with provincial norms.

§ 2. In the absence of the superior, the assistant takes over with full authority according to norms enacted in our own law.

§ 3. Meetings of the members of the community, after the fashion of a Council, should be held frequently.

CHAPTER III

Assemblies

  1. Assemblies in general (C 135-136)
  1. — Superiors and members should prepare for the assemblies, earnestly participate in them, and faithfully observe the laws and norms established by them.
  2. — § 1. In elections at least three tellers are required.

§ 2. By law the tellers are the two youngest members of the assem- bly by reason of age along  with  the  president  and  secretary  after  his election.

§ 3. At the beginning of the assembly there is an election of a secretary, whose function is:

  1. to fulfill the task of first teller;
  2. to draw up the minutes and documents of the sessions.
  1. — Before and during the assembly there is to be fostered free communication of information regarding the matters to be decided and the qualities of those to be elected.
  2. — When the business is finished, the acts of the assembly approved by the participants are to be signed by the president of the assembly, by its secretary, and by all participants, and, having had the seal affixed, are to be preserved diligently in the archives.
  1. The General Assembly (C 137-142)
  1. — The General Assembly has the right of making declarations which have doctrinal force and the character of an exhortation.
  2. — § 1. An ordinary General Assembly must be held in the sixth year after the last ordinary General Assembly.

§ 2. An extraordinary General Assembly is held as often as the superior general, with the consent of his Council, and having heard the provincials, thinks that it should be held.

§ 3. Provincial assemblies must precede the holding of a General Assembly.

  1. — § 1. The superior general with the consent of his Council should determine the time and place for holding the General Assembly.

§ 2. However, in the sixth year, for a just reason, the holding of a General Assembly, by a decree of the superior general with the consent of his Council, may be anticipated or delayed for six months from the day on which the preceding ordinary General Assembly began.

  1. — § 1. The superior general, the vicar general, and the assist- ants general who are going out of office remain members of the assem- bly in the subsequent sessions of the same assembly.

§ 2. Besides those who must be present by reason of office at the General Assembly according to the norm of our Constitutions, there should be present one delegate from each province and vice-province for the first one hundred members having active voice; if, however, there are more than one hundred members having active voice, there will be another delegate for each seventy-five members or part thereof. The number of delegates to the General Assembly is to be computed according to the number of members having active voice on the day   of the election of delegates in the provincial assembly.

§ 3. If the office of provincial is vacant, the one who holds the interim government of the province goes to the General Assembly.       If the provincial is legitimately impeded from going to the General Assembly, the one who substitutes for him in office goes in his place.  If, however, the latter was elected a delegate, the first elected alternate goes to the General Assembly.

  1. — § 1. In case no brother is elected to participate in the General Assembly, the superior general with his Council will assure the pres- ence of one of them.

§ 2. The superior general with his Council will also decide how to resolve those cases in which it is impossible to have a legitimate elec- tion of delegates to the General Assembly and the importance of their presence in it.

  1. — § 1. Before the convocation of the General Assembly, the superior general, with his Council, having heard the provincials and paying attention to different regions and works, should appoint a pre- paratory commission at an opportune time.

§ 2. With ample faculty being left to the superior general with his Council to determine the work of the preparatory commission accord- ing to the circumstances of the time, the tasks of this commission can be the following:

  1. to inquire from the provinces and from individual members what, in their judgment, are the more urgent problems and what method should be used to deal with them in the General Assembly;
  2. after receiving the answers, to select, when necessary, the matters that are more universal and more urgent, to collect sources and prepare studies, and to send everything to the provincials in plenty of time before the holding of domestic assemblies;
  3. to receive the proposals or postulata of the provincial assem- blies, the studies made by provinces, and the postulata pro- posed by the superior general after hearing his Council;
  4. to organize all this material, and from it to draw up a working document; to send all this material out in plenty of time so that members of the assembly and the alternates can have it  all in hand two whole months before the beginning of the General Assembly.

§ 3. Once the assembly has begun, the task of this commission ceases; the chairman of the commission, however, personally or through another should, if it seems opportune, present an account of the work of the commission.

  1. — § 1. On the day of the election of the superior general, the electors should offer Mass for a successful election and, after a brief exhortation, begin the session at the appointed hour under the direc- tion of the president.

§ 2. On prepared ballots the electors should write the name of him whom they choose for superior general.

§ 3. When all the ballots are counted, if their number is greater than the number of electors, the procedure is null and new ballots are to be written.

  1. — The directory approved by one assembly remains in force until it is changed or abrogated by another assembly.
  1. The provincial assembly (c 143-146)
  1. — Norms made by the provincial assembly are general rules applicable to all cases described in them. These norms, nevertheless, do not affect the authority of the provincial as this is described in universal law or our own law, nor his executive power necessary for carrying out his office. They remain in force until they are revoked by   a subsequent provincial assembly or by the superior general.
  2. — It pertains to the provincial, having heard his Council, to set the date, and to designate the house in which the provincial assembly is to be held.
  3. —  The superior general should communicate to the provincial a decision about the provincial norms within two months after receiv- ing them.
  4. — Taking part in the provincial assembly there should be, unless something else is established by the provincial norms, as many dele- gates elected from the one provincial body consisting of all the mem- bers with passive voice, as there are delegates who must be present by reason of office, plus one delegate for every twenty-five members with active voice or part thereof.
  5. — From this one provincial body, those are to be considered as elected who have received the greater number of votes, and in case of   a tie, those who are senior by reason of vocation or age; the same number are substitutes according to the order of a majority of votes.
  6. — If the superior of a house is impeded from going to the pro- vincial assembly, the assistant of the house should go in his place. If, however, the assistant has been elected as a delegate, then one of the alternates should replace him.
  1. —  The  provincial  assembly  can  propose  for  the  approval of the superior general, with the consent of his Council, its own  method of representation in the provincial assembly, in such a way, however, that the number of elected delegates is greater than the number of those who are to participate in the assembly by reason        of office.
  2. — It is the responsibility of each province to establish in assembly its own norms of procedure, that is to say, a directory, within the limits of universal law and our own law.
  3. — The provincial assembly is to proceed to the election of delegates and alternates for the General Assembly in separate ballot- ings, in which there is needed an absolute majority of votes. If in the first and second balloting no one is elected, then in the third balloting he is elected who obtains the greater number of votes, and in case of   a tie, the senior by vocation or age.

SECTION II TEMPORAL GOODS (C 148-155)

  1. — The Congregation should conscientiously reflect on, whole- heartedly embrace, and faithfully and firmly practice the following principles:
  1. a unanimous effort to restore that simplicity of life-style which, by example more than by words, and in the name of the poverty of Christ, contends against the avarice which arises from an affluent society, and against a greed for wealth which is ruining almost the whole world (cf. CR III, 1);
  2. an effective care to use its goods to promote social justice;
  3. the alienation of superfluous goods in favor of the poor.
  1. — Within the bounds of equity and with the consent of his Council, the superior general has the right to impose a tax on provinces; similarly, with the consent of his Council, the provincial has this right with respect to houses of his province.
  2. — Goods which are entrusted to the Congregation only for their management are to be administered under the direction and vigilance of superiors with their Councils.
  3. — § 1. Treasurers must give an account to superiors and keep the members informed of their administration.

§ 2. With respect to the treasurer general, an accounting of receipts and expenditures and a report on the status of the patrimony are to be examined once a year by the superior general with his Council; for the provincial treasurer, twice a year by the provincial with his Council; for the treasurer of a house, each month by the local superior. A sig- nature of approval, moreover, is to be affixed to the accounting or report provided it is found to be accurate.

§ 3. Members entrusted with the administration of special works of either a province or a house should submit an accounting of receipts and expenditures to their respective superiors at the time and in the manner determined by provincial norms.

§ 4. If, however, there are goods which do not belong to the Con- gregation but are entrusted to it for management, accounting for them should be submitted both to their owners and to the superiors of the Congregation.

§ 5. The treasurer general should give a general accounting of his administration to provincials at the end of each year; to the General Assembly every six years.

§ 6. Provincials should submit a financial accounting for their provinces to the superior general at the end of the year.

§ 7. Provincial treasurers should give to the members of their province a general report of their administration and of the patrimony of their provinces, according to provincial norms.

  1. —  All administrators, both superiors and treasurers, can act in the name of the Congregation only within the limits of their office and the norm of law. For this reason the Congregation, a province, and a house are responsible only for the administrative acts performed according to the aforesaid norms. As for other acts, those who perform illicit or invalid ones will be held responsible for them. If, however, any juridic person of the Congregation shall have contracted debts or obligations on its own, even with permission, it will be held responsi- ble from its own resources.
  2. — § 1. The General Assembly can determine the sum beyond which the superior general cannot make extraordinary expenditures.

§ 2. Provincials can make expenditures according to norms enacted by the provincial assembly.

§ 3. Local superiors can make expenditures within the limits determined by provincial norms.

  1. —  Superiors must not allow debts to be contracted unless it    is certain that the interest on a debt can be paid off from ordinary revenues, and that the amount received as a loan can be repaid within the agreed time by legitimate payment of the annual installment.
  1. — § 1. Laws regarding work, security, and justice, in favor of persons working in houses and works of the Congregation, should be exactly observed.

§ 2. Superiors should act with the greatest prudence in accepting pious foundations which create long-term obligations. Obligations in perpetuity must not be accepted.

§ 3. Gifts should not be made from the goods of the Community except according to the norm of the Constitutions and Statutes.

§ 4. In accepting goods which come to the Congregation, a prov- ince, or a house by way of bequest or gift, the wishes of the donor in regard to the ownership and use of the goods should be respected.

§ 5. Social security should be acquired for the members by the Congregation, the bishop, or those for whom they work. Moreover, houses, provinces, and the general curia itself should have adequate insurance against dangers of various kinds.

Statutes of the Congregation of the Mission        317

STATUTES OF THE CONGREGATION OF THE MISSION

LIFE IN THE CONGREGATION

CHAPTER I

Apostolic Activity (C 10-18)        291

CHAPTER II

Community life (C 19-27)        293

CHAPTER III

Chastity, poverty, obedience and stability (C 28-39)        294

CHAPTER IV

Prayer (C 40-50)        294

CHAPTER V

Members        295

  1. Admission into the Congregation  (C 53-58)        295
  2. Rights and obligations of members (C 59-64)        296
  3. Attachment of members to a province or house (C 65-77)        297

5.  Departure and dismissal of members  (C 68-76)        298

CHAPTER VI

Formation        298

  1. – PROMOTING AND SUPPORTING VOCATIONS        298
  2. 299
  1. General  principles (C 77-81)        299
  2. The internal seminary (C 82-86)        299
  3. The major seminary (C 87-90)        300
  4. The formation of brothers  (C 91-92)        300
  5. Moderators and teachers (C 93-95)        300

ORGANIZATION

SECTION I – GOVERNMENT        301

CHAPTER I

Central Administration        301

  1. The superior general  (C 101-107)        301
  2. The vicar general  (C 108-114)        303
  3. Assistants  general (C 115-118)        303
  4. Officers of the general curia (C 119)        304

CHAPTER II

Provincial, regional and local administration        305

  1. Provinces and vice-provinces  (C 120-122).        305
  2. The provincial and the vice-provincial (C 123-125)        305
  3. The assistant provincial  (C 126)        307
  4. The Council of the provincial (C 127)        308
  5. The provincial treasurer  (C 128)        308
  6. Regions        309
  7. The  Conferences of Visitors        309
  8. Offices of local administration  (C 129-134)        310

CHAPTER III

Assemblies        310

  1. Assemblies in general  (C 135-136)        310
  2. The General Assembly (C 137-142)        311
  3. The provincial assembly  (C 143-146)        313

SECTION II – TEMPORAL GOODS (C 148-155)        314

Appendix        319

APPENDIX

INTERPRETATION OF THE FUNDAMENTAL STATUTE ON POVERTY

  1. CONTENTS OF THE STATUTE

In the fundamental statute these normative elements can be noted:

  1. — It is presumed that members retain dominion of immovable goods or simple benefices which the possessor will possess in the future.
  2. — Members are obliged to apply the yield of their goods to pious works. This is the principal and positive norm arising from the Vin- centian orientation by which we dispose of ourselves and our goods in the ministry of evangelizing the poor; this is the excellent, shining, and evangelical value of the Statute. The duties of piety and justice demand that, in the first place, needy parents and relatives be provided for.
  3. — Members cannot keep the yield of their goods. This is a nega- tive norm forbidding us to “capitalize” by accumulating yield and becoming rich; it has its source in evangelical poverty which is a pov- erty not only in spirit but also in reality.
  4. — Members can, with the permission of the Superior, use the yield of their goods for their own purposes. This is a permissive norm. It is clear that here there is question of concession only, and in no way of a positive recommended orientation (cf. SV XII, 382).
  5. — Members do not have free use of their goods, in so far as they must depend on superiors. This norm flows from the communal dimen- sion of our poverty.
  1. EXPLANATION OF THE STATUTE
  1. — The Statute considers immovable goods and simple benefices as sources of yield. Therefore, today, all other goods which are truly productive, as well as rights entitling one to receive yield, can be con- sidered the equivalent of immovable goods, according to common esti- mation of various places.
  2. — The Statute says nothing about  movable  goods  which  are not the yield of productive goods; but, according to its spirit, such movable goods are not exempt from the special and positive norm

which obliges us to dispose of them in the ministry of evangelizing the poor directly or through the community, and are not exempt from other norms either.

  1. — The Fundamental Statute is not the only source of the norms by which our vow of poverty is regulated.
  2. — In order to understand better the spirit of the Fundamental Statute, it will be useful to consider other principles of Vincentian poverty, for example:
  1. our commitment to the evangelization of the poor;
  2. poverty of spirit (cf. SV XII, 377-386; CR III, 47);
  3. community of goods (CR III, 3, 4, 5, 6);
  4. conformity of our life to the life of the poor (cf. CR III, 7);
  5. the universal law of work (cf. SV XI, 201 ff.);
  6. that the fruits of our work belong to the Community;
  7. that community goods are to be considered the patrimony of the poor; that we may not, either as individuals or in common, keep goods non-productive or not invested in a way that is most profitable for the promotion of the poor;

that the Community has ownership of goods so that we can perform our ministries gratis, where necessary, and give alms to the poor (cf. CR III, 2; SV XII, 377-386).

Décret de promulgation des Statuts rénovés

 

Avec le consentement de mon Conseil,

je remets à la Congrégation de la Mission les Statuts rénovés et approuvés

par l’Assemblée générale de 2010.

Pour les Statuts rénovés ou nouveaux le texte officiel est l’italien.

Rome, 27 septembre 2011 Solennité de Saint Vincent de Paul

 

G. Gregory Gay, C.M.

Supérieur général

À propos

des Statuts rénovés

 

Javier Álvarez, C.M.

Vicaire Général

 

 

La dernière Assemblée Générale 2010, en plus de la réflexion sur

« la fidélité créatrice pour la mission », a consacré beaucoup de temps et d’efforts à réviser les Statuts de la Congrégation et à approuver ceux renouvelés. Dans ce numéro de « Vincentiana » nous les présentons dans cinq langues. Naturellement, l’Assemblée n’a pas pu arriver à  tous les détails de chaque numéro renouvelé, comme par exemple,      la nouvelle numérotation comme résultat de l’ajout de quelques numé- ros, la ponctuation correcte, la traduction dans les langues officielles  de la Congrégation (traduction en latin incluse), etc. L’Assemblée a donné un vote de confiance au Supérieur Général et son Conseil pour qu’ils le fassent directement ou à travers une commission. C’est la rai- son pour laquelle les Statuts apparaissent plusieurs mois après la fin  de l’Assemblée.

 

LES STATUTS, LE CODE ADDITIONNEL DES CONSTITUTIONS

 

Les Constitutions et les Statuts  ont  une  approche  en  commun :  les unes et les autres sont l’expression du charisme spécifique de la Congrégation et, par conséquent, gardiennes de son unité et de son identité particulière dans l’Église. Dans un monde divers et varié qui est le nôtre, la Congrégation a dans les Constitutions et les Statuts un point de référence pour se conserver comme un tout, comme un corps unitaire et harmonieux, évidemment respectant toujours la diversité légitime. De plus, nos Constitutions et Statuts marquent le chemin et les conditions essentielles pour préserver cette unité, sans laquelle la Congrégation cesserait d’être une force effective au niveau local et international. La même chose peut être dite à propos de notre être, notre vivre et notre agir. Elles sont comme une boussole ou la carte de voyage de la Congrégation dans le temps.

360        Javier Álvarez, C.M.

 

Voilà pour les points communs entre les Constitutions et les Statuts. Cependant, il y a aussi des différences remarquables entre les deux, bien que les deux fassent partie du même livre. Dans le motu pro-  prio Ecclesiae Sanctae, nº 14, il est dit que le but des Statuts est de reprendre toute cette réglementation qui ne doit pas être dans les Constitutions parce que plus applicable et pratique, et donc, plus sujette aux changements et modifications. Pour être le livre de la vie charis- matique de la Congrégation, les Constitutions sont beaucoup plus sta- bles. Les Statuts sont plus flexibles et modifiables, parce qu’ils doivent répondre aux temps et aux lieux concrets. Par conséquent, ils peuvent et doivent changer en fonction du changement des circonstances, en laissant de côté ce qui est obsolète et discordant.

La nature des Statuts est beaucoup plus juridique que celle des Constitutions. Celles-ci contiennent aussi des aspects juridiques (seu- lement ceux qui constituent le patrimoine stable, permanent et univer- sel de la Congrégation), mais ils sont revêtus de réflexions théologiques et de spiritualité authentique vincentienne. Eh bien maintenant, le fait que les Statuts sont un texte éminemment normatif, cela ne signifie pas que l’aspect doctrinal y soit totalement absent. Leur inspiration n’est autre que le charisme vincentien concrétisé dans les Constitutions. De fait, les Statuts suivent exactement la même structure que les Constitutions. Cela signifie qu’ils ne peuvent pas être lus, étudiés ou médités en marge des Constitutions.

Tant les Constitutions que les Statuts font partie du « droit propre » de la Congrégation. Tandis que les Constitutions nécessitent l’approba- tion du Saint-Siège, les Statuts, aussi bien quand ils sont élaborés pour la première fois que quand il s’agit de les renouveler, requièrent seule- ment l’approbation de l’Assemblée Générale (cf. C. 137 et 3).

 

LES STATUTS RENOUVELÉS

 

Malgré une profonde réflexion que l’Assemblée a faite sur plusieurs numéros des Statuts, les changements n’ont été ni nombreux ni d’une grande profondeur. Cette donnée nous révèle déjà la validité et le sérieux avec lequel nos Constitutions ont été élaborées. Notons ensuite les principaux changements :

  • les Changements de rédaction :
  • SS 2 ; 7 ; 13 ; 41 ; 51, 3 et 12 ; 54 et 68.
  • Changement de contenu :
  • S 17. Ce numéro est le résultat des anciens 17-18.
  • S 29 & 2, clarifie l’ancien 28 & 2 en ce qui concerne les con- frères qui travaillent à la Curie Générale.

À propos des Statuts rénovés        361

 

  • S 33. Ce numéro est le résultat de la fusion des 32 et 33 anté- rieurs, référant à l’inscription de missionnaires d’une Province à l’autre.
  • S 43. Une nouvelle rédaction en reconnaissant que le Séminaire Interne peut être aussi international.
  • S 51. À ce numéro, qui traite des compétences du Supérieur Général, ont été ajoutés les paragraphes 14, 15, 16 et 17.
  • S 69. À ce numéro, qui traite des compétences du Visiteur, a été ajouté le paragraphe 14.
  • Les nouveaux Statuts :
  • S 18 : Un approfondissement dans notre vœu de stabilité.
  • S 26 : Des missionnaires privés de voix active et passive.
  • S 57 : Un nombre et une diversité d’Assistants Généraux.
  • S 78 : Les Régions dans la Congrégation.
  • S 79 : Les Conférences de Visiteurs.
  • S 90 : La Présence des Frères à l’Assemblée Générale.

 

Traduction : AUDACE MANIRAMBONA, C.M.

STATUTS DE LA CONGRÉGATION DE LA MISSION

 

VIE DANS LA CONGRÉGATION

CHAPITRE I

Activité apostolique (C. 10-18)

 

  1. — On abandonnera progressivement les tâches apostoliques qui, tout bien considéré, semblent ne plus répondre à la vocation de la Congrégation.
  2. — Dans le contexte actuel de mondialisation, de multiples fac- teurs et situations mettent à l’épreuve la foi et représentent des défis pour les méthodes traditionnelles d’évangélisation. Les Confrères pren- dront sérieusement en considération tout cela, convaincus que cette situation exige d’eux un témoignage personnel et communautaire de foi solide dans le Dieu de Jésus Christ et la recherche de voies nouvelles pour mener à bien leur vocation d’évangélisateurs des pauvres.
  3. — Dans leurs entreprises apostoliques les Provinces et toutes les Maisons auront à cœur de travailler en fraternelle collaboration entre elles, avec le clergé diocésain, les Instituts religieux et les laïcs.
  4. — Les Confrères rechercheront le dialogue œcuménique ; ils seront activement présents auprès des autres, chrétiens ou non-chré- tiens, dans les domaines religieux, social et culturel.
  5. — En ce qui concerne l’œuvre des Missions à l’extérieur, on prêtera attention aux règles suivantes :
  1. Soucieuses de coresponsabilité, les Provinces se soutiendront les unes les autres, soit de leur propre initiative soit à l’invitation du Supérieur Général.
  2. Chaque Province ou plusieurs Provinces ensemble adopteront au moins un territoire de mission où elles pourront envoyer des Confrères pour travailler à la moisson du Seigneur.
  3. Tout Confrère se verra octroyer la possibilité d’aider concrète- ment les œuvres des missions, fût-ce même en se proposant lui-même pour se consacrer à l’étranger à la tâche de l’évangélisation.
  1. De plus les Confrères seront invités à soutenir les œuvres missionnaires de l’Église universelle et des églises locales. Il sera également à propos que la Congrégation organise ses œuvres mission- naires propres.
  1. — Les Missionnaires envoyés à l’extérieur se prépareront soi- gneusement, par l’étude des réalités du pays où ils devront travailler, aux fonctions spéciales qu’ils auront à y remplir, afin que l’action pas- torale qu’ils assumeront réponde efficacement aux besoins locaux.
  2. — § 1. Les Confrères prendront un soin particulier pour promou- voir et assister dans leurs activités apostoliques, la Famille Vincen- tienne et les Associations laïques vincentiennes qui font partie d’elle.

§ 2. Tous les Confrères devront être préparés de manière appro- priée à rendre ce service aux diverses branches de la Famille Vincen- tienne et être disponibles pour le rendre, quand il le leur  est demandé.

§ 3. Le cœur de ce service sera constitué par le partage de sa propre expérience de foi à la lumière des enseignements de l’Église et de l’esprit vincentien. Pour que ce service soit approprié aux néces- sités d’aujourd’hui, on devra avoir soin de la nécessaire formation théologique-spirituelle, technique, professionnelle et politico-sociale.

§ 4. A la fermeture des maisons, on veillera à faciliter la continuité des groupes laïcs qui partagent l’esprit vincentien.

  1. — Des rencontres interprovinciales seront organisées pour appro- fondir la connaissance de notre vocation missionnaire et étudier les méthodes d’action pastorale qui répondent plus efficacement aux situa- tions concrètes et aux mutations des personnes et des choses.
  2. — § 1. Il appartient aux Provinces d’établir, en fonction des cir- constances des règles d’action sociale, et de définir les moyens concrets capables de hâter l’avènement de la justice sociale.

§ 2. En outre, en tenant compte des conditions de lieux et de temps, les Confrères prêteront leur concours aux Associations de défen- se des Droits de l’homme et à celles qui prônent la justice et la paix.

  1. — § 1. Les paroisses figurent au nombre des activités apostoli- ques de la Congrégation, pourvu que l’apostolat que les Confrères y exercent soit en harmonie avec la fin et la nature de notre Institut et que le nombre réduit des prêtres desservants exige cet engagement.

§ 2. Ces paroisses de la Congrégation doivent être réellement constituées, pour une bonne part, de pauvres, ou rattachées à des séminaires où nos Confrères assurent la formation pastorale.

  1. — § 1. Reconnaissant l’importance capitale de l’éducation aussi bien pour la jeunesse que pour les adultes, les Confrères assumeront

la charge de l’enseignement et de la formation, là où cela sera néces- saire pour atteindre la fin de la Congrégation.

§ 2. Ils s’acquitteront de cette fonction non seulement dans les écoles de tous niveaux, mais  aussi  dans  les  familles,  sur  les  lieux  de travail et dans toutes les sphères de la société où évoluent jeunes   et adultes.

§ 3. Dans la mesure où les circonstances locales le permettront, les Ecoles, Collèges et Universités accueilleront des pauvres en vue de favoriser leur promotion. En valorisant l’éducation chrétienne et en donnant une formation sociale chrétienne, on aura soin d’inculquer aux étudiants le sens du Pauvre selon l’esprit du Fondateur.

  1. — Parmi les moyens qu’utilise la Congrégation dans l’œuvre d’évangélisation, une place satisfaisante sera attribuée aux moyens techniques de communication sociale, pour diffuser sur une plus vaste échelle et plus efficacement le message du salut.

 

 

CHAPITRE II

Vie communautaire (C. 19-27)

 

  1. — Nos Confrères malades et âgés ou dans des situations de nécessité particulière, unis de manière spéciale au Christ souffrant, prennent part à notre œuvre d’évangélisation. Nous aurons soin de les assister de façon appropriée. Au cas où il ne sera plus possible de les accueillir dans la maison où ils ont prêté leur service, il sera de la responsabilité du Visiteur avec son Conseil de prendre la décision la plus adaptée, après avoir attentivement évalué les diverses possibilités et écouté le confrère en besoin d’assistance.
  2. — § 1. Les Confrères obligés de vivre seuls dans des charges que la Congrégation leur a confiées auront soin de passer un certain temps avec leurs Confrères, afin de goûter les bienfaits de la vie en commun. Quant à nous, nous resterons proches d’eux en vue d’alléger leur soli- tude et nous les inviterons instamment à partager de temps à autre avec nous notre vie fraternelle et apostolique.

§ 2. Nous nous efforcerons d’aider d’un cœur fraternel et discret les Confrères en difficultés.

  1. — § 1. Nous nous acquitterons scrupuleusement de nos devoirs envers nos parents, tout en gardant le juste équilibre nécessaire à l’accomplissement de notre mission et à l’observance de la vie commu- nautaire.

§ 2. Nous nous appliquerons à recevoir à cœur ouvert dans nos maisons les Confrères, les prêtres et les autres hôtes.

§ 3. Nous traiterons généreusement les démunis qui sollicitent notre aide. et nous nous efforcerons avec eux de les tirer de leurs difficultés.

§ 4. Nous ouvrirons fraternellement notre Communauté à tous ceux qui partagent notre vie et nos travaux.

  1. — Le projet communautaire, que chaque communauté se fixe autant que possible au début de l’exercice annuel, englobera tout ensemble : l’activité apostolique, la prière, l’usage des biens, le témoi- gnage chrétien sur le lieu de travail, la formation continue, les périodes de réflexion de groupe, le temps nécessaire au repos et à l’étude, le programme quotidien : toutes choses que l’on soumettra à une révision périodique.

 

CHAPITRE III

Chasteté, Pauvreté, Obéissance et Stabilité (C. 28-39)

 

  1. — § 1. L’Assemblée Provinciale adaptera les règles relatives à la pratique de la pauvreté, en conformité avec les Constitutions et en accord avec l’esprit des Règles Communes et du Statut Fondamental de la pauvreté octroyé à la Congrégation par Alexandre VII (« Alias Nos supplicationibus »).

§ 2. Compte tenu de la diversité des circonstances de lieux et de situations, chaque Province et toutes les Communautés locales recher- cheront les moyens concrets pour pratiquer la pauvreté évangélique et en feront une révision périodique, avec la conviction que la pauvreté est non seulement un rempart pour la Compagnie (cf. RC III, 1), mais aussi une condition de son renouvellement et le signe du cheminement de notre vocation dans l’Église et dans le monde.

  1. — Les Provinces, les communautés locales et chaque Confrère s’engageront sérieusement à approfondir le vœu de Stabilité, qui comprend le don total de soi à la suite du Christ, évangélisateur des pauvres, et la fidélité à demeurer pour toute la vie dans la Congrégation de la Mission.

 

CHAPITRE  IV

Prière (C. 40-50)

 

  1. — En fonction du projet communautaire, nous nous acquitte- rons fidèlement des exercices de piété traditionnels dans la Congréga- tion, et surtout de la lecture de la sainte Ecriture, notamment du Nouveau Testament, de l’adoration de la Très sainte Eucharistie, de

l’oraison en commun, de l’examen de conscience, de la lecture spiri- tuelle, de la retraite annuelle, ainsi que de la pratique de la direction spirituelle.

 

CHAPITRE V

Membres de la Congrégation

 

  1. Admission dans la Congrégation (C. 53-58)
  1. — § 1. Chaque Confrère commence le Séminaire Interne au moment où, conformément aux Normes Provinciales, il est déclaré admis par le Directeur ou son remplaçant désigné.

§ 2. En temps opportun, la Congrégation se munira de garanties, légalement valables si nécessaire, pour que soient dûment sauvegardés les droits respectifs de la Congrégation et du Confrère, au cas où celui-ci quitterait la Congrégation de son plein gré ou en serait renvoyé.

  1. — Le Bon Propos est émis, dans la Congrégation de la Mission, selon une formule directe ou une formule déclarative :
  1. Formule directe : « Seigneur mon Dieu, moi, N.N., ai l’inten- tion de me consacrer fidèlement à l’évangélisation des pauvres, toute ma vie durant, dans la Congrégation de la Mission, à la suite du Christ Evangélisateur. C’est pourquoi je me propose d’observer la chasteté, la pauvreté et l’obéissance, selon les Constitutions et Statuts de notre Compagnie, avec l’aide de ta grâce ».
  2. Formule déclarative « Moi, N.N., ai l’intention de me consa- crer fidèlement à l’évangélisation des pauvres, toute ma vie durant, dans la Congrégation de la Mission, à la suite du Christ Evangélisateur. C’est pourquoi je me propose d’observer la chasteté, la pauvreté et l’obéis- sance, selon les Constitutions et Statuts de notre Compagnie, la grâce de Dieu aidant ».
  1. — § 1. L’émission du Bon Propos doit se faire en présence du Supérieur ou d’un Confrère qu’il aura désigné.

§ 2. C’est l’Assemblée Provinciale qui apportera de plus amples précisions au sujet de l’émission ou de la rénovation du Bon Propos, de l’éventuelle adjonction d’une certaine forme d’engagement tempo- raire, et des droits et obligations qui sont dévolus à chaque Confrère depuis son admission jusqu’à son incorporation dans la Congrégation.

  1. — Il est du ressort de l’Assemblée Provinciale de chaque Pro- vince d’apporter de plus amples précisions relatives à l’époque oppor- tune de l’émission des vœux.
  2. — Dans des circonstances particulières, une Assemblée Provin- ciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général, avec le

consentement de son Conseil, une formule particulière pour l’émission du Bon Propos comme pour celle des Vœux, à condition de garder les éléments essentiels des formules fixées.

 

  1. Droits et obligations des Confrères (C. 59-64)
  1. — Ne jouissent pas du droit de voix active et de voix passive :
  1. Ceux qu’un indult autorise à vivre hors de la Congrégation, conformément à notre droit particulier et à la clause mentionnée dans l’indult.
  2. Les Confrères ordonnés ou simplement nommés Evêques, pen- dant la durée de leur charge et même après son expiration, à moins qu’ils n’aient repris la vie de communauté.
  3. Les Vicaires, Préfets et Administrateurs Apostoliques, même s’ils ne sont pas évêques, pendant la durée de leur charge, à moins qu’ils ne soient en même temps Supérieurs d’une maison de la Congré- gation.
  1. — § 1. En  plus  de  ceux  indiqués  dans  les  canons  171,  § 1,  nn. 3-4 ; 1336, § 1, n. 2 et dans les art. 70 et 72, § 2 des Constitutions de la Congrégation de la Mission, sont aussi privés de la voix active et passive ceux qui, quand  ils  doivent  exercer  le  droit  de  voix  active  et passive soit dans la Congrégation soit dans la Province soit dans      la maison, sont de quelque façon que ce soit illégitimement absents, c’est-à-dire :
  1. ceux qui sont absents de la Congrégation, sans la permission requise, quand leur absence dépasse le temps de six mois ;
  2. ceux qui ont obtenu la permission requise, mais, une fois le temps passé, ne l’ont pas renouvelée (cf. Const. art. 72, § 2) ;
  3. ceux qui n’accomplissent pas les termes contenus dans leurs permissions de  demeurer  en  dehors  de  la   communauté (cf. Const. art. 67, § 2) ;
  4. ceux qui ont dépassé les trois années de permission, excepté  les cas d’infirmité, d’étude ou d’apostolat à exercer au nom de la Congrégation (cfr. Const. art. 67, § 2).

§ 2. Dans les cas douteux, le Visiteur, avec l’accord de son Conseil, décide si le confrère jouit de la voix active et passive, considérant attentivement sa situation dans la Province, le droit propre de la Congrégation et les Normes provinciales.

§ 3. Ce qui est dit de la voix active et passive vaut aussi pour les consultations établies par le droit propre de la Congrégation et par les Normes provinciales

  1. §.1. Tout Confrère défunt a droit aux suffrages de toute la Congré- gation, pour le repos de son âme.

§ 2. Tous les mois, chaque Confrère, selon sa condition, offrira une messe pour les vivants et les défunts de toute la famille vincen- tienne, ainsi que pour les parents, proches et bienfaiteurs, et ajoutera une intention spéciale pour la conservation de l’esprit primitif de la Congrégation.

§ 3. De plus, chacun offrira une autre messe en faveur des Confrères de toute la Congrégation décédés dans le courant du mois précédent.

§ 4. Chaque Province apportera elle-même des précisions supplé- mentaires.

  1. — Tous les Confrères incorporés à la Congrégation auront, chaque mois, le droit de célébrer ou de faire célébrer sans honoraire un certain nombre de messes à leurs intentions particulières. Chaque Province établira des règles pour fixer le nombre et le mode de célébration de ces messes.

 

  1. Inscription des Confrères à une Province et à une Maison

(C. 65-67)

  1. — § 1. Pendant la durée de leur charge et pour ce qui est des effets juridiques, le Supérieur Général, les Assistants, le Secrétaire Général, l’Econome Général et le Procureur Général près le Saint-Siège ne sont rattachés à aucune Province.

§ 2. Les autres missionnaires qui travaillent aux offices de la Curie Générale appartiennent toujours à leur Province d’origine en étant inscrits à une de ses maisons avec une destination temporaire à la Curie, selon une convention rédigée entre le Supérieur Général et le Visiteur de la Province du Missionnaire.

  1. — § 1. Un membre de la Congrégation  de  la  Mission  est inscrit dans la Province pour laquelle les Supérieurs l’admettent légitimement dans la Congrégation : on appelle cette province la pro- vince d’origine.

§ 2. Une nouvelle inscription s’acquiert par transfert d’une Pro- vince à une autre, légitimement décidé par les Supérieurs. On appelle cette autre province la province de destination.

  1. — Pour qu’un Confrère perde son appartenance à une Province et soit rattaché à une autre, il suffit, restant toujours sauve l’autorité du Supérieur Général, que les Supérieurs majeurs compétents se mettent d’accord, après avoir pris l’avis du Confrère lui-même. Au cas où celui-ci y serait opposé, son transfert à une autre Province ne pourrait s’effectuer sans l’approbation du Supérieur Général.
  2. — A l’expiration de son mandat, le Supérieur Général choisit librement sa Province.
  1. — § 1. L’inscription à la Province de destination peut être faite pour une période indéterminée ou déterminée.

§ 2. Dans les deux cas, les deux Visiteurs :

  1. préciseront par écrit dans une convention les droits et devoirs du Confrère et des deux Provinces ;
  2. établiront des documents de transfert à conserver aux archives des deux Provinces ;
  3. le Visiteur de la Province d’où le Confrère a été transféré enverra au Secrétaire Général la notification de la nouvelle inscription.

§ 3. Dans le cas d’une inscription temporaire, quand son temps est achevé, le Confrère se retrouve immédiatement membre de la Pro- vince d’où il avait été transféré, à moins que les Visiteurs, après avoir pris l’avis du Confrère, n’en aient convenu autrement entre eux, tou- jours par écrit, en conformité avec les Statuts.

  1. — L’inscription d’un Confrère à une Maison ou à une Commu- nauté ad instar domus s’effectue par un placement décidé par le Supé- rieur légitime.

 

  1. Sortie et renvoi des Confrères (C. 68-76)
  1. — Le pouvoir d’admettre de nouveau quelqu’un dans la Congré- gation appartient :
  1. au Supérieur Général, avec l’avis de son Conseil, pour tous ;
  2. au Visiteur, avec l’avis de son Conseil et celui du Visiteur de    la Province d’où le Confrère est sorti ou a été renvoyé, pour ceux qui n’ont pas encore été incorporés à la Congrégation.

 

CHAPITRE  VI

Formation (C. 77-95)

I — EVEIL ET ACCOMPAGNEMENT DES VOCATIONS

  1. — Le souci d’éveiller des vocations exige de nous une prière assidue (Mt 9, 37) et le témoignage authentique, attirant, heureux, de la vie apostolique et communautaire, surtout lorsque participent à nos travaux dans la mission vincentienne, des adolescents et des jeunes gens qui cherchent à développer leur foi personnelle.
  2. —  § 1.  Les Provinces, les Maisons et tous les Confrères auront à cœur de susciter des candidats à la mission vincentienne.

§ 2. Quant aux Provinces, elles rechercheront les moyens les plus adaptés à l’éveil des vocations et à leur accompagnement, et elles éta- bliront un projet provincial orienté dans ce sens.

§ 3. Le Visiteur, avec l’avis de son Conseil, nommera un Promo- teur des vocations qui coordonnera dans nos œuvres l’intérêt porté à l’éveil des vocations.

  1. — Les candidats qui souhaitent entrer dans la Congrégation doivent avoir déjà pris une décision de vie chrétienne, adopté un projet de vie apostolique et choisi de travailler dans la communauté vincen- tienne ; sinon, il faut que, pour procéder à ces choix, ils reçoivent pas   à pas le soutien de l’action pastorale auprès des Jeunes ou l’aide des Ecoles Apostoliques, là où elles existent.
  2. — La formation des candidats, adaptée à leur âge, comportera avant tout la vie fraternelle, la lecture assidue de la Parole de Dieu, les célébrations liturgiques, l’exercice d’une activité d’apostolat menée de concert avec les formateurs, l’épanouissement de la personnalité, l’étude et le travail.

 

II — FORMATION DES NÔTRES

 

  1. Principes généraux (C. 77-81)
  1. — En plus de la formation commune, chacun des nôtres recevra aussi, autant que faire se peut, une formation spécifique et profession- nelle, qui préparera les Confrères à s’acquitter avec succès des activités apostoliques que la Congrégation assignera en considération des com- pétences particulières de chacun.
  2. — § 1. Chaque Province élaborera un plan de formation qui sera en conformité avec les principes indiqués ci-dessus, avec les documents et les directives de l’Église et de la Congrégation de la Missionet qui réponde aux diverses exigences locales.

§ 2. De même le Visiteur constituera une Commission de Forma- tion qui aura pour rôle de mettre sur pied et de tenir à jour le Pro- gramme de Formation, ainsi que d’examiner tous les problèmes relatifs à la bonne marche de l’éducation.

  1. — Chaque Province, par l’intermédiaire de sa Commission de Formation, organisera et facilitera la formation permanente, tant com- munautaire qu’individuelle.

 

  1. Séminaire Interne (C. 82-86)
  1. — Selon les nécessités, le Séminaire Interne peut être provincial ou interprovincial. Dans les deux cas il peut s’effectuer dans une ou dans plusieurs maisons de la Congrégation choisies par le Visiteur ou les Visiteurs concernés, avec l’accord de leurs Conseils.
  1. — En des cas particuliers et compte tenu de la maturité humaine et chrétienne des candidats, le Visiteur peut apporter des adaptations raisonnables aux dispositions précédentes.

 

  1. Grand Séminaire (C. 87-90)
  1. — § 1. Suivant les besoins, le Grand Séminaire pourra être par- ticulier à chaque Province ou commun à plusieurs.

§ 2. Nos étudiants peuvent être envoyés dans une autre Province ou dans un Institut dûment approuvé pour y accomplir le cycle de leurs études ecclésiastiques. Toutefois on veillera dans ce cas, à ce qu’ils mènent la vie commune, comme le veut la coutume de la Congrégation, et recoivent une formation vincentienne authentique.

§ 3. Que fleurisse dans les maisons de formation la vie de famille, et que la fraternité s’instaure entre les membres d’une même Province. Si les étudiants sont nombreux, on pourra raisonnablement les regrouper en équipes plus restreintes pour favoriser la formation des personnes.

  1. — Au cours de la formation, avec l’avis des Formateurs et de  son Conseil, le Visiteur peut accorder aux étudiants, pour une raison sérieuse, l’autorisation d’interrompre leurs études et de demeurer en dehors de la maison de Formation.
  2. — On favorisera la connaissance mutuelle entre étudiants des diverses Provinces de la Compagnie.

 

  1. Formation des Frères (C. 91-92)

48. — Par le moyen d’un Cycle d’études régulier, un enseignement culturel et technique spécial sera assuré, dans les meilleures conditions, pour les Frères, afin qu’ils puissent obtenir un titre ou un diplôme reconnu.

 

  1. Formateurs et Maîtres (C. 93-95)
  1. —  Le grand Séminaire, en tant que centre de formation, sera   au service des Confrères engagés en différentes activités ; quant aux Formateurs et aux Maîtres, ils s’adonneront eux-mêmes à l’apostolat.
  2. — On veillera à ce que, dans les maisons de formation, des Confrères capables de remplir les fonctions de Confesseurs et de Direc- teurs spirituels soient disponibles en nombre suffisant.

 

 

 

 ORGANISATION

SECTION I GOUVERNEMENT DE LA CONGRÉGATION

 

CHAPITRE I

Administration centrale

 

  1. Supérieur Général (C. 101-107)
  1. — Outre les pouvoirs qui lui sont accordés par le Droit général ou par concession spéciale, il appartient au Supérieur Général :
  1. d’exercer sur les Vice-Provinces les mêmes pouvoirs qu’il a sur les Provinces ;
  2. de se rendre personnellement ou par un délégué, au moins une fois au cours de son mandat, dans les Provinces et Vice-Provinces afin de les encourager, de se rendre compte de leur situation et de celle de leurs membres, restant sauf son droit de procéder par ailleurs à la visite canonique si les circonstances le suggèrent ;
  3. a) avec le consentement de son Conseil et après avoir consulté les intéressés, accepter des Missions offertes à la Congré- gation par le Siège Apostolique ou par les Ordinaires du lieu, les tenant sous sa propre juridiction ou les confiant à une Province ou à un groupe de Provinces ; renoncer à celles qui avaient été confiées ;

b) avec le consentement de son Conseil et après avoir entendus les intéressés, constituer des équipes missionnaires sous sa propre juridiction ou les confier à une Province ou à un groupe de Provinces ;

  1. d’accorder aux Visiteurs la faculté d’accepter des Missions offertes par les Ordinaires locaux en dehors du territoire de toute Pro- vince de la Congrégation, ou d’abandonner ces Missions (antérieure- ment confiées) ;
  2. de nommer en temps utile, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs et Vice-Visiteurs, une commission préparatoire avant la réunion de l’Assemblée Générale ;
  3. de promulguer dans les meilleurs délais toutes les décisions de l’Assemblée Générale ;
  1. de passer des contrats importants, avec le consentement de son Conseil et en respectant les prescriptions du Droit ;
  2. de prendre en mains, pour une courte durée, le gouvernement d’une Province, par un administrateur qu’il munit à cet effet des pou- voirs nécessaires. Il ne peut le faire que pour une cause grave, avec le consentement de son Conseil, après consultation du Visiteur, des Consulteurs et, si le temps le permet, du plus grand nombre possible de Confrères de cette Province ;
  3. de transférer des Confrères d’une Province dans une autre, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs et des Confrères intéressés ;
  4. d’accorder aux Confrères légitimement séparés de la Congré- gation les suffrages accoutumés en cas de décès ;
  5. de dispenser de l’observance des Statuts et des Décrets de l’Assemblée Générale, dans des cas particuliers et pour un motif légi- time, avec le consentement de son Conseil ;
  6. de  nommer  les  Directeurs des Filles de la Charité,  avec   le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs intéressés 1 ;
  7. d’accorder aux bienfaiteurs et amis de la Congrégation l’affiliation à celle-ci, en indiquant les avantages spirituels qui y sont attachés ;
  8. d’inciter les Provinces à participer aux activités missionnaires internationales (œuvres, engagements) avec le consentement de son Conseil ;
  9. de constituer des Régions en dehors du territoire des Pro- vinces et approuver les Régions érigées par les Visiteurs, avec le consen- tement de son Conseil, et après avoir écouté les parties intéressées ;
  10. d’approuver le Statut de chaque Conférence de Visiteurs avec le consentement de son Conseil ;
  11. d’organiser le travail du Conseil Général et les services des Assistants Généraux.
  1. — Le Supérieur Général réside à Rome. Il ne changera pas cette résidence sans le consentement de l’Assemblée Générale ni sans avoir pris l’avis du Saint-Siège.
  2. — Les Ordonnances générales prises par le Supérieur Général restent en vigueur jusqu’à l’Assemblée Générale suivante, à moins que lui-même ou son successeur n’en aient disposé autrement.

 

 

1 Le Supérieur Général exerce sur la Compagnie des Filles de la Charité une juridiction qui lui est concédée par le Saint-Siège et qui se trouve explicitée dans leurs propres Constitutions.

  1. — A l’expiration de leur mandat, les Visiteurs, les Supérieurs et autres Officiers de la Congrégation, ainsi que les Directeurs des Filles de la Charité, demeurent en charge jusqu’à l’entrée en fonction de leurs successeurs ; ceci pour le maintien du bon ordre.

 

  1. Vicaire Général (C. 108-114)
  1. — § 1. Le Vicaire Général perd sa charge :
  1. du fait de l’acceptation de l’Office par son successeur ;
  2. du fait de sa propre démission acceptée par l’Assemblée Géné- rale ou le Saint-Siège ;
  3. si le Saint-Siège a décrété sa déposition.

§ 2. S’il arrivait que le Vicaire Général devînt manifestement indi- gne ou incapable de remplir sa charge, il appartiendrait au Supérieur Général assisté de son Conseil, à l’exclusion du Vicaire Général lui- même, de juger de la situation et d’en informer le Saint-Siège, aux décisions duquel il faudrait alors se tenir.

  1. — Le Vicaire Général qui aurait assumé le gouvernement de la Congrégation en qualité de Supérieur Général peut, au terme du sexen- nat, être immédiatement élu Supérieur Général, et même être réélu pour un autre sexennat.

 

  1. Assistants Généraux (C. 115-118)
  1. —  Reste en vigueur ce qui est stipulé dans les Constitutions, art. 116 § 2.

§ 1. Les Assistants Généraux sont élus de Provinces différentes, en tenant compte dans la mesure du possible, des diverses cultures présentes dans la Congrégation.

§ 2. Le nombre d’Assistants Généraux est déterminé par l’Assem- blée Générale.

  1. — Les Assistants Généraux doivent résider dans la même Mai- son que le Supérieur Général. Pour former le Conseil Général, deux d’entre eux au moins doivent être présents auprès du Supérieur Géné- ral ou du Vicaire Général.
  2. — Cependant, si l’absence justifiée des Assistants ne permet pas de réunir le nombre requis pour le Conseil, le Supérieur Général peut  y appeler l’un des Officiers de la Curie Générale avec droit de suffrage, selon l’ordre suivant : le Secrétaire Général, l’Econome Général, le Pro- cureur Général près le Saint-Siège.
  1. — L’Office des Assistants Généraux cesse :
  1. quand cet Office est accepté par leurs sucesseurs ;
  2. lorsque leur propre démission est acceptée par le Supérieur Général avec le consentement des autres Assistants, ou par l’Assemblée Générale ;
  3. quand le Supérieur Général, avec le consentement des autres Assistants et l’agrément du Saint-Siège, a décrété leur déposition.

 

  1. Officiers de la Curie Générale (C. 119)
  1. —  § 1.  Le Secrétaire Général :
  1. est au service du Supérieur Général pour les écrits destinés à toute la Congrégation ;
  2. de par son Office, il est présent au Conseil Général pour la rédaction des actes, mais sans droit de vote ;
  3. il peut proposer au Supérieur Général des noms de Confrères qui lui seront donnés comme collaborateurs, sous sa direction pour assurer la conservation des archives, préparer des publi- cations, rédiger le courrier.

§ 2. Si le Secrétaire Général est empêché de remplir son Office, c’est au Supérieur Général de nommer un intérimaire qui le rempla- cera, choisi parmi les Assistants ou les Officiers de la Curie, ou parmi les collaborateurs du Secrétaire.

  1. — § 1. L’Econome Général, de par son Office, est chargé d’administrer les biens de la Congrégation et les autres biens confiés    à la Curie Générale, sous l’autorité du Supérieur Général assisté de son Conseil, suivant les normes du Droit Général et de notre Droit particulier.

§ 2. Avec l’approbation du Supérieur Général, il visite les Eco- nomes provinciaux et même, dans des cas particuliers, les Economes locaux ou les responsables d’œuvres d’importance majeure.

  1. — § 1. Il appartient au Procureur Général près le Saint-Siège :
  1. de présenter les demandes de facultés ordinaires à obtenir du Saint-Siège ;
  2. avec le consentement du Supérieur Général et après consul- tation des Visiteurs intéressés, de suivre auprès du Saint-Siège les affaires de la Congrégation, des Provinces, des Maisons et des Confrères.

§ 2. En vertu d’un mandat écrit du Supérieur Général, le Procu- reur Général près le Saint-Siège peut remplir la fonction de Postulateur Général de la Congrégation devant la Curie Romaine, conformément au Droit.

 

CHAPITRE II

Administration provinciale, régionale et locale

 

  1. Provinces et Vice-Provinces (C. 120-122)
  1. — Bien que chaque Province soit située sur un territoire déter- miné, rien n’empêche qu’une Maison d’une Province se trouve établie sur le territoire d’une autre Province, conformément à l’art. 107, 7º des Constitutions.
  2. — § 1. La Vice-Province est le groupement de plusieurs Maisons à l’intérieur d’un territoire donné et qui, en vertu d’un accord, se trouve dépendre d’une Province avec laquelle il forme en quelque sorte un tout. La Vice-Province est administrée par un Vice-Visiteur qui jouit  du pouvoir ordinaire propre, conformément au Droit général et à notre Droit particulier.

§ 2. On peut aussi établir une Vice-Province ne dépendant d’aucune Province pleinement constituée, mais dépendant directement du Supérieur Général ; à sa tête, elle a un Vice-Visiteur avec pouvoir ordinaire propre.

§ 3. La Vice-Province est, de par sa nature, transitoire ; elle devient Province lorsque se trouvent réunies les conditions requises.

§ 4. Tout ce qui est dit au sujet de la Province, dans les Constitu- tions et les Statuts de la Congrégation, vaut également, avec les adap- tations qui s’imposent, pour la Vice-Province, à moins que les Constitutions et les Statuts eux-mêmes, ou encore les Normes et les conventions de chaque Vice-Province, n’en décident autrement de façon expresse.

  1. — § 1. Lorsque, à la suite d’une division, une nouvelle Province est érigée, on doit procéder aussi au partage de tous les biens précé- demment destinés aux besoins de la seule ancienne Province, et au partage des dettes qui auraient été contractées. C’est au Supérieur Général assisté de son Conseil qu’il revient d’assurer un partage équi- table, en respectant les intentions des fondateurs et donateurs, les droits légitimement acquis, ainsi que les normes particulières en vigueur dans ladite Province.

§ 2. La répartition des archives de la Province-mère se fait par décision du Supérieur Général, qui entendra d’abord les Visiteurs intéressés.

  1. Visiteur et Vice-Visiteur (C. 123-125)
  1. — Tout ce qui est dit  du  Visiteur,  dans  les  Constitutions  et les Statuts, doit s’entendre aussi du Vice-Visiteur, sauf indications contraires expresses des Constitutions et des Statuts eux-mêmes, ou des Normes et conventions de chaque Vice-Province.
  2. — § 1. Le Visiteur est nommé pour six ans par le Supérieur Général, avec le consentement de son conseil et après consultation des Confrères de la Province, au moins de ceux qui jouissent de la voix active. De la même manière et aux mêmes conditions, le Visiteur peut être reconduit par le Supérieur Général pour trois autres années.

§ 2. Le mode et les détails de la consultation peuvent être précisés par l’Assemblée Provinciale, avec l’approbation du Supérieur Général et le consentement de son Conseil.

§ 3. L’Assemblée Provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil, un mode particulier d’élection du Visiteur. Mais cette élection doit réunir au moins les conditions suivantes :

  1. que la charge ne soit pas inférieure à trois ans et ne dépasse pas six ans ;
  2. que le Visiteur élu ne reste pas en charge plus de neuf ans continus ;
  3. qu’aux deux premiers scrutins soit requise la majorité absolue des votes, enlevés les bulletins nuls ; qu’au troisième scrutin seuls jouissent de voix passive les deux qui au second scrutin ont obtenu le plus grand nombre de voix, même si c’est à égalité ;
  4. en cas de parité de voix, le plus ancien de vocation ou d’âge sera élu.

§ 4. Pour que le Visiteur élu ou réélu puisse entrer en fonctions, la confirmation du Supérieur Général avec le consentement de son Conseil est requise.

  1. — Il appartient au Visiteur :
  1. d’établir un Projet Provincial, conformément aux Normes Provinciales et avec le consentement de son Conseil ;
  2. d’instituer ou de supprimer l’œuvre majeure d’une Maison, avec le consentement de son Conseil et après consultation du Supérieur Général, en respectant les règles du Droit ;
  3. de répartir les Confrères dans les diverses Maisons selon les besoins de celles-ci, après avoir consulté son Conseil et, autant que possible les intéressés ; dans les cas d’urgence plus grande, le Visiteur doit au moins informer son Conseil ;
  1. de nommer, avec le consentement de son Conseil et conformé- ment au Normes Provinciales, l’Econome Provincial, le Directeur du Séminaire Interne et celui du Grand Séminaire ;
  2. d’approuver le Projet communautaire de chaque Maison, éla- boré par Supérieur local avec sa communauté ;
  3. d’envoyer au Supérieur Général le compte rendu des affaires de la Province et des visites des Maisons faites en vertu des devoirs   de charge ;
  4. de conclure, avec le consentement de son Conseil, les contrats nécessaires ou utiles, conformément au Droit général et à notre Droit particulier ;
  5. de nommer en temps utile, après consultation de son Conseil, une commission préparatoire à l’Assemblée Provinciale ;
  6. de trancher en  cas  d’égalité  des  suffrages,  conformément au Droit ;
  7. d’informer au plus tôt le Supérieur Général de l’émission des Vœux par les Confrères, de leur incorporation à la Congrégation et de leur promotion aux Ordres ;
  8. de prendre soin, par lui-même ou par des personnes compé- tentes, des archives de la Province ;
  9. d’approuver les Confrères et leur donner la juridiction pour  la confession des  nôtres,  ainsi  que  pour  la  prédication,  compte tenu des droits de l’Ordinaire ; de déléguer ces mêmes pouvoirs à d’autres ;
  10. de dispenser de l’observance des Normes Provinciales dans des cas particuliers, avec le consentement de son Conseil et pour un motif légitime ;
  11. de régulariser la situation des missionnaires qui se trouvent dans des situations irrégulières.
  1. —  Le Vice-Visiteur a les mêmes droits, les mêmes facultés et les mêmes obligations que le Visiteur, réserve faite d’indications contraires expressément formulées dans les Constitutions et les Statuts eux-mêmes.
  2. — Les Ordonnances du Visiteur restent en vigueur jusqu’à la prochaine Assemblée Provinciale, à moins que le Visiteur lui-même ou son successeur n’en aient décidé autrement.
  3. — § 1. En cas de vacance du poste de Visiteur, le gouvernement de la Province passe temporairement aux mains de l’Assistant du Visi- teur ; et s’il n’y a pas d’Assistant, au Consulteur Provincial le plus ancien par sa nomination, sa vocation ou son âge, à moins que le Supérieur Général n’y ait pourvu autrement.

§ 2. L’Assemblée provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général avec l’accord de son Conseil, une manière particu- lière d’assurer provisoirement le gouvernement de la Province, en cas de décès du Visiteur ou de cessation de son mandat.

 

  1. Assistant du Visiteur (C. 126)

73. — § 1. L’Assistant du Visiteur est l’un des Consulteurs Provin- ciaux ; il est élu par les Consulteurs eux-mêmes et le Visiteur, à moins que l’Assemblée Provinciale n’ait prévu un autre mode de désignation.

§ 2. En l’absence du Visiteur, l’Assistant jouit de la même autorité que lui, sauf dans les affaires que le Visiteur se serait réservées.

§ 3. Si le Visiteur est empêché d’exercer sa charge, l’Assistant le supplée de plein droit jusqu’à la cessation de l’empêchement. C’est le Conseil Provincial, en l’absence du Visiteur, qui se prononce sur l’em- pêchement, et en informe dans les plus brefs délais le Supérieur Géné- ral ; on s’en tient alors à la décision de celui-ci.

 

  1. Conseil du Visiteur (C. 127)

74. — § 1. Les Consulteurs sont nommés pour trois ans par le Visi- teur, après consultation des Confrères de la Province, au moins de ceux qui ont voix active. De la même manière et aux mêmes conditions, ils peuvent être confirmés pour un deuxième, voire un troisième triennat, mais non pour un quatrième.

§ 2. L’Assemblée Provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil, un mode particulier de désignation ou d’élection des Consulteurs, ainsi  que  leur nombre, le temps de leur nomination et la durée de leur charge. Le Visiteur doit informer le Supérieur Général de la désignation des Consulteurs.

§ 3. Un Consulteur provincial peut être démis de sa charge par le Supérieur Général, pour une cause grave, sur proposition du Visiteur avec le consentement des autres Consulteurs.

§ 4. Ce qui a été dit de l’Assistant Provincial dans l’art. 73, § 2 et

§ 3, est valable également pour le Consulteur Provincial le plus ancien par ordre de nomination, de vocation ou d’âge, lorsqu’il n’y a pas d’Assistant Provincial, à moins que les Normes Provinciales n’en aient décidé autrement.

  1. Econome Provincial (C. 128)
  1. — L’Econome est nommé par le Visiteur avec le consentement de son Conseil, ou suivant d’autres modalités qui auraient été prévues dans les Normes Provinciales.
  2. — Si l’Econome Provincial n’est pas Consulteur, il assiste au Conseil Provincial quand il y est appelé par le Visiteur, mais sans droit de suffrage.
  3. — Fonctions de l’Econome Provincial :
  1. Veiller à ce que la propriété des biens de la Province soit régu- lière, au for civil comme au for ecclésiastique.
  2. Aider, par ses conseils et son concours, les Economes des Mai- sons particulières à remplir correctement leur fonction, et contrôler leur gestion des biens.
  3. Veiller à ce que chaque Maison verse la contribution prévue pour les charges de la Province. Transmettre en temps voulu à l’Eco- nomat Général la taxe pour le Fonds général.
  4. S’assurer qu’un juste salaire est versé à nos employés, et veiller à ce que la législation civile concernant les impôts et la Sécurité Sociale soit rigoureusement observée.
  5. Tenir toujours en bon ordre les divers registres de dépenses et de recettes, ainsi que les autres documents comptables.
  6. Rendre compte au Visiteur et à son Conseil de son administra- tion, conformément à l’art. 103.

 

  1. Les Régions

78. — § 1. La Région est un territoire, avec au moins une maison, qui appartient à une Province ou qui dépend directement du Supérieur Général.

§ 2.  La Région est érigée par le Supérieur Général et son Con- seil ou par le Visiteur et son Conseil. Elle est confiée à un Supérieur Régional.

§ 3. Le Supérieur Régional est muni des facultés déléguées du Supérieur Général ou du Visiteur, en vue de favoriser la réalisation de la mission propre à la Congrégation.

§ 4. Si le Supérieur Régional est nommé par le Visiteur avec son Conseil, sa nomination doit être confirmée par le Supérieur Général et son Conseil (cf. Const. 125, 5º).

§ 5. La Région est constituée par une convention écrite qui précise les facultés déléguées et les engagements réciproques entre le Supérieur Général ou le Visiteur et le Supérieur Régional.

§ 6.  Une Région peut être constitué soit en vue d’avoir sa pro-  pre autonomie en devenant une Vice-Province ou Province, soit

parce qu’une Vice-Province ou Province ne peut plus maintenir son autonomie.

§ 7. Pour qu’une Région puisse être érigée en Vice-Province ou une Vice-Province en Province, il est nécessaire que la Région ou la Vice-Province aient une possibilité concrète d’avoir des vocations et une base économique suffisante pour le  maintien  de  la  mission  et des confrères.

 

  1. Les Conférences de Visiteurs

79. — § 1. Pour favoriser la collaboration entre les Provinces dans les champs de la mission, de la communication et de la formation,    les Visiteurs doivent constituer des Conférences de Visiteurs.

§ 2. Que ces Conférences sauvegardent toujours l’unité de la Congrégation, l’autonomie des Provinces et les principes de subsidiarité et de coresponsabilité.

§ 3. Il correspond à chaque Conférence de rédiger son propre Statut et de le soumettre au Supérieur Général avec son Conseil.

 

  1. Offices dans l’administration locale (C. 129-134)
  1. Droits et obligations du Supérieur local :
  1. Rendre compte au Visiteur de l’état de la Maison confiée à   ses soins.
  2. Répartir entre les Confrères de la Maison les charges et offices dont l’attribution n’est pas réservée aux Supérieurs majeurs.
  3. Convoquer et diriger l’Assemblée Domestique.
  4. Préparer en accord avec ses Confrères le Projet communautaire et le soumettre à l’approbation du Visiteur.
  5. Garder sous sa responsabilité les archives et le sceau de la Maison.
  6. Communiquer aux Confrères les décisions de la Congrégation et les informations qui la concernent.
  7. Veiller à l’acquittement des obligations concernant les Messes.
  1. — § 1. Le Supérieur local administre sa Maison avec le concours de tous ses Confrères, en particulier de l’Assistant et de l’Econome, qui sont nommés conformément aux Normes Provinciales.

§ 2. L’Assistant, en l’absence du Supérieur, exerce  toute  la charge de celui-ci, conformément aux normes établies par notre Droit particulier.

§ 3. On réunira fréquemment les Confrères de la communauté à la manière d’un Conseil.

 

CHAPITRE III

Les Assemblées

 

  1. Normes Générales (C. 135-136)
  1. — Supérieurs et Confrères doivent préparer les Assemblées et y participer activement ; ils doivent donc aussi observer fidèlement les lois et les normes qu’elles ont portées.
  2. — § 1. Pour les élections, il faut au moins trois scrutateurs.

§ 2. Avec le Président, et le Secrétaire après son élection, sont de droit scrutateurs les deux plus jeunes membres de l’Assemblée.

§ 3. Au début de l’Assemblée, on procède à l’élection du Secrétaire.

Son rôle consiste :

  1. à remplir la charge de premier scrutateur ;
  2. à rédiger le compte rendu des sessions et leurs documents officiels.
  1. — Avant et pendant l’Assemblée, on doit faciliter le libre échange des informations sur les affaires à traiter et sur les qualités des Confrères susceptibles d’être élus.
  2. — A la fin des travaux de l’Assemblée, les Actes approuvés par elle doivent être signés par le Président de l’Assemblée, le Secrétaire et tous les membres, puis, munis du sceau, conservés soigneusement dans les Archives.

 

  1. Assemblée Générale (C. 137-142)
  1. — L’Assemblée Générale a le droit de faire des Déclarations d’ordre doctrinal ou de caractère exhortatif.
  2. — § 1. L’Assemblée Générale ordinaire doit se tenir six ans  après une précédente Assemblée Générale ordinaire.

§ 2. L’Assemblée Générale extraordinaire se tient toutes les fois que le Supérieur Général, avec le consentement de son Conseil et après consultation des Visiteurs, la juge nécessaire.

§ 3. L’Assemblée Générale doit être précédée des Assemblées Provinciales.

  1. — § 1. Il appartient au Supérieur Général, avec l’accord de son Conseil, de fixer la date et le lieu de l’Assemblée Générale.

§ 2. La sixième année qui suit une Assemblée Générale ordinaire, la tenue d’une nouvelle Assemblée ordinaire pourra, s’il y a un motif raisonnable, être avancée ou retardée de six mois, à compter du jour

d’ouverture de l’Assemblée précédente, par un décret du Supérieur Général avec l’accord de son Conseil.

  1. — § 1. Le Supérieur Général ainsi que le Vicaire et les Assistants Généraux, parvenus au terme de leur mandat, restent membres de l’Assemblée pendant les sessions suivantes de la même Assemblée.

§ 2. Outre ceux qui, conformément aux Constitutions, doivent en vertu de leur charge prendre part à l’Assemblée Générale, il y aura un député de chaque Province et Vice-Province, pour une première tranche de cent Confrères ayant voix active. Si ces Confrères sont plus de cent, il y aura un autre député pour chaque tranche de soixante-quinze Confrères, et un autre encore pour le reste. Le nombre de députés à l’Assemblée Générale est à calculer d’après le nombre de Confrères ayant voix active le jour de l’élection des députés au cours de l’Assem- blée Provinciale.

§ 3. Si l’Office de Visiteur est vacant, celui qui assure l’intérim se rend à l’Assemblée Générale. Si le Visiteur est légitimement empêché, son suppléant s’y rend à sa place. Et si celui-ci a été élu député, c’est    le premier substitut qui prend part à l’Assemblée Générale.

  1. — § 1. Au cas où aucun Frère n’est élu pour participer à l’Assemblée Générale, le  Supérieur  Général  avec  son  Conseil  aura  la charge de s’assurer que les Frères y soient représentés.

§ 2. Le Supérieur Général avec son Conseil décidera également comment résoudre ces cas où il est impossible d’avoir une élection légitime de délégués à l’Assemblée Générale, alors que leur présence est importante.

  1. — § 1. Avant de convoquer l’Assemblée Générale, le Supérieur Général avec son Conseil nomme en temps utile une Commission Pré- paratoire, après avoir pris l’avis des Visiteurs et en tenant compte de la diversité des régions et des œuvres.

§ 2. Tout en laissant au Supérieur Général avec son Conseil une large faculté d’organiser, le cas échéant, les travaux de cette Commis- sion Préparatoire, celle-ci peut avoir pour objet :

  1. de demander aux Provinces et à l’ensemble des Confrères leur avis sur les problèmes qui leur paraissent les plus urgents et   la manière d’en traiter au cours de l’Assemblée Générale ;
  2. de retenir, après réception des réponses, les sujets correspon- dant aux besoins les plus urgents et les plus généraux ; de préparer des études, rassembler des références, et envoyer ce dossier aux Visiteurs en temps utile, avant la tenue des Assem- blées Domestiques ;
  3. de recevoir les propositions ou les postulata des Assemblées Provinciales et les études réalisées par les Provinces, ainsi que

les postulata présentés par le Supérieur Général après consul- tation de son Conseil ;

  1. de mettre en ordre tous ces éléments, d’en faire un document de travail et de l’envoyer à temps pour que députés à l’Assem- blée et substituts puissent en disposer deux mois pleins avant le début de l’Assemblée Générale.

§ 3. La tâche de cette Commission cesse à l’ouverture de l’Assem- blée, cependant son Président, par lui-même ou par un autre, expli- quera si on le juge opportun la méthode de travail suivie par la Commission.

  1. — § 1. Le jour prévu pour l’élection du Supérieur Général, les électeurs célébreront le Saint Sacrifice pour une heureuse élection. Puis, à l’heure fixée et après une courte exhortation, le Président ouvrira la session.

§ 2. Sur les bulletins préparés, les électeurs inscriront le nom de celui qu’ils choisissent comme Supérieur Général.

§ 3. On compte alors les bulletins. Si leur nombre venait à dépas- ser celui des votants, rien ne serait fait et il faudrait rédiger de nouveaux bulletins.

  1. — Le Directoire approuvé par une Assemblée demeure en vigueur tant qu’il n’est pas modifié ou abrogé par une autre Assemblée.

 

  1. L’Assemblée Provinciale (C.143-146)
  1. — Les Normes établies par l’Assemblée Provinciale sont des règles générales applicables à tous les cas qui y sont prévus. Toutefois, elles ne sauraient porter atteinte à l’autorité du Visiteur telle qu’elle est définie dans le Droit général et le Droit particulier de la Congrégation, ni à son pouvoir exécutif nécessaire à l’accomplissement de sa charge. Ces Normes demeurent en vigueur jusqu’à leur révocation par une Assemblée Provinciale ultérieure ou par le Supérieur Général.
  2. — Il revient au Visiteur, avec l’avis de son Conseil, de fixer la date et la Maison où doit se tenir l’Assemblée Provinciale.
  3. — Le Supérieur Général communiquera au Visiteur sa décision concernant les Normes Provinciales dans les deux mois qui suivront leur réception.
  4. — Doivent prendre part à l’Assemblée Provinciale, sauf déter- minations différentes des Normes Provinciales, les députés élus dans  le collège unique formé de tous les Confrères de la Province ayant voix passive. Le nombre de ces députés doit être égal à celui des membres d’office, avec en plus un député pour chaque tranche de vingt-cinq Confrères ayant voix active, et éventuellement un autre pour le reste.
  1. — Dans le collège provincial unique seront considérés comme élus députés ceux qui auront obtenu le plus grand nombre de suffrages et, en cas d’égalité (entre les deux derniers), le plus ancien en vocation ou en âge. En nombre égal, et toujours selon la règle du plus grand nombre de suffrages, les suivants seront substituts.
  2. — Si un Supérieur de Maison est empêché de se rendre à l’As- semblée Provinciale, son Assistant le remplace ; mais si l’Assistant avait été élu député, lui-même serait alors remplacé comme député d’après la liste des substituts.
  3. — L’Assemblée Provinciale peut soumettre à l’approbation du Supérieur Général avec l’accord de son Conseil un mode particulier de représentation à l’Assemblée Provinciale, à condition toutefois que le nombre des députés élus soit toujours supérieur à celui des membres d’office.
  4. — Il appartient à chaque Province, au cours de son Assemblée Provinciale, d’établir des normes particulières pour conduire ses tra- vaux — un Directoire — dans le cadre du Droit général et du Droit particulier de la Congrégation.
  5. — Pour élire les députés et les substituts à l’Assemblée Générale, l’Assemblée Provinciale procédera par scrutins séparés et à la majorité absolue des suffrages. Si les deux premiers scrutins ne donnent pas de résultat, sera considéré comme élu au troisième scrutin celui qui comptera le plus grand nombre de voix ; et si deux se trou- vaient à égalité, ce serait le plus ancien en vocation ou en âge.

 

 

SECTION II

BIENS TEMPORELS (C. 148-155)

 

  1. — La Congrégation méditera avec soin, adoptera de tout cœur et mettra en pratique avec confiance et énergie les principes suivants :
  1. On fera un effort unanime pour instaurer un mode de vie modeste qui, par l’exemple plus que par les paroles, et au nom de          la pauvreté du Christ, luttera contre l’avidité de la société d’abon- dance, et contre la cupidité qui perd le monde presque tout entier    (cf. Règ. comm. III, 1) ;
  2. On aura le souci effectif d’utiliser ses biens pour promouvoir la justice sociale ;
  3. On cédera en faveur des pauvres ses biens superflus.
  1. — En toute équité, le Supérieur Général, avec l’accord de son Conseil, a le droit d’imposer une taxe aux Provinces ; pareillement le Visiteur, avec l’accord de son Conseil, peut en imposer une aux Maisons de sa Province.
  1. — Les biens simplement confiés à la gestion de la Congréga- tion doivent être administrés sous le contrôle vigilant des Supérieurs assistés de leur Conseil.
  2. — § 1.  Les Economes doivent rendre compte aux Supérieurs et informer les Confrères de leur administration.

§ 2. Les registres de recettes et de dépenses et le rapport concer- nant l’état du patrimoine seront examinés : par le Supérieur Général avec son Conseil une fois par an, s’il s’agit de l’Econome Général ; par le Visiteur avec son Conseil deux fois par an, s’il s’agit de l’Econome Provincial ; par le Supérieur local tous les mois, s’il s’agit de l’Econome d’une Maison. Les registres ne seront signés que s’ils sont jugés exacts.

§ 3. Les Confrères chargés de l’administration d’œuvres particu- lières, dépendant soit d’une Province soit d’une Maison, présenteront les registres de recettes et de dépenses à leurs Supérieurs respectifs, au temps et de la manière fixés par les Normes Provinciales.

§ 4. S’il s’agit de biens n’appartenant pas à la Congrégation, mais qui lui sont confiés pour être gérés, leurs registres doivent être présen- tés non seulement aux propriétaires de ces biens, mais encore aux Supérieurs de la Congrégation.

§ 5. A la fin de chaque année, l’Econome Général fournira aux Visiteurs un état général de son administration ; et tous les six ans,       il fera de même à l’Assemblée Générale.

§ 6. Les Visiteurs transmettront au Supérieur Général, chacun pour sa Province, le bilan de l’année écoulée.

§ 7. Les Economes Provinciaux fourniront aux Confrères de leur Province un compte rendu général  de  leur  administration  ainsi  qu’un état du patrimoine de la Province, conformément aux Normes Provinciales.

  1. — Tous les administrateurs, qu’ils soient Supérieurs ou Eco- nomes, ne peuvent faire acte d’administration au nom de la Compagnie que dans les limites de leur Office et conformément au Droit. De ce fait, la Congrégation, la Province ou la Maison n’ont à répondre que des actes d’administration conformes à ces règles ; pour tous les autres, la responsabilité d’actes illicites ou invalides incombe à ceux qui les  ont posés. Si une personne juridique de la Congrégation a contracté, même avec permission, des dettes ou des obligations, elle en répondra elle-même sur ses ressources propres.
  2. — § 1. L’Assemblée Générale a le droit de fixer la somme au- delà de laquelle le Supérieur Général ne peut pas engager de dépenses extraordinaires.

§ 2. Les Visiteurs peuvent engager des dépenses conformément aux Normes établies par l’Assemblée Provinciale.

§ 3. Les Supérieurs locaux peuvent engager des dépenses dans les limites fixées par les Normes Provinciales.

  1. — Les Supérieurs ne permettront pas de contracter des dettes si l’on n’a pas la certitude absolue que les ressources habituelles per- mettront de payer les intérêts et, par des versements annuels, de rem- bourser la dette au terme prévu.
  2. — § 1. On se conformera avec soin aux lois concernant le travail, la Sécurité Sociale et la justice, pour les personnes employées dans les Maisons et les œuvres de la Congrégation.

§ 2. Les Supérieurs doivent agir avec une extrême prudence pour accepter des fondations pieuses qui engendrent des obligations de longue durée. On n’acceptera pas de fondations perpétuelles.

§ 3. On ne fera de largesses avec les biens de la communauté que dans les cas prévus par les Constitutions et les Statuts.

§ 4. En acceptant des biens venant à la Congrégation, à une Pro- vince ou à une Maison, par testament ou par donation, on respectera la volonté du donateur en ce qui concerne la propriété et l’usage de  ces biens.

§ 5. Les Confrères seront inscrits à la Sécurité Sociale par les soins de la Congrégation, ou éventuellement par les Evêques ou autres per- sonnes au service de qui ils travaillent. En outre, les Maisons, les Pro- vinces et la Curie Générale elle-même contracteront les assurances qui conviennent contre les divers risques.

Statuts de la Congrégation de la Mission        389

 

STATUTS DE LA CONGRÉGATION DE LA MISSION

 

CHAPITRE I

 

VIE DANS LA CONGRÉGATION

 

Activité apostolique (C. 10-18)        363

CHAPITRE II

Vie communautaire (C. 19-27)        365

CHAPITRE III

Chasteté, Pauvreté, Obéissance et Stabilité (C. 28-39)        366

CHAPITRE IV

Prière (C. 40-50)        366

CHAPITRE V

Membres  de la Congrégation        367

  1. Admission dans la Congrégation  (C. 53-58)        367
  2. Droits et obligations des Confrères  (C. 59-64)        368
  3. Inscription des Confrères à une Province et à une Maison

(C. 65-77)        369

  1. Sortie et renvoi des Confrères  (C. 68-76)        370

CHAPITRE VI

Formation (c. 77-95)        370

  1. – EVEIL  ET  ACCOMPAGNEMENT DES VOCATIONS        370
  2. 371
  1. Principes  généraux (C. 77-81)        371
  2. Séminaire Interne (C. 82-86)        371
  3. Grand Séminaire (C. 87-90)        372
  4. Formation des Frères  (C. 91-92)        372
  5. Formateurs et Maîtres (C. 93-95)        372

 

ORGANISATION

SECTION  I –  GOUVERNEMENT  DE LA CONGRÉGATION        373

CHAPITRE I

Administration centrale        373

  1. Supérieur  Général (C. 101-107)        373
  2. Vicaire Général (C. 108-114)        375
  3. Assistants  Généraux  (C.  115-118)        375
  4. Officiers de la Curie Générale (C. 119)        376

CHAPITRE II

Administration provinciale, régionale et locale        377

  1. Provinces  et  Vice-Provinces (C. 120-122)        377
  2. Visiteur  et  Vice-Visiteur (C. 123-125)        378
  3. Assistant  du  Visiteur (C. 126)        380
  4. Conseil  du  Visiteur (C. 127)        380
  5. Econome Provincial (C. 128)        381
  6. Les Régions        381
  7. Les  Conférences de Visiteurs        382
  8. Offices dans l’administration locale (C. 129-134)        382

CHAPITRE III

Les Assemblées        383

  1. Normes  Générales (C. 135-136)        383
  2. Assemblée  Générale (C. 137-142)        383
  3. L’Assemblée  Provinciale (C. 143-146)        385

SECTION II – BIENS TEMPORELS (C. 148-155)        386

Appendice des Statuts        391

 

APPENDICE DES STATUTS

 

INTERPRÉTATION DU STATUT FONDAMENTAL SUR LA PAUVRETE

  1. CONTENU DU STATUT

Dans le Statut fondamental, on peut distinguer les éléments norma- tifs suivants :

  1. — Il est reconnu que les Confrères gardent la propriété des biens immeubles ou des bénéfices simples qu’ils possèdent ou posséderont   à l’avenir.
  2. — Les Confrères sont tenus de disposer des revenus de leurs biens en œuvres pies. C’est une norme capitale et positive ; elle découle de l’orientation vincentienne qui nous fait disposer de nous-mêmes   et de nos biens au service de l’évangélisation des pauvres. Il y a là     une valeur évangélique remarquable, capitale, qui ressort du Statut. (Par ailleurs) c’est un devoir de piété filiale et de justice qui fait subve- nir d’abord (le cas échéant) aux besoins des parents et des proches.
  3. — Les Confrères ne peuvent retenir les revenus de leurs biens : norme négative, qui interdit de « capitaliser » en accumulant les reve- nus, et de nous enrichir ; c’est une exigence de la pauvreté évangélique, qui n’est pas seulement pauvreté en esprit, mais aussi pauvreté réelle.
  4. — Les Confrères peuvent, avec la permission du Supérieur, employer les revenus de leurs biens à leur propre usage : il est évident qu’il s’agit là d’une simple concession, et nullement d’une orientation positive recommandée (cf. SV XII, 382).
  5. — Les Confrères n’ont pas le libre usage de leurs biens, puisqu’ils doivent dépendre des Supérieurs. Cette norme découle de la dimension communautaire de notre pauvreté.

 

  1. EXPLICATION DU STATUT
  1. — Les biens immeubles et les bénéfices simples sont considérés dans le Statut comme sources de revenus. On peut donc leur assimiler aujourd’hui tous les autres biens vraiment productifs ainsi que les valeurs, selon l’estimation courante dans les divers pays.
  2. — Rien n’est dit, dans le Statut, des biens meubles qui ne sont pas des revenus de biens productifs ; mais, selon l’esprit du Statut, ils ne sauraient échapper à la norme capitale et positive, qui nous impose de disposer de nos biens, directement ou par l’intermédiaire de la Communauté, en faveur de l’évangélisation des pauvres ; ils ne peuvent davantage échapper à d’autres normes.
  1. — Le Statut fondamental (en effet) n’est pas l’unique source des normes qui régissent notre vœu de pauvreté.
  2. — Pour mieux saisir l’esprit du Statut fondamental, il sera utile  de réfléchir sur d’autres principes de la pauvreté vincentienne, par exemple :
  1. notre consécration à l’évangélisation des pauvres ;
  2. l’esprit de pauvreté (cf. SV XII, 377-386 ; RC III, 4, 7) ;
  3. la communauté des biens (cf. RC III, 3, 4, 5, 6) ;
  4. la conformité de notre vie avec celle des pauvres (cf. RC III, 7) ;
  5. la loi universelle du travail (cf. SV XI, 201 et suiv.) ;
  6. les fruits de notre travail sont biens de la Communauté ;
  7. les biens de la Communauté sont à considérer comme le patri- moine des pauvres ; il ne nous est pas permis, individuellement ou collectivement, de laisser des biens improductifs, ou sans les placer de la manière la plus rentable possible en vue de la promotion des pauvres ;
  8. la Communauté possède des biens pour nous permettre d’exer- cer notre ministère gratuitement, lorsque c’est nécessaire, et de donner largement aux pauvres (cf. RC III, 2 ; SV XII, 377-386).

 

STATUTEN DER

KONGREGATION DER MISSION

Das Leben in der

Kongregation der Mission

Kapitel I – Unsere apostolische Tätigkeit

(Konstitutionen Artikel 10 – 18)

 

1. – Werke, die nach reiflicher Überlegung nicht mehr  unserer Berufung zu entsprechen scheinen, sollen nach und nach aufgegeben werden.

2. – Angesichts des aktuellen Kontexts der Globalisierung stellen zahlreiche Faktoren und Situationen den Glauben auf die Probe und sind Herausforderungen für die traditionellen Methoden der Verkündigung. Die Mitbrüder werden dies alles gebührend berücksichtigen, überzeugt, dass diese Situation ein persönliches und gemeinschaftliches Zeugnis des festen Glaubens an Gott und Jesus Christus fordert, und die Suche nach neuen Wegen ihre Berufung als Missionare für die Armen gut zu verwirklichen.

3. – Die Provinzen und die einzelnen Häuser werden bei ihren Unternehmungen in brüderlicher Weise miteinander, mit dem Diözesanklerus, mit anderen Gemeinschaften und mit den Laien zusammenarbeiten.

4. – Die Mitbrüder werden den ökumenischen Dialog pflegen und sich an der Lösung der religiösen, sozialen und kulturellen Probleme zusammen mit Christen und Nichtchristen beteiligen.

5. – Für die Missionsarbeit gelten folgende Normen:

  1. Die Provinzen sind füreinander verantwortlich und sollen von sich aus oder wenn der Generalsuperior dazu auffordert, Hilfe leisten;
  2. Die einzelnen Provinzen oder mehrere zusammen sollen wenigstens ein Missionsgebiet haben, um Mitbrüder als Arbeiter in die Ernte dorthin zu senden;
  3. Den Mitbrüdern wird die Möglichkeit gegeben, das Missionswerk konkret zu unterstützen, auch dadurch, dass sie sich persönlich für die Evangelisierung zur Verfügung stellen;
  4. Auch die Mitarbeit in den Missionswerken der Gesamtkirche und der Ortskirche wird den Mitbrüdern empfohlen. Unsere eigenen Missionswerke sollen darauf ausgerichtet werden.

 

6. – Die für die Missionen bestimmten Mitbrüder müssen sich auf ihre Arbeit durch das Studium der Verhältnisse des Landes, in dem sie arbeiten sollen, vorbereiten. Sie sollen in der Lage sein, dort spezielle Aufgaben zu übernehmen, damit ihr Einsatz auch wirklich den örtlichen Bedürfnissen entspricht.

7. – § 1. In ihren apostolischen Tätigkeiten müssen sich die Mitbrüder bemühen die Vinzentinische Familie und die Laiengemeinschaften, die Teil der Familie sind, zu fördern und zu unterstützen.

§ 2. Alle Mitbrüder müssen sich ausreichend  vorbereitet haben, um diesen Dienst in den verschiedenen Branchen der Vinzentinischen Familie zu leisten und bereit sein zu dienen, wenn es von ihnen gefordert wird.  

§ 3. Das Herzstück dieses Dienstes wird daraus bestehen, die eigene Erfahrung des Glaubens im Lichte der Lehre der Kirche und dem vinzentinischen Geist zu teilen. Damit dieser Dienst den heutigen Bedürfnissen gerecht wird, müssen wir auf die theologisch-spirituelle, technische, berufliche und soziopolitische Ausbildung, die für diese Aufgabe notwendig ist, achten.

§ 4. Falls Häuser geschlossen werden, achten wir besonders darauf die Kontinuität der Laiengruppen, die sie für ihre Aufgaben benötigen, zu wahren.

8. – Zur gegenseitigen Information über unsere missionarischen Aufgaben und die pastoralen Methoden sind Zusammenkünfte zwischen verschiedenen Provinzen zu fördern; denn die Pastoral muss immer wieder den konkreten Umständen und den laufenden Veränderungen angepasst werden.

9. – § 1. – Es ist Sache der Provinzen, den jeweiligen Verhältnissen angepasste Normen für die soziale Tätigkeit festzulegen und die konkreten Mittel zu bestimmen, durch die der soziale Ausgleich erreicht werden kann.

§ 2. – Die Mitbrüder sollen, Zeit und Umständen entsprechend, den Vereinigungen zur Verteidigung der Menschenrechte und der Förderung von Gerechtigkeit und Frieden ihre Mithilfe nicht versagen.

10. – § 1. Pfarreien gehören zu den apostolischen Aufgaben der Kongregation der Mission, sofern die Tätigkeit, die die Mitbrüder dort ausüben, mit deren Ziel und Natur übereinstimmen und der Priestermangel es erfordert.

§ 2. – Diese Pfarreien der Kongregation müssen sich in der Hauptsache aus Armen zusammensetzen oder mit Seminaren verbunden sein, die von uns geleitet werden.

11. – § 1. – In der Erkenntnis der großen Bedeutung, die Erziehung und Bildung für Jugendliche und Erwachsene haben, sollen die Mitbrüder Lehr- und Erziehungsaufgaben in Übereinstimmung mit dem Ziel der Kongregation übernehmen.

§ 2. – Das gilt nicht nur in Schulen aller Art, sondern auch in der Familie, am Arbeitsplatz, überhaupt in allen gesellschaftlichen Bereichen und Altersgruppen.

§ 3. – Schulen, Kollegien und Universitäten sollen den Umständen entsprechend Arme aufnehmen, um deren Aufstieg zu fördern. Um ein christlich soziales Bewusstsein zu vermitteln, soll in den Auszubildenden der Sinn für die Armen im Geist unseres Gründers geweckt werden.

12. – Zu Mitteln, die die Kongregation bei der Evangelisierung benützt, gehören die technischen Kommunikationsmittel, damit das Wort des Heils weit und wirksam unter die Menschen gebracht wird.

 

Kapitel II – Das Gemeinschaftsleben

(Konst. Art. 19 – 27)

 

13. – Kranke und alte Mitbrüder, oder diejenigen in besonderen Situationen, die auf eine besondere Art mit dem leidenden Christus vereint sind, sind Teil unseres Werkes der Evangelisierung. Wir kümmern uns darum, sie in angemessener Weise zu unterstützen. In dem Fall, wo sie nicht länger im Haus bleiben können, in dem sie gedient haben, obliegt es der Verantwortung des Visitators und seinem Rat, nach sorgfältiger Abwägung der verschiedenen Möglichkeiten und nach Rücksprache mit dem hilfsbedürftigen Mitbruder,  eine angemessene Entscheidung zu treffen.

14. – § 1. – Mitbrüder, die durch die Aufgabe, die ihnen die Gemeinschaft übertragen hat, gezwungen sind allein zu leben, sollen dafür sorgen, dass sie immer wieder eine gewisse Zeit in der Gemeinschaft verbringen, um die Wohltat des gemeinsamen Lebens zu erfahren. Wir aber wollen ihnen innerlich nahe sein, um sie in ihrem Alleinsein zu stützen, und sie herzlich einladen, von Zeit zu Zeit wieder die brüderliche Gemeinschaft mit uns zu teilen.

§ 2. – Mitbrüder, die sich in Schwierigkeiten befinden, wollen wir in brüderlicher Weise beistehen.

15. – § 1. – Den Verpflichtungen gegen unsere Eltern wollen wir getreu nachkommen unter Berücksichtigung unserer Aufgaben und des Gemeinschaftslebens.

§ 2. – Wir wollen Mitbrüder, Priester und andere Gäste bereitwillig in unsere Häuser aufnehmen.

§ 3. –  Den Menschen, die sich in Not befinden und unsere Hilfe erbitten, wollen wir großherzig helfen, um ihre Notlage zu beheben.

§ 4. – In unsrem brüderlich Umgang wollen wir auch die einbeziehen, die mit uns zusammenarbeiten.

16. – Der gemeinsame Pal, den jede Hausgemeinschaft möglichst zu Beginn eines jeden Arbeitsjahres erstellt, soll umfassen: die apostolische Tätigkeit, das Gebetsleben, den Gebrauch der zeitlichen Güter, das christliche Zeugnis am Ort des Wirkens, die Fortbildung, die Zeiten für Erholung und Studium, die Tagesordnung. Dies alles muss einer regelmäßigen Prüfung unterzogen werden.

 

Kapitel III – Keuschheit, Armut, Gehorsam

(Konst. Art. 28 – 39)

 

17. – § 1. Die Provinzversammlung sollte ihre Normen zur Handhabung der Armut anpassen, die den Konstitutionen, dem Geist der Allgemeinen Regeln und dem Grundgesetz der Armut in der Kongregation, das von Alexander VII erlassen wurde, entsprechen.

§ 2. Die einzelnen Provinzen und die Hausgemeinschaften sollten unter Beachtung der verschiedenen Gegebenheiten nach Wegen suchen, die evangelische Armut zu üben und sie von Zeit zu Zeit überprüfen, in der Gewissheit, dass die Armut nicht nur einen Schutz für die Gemeinschaft darstellt (cf. CR III, 1), sondern auch die Voraussetzung für Erneuerung und ein Zeichen des Fortschritts in unserer Berufung sowohl in der Kirche als auch in der Welt ist.

18. – Die Provinzen, die Hausgemeinschaften und jeder Mitbruder sollten sich ernsthaft der Vertiefung des Gelübdes der Beständigkeit verschreiben, dass die totale Hingabe ihrer selbst in der Nachfolge Christus, dem Verkünder des Evangeliums beinhaltet und während ihres gesamten Lebens in der Kongregation der Mission zu bleiben.

 

Kapitel IV – Das Gebet

(Konst. Art. 40 – 50)

 

19. – Die in der Kongregation gebräuchlichen Frömmigkeitsformen wollen wir gemäß dem gemeinsamen Plan pflegen, vor allem die Lesung der Heiligen Schrift, besonders des Neuen Testamentes, die Verehrung des Allerheiligsten Altarsakramentes, die gemeinsame Betrachtung, die Gewissenserforschung, die geistliche Lesung, die jährlichen Exerzitien und die Annahme einer geistlichen Führung.

 

 

Kapitel V – Die Mitglieder

1. Aufnahme in die Kongregation der Mission

(Konst. Art. 53 – 58)

 

20. – § 1. – Das Innere Seminar beginnt für einen Kandidaten, wenn seine Aufnahme gemäß den Provinznormen vom Direktor oder dessen Stellvertreter ausgesprochen wird.

§ 2. – Die Kongregation soll zu gegebener Zeit rechtskräftige Abmachungen treffen, auch, wenn notwendig, für den zivilen Bereich, damit sowohl die Rechte des Mitbruders als auch die der Kongregation gebührend abgesichert sind für den Fall, dass der Mitbruder aus freien Stücken austritt oder entlassen wird.

21. – Der Gute Vorsatz wird in der Kongregation in direkter der erklärender Form ausgesprochen.

  1. Direkte Form: Herr, mein Gott, ich. N.N., nehme mir vor, in der Nachfolge Christi, der das Evangelium verkündete, mein ganzes Leben in der Kongregation der Mission der Evangelisierung der Armen zu widmen. Daher nehme ich mir vor, Keuschheit, Armut und Gehorsam gemäß den Konstitutionen und Statuten unserer Kongregation mit deiner Gnade zu bewahren.
  2. Erklärende Form: Ich, N.N., nehme mir vor, in der Nachfolge Christi, der das Evangelium verkündete, mein ganzes Leben in der Kongregation der Mission der Evangelisierung der Armen zu widmen. Daher nehme ich mir vor, Keuschheit, Armut und Gehorsam gemäß den Konstitutionen und Statuten unserer Kongregation mit der Gnade Gottes zu bewahren.

22. – § 1. – Der „Gute Vorsatz“ muss in Gegenwart des Superiors oder eines von ihm bestimmten Mitbruders ausgesprochen werden.

§ 2. – Weitere Bestimmungen über den „Guten Vorsatz“ oder seine Erneuerung, über eine evtl. zusätzliche Form der zeitlichen Bindung an die Kongregation und über die Rechte und Pflichten der Mitbrüder in der Zeit von ihrer Aufnahme bis zur endgültigen Inkorporierung sollen von der Provinzversammlung getroffen werden.

23. – Weitere Bestimmungen hinsichtlich der Zeit der Gelübdeablegung sind Sache der Provinzversammlung.

24. – In besonderen Umständen kann die Provinzversammlung dem Generalsuperior zur Gutheißung mit Zustimmung seines Rates eine eigene Formel für den „Guten Vorsatz“ und die Gelübde vorlegen, wobei allerdings die wesentlichen Elemente der festgelegten Formeln beizubehalten sind.

 

2. Rechte und Pflichten der Mitbrüder

(Konst. Art. 59 – 64)

 

25. – Weder aktives noch passives Wahlrecht haben:

1. die Kraft eines Indults außerhalb der Kongregation leben gemäß dem besonderen Recht der Kongregation und einer dem Indult beigefügten Klausel;

2. Mitbrüder, die zu Bischöfen geweiht oder ernannt wurden, sowohl während der Amtszeit als auch danach, wenn sie nicht zum gemeinsamen Leben zurückgekehrt sind;

3. Apostolische Vikare, Präfekten und Administratoren, auch wenn sie nicht Bischöfe sind, während ihrer Amtszeit, falls sie nicht zu gleicher Zeit Superior eines Hauses der Genossenschaft sind.

26. – § 1. – Außer den Dingen, die in den Kanonen 171, § 1, Nr. 3-4; 1336, §1, Nr. 2 des kanonischen Rechts und in Art. 70 und 72 der Konstitutionen der Kongregation der Mission genannt wurden, sind diejenigen vom aktiven und passiven Wahlrecht ausgenommen, die während der Ausübung des aktiven und passiven Wahlrechts entweder der Kongregation, der Provinz oder einem Haus auf irgendeine Art und Weise illegal fernbleiben, z.B.:

  1. diejenigen, die ohne die notwendige Genehmigung der Kongregation fernbleiben, falls die Abwesenheit mehr als sechs Monate beträgt;
  2. diejenigen, die die notwendige Genehmigung erhalten haben, aber wenn die Zeit abgelaufen ist, sie nicht erneuert haben (vgl. Const. Art. 7, §2);
  3. diejenigen, die sich nicht an die festgelegten Bedingungen ihrer Genehmigung außerhalb der Gemeinschaft zu leben, gehalten haben (vgl. Const. Art. 67, §2);
  4. diejenigen, die über die drei Jahre der Genehmigung hinausgingen, ausgenommen in Fällen von Krankheit, Studium oder der Ausübung eines Apostolats im Namen der Kongregation (vgl. Konst. Art. 67, § 2).

§ 2. –  In zweifelhaften Fällen entscheidet der Visitator  in Abstimmung mit seinem Rat, ob der Mitbruder das aktive oder passive Wahlrecht erhält, unter sorgfältiger Betrachtung seiner Situation in der Provinz, den Gesetzen der Kongregation und die Provinzregeln.

§ 3. – Was für das aktive und passive Wahlrecht gilt, gilt ebenso für die Konsultationen,  festgelegt gemäß dem Gesetz der Kongregation und den Provinzregeln.

27. – Jeder inkorporierte Mitbruder der Kongregation hat beim Tode das Recht auf Suffragien von Seiten der ganzen Kongregation.

§ 2. – Die Mitbrüder sollen entsprechend ihrer Stellung jeden Monat eine heilige Messe darbringen bzw. aufopfern für die Lebenden und Verstorbenen der ganzen vinzentinischen Familie sowie für deren Eltern, Verwandte und Wohltäter und für die Bewahrung des ursprünglichen Geistes.

§ 3. – Eine weitere Messe opfere man für die im vergangenen Monat verstorbenen Mitbrüder auf.

§ 4. – Weitere Bestimmungen sollen von den Provinzen getroffen werden.

28. – Jeder inkorporierte Mitbruder hat das Recht auf einige Messen im Monat nach seiner Meinung und ohne Studium. Normen für Zahl und Form dieser Messen sind von jeder Provinz aufzustellen.

 

3. Zugehörigkeit der Mitglieder zu einer Provinz und zu einem Haus

(Konst. Art. 65 – 67)

 

29. – § 1. – Der Generalsuperior, die Assistenten, der Generalsekretär, der Generalökonom und der Generalprokurator beim Heiligen Stuhl gehören während ihrer Amtszeit, rechtlich gesehen, zu keiner Provinz.

§ 2. – Die anderen Mitbrüder, die im Generalat beschäftigt sind, gehören noch weiterhin zu ihren Heimatprovinzen und werden dort als zugehörig gemäß einer Vereinbarung zwischen dem Generalsuperior, dem Visitator der Provinz und dem Mitbruder, geführt.

30. – § 1. – Ein Mitbruder gehört zu der Provinz, für die der Obere ihn rechtmäßig in die Kongregation aufgenommen hat. Sie wird als „Heimatprovinz“ bezeichnet.

§ 2. – Für den Wechsel in eine andere Provinz braucht der Mitbruder die rechtmäßige Zuweisung durch die Oberen. Diese Provinz ist die „Zuweisungsprovinz“.

31. – Zum Wechsel von einer Provinz in eine andere ist, unbeschadet der Autorität des Generalsuperiors, nur das Einverständnis der zuständigen Oberen erforderlich, nachdem man den betreffenden Mitbruder selbst angehört hat. Ist dieser nicht einverstanden, so kann die Versetzung in eine andere Provinz nicht ohne Zustimmung des Generalsuperiors geschehen.

32. – Der Generalsuperior wählt nach Beendigung seiner Amtszeit frei eine Provinz.

33. – § 1. Die Mitgliedschaft in der Bestimmungsprovinz kann für eine unbestimmte oder eine bestimmte Zeit sein.

§ 2 . In beiden Fällen müssen die beiden Visitatoren:

1) in einem schriftlichen Vertrag präzise die Rechte und Pflichten des Mitbruders und der beiden Provinzen festlegen;

2) die Dokumente für den Transfer formalisieren, die dann in den Archiven der beiden Provinzen aufbewahrt werden;

3) wird der Visitator der Provinz, in welche der Mitbruder abgetreten wurde, dem Generalsuperior eine Mitteilung der neuen Überschreibung zukommen lassen.

§ 3. Im Falle einer temporären Überschreibung, muss nach Ablauf der Zeit, der Mitbruder unverzüglich in die Provinz von der er abgetreten wurde, zurückkehren, sofern die Obern nach Anhörung des Mitbruders nicht eine andere Entscheidung getroffen haben, immer in schriftlicher Form und konform mit den Statuten.

34. – Mit der Versetzung durch den rechtmäßigen Oberen wird ein Mitbruder gleichberechtigtes Mitglied eines Hauses.

 

 

 

4. Austritt, Entlassung und Wiederaufnahme

(Konst. Art. 68 – 76)

35. – Die Vollmacht, einen ehemaligen Mitbruder wieder in die Kongregation aufzunehmen, hat:

1. der Generalsuperior nach Anhören seines Rats für alle:

2. der Visitator nach Anhören seines Rats und des Visitators jener Provinz, aus der der Mitbruder ausgetreten ist oder entlassen wurde, wenn dieser noch nicht der Kongregation inkorporiert war.

Kapitel VI. – Die Ausbildung

I. – Weckung und Pflege von Berufen

36. – Die Weckung von Berufen verlangt unser ständiges Gebet (Mt 9,37) und ein echtes, erfülltes und frohes Zeugnis des gemeinsamen apostolischen Lebens, vor allem, wenn junge Menschen mit uns in der vinzentinischen Arbeit zur Schulung ihres Glaubens tätig sind.

37. – § 1. – Die Provinzen, die Hausgemeinschaften und jeder einzelne Mitbruder mögen es sich angelegen sein lassen, in jungen Menschen den Sinn für die vinzentinische Sendung zu wecken.

§ 2. – Die Provinzen aber sollen geeignete Wege suchen, um Berufe zu wecken und darauf aufmerksam zu machen, und hierfür einen Plan erstellen.

§ 3. – Der Visitator ernennt nach Anhören seines Rats einen Mitbruder, der für die Förderung von Berufen vor allem verantwortlich ist und die gemeinsamen Bemühungen koordiniert.

38. – Kandidaten, die unserer Gemeinschaft beitreten wollen, müssen ihre Entscheidung für ein christliches Leben bereits getroffen haben. Sie müssen den Wunsch haben, apostolisch zu wirken und in der Gemeinschaft zu arbeiten. Andere muss man in die Jugendseelsorge oder in den apostolischen Schulen, wo diese bestehen, stufenweise an diese Entscheidung heranführen.

39. – Hierzu gehören eine ihrem Alter angepasste Erziehung, die vor allem das brüderliche Leben umfassen muss, der Umgang mit dem Wort Gottes, liturgische Feiern, apostolische Tätigkeit unter Anleitung, das persönliche Gespräch, Studium und Arbeit.

 

II. – Die Ausbildung der Mitbrüder

1. Grundsätzliches

(Konst. Art. 77 – 81)

40. – Außer der allgemeinen Ausbildung sorge man auch, soweit es geschehen kann, für eine besondere Berufsausbildung, damit die Mitbrüder die der Kongregation eigentümlichen apostolischen Aufgaben erfüllen können.

41. – § 1. – Jede Provinz wird einen Ausbildungsplan erstellen, der mit den hier aufgestellten Prinzipien, mit den Dokumenten der Kirche und den von ihr aufgestellten Grundsätzen unter Berücksichtigung der örtlichen Gegebenheiten übereinstimmt.

§ 2. – Der Visitator soll eine Ausbildungskommission ernennen, die das Ausbildungsprogramm erstellt und überarbeitet, und sich um all die Dinge kümmert, die die Ausbildung betreffen.

42. – Die einzelnen Provinzen sollen mithilfe einer Kommission die allgemeine und individuelle Fortbildung ordnen und fördern.

 

2. Das Innere Seminar

(Konst. Art. 82 – 86)

 

43. – Das Innere Seminar kann je nach Bedarf auf provinzieller oder interprovinzieller Ebene sein. In beiden Fällen kann es in einem oder mehreren Häusern der Kongregation stattfinden, die vom Visitator oder dem interessierten Visitator in Absprache mit seinem Rat, ausgewählt wurden.

44. – In besonderen Fällen und mit Rücksicht auf die menschliche und christliche Reife des Kandidaten kann der Visitator angemessene Anpassungen vornehmen.

 

3. Das Große Seminar

(Konst. Art. 87 – 90)

45. – § 1 . – Das Haus des Studentats kann je nach Notwendigkeit für eine einzelne Provinz oder gemeinsam für mehrere Provinzen sein.

§ 2. – Unsere Studenten können in eine andere Provinz oder zu einem kirchlich anerkannten Institut zum theologischen Studium geschickt werden. In diesem Fall achte man darauf, dass sie nach dem Brauch der Kongregation ein gemeinsames Leben führen und die notwendige vinzentinische Ausbildung erhalten.

§ 3. – In unseren Studienhäusern soll ein familiärer Geist herrschen. Die Brüderlichkeit unter den Mitbrüdern derselben Provinz soll gefördert werden. Wenn aber viele Studenten da sind, können sie in geeigneter Weise in kleinere Gruppen aufgeteilt werden, damit für die Entwicklung der einzelnen besser gesorgt ist.

46. – Während der Dauer der Ausbildung kann der Visitator nach Anhören der Mentoren und seines Rats aus triftigem Grund den Studenten erlauben, das Studium zu unterbrechen und außerhalb des Studienhauses zu wohnen.

47. – Die Beziehungen zwischen Studenten verschiedener Provinzen sollen gefördert werden.

 

4. Die Ausbildung der Brüder

(Konst. Art. 91 – 92)

48. – Wenn die Umstände es erfordern, sorge man für eine spezielle geistige und technische Ausbildung durch Lehrgänge, durch die sie ein Diplom oder einen Titel erwerben können.

 

5. Direktoren und Professoren

(Konst. Art. 93 – 95)

 

49. – Als Studienzentrum soll das Studentat den Mitbrüdern, die in den verschiedenen Aufgaben tätig sind, seine Hilfe anbieten. Direktoren und Professoren sollen auch selbst apostolisch tätig sein.

50. – Man sorge dafür, dass in unseren Studienhäusern geeignete Mitbrüder sind, die das Amt des Beichtvaters und Spirituals ausüben können.

 

 

 

 

 

 

Organisation

1. Abschnitt – Die Leitung

Kapitel I. – Die Zentralverwaltung

 

1. Der Generalsuperior

(Konst. Art. 101 – 107)

 

51. – Außer den Vollmachten, die dem Generalsuperior durch das allgemeine Recht oder durch ein besonderes Zugeständnis gegeben sind, hat er die Aufgabe und Pflicht:

1. die gleiche Vollmacht, die er hinsichtlich der Provinzen hat, auch für die Vizeprovinzen auszuüben;

2. unbeschadet seines Rechts, wenn nötig, Visitationen zu halten wenigstens einmal während seiner Amtszeit die Provinzen und Vizeprovinzen selbst zu besuchen oder einen anderen hinzusenden, um Anregungen zu geben und ihre Verhältnisse und das Leben der Mitbrüder kennenzulernen;

3. a) mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der betroffenen Mitbrüder sind Missionen, die der Heilige Stuhl oder die Ortsordinarien uns anbieten, zu akzeptieren, unter ihrer eigenen Zuständigkeit zu behalten oder sie einer Provinz oder einer Gruppe von Provinzen anzuvertrauen; auf diejenigen zu verzichten, die uns anvertraut waren;

    b) mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der Betroffenen, Missionsteams unter eigener Zuständigkeit zu bilden oder sie einer Provinz oder einer Gruppe von Provinzen anzuvertrauen;

4. den Visitatoren die Vollmacht zu erteilen, Missionsgebiete, die von dem Ortsordinarius einer Provinz außerhalb ihres Territoriums angeboten oder übertragen wurden, anzunehmen bzw. aufzugeben;

5. mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der Visitatoren und Vizevisitatoren zu angemessener Zeit vor der Generalversammlung eine vorbereitende Kommission zu ernennen;

6. sobald als möglich alles, was die Generalversammlung beschlossen hat, zu veröffentlichen;

7. Verträge von größerer Bedeutung unter Beachtung der Rechtsvorschriften mit Zustimmung seines Rats abzuschließen;

8. aus einem schwerwiegendem Grund mit Zustimmung seines Rats, nach Anhören des Visitators, der Provinzkonsultoren und, wenn genügend Zeit vorhanden ist, möglichst vieler Mitglieder für kurze Zeit die Leitung einer Provinz durch einen Administrator zu übernehmen, der die Rechte ausübt, die ihm der Generalsuperior übertragt;

9. mit Zustimmung seines Rats und nach Anhören der Visitatoren und der betreffenden Mitbrüder diese aus einer Provinz in eine andere zu versetzen;

10. Mitbrüdern, die sich in Übereinstimmung mit dem Recht von der Gemeinschaft getrennt haben, bei ihrem Tod die bei uns üblichen Suffragien zu gewähren;

11. mit Zustimmung seines Rats in Sonderfällen und aus triftigem Grund von der Beobachtung der Statuten und Dekrete zu dispensieren;

12. mit Zustimmung seines Rats und nach Befragen der betreffenden Visitatoren die Provinzdirektoren der Barmherzigen Schwestern zu ernennen;

13. Wohltäter und Freunde der Kongregation zu affilieren, wobei er ihnen mitteilt, dass sie an den geistlichen Gütern der Kongregation Anteil haben.

52. – Der Generalsuperior wohnt in Rom. Das soll ohne Zustimmung der Generalversammlung und ohne Befragung des Heiligen Stuhls nicht geändert werden.

53. – Die vom Generalsuperior für die ganze Kongregation erlassenen Anordnungen bleiben bis zur folgenden Generalversammlung in Kraft, falls nicht vom Generalsuperior selbst oder von seinem Nachfolger etwas anderes bestimmt wurde.

54. – Superioren, Visitatoren und andere, die in der Genossenschaft ein Amt ausüben, sowie die Direktoren der Barmherzigen Schwestern führen der Ordnung halber nach Ablauf ihrer Amtszeit ihr Amt weiter, bis sie von dem Nachfolger abgelöst werden.

 

2. Der Generalvikar

(Konst. Art. 108 – 114)

 

55. – § 1. – Das Amt des Generalvikars erlischt:

  1. mit der Übernahme des Amts durch den Nachfolger;
  2. durch seinen Verzicht, wenn er von der Generalversammlung oder dem Heiligen Stuhl angenommen wird;
  3. durch die vom Heiligen Stuhl verfügte Absetzung.

§ 2. – Wenn es offenkundig ist, dass der Generalvikar zur Ausübung seines Amts unwürdig oder ungeeignet ist, dann ist es Aufgabe des Generalsuperiors und seines Rats, unter Ausschluss des Generalvikars, darüber zu befinden und den Heiligen Stuhl davon zu unterrichten, dessen Weisungen zu befolgen sind.

56. – Der Generalvikar, der als Generalsuperior die Leitung der Kongregation übernommen hat, kann nach Ablauf der sechs Jahre unmittelbar zum Generalsuperior gewählt und dann noch einmal wiedergewählt werden.

 

3. Die Generalassistenten

(Konst. Art. 115 – 118)

 

57. – Weiterhin in Kraft Art. 116 § 2 der Konstitutionen:

§ 1. – Die Generalassistenten werden von verschiedenen Provinzen gewählt unter Berücksichtigung der verschiedenen Kulturen in der Kongregation der Mission.

§ 2. – Die Versammlung bestimmt eine Anzahl an Assistenten.

58. – Die Assistenten müssen mit dem Generalsuperior in demselben Haus residieren. Um einen Generalrat abhalten zu können, müssen außer dem Generalsuperior oder dem Generalvikar zwei Assistenten anwesend sein.

59. – Wenn die Assistenten aus einem triftigen Grund abwesend sind, sodass nicht die nötige Zahl für eine Ratssitzung vorhanden ist, kann der Generalsuperior einen von den Offizialen des Generalrats mit Stimmrecht zur Ratssitzung hinzuziehen, und zwar in dieser Reihenfolge: den Generalsekretär, den Generalökonom oder den Generalprokurator beim Heiligen Stuhl.

60. – Das Amt der Generalassistenten erlischt:

  1. mit der Übernahme des Amts durch den Nachfolger;
  2. durch einen vom Generalsuperior mit Zustimmung der anderen Assistenten oder der Generalversammlung angenommenen Verzicht;
  3. durch Absetzung, die vom Generalsuperior mit Zustimmung der anderen Assistenten und mit Bestätigung des Heiligen Stuhls verfügt wird.

 

4. Die Offiziale der Generalkurie

(Konst. Art. 119)

 

61. – § 1. – Der Generalsekretär:

  1. hilft dem Generalsuperior in allen schriftlichen Angelegenheiten für die ganze Kongregation;
  2. nimmt aufgrund seines Amts an der Sitzung des Generalrats teil, aber ohne Stimmrecht;
  3. kann dem Generalsuperior Mitbrüder vorschlagen, die von diesem nach Maßgabe unseres Rechts zu seinen Mitarbeitern ernannt werden. Sie haben unter seiner Leitung das Archiv zu verwalten, Bekanntmachungen zu veröffentlichen und die Korrespondenz zu erledigen.
  4. § 2. – Ist der Generalsekretär an der Ausübung seines Amts gehindert, so ist es Sache des Generalsuperiors, vorübergehend einen der Assistenten oder Offiziale oder der in der Generalkurie angestellten Mitbrüder mit der Aufgabe zu betrauen.

62. – § 1. – Der Generalökonom verwaltet aufgrund seines Amts unter der Leitung des Generalsuperiors mit seinem Rat die Güter der Kongregation und andere Güter, die der Generalkurie anvertraut sind, entsprechend dem allgemeinen und besonderen Recht.

§ 2. – Im Auftrag des Generalsuperiors visitiert er die Provinzökonomen, in besonderen Fällen auch die Hausökonomen oder die Verwalter wichtiger Unternehmungen.

63. – § 1. – Aufgabe des Generalprokurators beim Heiligen Stuhl ist:

  1. die Eingaben betreffend die gewöhnlichen Vollmachten, die vom Heiligen Stuhl einzuholen sind, zu vermitteln;
  2. mit Zustimmung des Generalsuperiors und nach Anhören der betreffenden Visitatoren die Angelegenheiten der Kongregation, der Provinzen, der Häuser und der Mitbrüder beim Heiligen Stuhl zu vertreten.

§ 2. – Der Generalprokurator beim Heiligen Stuhl kann mit dem schriftlichen Auftrag des Generalsuperiors das Amt des Generalpostulators der Kongregation an der römischen Kurie nach den Vorschriften des Rechts ausüben.

 

Kapitel II. – Provinz und Hausverwaltung

1. Provinzen und Vizeprovinzen

(Konst. Art. 120 – 122)

 

64. – Wenn auch jede Provinz territoriale Grenzen hat, so schließt das nicht aus, dass ein Haus einer Provinz im Territorium einer anderen liegt nach Art. 107.7 der Konstitutionen.

65. – § 1. – Eine Vizeprovinz ist territorial umschrieben und besteht aus mehreren miteinander verbundenen Häusern. Sie hat einen Vertrag mit einer Provinz, von der sie abhängt und mit der sie gewissermaßen ein Ganzes bildet. An ihrer Spitze steht ein Vizevisitator mit eigener ordentlicher Vollmacht gemäß dem allgemeinen und unserem besonderen Recht.

§ 2. – Es kann auch eine Vizeprovinz errichtet werden, die von keiner voll errichteten Provinz, sondern unmittelbar vom Generalsuperior abhängt. An ihrer Spitze steht ein Vizevisitator mit eigener ordentlicher Vollmacht.

§ 3. – Eine Vizeprovinz ist ihrer Natur nach vorübergehend und wird Provinz, wenn die erforderlichen Voraussetzungen gegeben sind.

§ 4. – Was in den Konstitutionen und Statuten der Kongregation von der Provinz gesagt wird, gilt entsprechend auch für die Vizeprovinz, wenn nichts anderes ausdrücklich in den Konstitutionen und Statuten oder in den besonderen Statuten und Abkommen einer jeden Vizeprovinz festgelegt ist.

66. – § 1. – Wird eine Provinz geteilt, sodass eine neue Provinz entsteht, dann sollen auch alle Güter, die zum Vorteil der Provinz bestimmt waren, und die Schulden, die für die Provinz aufgenommen wurden, vom Generalsuperior mi seinem Rat nach Fug und Recht entsprechend aufgeteilt werden unter Beachtung des Willens der frommen Stifter und Spender, erworbener gesetzmäßiger Rechte und der besonderen Normen, nach den die Provinz geleitet wird.

 

2. Visitator und Vizevisitator

(Konst. Art. 123 – 125)

 

67. – Was in den Konstitutionen und Statutenüber den Visitator gesagt wird, gilt auch für den Vizevisitator, wenn nicht in diesen Konstitutionen und Statuten oder in den Normen und Abkommen einer jeden Vizeprovinz etwas anderes festgelegt ist.

68. – § 1. Der Visitator wird vom Generalsuperior mit Zustimmung seines Rats und nach Befragung der Mitbrüder einer Provinz, die aktives Wahlrecht haben, für sechs Jahre ernannt. Auf dieselbe Weise und unter gleichen Bedingungen kann der Visitator einmal oder mehrmals (geändert GV 2016) für weitere  drei Jahre bestätigt werden gemäß den Provinznormen, die in der jeweiligen Provinz in Kraft sind, wobei dies nicht mehr als neun ununterbrochene Jahre betragen darf. (geändert GV 2016)

§ 2 . – Art und Umstände der Befragung können von der Provinzversammlung festgelegt werden, bedürfen aber der Zustimmung des Generalsuperiors und seines Rats.

§ 3. – Die Provinzversammlung kann dem Generalsuperior und seinem Rat eine eigene Form der Wahl des Visitators zur Genehmigung vorlegen; eine derartige Wahl muss wenigstens folgende Bedingungen erfüllen:

  1. Sie muss wenigstens für drei Jahre, höchstens für sechs Jahre gelten;
  2. Der gewählte Visitator darf nicht länger als neun Jahre in seinem Amt bleiben;
  3. In den ersten beiden Wahlgängen wird eine absolute Mehrheit benötigt, ungültige Stimmen nicht mitgezählt; im dritten Wahlgang nur die beiden, die die größte Anzahl an Stimmen im zweiten Wahlgang hatten,  haben passives Wahlrecht, sogar im Falle der Stimmengleichheit;
  4. Bei Stimmengleichheit gilt der dienst älteste Mitbruder als gewählt.

§ 4. – Der Gewählte oder Wiedergewählte kann nur nach Bestätigung durch den Generalsuperior mit Zustimmung seines Rats das Amt des visitators antreten.

69. – Es ist Aufgabe des Visitators:

  1. einen Plan für die Provinz aufzustellen gemäß den Provinznormen und mit Zustimmung seines Rats;
  2. mit Zustimmung seines Rats und nach Befragung des Generalsuperiors unter Beachtung geltender Rechte ein größeres Werk irgendeines Hauses zu gründen oder aufzuheben;
  3. die Mitbrüder den einzelnen Häusern entsprechend ihren Bedürfnissen zuzuweisen, und zwar nach Anhören seines Rats und, soweit es möglich ist, nach Besprechung mit dem betreffenden Mitbruder. In dringenden Fällen muss der Visitator wenigstens die Konsultoren davon in Kenntnis setzen;
  4. mit Zustimmung seines Rats gemäß den Provinznormen den Provinzökonom und den Direktor des Inneren Seminars und den des Studentats zu ernennen;
  5. den vom Haussuperior und seiner Kommunität erstellten gemeinsamen Plan gutzuheißen;
  6. über die Vorgänge in der Provinz und die Visitatoren der Häuser dem Generalsuperior Bericht zu erstatten;
  7. mit Zustimmung seines Rats notwendige und nützliche Verträge zu schließen nach den Normen des allgemeinen und unseres eigenen Rechts;
  8. nach Anhören seines Rats rechtzeitig eine Vorbereitungskommission für die Provinzversammlung einzusetzen;
  9. bei Stimmgleichheit den Ausschlag zu geben nach Maßgabe des Rechts;
  10. möglichst bald den Generalsuperior von der Gelübdeablegung der Mitbrüder und ihrer Inkorporierung in die Gemeinschaft sowie von ihren empfangenen Weihen in Kenntnis zu setzen;
  11. selbst oder durch geeignete Kräfte das Provinzarchiv in Ordnung zu halten;
  12. den Mitbrüdern die Approbation zu erteilen, ihnen die Jurisdiktion zum Beichthören der Mitbrüder und, unbeschadet des Rechts des Ortsordinarius, die Vollmacht zur Verkündigung des Wortes Gottes zu übertragen. Diese Vollmachten kann der Visitator an andere delegieren;
  13. mit Zustimmung seines Rats und aus triftigem Grund in Einzelfällen von der Beobachtung der Provinznormen zu dispensieren.
  14. die Lage von Mitbrüdern zu regeln, die sich in einer irregulären Situation befinden.

70. – § 1. – Der Vizevisitator hat dieselben Rechte, Vollmachten und Pflichten wie der Visitator, wenn nicht ausdrücklich in den Konstitutionen und Statuten etwas anderes festgelegt ist.

71.  – Die Anordnungen des Visitators gelten bis zur nächsten Provinzversammlung, wenn von dem Visitator oder seinem Nachfolger nicht etwas anderes bestimmt wurde.

72. – § 1. – Wenn das Amt des Visitators frei wird, übernimmt der Assistent des Visitators vorübergebend die Leitung der Provinz, ist kein Assistent vorhanden, der älteste Provinzkonsultor. Hierbei geht es nach Dienst-, Berufs- oder Lebensalter, wenn der Generalsuperior nicht anderes vorgesehen hat.

§ 2. – Die Provinzversammlung kann dem Generalsuperior eine besondere Form der vorübergebenden Leitung der Provinz im Fall des Todes des Visitators oder seines vorzeitigen Ausscheidens aus dem Amt zur Genehmigung mit Zustimmung seines Rats vorlegen.

 

 

3. Der Assistent des Visitators

(Konst. Art. 126)

 

73. – § 1. – Der Assistent des Visitators ist einer der Provinzkonsultoren. Er wird von den Konsultoren selbst mit dem Visitator gewählt, wenn die Provinzversammlung nichts anderes vorgesehen hat.

§ 2 . – Im Falle der Abwesenheit des Visitators hat der Assistent dessen Vollmachten, außer in dem, was der Visitator sich vorbehalten hat.

§ 3. – Ist der Visitator an der Ausübung  seines Amtes gehindert, so tritt der Assistent mit allen Rechten an seine Stelle, bis das Hindernis beseitigt ist. Über das Hindernis urteilt der Provinzrat ohne den Visitator. Möglichst bald ist dem Generalsuperior Mitteilung zu machen, dessen Weisungen dann zu folgen ist.

 

4. Der Rat des Visitators

(Konst. Art. 127)

 

74. – § 1. – Die Ratsmitglieder werden für drei Jahre vom Visitator ernannt, nachdem er wenigstens die Mitbrüder mit aktivem Wahlrecht konsultiert hat. Auf dieselbe Weise und unter denselben Bedingungen können die Konsultoren für ein zweites und ein drittes Triennium, nicht aber für ein viertes wiederbestätigt werden.

§ 2. – Die Provinzversammlung kann dem Generalsuperior eine besondere Form der Ernennung oder der Wahl der Konsultoren zur Genehmigung mit Zustimmung seines Rats vorlegen, auch bezüglich deren Zahl, der Zeit ihrer Ernennung und ihrer Amtsdauer. Der Visitator muss den Generalsuperior von der Ernennung eines Provinzkonsultors benachrichtigen.

§ 3. – Ein Provinzkonsultor kann auf Vorschlag des Visitators mit Zustimmung seines Rats vom Generalsuperior aus schwerwiegendem Grund seines Amtes enthoben werden.

§ 4. – Was in Art. 73, § 2 und § 3 von dem Provinzassistenten gesagt ist, gilt auch für den Provinzkonsultor, der nach Dienst-, Berufs- oder Lebensjahren der älteste ist, wo es in einer Provinz keinen Assistenten gibt, falls die Provinznormen nicht anderes vorsehen.

 

 

5. Der Provinzökonom

(Konst. Art. 128)

 

75. – Der Ökonom wird vom Visitator mit Zustimmung seines Rats ernannt, wenn in den Provinznormen nichts anderes festgesetzt ist.

76. – Wenn der Ökonom nicht Mitglied des Provinzrates ist, nimmt er nur daran teil, wenn er vom Visitator zugezogen wird, jedoch ohne Stimmrecht.

77. – Aufgabe des Provinzökonoms ist es:

  1. dafür zu sorgen, dass die Besitzrechte der Provinz im kirchlichen und zivilen Bereich gewahrt werden;
  2. mit Rat und Tat den Hausökonomen bei ihrer Aufgabe zu helfen und ihre Verwaltung zu überwachen;
  3. dafür zu sorgen, dass jedes Haus die ihm auferlegte Summe für die Aufgaben der Provinz abführt, und zur gegebenen Zeit den festgesetzten Betrag an den Generalökonom zu schicken;
  4. dafür zu sorgen, dass unseren Angestellten der gerechte Lohn gezahlt wird und die Zivilgesetze bezüglich Steuern und sozialen Abgaben genau beachtet werden;
  5. Belege über Einnahmen und Ausgaben sowie andere Dokumente geordnet aufzubewahren;
  6. dem Visitator und seinem Rat von seiner Verwaltung Rechenschaft zu geben gemäß Art.103.

6. Die Regionen

78. – § 1. – Eine Region ist ein Gebiet mit mindestens einem Haus, das zu einer Provinz gehört oder unmittelbar dem Generalsuperior unterstellt ist.

§ 2. – Eine Region wird vom Generalsuperior und seinem Rat oder vom Visitator und seinem Rat errichtet.

§ 3. – Der Regionssuperior erhält die ihm zugewiesenen Vollmachten vom Generalsuperior oder vom Visitator, sodass ihm die Umsetzung der Mission, wie es die Kongregation für geeignet erachtet, erleichtert wird.

§ 4. – Sobald der Regionssuperior vom Visitator und seinem Rat ernannt wurde, muss seine Ernennung vom Generalsuperior und seinem Rat genehmigt werden (vgl. Konst. Art. 125, 5°).

§ 5. – Die Region wird durch eine schriftliche Vereinbarung konstituiert, in der die erteilten Vollmachten und die gegenseitigen Verpflichtungen zwischen dem Generalsuperior oder den Visitator  und den Regionssuperior genau aufgeführt sind.

§ 6. – Man kann eine Region errichten entweder um ihr die Autonomie zum Wandel in eine Vizeprovinz oder eine Provinz zu ermöglichen oder um eine Region zu werden, weil sie ihre Autonomie als Provinz oder als Vizeprovinz nicht aufrechterhalten kann.

§ 7. Um eine Region in eine Vizeprovinz und eine Vizeprovinz in eine Provinz zu wandeln, ist es notwendig, dass die Region oder die Vizeprovinz eine konkrete Möglichkeit von Berufungen hat und über eine auseichende  ökonomische Basis verfügt, um ihre Missionen und Missionare zu unterhalten.

 

7. Die Konferenzen der Visitatoren

79. – § 1. – Um die Provinzen untereinander zur Zusammenarbeit im Bereich der Mission, der Kommunikation und der Ausbildung zu ermutigen, sollten die Visitatoren Konferenzen bilden.

§ 2 – Diese Konferenzen müssen immer die Einheit der Kongregation, die Autonomie der Provinzen und die Prinzipien der Subsidiarität und der Mitverantwortung sicherstellen.

§ 3. – Es ist Sache jeder Konferenz ihre eigenen Statuten zu erstellen und diese an den Generalsuperior und seinen Rat weiterzuleiten.

 

8. Die Ämter der Hausverwaltung

(Konst. Art. 129 – 134)

 

80.  – Recht und Pflicht des Superiors ist es:

  1. den Visitator über den Stand des ihm anvertrauten Hauses auf dem Laufenden zu halten;
  2. Aufgaben und Ämter, deren Übertragung nicht den höheren Obern vorbehalten ist, den Mitbrüdern des Hauses anzuvertrauen;
  3. die Hausversammlung einzuberufen und zu leiten;
  4. zusammen mit seiner Kommunität den gemeinsamen Plan des Hauses zu erarbeiten und dem Visitator zur Genehmigung vorzulegen;
  5. Archiv und Siegel des Hauses zu besitzen;
  6. den Mitbrüdern die Dekrete und Bekanntmachungen der Kongregation mitzuteilen;
  7. dafür zu sorgen, dass die Messverpflichtungen erfüllt werden.

81. –  § 1. – Bei der Verwaltung des Hauses helfen dem Superior alle Mitbrüder, besonders der Assistent und der Ökonom, die gemäß den Provinznormen ernannt werden.

§ 2. – Der Assistent übt in Abwesenheit des Superiors vollständig dessen Amt aus gemäß den Normen unseres eigenen Rechts.

§ 3. – Die Mitbrüder einer Kommunität sollen sich häufig nach Art eines Hausrats zusammenfinden.

 

Kapitel III – Die Versammlungen

1. Allgemeine Bestimmungen

(Konst. Art. 135 – 136)

 

82. – Obere und Mitbrüder sollen die Versammlungen vorbereiten, aktiv daran teilnehmen und schließlich treu deren Gesetze und Bestimmungen durchführen.

83. – § 1. – Bei den Wahlen sind wenigstens drei Wahlvorsteher erforderlich.

§ 2. – Von Rechts wegen sind Wahlvorsteher zugleich mit dem Vorsitzenden und dem Sekretär die beiden jüngsten Mitglieder der Versammlung.

§ 3. – Zu Beginn der Versammlung wird ein Sekretär gewählt, dessen Aufgabe es ist,

  1. das Amt des ersten Wahlvorstehers auszuüben.
  2. Die Sitzungsberichte und Dokumente zu schreiben.

84. – Vor und während der Wahl sorge man für einen freien Austausch von Informationen bezüglich der zu behandelnden Gegenstände und der Eignung der zu wählenden Personen.

85. – Nach Behandlung der Tagesordnung werden die Akten der Versammlung von den Teilnehmern bestätigt und vom Vorsitzenden, dem Sekretär und allen Versammelten unterschrieben, mit dem Siegel versehen und sorgfältig bei den Akten aufbewahrt.

 

 

2. Die Generalversammlung

(Konst. Art. 137 – 142)

 

86. – Eine Generalversammlung hat das Recht, Erklärungen mit lehrhaftem und mahnendem Charakter zu geben.

87. – § 1. – Eine ordentliche Generalversammlung ist sechs Jahre nach der letzten ordentlichen Generalversammlung abzuhalten.

§ 2. – Eine außerordentliche Generalversammlung wird abgehalten, sooft es der Generalsuperior mit Zustimmung seines Rats bis zu sechs Monate früher oder später angesetzt werden, gerechnet vom Beginn der letzten ordentlichen Generalversammlung.

89. – § 1. – Der Generalsuperior, der Generalvikar und die Generalassistenten bleiben, auch wenn sie ihr Amt niedergelegt haben, Mitglieder der Generalversammlung bei den noch folgenden Sitzungen dieser Generalversammlung.

§ 2. – Außer denen, die nach Maßgabe unserer Konstitutionen aufgrund ihres Amts an der Generalversammlung teilzunehmen haben, muss ein Delegierter für die ersten fünfundsiebzig (geändert GV 2016) Mitbrüder seiner Provinz bzw. Vizeprovinz, die aktives Wahlrecht haben, da sein; hat aber eine Provinz mehr als fünfundsiebzig (geändert GV 2016) Mitglieder mit aktivem Wahlrecht, dann schickt sie einen weiteren Delegierten für je 50 (geändert GV 2016) Mitbrüder sowie für den übrig bleibenden Rest.

Die Anzahl der Delegierten für die Generalversammlung wird nach der Zahl der Mitbrüder berechnet, die am Tag der Wahl der Delegierten bei der Provinzversammlung aktives Wahlrecht haben.

§ 3. – Ist das Amt des Visitators frei, dann geht der zur Generalversammlung, der die Leitung der Provinz übernommen hat. Wenn der Visitator rechtmäßig verhindert ist, so tritt an seine Stelle derjenige, der ihn in seinem Amt vertritt. Wurde dieser aber um Delegierten gewählt, dann geht der erste Ersatzmann zur Generalversammlung.

90. – § 1. – Falls kein Bruder für die Teilnahme an der Generalversammlung gewählt wird, werden der Generalsuperior und sein Rat sicherstellen, dass einer von ihnen präsent ist.

§ 2. – Der Generalsuperior und sein Rat entscheiden darüber, wie die Fälle gelöst werden können, wo eine legitime Wahl der Delegierten für die Generalversammlung und die Wichtigkeit ihrer Präsens dort, unmöglich ist.

 

91. – § 1. – Rechtzeitig vor Einberufung der Generalversammlung ernennt der Generalsuperior mit seinem Rat nach Anhören der Visitatoren und unter Beachtung der verschiedenen Regionen und Werke eine Vorbereitungskommission.

§ 2. – Ohne dem Generalsuperior und seinem Rat die umfassende Vollmacht zu nehmen, die Arbeiten der Vorbereitungskommission entsprechend zur Ordnen, können deren Aufgaben sein:

  1. bei den Provinzen und den einzelnen Mitbrüdern anzufragen, welche Probleme nach ihrer Meinung die dringendsten sind und wie sie in der Generalversammlung behandelt werden sollen;
  2. nach Erhalt der Antworten die in Hinsicht auf die Erfordernisse der Zeit drängendsten und umfassendsten Gegenstände auszuwählen, die Themen zu studieren, Unterlagen zu sammeln und das alles rechtzeitig vor Abhalten der Hausversammlungen den Visitatoren zukommen zu lassen;
  3. die Vorschläge oder Forderungen der Provinzversammlungen, die Untersuchungen der Provinzen, die Forderungen, die der Generalsuperior nach Anhören seines Rats formuliert, zu sammeln;
  4. alles zu ordnen, daraus die Arbeitsgrundlage zu erstellen und das Ganze so rechtzeitig zu verschicken, dass die Mitglieder der Versammlung und die Ersatzleute sie zwei volle Monate vor Beginn der Generalversammlung in den Händen haben.

§ 3. – Mit Beginn der Generalversammlung erlischt die Aufgabe dieser Kommission; aber wenn es angebracht ist, gibt der Vorsitzende selbst oder durch einen anderen eine Erklärung über die Arbeitsweise der Kommission ab.

92. – § 1. – Am Tag der Wahl des Generalsuperiors feiern die versammelten Wähler das heilige Opfer für eine glückliche Wahl. Nach einer kurzen Ansprache beginnt die Sitzung zur festgesetzten Stunde unter Leitung des Vorsitzenden.

§ 2. – Auf vorbereitete Zettel schreiben die Wähler den Namen dessen, den sie zum Generalsuperior wählen wollen.

§ 3. – Die Zettel werden gezählt, und wenn ihre Zahl die Anzahl der Wähler überschreitet, ist die Wahl ungültig, und neue Zettel sind zu schreiben.

93. – Das von einer Generalversammlung approbierte Direktorium bleibt in Kraft, bis es von einer anderen Generalversammlung geändert oder außer Kraft gesetzt wird.

 

3. Die Provinzversammlungen

(Konst. Art. 143 – 146)

 

94. – Von der Provinzversammlung festgesetzte Normen sind allgemeine Regeln für alle in diesen Normen erwähnen Fälle. Jedoch berühren diese Normen nicht die Autorität des Visitators, wie sie im allgemeinen und unserem eigenen Recht umschrieben ist, noch die zur Erfüllung seines Amts notwendige Exekutivgewalt. Sie bleiben in Kraft, bis sie von einer späteren Provinzversammlung oder vom Generalsuperior aufgehoben werden.

95. – Der Visitator setzt nach Anhören seines Rats den Tag fest und bestimmt den Ort, wo die Provinzversammlung stattfinden soll.

96. – Der Generalsuperior setzt den Visitator innerhalb von zwei Monaten nach Erhalt der Provinznormen von seiner Entscheidung hierüber in Kenntnis.

97. – Wenn nichts anderes durch die Provinznormen festgelegt ist, müssen aus der Gesamtzahl der Mitbrüder mit passivem Wahlrecht ebenso viele Delegierte an der Provinzversammlung teilnehmen, wie aufgrund ihres Amts teilnehmen müssen. Dazu kommen auf je 25 Mitglieder mit aktivem Wahlrecht noch ein Delegierter und noch einer für den Rest.

98. – Als Delegierte sind gewählt, die aus der Gesamtzahl der Mitbrüder einer Provinz die höchste Stimmenzahl erhalten haben. Bei Stimmengleichheit entscheidet das Berufs- oder Lebensalter. Ebenso viele Ersatzleute sind mit Stimmenmehrheit zu wählen.

99. – Wenn ein Haussuperior verhindert ist an der Provinzversammlung teilzunehmen, tritt der Assistent an seine Stelle. Wurde dieser als Delegierter gewählt, rückt an seine Stelle der nächste der Ersatzleute.

100. – Die Provinzversammlung kann eine andere Form der Teilnahme an der Provinzversammlung dem Generalsuperior zur Genehmigung vorlegen, der darüber mit Zustimmung seines Rats befindet. Es müssen auf jeden Fall mehr gewählte Delegierte sein, als aufgrund ihres Amts teilnehmen.

101. – Es ist Sache der einzelnen Provinzen, innerhalb des allgemeinen und unseres eigenen Rechs in der Versammlung eigenen Normen oder ein Direktorium für den Tagesablauf festzulegen.

 

102. – Die Wahl der Delegierten und der Ersatzleute für die Generalversammlung vollzieht sich in der Provinzversammlung in getrennten Wahlgängen mit absoluter Stimmenmehrheit. Wenn im ersten und zweiten Wahlgang keiner gewählt wurde, ist im dritten Wahlgang der gewählt, der die meisten Stimmen erhielt, bei Stimmengleichheit der nach Beruf- oder Lebensjahren ältere.

 

2. Abschnitt – Die zeitlichen Güter

(Konst. Art. 148 – 155)

 

103. – Die Kongregation soll folgende Prinzipien ständig erwägen, mit dem Herzen umfassen und getreu und entschlossen in die Tat umsetzen:

  1. den einmütigen Versuch der Erneuerung einer einfachen Lebensweise, die mehr durch Taten als durch Worte im Namen der Armut Christi gegen die Habgier einer Überflussgesellschaft und die Gier nach Reichtum, der fast die ganze Welt zugrunde richtet (vgl. Allg. regeln III, 1), ankämpft;
  2. das tatkräftige Bemühen, ihr Eigentum zur Förderung der sozialen Gerechtigkeit einzusetzen;
  3. die Veräußerung aller überflüssigen Güter um Nutzen der Armen.

104. – Der Generalsuperior hat das Recht, mit Zustimmung seines Rats den Provinzen unter Beachtung des Gleichheitsprinzips eine Abgabesumme aufzuerlegen. Dasselbe gilt vom Visitator mit Zustimmung seines Rats hinsichtlich der Häuser seiner Provinz.

105. – Unter Leitung und Kontrolle der Obern und ihres Rats stehen die Güter, die der Kongregation zur Verwaltung übergeben wurde.

106. – § 1. – Die Ökonomen müssen den Obern Rechenschaft geben und den Mitbrüdern Einblick in ihre Verwaltung gewähren.

§ 2. – Die Rechnungsablage über Einnahmen und Ausgaben ist vom Generalsuperior einmal im Jahr u prüfen, wenn es sich um den Generalökonom handelt; vom Visitator zweimal im Jahr beim Provinzökonomen, vom Haussuperior monatlich beim Hausökonomen. Die Rechnungsablage soll nur unterschrieben werden, wenn sie sich als richtig erweist.

§ 3.- Mitbrüder, denen die Verwaltung besonderer Werke der Provinz oder eines Hauses übertragen ist, legen ihre Abrechnung über die Einnahmen und Ausgaben ihrem jeweiligen Obern zu der Zeit und in der Form vor, wie sie durch die Provinznormen festgelegt sind.

§ 4. – Wenn es sich um Güter handelt, die nicht Eigentum der Gemeinschaft sind, sondern ihrer Verwaltung übergeben wurden, dann muss die Rechenschaftsablage darüber sowohl dem Eigentümer als auch dem Obern unterbreitet werden.

§ 5. – Der Generalökonom gibt einen allgemeinen Bericht von seiner Verwaltung den Visitatoren am Ende des Jahres und alle sechs Jahre der Generalversammlung.

§ 6. – Die Visitatoren sollen eine Abrechnung ihrer Provinz nach Jahresende dem Generalsuperior schicken.

§ 7. – Die Provinzökonomen sollen den Mitbrüdern ihrer Provinz einen allgemeinen Überblick über ihre Verwaltung und den Vermögensstand der Provinz gemäß den Provinznormen bieten.

107. – Alle Mitglieder der Verwaltung, sowohl die Obern wie die Ökonomen, können im Namen der Provinz nur innerhalb der Grenzen ihres Amts und im Rahmen des Rechts gültig handeln. Deswegen sind die Kongregation, die Provinz und das Haus nur verantwortlich für Rechtshandlungen, die gemäß obiger Norm geschehen sind. Im Übrigen sind die verantwortlich, die die unerlaubten und ungültigen Akte vollzogen haben. Wenn jedoch eine juristische Person der Kongregation, auf mit Erlaubnis, Schulden aufgenommen hat und Verpflichtungen eingegangen ist, ist sie selbst aus eigenen Mitteln dafür haftbar.

108.  – § 1. – Die Generalversammlung kann eine Höchstsumme festlegen, über die hinaus der Generalsuperior keine außerordentlichen Ausgaben machen kann.

§ 2. – Die Visitatoren können Ausgaben machen gemäß der von der Provinzversammlung festgelegten Norm.

§ 3. – Die Haussuperioren können Ausgaben machen innerhalb der in der Provinz festgelegten Norm.

109. – Die Obern sollen keine Verschuldung erlauben, wenn nicht sicher feststeht, dass sie aus den laufenden Einkünften abgetragen und innerhalb einer bestimmten Zeit durch Abzahlung getilgt werden kann.

110. – § 1. – Die Bestimmungen des Arbeitsrechts und der Sozialgesetzgebung sowie die Versicherungsbestimmungen für Arbeitnehmer in unseren Häusern und Werken sollen genau beobachtet werden.

§ 2. – Die Obern sollen mit größter Umsicht vorgehen, wenn sie fromme Stiftungen annehmen, die Verpflichtungen auf längere Zeit mit sich bringen. Es sollen keine zeitlich unbegrenzten Verpflichtungen übernommen werden.

§ 3. – Schenkungen aus den gemeinsamen Gütern der Häuser, Provinzen und der Kongregation sollen nur nach Maßgabe der Konstitutionen und Statuten gemacht werden.

§ 4. – Bei Gütern, die der Kongregation, einer Provinz und einem Haus durch Testament oder Schenkung zukommen, soll bezüglich Besitz und Verwendung der Wille der Geber erfüllt werden.

§ 5. – Man sorge dafür, dass für die Mitbrüder durch die Genossenschaft, durch den Bischof oder durch andere, für die sie arbeiten, eine Sozialversicherung abgeschlossen wird. Die Häuser, die Provinzen und die Generalkurie selbst sollen Versicherungen verschiedener Art abschließen.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INHALTSVERZEICHNIS DER STATUTEN

 

     Art………….. 181

 

DAS LEBEN  IN  DER KONGREGATION DER MISSION                                       

Kapitel I    –   Unsere apostolische Tätigkeit                                                                          

Kapitel II   –   Das Gemeinschaftsleben                                                                    

Kapitel III  –  Keuschheit, Armut, Gehorsam                                                            

Kapitel IV  –   Das Gebet                                                                                                  

Kapitel V   –   Die Mitglieder                                                                            

 1. Aufnahme                                                                                  

 2. Rechte und Pflichten                                                                              

 3. Zugehörigkeit –Provinz, Haus                                                                    

 4. Austritt, Entlassung und Wiederaufnahme                                                            Kapitel VI  –   Die Ausbildung                                                                            

   I – Weckung und Pflege von Berufen                                                            

  II –  Die Ausbildung der Mitbruder,                                                                      

      1. Grundsätzliches                                                                                    

      2. Das Innere Seminar                                                                        

      3. Das Große Seminar                                                                          

      4. Die Ausbildung der Brüder                                                                      

      5. Direktoren und Professoren                                                                    

DIE ORGANISATION                                                                                       

    1. Abschnitt – Die Leitung                                                                                           

          Kapitel I – Die Zentralverwaltung

1. Der Generalsuperior                                

2. Der Generalvikar                        

3. Die Generalassistenten                                        

 4. Die Offiziale der Generalkurie                  

Kapitel II —  Provinz und Hausverwaltung                  

1. Provinzen und Vizeprovinzen        

2. Visitator und Vizevisitator                        

3. Der Assistent des Visitators                   

4. Der Rat des Visitators                        

5. Der Provinzökonom

6. Die Regionen                        

7. Die Konferenzen der Visitatoren

8. Die Ämter der Hausverwaltung        

Kapitel III  –   Die Versammlungen        

1. Allgemeine Bestimmungen                  

2. Die Generalversammlung                

3. Die Provinzversammlung                        

2. Abschnitt – Die zeitlichen Güter        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANHANG

 

INTERPRETATION DES FUNDAMETALSTATUTS ÜBER DIE ARMUT

(A) Inhalt

Das Fundamentalstatut enthält folgende maßgebende Elemente:

1.  — Es setzt voraus, dass die Mitbrüder das Eigentumsrecht über ihre  unbeweglichen  Güter oder einfachen Benefizien behalten, die sie besitzen oder in Zukunft besitzen werden.

2.  — Die  Mitbrüder  sind  verpflichtet,  deren Erträge für gute Werke zu verwenden.

Dies ist die hauptsächliche und positive Norm, die sich aus unserer vinzentinischen Ausrichtung ergibt, wodurch wir uns selbst und was wir haben in den Dienst der Evangelisierung der Armen stellen. Das ist der herausragende evangelische Sinn des Statuts. Pietät und Gerechtigkeit verlangen jedoch, vor allem den Nöten bedürftiger Eltern und Verwandten zu Hilfe zu kommen.

3.  — Die Mitbrüder können die Erträge nicht für sich behalten.

Das ist eine negative Norm, die uns nämlich verbietet, „Kapitalisten» zu werden, indem wir die Gewinne anhäufen und reich werden. Sie ergibt sich aus der evangelischen Armut, die ja nicht nur eine Armut im Geiste ist, sondern eine reale Armut.

4.  — Mit Erlaubnis der Obern können die Mitbrüder die Erträge zum eigenen Gebrauch benützen.

Dies ist eine permissive Norm. Offensichtlich handelt es sich um ein Zugeständnis, keineswegs jedoch um eine positive Verhaltensregel, die empfohlen würde (vgl. Coste XIII, 382).

5.  — Die Mitbrüder können nicht frei über ihr Eigentum verfügen; denn auch darin sind sie von den Obern abhängig. Diese Norm  leitet sich aus der Gemeinschaftsdimension unserer Armut ab.

(B) Erklärung

1. — Die unbeweglichen Güter und einfachen Benefizien werden im Statut gleichsam als Quellen betrachtet, aus denen Gewinne fließen. Daher können alle heutigen gewinnabwerfenden Güter sowie unser Recht auf diese Einkünfte nach allgemeinem Dafür-halten in den verschiedenen Gegenden unter dieselbe Kategorie eingereiht werden.

2.  — Über die beweglichen Güter, die nicht Erträge gewinnbringender Güter sind, wird im Statut nichts ausgesagt. Dem Geist des Statuts entsprechend können sich jedoch diese beweglichen Güter weder der hauptsächlichen und positiven Norm entziehen,  die  uns verpflichtet, sie selbst oder durch die Gemeinschaft zur Evangelisierung der Armen zu verwenden, noch den anderen Normen.

3.  — Das Fundamentalstatut ist nicht die einzige Quelle der Normen, durch die unser Armutsgelübde ausgerichtet wird.

4.  — Andere   Prinzipien   der   vinzentinischen Armut verhelfen zu einem besseren Verständnis des Fundamentalstatuts, z. B.

a)  unser Entschluss, den Armen das Evangelium zu verkünden;

b)  die Armut im Geiste (Allgem. Reg. III, 4,7);

c)  die Gütergemeinschaft (Allgem. Reg. III, 3, 4,5,6);

d) Konformität unseres Lebens mit dem Leben der Armen (Allgem. Reg. III, 7);

e)  das universale Gesetz der Arbeit (Konf. des hl. Vinzenz vom Juli 1656);

239

f)  die Tatsache, dass der Ertrag unserer Arbeit Eigentum der Gemeinschaft ist;

g)  die Vorschrift, dass die Güter der Gemeinschaft als Eigentum der Armen zu betrachten sind; dass es weder dem einzelnen noch der Gesamtheit erlaubt ist, die Güter unproduktiv aufzubewahren, dass sie vielmehr auf die möglichst gewinnbringende Weise zum Nutzen der Armen anzulegen sind;

h) die Tatsache, dass die Gemeinschaft Eigentum besitzt, damit wir unsere Arbeiten, wenn notwendig, unentgeltlich verrichten können (vgl. Allgem. Reg. III, 2; Konf. des hl. Vinzenz vom 14. November 1659, Coste XII, 377–386).

 

 

 

 

Bestätigung der Gelübdeablegung

 

Ich………., unwürdiger……….der Kongregation der Mission, geboren in   ……, Diözese

………., am……..als Sohn von……. und………,  ins Seminar aufgenommen am……..,  

habe die Gelübde besagter Genossenschaft gemäß ihren Konstitutionen, die ich eingehend kennengelernt habe, am   …….in Gegenwart des Herrn   ………, eines Mitglieds der

Gemeinschaft, abgelegt.

 

(Unterschrift des Gelobenden)

(Unterschrift des anwesenden Mitbruders)

Decreto de promulgación de los Estatutos renovados

Con el consentimiento de mi Consejo entrego a la Congregación de la Misión los Estatutos renovados y aprobados por la Asamblea General 2010.

Para los Estatutos renovados o nuevos el texto oficial es el italiano.

Roma, día 27 de septiembre de 2011 Solemnidad de San Vicente de Paúl

 

G. Gregory Gay, C.M.

Superior General

 

A propósito

de los Estatutos renovados

Javier Álvarez, C.M.

Vicario General

 

La última Asamblea General 2010, además  de  reflexionar  sobre  “la fidelidad creativa para la misión”, dedicó no poco tiempo y esfuer- zos a revisar los Estatutos de la Congregación y a aprobar los renova- dos. En este número de “Vincentiana” los presentamos en cinco lenguas. Como es natural, la Asamblea no pudo llegar a todos los detalles de cada número renovado, como por ejemplo, la nueva numeración como resultado de añadir algunos números, la puntuación correcta, la tra- ducción a las lenguas oficiales de la Congregación (incluida la traduc- ción al latín), etc. La Asamblea dio un voto de confianza al Superior General y su Consejo para que lo hicieran ellos directamente o a través de una comisión. Esta es la razón de por qué los Estatutos aparecen varios meses después de finalizar la Asamblea.

LOS ESTATUTOS, CÓDIGO ADICIONAL DE LAS CONSTITUCIONES

Las Constituciones y Estatutos tienen en común el enfoque: las unas y los otros son expresión del carisma específico de la Congregación y, por consiguiente, guardianas de su unidad y su identidad particular en la Iglesia. En un mundo diverso y variado como es el nuestro, la Con- gregación tiene en las Constituciones y Estatutos un punto de referen- cia para conservarse como un todo, como un cuerpo unitario y armónico, evidentemente respetando siempre la diversidad legítima. Además, nuestras Constituciones y Estatutos señalan el camino y las condiciones esenciales para preservar esta unidad, sin la cual la Con- gregación dejaría de ser una fuerza efectiva en el ámbito local e inter- nacional. Lo mismo podemos decir con respecto a nuestro ser, a nuestro vivir y a nuestro actuar. Ellas son algo así como la brújula o      el mapa de viaje de la Congregación a través del tiempo.

Hasta aquí los puntos comunes entre las Constituciones y Estatutos. Sin embargo, hay también diferencias notables entre ambos, aunque los dos formen parte del mismo libro. En el motu proprio Ecclesiae

324        Javier Álvarez, C.M.

Sanctae, nº 14, se dice que la finalidad de los Estatutos es recoger toda aquella normativa que no debe estar en las Constituciones por ser más aplicativa y práctica, y por ende, más sujeta a cambios y modificacio- nes. Las Constituciones, por ser el libro de vida carismática de la Congregación, son mucho más estables. Los Estatutos son más flexibles y modificables, porque deben responder a los tiempos y a los lugares concretos. Por consiguiente, pueden y deben cambiar en la medida en que cambien las circunstancias, dejando a un lado lo que sea anticuado y discordante.

La naturaleza de los Estatutos es mucho más jurídica que la de las Constituciones. Éstas también contienen aspectos jurídicos (sólo aque- llos que constituyen el patrimonio estable, permanente y universal de la Congregación), pero están revestidas de reflexiones teológicas y de genuina espiritualidad vicenciana. Ahora bien, el hecho de que los Estatutos sean un texto eminentemente normativo, eso no quiere decir que el aspecto doctrinal esté totalmente ausente en ellos. Su inspiración no es otra que el carisma vicenciano concretado en las Constituciones. De hecho, los Estatutos siguen exactamente la misma estructura que las Constituciones. Esto significa que aquellos no se pueden leer, estu- diar o meditar al margen de éstas.

Tanto las Constituciones como los Estatutos forman parte del lla- mado “derecho propio” de la Congregación. Mientras aquellas necesi- tan la aprobación de la Santa Sede, los Estatutos, tanto si se trata de elaborarlos por primera vez como si se trata de renovarlos, sólo requie- ren la aprobación de la Asamblea General (cf. C 137 & 3).

LOS ESTATUTOS RENOVADOS

A pesar de la reflexión profunda que la Asamblea hizo sobre varios números de los Estatutos, sin embargo los cambios no han sido muchos ni de gran calado. Este dato ya nos revela la validez y la seriedad con que fueron elaboradas nuestras Constituciones. Señalamos, a continua- ción los principales cambios:

      • Cambios de redacción:
      • EE 2; 7; 13; 41; 51, 3 y 12; 54 y 68.
      • Cambio de contenido:
      • E 17. Este número es el resultado de los antiguos 17-18.
      • E 29 & 2, clarifica el antiguo 28 & 2 en lo que se refiere a los cohermanos que trabajan en la Curia General.
      • E 33. Este número es el resultado de la fusión de los anteriores 32 y 33, referente a la inscripción de misioneros de una Pro- vincia a otra.

A propósito de los Estatutos renovados        325

      • E 43. Nueva redacción reconociendo que el Seminario Interno puede ser también internacional.
      • E 51. A este número, que trata de las competencias del Superior General, se han añadido los párrafos 14, 15, 16 y 17.
      • E 69. A este número, que trata de las competencias del Visita- dor, se ha añadido el párrafo 14.
      • Estatutos nuevos:
      • E 18: profundización en nuestro voto de estabilidad.
      • E 26: misioneros privados de voz activa y pasiva.
      • E 57: número y diversidad de Asistentes Generales.
      • E 78: Regiones en la Congregación.
      • E 79: Las Conferencias de Visitadores.
      • E 90: Presencia de los Hermanos en la Asamblea General.

ESTATUTOS DE LA CONGREGACIÓN DE LA MISIÓN

 

VIDA EN LA CONGREGACIÓN

CAPITULO I

Actividad apostólica (a. 10-18)

  1. — Abandónense gradualmente las obras de apostolado que, tras un ponderado examen, se vea que en la actualidad han dejado de res- ponder a la vocación de la Congregación.
  2. — En el actual contexto de globalización, múltiples factores y situaciones ponen a prueba la fe y representan desafíos para los méto- dos tradicionales de evangelización. Los misioneros tomarán seria- mente en consideración todo esto, convencidos de que esta situación exige de ellos un testimonio personal y comunitario de fe sólida en el Dios de Jesucristo y la búsqueda de nuevos caminos para realizar bien su vocación de evangelizadores de los pobres.
  3. — Las Provincias y las Casas trabajarán de buen grado en los planes de pastoral, colaborando fraternalmente tanto entre sí, como con el clero secular, los institutos religiosos y los laicos.
  4. — Los misioneros fomentarán el diálogo ecuménico y participa- rán activamente con los demás, sean o no cristianos, en lo religioso, social y cultural.
  5. — En lo tocante a las misiones « ad gentes » atiéndase a estas normas:
      1. consecuentes con su responsabilidad, las Provincias, ya por propia iniciativa, ya por invitación del Superior General, ayúdense unas a otras;
      2. cada Provincia, o varias de común acuerdo, deben aceptar al menos, un territorio de misión, donde enviar misioneros como obreros a la mies del Señor;
      3. concédase a los miembros de la Congregación la facultad de ayudar de forma concreta a la obra de las misiones, incluso ofrecién- dose a realizar allí el servicio de evangelización;
      4. estimúlese, además, a los miembros de la Congregación a que participen en las obras misionales de la Iglesia universal y local. Asi- mismo organícense de manera adecuada las obras misionales propias de la Congregación.
      5. — Los misioneros enviados «ad gentes» se prepararán a concien- cia con el conocimiento de la realidad del país donde han de trabajar, para desempeñar allí servicios determinados, de suerte que la acción pastoral que asuman responda con eficacia a las necesidades locales.
      6. — § 1.  Los misioneros, en sus actividades apostólicas, tendrán un especial cuidado en promover y asistir a la Familia Vicenciana y a las asociaciones laicales vicencianas que forman parte de ella.

§ 2. Todos los misioneros deberán estar adecuadamente prepara- dos para prestar este servicio a las diversas ramas de la Familia Vicen- ciana y disponibles a prestarlo cuando les sea pedido.

§ 3. El centro de este servicio consistirá en compartir la propia experiencia de fe a la luz de las enseñanzas de la Iglesia y del espíritu vicenciano. Para que este servicio responda a las necesidades de hoy,  se deberá prestar atención a la necesaria formación teológico-espiri- tual, técnica, profesional y político-social.

§ 4. En el momento de cerrar Casas, se prestará una especial atención a facilitar la continuidad de grupos laicales que comparten el espíritu vicenciano.

      1. — Foméntense reuniones interprovinciales para un mejor cono- cimiento de la vocación de los misioneros y de los métodos de acción pastoral que respondan con más eficacia a las condiciones concretas y a los cambios de personas y cosas.
      2. — § 1. Corresponde a las Provincias, según las circunstancias, establecer normas sobre la acción social y determinar los medios con- cretos con que acelerar la llegada de la justicia social.

§ 2. Los misioneros cooperarán, además según las circunstancias de tiempo y lugar, con las asociaciones para la defensa de los derechos humanos y para el fomento de la justicia y de la paz.

      1. — § 1. Entre las actividades apostólicas de la Congregación se cuentan las parroquias, con tal de que el apostolado que los misioneros ejerzan en ellas se avenga con el fin y la naturaleza de nuestro Instituto y venga exigido por el escaso número de pastores.

§ 2. Estas parroquias de la Congregación deben estar constituidas, en gran parte, por verdaderos pobres o estar anejas a seminarios donde los nuestros dan formación pastoral.

      1. — § 1. Reconociendo la gran importancia  de  la  educación tanto de jóvenes como de adultos, los nuestros asumirán la función

docente y educativa donde sea necesario para conseguir el fin de la Congregación.

§ 2. Ahora bien, tal función ha de realizarse, no sólo en centros educativos de todo tipo, sino en las familias, en los lugares de trabajo, en todo el ámbito social donde jóvenes y adultos se mueven.

§ 3. De acuerdo con las circunstancias locales, las escuelas, los colegios y las universidades acojan pobres para contribuir a su promo- ción. Afirmando, pues, el valor de la educación cristiana y dando una formación social cristiana, incúlquese en los alumnos el sentido del pobre según el espíritu del Fundador.

      1. — Entre los recursos de que se sirve la Congregación en la obra de evangelización, cuéntese convenientemente con los medios técnicos de comunicación social para difundir con más amplitud y eficacia la palabra de la Salvación.

CAPITULO II

Vida comunitaria (a. 19-27)

      1. — Los misioneros enfermos y ancianos o en situaciones de particular necesidad, unidos de manera especial al Cristo sufriente, toman parte en nuestra obra de evangelización. Nos preocuparemos de asistirles de modo conveniente. En el caso de que ya no sea posible acogerlos en la Casa donde desempeñaron su servicio, el Visitador con su Consejo tendrá la responsabilidad de tomar la decisión más adap- tada, después de haber valorado atentamente las diversas posibilidades y escuchado al misionero necesitado de asistencia.
      2. — § 1. Los misioneros obligados a vivir solos en razón del ministerio que les ha confiado la Congregación, procurarán pasar algu- nas temporadas en comunidad, a fin de disfrutar del bien de la vida comunitaria. Por nuestra parte mantendremos una estrecha relación con ellos para aliviar su soledad y les invitaremos diligentemente a compartir juntos algunas veces la vida fraterna y apostólica.

§ 2. Procuraremos ayudar fraternalmente y a tiempo a los com- pañeros que pasan por dificultades.

      1. — § 1. Cumpliremos fielmente los deberes para con nuestros padres, pero con la moderación necesaria para realizar nuestra misión y guardar la vida de comunidad.

§ 2. Procuraremos acoger con ánimo abierto en nuestras casas a los hermanos de Congregación, a los sacerdotes y a otros huéspedes.

§ 3. Trataremos con generosidad a los necesitados que nos pidan ayuda, esforzándonos en sacarlos de sus apuros.

§ 4. Extenderemos gustosos nuestro trato fraterno a todos los que están asociados a nosotros en la vida y en el trabajo.

      1. —  El proyecto comunitario que cada comunidad confecciona en cuanto es factible, al comienzo del año de trabajo, ha de abarcar:     la actividad apostólica, la oración, el uso de bienes, el testimonio cris- tiano en el lugar de trabajo, la formación permanente, los tiempos de reflexión comunitaria, el tiempo necesario de esparcimiento y de estu- dio y el orden del día. Todo esto se revisará periódicamente.

 

CAPITULO III

Castidad, pobreza, obediencia y estabilidad (a. 28-39)

      1. — § 1. La Asamblea Provincial concretará las normas sobre la práctica de la pobreza, en conformidad con las Constituciones, con el espíritu de las Reglas Comunes y del Estatuto Fundamental de Pobreza, dado por Alejandro VII en el Breve “Alias Nos supplicationibus”.

§ 2. Cada Provincia y todas las Comunidades locales, teniendo en cuenta las diversas circunstancias de lugares y situaciones, busquen el modo de guardar la pobreza evangélica y examínense periódicamente sobre el mismo, convencidos de que la pobreza no sólo es el baluarte de la Congregación (cfr. RC III, 1), sino también condición de renova- ción y signo de progreso de nuestra vocación en la Iglesia y en el mundo.

      1. — Las Provincias, las Comunidades locales y cada misionero se comprometerán seriamente a profundizar el voto de estabilidad, que comprende el don total de sí mismo en el seguimiento de Cristo, evan- gelizador de los pobres y la fidelidad a permanecer en la Congregación de la Misión durante toda la vida.

 

CAPITULO IV

Oración (a. 40-50)

      1. — Cumpliremos fielmente los actos de piedad tradicionales en  la Congregación, según el proyecto comunitario, y principalmente la lectura de la Sagrada Escritura, sobre todo del Nuevo Testamento, el culto a la Santísima Eucaristía, la oración mental que ha de hacerse    en común, el examen de conciencia, la lectura espiritual, los ejercicios espirituales anuales y la práctica de la dirección espiritual.

 

CAPITULO V.

Los miembros de la Congregación

      1. Admisión en la Congregación (a. 53-58)
      1. — § 1. El Seminario Interno se inicia, para cada candidato, cuando el Director o quien hace sus veces le declara recibido, según las normas provinciales.

§ 2. La Congregación tomará en tiempo oportuno, si fueren nece- sarias, cauciones válidas, incluso en el foro civil, para salvaguardar adecuadamente los derechos, tanto de la Congregación como del can- didato, en el caso de que éste salga espontáneamente o sea despedido.

      1. — Los Propósitos se pueden hacer en la Congregación con fór- mula directa o con fórmula declarativa:
      1. Fórmula directa: Señor, Dios mío, yo, NN, me propongo dedi- carme con fidelidad a evangelizar a los pobres todo el tiempo de mi vida en la Congregación de la Misión, siguiendo a Cristo evangelizador. Y por eso me propongo guardar castidad, pobreza y obediencia con- forme a las Constituciones y Estatutos de nuestro Instituto, con la ayuda de tu gracia.
      2. Fórmula declarativa: Yo, NN, propongo dedicarme con fide- lidad a evangelizar a los pobres todo el tiempo de mi vida en la Con- gregación de la Misión, siguiendo a Cristo evangelizador. Y por eso me propongo guardar castidad, pobreza y obediencia conforme a las Constituciones y Estatutos de nuestro Instituto, con la ayuda de la divina gracia.
      1. — § 1. La emisión de los Propósitos debe hacerse en presencia del Superior o del misionero que él designe.

§ 2. La Asamblea de cada Provincia establecerá otras precisiones respecto a la emisión o renovación de los Propósitos, a la forma de vinculación temporal, que tal vez se quiera añadir, así como respecto   a los derechos y obligaciones de que gozan los candidatos desde su admisión en la Congregación hasta su incorporación a la misma.

      1. — Otras precisiones sobre el tiempo de la emisión de los votos corresponden a la Asamblea de cada Provincia.
      2. — En circunstancias particulares, la Asamblea Provincial puede proponer a la aprobación del Superior General, con el consentimiento de su Consejo, una fórmula propia, tanto para la emisión de los Pro- pósitos, como para la de los Votos conservando no obstante los ele- mentos esenciales de las fórmulas fijadas.
      1. Derechos y obligaciones de los misioneros (a. 59-64)
      1. — Carecen de voz activa y pasiva:
      1. los que por indulto viven fuera de la Congregación, a tenor del derecho propio de la Congregación y de la cláusula añadida en el mismo indulto.
      2. los misioneros elevados al Orden Episcopal o simplemente preconizados, durante su cargo, e incluso cumplido éste, a no ser que vuelvan a la vida comunitaria.
      3. Los Vicarios, Prefectos, Administradores Apostólicos, aunque no sean obispos, durante su cargo, a no ser que, simultáneamente, sean Superiores de alguna casa de la Congregación.
      1. — § 1. Además de los señalados en los cc. 171 § 1, nn. 3-4; 1336

§ 1, n. 2 del Código del Derecho Canónico y en los art. 70 y 72 § 2 de las Constituciones de la Congregación de la Misión, también están privados de voz activa y pasiva aquellos que, en el momento de ejer- cer el derecho de voz activa y pasiva, sea en la Congregación, en la Provincia o en la Casa, están de cualquier modo ilegítimamente ausen- tes, es decir:

      1. aquellos que están ausentes de la Congregación, sin el debido permiso, cuando su ausencia supera los seis meses;
      2. aquellos que han obtenido el debido permiso, pero, transcu- rrido el tiempo, no lo han renovado (cf. Const., art. 72 § 2);
      3. aquellos que no se  atienen  a  los  términos  establecidos  en  su permiso de residir fuera  de  la  Comunidad  (cf.  Const.,  art. 67 § 2);
      4. aquellos que han superado los tres años de permiso, excepto en los casos de enfermedad, de estudio o de apostolado ejer- cido en nombre de la Congregación (cf. Const., art. 67 § 2).

§ 2. En los casos dudosos, el Visitador, con el consentimiento de su Consejo, decide si el misionero goza de voz activa y pasiva, consi- derando atentamente su situación en la Provincia, el derecho propio  de la Congregación y las Normas Provinciales.

§ 3. Lo dicho sobre la voz activa y pasiva es igualmente válido para las consultas establecidas por el derecho propio de la Congrega- ción y por las Normas Provinciales.

      1. — § 1. Todo misionero tiene derecho a que a su muerte se ofrez- can sufragios por él en toda la Congregación.

§ 2. Todos los meses cada misionero, según su condición ofrecerá una misa por los vivos y los difuntos de la familia vicenciana y también por los padres, parientes y bienhechores, añadiendo una intención especial por la conservación del espíritu primitivo de la Congregación.

§ 3. Igualmente ofrecerá otra misa por los miembros de toda la Congregación fallecidos en el mes anterior.

§ 4. Cada Provincia podrá establecer otras precisiones.

      1. — Todos los incorporados a la Congregación tienen derecho a celebrar cada mes algunas misas a su intención sin estipendio. Cada una de las Provincias establecerá las normas sobre el número y modo de celebración de tales misas.
      1. Adscripción de los misioneros a una Provincia y Casa (a. 65-67)
      1. — § 1. El Superior General, los Asistentes, el Secretario Gene- ral, el Ecónomo General y el Procurador General ante la Santa Sede, mientras dura su cargo, a efectos jurídicos, no pertenecen a ninguna Provincia.

§ 2. Los otros misioneros que prestan servicio en los oficios de la Curia General, siguen perteneciendo a su Provincia de origen, perma- neciendo adscritos a una de sus Casas, con un destino temporal en la Curia, según un acuerdo establecido entre el Superior General y el Visitador de la Provincia del misionero.

      1. — § 1. Todo misionero queda adscrito a la Provincia para la que le admiten legítimamente los Superiores de la Congregación. Tal Pro- vincia se llama Provincia de origen.

§ 2. El misionero adquiere una nueva adscripción cuando los Superiores le destinan legítimamente de una Provincia a otra. Esta Provincia se llama Provincia de destino.

      1. — Para que un misionero pierda una Provincia  y  adquiera otra, sólo se exige, salva siempre la autoridad del Superior General,    el acuerdo de los Superiores Mayores competentes, después de haber oído al interesado. Si el interesado no está de acuerdo, su traslado        a otra Provincia no puede hacerse sin la aprobación del Superior General.
      2. — El Superior General, una vez terminado su cargo, elegirá libremente Provincia.
      3. — § 1.  La adscripción a la Provincia de destino puede ser por un tiempo indeterminado o determinado.

§ 2. En ambos casos, los dos Visitadores:

      1. precisarán por escrito, en un convenio, los derechos y deberes del misionero y de las dos Provincias;
      2. redactarán los documentos de traslado, que se conservarán en los archivos de las dos Provincias;
      1. el Visitador de la Provincia de la que el misionero ha sido trasladado enviará al Secretario General la notificación de la nueva adscripción.

§ 3. En el caso de una adscripción temporal, terminado el tiempo, el misionero vuelve inmediatamente a ser miembro de la Provincia de la que había sido trasladado, a no ser que los Visitadores, después de haber oído al misionero, hayan acordado otra cosa entre ellos, siempre por escrito, en conformidad con los Estatutos.

      1. — El misionero queda adscrito a una casa o a un grupo a modo de casa mediante el destino hecho por el legítimo Superior.
      1. Salida y expulsión de los misioneros (a. 68-76)
      1. — La facultad de readmitir a alguien en la Congregación pertenece:
      1. al Superior General oído su Consejo para todos;
      2. al Visitador, oídos su Consejo y el Visitador de la Provincia de la que el interesado salió o fue expulsado, para los no incorporados a la Congregación.

 

CAPITULO  VI

Formación

I — PROMOCIÓN Y FOMENTO DE LAS VOCACIÓNES

      1. — El cuidado de promover las vocaciones exige de nosotros constante oración (Mt 9,37) y un auténtico, pleno y alegre testimonio de vida apostólica y comunitaria, sobre todo cuando adolescentes y  jóvenes trabajan con nosotros en la misión vicenciana, educando su propia fe.
      2. — § 1. Las Provincias, las Casas y cada uno de los misioneros deben preocuparse de suscitar candidatos para la misión vicenciana.

§ 2. Busquen además las Provincias los medios más aptos para promover las vocaciones y atenderlas, y elaboren un adecuado plan provincial.

§ 3. El Visitador, oído su Consejo, nombrará un Promotor de Vocaciones, que coordinará la pastoral de promoción vocacional en nuestras obras.

      1. — Es necesario que los candidatos que desean ingresar en la Congregación hayan hecho ya opción de vida cristiana, propósitos de

apostolado y una elección de trabajar en la comunidad vicenciana. Si no, habrá que ayudarles a hacerlo progresivamente mediante la acción pastoral juvenil, o en las Escuelas Apostólicas, donde las haya.

      1. — La formación de los candidatos, adaptada a su edad, debe comprender ante todo la vida fraterna, la frecuentación de la Palabra de Dios, las celebraciones litúrgicas, la actividad apostólica junto con los Moderadores, la orientación personal, el estudio y el trabajo.

II — FORMACIÓN DE LOS NUESTROS

      1. Principios generales (a. 77-81)
      1. — Además de la formación común ha de procurarse también para los nuestros, en cuanto sea posible, una formación específica y profesional que los haga más aptos para realizar con eficacia las obras de apostolado que la Congregación les asigne y sean más apropiadas    a sus cualidades.
      2. — § 1. Cada Provincia elaborará un Plan de Formación, que estará en conformidad con los principios anteriormente establecidos, con los documentos y las directivas de la Iglesia y de la Congregación de la Misión, y que responda a las diversas exigencias locales.

§ 2. Asimismo el Visitador deberá crear una Comisión de Forma- ción, a la que corresponderá preparar y renovar el Plan de Formación y tratar todo lo concerniente al proceso formativo

      1. — Con la ayuda de la Comisión de Formación cada una de las Provincias procure organizar y fomentar la formación permanente tanto comunitaria como individual.
      1. Seminario Interno (a. 82-86)
      1. — El Seminario Interno, según las necesidades, puede ser Pro- vincial o Interprovincial. En ambos casos puede realizarse en una o  más Casas de la Congregación escogidas por el Visitador o los Visita- dores interesados, con el consentimiento de sus Consejos.
      2. — En circunstancias particulares y en atención a la madurez humana y cristiana de los candidatos, el Visitador puede establecer oportunas adaptaciones.
      1. Seminario Mayor (a. 87-90)
      1. — § 1. La Casa del Seminario Mayor puede ser, según lo requiera la necesidad, o propia de una sola Provincia o común a varias.

§ 2. Nuestros alumnos pueden ser enviados a otra Provincia o a un Instituto debidamente aprobado, para cursar allí los estudios ecle- siásticos. En este caso, cuídese de que lleven vida en común, según la costumbre de la Congregación, y de que reciban la conveniente forma- ción vicenciana.

§ 2. En las Casas de formación ha de florecer la vida de familia y prepararse ya al trato fraterno entre los miembros de la misma Pro- vincia. Si los alumnos son numerosos, pueden ser distribuidos conve- nientemente en grupos menores, donde se provea mejor a la formación personal de cada uno.

      1. — Durante el proceso de formación, el Visitador, después de oír a los Moderadores y a su propio Consejo, puede, con justa causa, con- ceder a los alumnos interrupciones en los estudios y licencia para permanecer fuera de la casa de formación.
      2. — Foméntese el mutuo conocimiento entre los alumnos de las diversas Provincias de la Congregación.
      1. Formación de los Hermanos (a. 91-92)

48. — Se dará, en tiempo oportuno, a los Hermanos una formación cultural y técnica propia, con estudios oficiales, para que obtengan un título o diploma adecuado.

      1. Moderadores y profesores (a. 93-95)
      1. — El Seminario Mayor, como centro de formación, prestará ayuda a los misioneros que trabajan en las diversas obras. Los Mode- radores y profesores, por su parte, ejercerán también personalmente el apostolado.
      2. — Se ha de procurar que en las casas de formación haya, según la necesidad, misioneros idóneos para desempeñar la función de con- fesor y director espiritual.

 

 ORGANIZACIÓN

SECCIÓN I GOBIERNO

CAPITULO I

Administración central

      1. El Superior General (a. 101-107)
      1. — Además de las facultades provenientes del derecho universal o de alguna especial concesión, es propio del Superior General:
      1. ejercer respecto a las Viceprovincias las mismas facultades que tiene para con las Provincias
      2. ir a ver al menos una vez durante su oficio, por sí o por otro, las Provincias y Viceprovincias para animarlas y cerciorarse de la situa- ción de las mismas y de los misioneros, salvo el derecho de pasar la visita canónica, si el caso lo pide;
      3. a) con el consentimiento de su Consejo y después de haber consultado a los interesados, aceptar las misiones ofrecidas a la Congregación por la Santa Sede o por los Ordinarios del lugar, manteniéndolas bajo la propia jurisdicción o con- fiándolas a una Provincia o a un grupo de Provincias; renunciar a aquellas que le habían sido confiadas;

b) con el consentimiento de su Consejo y después de haber oído a los interesados, constituir equipos misioneros bajo  la propia jurisdicción, o confiarlos a una Provincia o a un grupo de Provincias;

      1. conceder a los Visitadores la facultad de aceptar o declinar las misiones dadas por los Ordinarios de lugar fuera del territorio de cual- quier Provincia de la Congregación;
      2. a su debido tiempo, con el consentimiento de su Consejo y oídos los Visitadores y Vicevisitadores, nombrar la Comisión Prepara- toria, antes de la celebración de la Asamblea General;
      3. promulgar cuanto antes todo lo que la Asamblea General haya decretado;
      4. hacer los contratos de mayor entidad, con el consentimiento de su Consejo y guardando lo establecido por el derecho;
      1. por causa grave y con el consentimiento de su consejo, asumir por breve tiempo el gobierno de alguna Provincia, después de oír al Visitador, a los Consejeros y, si hay tiempo, al mayor número de misio- neros de la Provincia, gobierno que ha de ejercerse por un administra- dor con los poderes delegados por el mismo Superior General;
      2. destinar misioneros de una Provincia a otra, con el consenti- miento de su Consejo, oídos los Visitadores y los interesados;
      3. conceder a los misioneros legítimamente separados de la Con- gregación los sufragios acostumbrados en favor de nuestros difuntos;
      4. dispensar de los Estatutos y Decretos de la Asamblea General, con el consentimiento de su Consejo, en casos particulares y por justa causa;
      5. nombrar, con el consentimiento de su Consejo y consulta- dos los Visitadores interesados, a los Directores de las Hijas de la Caridad 1;
      6. conceder la afiliación a los bienhechores y amigos de la Con- gregación, indicando los bienes espirituales que les corresponden.
      7. con el consentimiento de su Consejo, estimular a las Provin- cias a participar en las actividades misioneras internacionales (obras, compromisos);
      8. con el consentimiento de su Consejo, y después de haber oído las partes interesadas, constituir Regiones fuera del territorio de las Provincias y aprobar las Regiones erigidas por los Visitadores;
      9. con el consentimiento de su Consejo, aprobar el Estatuto de cada Conferencia de Visitadores;
      10. organizar el trabajo del Consejo General y los servicios de los Asistentes Generales.
      1. — El Superior General tiene el domicilio en Roma. No lo cam- bie sin el consentimiento de la Asamblea General y sin consultar a la Santa Sede.
      2. — Las ordenanzas generales dadas por el Superior General con- tinúan en vigor hasta la siguiente Asamblea General, a no ser que el mismo Superior General o su sucesor hayan provisto de otro modo.
      3. — Los  Visitadores,  los  Superiores  y  los  demás  oficiales  de la Congregación, así como los  Directores  provinciales  de  las  Hijas  de la Caridad, terminado el tiempo de su mandato, continúan en el cargo, por razón del buen orden, hasta la entrada en servicio de sus sucesores.

 

1 El Superior General ejerce sobre las Hijas de la Caridad la autoridad con- cedida por la Santa Sede, como se explica en las Constituciones de aquéllas.

      1. El Vicario General (a. 108-114)
      1. — § 1. El Vicario General cesa en el oficio:
      1. al aceptar su sucesor el oficio;
      2. por renuncia aceptada por la Asamblea General o la Santa Sede;
      3. por destitución decretada por la Santa Sede.

§ 2. Si el Vicario se hiciese claramente indigno o incapaz para cumplir su oficio, corresponderá al Superior General con su Consejo, excluido el Vicario General, juzgar del hecho y ponerlo en conoci- miento de la Santa Sede, a cuya decisión habrá que atenerse.

      1. — El Vicario General que haya asumido el gobierno de la Con- gregación como Superior General, puede, terminado el sexenio, ser inmediatamente elegido Superior General y posteriormente reelegido.
      1. Los Asistentes Generales (a. 115-118)
      1. — Permaneciendo firme lo establecido en las Constituciones, art. 116 § 2:

§ 1. Los Asistentes Generales son elegidos de diversas Provincias  y teniendo en cuenta, en cuanto sea posible, las diversas culturas pre- sentes en la Congregación.

§ 2. El número de los Asistentes Generales lo determina la Asamblea.

      1. — Los Asistentes deben residir en la misma casa que el Superior General. Para constituir Consejo General es preciso, que, además del Superior General o del Vicario General, estén presentes, al menos, dos Asistentes.
      2. — No obstante, si hay Asistentes Generales que, por causa justa, están ausentes, de suerte que falte el número requerido para el Consejo, el Superior General puede llamar a Consejo, con derecho a voto, a uno de los Oficiales de la Curia General, por este orden: Secretario General, Ecónomo General, Procurador General ante la Santa Sede.
      3. — Los Asistentes Generales cesan en el oficio:
      1. al aceptar los sucesores el oficio;
      2. por renuncia aceptada por el Superior General con el consen- timiento de los demás Asistentes o por la Asamblea General;
      3. por destitución decretada por el Superior General con el consentimiento de los demás Asistentes y con el beneplácito de la Santa Sede.
      1. Los Oficiales de la Curia General (a. 119)
      1. — § 1. El Secretario General:
      1. ayuda al Superior General en lo que se ha de escribir para toda la Congregación;
      2. por razón de su oficio asiste, aunque sin voto, al Consejo Gene- ral para levantar acta del mismo;
      3. puede proponer al Superior General nombres de misioneros que, a tenor del derecho propio, le sean asignados como cola- boradores para llevar el archivo, editar publicaciones y escribir cartas bajo su dirección.

§ 2. Si el Secretario General estuviese impedido para cumplir su oficio, toca al Superior General nombrar como sustituto, interina- mente, a un Asistente, a un Oficial o a un Colaborador.

      1. — § 1. El Ecónomo General por razón de su oficio, administra los bienes de la Congregación y los demás bienes confiados a la Curia General bajo la dirección del Superior General con su Consejo, a tenor del derecho universal y del propio.

§ 2. — Visita, con la anuencia del Superior General, a los Ecóno- mos Provinciales, y hasta, en circunstancias especiales, a los de las Casas y a los administradores de las obras de mayor importancia.

      1. — § 1. Compete al Procurador General ante la Santa Sede:
      1. tramitar las facultades ordinarias que se han de obtener de la Santa Sede;
      2. tramitar ante la Santa Sede, con consentimiento del Superior General y oídos los Visitadores interesados, los asuntos de la Congregación, Provincias, Casas y misioneros

§ 2. — El Procurador General ante la Santa Sede puede, por man- dato escrito del Superior General, ejercer, a tenor del derecho, el oficio de Postulador General de la Congregación en la Curia Romana.

 

CAPITULO II

Administración provincial, regional y local

      1. Provincias y Viceprovincias (a. 120-122)
      1. — Aunque cada Provincia está delimitada territorialmente, nada impide la existencia de una casa de una Provincia en el territorio de otra, a tenor del a. 107,7º de las Constituciones.
      2. — § 1. Viceprovincia es una unión de varias casas entre sí, deli- mitada territorialmente, que según acuerdo con alguna Provincia,

depende de ella y con ella, de alguna manera, forma un todo, y está presidida por un Vicevisitador con potestad ordinaria propia, a tenor del derecho universal y del propio.

§ 2. Puede crearse también una Viceprovincia que no dependa de ninguna Provincia plenamente constituida, sino directamente de la autoridad del Superior General y que esté presidida por el Vicevisitador con potestad ordinaria propia.

§ 3.  La Viceprovincia es provisional por su propia naturaleza, y se convierte en Provincia cuando se dan las condiciones requeridas.

§ 4. Lo que se dice de la Provincia en las Constituciones y Esta- tutos de la Congregación vale también, puestas las debidas condiciones, para la Viceprovincia a no ser que se determine expresamente otra cosa en dichas Constituciones y Estatutos, o en las normas y acuerdos de cada Viceprovincia.

      1. — § 1. Cuando, por división de una Provincia, se erige otra nueva, el Superior General con su Consejo deberá dividir también, en la debida proporción y según razón y equidad, todos los bienes que estaban destinados al sostenimiento de la Provincia, así como las deu- das contraídas por la misma, quedando a salvo la voluntad de los piadosos fundadores y donantes, los derechos legítimamente adquiri- dos y las normas particulares por las que se rige la Provincia.

§ 2. La división del archivo de la Provincia madre queda reservada a la decisión del Superior General, oídos los Visitadores interesados.

      1. El Visitador y el Vicevisitador (a. 123-125)
      1. — Lo que se dice del Visitador en las Constituciones y Estatutos vale también para el Vicevisitador, a no ser que se determine expresa- mente otra cosa en dichas Constituciones y Estatutos, o en las normas y acuerdos de cada Viceprovincia
      2. — § 1. El Superior General, con el consentimiento de su Con- sejo, nombra al Visitador por seis años, después de haber consultado por lo menos a los miembros de la Provincia que tengan voz activa. Del mismo modo y con las mismas condiciones, el Visitador puede ser confirmado por el Superior General una sola vez para un trienio

§ 2. El modo y circunstancias de la consulta puede determinarlas la Asamblea Provincial con la aprobación del Superior General con el consentimiento de su Consejo

§ 3. La Asamblea Provincial puede proponer a la aprobación del Superior General, con el consentimiento de su Consejo, una manera propia de elegir al Visitador. Pero tal elección debe tener, al menos,   las siguientes condiciones:

      1. que sea al menos para un trienio, pero no para más de un sexenio;
      2. que el Visitador elegido no esté en el oficio más de nueve años consecutivos;
      3. que en los dos primeros escrutinios se requiera la mayoría absoluta de los votos, descontados los nulos; que en el tercer escrutinio gocen de voz pasiva sólo los dos que en el segundo escrutinio obtuvieron el mayor número de votos, aún cuando ese número sea igual;
      4. en caso de empate de votos, téngase por elegido el mayor de vocación o de edad.

§ 4. Para que el elegido, o reelegido, asuma el cargo de Visitador, se requiere la confirmación del Superior General, con el consenti- miento de su Consejo.

      1. — Corresponde al Visitador:
      1. hacer el proyecto provincial según las Normas Provinciales y con el consentimiento de su Consejo;
      2. con el consentimiento de su Consejo y después de consultar al Superior General, constituir o suprimir una obra importante de una casa, observadas las normas del derecho;
      3. destinar misioneros a las Casas según las necesidades de las mismas, oído su Consejo y consultados los interesados en cuanto sea posible. En los casos más urgentes el Visitador debe, al menos, infor- mar a su Consejo;
      4. nombrar, según las Normas Provinciales y con el consenti- miento de su Consejo, al Ecónomo Provincial, al Director del Semina- rio Interno y al del Seminario Mayor;
      5. aprobar el Proyecto comunitario de las Casas preparado por  el Superior local con su comunidad;
      6. enviar al Superior General informes sobre los asuntos de la Provincia y sobre las visitas de oficio hechas a las Casas;
      7. con el consentimiento de su Consejo hacer los contratos nece- sarios o útiles, a tenor del derecho universal y del propio;
      8. nombrar a su debido tiempo la Comisión Preparatoria de la Asamblea Provincial, oído su Consejo;
      9. gozar de la prerrogativa de dirimir el empate de votos a tenor de derecho;
      10. informar al Superior General, cuanto antes, de la emisión de los votos por los misioneros, de su incorporación a la Congregación y de las Ordenes recibidas por ellos;
      11. cuidar del archivo provincial personalmente o por medio de otras personas idóneas;
      1. aprobar y conferir a los misioneros jurisdicción para confesar a los nuestros y, salvo el derecho del Ordinario, para la predicación sa- grada de la Palabra de Dios, y delegar en otros estas mismas facultades;
      2. dispensar, por justa causa, de las Normas Provinciales en casos particulares, con el consentimiento de su Consejo.
      3. regularizar la situación de los misioneros que se encuentran en situaciones irregulares.
      1. — El Vicevisitador tiene los mismos derechos, facultades y obli- gaciones que el Visitador, a no ser que expresamente se disponga otra cosa en las Constituciones y Estatutos.
      2. — Las Ordenanzas del Visitador continúan en vigor hasta la siguiente Asamblea Provincial, a no ser que el mismo Visitador o su sucesor determine otra cosa.
      3. — § 1. Cuando queda vacante el oficio de Visitador, el Asistente del Visitador se hace cargo temporalmente de la Provincia. Si no hay Asistente, se hace cargo de ella el Consejero Provincial más antiguo  por nombramiento, vocación o edad, a no ser que el Superior General haya determinado otra cosa.

§ 2. La Asamblea Provincial puede proponer a la aprobación del Superior General, con el consentimiento de su Consejo, una manera propia de proveer temporalmente al gobierno de la Provincia, en caso de muerte del Visitador o de su cese en el cargo.

      1. El Asistente del Visitador (a. 126)

73. — § 1. El Asistente del Visitador es uno de los Consejeros Pro- vinciales y es elegido por ellos junto con el Visitador, a no ser que la Asamblea Provincial haya determinado otra cosa.

§ 2. En ausencia del Visitador, tiene la misma autoridad que éste, excepto en lo que el Visitador se haya reservado.

§ 3. En caso de estar impedido el Visitador, el Asistente lo suple con plenos poderes hasta el ce se del impedimento. El Consejo Provin- cial, sin el Visitador, juzga del impedimento e informa cuanto antes al Superior General, a cuya decisión habrá que atenerse.

      1. Consejo del Visitador (a. 127)

74. — § 1. Los Consejeros son nombrados por el Visitador para un trienio, después de consultar, al menos a los miembros de la Provincia que tienen voz activa. Del mismo modo y con iguales condiciones pueden ser confirmados para un segundo y un tercer trienio, pero no para un cuarto.

§ 2. La Asamblea Provincial puede proponer al Superior General que apruebe, con el consentimiento de su Consejo, una manera propia de designación o elección de los Consejeros, así como el número de los mismos, el tiempo de su nombramiento y su duración en el cargo.      De la designación de los Consejeros el Visitador debe informar al Supe- rior General.

§ 3. Un Consejero Provincial puede ser destituido de su oficio por el Superior General, por causa grave, a propuesta del Visitador con el consentimiento de los demás Consejeros

§ 4. Lo que se dice del Asistente Provincial en el a. 73, § 2 y § 3, vale también para el Consejero Provincial más antiguo por razón de nombramiento, vocación o edad, cuando no hay Asistente Provincial, a no ser que en las Normas Provinciales se determine otra cosa.

      1. El Ecónomo Provincial (a. 128)
      1. — El Ecónomo es nombrado por el Visitador con el consenti- miento de su Consejo, o de otro modo establecido en las Normas Provinciales.
      2. — Si el Ecónomo Provincial no es Consejero, asiste al Consejo Provincial cuando es llamado por el Visitador, pero sin voto.
      3. — Corresponde al Ecónomo Provincial:
      1. procurar que la propiedad de bienes por la Provincia se ajuste a las leyes eclesiásticas y civiles;
      2. ayudar con su consejo y actividad a los Ecónomos de las Casas en el desempeño de sus cargos y vigilar su administración;
      3. procurar que cada Casa pague la suma asignada para gastos   de la Provincia y enviar, a su debido tiempo, al Ecónomo General la cuota para el fondo general;
      4. procurar que se pague a los obreros de la Congregación el salario justo y que se observen cuidadosamente las leyes civiles sobre impuestos y seguridad social;
      5. mantener siempre en orden los distintos libros de gastos e ingresos, así como otros documentos;
      6. dar cuenta de su administración al Visitador y su Consejo, a tenor del a. 103.
      1. Regiones

78. — § 1. La Región es un territorio, con al menos una Casa, que pertenece a una Provincia o que depende directamente del Superior General.

§ 2.  La Región es erigida por el Superior General con su Consejo  o por el Visitador con su Consejo. La Región se confía a un Superior regional.

§ 3. El Superior regional goza de facultades delegadas por el Supe- rior General o por el Visitador, a fin de favorecer la realización de la misión propia de la Congregación.

§ 4. Si el Superior regional es nombrado por el Visitador con su Consejo, su nombramiento debe ser confirmado por el Superior Gene- ral con su Consejo (cf. Const., a. 125, 5º).

§ 5. La Región se constituye por medio de un convenio escrito que precise las facultades delegadas y los compromisos recíprocos entre el Superior General o el Visitador y el Superior regional.

§ 6. Se puede constituir una Región, ya sea en orden a tener su propia autonomía convirtiéndose en una Viceprovincia o Provincia, ya sea porque una Viceprovincia o Provincia no puede seguir mante- niendo su propia autonomía.

§ 7. Para que una Región pueda ser erigida en Viceprovincia o  una Viceprovincia en Provincia, es necesario que la Región o la Vice- provincia tengan la posibilidad concreta de tener vocaciones y una base económica suficiente para el mantenimiento de la misión y de los misioneros.

      1. Las Conferencias de Visitadores

79. —  § 1.  Para favorecer la colaboración entre las Provincias en  los campos de la misión, la comunicación y la formación, los Visita- dores deben constituir Conferencias de Visitadores.

§ 2. Estas Conferencias salvaguarden siempre la unidad de la Con- gregación, la autonomía de las Provincias y los principios de subsidia- ridad y corresponsabilidad.

§ 3. Corresponde a cada Conferencia redactar su propio Estatuto y someterlo al Superior General con su Consejo.

      1. Oficios de la Administración local (a. 129-134)
      1. — Es derecho y obligación del Superior local:
      1. dar cuenta al Visitador del estado de la casa a él confiada;
      2. confiar a los misioneros de la Casa los cargos y oficios cuya distribución no esté reservada a los Superiores mayores;
      3. convocar y dirigir la Asamblea Doméstica;
      4. preparar con su comunidad el Proyecto comunitario de la Casa y someterlo a la aprobación del Visitador;
      1. tener el archivo y el sello de la Casa;
      2. comunicar a sus compañeros los decretos y noticias de la Con- gregación;
      3. procurar que se cumplan las cargas de Misas.
      1. — § 1. El Superior local administra la Casa con la colaboración de todos los misioneros, principalmente del Asistente y del Ecónomo, que se nombran a tenor de las Normas Provinciales.

§ 2. En ausencia del Superior, el Asistente ejerce todo el oficio de aquél según las normas del derecho propio.

§ 3. Ténganse con frecuencia reuniones de los miembros de la Comunidad, a modo de consejo.

 

CAPITULO III

Las Asambleas

      1. Las Asambleas en general (a. 135-136)
      1. — Los Superiores y los demás misioneros deben preparar las Asambleas y participar activa mente en ellas. Observen, por último, con fidelidad las leyes y normas dadas por las mismas.
      2. — § 1. En toda elección se requieren al menos tres escru- tadores.

§ 2. Juntamente con el presidente y con el secretario después de la elección de este último, son escrutadores por derecho los dos miem- bros más jóvenes de la Asamblea.

§ 3. Al comienzo de la Asamblea se procede a la elección del secretario. A él corresponde:

      1. hacer de primer escrutador;
      2. redactar las actas y documentos de las sesiones.
      1. — Antes de la Asamblea y durante ella se ha de fomentar la libre información acerca de los asuntos que se han de tratar y acerca de las cualidades de los candidatos.
      2. — Tratados todos los asuntos, las actas de la Asamblea, apro- badas por los asambleístas, serán firmadas por el Presidente de la misma, por el Secretario y por todos los reunidos. Después de selladas, se guardarán cuidadosamente en el archivo.
      1. La Asamblea General (a. 137-142)
      1. — La Asamblea General goza del derecho de hacer Declaracio- nes con valor doctrinal y carácter exhortativo.
      2. — § 1. La Asamblea General ordinaria se ha de celebrar a los seis años de la última Asamblea General ordinaria.

§ 2. La Asamblea General Extraordinaria se celebra siempre que el Superior General lo juzgue conveniente con el consentimiento de su Consejo y oídos los Visitadores.

§ 3. A la Asamblea General han de preceder las Asambleas Pro- vinciales.

      1. — § 1. El tiempo y lugar para la celebración de la Asamblea General los determina el Superior General con el consentimiento de   su Consejo.

§ 2. Llegado el sexto año, la celebración de la Asamblea podrá, con justa causa, por decreto del Superior General con el consenti- miento de su Consejo, adelantarse o retrasarse hasta seis meses a partir de la fecha inicial de la Asamblea General ordinaria anterior.

      1. — § 1. El Superior General, el Vicario y los Asistentes Generales que cesen en su oficio siguen siendo miembros de la Asamblea en las sesiones subsiguientes de la misma.

§ 2. Además de los que, según las Constituciones, deben asistir por oficio a la Asamblea General, asistirá a la misma, de cada Provin- cia y Viceprovincia, un diputado por los cien primeros misioneros que tienen voz activa. Si los misioneros con voz activa superan el número de cien, irá a la Asamblea otro diputado por cada setenta y cinco o fracción. El número de diputados para la Asamblea General se ha de establecer conforme al número de misioneros con voz activa el día de la elección de los diputados en la Asamblea Provincial.

§ 3. Vacante el cargo de Visitador asistirá a la Asamblea General el que interinamente rija la Provincia. Si el Visitador está legítima- mente impedido de acudir a la Asamblea General, irá en su lugar el que le suple en el oficio. Y si éste hubiese sido elegido diputado, irá a la Asamblea General el primer sustituto.

      1. — § 1. En el caso de que ningún Hermano resulte elegido para participar en la Asamblea General, el Superior General con su Consejo asegurará la presencia de alguno en ella.

§ 2. El Superior General con su Consejo dispondrá además cómo resolver aquellos casos en los que sea imposible una legítima elección de delegados a la Asamblea General, y sin embargo sea importante su presencia en ella.

      1. — § 1. Antes de convocar la Asamblea General, el Superior General con su Consejo, oídos los Visitadores y teniendo en cuenta la diversidad de países y obras, nombra, en tiempo oportuno, la Comisión Preparatoria.

§ 2. Dejando al Superior General con su Consejo amplia libertad para ordenar, según convenga, los trabajos de la Comisión Preparato- ria, las funciones de dicha Comisión pueden ser:

      1. preguntar a las Provincias y a cada uno de los misioneros qué problemas son más urgentes, a su juicio, y con qué método se deben tratar en la Asamblea General;
      2. recibidas las respuestas, seleccionar, en cuanto sea necesario, los asuntos más urgentes y universales, preparar los estudios, reunir las fuentes y enviar todo a los Visitadores con tiempo suficiente antes de la celebración de las Asambleas Domésticas;
      3. recibir las propuestas o postulados de las Asambleas Provincia- les y los estudios hechos por las Provincias, así como los pos- tulados que el Superior General presente, oído su Consejo;
      4. ordenarlo todo y elaborar con ello un documento de trabajo que se enviará con tiempo suficiente para que los miembros de la Asamblea y los sustitutos puedan tenerlo en sus manos dos meses completos antes de empezar la Asamblea General.

§ 3. Las funciones de esta Comisión cesan al comenzar la Asam- blea. Sin embargo, su presidente, si parece oportuno, hará, por sí o por otro, una exposición sobre el modo de proceder de la Comisión.

      1. — § 1. El día de la elección del Superior General los electores ofrecerán a Dios la Santa Misa por el feliz éxito de la elección y, tras una breve exhortación, a la hora establecida iniciarán la sesión bajo la dirección del Presidente.

§ 2. Los electores escribirán en las papeletas preparadas al efecto el nombre del que eligen para Superior General.

§ 3. Si, contadas las papeletas, su número supera el número de los electores, la votación es nula y hay que repetirla.

      1. — El Directorio aprobado por una Asamblea continúa en vigor hasta que sea cambiado o abrogado por otra Asamblea.
      1. La Asamblea Provincial (a. 143-146)
      1. — Las Normas dadas por la Asamblea Provincial son reglas generales, que se han de aplicar a todos los casos señalados en ellas. Estas Normas, sin embargo, no afectan a la autoridad del Visitador,  tal como se describe en el derecho universal o en el propio, ni a su potestad ejecutiva necesaria para el cumplimiento del oficio. Pero

siguen en vigor hasta que las revoque la siguiente Asamblea Provincial o el Superior General.

      1. —  Compete al Visitador, oído su Consejo, determinar los días   y designar la casa para la celebración de la Asamblea Provincial.
      2. — El Superior General comunicará al Visitador su decisión sobre las Normas Provinciales en el término de dos meses a partir de su recepción.
      3. — Si las Normas Provinciales no determinan otra cosa, deben asistir a la Asamblea Provincial tantos diputados elegidos de un único colegio provincial (compuesto por todos los miembros de la Provincia que gozan de voz pasiva), cuantos son los diputados que deben asistir por oficio, más un diputado por cada veinticinco miembros con voz activa o fracción
      4. — Han de considerarse elegidos como diputados los que, de un único colegio provincial, hayan obtenido mayor número de votos. En caso de empate, los más antiguos de vocación o edad. Otros tantos,   por orden de mayoría de votos, son los sustitutos.
      5. — Si el Superior de la Casa está impedido para acudir a la Asamblea Provincial, irá en su lugar el Asistente de la Casa. Si el Asis- tente es elegido diputado, le suplirá uno de la lista de los sustitutos.
      6. — La Asamblea Provincial puede proponer al Superior Gene- ral que apruebe, con el consentimiento de su Consejo, una manera propia de representación en la Asamblea Provincial, pero con la con- dición de que el número de diputados elegidos sea mayor que el de los que deben asistir por oficio
      7. — Compete a cada Provincia establecer en la Asamblea las normas propias de procedimiento, es decir, el Directorio, dentro de los límites del derecho universal y del propio.
      8. — La Asamblea Provincial, para elegir los diputados a la Asam- blea General y los sustitutos, procede, en votaciones separadas, por mayoría absoluta de votos. Si en el primero y segundo escrutinios nadie es elegido, en el tercero se considerará elegido quien haya obtenido mayoría relativa de votos, y en caso de empate, el más antiguo de vocación o edad.

 

SECCIÓN II

BIENES TEMPORALES (a. 148-155)

      1. — La Congregación meditará constantemente los principios que siguen, los abrazará de corazón y los pondrá en práctica con con- fianza y fortaleza:
      1. el esfuerzo unánime para establecer de nuevo la sobriedad de vida, que con el ejemplo más que de palabra, en nombre de la pobreza de Cristo, se opone al ansia que nace de la sociedad de la abundancia   y al deseo ávido de riquezas que es la ruina de casi todo el mundo    (cf. RC III,1):
      2. la preocupación efectiva por gastar sus bienes en la promoción de la justicia social;
      3. el deshacerse de los bienes superfluos en favor de los pobres.
      1. — Salvaguardada la equidad, el Superior General, con el con- sentimiento de su Consejo, tiene el derecho de imponer una contribu- ción a las Provincias y lo mismo puede hacer el Visitador, con el consentimiento de su Consejo, con las Casas de su Provincia.
      2. — Los bienes que, únicamente para su gestión han sido con- fiados a la Congregación, deben ser administrados bajo la dirección y vigilancia de los Superiores con sus Consejos.
      3. — § 1.  Los Ecónomos deben dar cuenta de su administración a los Superiores e informar de la misma a los compañeros.

§ 2. Los libros de ingresos y gastos y el informe del estado del patrimonio deben ser examinados por el Superior General con su Con- sejo, una vez al año, si se trata del Ecónomo General; por el Visitador y su Consejo, dos veces al año, si se trata del Ecónomo Provincial;   por el Superior local todos los meses, si se trata del Ecónomo domés- tico. Los libros y el informe solamente se firmarán si se comprueba su exactitud.

§ 3. Los misioneros que llevan la administración de obras espe- ciales, tanto de las Provincias como de las Casas, darán cuenta escrita de las entradas y salidas a los Superiores respectivos, en tiempo y modo establecidos en las Normas Provinciales.

§ 4. Si los bienes no son propiedad de la Congregación, sino enco- mendados para su administración, los libros de cuentas se deben pre- sentar a los dueños de los bienes y a los Superiores de la  Congregación.

§ 5. Al final de cada año, el Ecónomo General presentará la rela- ción general de su administración a los Visitadores, y cada seis años,    a la Asamblea General.

§ 6. Finalizado el año, los Visitadores enviarán al Superior Gene- ral el resumen de las cuentas de sus Provincias.

§ 7. Los Ecónomos Provinciales presentarán a los miembros de la Provincia la relación general de su administración y también del patri- monio de la Provincia, según las Normas Provinciales.

      1. — Sólo dentro de los límites de su oficio y según derecho pueden los administradores, sean Superiores o Ecónomos, realizar actos de administración en nombre de la Congregación. Por lo tanto, la Congregación, las Provincias y las Casas solamente deben respon- der de los actos de administración realizados según dichas Normas. De los actos ilícitos o inválidos responderán los que los hayan realizado. Si alguna persona jurídica de la  Congregación  hubiera  contraído, aun con permiso, deudas u obligaciones, ella misma deberá responder con lo suyo.
      2. — § 1. La Asamblea General puede determinar la cantidad límite que el Superior General no puede superar en los gastos extraor- dinarios.

§ 2. Los Visitadores pueden hacer gastos según las Normas dadas por la Asamblea Provincial.

§ 3. Los Superiores locales pueden hacer gastos dentro de los límites establecidos por las Normas Provinciales.

      1. — Los Superiores no deben permitir que se contraigan deudas, a no ser que conste con certeza que, con los ingresos ordinarios, podrán pagarse los intereses de la deuda, y devolverse en el tiempo previsto, mediante las legítimas anualidades, la cantidad recibida en préstamo.
      2. — § 1. Guárdense cuidadosamente con las personas que tra- bajan en las Casas y en las obras de la Congregación las leyes laborales, de seguridad y de justicia.

§ 2. Los Superiores deben proceder con máxima prudencia en la aceptación de fundaciones pías que generan obligaciones muy durade- ras. No se admitan las perpetuas

§ 3. No deben hacerse donaciones de los bienes comunes, si no es según las normas de las Constituciones y Estatutos.

§ 4.  Cúmplase la voluntad del donante acerca de la propiedad y   el uso de los bienes que la Congregación, las Provincias o las Casas reciben por testamento o donación.

§ 5. Procúrese a los misioneros la seguridad social a cargo de la Congregación, de los Obispos, o de otros para quienes trabajan. Por su parte, las Casas, las Provincias y la misma Curia General, tomen las garantías convenientes contra los distintos riesgos.

ESTATUTOS DE LA CONGREGACIÓN DE LA MISIÓN

VIDA EN LA CONGREGACIÓN

CAPITULO I

Actividad apostólica (a. 10-18)        327

CAPITULO II

Vida comunitaria (a. 19-27)        329

CAPITULO III

Castidad, pobreza, obediencia y estabilidad (a. 28-39)        330

CAPITULO IV

Oración (a. 40-50)        330

CAPITULO V

Los miembros de la Congregación        331

      1. Admisión en la Congregación  (a. 53-58)        331
      2. Derechos y obligaciones de los misioneros (a. 59-64)        332
      3. Adscripción de los misioneros a una Provincia y Casa (a. 65-77)  .        333
      4. Salida y expulsión de los misioneros (a. 68-76)        334

CAPITULO VI

Formación        334

      1. – PROMOCIÓN Y FOMENTO DE  LAS VOCACIÓNES        334
      2. 335
      1. Principios  generales (a. 77-81)        335
      2. Seminario  Interno (a. 82-86)        335
      3. Seminario  Mayor (a. 87-90)        336
      4. Formación de los Hermanos  (a. 91-92)        336
      5. Moderadores y profesores  (a. 93-95)        336

ORGANIZACIÓN

SECCIÓN I – GOBIERNO        337

CAPITULO I

Administración central        337

      1. El Superior General  (a. 101-107)        337
      2. El Vicario General  (a. 108-114)        339
      3. Los Asistentes Generales  (a. 115-118)        339
      4. Los Oficiales de la Curia General (a. 119)        340

Estatutos de la Congregación de la Misión

353

CAPITULO II

Administración provincial, regional  y local        .        .        .        .        .        .        .

1.  Provincias  y  Viceprovincias (a. 120-122)        .        .        .        .        .        .        .

340

2.  El Visitador y el Vicevisitador (a. 123-125)  .        .        .        .        .        .        .

341

3.  El Asistente del  Visitador (a. 126)        .        .        .        .        .        .        .        .        .

343

4.  Consejo  del  Visitador (a. 127)        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .

343

5.  El Ecónomo Provincial (a. 128) .        .        .        .        .        .        .        .        .        .

344

6.  Regiones    .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .

344

7.  Las Conferencias de  Visitadores  .        .        .        .        .        .        .        .        .        .

345

8.  Oficios de la Administración local (a. 129-134) .        .        .        .        .        .

345

CAPITULO III

Las Asambleas  .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .        .

1.  Las Asambleas en general (a. 135-136)   .        .        .        .        .        .        .        .

346

2.  La Asamblea General (a. 137-142)    .        .        .        .        .        .        .        .        .

347

3.  La  Asamblea  Provincial (a. 143-146).        .        .        .        .        .        .        .        .

348

SECCIÓN II – BIENES TEMPORALES (a.  148-155)   .        .        .        .        .        .        .        .

350

 

APENDICE

INTERPRETACIÓN DEL ESTATUTO FUNDAMENTAL DE LA POBREZA

      1. CONTENIDO DEL ESTATUTO

En el Estatuto Fundamental pueden considerarse los siguientes ele- mentos normativos:

      1. — Se presupone que los miembros de la Congregación conservan el dominio de los bienes inmuebles o de los beneficios simples que posean o que en el futuro puedan poseer.
      2. —  Los miembros de la Congregación deben emplear los frutos de sus bienes en obras pías. Esta es la norma principal y positiva que nace de la orientación vicenciana. Por ella disponemos de nosotros mismos y de nuestros bienes en servicio de la evangelización de los pobres.Este es el valor evangélico más claro y eminente del Estatuto. La ayuda a los padres y parientes necesitados es, ante todo, un deber de piedad y justicia.
      3. — Los miembros de la Congregación no pueden retener  los frutos de sus bienes. Esta es la norma negativa por la que se nos pro- hibe capitalizar acumulando los frutos y hacernos ricos. Nace de la pobreza evangélica, que no sólo es pobreza de espíritu sino también  de hecho.
      4. — Los miembros de la Congregación pueden, con licencia del Superior, emplear estos frutos en usos personales. Esta es la norma permisiva: es claro que se trata sólo de una concesión, de ninguna ma- nera de una orientación positivamente recomendada (cf. SV XII, 382; ES XI, 651-652).
      5. — Los miembros de la Congregación no gozan del libre uso de sus bienes ya que también en esto deben depender de los Superiores. Esta norma nace de la dimensión comunitaria de nuestra pobreza.
      1. EXPLICACION DEL ESTATUTO
      1. — Los bienes inmuebles y beneficios simples se consideran en el Estatuto como fuente de recursos. Por eso, hoy pueden equipararse a ellos todos los bienes productivos y los derechos de percibir intereses, según estimación común en todas partes.

Apendice        355

    1. — Sobre los bienes muebles que no provienen de los bienes pro- ductivos nada se dice en el Estatuto. Sin embargo, según su espíritu, tampoco estos bienes muebles pueden sustraerse ni a la norma prin- cipal y positiva, que nos obliga a emplearlos en servicio de la evange- lización de los pobres, directamente o mediante la comunidad, ni a las demás normas.
    2. — El Estatuto Fundamental no es la única fuente de las normas por las que se rige nuestro voto de pobreza.
    3. — Para conocer mejor el espíritu del Estatuto Fundamental, sera útil tener en cuenta otros principios de la pobreza vicenciana, v.g.:
    1. nuestra dedicación a la evangelización de los pobres;
    2. pobreza de espíritu (cf. SV XII,  377-386;  ES  XI,  647-655;  RC III, 4, 7);
    3. comunidad de bienes (RC III, 3, 4, 5, 6);
    4. acomodación de nuestra vida a la vida de los pobres (RC III, 7);
    5. ley universal del trabajo (cf. SV XI, 201 ss.; ES XI, 120 ss.);
    6. los frutos de nuestro trabajo son bienes de la Comunidad;
    7. los bienes de la Comunidad se han de considerar como patri- monio de los pobres; no nos es lícito, ni individual ni colectivamente, conservarlos improductivos o sin colocarlos del modo más rentable para la promoción de los pobres;
    8. la Comunidad tiene propiedad de los bienes, para, según la necesidad, poder realizar gratuitamente nuestros ministerios y so- correr con largueza a los pobres (SV XII, 377-386; ES, XI, 647-655; RC III, 2).

ESTATUTOS DA

CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

CURIA GERAL DA CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

ROMA – 1984

A Vida na Congregação

CAPÍTULO I

ATIVIDADE APOSTÓLICA (a. 10-18)

1. – Os trabalhos de atividade apostólica que, tudo bem considerado, não mais parecem corresponder no presente à vocação da Congregação sejam pouco a pouco abandonados.

2. – No mundo de hoje, o ateísmo e o materialismo interpelam profundamente a fé e os métodos tradicionais de evangelizar. Portanto, os coirmãos investiguem seriamente as causas desse fenômeno, cientes de que, nestas circunstâncias, deles se exigem um testemunho mais firme de fé pessoal no Deus vivo e a busca de novos caminhos para cumprir a vocação de evangelizar.

3. – Nas iniciativas apostólicas, as Províncias e cada Casa trabalharão de bom grado, em fraterna colaboração, quer entre si, quer com o clero diocesano e com os institutos religiosos, quer com os leigos.

4. – Os coirmãos procurarão o diálogo ecumênico e, em assuntos religiosos, sociais e culturais, colaborarão ativamente com os outros, cristãos ou não.

5. – No que concerne às Missões ad Gentes, atendam-se as seguintes normas:

1º respeitando a corresponsabilidade, as Províncias se auxiliem umas às outras, espontaneamente ou a        convite do Superior Geral;

2º cada Província ou várias juntamente recebam ao menos um território de Missão, aonde enviem seus coirmãos, como operários para a vinha do Senhor;

3º seja concedida aos coirmãos a faculdade de ajudar concretamente os trabalhos das Missões, mesmo com o oferecimento de si próprios para colaborarem na evangelização;

4º além do mais, os coirmãos sejam exortados a participarem das obras missionárias da Igreja universal e local. Sejam também convenientemente organizadas as obras missionárias próprias da Congregação.

6. – Os missionários enviados ad Gentes preparem-se diligentemente, pelo conhecimento da realidade da região onde tiverem de trabalhar, para ali desempenharem os serviços especiais, a fim de que a ação pastoral por eles assumida corresponda eficazmente às necessidades locais.

7. – § 1. – As associações de leigos fundadas por São Vicente ou oriundas de seu espírito serão objeto de particular cuidado dos coirmãos, pois têm direito a que lhes demos assistência e as fomentemos.

§ 2. – Embora todos os coirmãos devam estar preparados para o desempenho destas funções, contudo é necessário que haja alguns mais especializados no assunto.

§ 3. – Cuide-se para dar a essa animação uma dimensão espiritual, eclesial, social e cívica.

8. – Promovam-se encontros entre as Províncias, para melhor conhecimento da vocação dos missionários e dos métodos de ação pastoral que correspondam mais eficientemente às condições e às mudanças concretas das coisas e pessoas.

9. – § 1. – Pertence às Províncias estabelecer, de acordo com as circunstâncias, as normas relativas à ação social e determinar os meios concretos de acelerar o advento da justiça social.

§ 2. – Os coirmãos também colaborarão, conforme as circunstâncias de tempo e lugar, com os organismos de defesa dos direitos humanos e de promoção da justiça e da paz.

10. – § 1. – Entre as atividades apostólicas da Congregação enumeram-se as paróquias, com tanto que o apostolado nelas exercido pelos nossos concorde com o fim e a natureza de nosso Instituto e o reduzido número de pastores o exija.

§ 2. – Tais paróquias da Congregação devem ser, em grande parte, constituídas realmente de pobres ou, então, anexas a Seminários onde os coirmãos ministram formação pastoral.

11. – § 1. – Reconhecendo a grande importância da educação tanto para os jovens quanto para os adultos, os coirmãos assumirão obras de ensino e educação        onde isto for requerido para se atingir o fim da Congregação.

§ 2. — Essa espécie de obra deve ser empreendida não só em escolas de todo gênero, mas também nas famílias, nos lugares de trabalho e até mesmo no âmbito        geral da sociedade, onde convivem        jovens e adultos.

§ 3. – As Escolas, Colégios e Universidades, conforme as circunstâncias dos lugares, recebam os pobres, com o objetivo de os promover. Afirmando, porém, o valor da educação cristã e transmitindo a formação social cristã, procure-se inspirar aos alunos o sentido do pobre, segundo o espírito do Fundador.

12. – Entre os meios de que a Congregação se serve no trabalho de evangelizar, seja dado o devido valor aos meios técnicos de comunicação social, para mais ampla e eficazmente difundir a palavra da salvação.

CAPITULO II

VIDA COMUNITÁRIA (a. 19-27)

13. – Os coirmãos doentes e idosos, especialmente unidos ao Cristo sofredor, colaboram conosco na evangelização do mundo. Procuraremos acolhê-los na Casa que se beneficiou com seus trabalhos. O Visitador, no entanto, com toda ponderação, providencie o que for melhor para eles.

14. – § 1. – Os coirmãos obrigados a viverem isolados, em funções a eles confiadas pela Congregação, cuidarão de passar alguma parte do tempo em comum, para experimentarem o bem da comunidade. Estaremos ao lado deles para atenuar-lhes a solidão. Também os convidaremos        solicitamente para partilharmos juntos, algumas vezes, da vida fraterna e apostólica.

§ 2. – Daremos fraterna e oportuna ajuda aos coirmãos que estiverem passando por dificuldades.

15. – § 1. – Cumpriremos fielmente os deveres para com nossos pais, guardando a moderação necessária ao cumprimento de nossa missão e preservação de nossa vida comunitária.

§ 2. – Com toda boa vontade nos disporemos a receber em nossas casas os coirmãos, os sacerdotes e outros hóspedes.

§ 3. – Trataremos com liberalidade os indigentes que nos pedem auxílio, procurando aliviar suas angústias.

§ 4. – Estenderemos de boa vontade nosso relacionamento fraterno a todos os que nos estão associados na vida e no trabalho.

16. – O projeto comum, que cada comunidade traça para si, enquanto possível no começo do ano de trabalho, abranja ao mesmo tempo: a atividade apostólica, a oração, o uso dos bens, o testemunho cristão no local de trabalho, a formação contínua, tempos de reflexão em comum, o tempo necessário ao descanso e ao estudo e os horários. Tudo isso será submetido a        revisão periódica.

ORAÇÃO (a. 40-50)

17. – A Assembleia Provincial estabeleça normas para a prática da pobreza, conforme as Constituições, o espírito das Regras Comuns e o Esta tuto Fundamental da Pobreza, dado à Congregação por Alexandre VII («Alias nos supplicationibus»).

18. – Cada Província e cada comunidade local, sem perder de vista as circunstâncias diversas de lugares e situações, procurem um modo de observar a pobreza evangélica e façam sua periódica revisão, certos de que a pobreza não é        apenas uma defesa da Comunidade (cf. RC III, I), mas também uma condição de renovação e um sinal de progresso em nossa vocação na Igreja e no mundo.

CAPÍTULO IV

ORAÇÃO (a. 40-50)

19. – Faremos fielmente os atos de piedade tradicionais na Congregação, conforme o projeto comunitário, principalmente a leitura da Sagrada Escritura e sobretudo do Novo Testamento, o culto da SS. Eucaristia, a meditação em comum, o exame de consciência, a leitura espiritual, o retiro anual, bem como a prática da direção espiritual.

CAPÍTULO V

OS COIRMÃOS

1. Admissão na Congregação (a. 53-58)

20. – § 1. – Inicia-se o Seminário Interno de cada coirmão, quando é declarado recebido pelo Diretor ou por seu substituto, segundo as Normas Provinciais.

§ 2. – A Congregação exigirá, em tempo oportuno, caso sejam necessárias, cauções válidas também no foro civil, para a devida proteção dos direitos, quer da Congregação, quer do coirmão, no caso de que este saia espontaneamente ou seja mandado embora.

21. – O Bom Propósito na Congregação da Missão se emite com uma fórmula direta ou declaratória:

a) Fórmula direta: Senhor, meu Deus, eu, NN., proponho dedicar-me fielmente, por toda a vida, à evangelização dos pobres, na Congregação da Missão, seguindo o Cristo evangelizador. Por isso, proponho observar a castidade, a pobreza e a obediência, segundo as Constituições e Estatutos de nossa Congregação, com o auxílio de vossa graça.

b) Fórmula declaratória: Eu, NN., proponho dedicar-me fielmente, por toda a vida, à evangelização        dos pobres, na Congregação da Missão, seguindo o Cristo evangelizador. Por isso, proponho observar a castidade, a pobreza e a obediência, segundo as Constituições e Estatutos de nossa Congregação, com o        auxílio da graça de Deus.

22. – § 1. – A emissão do Bom Propósito se deve fazer na presença do Superior ou de um coirmão por ele designado.

§ 2. – Ulteriores determinações relativas à emissão ou renovação do Bom Propósito, assim como alguma forma de vinculação temporária, que talvez deva ser acrescentada, sejam estabelecidas pela Assembleia de cada Província.

23. – Outras determinações referentes ao tempo da emissão dos votos pertencem à Assembleia de cada Província.

24. – Em casos especiais, a Assembleia Provincial pode propor à        aprovação do Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho, uma fórmula própria de emissão do Bom Propósito e dos Votos, conservando, porém, os elementos        essenciais das fórmulas fixas.

2. Direitos e obrigações dos Coirmãos (a. 59-64)

25. – São privados de voz ativa e passiva:

1º aqueles que, por indulto, vivem fora da Congregação, segundo o direito próprio da Congregação e a cláusula contida no mesmo indulto;

2º os coirmãos elevados ao Episcopado ou mesmo simplesmente nomeados, durante o múnus episcopal e mesmo terminado este, caso não voltem à        vida comunitária;

3º os Vigários, Prefeitos e Administradores Apostólicos, embora não sejam Bispos, durante o múnus,        a não ser que sejam ao mesmo tempo Superiores de alguma Casa da Congregação.

26. – § 1. – Cada coirmão tem direito aos sufrágios de toda a Congregação, quando morrer.

§ 2. – Mensalmente e de acordo com sua condição, cada coirmão ofereça a Missa pelos vivos e defuntos de toda a família vicentina e também pelos pais, parentes e benfeitores, acrescentando uma intenção especial pela conservação do espírito primitivo da Congregação.

§ 3. – Ofereça igualmente uma segunda Missa pelos coirmãos de toda a Congregação falecidos no mês        anterior.

§ 4. – Determinações ulteriores sejam estabelecidas em cada Província.

27. – Cada coirmão incorporado na Congregação tem direito a algumas missas, celebradas cada mês em sua própria intenção, sem espórtula. As normas sobre o número dessas missas e sobre o modo de as celebrar sejam determinadas pelas Províncias.

3. Incorporação dos Coirmãos numa Província numa Casa (a. 65-67)

28. – § 1. – O Superior Geral e seus Assistentes, o Secretário e o Ecônomo Gerais, mais o Procurador Geral junto à Santa Sé não têm Província para efeitos jurídicos, durante seu ofício.

§ 2. – O mesmo se diz dos demais adidos da casa generalícia, excetuado o direito de voz ativa e passiva que conservam em suas Províncias.

29. – § 1. – Um membro da Congregação da Missão pertence à Província em que os Superiores o receberam legitimamente na Congregação. Tal Província chama-se Província de origem.

§ 2. – O        coirmão adquire nova filiação pela transferência de uma para outra Província, legitimamente feita pelos Superiores. Esta Província chama-se Província de destinação.

30. – Para que um coirmão deixe uma Província e se filie a outra, salva sempre a autoridade do Superior Geral, exige-se e basta que os Superiores maiores competentes entrem em acordo, depois de ouvir o próprio coirmão. Se, porém, o coirmão não estiver de acordo, a mudança para outra Província não se pode efetuar sem a aprovação do Superior Geral.

31. – O Superior Geral, ao terminar seu mandato, escolha livremente sua Província.

32. – A inserção na Província de destinação pode ser feita por tempo determinado ou indeterminado. Se for por tempo determinado, decorrido este, o coirmão readquire, imediatamente        sua inserção na Província donde saíra, a não ser que os Superiores competentes, depois de ouvirem o coirmão, combinem outra coisa, segundo as normas dos Estatutos.

33. – Sejam lavrados e guardados nos arquivos de ambas as Províncias os documentos da transferência. Por sua vez, o Visitador da Província donde se desliga o coirmão comunicará sua nova inserção ao Secretário Geral.

34. – Um coirmão passa a integrar uma Casa ou uma Comunidade análoga às Casas, por destinação feita pelo Superior legítimo.

4. Saída e exclusão dos Coirmãos (a. 68-76)

35. – A autoridade de admitir alguém novamente na Congregação compete:

1º ao Superior Geral, ouvindo o seu Conselho, para todos;

2º ao Visitador, ouvindo o seu Conselho e o Visitador da Província da qual o coirmão saiu ou foi excluído, para os que ainda não estão incorporados à Congregação.

CAPÍTULO VI

FORMAÇÃO

I – PROMOÇÃO E INCREMENTO DAS VOCAÇÕES

36. – O trabalho de promoção das vocações exige uma oração constante (Mt 9,37) e um testemunho alegre, autêntico e completo de vida apostólica e comunitária, sobretudo quando os jovens e adolescentes trabalham conosco na missão vicentina, educando a própria fé.

37. – § 1. – As Províncias, as Casas e cada coirmão se empenhem em suscitar candidatos para missão vicentina.

§ 2. – As Províncias procurem encontrar os meios mais aptos de promover e atender as vocações e façam um projeto provincial apropriado para        isso.

§ 3. – O Visitador, ouvindo seu Conselho, nomeará um Promotor das Vocações, que coordenará o trabalho de promoção vocacional, em nossas obras.

38. – É necessário que os candidatos que de sejam entrar na Congregação já tenham feito sua opção de vida cristã, o propósito de trabalhar no apostolado e a escolha de trabalhar na comunidade vicentina. Caso contrário, devem ser ajudados a fazer progressivamente estas escolhas, quer por meio da pastoral de        juventude, quer nas escolas apostólicas, onde as houver.

39. – A formação dos aspirantes seja adequada à sua idade e compreenda antes de tudo a vida fraterna, o contato com a Palavra de Deus, as celebrações litúrgicas, a atividade apostólica, empreendida junto com os Formadores, a orientação pessoal, o estudo e o trabalho.

II — A FORMAÇÃO DOS NOSSOS

1. Princípios Gerais (a. 77-81)

40. – Além da formação comum, deve-se proporcionar a cada um dos nossos, na medida do possível, uma formação        específica e profissional que os torne aptos a exercer eficazmente as obras de apostolado, designadas pela Congregação e mais convenientes para eles.

41. – § 1. – Em cada Província, haja um Plano de Formação que se conforme com os princípios aqui estabelecidos, com as normas e documentos da Igreja, e se ajuste às diversas circunstâncias dos lugares.

§ 2. – Igualmente o Visitador organize uma Comissão de Formação que terá por função preparar e ir renovando o Plano de Formação, assim como tratar de tudo que se refere ao processo de formação.

42. – Cada Província, por meio da Comissão de Formação, organize e incremente a formação contínua, tanto comunitária quanto individual.

2. Seminário Interno (a. 82-86)

43. – Pode-se fazer o Seminário Interno em uma ou várias Casas da Congregação, escolhidas pelo Visitador com seu Conselho.

44. – Em circunstâncias particulares e levando-se em consideração a maturidade humana e cristã dos candidatos, adaptações oportunas podem        ser estabelecidas pelo Visitador.

3. Seminário Maior (a. 87-90)

45. – § 1. – A Casa do Seminário Maior, de acordo com a necessidade, pode ser própria de uma só Província ou        comum        a várias.

§ 2. – Nossos alunos podem ser enviados a outra Província ou a um Instituto devidamente aprovado para fazerem os estudos eclesiásticos. Nesse caso, porém, cuide-se de que levem vida comum, conforme o costume da Congregação, e recebam conveniente formação vicentina.

§ 3. – Nas Casas de formação, floresça a vida familiar e se favoreça a fraternidade entre        os coirmãos da mesma Província. No entanto, se os alunos forem        muitos, podem ser distribuídos em grupos menores, da maneira que permita atender melhor à formação pessoal de cada um deles.

46. – Durante o período de formação, pode o Visitador, por justa causa e depois de ouvir seu Conselho e os Formadores, permitir aos alunos interrupções dos estudos e conceder-lhes licença de morar fora da Casa de formação.

47. – Fomente-se o mútuo conhecimento entre os alunos das diversas Províncias da Congregação.

4. Formação dos Irmãos (a. 91-92)

48. – A formação específica dos Irmãos, cultural e técnica, seja feita em cursos e currículos legais, de modo a adquirirem títulos ou diplomas válidos.

5. Formadores e Mestres (a. 93-95)

49. – O Seminário Maior, enquanto centro de formação, preste auxílio aos coirmãos que trabalham nas diversas obras, e os Formadores e Mestres exerçam obras de apostolado.

50. – Deve-se cuidar para que nas Casas de formação haja, de acordo com as necessidades, missionários idôneos, que desempenhem as funções de Confessores e Diretores Espirituais.

Organização

I SECÇÃO

GOVERNO

CAPÍTULO I

ADMINISTRAÇÃO CENTRAL

1. O Superior Geral (a. 101-107)

51. – Além das faculdades a ele dadas pelo direito universal ou por concessão especial, com pete ao Superior Geral:

1º exercer quanto às Vice-Províncias as mesmas faculdades que tem em relação às Províncias;

2º salvo o direito de fazer a visita canônica, se o caso o pedir, ir, ao menos uma vez durante seu mandato, às Províncias e Vice-Províncias, para se inteirar do estado delas e dos        coirmãos;

3º com        o consentimento de seu Conselho e depois de ouvir os interessados, aceitar as missões oferecidas à Congregação pela Santa Sé, e, por outro lado, renunciar às que nos tiverem sido confiadas;

4º conceder aos Visitadores a faculdade de aceitar ou deixar missões confiadas pelos Ordinários dos lugares, fora do território de qualquer Província da Congregação;

5º com o consentimento de seu Conselho e depois de ouvir os Visitadores e Vice-Visitadores, nomear em tempo oportuno uma comissão preparatória, antes da realização da Assembleia Geral;

6º promulgar, o mais cedo possível, o que foi decretado pela Assembleia Geral;

7º com o consentimento de seu Conselho, fazer os contratos de maior importância, segundo as prescrições do direito;

8º por causa grave, com o consentimento de seu Conselho e depois de ouvir o Visitador, os Conselheiros e, se houver tempo, o maior número possível dos coirmãos da Província, assumir por breve tempo o governo de uma Província, o qual será exercido por um administrador, com as faculdades delegadas pelo Superior Geral;

9º com        o consentimento de seu Conselho e depois de ouvir os Visitadores e coirmãos interessados, transferir coirmãos de uma Província para outra;

10º conceder aos congregados legalmente se parados da Congregação os sufrágios devidos a nossos defuntos;

11º com o consentimento de seu Conselho, em casos particulares e por justa causa, dispensar dos Estatutos e Decretos da Assembleia Geral;

12º com o consentimento de seu Conselho e consultando os Visitadores interessados, nomear os Diretores provinciais das Filhas da Caridade (NOTA – Sobre as Filhas da Caridade o Superior Geral exerce autoridade concedida pela Santa Sé e explicada nas Constituições delas);

13º conceder filiação aos benfeitores e        amigos da Congregação, indicando os benefícios espirituais a que terão direito.

52. – O Superior Geral tem seu domicílio em Roma. Não o mude, a não ser com o consentimento da Assembleia Geral e consultando a Santa Sé.

53. – As determinações        gerais dadas pelo Superior Geral vigoram até à Assembleia Geral seguinte, a não ser que tenha sido decidido de outro modo pelo próprio Superior Geral ou por seu sucessor.

54. – os Superiores, os Visitadores e outros oficiais da Congregação, bem como os Diretores Provinciais das Filhas da Caridade, depois de ter minarem seu mandato, permanecem em seus ofícios, por motivo de ordem, até serem substituídos por seus sucessores.

2. O Vigário Geral (a. 108-114)

55. – § 1. – O ofício de Vigário Geral cessa: 1º pela aceitação do ofício por parte do sucessor;

2º por renúncia aceita pela Assembleia Geral ou pela Santa Sé;

3º por deposição decretada pela Santa Sé.

§ 2. – Se o Vigário Geral se tornar indigno ou incapaz de cumprir seu ofício, competirá ao Superior Geral com seu Conselho, excluído o Vigário Geral, julgar o caso e comunicá-lo à Santa Sé, cumprindo-se depois suas decisões.

56. – O Vigário Geral que assumir o governo da Congregação, como Superior Geral, pode, no fim do sexênio, ser imediatamente eleito Superior Geral e, depois, ser reeleito.

3. Os Assistentes Gerais (a. 115-118)

57. – Um dos Assistentes se encarrega de modo especial das Missões Ad Gentes.

58. – Os Assistentes devem residir na mesma casa que o Superior Geral. Para constituir o Conselho Geral, além do Superior Geral ou do Vigário Geral, é necessária a presença de pelo menos dois Assistentes.

59. – Na ausência, por justa causa, de Assis tentes Gerais, de modo que falte o número requerido para o Conselho, o Superior Geral pode convocar para o Conselho, com direito a sufrágio, um dos oficiais da Cúria Geral, nesta ordem: o Secretário Geral, o Ecônomo Geral ou o Procurador Geral junto à Santa Sé.

60. – Os Assistentes Gerais deixam o ofício:

1º pela aceitação do ofício pelos seus sucessores;

2º por renúncia aceita pelo Superior Geral, com o consentimento dos outros Assistentes, ou pela Assembleia Geral;

3º por deposição decretada pelo Superior Geral, com o consentimento        dos outros Assistentes, tendo-se o beneplácito da Santa Sé.

4. Os Oficiais da Cúria Geral (art. 119)

61. – § 1. – O Secretário Geral:

1º presta seus serviços ao Superior Geral nas coisas a serem escritas para toda a Congregação; 2º toma parte por ofício no Conselho Geral, para lavrar as atas, mas sem direito a voto;

3º pode propor ao Superior Geral o nome de coirmãos, a fim de serem por ele nomeados, conforme o direito próprio, como colaboradores, para manterem em ordem o Arquivo, editarem as publicações e escreverem cartas, sob a direção do mesmo Secretário.

§ 2. – Se o Secretário Geral estiver impedido de cumprir seu ofício, cabe ao Superior Geral nomear temporariamente um dos Assistentes ou dos Oficiais ou dos colaboradores, para fazer as vezes dele.

62. – § 1. – Em razão de seu ofício, o Ecônomo Geral administra os bens da Congregação e os outros bens confiados Cúria Geral, sob        a orientação do Superior Geral com seu Conselho e dentro das normas do        direito universal e próprio.

§ 2. – Com a aprovação do Superior Geral, visita os Ecônomos Provinciais e, em circunstâncias particulares, mesmo os das Casas ou os administradores de obras mais importantes.

63. – § 1. – Compete ao Procurador Geral junto à Santa Sé:

1º encarregar-se dos pedidos de faculdades ordinárias a serem concedidas pela Santa Sé;

2º com o consentimento do Superior Geral e após ouvir os Visitadores interessados, tratar junto à Santa Sé dos negócios da Congregação, das Províncias, das Casas e dos coirmãos.

§ 2. – O Procurador Geral junto à Santa Sé, por mandato do Superior Geral, dado por escrito, pode desempenhar o ofício de Postulador Geral da Congregação na Cúria Romana, conforme as normas do direito.

CAPÍTULO II

ADMINISTRAÇÃO PROVINCIAL E LOCAL

Províncias e Vice-Províncias (a. 120-122)

64. – O fato de as Províncias terem limites territoriais não impede que alguma Província tenha Casa situada em território de outra, conforme o art. 107, 7º das Constituições.

65. – § 1. – Vice-Província é a união de diversas Casas dentro de determinados limites territoriais, a qual, segundo acordo feito com alguma Província, dela depende e com ela forma um todo, sob a autoridade de um Vice-Visitador que tem jurisdição ordinária e própria, segundo as normas do direito universal e próprio.

§ 2. – Pode haver também uma Vice-Província que não dependa de uma Província plenamente constituída, mas diretamente do Superior Geral e dirigida por um Vice-Visitador com jurisdição ordinária e própria.

 § 3. – A        Vice-Província, por sua natureza, é transitória e torna-se Província, logo que haja as condições requeridas.

§ 4. – O que se diz sobre as Províncias nas Constituições e Estatutos da Congregação vale também, com as devidas ressalvas, para as Vice-Províncias, a não ser que expressamente esteja previsto de outro modo nas mesmas Constituições e Estatutos ou nas normas e acordos de cada Vice-Província.

66. – § 1. – Ao dividir-se uma Província, para se erigir outra Província distinta, todos os bens que eram destinados a apoiar a Província e as dívidas contraídas em seu favor devem ser divididos proporcionalmente pelo Superior Geral com seu Conselho. Isso, porém, seja feito segundo as exigências do bem geral e da equidade, respeitadas as vontades dos pios fundadores ou doado res, resguardados os legítimos direitos e observadas as normas próprias pelas quais se governa Província.

2. – A divisão do arquivo da Província-Mãe reservada à decisão do Superior Geral, depois de ouvidos os Visitadores interessados.

2. O Visitador e o Vice-Visitador (a. 123-125)

67. – O que se diz do Visitador nas Constituições e Estatutos vale também para o Vice-Visitador, a não ser que se diga expressamente o contrário, nas próprias Constituições e Estatutos ou nas normas e acordos de cada Vice-Província.

68. – § 1. – O Visitador é nomeado para um sexênio pelo Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho e sendo consultados pelo menos os coirmãos da Província que têm voz ativa. Do mesmo modo e nas mesmas condições pode ser confirmado pelo Superior Geral, mas apenas uma vez e para mais um triênio.

§ 2. – A modalidade e as circunstâncias da consulta podem ser determinadas pela Assembleia

Provincial, com aprovação do Superior Geral e consentimento de seu Conselho.

§ 3. – A Assembleia Provincial pode propor aprovação do Superior Geral com o consentimento de seu Conselho um modo próprio de eleger o Visitador. Tal eleição, porém, deve ter pelo menos as seguintes condições:

1º que seja pelo menos para um triênio e nunca para mais de um sexênio;

2º que o Visitador não permaneça no cargo mais de nove anos consecutivos;

3º que se exija pelo menos maioria absoluta;

4º que se providencie solução para os casos de paridade nos escrutínios.

§ 4. – Para que o eleito ou reeleito assuma o ofício de Visitador, requer-se a confirmação do

Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho.

69. – Compete ao Visitador:

1º fazer o planejamento provincial, segundo as Normas Provinciais e com o consentimento do seu Conselho;

2º com o consentimento do seu Conselho e consultando o Superior Geral, observando o que se deve observar pelo direito, estabelecer uma obra importante de alguma Casa e suprimi-la;

3º ouvindo o seu Conselho e consultando, enquanto possível, os interessados, designar coirmãos para cada Casa, segundo a necessidade delas; nos casos, porém, mais urgentes, o Visitador é obrigado a, pelo menos, comunicar ao seu Conselho;

4º com o consentimento do seu Conselho, no mear, de acordo com as Normas Provinciais, o

Ecônomo Provincial e o Diretor do Seminário Interno e do Seminário Maior;

5º aprovar o Planejamento comum das Casas, feito pelo Superior local com sua comunidade;

6º enviar relatório ao Superior Geral sobre as coisas da Província e das visitas às Casas feitas ex officio;

7º com o consentimento do seu Conselho, fazer contratos necessários e úteis, segundo a norma do direito universal e próprio;

8º ouvindo o seu Conselho, e em tempo oportuno, nomear a Comissão preparatória para a Assembleia Provincial;

9º gozar da prerrogativa de desempatar a igualdade de votos, segundo a norma do direito;

10º comunicar, o quanto antes, ao Superior Geral a emissão dos votos pelos coirmãos, bem como sua incorporação        na Congregação e as Ordens por eles recebidas;

11º por si ou por outros idôneos, cuidar do Arquivo provincial;

12º aprovar coirmãos e conceder-lhes a jurisdição para as confissões dos coirmãos e também, respeitando o direito do Ordinário, para a sagra da pregação da palavra de Deus e delegar a outros as mesmas faculdades;

13º com o consentimento do seu Conselho, e por justa causa, dispensar das Normas Provinciais, em casos particulares.

70. – O Vice-Visitador tem os mesmos direitos, faculdades e obrigações que o Visitador, a não ser que as Constituições e Estatutos o determinem de outro modo.

71. – As        ordens        do Visitador vigoram até a seguinte Assembleia Provincial, a não ser que tenha sido determinado de modo diferente pelo próprio Visitador ou por seu sucessor.

72. – § 1. – Vagando o ofício de        Visitador, o governo da Província passa, temporariamente, para o Assistente; se, porém, não houver Assistente, ao Conselheiro Provincial mais antigo em razão da posse, vocação ou idade, a não ser que o Superior Geral tenha determinado de outro modo.

2. – A Assembleia Provincial pode propor aprovação do Superior Geral, com o consenti mento do seu Conselho, um modo próprio de prover ao governo da Província, por algum tempo, com a morte do Visitador ou deixando ele o        ofício.

3. O Assistente do Visitador (art. 126)

73. – § 1. – O Assistente do Visitador é um dos Conselheiros da Província, eleito por estes últimos e pelo Visitador, caso a Assembleia Provincial não tenha determinado outra coisa.

§ 2. – Na ausência do Visitador, o Assistente tem a autoridade dele, exceto naquilo que o Visitador se tenha reservado.

§ 3. – Em caso de impedimento        do Visitador, o Assistente o substitui de pleno direito até cessar o impedimento. É o Conselho Provincial, sem a presença do Visitador, que julga acerca do impedimento e, quanto antes, certifica o Superior Geral, cujas ordens se cumprirão.

4. O Conselho do Visitador (art. 127)

74. – § 1. – Os Conselheiros são nomeados pelo Visitador para um triênio, depois de consultados ao menos todos os coirmãos da Província que têm voz ativa. Do mesmo modo e nas mesmas condições, os Conselheiros podem ser confirma dos para um segundo e terceiro triênio, mas não mais.

§ 2. – A Assembleia Provincial pode propor ao Superior Geral com o consentimento de seu Conselho um modo próprio de designação dos Conselheiros, bem como o número deles, tempo de nomeação e permanência no ofício. O Visitador deve comunicar ao Superior Geral a designação dos        Conselheiros.

§ 3. – Por grave causa, um Conselheiro Provincial pode ser afastado do cargo pelo Superior

Geral, por proposta do Visitador com o        consentimento        dos demais Conselheiros.

§ 4. – O que se diz no art. 73, § 2 e § 3, a respeito do Assistente Provincial, vale também para o Conselheiro Provincial mais antigo em posse, vocação ou idade, onde não há Assistente Provincial, caso as Normas Provinciais não tenham decidido de outro modo.

5. O Ecônomo Provincial (art. 128)

75. – O Ecônomo Provincial é nomeado pelo Visitador com o consentimento de seu Conselho ou de outra maneira decidida nas Normas Provinciais.

76. – Se        o Ecônomo Provincial não for conselheiro, irá ao Conselho, quando convocado pelo

Visitador, mas sem direito a sufrágio.

77. – Compete ao Ecônomo Provincial:

1º cuidar de que a posse dos bens da Província seja segura tanto no foro eclesiástico como

civil;

2º com seus conselhos e com seu trabalho, ajudar os Ecônomos das Casas a cumprir seu ofício e exercer vigilância sobre a administração dos mesmos;

3º procurar que cada Casa transfira a soma estipulada para as despesas da Província e enviar, no devido tempo, ao Economato Geral a quota do fundo geral;

4º procurar que sejam pagos justos salários aos trabalhadores da Congregação e observar cuidadosamente as leis civis dos impostos e dos seguros sociais;

5º manter sempre em ordem os diversos recibos de despesa e receita e outros documentos;

6º prestar contas de sua administração ao Visitador e a seu Conselho, segundo o art. 103.

6. Ofícios na Administração Local (a. 129-134)

78. – São direitos e obrigações do Superior local:

1º informar o Visitador sobre o estado da Casa que lhe está confiada;

2º confiar aos coirmãos da Casa as funções e ofícios cuja atribuição não é reservada aos Superiores Maiores;

3º convocar e dirigir a Assembleia doméstica;

4º juntamente com sua Comunidade, preparar o planejamento da Casa e apresentá-lo à aprovação do Visitador;

5º ter o arquivo e o carimbo da Casa;

6º informar os coirmãos sobre os decretos e as        notícias da Congregação;

7º zelar pelo cumprimento das obrigações de missas.

79. – § 1. – O Superior local administra a Casa com a cooperação de todos os coirmãos, principalmente do Assistente e do Ecônomo, que são nomeados conforme as Normas Provinciais.

§ 2. – Na ausência do Superior, o Assistente exerce integralmente seu ofício, segundo as normas estabelecidas pelo direito próprio.

§ 3. – Haja frequentes reuniões dos coirmãos da comunidade à        semelhança de Conselho.

CAPÍTULO III

AS ASSEMBLEIAS

  1. As Assembleias em geral (a. 135-136)

80. – Os Superiores e coirmãos preparem as Assembleias e participem delas ativamente. E em seguida observem com fidelidade as leis e normas delas emanadas.

81. – § 1. – Nas eleições        exigem-se pelo menos três escrutinadores.

§ 2. – São escrutinadores, por direito, além do Presidente e do Secretário, depois de eleito, os dois membros mais jovens da Assembleia.

§ 3. – No início da Assembleia, procede-se à eleição do secretário, cujo papel é:

1º desempenhar o ofício de primeiro escrutinador;

2º fazer os relatórios e documentos das sessões.

82. – Antes da Assembleia e enquanto durar, deve ser incentivada a livre comunicação de notícias sobre as coisas a decidir e sobre as qualidades dos candidatos.

83. – Terminados os trabalhos, as Atas da Assembleia, aprovadas pelos participantes, devem ser assinadas pelo Presidente, pelo Secretário e por todos os membros da Assembleia. Tais Atas, devidamente seladas, devem ser cuidadosamente guardadas no arquivo.

2. A Assembleia Geral (a. 137-142)

84. – A Assembleia Geral tem o        direito de fazer        Declarações que têm valor doutrinai e índole exortativa.

85. – § 1. – A Assembleia Geral Ordinária deve ser celebrada cada 6 anos, a contar da última Ordinária;

§ 2. – A Extraordinária realiza-se sempre que o Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho e após consulta aos Visitadores, julga que deve ser convocada.

§ 3. – A Assembleia Geral deve ser precedi da sempre pelas Provinciais.

86. – § 1. – O Superior Geral determinará, com o consentimento de seu Conselho, o tempo e o lugar das Assembleias Gerais.

§ 2. – Quando chegar o sexto ano, se houver causa justa, e por decreto do Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho, a Assembleia poderá ser antecipada ou retardada de seis meses, tomando-se como ponto de referência o dia da abertura da Assembleia Ordinária anterior.

87. – § 1. – O Superior Geral, o Vigário e os Assistentes Gerais que deixarem o ofício continuarão membros da Assembleia nas sessões que se seguirem.

§ 2. – Além dos que devem por ofício participar da Assembleia conforme as Constituições, participará um deputado para a primeira centena de coirmãos com voz ativa de cada Província ou Vice-Província. Se os coirmãos com voz ativa forem mais de cem, haverá mais um deputado para cada grupo, completo ou não, de setenta e cinco.

O número de deputados à Assembleia Geral deve ser determinado com base no número de coirmãos com voz ativa no dia da eleição dos deputados na Assembleia Provincial.

§ 3. – Vagando o ofício de Visitador, vai à Assembleia Geral quem detiver interinamente o governo da Província.

Se o Visitador estiver legitimamente impedido de ir à Assembleia Geral, irá em seu lugar quem o substitui no ofício. Se este, porém, tiver sido eleito como deputado, irá à Assembleia        o primeiro suplente.

88. – § 1. – Oportunamente, antes de convocar a Assembleia, o Superior Geral, com seu Conselho, ouvindo os Visitadores e levando em conta as diversas regiões e obras, nomeia uma comissão preparatória.

§ 2. – Deixada ao Superior Geral com seu Conselho a possibilidade ampla de ordenar, conforme as circunstâncias, os trabalhos da Comissão Preparatória, as funções dela podem ser estas:

1º indagar das Províncias e de cada coirmão quais os problemas mais urgentes, a juízo deles, e qual o método de tratá-los na Assembleia Geral;

2º recebidas as respostas, selecionar os assuntos importantes mais urgentes e de alcance mais geral, preparar os estudos e reunir as fontes; dentro de prazo razoável, remeter tudo isso aos Visitadores, antes das Assembleias Domésticas;

3º acolher as propostas ou postulados das Assembleias Provinciais, os estudos feitos pelas Províncias e os postulados que o Superior Geral apresentar, após ter ouvido seu Conselho;

4º compilando tudo isso, confeccionar um projeto básico, chamado documentum laboris, e enviar tudo com tal antecedência que os membros da Assembleia e seus suplentes possam ter tudo em mãos, pelo menos dois meses        antes da abertura da Assembleia Geral.

§ 3. – com o início da Assembleia cessa o papel desta Comissão; seu presidente, por si mesmo ou por outro, se parecer oportuno, fará um relato sobre o modo de proceder da Comissão.

89. – § 1. – No dia da eleição do Superior Geral, os eleitores celebram a santa Missa pelo êxito da eleição e, após breve exortação, na hora marcada começam a sessão sob a direção do Presidente.

§ 2. – Os eleitores escreverão o nome daquele que tiverem escolhido para Superior Geral, em cédulas para isso preparadas.

§ 3. – Contadas as cédulas, se seu número exceder o dos eleitores, o escrutínio será nulo e será necessário preencher nova cédula.

90. – O Diretório aprovado por uma Assembleia vigora até ser mudado ou ab-rogado por outra Assembleia.

3. A Assembleia Provincial (a. 143-146)

91. – As Normas dadas pela Assembleia Provincial são regras gerais que se aplicarão em todos os casos descritos nas mesmas Normas. Estas não atingem a autoridade do Visitador como é descrita no direito universal e no próprio, nem tampouco o poder executivo necessário ao cumprimento do seu ofício. Vigoram até que sejam revogadas por uma Assembleia Provincial seguinte ou pelo Superior Geral.

92. – Compete ao Visitador, depois de ouvir o Conselho, marcar o dia e a Casa em que se deve realizar        a Assembleia Provincial.

93. – O Superior Geral enviará ao Visitador sua decisão sobre as Normas Provinciais dentro de dois meses, após tê-las recebido.

94. – Caso nas Normas da Província não esteja determinado de outro modo, devem participar da Assembleia Provincial tantos deputados eleitos de um só colégio provincial, constituído por todos os coirmãos de voz passiva, quantos forem os participantes por ofício, acrescentando-se ainda um deputado para cada grupo, completo ou não, de 25 coirmãos com voz ativa.

95. – Considerem-se eleitos como deputados aqueles de entre o único colégio provincial que obtiverem o maior número de votos e, em caso de empate, o mais antigo em vocação ou idade. Ha verá outros tantos suplentes, segundo a ordem de crescente do número de sufrágios.

96. – Se o Superior da Casa estiver impedi do de ir à Assembleia Provincial, o Assistente da Casa irá em seu lugar. Se o Assistente tiver sido eleito deputado, a vaga será preenchida por alguém do número de suplentes.

97. – A Assembleia Provincial pode propor à aprovação do Superior Geral, com o consentimento do seu Conselho, um modo próprio de representação da Província em sua Assembleia, Contanto que o número dos deputados eleitos supere o dos que devem comparecer à Assembleia por ofício.

98. – Pertence a cada Província estabelecer, em sua Assembleia, normas próprias de proceder, ou um Diretório, dentro dos limites dos direitos universal e próprio.

99. – A Assembleia Provincial realiza a eleição dos deputados à Assembleia Geral e de seus suplentes em escrutínios separados e por maioria absoluta. Se nos dois primeiros escrutínios ninguém for eleito, no terceiro será considerado eleito quem obtiver a maioria relativa dos sufrágios. Em caso de paridade será eleito o mais antigo em vocação ou idade.

II SECÇÃO

BENS TEMPORAIS (a. 148-155)

100. – A Congregação medite assiduamente, aceite de coração e pratique fiel e firmemente:

1º um esforço unânime para instaurar a sobriedade de vida que, mais pelo exemplo que por palavras, luta, em nome da pobreza de Cristo, contra a        avidez que dimana da sociedade de consumo e contra a cobiça das riquezas que põe a perder quase todo o mundo (cf. RC III, 1);

2º um empenho efetivo em empregar seus bens para promover a justiça social;

3º a alienação dos bens supérfluos em benefício dos pobres.

101. – De acordo com a equidade, o Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho, tem direito de impor taxas às Províncias. O mesmo pode o Visitador, com o consentimento de seu Conselho, relativamente às Casas de sua Província.

102. – Os bens confiados à Congregação apenas para gestão devem ser administrados sob a direção        e vigilância dos Superiores com seus Conselhos.

103. – § 1. – Os Ecônomos devem prestar contas aos Superiores e informar aos coirmãos sobre sua administração.

§ 2. – Os assentamentos de receita e despesa e        o relatório sobre o estado do patrimônio de verão ser examinados pelo Superior Geral, com seu Conselho, tratando-se do Ecônomo Geral, uma vez por ano; pelo Visitador com seu Conselho, tratando-se do Ecônomo Provincial, duas vezes por ano; pelo Superior local, no caso do Ecônomo da Casa todos os meses. As contas ou o relatório somente serão assinados, se se verificar sua exatidão.

§ 3. – O coirmão que tem a administração de uma obra especial, quer da Província, quer da Casa, prestará contas a seu respectivo Superior, no tempo e do modo determinados pelas Normas Provinciais.

§ 4. – Se, porém, os bens não são propriedade da Congregação, mas lhe foram confiados para administração, a contabilidade deve ser apresentada tanto aos proprietários como aos Superiores da Congregação.

§ 5. – O Ecônomo Geral apresente um relatório completo de sua administração aos Visitadores, no final de cada ano, e à Assembleia Geral, cada seis anos.

§ 6. – Os Visitadores enviarão ao Superior Geral as contas de sua Província, após o fim do ano.

§ 7. – Os Ecônomos Provinciais apresentem aos membros de sua Província o relatório geral de sua administração e também do patrimônio da Província, conforme as Normas Provinciais.

104. – Todos os administradores, tanto Superiores como Ecônomos, só podem fazer atos de administração em nome da Congregação dentro dos limites de seu ofício e conforme as normas do direito. Por isso, a Congregação, a Província ou uma Casa só        têm obrigação de responder por atos administrativos feitos conforme as ditas normas. Pelos outros demais atos, ilícitos ou nulos, responderão aqueles que os praticarem. Se, porém, alguma entidade jurídica da Congregação, mesmo com licença, contrair dívidas ou obrigações, pagará ela mesma e com seus próprios bens.

105. – § 1. – A Assembleia Geral pode estabelecer a quantia além da qual o Superior Geral não pode fazer despesas extraordinárias.

§ 2. – Os Visitadores podem fazer despesas dentro das normas dadas pela Assembleia Provincial.

§ 3. – Os Superiores locais podem fazer despesas dentro dos limites das Normas Provinciais.

106. – Os Superiores não permitam contrair dívidas, a não ser que, com certeza, dentro da receita ordinária, se possam pagar os juros devidos e, pela legítima amortização anual, seja possível dentro do prazo previsto, restituir o empréstimo recebido.

107. – § 1. – Observem-se exatamente as leis do trabalho, dos seguros e da justiça, referentes às pessoas que trabalham nas Casas e obras da Congregação.

§ 2. – Os Superiores procedam com a máxima prudência na aceitação de fundações pias que acarretam obrigações duradouras. Não se admitam fundações perpétuas.

§ 3. – Não se façam doações com os bens comuns a não ser segundo as normas das Constituições e Estatutos.

§ 4. – Quando se receberem bens para a Congregação, Província ou Casa, por testamento ou doação, seja observada a vontade do doador acerca da propriedade e do uso de tais bens.

§ 5. – Não falte aos coirmãos a previdência ou seguro social por parte da Congregação, do Bispo ou de outros a quem prestarem seu serviço. As Casas, as Províncias e a própria Cúria Geral façam também o seguro devido contra as diversas espécies de perigos.

ÍNDICE DOS ESTATUTOS

DA CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

A VIDA NA CONGREGAÇÃO (1-50) 3

Capítulo I – Atividade Apostólica (1-12) 3

Capítulo II – Vida Comunitária (13-16) 7

Capítulo III – Castidade, Pobreza e Obediência (17-18) 9

Capítulo IV – A Oração (19) 10

Capítulo V – Os Coirmãos (20-35) 11

1. Admissão na Congregação (20-24) 11

2. Direitos e obrigações dos Coirmãos (25-27) 13

3. Incorporação dos Coirmãos numa Província e numa Casa (28-34) 14

4. Saída e exclusão dos Coirmãos (35) 15

Capítulo VI – Formação (36-50) 17

I – Promoção e incremento das vocações (36-39) 17

II – A Formação dos nossos (40-50) 18

1. Princípios gerais (40-42) 18

2. Seminário Interno (43-44) 19

3. Seminário Maior (45-47) 19

4. Formação dos Irmãos (48) 20

5. Formadores e Mestres (49-50) 21

ORGANIZAÇÃO (art. 51-107) 22

I Secção – GOVERNO (51-99) 22

Capítulo I – Administração Central (51-63) 22

1. O Superior Geral (51-54) 22

2. O Vigário Geral (55-56) 25

3. Os Assistentes Gerais (57-60)        25

4. Os Oficiais da Cúria Geral (61-63) 26

Capítulo II – Administração Provincial e Local (64-79) 28

1. Províncias e Vice-Províncias (64-66) 28

2. O Visitador e o Vice-Visitador (67-72) 29

3. O Assistente do Visitador (73) 33

4. O Conselho do Visitador (74) 33

5. O Ecônomo Provincial (75-77) 34

6. Ofícios na Administração Local (78-79) 35

Capítulo III – As Assembleias (80-99) 37

1. As Assembleias em geral (80-83) 37

2. A Assembleia Geral (84-90) 38

3. A Assembleia Provincial (91-99) 41

II Secção – BENS TEMPORAIS (100-107) 43

 

APÊNDICE

INTERPRETAÇÃO

DO ESTATUTO FUNDAMENTAL DA POBREZA

A – O que o Estatuto contém

Podem-se perceber no Estatuto Fundamental os seguintes elementos normativos:

1. – Pressupõe-se que os coirmãos conservam a        propriedade dos bens imóveis ou dos benefícios simples que possuem ou venham a possuir no futuro.

2. – Os coirmãos são obrigados a dispor dos rendimentos de seus bens em favor das obras pias.

Esta é a        norma principal e positiva. Origina-se da orientação vicentina, segundo a qual dispomos de nós mesmos e de nossos bens para o serviço da evangelização dos pobres. Aí está o preclaro e excelente valor evangélico do Estatuto. Por dever de piedade e justiça, deve-se atender antes de tudo às necessidades dos pais e parentes que estejam na indigência.

3. – Os coirmãos não podem conservar os rendimentos. Esta é a norma negativa, que nos proíbe capitalizar, acumulando rendas, e tornar-nos ricos. Origina-se da pobreza evangélica, que é pobreza não apenas em espírito, mas de fato.

4. – Os coirmãos podem, com licença do Superior, empregar as rendas em seus próprios usos.

Esta é a norma permissiva. Trata-se evidentemente apenas de uma concessão e não de uma orientação recomendada positivamente (cf SV, XII, 382).

5. – Os coirmãos não têm o livre uso de seus haveres, mesmo porque devem depender dos Superiores. Esta norma decorre da dimensão comunitária da nossa pobreza.

B – Explicação do Estatuto

1. – Bens imóveis e benefícios simples se tomam, no Estatuto, no sentido de fontes donde procedem frutos. Por isso, hoje se podem equiparar a esses bens todos os outros bens verdadeiramente frutíferos e os direitos de receber rendimentos, conforme a opinião comum nos diversos lugares.

2. – O Estatuto nada diz dos bens móveis que não são frutos oriundos dos bens frutíferos. Todavia, segundo o espírito do Estatuto, tais bens móveis não podem escapar, quer à norma principal e positiva, que nos obriga a dispor deles para o serviço da evangelização dos pobres, diretamente ou mediante a comunidade, quer às outras normas.

3. – O Estatuto fundamental não é a única fonte das normas que regulam nosso voto de pobreza.

4. – Para conhecer melhor o espírito do Estatuto fundamental, será útil levar em conta outros princípios da pobreza vicentina, como, por exemplo:

a) nossa consagração à evangelização dos pobres;

b) a pobreza em espírito (cf. SV XII, 377-386; RC III, 4,7);

c) a comunidade de bens (RC 111,3,4,5,6);

d) a conformidade de nossa vida com a dos pobres (RC 111,7);

e) a lei universal do trabalho (cf. SV XI, 201 ss.);

f) os frutos do trabalho são bens da comunidade;

g) os bens da comunidade devem ser considerados como patrimônio dos pobres; não nos é lícito, quer individual, quer coletivamente, conservar bens improdutivos ou sem investi-los do modo mais rendoso possível, em vista da promoção dos pobres;

h) a comunidade tem a propriedade dos bens, para poder, conforme a necessidade, exercer gratuitamente seus ministérios e fazer doações aos pobres (RC III, 2; SV XII, 377-386).

DECRETOS DA

36ª ASSEMBLEIA GERAL (1980)

1. – A Assembleia Geral declara que as Constituições, Estatutos e Decretos presentes constituem todo o direito próprio da Congregação atualmente em vigor.

Se se descobrir alguma lacuna de fato, poder-se-á suprir segundo as normas do direito universal ou, se for o caso, do direito próprio anterior.

2. – As Constituições feitas por esta Assembleia Geral e promulgadas pelo Superior Geral serão por ele submetidas oportunamente à aprovação definitiva da autoridade competente.

3. – As Normas Provinciais aprovadas pelo Superior Geral permanecem em vigor até à próxima Assembleia Provincial.

As Normas contrárias às Constituições e Estatutos devem ser mudadas pela próxima Assembleia Provincial, de modo que concordem com as Constituições e Estatutos. Do contrário, perderão sua vigência.

Se surgir alguma dúvida antes da realização da próxima Assembleia Provincial, deve-se recorrer ao Superior Geral.

4. – A Assembleia Geral confia ao Superior Geral com seu Conselho o exame da oportunidade de se preparar e editar um livro de orações e meditações para uso de toda a Congregação.

5. – Cuide o Superior Geral, com seu Conselho, de confeccionar um Plano de Formação ou um Diretório para o Seminário Interno, comum a toda a Congregação.

6. – Continua o fundo pecuniário em favor das missões ad Gentes e das Províncias mais pobres e fica a        juízo do Superior Geral a ampliação deste fundo.

7. – Limites das despesas extraordinárias a serem feitas pelo Superior Geral:

a) o Superior Geral pode, por si só, fazer despesas extraordinárias até US$ 25.000;

b) o Superior Geral, ouvindo seu Conselho, pode fazer despesas extraordinárias até US$ 150.000;

c) o Superior Geral, com o consentimento de seu Conselho, pode fazer despesas extraordinárias até US$ 1.500.000;

d) o Superior Geral, com o consentimento unânime de seu Conselho, pode fazer despesas extraordinárias acima de US$ 1.500.000.

8. – Para tornar certa a participação dos Ir mãos na próxima Assembleia Geral, esta 36ª Assembleia Geral decreta:

1º Tomando-se por base o número de Irmãos então existentes na Congregação, a quantidade de deputados dentre eles será tal que haja um representante para cada centena deles e para a parte de centena restante.

2º Se o número dos Irmãos eleitos conforme o art. 87 § 2 dos Estatutos não atingir esta pro porção de representatividade, o Superior Geral, com seu Conselho, o complementará.

3º Cabe ao Superior Geral com seu Conselho determinar o método de fazer esta seleção, contanto que os Irmãos        chamados para a Assembleia sejam de Províncias diferentes.

4º Os Irmãos que, em virtude deste decreto, vão ter assento na próxima Assembleia Geral participarão dela com os mesmos direitos e obrigações        que os demais deputados, segundo as normas das Constituições e Estatutos.

 

Atestado da emissão dos Votos:

Eu,____________________________________________________, indigno _______________         da Congregação da Missão, nascido em _______________, diocese de _______________ no dia______ do mês de do ano de _______, filho de _____________________________________

e de _____________________________________________, recebido        no Seminário ______________________________, no dia _______ do mês de _______________ do ano de _________, pronunciei os votos da mesma Congregação, segundo suas Constituições, por mim devidamente entendidas, em ______________________________ dia        do __________        mês de _______________ do ano ____________ de ______, em presença do Senhor _____________________________________________, Coirmão da mesma Congregação.

(Assinatura do        vovente) _____________________________________________

(Assinatura do coirmão presente) _____________________________________________

L.S.

STATUTY ZGROMADZENIA MISJI

DEKRET

ZATWIERDZAJĄCY ODNOWIONE STATUTY ZGROMADZENIA MISJI

 

Za zgodą Rady Generalnej przekazuję Statuty Zgromadzenia Misji odnowione i zatwierdzone przez Konwent Generalny 2010 r. Charakter oficjalny ma tekst w języku włoskim.

 

Rzym, w uroczystość św. Wincentego a Paulo

27 września 2011 r.

 

G. Gregory Gay CM

Przełożony Generalny

ŻYCIE

W ZGROMADZENIU MISJI

 

Rozdział I

DZIAŁALNOŚĆ APOSTOLSKA (K 10-18)

 

  1. Należy stopniowo wyzbywać się dzieł apostol- skich co do których, po gruntownym przemyśleniu, dojdzie się do przekonania, że aktualnie nie są one już zgodne z powołaniem Zgromadzenia.
  2. W świecie współczesnym zdeterminowanym przez

„globalizację” dostrzegamy wiele znaków i okoliczności, które sprzeciwiają się tradycyjnym metodom głoszenia Ewangelii. Dlatego członkowie Zgromadzenia uświada- miając sobie ten stan rzeczy, niech gruntownie studiują znaki czasu i wychodząc naprzeciw dzisiejszym wyma- ganiom, niech będą przekonani o konieczności dawania osobistego i wspólnotowego świadectwa tym silniejszej wiary w Jezusa Chrystusa obecnego w świecie i poszu- kiwania nowych dróg realizacji powołania głoszenia Ewangelii ubogim.

        3.        Prowincje i poszczególne domy w podejmowaniu zadań apostolskich, będą chętnie i po bratersku współ- pracować tak między sobą, jak z duchowieństwem diecezjalnym, instytutami zakonnymi oraz ludźmi świeckimi.

Członkowie Zgromadzenia będą otwarci na dia- log ekumeniczny; w dziedzinach zaś: religijnej, spo- łecznej i kulturalnej – będą współdziałać z wszystkimi, chrześcijanami i niechrześcijanami.

W dziele misji zagranicznych należy kierować się następującymi zasadami:

  1. W poczuciu współodpowiedzialności, prowincje, czy to spontanicznie, czy na wniosek przełożonego generalnego, niech niosą sobie wzajemną pomoc;
  2. Poszczególne prowincje, albo kilka złączonych razem, niech obejmą przynajmniej jeden teren misyj- ny, do którego będą posyłać swoich członków jako pracowników na niwie Pańskiej;
  3. Członkom Zgromadzenia należy dać możność spieszenia z pomocą dziełom misyjnym w sposób kon- kretny, a także udania się tam osobiście celem podjęcia obowiązku głoszenia Ewangelii;
  4. Zachęca się także członków Zgromadzenia do współpracy z dziełami misyjnymi Kościoła powszech- nego i lokalnego. Należy również odpowiednio zorga- nizować własne dzieła misyjne Zgromadzenia.

        6.        Misjonarze skierowani do pracy na misjach zagra- nicznych, niech dobrze przygotują się do pełnienia tam specjalnych zadań, przez zapoznanie się z warunkami panującymi w kraju, w którym będą pracować, aby działalność duszpasterska jaką  podejmą,  odpowiadała w sposób skuteczny miejscowym potrzebom.

– § 1. Członkowie Zgromadzenia będą starali się wspomagać działalność apostolską Rodziny Win- centyńskiej i należących do niej stowarzyszeń ludzi świeckich.

  • § 2. Wszyscy konfratrzy powinni być należy- cie przygotowani do współdziałania z różnymi wspól- notami Rodziny Wincentyńskiej i chętnie je wspoma- gać, gdy zostaną do tego wyznaczeni.
  • § 3. Tego rodzaju współdziałanie zakłada umiejętność dzielenia się własnymi doświadczeniami wiary w świetle nauczania Kościoła i duchowości win- centyńskiej. Ta posługa powinna uwzględniać potrze- by naszych czasów i dlatego wymaga przygotowania duchowego, teologicznego, zawodowego i społeczno- politycznego.
  • § 4. W przypadku zamykania domów Zgro- madzenia należy zatroszczyć się o możliwość konty- nuowania prac wspólnot świeckich żyjących duchem wincentyńskim.
  1. Należy popierać organizowanie spotkań między- prowincjalnych,   celem  lepszego   poznania powołania

misjonarzy i metod duszpasterskich, które skuteczniej odpowiadałyby  konkretnym   okolicznościom   rzeczy i osób oraz różnym przemianom.

  1. – § 1. Poszczególne prowincje, uwzględniając okoliczności, wydadzą odpowiednie normy odnoszące się do działalności społecznej i określą konkretne środki, przy pomocy których przyspieszy się realizację sprawiedliwości społecznej.
  • § 2. Członkowie Zgromadzenia podejmą ponadto współpracę, stosownie do warunków miejsca  i czasu, ze stowarzyszeniami, które występują w obro- nie praw człowieka i dążą do osiągnięcia sprawiedli- wości i pokoju.
  1. – § 1. Do działalności apostolskiej Zgromadze- nia należy zaliczyć prowadzenie parafii, byleby apo- stolat,  który  w  nich  pełnią  konfratrzy,  zgadzał  się  z celem i naturą naszego instytutu i był pożądany na skutek małej liczby duszpasterzy.
  • § 2. Parafie, powierzone Zgromadzeniu, winny w znacznej części być połączone z seminariami duchownymi, w których konfratrzy prowadzą formację pastoralną.
  1. – § 1. Członkowie Zgromadzenia, mając na uwadze wielkie znaczenie wychowania, tak młodzieży jak dorosłych, będą podejmować obowiązki nauczania

i wychowania tam, gdzie się to łączy z realizacją celu Zgromadzenia.

  • § 2. Tego rodzaju obowiązki należy podej- mować nie tylko w szkołach różnych typów, lecz także w rodzinach, w miejscach pracy, a nawet w jakimkol- wiek środowisku społecznym, gdzie gromadzi się mło- dzież i przebywają dorośli.
  • § 3. Szkoły, kolegia, uniwersytety, zależnie od warunków miejscowych, niech przyjmują ubogich, troszcząc się o ich awans społeczny. Kładąc natomiast nacisk na wartość wychowania chrześcijańskiego i dając chrześcijańską formację społeczną, należy przekazywać wychowankom właściwe rozumienie człowieka ubo- giego w duchu Założyciela.
  1. Wśród środków, którymi posługuje się Zgroma- dzenie w dziele ewangelizacji, należy zapewnić wła- ściwe miejsce technicznym środkom przekazu spo- łecznego, celem szerszego i skuteczniejszego zasięgu słowa zbawienia.

 

Rozdział II

ŻYCIE WSPÓLNOTOWE (K 19-27)

 

  1. Konfratrzy chorzy i starsi oraz przeżywający trudne sytuacje, są szczególnie złączeni z cierpiącym Chrystusem i uczestniczą w naszym dziele ewangeli-

zacji świata. Będziemy więc się starali zapewnić im należytą opiekę. Jeżeli to będzie możliwe, niech za- mieszkają w domu, który korzystał z owoców ich pra- cy. Decyzję w tej sprawie podejmie wizytator ze swoją radą, po rozważeniu wszystkich okoliczności i po wy- słuchaniu zdania konfratra potrzebującego opieki.

  1. – § 1. Konfratrzy, którzy zmuszeni są żyć osobno, pełniąc obowiązki powierzone im przez Zgro- madzenie, będą się starali spędzać pewne okresy czasu we  wspólnocie,  aby   doświadczyć   dobra   płynącego z życia wspólnego. My zaś będziemy im bliscy, niosąc im ulgę w ich samotności i będziemy ich chętnie zapra- szać, aby częściej przeżywać razem z nimi wartości życia braterskiego i apostolskiego.
  • § 2. Konfratrom zaś przeżywającym trudno- ści, pospieszymy z pomocą w duchu braterskiego zro- zumienia.
  1. – § 1. Wiernie będziemy wypełniać obowiązki wobec rodziców, z zachowaniem jednak umiaru, który jest konieczny do  wypełnienia  naszego  posłannictwa i do zachowania życia wspólnotowego.
  • § 2. Otwartym sercem będziemy się starali przyjmować w naszych domach konfratrów, kapłanów i innych gości.
  • § 3. Ze szlachetnością będziemy odnosić się do potrzebujących, proszących nas o wsparcie i będziemy usiłowali ulżyć ich niedoli.

        –        § 4. Braterskim współżyciem ogarniemy chętnie tych wszystkich, którzy są naszymi towarzy- szami w życiu i pracy.

  1. Wspólny program, który każda wspólnota opra- cowuje dla siebie, o ile jest to możliwe na początku roku pracy, ma uwzględniać: działalność apostolską, modli- twę, korzystanie z dóbr materialnych, naszą postawę chrześcijańską w miejscu pracy, formację ciągłą, termi- ny wspólnych roboczych spotkań, czas koniecznego odpoczynku i studium oraz porządek dnia. Wszystkie te sprawy będą poddawane okresowej ocenie.

 

Rozdział III

CZYSTOŚĆ, UBÓSTWO

I POSŁUSZEŃSTWO (K 28-39)

 

  1. – § 1. Konwent prowincjalny powinien bliżej określić normy odnoszące się do praktyki: ubóstwa, stosownie do Konstytucji oraz ducha Reguł wspólnych i Statutu Podstawowego Ubóstwa w Zgromadzeniu, wydanego przez papieża Aleksandra VII (Alias nos supplicationibus).
  • § 2. Poszczególne prowincje i wspólnoty lo- kalne, biorąc pod uwagę okoliczności miejsca i rzeczy, znajdą własny sposób zachowania ubóstwa ewangelicz- nego i będą poddawać go okresowej kontroli w silnym

przekonaniu, że ubóstwo jest nie tylko twierdzą obronną Zgromadzenia (Reguły wspólne III, 1), lecz także wa- runkiem  odnowy  i   znakiem   naszego   posłannictwa w Kościele i świecie.

  1. Prowincje, wspólnoty domowe i poszczególni konfratrzy powinni usilnie troszczyć się o dokładne zachowanie ślubu wytrwania, w przekonaniu, że jest on najdoskonalszym znakiem ofiarowania siebie w postę- powaniu za Chrystusem głoszącym Ewangelię ubogim   i gwarancją wytrwania przez całe życie w Zgromadze- niu Misji.

 

Rozdział IV

MODLITWA (K 40-50)

 

  1. Zachowując wspólnie opracowany program, wiernie będziemy pielęgnować ćwiczenia pobożne, wprowadzone przez tradycję w Zgromadzeniu, szcze- gólnie zaś czytanie Pisma św., zwłaszcza Nowego Testamentu, kult Najświętszego Sakramentu, rozmy- ślanie odprawiane wspólnie, rachunek sumienia, czy- tanie duchowne, coroczne rekolekcje, jak również praktykę kierownictwa duchowego.

Rozdział V

 

CZŁONKOWIE

1. Przyjęcie do Zgromadzenia (K 53-58)

  1. – § 1. Seminarium internum rozpoczyna się dla każdego członka w momencie, gdy dyrektor lub jego zastępca stwierdzi, że został on przyjęty stosownie do Norm Prowincjalnych.
  • § 2. Zgromadzenie ustali w odpowiednim czasie rękojmie, ważne, jeśli to konieczne, również wobec prawa cywilnego, celem należytego zabezpie- czenia prawa, zarówno członka jak i Zgromadzenia, na wypadek dobrowolnego wystąpienia lub usunięcia ze Zgromadzenia.
  1. Bonum propositum składa się w Zgromadzeniu według formuły bezpośredniej lub deklaratywnej.
  1. Formuła bezpośrednia: «Panie, Boże mój, ja …, idąc za Chrystusem głoszącym Ewangelię, postana- wiam, że wiernie poświęcę się w Zgromadzeniu Misji głoszeniu Ewangelii ubogim, przez całe moje życie. Dlatego postanawiam, przy pomocy Twojej łaski, za- chować czystość, ubóstwo i posłuszeństwo, stosownie do Konstytucji i Statutów naszego Instytutu».
  2. Formuła deklaratywna: «Ja …, idąc za Chrystu- sem głoszącym Ewangelię, postanawiam, że wiernie poświęcę się w Zgromadzeniu Misji głoszeniu Ewange-

lii ubogim, przez całe moje życie. Dlatego postana- wiam, przy pomocy Bożej łaski, zachować czystość, ubóstwo  i  posłuszeństwo,  stosownie  do  Konstytucji  i Statutów naszego Instytutu».

  1. – § 1. Złożenie przyrzeczeń ma się dokonać   w obecności przełożonego lub konfratra wyznaczone- go przez przełożonego.

– § 2. Konwenty poszczególnych prowincji po- dadzą dalsze przepisy, które określą składanie i odnawia- nie przyrzeczeń; mogą dodać jakąś ewentualną formę czasowego włączenia do Zgromadzenia i wreszcie ustalą prawa, jakie przysługują członkom od momentu przyję- cia ich do Zgromadzenia aż do inkorporacji.

  1. Konwenty poszczególnych prowincji podadzą dalsze przepisy dotyczące czasu składania ślubów.
  2. W szczególnych okolicznościach konwent pro- wincjalny może przełożonemu generalnemu i jego ra- dzie przedłożyć do zatwierdzenia własną formułę tak przy składaniu przyrzeczeń (bona proposita), jak i przy składaniu ślubów św., zachowując jednak istotne ele- menty formuł niezmiennych.

2. Prawa i obowiązki członków (K 59-64)

  1. Nie posiadają prawa głosu czynnego i biernego:
  1. Ci, którzy na podstawie indultu żyją poza Zgro- madzeniem, zgodnie z prawem własnym Zgromadze- nia i zastrzeżeniami zawartymi w samym indulcie;
  2. Konfratrzy nasi wyniesieni do godności bisku- piej, albo nawet tylko mianowani, w czasie sprawowa- nia urzędu, a także po złożeniu urzędu, chyba że po- wróciliby do życia wspólnotowego;
  3. Wikariusze, prefekci i administratorzy apostol- scy, choćby nie byli biskupami, w czasie sprawowania urzędu, chyba że równocześnie są superiorami jakiegoś domu Zgromadzenia.
  1. – § 1. Oprócz wymienionych w kanonach 171

§ 1 nn. 3-4 i 1336 § 1 n. 2 Kodeksu Prawa Kanonicz- nego oraz w art. 70 i 72 § 2 Konstytucji Zgromadzenia Misji prawa głosu czynnego i biernego, jaki przysługu- je im w całym Zgromadzeniu, w prowincji lub w do- mu, pozbawieni są ci, którzy w jakikolwiek nieupraw- niony sposób żyją poza Zgromadzeniem, czyli:

  1. ci, którzy bez uprawnionego pozwolenia przeby- wają poza Zgromadzeniem ponad sześć miesięcy;
  2. ci, którzy otrzymali uprawnione pozwolenie, ale po upływie określonego czasu nie postarali się o jego odnowienie;
  3. ci, którzy nie spełniają warunków pozwolenia

przebywania poza Zgromadzeniem (por. K 67 § 2);

        d)        ci, których czas przebywania poza Zgromadze- niem przekracza okres trzyletni, za wyjątkiem przypad- ków  choroby,  studiów   lub   apostolatu   spełnianego  w imieniu Zgromadzenia (por. K 67 § 2).

  • § 2. W przypadkach wątpliwości, czy kon- frater może korzystać z prawa głosu czynnego i bier- nego, decyzję w jego sprawie podejmie wizytator za zgodą rady, zgodnie z prawem własnym Zgromadzenia i z Normami Prowincjalnymi.
  • § 3. To, co dotyczy prawa głosu czynnego    i biernego, odnosi się również do udziału w konsulta- cjach  określanych  prawem  własnym  Zgromadzenia  i Normami Prowincjalnymi.

 

  1. – § 1. Każdy konfrater ma prawo, aby po jego śmierci, w całym Zgromadzeniu odprawiano za niego modły.
  • § 2. Każdego miesiąca poszczególni konfratrzy, zależnie od swego stanu, mają ofiarować Mszę św. za żywych i zmarłych z całej Rodziny Wincentyńskiej, jak również za rodziców, krewnych i dobrodziejów, doda- jąc specjalną intencję o zachowanie ducha pierwotnego w Zgromadzeniu.
  • § 3. Tak samo mają ofiarować drugą Mszę św. za członków całego Zgromadzenia zmarłych w po- przednim miesiącu.
  • § 4. Dalsze specjalne przepisy w tej sprawie wydadzą poszczególne prowincje.

        28.        Każdy konfrater inkorporowany do Zgromadze- nia ma prawo, aby w każdym miesiącu zezwolono mu na odprawienie pewnej liczby Mszy św. według jego własnej intencji i bez stypendium. Przepisy dotyczące liczby i sposobu odprawiania tych Mszy św. mają być wydane przez poszczególne prowincje.

3. Przynależność członków do prowincji i domu

(K 65-67)

  1. – § 1. Przełożony generalny, asystenci gene- ralni, sekretarz generalny, ekonom generalny oraz pro- kurator generalny przy Stolicy Apostolskiej, w czasie pełnienia urzędu, odnośnie skutków prawnych, nie przynależą do żadnej prowincji.
  • § 2. To samo odnosi się do innych konfratrów przydzielonych do domu generalnego; zachowują oni jed- nak prawo głosu czynnego i biernego w swojej prowincji.
  1. – § 1. Członek Zgromadzenia Misji przynależy do tej prowincji, dla której przełożeni prawnie przyj- mują go do Zgromadzenia. Prowincja ta nazywa się prowincją pochodzenia.
  • § 2. Nową przynależność nabywa się, gdy konfrater zostanie prawnie skierowany przez przełożo- nych z jednej prowincji do drugiej. Prowincja ta nazy- wa się prowincją przeznaczenia.
  1. Aby  konfrater  mógł  opuścić  jedną prowincję

i przenieść się do innej, wymaga się tylko wzajemnego

porozumienia między kompetentnymi przełożonymi wyższymi, po wysłuchaniu zdania samego zaintereso- wanego: nienaruszona zostaje zawsze władza przeło- żonego generalnego. W razie sprzeciwu ze strony zain- teresowanego, przeniesienie go do innej prowincji nie może nastąpić bez aprobaty przełożonego generalnego.

  1. Przełożony generalny po zakończeniu kadencji

swobodnie wybiera sobie prowincję.

  1. – § 1. Przynależność do prowincji przeznacze- nia może nastąpić na czas nieokreślony lub określony.
  • § 2. W obu przypadkach dwaj wizytatorzy:
  1. w umowie sporządzonej na piśmie określą prawa i obowiązki konfratra w obu prowincjach;
  2. spisane dokumenty przeniesienia należy zacho- wać w archiwum obu prowincji;
  3. wizytator prowincji, z której konfrater został przeniesiony, przekaże sekretarzowi generalnemu wia- domość o nowym przypisaniu.

– § 3. Gdy chodzi o przeniesienie na określony czas, to po upływie tego czasu, konfrater od razu odzy- skuje przynależność do tej prowincji z której przybył, chyba że kompetentni przełożeni, po wysłuchaniu zda- nia zainteresowanego, inaczej między sobą uzgodnią, stosownie do przepisów Statutów.

  1. Konfrater uzyskuje przynależność do domu lub zespołu na wzór domu poprzez skierowanie go tam dokonane przez prawowitego przełożonego.

4. Wystąpienie i usunięcie członków (K 68-76)

35. Prawo przyjęcia kogoś ponownie do Zgroma-

dzenia należy:

  1. Do przełożonego generalnego, po wysłuchaniu zdania swej rady, w stosunku do wszystkich;
  2. Do wizytatora, po wysłuchaniu zdania swej rady i wizytatora prowincji, z której członek wystąpił lub został wydalony, gdy chodzi o tych, którzy nie byli jeszcze inkorporowani do Zgromadzenia.

 

Rozdział VI

FORMACJA

 

  1. Duszpasterstwo powołań

 

  1. Troska o budzenie powołań domaga się od nas wytrwałej modlitwy (por. Mt 9, 37) oraz autentyczne- go, pełnego i radosnego świadectwa życia apostolskiego i wspólnotowego, zwłaszcza gdy młodzieńcy i chłopcy podejmują współpracę z nami w powołaniu wincentyń- skim, kształtując własną wiarę.
  2. – § 1. Prowincje, domy i poszczególni konfra- trzy niech się troszczą o przysporzenie kandydatów dla posłannictwa wincentyńskiego.

        –        § 2. Prowincje zaś niech podejmą bardziej odpowiednie środki, przy pomocy których będzie się budzić powołania i je pielęgnować oraz niech opracują program, który służyłby temu dziełu.

§ 3. Wizytator, po wysłuchaniu zdania swej rady, niech zamianuje promotora powołań, który zatrosz- czy się o koordynację wysiłków podejmowanych w na- szych pracach, a zmierzających do budzenia powołań.

  1. Trzeba, aby kandydaci, którzy pragną wstąpić do Zgromadzenia, już wcześniej opowiedzieli się za autentyzmem życia chrześcijańskiego, podjęli postano- wienie dotyczące apostolatu i dokonali wyboru pracy we wspólnocie wincentyńskiej; albo też, trzeba im po- magać poprzez duszpasterstwo młodzieżowe lub w niż- szych seminariach, jeśli gdzieś istnieją, by tego mogli stopniowo dokonać.
  2. Formacja zaś kandydatów, dostosowana do wieku, ma przede wszystkim obejmować: życie brater- skie, częste słuchanie słowa Bożego, nabożeństwa litur- giczne, działalność apostolską  podejmowaną  wspólnie z wychowawcami, rozwój osobowy a wreszcie naukę   i pracę.

        B.        Formacja misjonarska

 

  1. Zasady ogólne (K 77-81)
  1. Oprócz formacji wspólnej dla wszystkich, należy w miarę możliwości zatroszczyć się także o formację specyficzną i zawodową dla poszczególnych naszych konfratrów, która by każdego z nich przygotowała do bardziej skutecznego wykonywania zadań wyznaczo- nych przez Zgromadzenie, a które by bardziej odpowia- dały ich uzdolnieniom i skłonnościom.
  2. – § 1. W poszczególnych prowincjach należy się zatroszczyć o program formacji (Ratio formationis), któ- ry w  oparciu  o  zasady  tutaj  podane  oraz  dokumenty  i normy wydane przez Kościół i Zgromadzenie Misji, uwzględniałby różne uwarunkowania miejscowe.

– § 2. Ponadto wizytator ma ustanowić komisję do spraw formacji, której  zadaniem będzie opracowanie  i uzupełnienie programu formacji oraz zajmowanie się tym wszystkim, co dotyczy procesu wychowania.

  1. Poszczególne prowincje, poprzez działalność ko- misji do spraw formacji, mają organizować i pielęgno- wać tak wspólnotową jak indywidualną formację ciągłą.

 

2. Seminarium internum (K 82-86)

  1. Seminarium internum, w zależności od potrzeb, może mieć charakter prowincjalny lub międzyprowin-

cjalny. W obu przypadkach może odbywać się w jed- nym lub kilku domach Zgromadzenia, wyznaczonych przez wizytatora lub wizytatorów wraz z ich radami.

  1. W szczególnych okolicznościach, i wziąwszy pod uwagę dojrzałość ludzką i chrześcijańską kandydatów, wizytator może dokonać odpowiednich dostosowań.

 

3. Seminarium wyższe (K 87-90)

  1. – § 1. Poszczególne prowincje mogą mieć własny dom seminarium wyższego lub, w zależności od potrzeb, wspólny dla kilku prowincji.
  • § 2. Alumnów naszych można wysyłać do domu studiów innej prowincji, albo do instytutu praw- nie zatwierdzonego, aby tam odbyli studia kościelne. W tym jednak przypadku należy zatroszczyć się o to, aby prowadzili oni życie wspólne według zwyczaju Zgromadzenia i otrzymywali właściwą wincentyńską formację.
  • § 3. W domach formacji niech kwitnie atmos- fera rodzinna i niech to będzie przygotowanie do życia w braterstwie między członkami tej samej prowincji; jeżeli zaś alumnów jest wielu, można ich odpowiednio podzielić na mniejsze grupy, by w ten sposób bardziej zagwarantować osobowy wpływ formacyjny w stosun- ku do indywidualnych alumnów.

        46.        W czasie trwania formacji, wizytator, po wysłu- chaniu zdania wychowawców i swojej rady, może dla słusznej  przyczyny  pozwolić  alumnom   na   przerwę w studiach i na pobyt poza domem formacji.

Należy popierać wzajemną znajomość między alumnami różnych prowincji Zgromadzenia.

 

4. Formacja braci (K 91-92)

  1. Należy we właściwy sposób umożliwić braciom zdobycie  specjalnego   wykształcenia   humanistycznego i technicznego poprzez formalne studia, tak aby mogli uzyskać tytuły zawodowe albo dyplomy.

 

5. Wychowawcy (K 93-95)

  1. Seminarium wyższe, jako centrum formacji, ma udzielać pomocy konfratrom zatrudnionym w różnych rodzajach  pracy;   sami   zaś   przełożeni   seminaryjni i wykładowcy powinni wykonywać dzieło apostolatu.
  2. Należy zatroszczyć się o to, aby w domach for- macji znajdowali się, zależnie od potrzeb, odpowiedni konfratrzy, którzy  pełniliby  obowiązki  spowiednika  i ojca duchownego.

 

ORGANIZACJA ZGROMADZENIA

CZĘŚĆ PIERWSZA

ZARZĄD

Rozdział I

ADMINISTRACJA CENTRALNA

 

1. Przełożony generalny (K 101-107)

  1. Oprócz uprawnień jakie daje mu prawo po- wszechne oraz oprócz uprawnień specjalnych, do prze- łożonego generalnego należy:
  1. Wykonywać w stosunku do wiceprowincji tę samą władzę, jaką posiada nad prowincjami;
  2. Odwiedzić przynajmniej raz podczas sprawowa- nia swego urzędu, osobiście lub przez delegata, pro- wincje i wiceprowincje, celem ożywienia ich działal- ności i zapoznania się ze stanem prowincji oraz ich członków, zachowując zawsze prawo przeprowadzenia wizytacji kanonicznej jeśli sprawa tego wymaga;
  3. a) za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania osób zainteresowanych, przyjmować misje zagranicz-

ne, ofiarowane Zgromadzeniu przez Stolicę Apostol- ską lub przez ordynariuszy miejscowych. Może je za- chować pod własną jurysdykcją albo powierzyć którejś prowincji lub zespołowi prowincji. Może też rezygno- wać z już powierzonych;

b) za zgodą swojej rady i po wysłuchaniu zaintere- sowanych osób ustanawiać zespoły misjonarzy pod własną jurysdykcją, albo powierzać je którejś prowin- cji lub zespołowi prowincji;

  1. Udzielać wizytatorom władzy przyjmowania lub zrzekania się misji powierzonych przez ordynariuszy miejscowych, poza terytorium jakiejś prowincji Zgro- madzenia;
  2. Powołać w odpowiednim czasie przed zwoła- niem Konwentu Generalnego, za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania wizytatorów i wicewizytatorów, komisję przygotowawczą;
  3. Promulgować bez zwłoki wszystkie uchwały

Konwentu Generalnego;

  1. Zawierać ważniejsze umowy, za zgodą swej rady, z zachowaniem odnośnych przepisów;
  2. Dla ważnej przyczyny, za zgodą swej rady, po wysłuchaniu zdania wizytatora danej prowincji, rad- ców i jeśli czas na to pozwala, jak największej liczby członków, przejąć na krótki czas zarząd jakiejś pro- wincji przez administratora, z uprawnieniami delego- wanymi mu przez tegoż przełożonego generalnego;

        9.        Za zgodą swej rady oraz po wysłuchaniu zdania zainteresowanych wizytatorów i członków, przenosić konfratrów z jednej prowincji do drugiej;

Przyznawać członkom prawnie separowanym od Zgromadzenia, prawo zwyczajnych modłów za naszych zmarłych;

Za zgodą swej rady, w poszczególnych przypad- kach i dla słusznej przyczyny, dyspensować od zachowa- nia statutów i dekretów Konwentu Generalnego;

Za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zdania zainteresowanych wizytatorów, mianować dyrektorów prowincjalnych Sióstr Miłosierdzia (przełożony gene- ralny sprawuje nad Siostrami Miłosierdzia władzę, przyznaną przez Stolicę Apostolską i bliżej  określoną  w konstytucjach Sióstr Miłosierdzia);

Dobrodziejom i przyjaciołom Zgromadzenia udzielać afiliacji, podając im do wiadomości dobra du- chowe, w jakich uczestniczą;

Za zgodą swojej rady zachęcać prowincje do udziału w misjach międzynarodowych (międzynaro- dowych dziełach i zadaniach);

Za zgodą swej rady i po wysłuchaniu zaintere- sowanych stron, ustanawiać regiony poza granicami prowincji oraz zatwierdzać regiony ustanowione przez wizytatorów;

Za zgodą swej rady zatwierdzać statuty konfe- rencji wizytatorów;

        17.        Określać zadania rady generalnej i asystentów

generalnych.

  1. Przełożony generalny ma swoją siedzibę w Rzy- mie. Nie wolno mu jej zmieniać bez zgody Konwentu Generalnego i bez porozumienia się ze Stolicą Apo- stolską.
  2. Ogólne rozporządzenia wydane przez przełożo- nego generalnego, obowiązują do następnego Konwentu Generalnego, chyba że sam przełożony generalny lub jego następca inaczej postanowi.
  3. Wizytatorzy, superiorzy i inni urzędnicy Zgro- madzenia, jak również dyrektorzy prowincjalni Sióstr Miłosierdzia, po upływie czasu swego urzędowania, ze względu na zachowanie porządku, trwają na swoich urzędach, aż do objęcia urzędu przez ich następców.

 

2. Wikariusz generalny (K 108-114)

  1. – § 1. Wikariusz generalny traci urząd:
  1. Z chwilą przyjęcia urzędu przez następcę;
  2. Przez zrzeczenie się przyjęte przez Konwent Ge- neralny lub Stolicę Apostolską;
  3. Przez usunięcie z urzędu zarządzone dekretem Stolicy Apostolskiej.

– § 2. Gdyby wikariusz generalny stał się jaw- nie niegodnym lub niezdolnym do wykonywania swe- go urzędu, obowiązkiem przełożonego generalnego

wraz z jego radą, z wyłączeniem jednak wikariusza ge- neralnego, będzie wydanie sądu w tej sprawie i powia- domienie o tym Stolicy Apostolskiej, do zarządzeń której należy się zastosować.

  1. Wikariusz generalny, który przejąłby urząd jako przełożony generalny, po upływie sześciolecia może być bezpośrednio wybrany na przełożonego general- nego, a także na następną kadencję.

 

3. Asystenci generalni (K 115-118)

  1. Z zachowaniem zasady zawartej w Konstytu-

cjach art. 116 § 2 postanawia się:

  • § 1. Asystentów  generalnych  wybiera  się z różnych prowincji i jeżeli to możliwe, różnych śro- dowisk kulturowych, w których działa Zgromadzenie.
  • § 2. Liczbę asystentów generalnych ustala

Konwent Generalny.

  1. Asystenci  mają  obowiązek   stale   mieszkać w tym samym domu, w którym rezyduje przełożony generalny. Aby mogła ukonstytuować się rada gene- ralna musi w niej uczestniczyć, oprócz przełożonego generalnego lub wikariusza generalnego, przynajmniej dwóch asystentów.
  2. Gdy jednak z powodu słusznej przyczyny asy- stenci generalni są nieobecni i brak wymaganej liczby na ukonstytuowanie rady, przełożony generalny może

powołać na to posiedzenie rady z prawem głosowania, jednego z urzędników kurii generalnej, w następującej kolejności: sekretarz generalny, ekonom generalny lub prokurator generalny przy Stolicy Apostolskiej.

  1. Asystenci generalni tracą urząd:
  1. Z chwilą przyjęcia urzędu przez następców;
  2. Przez zrzeczenie się, przyjęte przez przełożonego generalnego za zgodą pozostałych asystentów, albo przez Konwent Generalny;
  3. Przez usunięcie z urzędu zarządzone przez przeło- żonego generalnego  za  zgodą  pozostałych  asystentów, a zatwierdzone przez Stolicę Apostolską.

 

  1. Urzędnicy kurii generalnej (K 119)

61. – § 1. Sekretarz generalny:

  1. Służy pomocą przełożonemu generalnemu w spo-

rządzaniu pism, kierowanych do całego Zgromadzenia;

  1. Bierze z urzędu udział w posiedzeniach rady generalnej, lecz bez prawa głosu; sporządza protokoły z tychże posiedzeń;
  2. Przełożonemu generalnemu może zaproponować nazwiska konfratrów, którzy mogą być zamianowani, według przepisów naszego prawa własnego, współpra- cownikami sekretarza, pracującymi pod jego kierow- nictwem przy porządkowaniu archiwum, wydawaniu publikacji i pisaniu listów.

– § 2. Gdyby na skutek jakiejś przeszkody sekretarz generalny nie mógł pełnić swoich obowiąz- ków, przełożony generalny wyznaczy na ten czas jed- nego z asystentów lub urzędników albo współpracow- ników, którzy podejmą jego obowiązki.

  1. – § 1. Ekonom generalny na mocy swego urzę- du zarządza dobrami Zgromadzenia, jak również dob- rami powierzonymi kurii generalnej, pod kierunkiem przełożonego generalnego  wraz  z  jego  radą,  zgodnie z przepisami prawa powszechnego i naszego własnego.

– § 2. Za zgodą przełożonego generalnego, wizytuje ekonomów prowincjalnych, a także, w szcze- gólnych okolicznościach, ekonomów domowych, lub administratorów ważniejszych dzieł.

  1. – § 1. Do zadań prokuratora generalnego przy Stolicy Apostolskiej należy:
  1. Troszczyć się o sprawy dotyczące zwyczajnych uprawnień, które należy uzyskać od Stolicy Apostolskiej;
  2. Za zgodą przełożonego generalnego i po wysłu- chaniu opinii zainteresowanych wizytatorów prowa- dzić w Stolicy Apostolskiej sprawy Zgromadzenia, prowincji, domów i poszczególnych konfratrów.

– § 2. Prokurator generalny przy Stolicy Apo- stolskiej może na podstawie pisemnego zlecenia prze- łożonego generalnego pełnić w Kurii Rzymskiej, zgod- nie z przepisami prawa, obowiązki postulatora gene- ralnego Zgromadzenia.

Rozdział II

 

ADMINISTRACJA PROWINCJALNA I LOKALNA

  1. Prowincje i wiceprowincje (K 120-122)
  1. Jakkolwiek każda prowincja jest określona gra- nicami terytorialnymi, nic nie stoi na przeszkodzie, by dom jakiejś prowincji znajdował się na terytorium innej prowincji, zgodnie z Konstytucjami (K 107, 7).
  2. – § 1. Wiceprowincja jest to związek kilku domów, określony granicami terytorialnymi, który na podstawie zawartego porozumienia z jakąś prowincją, zależy od niej i tworzy z nią pewną całość; na jej czele stoi wicewizytator posiadający władzę zwyczajną wła- sną, zgodnie z przepisami prawa powszechnego i na- szego prawa własnego.
  • § 2. Można również erygować wiceprowin- cję, która nie zależy od żadnej prowincji w pełni ukon- stytuowanej, lecz bezpośrednio od przełożonego gene- ralnego; na jej czele stoi wicewizytator posiadający władzę zwyczajną własną.
  • § 3. Wiceprowincja ze swej natury ma cha- rakter przejściowy i zostaje zamieniona na prowincję, gdy zaistnieją wymagane warunki.
  • § 4. Wszystko, co w Konstytucjach i Statutach

Zgromadzenia mówi się o prowincji, odnosi się, z odpo-

wiednimi zmianami, również do wiceprowincji, chyba że co innego wyraźnie  zastrzeżono w tychże Konstytucjach i Statutach, albo w Normach Prowincjalnych i w umo- wach poszczególnych wiceprowincji.

  1. – § 1. Dzieląc prowincję w ten sposób, że zo- staje utworzona nowa odrębna prowincja, przełożony generalny wraz ze swą radą powinien proporcjonalnie, według zasad słuszności, podzielić również cały mają- tek, który był przeznaczany na potrzeby prowincji, jak również zaciągnięte przez prowincję długi, bez naru- szenia jednak woli fundatorów lub ofiarodawców, praw słusznie nabytych i ustaw własnych jakimi rządzi się prowincja.
  • § 2. Podział archiwum prowincji macierzy- stej jest zastrzeżony do decyzji przełożonego general- nego, po uprzednim wysłuchaniu zdania zainteresowa- nych wizytatorów.

 

2. Wizytator i wicewizytator (K 123-125)

  1. Wszystko, co w Konstytucjach i Statutach mówi się o wizytatorze, odnosi się także do wicewizytatora, chyba że co innego wyraźnie zastrzeżono w tychże Konstytucjach i Statutach, albo Normach Prowincjal- nych i w umowach poszczególnych prowincji.
  2. – § 1. Wizytatora mianuje przełożony general- ny za zgodą swej rady na sześć lat, po skonsultowaniu

się przynajmniej z konfratrami prowincji, którzy mają głos czynny. W ten sam sposób i pod tymi samymi warunkami wizytator może być jeden raz potwierdzo- ny na dalsze trzy lata.

  • § 2. Sposób i okoliczności konsultacji może określić konwent prowincjalny, za aprobatą przełożo- nego generalnego i jego rady.
  • § 3. Konwent prowincjalny może przedłożyć przełożonemu generalnemu do zatwierdzenia, za zgodą jego rady, własny sposób wyboru wizytatora. Wybór ten zaś powinien uwzględniać następujące warunki:
  1. Aby był dokonany przynajmniej na trzy lata i nie przekraczał sześciu;
  2. Aby wybrany wizytator nie sprawował urzędu ponad dziewięć lat ciągłych;
  3. Aby wyboru dokonano przynajmniej większością bezwzględną;
  4. Aby sposób wyboru przewidywał rozstrzygnięcie równej ilości głosów.

– § 4. Aby wybrany po raz pierwszy lub wybra- ny ponownie, mógł objąć urząd wizytatora, wybór musi zatwierdzić przełożony generalny ze swą radą.

69. Do wizytatora należy:

  1. Sformułować program prowincjalny, stosownie do Norm Prowincjalnych;

        2.        Za zgodą swej rady i po zasięgnięciu zdania prze- łożonego generalnego inicjować lub znosić ważniejsze dzieła w jakimś domu;

Po wysłuchaniu zdania swej rady i o ile to moż- liwe, po skontaktowaniu się z zainteresowanymi oso- bami, kierować konfratrów do poszczególnych domów, zależnie od istniejących w domach potrzeb; w wypad- kach jednak naglących, wizytator jest zobowiązany przynajmniej powiadomić swoją radę;

Mianować za zgodą swej rady, zgodnie z przepi- sami Norm Prowincjalnych, ekonoma prowincjalnego, dyrektora seminarium internum i dyrektora semina- rium wyższego;

Zatwierdzać program wspólny domów, opraco- wany przez superiora domu razem ze wspólnotą;

Przesyłać do  przełożonego generalnego relacje o sprawach prowincji oraz sprawozdania z przeprowa- dzanych urzędowo wizytacji domów;

Za zgodą swej rady zawierać konieczne i ko- rzystne umowy, z zachowaniem przepisów prawa po- wszechnego i naszego własnego;

Ustanawiać, po wysłuchaniu zdania swej rady,  w odpowiednim czasie, komisję przygotowawczą kon- wentu prowincjalnego;

Rozstrzygać, w razie równości głosów, zgodnie  z przepisami prawa;

Powiadamiać jak najprędzej przełożonego gene- ralnego o złożeniu ślubów przez konfratrów, o ich inkor-

poracji do Zgromadzenia, jak również o przyjęciu przez

nich święceń;

  1. Otoczyć  opieką archiwum prowincjalne, osobi-

ście lub przez wyznaczone odpowiednie osoby;

  1. Udzielać konfratrom jurysdykcji do spowiada- nia członków Zgromadzenia, jak również, z zachowa- niem praw ordynariusza, upoważniać ich do głoszenia słowa Bożego oraz władze te delegować innym;
  2. Za zgodą swojej rady, dla słusznej przyczyny, zwalniać w poszczególnych wypadkach od zachowania Norm Prowincjalnych;
  3. Troszczyć się o konfratrów  znajdujących  się w sytuacjach niezgodnych z prawem i starać się te sytuacje unormować.
  1. Wicewizytator posiada te same prawa, uprawnie- nia i obowiązki co wizytator, chyba że co innego wy- raźnie zastrzeżono w samych Konstytucjach i Statutach.
  2. Zarządzenia wizytatora zachowują moc obo- wiązującą aż do najbliższego konwentu prowincjalne- go, chyba że sam wizytator lub jego następca inaczej zarządzi.
  3. – § 1. W wypadku zawakowania urzędu wizy- tatora, tymczasowy zarząd prowincji przejmuje czaso- wo asystent wizytatora; jeśliby w prowincji nie było instytucji asystenta, wówczas obowiązki te przejmuje najstarszy nominacją, powołaniem lub wiekiem radca

prowincjalny, chyba że przełożony generalny zarządzi

co innego.

– § 2. Konwent prowincjalny może przedstawić przełożonemu generalnemu do zatwierdzenia, za zgodą jego rady, własny sposób czasowego sprawowania zarządu prowincji, na wypadek śmierci wizytatora lub jego ustąpienia z urzędu.

 

3. Asystent wizytatora (K 126)

  1. – § 1. Asystentem wizytatora jest jeden z rad- ców prowincjalnych, a wybierają go ci właśnie radcy wraz z wizytatorem, chyba że konwent prowincjalny postanowi inaczej.
  • § 2. Gdy wizytator jest nieobecny, asystent posiada pełnię jego władzy z wyjątkiem spraw, które wizytator sobie zastrzegł.
  • § 3. W wypadku niemożności sprawowania urzędu przez wizytatora, zastępuje go z pełnią władzy asystent, aż do ustania przeszkody. O zaistnieniu prze- szkody orzeka rada prowincjalna bez udziału wizytatora i jak najprędzej powiadamia o tym przełożonego gene- ralnego, do zarządzeń którego należy się stosować.

 

4. Rada wizytatora (K 127)

  1. – § 1. Radców mianuje wizytator na okres trzech lat po zasięgnięciu zdania przynajmniej tych członków prowincji, którzy posiadają prawo głosu

czynnego. W ten sam sposób i pod tymi samymi wa- runkami radcy mogą być zatwierdzeni na drugie i trze- cie trzechlecie, lecz nie na czwarte.

  • § 2. Konwent prowincjalny może przedsta- wić przełożonemu generalnemu do zatwierdzenia, za zgodą jego rady, własny sposób wyznaczania lub wy- boru radców, jak również zaproponować liczbę, termin nominacji i czas sprawowania urzędu. O wyznaczeniu radców wizytator ma obowiązek powiadomić przeło- żonego generalnego.
  • § 3. Radca prowincjalny, z ważnej przyczy- ny, może być usunięty z urzędu przez przełożonego generalnego, na wniosek wizytatora i za zgodą pozo- stałych radców.
  • § 4. To co stwierdza  się  w art. 73 § 2 i  3   o asystencie prowincjalnym, odnosi się także do radcy prowincjalnego najstarszego nominacją, powołaniem lub wiekiem w tych prowincjach, które nie mają insty- tucji asystenta prowincjalnego, chyba że co innego postanowiono w Normach Prowincjalnych.

 

5. Ekonom prowincji (K 128)

  1. Ekonoma prowincjalnego mianuje wizytator za zgodą swej rady, albo w inny sposób określony w Nor- mach Prowincjalnych.

        76.        Gdy ekonom prowincjalny nie jest radcą, bierze udział w posiedzeniu rady tylko wówczas, gdy zosta- nie wezwany przez wizytatora, lecz bez prawa głosu.

Do obowiązków ekonoma prowincjalnego należy:

  1. Troszczyć się o to, by prawo własności majątku prowincji było tak w zakresie kościelnym, jak i pań- stwowym należycie zabezpieczone;
  2. Służyć radą i pomocą ekonomom domów w peł- nieniu ich obowiązków oraz sprawować nadzór nad ich administracją;
  3. Troszczyć się, aby każdy dom przekazywał wy- znaczoną sumę na wydatki prowincji  oraz przesyłać, w oznaczonym terminie, określoną sumę pieniędzy na fundusz generalny;
  4. Czuwać, aby osobom pracującym na rzecz Zgro- madzenia, przekazywano sprawiedliwą zapłatę oraz by dokładnie przestrzegano przepisów prawa cywilnego odnośnie podatków i ubezpieczeń społecznych;
  5. Sumiennie prowadzić księgi wydatków i docho- dów, jak również inne dokumenty;
  6. Składać sprawozdanie z zarządu majątkiem wi- zytatorowi i jego radzie, stosownie do przepisu art. 103 tych Statutów.

 

6. Regiony

  1. – § 1. Regionem jest terytorium, na którym istnieje przynajmniej jeden dom, który należy do ja-

kiejś prowincji, albo podlega bezpośrednio przełożo- nemu generalnemu.

  • § 2. Region jest ustanawiany przez przeło- żonego generalnego  jego  radą  lub  przez  wizytatora z jego radą i podlega superiorowi regionalnemu.
  • § 3. Superior regionalny ma uprawnienia przekazane mu przez przełożonego generalnego lub przez wizytatora. Powinien on troszczyć się o rozwój posłannictwa Zgromadzenia.
  • § 4. Jeżeli superior regionalny jest miano- wany przez wizytatora z jego radą, musi być zatwier- dzony przez przełożonego generalnego z jego radą (por. K 125,5).
  • § 5. Region jest ustanawiany pisemną umo- wą, między przełożonym generalnym lub wizytatorem i superiorem regionalnym, w której określa się wza- jemne prawa i obowiązki.
  • § 6. Region można ustanowić dla zabezpie- czenia jego autonomii w stosunku do prowincji lub wiceprowincji, albo wtedy, gdy prowincja lub wice- prowincja nie może tej autonomii zapewnić.
  • § 7. Region może stać się wiceprowincją lub wiceprowincja może się stać prowincją, jeżeli istnieje poważna nadzieja zabezpieczenia napływu powołań oraz gwarancja posiadania środków materialnych dla zapewnienia spełniania posłannictwa oraz utrzymania konfratrów.

7. Konferencje wizytatorów

  1. – § 1. Dla zapewnienia współpracy prowincji w dziedzinie posłannictwa, wymiany doświadczeń  oraz formacji wizytatorzy powinni tworzyć konferen- cje wizytatorów.
  • § 2. Tego rodzaju konferencje powinny za- bezpieczać jedność Zgromadzenia i autonomię pro- wincji oraz sprzyjać zasadom pomocniczości i współ- odpowiedzialności.
  • § 3. Każda konferencja wizytatorów powin- na wypracować własny statut i przedstawić go do za- twierdzenia przełożonemu generalnemu z jego radą.

 

8. Administracja lokalna (K 129-134)

  1. Superior domu ma prawo i obowiązek:
  1. Składać wizytatorowi sprawozdanie o stanie po- wierzonego sobie domu;
  2. Powierzać konfratrom swojego domu obowiązki i urzędy, których przydzielanie nie jest zastrzeżone przełożonym wyższym;
  3. Zwoływać konwent domowy i przewodniczyć na

nim;

  1. Opracować razem ze swoją wspólnotą program wspólny swojego domu i przedstawić go do zatwier- dzenia wizytatorowi;
  2. Posiadać archiwum i pieczęć swego domu;

        6.        Zaznajamiać konfratrów z rozporządzeniami

Zgromadzenia i informacjami o jego życiu;

  1. Czuwać nad wypełnieniem zobowiązań dotyczą- cych Mszy św.
  1. – § 1. Superior zarządza domem przy współ- pracy wszystkich  konfratrów,  a  zwłaszcza  asystenta i ekonoma, których mianuje się według przepisów Norm Prowincjalnych.
  • § 2. W wypadku nieobecności superiora, asystent wykonuje wszystkie obowiązki jego urzędu, zgodnie z normami określonymi w naszym prawie własnym.
  • § 3. Należy odbywać spotkania wszystkich konfratrów wspólnoty na wzór rady.

 

Rozdział III

KONWENTY

 

1. Przepisy ogólne

  1. Przełożeni i inni konfratrzy powinni przygoto- wać konwenty i czynnie w nich uczestniczyć; wreszcie mają wiernie zachować ustawy i przepisy przez nie wydane.
  2. – § 1. Przy wyborach wymaga się przynajm- niej trzech skrutatorów.

        –        § 2. Z samego prawa skrutatorami są, razem z przewodniczącym i sekretarzem po jego wyborze, dwaj najmłodsi wiekiem uczestnicy konwentu.

§ 3. Na początku konwentu przystępuje się do wyboru sekretarza, do którego należy:

Pełnić obowiązek pierwszego skrutatora;

Sporządzać sprawozdanie z posiedzeń oraz do- kumenty.

  1. Tak przed zwołaniem konwentu, jak i w czasie jego trwania należy sprzyjać swobodnemu przekazywa- niu sobie informacji dotyczących przedmiotu obrad oraz przymiotów kandydatów, którzy mają być wybrani.
  2. Po zakończeniu obrad, akta konwentu zatwier- dzone przez uczestników, mają być podpisane przez przewodniczącego i sekretarza konwentu oraz przez wszystkich zebranych. Akta opatrzone pieczęcią należy starannie przechowywać w archiwum.

 

2. Konwent Generalny (K 137-142)

  1. Konwent Generalny ma prawo ogłaszania dekla- racji, które posiadają moc pouczeń i charakter upomnień.
  2. – § 1. Zwyczajny Konwent Generalny powi- nien się odbyć w ciągu szóstego roku po ostatnim zwy- czajnym Konwencie Generalnym.
  • § 2. Nadzwyczajny  Konwent  Generalny  od-

bywa  się  ilekroć  przełożony  generalny,  za zgodą swej

rady i po wysłuchaniu zdania wizytatorów, uzna jego zwołanie za wskazane.

  • § 3. Przed Konwentem Generalnym powinny

się odbyć konwenty prowincjalne.

  1. – § 1. Termin i miejsce Konwentu Generalnego

wyznacza przełożony generalny, za zgodą swej rady.

  • § 2. W upływającym jednak szóstym roku, można by dla słusznej przyczyny, dekretem przełożo- nego generalnego, za zgodą jego rady, przyspieszyć lub opóźnić obrady konwentu do sześciu miesięcy, licząc od dnia rozpoczęcia poprzedniego zwyczajnego Konwentu Generalnego.
  1. – § 1. Przełożony generalny, wikariusz gene- ralny i asystenci generalni ustępujący z urzędu pozo- stają członkami konwentu na następnych jego sesjach.
  • § 2. Oprócz tych, którzy stosownie do przepi- sów Konstytucji mają brać udział z urzędu w Konwencie Generalnym, będzie w nim uczestniczył jeden delegat z poszczególnych prowincji i z wiceprowincji na pierw- szych stu członków posiadających prawo głosu czynne- go; jeżeli zaś jest więcej niż stu członków posiadają- cych prawo głosu czynnego, ma być inny jeszcze dele- gat na każdych siedemdziesięciu pięciu członków i na pozostałą ich część. Liczbę delegatów na Konwent Generalny należy określić w stosunku do liczby człon- ków, posiadających prawo głosu czynnego w dniu wy- boru delegatów na konwencie prowincjalnym.

        –        § 3. W razie wakansu na urzędzie wizytato- ra, na Konwent Generalny udaje się ten, kto sprawuje tymczasowy zarząd prowincji. Jeżeli wizytator wsku- tek prawnie uzasadnionej przyczyny nie może udać się na Konwent Generalny, w jego miejsce udaje się ten, kto go zastępuje na urzędzie. Jeżeli zaś ten został wy- brany jako delegat, na Konwent Generalny udaje się pierwszy zastępca delegata.

  1. – § 1. Jeżeli żaden z braci nie zostanie wybra- ny jako delegat na Konwent Generalny, przełożony generalny ze swoją radą zatroszczy się o to, by któryś  z braci był na nim obecny.
  • § 2. Gdyby z jakichś powodów niemożliwe były wybory delegatów, którzy powinni zgodnie z pra- wem uczestniczyć w Konwencie Generalnym, przeło- żony generalny ze swoją radą postara się temu zaradzić.
  1. – § 1. W odpowiednim czasie przed zwoła- niem Konwentu Generalnego, przełożony generalny wraz ze swą radą, po wysłuchaniu zdania wizytatorów oraz mając na uwadze różne regiony i dzieła, powołuje komisję przygotowawczą.
  • § 2. Pozostawiając przełożonemu general- nemu i jego radzie szerokie uprawnienia kierowania, zależnie od potrzeb, pracami komisji przygotowaw- czej, do obowiązków tejże komisji może należeć:
  1. Zwrócić się do prowincji i do poszczególnych członków z zapytaniem jakie sprawy, ich zdaniem, na-

leżą do najbardziej niecierpiących zwłoki i w jaki spo- sób należy zająć się nimi na Konwencie Generalnym;

  1. Po otrzymaniu odpowiedzi, wybrać starannie sprawy, które ze względu na potrzeby nie cierpią zwłoki i mają charakter ogólny, przeprowadzić studia   i skonsultować źródła, a następnie całość, w odpo- wiednim czasie, przed pracą konwentów domowych, przesłać do wizytatorów;
  2. Zgromadzić propozycje lub postulaty konwentów prowincjalnych oraz studia dokonane w prowincjach, jak również postulaty przedłożone przez przełożonego generalnego, który wysłuchał w tym względzie opinii swojej rady;
  3. Uporządkować całość materiału i sporządzić z nie- go dokument roboczy (documentum laboris), a następnie całość wysłać w odpowiednim czasie, by członkowie konwentu i ich zastępcy mogli otrzymać dokument na dwa pełne miesiące przed rozpoczęciem prac Konwentu Generalnego.

– § 3. Z chwilą otwarcia konwentu, kończą się zadania tej komisji, jednak jej przewodniczący, osobi- ście lub przez zastępcę, o ile uzna to za pożyteczne, przedstawi sprawozdanie z działalności komisji.

  1. – § 1. W dniu wyboru przełożonego general- nego, wyborcy odprawią Mszę św. w intencji uprosze- nia szczęśliwego wyboru, a następnie po krótkiej eks-

hortacji rozpoczną o wyznaczonej godzinie posiedzenie pod kierunkiem przewodniczącego.

  • § 2. Na przygotowanych kartkach wyborcy wpisują nazwisko tego, którego wybierają na przeło- żonego generalnego.
  • § 3. Jeśliby po przeliczeniu kartek okazało się, że jest ich więcej niż wyborców, głosowanie jest nieważ- ne i należy przystąpić do wypełniania nowych kartek.
  1. Dyrektorium zatwierdzone przez któryś z kon- wentów pozostaje w mocy, dopóki przez inny konwent nie zostanie zniesione lub odwołane.

 

3. Konwent prowincjalny (K 143-146)

  1. Normy wydane przez konwent prowincjalny, są to przepisy ogólne, odnoszące się do wszystkich przypad- ków podanych w tychże normach. Normy te jednak nie naruszają władzy wizytatora, która została określona przez prawo powszechne lub nasze własne, ani też wła- dzy wykonawczej koniecznej do pełnienia przez niego urzędu. Normy Prowincjalne mają moc obowiązującą tak długo, dopóki nie zostaną odwołane przez następny kon- went prowincjalny lub przez przełożonego generalnego.
  2. Do wizytatora, po wysłuchaniu zdania swej rady, należy określanie dnia i wyznaczenie domu, w którym powinien podjąć obrady konwent prowincjalny.

        96.        Przełożony generalny przekaże wizytatorowi swoją decyzję odnośnie Norm Prowincjalnych w cią- gu dwóch miesięcy od ich otrzymania.

Jeżeli Normy Prowincjalne nie określą inaczej, w konwencie prowincjalnym uczestniczy tylu delega- tów wybranych spośród całego kolegium prowincjal- nego składającego się ze wszystkich członków posia- dających w prowincji prawo głosu biernego, ilu jest delegatów, biorących udział z urzędu, dodając po jed- nym delegacie na każdych dwudziestu pięciu (25) członków mających prawo głosu czynnego oraz jedne- go delegata na pozostałą część.

Na delegatów wybrani są ci, którzy z całego kolegium prowincjalnego otrzymali największą liczbę głosów; w wypadku zaś równej ilości głosów, starsi powołaniem lub wiekiem; tyluż następnych według kolejnej większości głosów zostaje wybranych na za- stępców delegatów.

Jeżeli superior domu z powodu przeszkody nie może udać się na konwent prowincjalny, w jego zastęp- stwie udaje się asystent domu. Jeżeli zaś asystent został wybrany na delegata, wówczas jego miejsce zajmuje następny spośród zastępców delegatów.

Konwent prowincjalny może przedstawić do zatwierdzenia przełożonemu generalnemu, za zgodą jego rady, własny sposób reprezentacji na konwencie

prowincjalnym, tak jednak, by liczba delegatów wy- bieranych przewyższała liczbę delegatów  biorących  w konwencie udział z urzędu.

  1. Każda prowincja ma obowiązek opracować na konwencie własne normy proceduralne czyli dyrekto- rium, z zachowaniem jednak  przepisów  prawa  po- wszechnego i naszego własnego.
  2. Konwent prowincjalny wybiera delegatów oraz ich zastępców na Konwent Generalny w odrębnych gło- sowaniach   bezwzględną   większością   głosów.   Jeżeli w pierwszym i drugim głosowaniu nikt nie został wybra- ny, to w trzecim głosowaniu wybrany jest ten, kto otrzy- mał względną większość głosów, a w wypadku równej ilości głosów, starszy powołaniem lub wiekiem.

 

CZĘŚĆ DRUGA

DOBRA MATERIALNE

(K 148-155)

 

  1. Niech Zgromadzenie nieustannie rozważa na- stępujące zasady, niech sercem do nich przylgnie oraz z pełnym zaufaniem i odwagą wprowadza je w życie:
  1. Jednomyślny wysiłek, by przywrócić naszemu życiu zdecydowane umiarkowanie, które w imię ubó- stwa Chrystusa, bardziej przykładem niż słowem, pro- testuje przeciwko chciwości płynącej z konsumpcyjnej mentalności społeczeństwa oraz przeciwko żądzy bo- gacenia się, która prawie cały świat gubi (R III, 1);
  2. Skuteczna troska o to, by własne dobra materialne obracać na szerzenie sprawiedliwości społecznej;
  3. Wyzbywanie się tych dóbr materialnych, które nie są nam konieczne, na rzecz ubogich.
  1. Przełożony generalny, za zgodą swej rady, ma prawo, kierując się zasadą słuszności, nałożyć opłaty na poszczególne prowincje; to samo przysługuje wizy- tatorowi w stosunku do domów swojej prowincji.
  2. Pod kierunkiem i nadzorem przełożonych i ich rad, należy administrować majątkiem, który tylko zo- stał powierzony Zgromadzeniu w zarząd.

        106.        – § 1. Ekonomowie mają obowiązek składać przełożonym sprawozdanie z administracji majątkiem, a także udzielać informacji konfratrom.

  • § 2. Przełożony generalny ze swoją radą, ma obowiązek sprawdzić raz w roku przedłożone mu przez ekonoma generalnego wykazy wpływów i wydatków oraz relacje o stanie majątkowym; wizytator ze swoją radą dokonuje tego wglądu dwa razy do roku w stosun- ku do ekonoma prowincjalnego; superior domu w sto- sunku do ekonoma domowego raz w miesiącu; wykazy zaś albo relacje należy jednak podpisywać tylko wów- czas, gdy stwierdzi się, że są należycie prowadzone.
  • § 3. Konfratrzy, którzy mają zleconą admini- strację specjalnych dzieł prowincji lub domu, przedłożą wykazy wpływów i wydatków odnośnym przełożonym w terminie i według sposobu określonego w Normach Prowincjalnych.
  • § 4. Jeżeli zaś majątek nie jest własnością Zgromadzenia, lecz tylko powierzono mu jego admini- strację, wówczas rejestry należy przedkładać tak jego właścicielom jak również przełożonym Zgromadzenia.
  • § 5. Ekonom generalny ma zdawać ogólne sprawozdanie ze swej administracji wizytatorom pod koniec każdego roku, a co sześć lat Konwentowi Gene- ralnemu.
  • § 6. Wizytatorzy prześlą po zakończeniu roku zestawienie roczne ze swoich prowincji przełożo- nemu generalnemu.

        –        § 7. Ekonomowie prowincjalni niech przed- stawiają konfratrom swojej prowincji sprawozdanie ogólne ze swej administracji, jak również sprawozda- nie o stanie majątkowym, zgodnie z przepisami Norm Prowincjalnych.

  1. Wszyscy administratorzy, tak przełożeni jak ekonomowie, mogą podejmować działania administra- cyjne w imieniu Zgromadzenia jedynie w granicach swego urzędu i zgodnie z przepisami prawa. Dlatego Zgromadzenie, prowincja i dom odpowiadają jedynie za czynności administracyjne, dokonane zgodnie ze wspomnianymi przepisami; za inne czynności odpo- wiadają ci, którzy je spełnili niegodziwie i nieważnie. Jeżeli jednak jakaś osoba prawna Zgromadzenia zacią- gnęła długi lub zobowiązania, także za pozwoleniem, ona sama ze swoich dóbr będzie za nie odpowiedzialna.
  2. – § 1. Konwent Generalny ma prawo określić sumę, powyżej której przełożony generalny nie może czynić nadzwyczajnych wydatków.
  • § 2. Wizytatorzy mogą czynić wydatki w gra- nicach ustaleń zawartych w Normach Prowincjalnych.
  • § 3. Superiorzy domów mogą czynić wydat- ki w granicach ustalonych w Normach Prowincjalnych.
  1. Przełożeni niech nie udzielają pozwoleń na zaciąganie długów, jeżeli nie mają pewności, że można będzie ze zwykłych dochodów zapłacić procenty oraz

w przewidzianym terminie zwrócić pożyczoną sumę

przez spłatę ustalonych rocznych rat.

  1. – § 1. Należy dokładnie zachować przepisy dotyczące: pracy, ubezpieczeń i sprawiedliwości w sto- sunku do osób, które pracują w domach i dziełach Zgromadzenia.
  • § 2. Przełożeni niech postępują z największą roztropnością przy przyjmowaniu pobożnych fundacji, które powodują długoletnie obowiązki. Nie wolno przyjmować zobowiązań wieczystych.
  • § 3. Nie wolno czynić darów z dóbr wspól- nych,  jak  tylko  zgodnie  z  przepisami  Konstytucji    i Statutów.
  • § 4. Przy przyjmowaniu dóbr na rzecz Zgromadzenia, prowincji i domu, które wpływają na mocy testamentu lub darowizny, należy zachować wolę ofiarodawców tak co do tytułu jak i użytkowania.
  • § 5. Należy się zatroszczyć o ubezpieczenie społeczne dla konfratrów poprzez Zgromadzenie, bisku- pa lub inne osoby w zależności od tego w stosunku do kogo konfratrzy podejmują pracę. Domy,  prowincje,   a także kuria generalna, niech zatroszczą się o ubez- pieczenia od różnych wypadków.

ŠTATÚTY

MISIJNEJ SPOLOČNOSTI

Decretum quo Statuta renovata Congregationis Missionis promulgantur

De consensu Consilii Generalis Statuta Congregationis Missionis transmitto a Conventu Generali 2010 renovata et approbata.

Pro renovatis vel novis Statutis textus lingua italica exaratus tamquam „officialis“ habeatur.

Datum Romae, die 27 septembris 2011

in Solemnitate Sancti Vincentii a Paulo

 

G. Gregory Gay, CM

Superior Generalis

Život v Spoločnosti

Kapitola I. – APOŠTOLSKÁ ČINNOSŤ (K 10-18)

1. Treba postupne zanechať tie apoštolské práce,  o ktorých sa po dôkladnom uvážení presvedčíme,  že dnes už nezodpovedajú povolaniu Spoločnosti.

2. V súčasnom kontexte globalizácie mnohé skutočnosti a situácie skúšajú našu vieru a predstavujú výzvu pre tradičné metódy evanjelizácie. Spolubratia si toho majú byť vážne vedomí a pamätať, že sa od nich vyžaduje svedectvo pevnejšej osobnej viery v Boha, ako aj hľadanie nových ciest k dobrému naplneniu ich povolania k evanjelizácii.

3. Nech provincie a jednotlivé domy ochotne rozvinú osobitnú bratskú spoluprácu v apoštolských podujatiach tak medzi sebou, ako i s diecéznym duchovenstvom, rehoľnými inštitútmi a laikmi.

4. Členovia Spoločnosti nech sú otvorení pre dialóg. V otázkach náboženských, sociálnych a kultúrnych nech sa stretajú v aktívnej spolupráci s kresťanmi i nekresťanmi.

5. V diele misií »ad gentes« treba mať na zreteli tieto zásady:

  1. V duchu spoluzodpovednosti sa jednotlivé provincie navzájom podporujú buď z vlastnej iniciatívy alebo na výzvu generálneho predstaveného.
  2. Jednotlivé provincie alebo viaceré spolu nech prevezmú aspoň jednu misijnú oblasť, kde by posielali svojich členov ako pracovníkov na Pánovu žatvu.
  3. Členom Spoločnosti treba dať možnosť konkrétne pomáhať misijným dielam a tiež možnosť ísť tam osobne a obetovať sa pre službu evanjelizácie.
  4. Okrem toho treba povzbudzovať členov Spoločnosti k účasti na misijných dielach všeobecnej a miestnej Cirkvi. Treba tiež vhodne zorganizovať vlastné diela Misijnej spoločnosti.

6. Misionári, ktorí sú poslaní prostredníctvom misií k pohanom, nech sa dobre pripravia na plnenie špeciálnych úloh, oboznámia sa s podmienkami panujúcimi v krajine, kde budú pracovať, aby ich pastoračná činnosť zodpovedala účinným spôsobom miestnym potrebám.

7.

§1. Spolubratia budú venovať osobitnú pozornosť podpore a pomoci vincentínskym laickým asociáciám, ktoré sú dnes súčasťou vincentínskej rodiny v ich apoštolskej činnosti.

§2. Všetci spolubratia musia byť pripravení príslušným spôsobom poskytnúť túto službu rôznym vetvám vincentínskej rodiny a sami majú byť pre túto službu k dispozícii, keď sa to od nich bude žiadať; navyše v každej provincii sa na túto službu budú špecializovať niektorí spolubratia.

§3. Jadrom tejto služby bude zdieľanie vlastnej skúsenosti viery vo svetle učenia Cirkvi a vincentínskeho ducha. Aby bola táto služba prispôsobená dnešným potrebám, bude nutné zabezpečiť potrebnú technickú a odbornú formáciu.

8. Nech sa podporujú stretnutia medzi provinciami pre dokonalejšie poznanie povolania misionárov a ich pastoračných pracovných metód, ktoré by účinnejšie zodpovedali konkrétnym podmienkam a premenám osôb a vecí.

9.

§1. Jednotlivé provincie, prihliadajúc na okolnosti, vydajú vhodné normy pre sociálnu činnosť a určia konkrétne prostriedky, pomocou ktorých sa urýchli realizácia sociálnej spravodlivosti.

§2. Okrem toho nech sa členovia Spoločnosti podľa miestnych a časových okolností zapoja do spolupráce so združeniami, ktoré bránia ľudské práva a podporujú spravodlivosť a pokoj.

10.

§1. Medzi apoštolské činnosti Spoločnosti treba započítať aj farnosti, pokiaľ sa apoštolát, ktorý v nich spolubratia konajú, zhoduje s cieľom a charakterom našej Spoločnosti a bol vyžiadaný v dôsledku nedostatku duchovných pastierov.

§2. Tieto farnosti zverené Spoločnosti musia byť z veľkej časti zložené z chudobných alebo nech sú pripojené k seminárom, kde spolubratia konajú pastoračnú formáciu.

11.

§1. Výchovná činnosť má nesmierny význam pre mládež i pre dospelých, preto nech členovia Spoločnosti prevezmú úlohu vyučovania a výchovy, kde sa môže dosiahnuť cieľ Spoločnosti.

§2. Túto úlohu treba prevziať nielen v rôznych školách, ale aj v rodinách, na pracoviskách, ba i v akomkoľvek sociálnom prostredí, kde sa zhromažďuje mládež i dospelí.

§3. Školy, kolégia a univerzity, podľa miestnych okolností, nech prijímajú chudobných, aby sa napomáhala ich všestranná výchova. Zdôrazňovanie hodnôt kresťanskej výchovy a formáciou kresťanského sociálneho cítenia, nech sa v duchu zakladateľa vštepuje žiakom správne chápanie chudobného.

12. Medzi prostriedkami, ktoré Spoločnosť používa pri šírení evanjelia, nech sa venuje primeraná pozornosť aj technickým prostriedkom spoločenského dorozumievania, aby sa slovo spásy účinnejšie šírilo.

Kapitola II. – KOMUNITNÝ ŽIVOT  

(K 19 – 27)

13. Naši chorí a starí spolubratia alebo tí, ktorí sú vo zvláštnej núdzi, a tak sú osobitným spôsobom zjednotení s trpiacim Kristom, sa budú zúčastňovať na našom diele evanjelizácie sveta. Budeme dbať, aby sme s nimi zaobchádzali bratsky a vhodným spôsobom im pomáhali. Po zvážení rôznych možností bude na zodpovednosti vizitátora a jeho rady konečné rozhodnutie so prihliadnutím na jednotlivé prípady.

14.

§1. Spolubratia, ktorí žijú mimo komunity, pretože ich Spoločnosť poverila zvláštnymi úlohami, nech sa snažia stráviť aspoň nejaký čas v spoločenstve, aby požívali dobrodenie komunitného života. Vychádzajme im v ústrety, aby sme im uľahčili ich osamelosť a s láskavou starostlivosťou ich častejšie pozvime medzi seba, aby sme sa navzájom obohatili požehnaním bratského a apoštolského života.

§2. Bratsky a včas podporujme spolubratov, ktorí zápasia s ťažkosťami.

15.

§1. Povinnosti voči rodičom si verne plňme, ale so zachovaním miery, ktorá je nevyhnutná pre plnenie nášho poslania a zachovávania komunitného života.

§2. Spolubratov, kňazov a iných hostí prijímajme v našich domoch s otvoreným náručím.

§3. Ak nás chudobní požiadajú o pomoc, buďme k nim štedrí a pokúsme sa odstrániť ich nedostatky.

§4. Ochotne sa zapojme do bratského spoločenstva všetkých, s ktorými sme spojení v živote i práci.

16. Spoločný pracovný plán, ktorý si urobí každá komunita podľa možností na začiatku pracovného roka, nech obsahuje: apoštolskú činnosť, modlitbu, užívanie majetku, svedectvo kresťanského života na pracovisku, stálu formáciu, termíny pracovných stretnutí, čas potrebný na zotavenie a štúdium a tiež denný poriadok. Toto všetko nech je predmetom pravidelného prehodnocovania.

Kapitola III. – ČISTOTA, CHUDOBA, POSLUŠNOSŤ, STÁLOSŤ (K 28 – 39)

17. 

§1. Provinciálne zhromaždenie nech prispôsobí predpisy o chudobe podľa Konštitúcií, ducha Všeobecných pravidiel a základného ustanovenia o chudobe od pápeža Alexandra VII. (Alias Nos supplicationibus).

§2. Jednotlivé provincie a miestne komunity,  berúc do úvahy okolnosti miesta a vecí, nájdu vlastný spôsob zachovávania evanjeliovej chudoby a podrobia ho pravidelnej kontrole s presvedčením, že chudoba nie je len  hradbou komunity (por. VP III,1), ale aj podmienku obnovy a znamením rozvoja nášho povolania v Cirkvi a vo svete.

18. Spoločnosť, pamätajúc na pevnú vincentínsku tradíciu, považuje za nesmierne dôležitý sľub stálosti, osobitne v dnešnej dobe, ktorá je charakteristická nestálosťou a dočasnosťou.

Provincie, miestne komunity a všetci spolubratia sa budú intenzívne usilovať prehlbovať sľub stálosti, ktorým sa rozumie verné zotrvanie v Spoločnosti po celý život a úplné zasvätenie sa nasledovaniu Krista, evanjelizátora chudobných.

Kapitola IV. – Modlitba (K 40 – 50)

19. Podľa spoločného pracovného plánu si verne vykonávajme svoje zbožné cvičenia, zaužívané v Spoločnosti, zvlášť čítanie Svätého písma – predovšetkým Nového zákona, úctu k Eucharistii, spoločné rozjímanie, spytovanie svedomia, duchovné čítanie, každoročné duchovné cvičenia a duchovné vedenie.

Kapitola V. – Členovia

1. Prijatie do Spoločnosti (K 53 – 58)

20.

§1. Vnútorný seminár začína pre každého kandidáta vtedy, keď ho direktor alebo jeho zástupca vyhlási za prijatého podľa Provinciálnych noriem.

§2. Spoločnosť sa včas postará o záruky, platné ak treba aj podľa civilného práva, aby sa náležite obhájili práva člena i Spoločnosti v prípade, ak by člen dobrovoľne odišiel, alebo bol prepustený.

21. V Spoločnosti sa skladá „dobré predsavzatie“ podľa formuly priamej alebo nepriamej:

§1. Formula priama:

„Pane a Bože môj, ja, X. Y., sa chcem v Misijnej spoločnosti po celý život verne venovať ohlasovaniu evanjelia chudobným, pri nasledovaní Krista ohlasujúceho Evanjelium. A preto si robím predsavzatie a s pomocou tvojej milosti, túžim a chcem zachovávať čistotu, chudobu a poslušnosť podľa Konštitúcií a Štatútov našej Spoločnosti.“

§2. Formula deklaratívna:

„Ja, X. Y., nasledujúc Krista ohlasujúceho Evanjelium, sa chcem v Misijnej spoločnosti po celý život verne venovať ohlasovaniu evanjelia chudobným. Preto si robím predsavzatie a s pomocou Božej milosti túžim a chcem zachovávať čistotu, chudobu a poslušnosť podľa Konštitúcií a Štatútov našej Spoločnosti.“

22.

§1. „Dobré predsavzatie“ sa má skladať v prítomnosti superiora alebo ním povereného spolubrata.

§2. Ďalšie úpravy o zložení alebo obnovení „dobrého predsavzatia“ prípadne o pridaní nejakej formy dočasného začlenenia, ako aj úpravy o právach a povinnostiach, ktoré majú členovia od prijatia do Spoločnosti až do inkorporácie, si stanoví zhromaždenie každej provincie.

23. Ďalšie úpravy o čase skladania sľubov patria do kompetencie zhromaždenia patričnej provincie.

24. Za zvláštnych okolností môže provinciálne zhromaždenie predložiť na potvrdenie generálnemu superiorovi a jeho rade vlastné formuly tak pre „dobré predsavzatie“ ako aj pre zloženie sľubov, pri ktorých treba zachovať podstatné prvky ustanovených

formúl.

2. Práva a povinnosti členov (K 59 – 64 )

25. Ani aktívne ani pasívne hlasovacie právo nemajú:

  1. Tí členovia, ktorí dostali indult žiť mimo Spoločnosti podľa vlastného práva Spoločnosti a v zmysle výhrad uvedených v indulte.
  2. Členovia povýšení alebo vymenovaní za biskupov a to tak počas, ako i po skončení úradu, ak sa nevrátili ku komunitnému spôsobu života.
  3. Vikári, prefekti a apoštolskí administrátori, hoci nie sú biskupi, počas svojho úradu,  ak nie sú súčasne superiormi niektorého domu Spoločnosti.

26.

§1. Členovia bez aktívneho a pasívneho volebného práva, okrem tých, ktorí sú vymenovaní v kánonoch 171, §1,č.3-4; 1336, §1, č.2 a v článkoch 70 a 72, §2 Konštitúcií Misijnej spoločnosti, sú zbavení aktívneho a pasívneho volebného práva. Taktiež tí, ktorí v čase, keď sa má ich aktívne a pasívne volebné právo uplatniť v Spoločnosti, sú v provincii alebo v dome nepovolene neprítomní, to znamená:

  1. tí, ktorí sú neprítomní v Spoločnosti bez potrebného povolenia, ak doba ich neprítomnosti presahuje šesť mesiacov;
  2. tí, ktorí majú potrebné povolenie, avšak po ukončení platnosti ho neobnovili (K 72,§2);
  3. tí, ktorí neplnia podmienky určené po tom, čo im bolo udelené povolenie bývať mimo komunitu (K 67,§1);
  4. tí, ktorých doba absencie presiahla tri  roky s povolením, okrem prípadu choroby, štúdia alebo apoštolátu vykonávaného v mene Spoločnosti (K 67,§2).

§2. V sporných prípadoch rozhodne vizitátor so súhlasom svojej rady, či má spolubrat aktívne a pasívne volebné právo, s dôkladným posúdením jeho situácie v provincii, vlastného práva Spoločnosti a Provinciálnych noriem.

§3. Pravidlá, ktoré platia pre aktívne a pasívne volebné právo, platia aj pre konzultácie stanovené vlastným právom Spoločnosti a Provinciálnymi normami.

27.

§1. Každý člen má právo, aby sa po jeho smrti v celej Spoločnosti za neho modlili.

§2. Jednotliví spolubratia – podľa svojho stavu – nech obetujú mesačne svätú omšu za živých i zomrelých z celej vincentínskej rodiny, ako aj za rodičov, príbuzných, dobrodincov s pridaním zvláštneho úmyslu za zachovanie pôvodného ducha Spoločnosti.

§3. Podobne druhú sv. omšu nech obetujú za tých členov celej Spoločnosti, ktorí v minulom mesiaci zomreli.

§4. Ďalšie úpravy nech si určí každá provincia jednotlivo.

28. Každý spolubrat inkorporovaný do Spoločnosti má právo, každý mesiac odslúžiť sv. omše podľa vlastného úmyslu, bez prijatia štipendia. Počet a spôsob ich slávenia si určia jednotlivé provincie v Provinciálnych normách.  

3. Zaradenie členov do niektorej provincie a domu (K 65 – 67 )

29.

§1. Generálny superior, generálni asistenti, sekretár, generálny ekonóm a generálny prokurátor pri Svätej stolici, nemajú počas svojho úradu vlastnú provinciu s právnymi účinkami.

§2. To isté platí aj o ostatných členoch zaradených do generálneho domu. Ostáva im však aktívne i pasívne hlasovacie právo vo vlastnej provincii.

30.

§1. Člen Misijnej spoločnosti patrí do tej provincie, pre ktorú ho predstavení príjmu podľa práva Spoločnosti. Tá provincia sa nazýva »provincia pôvodu.«

§2. Nové zaradenie sa uskutočňuje preložením z jednej provincie do druhej, podľa rozhodnutia predstavených. Táto provincia sa nazýva »provincia určenia.«

31. Aby člen mohol opustiť jednu provinciu a prejsť do druhej, vyžaduje sa iba vzájomná dohoda medzi kompetentnými vyššími predstavenými, po vypočutí mienky samotného zainteresovaného, pritom však vždy ostáva nedotknutá autorita generálneho superiora.

32. Keď generálny superior skončí svoj úrad, nech si sám vyberie provinciu.

33. 

§1. Zápis do cieľovej provincie sa môže vykonať na dobu neurčitú alebo určitú.

§2. V prípade určitej doby vizitátori oboch provincií:

  1. spresnia v písomnej dohode práva a povinnosti spolubrata a oboch provincií;
  2. o preložení sa vystavia doklady, ktoré sa uložia do archívu obidvoch provincií;
  3. vizitátor provincie, z ktorej člen pochádza, upovedomí generálneho sekretára o jeho novom zaradení.

§3. Ak uplynie určené obdobie, spolubrat sa okamžite stáva členom provincie, z ktorej bol premiestnený, pokiaľ sa kompetentní predstavení po zvážení stanoviska spolubrata nedohodli, výlučne písomne a v súlade so Štatútmi inak.

34. Člen je zaradený do domu alebo do spoločenstva zriadeného na spôsob domu vtedy, keď ho tam určil oprávnený predstavený.

4. Vystúpenie a prepustenie členov

(K 68 – 76)

35. Právomoc znova prijať do Spoločnosti majú:

  1. Generálny superior po vypočutí svojej rady a všetkých členov.
  2. Vizitátor, po vypočutí svojej rady a vizitátora provincie, z ktorej člen vystúpil, alebo bol prepustený a pre všetkých tých, ktorí ešte neboli inkorporovaní do Spoločnosti.

Kapitola VI. – Formácia

1. Pastorácia povolaní

36. Starostlivosť o vzbudzovanie povolaní od nás vyžaduje stálu modlitbu (Mt 9,37) a autentické, plné, radostné svedectvo apoštolského i komunitného života, najmä keď s nami chlapci a mladíci pracujú vo vincentínskom poslaní, kde sa prehlbujú vo viere.

37.

§1. Provincie, domy a jednotliví členovia nech majú starosť o získanie kandidátov pre vincentínske poslanie.

§2. Provincie nech stále hľadajú lepšie prostriedky, ktorými by sa vzbudzovali a rozvíjali povolania. Pre tento cieľ nech zostavia vhodný pracovný plán.

§3. Po vypočutí svojej rady vymenuje vizitátor tzv. buditeľa povolaní, ktorý zaradí túto starostlivosť do všetkých našich prác, zameraných na budenie povolaní.

38. Je potrebné, aby sa kandidáti, ktorí chcú vstúpiť do Spoločnosti, už skôr rozhodli pre kresťanský život, apoštolát a ochotu pracovať vo vincentínskej komunite; alebo ich tiež treba postupne privádzať k voľbe povolania pomocou pastoračných prác medzi mládežou alebo v malých seminároch, kde jestvujú.

39. Náplňou formácie kandidátov primeranej ich veku, má byť predovšetkým bratské spolunažívanie, počúvanie Božieho slova, liturgické pobožnosti, zapojenie sa do apoštolskej činnosti spolu s moderátormi, rozvoj ich osobnosti, štúdium a práca.

2. Misionárska formácia

1. Hlavné zásady (K 77 – 81)

40. Okrem formácie, ktorá je spoločná pre všetkých, sa treba podľa možnosti postarať aj o špecifickú a odbornú formáciu pre našich jednotlivých spolubratov, ktorá by každého z nich pripravila na účinnejšie vykonávanie úloh apoštolátu, určených im Spoločnosťou a ktoré by viac zodpovedali ich schopnostiam a talentom.

41.

§1. Každá provincia vypracuje plán formácie, ktorý bude v súlade s vyššie spomenutými princípmi, s dokumentmi a nariadeniami Cirkvi, Rationes formationis Misijnej spoločnosti a bude odpovedať na rozličné miestne požiadavky.

§2. Ďalej nech vizitátor určí komisiu pre záležitosti formácie, ktorej úlohou bude vypracovanie a doplnenie programu formácie a zaoberanie sa všetkým, čo sa týka procesu výchovy.

42. Jednotlivé provincie nech pomocou komisie pre záležitosti formácie zriadia a rozvíjajú nepretržitú komunitnú a individuálnu formáciu.

2. Vnútorný seminár (K 82 -86)

43. Podľa potreby môže mať každá provincia vlastný vnútorný seminár alebo môže byť vnútorný seminár spoločný pre viaceré provincie. V oboch prípadoch môže byť v jednom alebo viacerých domoch Spoločnosti vybraných príslušnými vizitátormi, so súhlasom ich rád.

44. Za mimoriadnych okolností a so zreteľom na ľudskú a kresťanskú zrelosť kandidátov, môže dať vizitátor primerané úpravy.

3. Veľký seminár (K 87 – 90)

45.

§1. Každá provincia môže mať vlastný dom veľkého seminára alebo jeden spoločný pre viaceré provincie podľa toho, ako si to vyžaduje potreba.

§2. Našich bohoslovcov možno posielať na cirkevné štúdiá aj do inej provincie alebo do iného schváleného inštitútu.  V takom prípade sa treba postarať, aby tam mohli žiť spoločne podľa obyčajov Spoločnosti a aby dostávali primeranú vincentínsku formáciu.

§3. V domoch formácie nech prekvitá rodinná atmosféra, nech je prípravou na život v bratstve medzi členmi tej istej provincie; ak je však bohoslovcov veľa, možno ich vhodne podeliť na menšie skupiny, aby sa takto lepšie zaistil osobný vplyv formácie na jednotlivcov.

46. Po vypočutí moderátorov a svojej rady môže vizitátor dovoliť bohoslovcom počas ich formácie prerušenie štúdií na podnet spravodlivej príčiny a pobyt mimo domu formácie.

 47. Treba podporovať vzájomné poznávanie sa bohoslovcov z rôznych provincií Spoločnosti.

4. Formácia bratov (K 91 – 92)

48. Nech sa bratom poskytuje vhodné kultúrne a technické vzdelávanie v špeciálnych študijných kurzoch pre získanie primeraných diplomov alebo titulov.

5. Moderátori a profesori (K 93 – 95)

49. Nech veľký seminár ako centrum formácie poskytuje pomoc spolubratom pracujúcim v rôznych podujatiach, avšak aj samotní predstavení seminára a profesori nech sa venujú aj apoštolskej činnosti.

50. Treba sa postarať, aby v domoch formácie boli podľa potreby súci spolubratia, ktorí by vykonávali úrad spovedníka a spirituála.

Organizácia Spoločnosti

Diel I. – Správa

Kapitola I. – Ústredná administratíva

1. Generálny superior (K 101 – 107)

51. Generálnemu superiorovi okrem právomoci, ktoré mu dáva všeobecné právo a tiež špeciálnych právomocí patrí:

  1. Vykonávať tú istú právomoc pri spravovaní provincií ako i viceprovincií.
  2. Navštíviť aspoň raz počas vykonávania svojho úradu osobne alebo prostredníctvom delegáta, provincie a viceprovincie, aby oživil ich činnosť a oboznámil sa so stavom provincií a ich členov, zachovávajúc vždy právo vykonania kanonickej vizitácie, ak si to okolnosti vyžadujú.
  3.  
  1. So súhlasom rady a po konzultácii so zainteresovanými akceptovať misie ponúkané Spoločnosti Apoštolským stolcom alebo miestnymi ordinármi, ponechajúc ich vo vlastnej právomoci alebo zveriac ich niektorej provincii alebo skupine provincií; odstúpiť od misií, ktoré boli zverené.
  2. So súhlasom rady a po vypočutí zainteresovaných zostaviť skupiny misionárov vo vlastnej právomoci alebo ich zveriť niektorej provincii alebo skupine provincií.
  1. Vizitátorom dať fakultu prijať alebo sa zrieknuť misií, ktoré Spoločnosti zverili miestni ordinári mimo územia konkrétnej provincie Misijnej spoločnosti.
  2. So súhlasom svojej rady a po vypočutí vizitátorov a vicevizitátorov menovať pred zvolaním generálneho zhromaždenia prípravnú komisiu.
  3. Čím skôr zverejniť všetky ustanovenia generálneho zhromaždenia.
  4. So súhlasom svojej rady uzatvárať dôležitejšie zmluvy v medziach právnych predpisov.
  5. So súhlasom svojej rady a po vypočutí vizitátora provincie a poradcov, a ak to čas dovolí aj niektorých členov, prevziať z vážnych dôvodov na krátky čas správu niektorej provincie a poveriť jej vedením administrátora s delegovanými právomocami od generálneho superiora.
  6. So súhlasom svojej rady a po vypočutí mienky zainteresovaných vizitátorov a členov prekladať spolubratov z jednej provincie do druhej.
  7. V prípade smrti právne separovaných členov od Spoločnosti dovoliť konať zvyčajné modlitby za našich zomrelých.
  8. Dišpenzovať vo zvláštnych prípadoch so súhlasom svojej rady a zo spravodlivej príčiny od Štatútov a Dekrétov generálneho zhromaždenia.
  9. Vymenovávať pre spoločenstvo sestier Dcér kresťanskej lásky provinciálnych direktorov so súhlasom svojej rady a po porade s vizitátormi, ktorých sa to týka.
  10. Povoliť afiláciu priateľom a dobrodincom Spoločnosti a oboznámiť ich s duchovnými dobrami, na ktorých majú spoluúčasť.
  11. Spoločne s radou povzbudzovať provincie k účasti na medzinárodných misionárskych aktivitách (operae, munera).
  12. So súhlasom svojej rady a po vypočutí zainteresovaných strán zriaďovať regióny mimo územia provincie a schvaľovať regióny podriadené vizitátorom.
  13. So súhlasom svojej rady schvaľovať Štatúty každej konferencie vizitátorov.
  14. Organizovať prácu generálnej rady a službu generálnych asistentov.

52. Generálny superior má svoje sídlo v Ríme. Nesmie ho meniť bez súhlasu generálneho zhromaždenia a bez konzultácie so Svätou stolicou.

53. Všeobecné nariadenia generálneho superiora platia až do nasledujúceho generálneho zhromaždenia s výnimkou, ak by to sám generálny superior alebo jeho nástupca zariadil ináč.

54. Superiori, vizitátori a ostatní úradníci Spoločnosti vrátane provinciálnych direktorov DKL zostávajú po skončení svojho úradu, vzhľadom na zachovanie poriadku, dovtedy v úrade, kým ich nevymení nástupca.

2. Generálny vikár (K 108 – 114)

55.

§1. Úrad generálneho vikára končí:

  1. vo chvíli, keď jeho nástupca prijme úrad.
  2. keď generálne zhromaždenie alebo Svätá stolica prijme jeho zrieknutie.
  3. ak Svätá stolica rozhodne dekrétom o jeho zosadení.

§2. Ak sa generálny vikár stane zjavne nehodným alebo zjavne neschopným zastávať svoj úrad, čo posúdi generálny superior so svojou radou bez dotyčného generálneho vikára, upovedomí o tom Svätú stolicu. Následne sa treba riadiť podľa jej nariadení.

3. Generálni asistenti (K 115 – 118)

57. Dodržujúc prepis K 116 §2:

§1. Generálni asistenti sú volení z rôznych provincií a pokiaľ je to možné aj z rôznych kultúr nachádzajúcich sa v Misijnej spoločnosti.

§2. Počet generálnych asistentov určuje generálne zhromaždenie.

 

58. Asistenti majú bývať v tom istom dome ako generálny superior. Aby tvorili generálnu radu, je vždy nutná prítomnosť aspoň dvoch z nich, okrem generálneho superiora alebo generálneho vikára.

59. Ak by z vážnych dôvodov nebol prítomný nutný počet generálnych asistentov pre generálnu radu, tak generálny superior pozve do generálnej rady jedného z úradníkov kúrie s hlasovacím právom, a to podľa tohto poradia: generálneho sekretára, generálneho ekonóma a generálneho prokurátora pri Svätej stolici.

60. Úrad generálnych asistentov končí:

  1. ak ich nástupcovia príjmu zvolenie.
  2. ak generálny superior so súhlasom ostatných asistentov alebo generálne zhromaždenie prijme ich zrieknutie.
  3. ak generálny superior so súhlasom ostatných asistentov rozhodol o ich zosadení a schválila to aj Svätá stolica.

4. Úradníci generálnej kúrie (K 119)

61.

§1. Generálny sekretár:

  1. Pomáha generálnemu superiorovi v písomnostiach v rámci celej Spoločnosti.
  2. Je z úradu prítomný na generálnej rade ako zapisovateľ, ale bez hlasovacieho práva.
  3. Môže generálnemu superiorovi navrhovať mená spolubratov, ktorých by bolo treba vymenovať podľa predpisov nášho vlastného práva ako spolupracovníkov pod jeho vedením: pre vedenie archívu, pre vydávanie časopisov a pre písanie listov.

§2. Ak generálny sekretár nemôže vykonávať svoj úrad, generálny superior vymenuje na ten čas jedného z asistentov alebo z úradníkov alebo zo spolupracovníkov, ktorý preberie jeho záväzky.

62.

§1. Generálny ekonóm, mocou svojho úradu, spravuje majetky Spoločnosti a tiež aj majetky, zverené generálnej kúrii, pod vedením generálneho superiora a jeho rady, v súlade s predpismi všeobecného a nášho práva.

§2. So súhlasom generálneho superiora vizituje provinciálnych ekonómov a vo zvláštnych okolnostiach aj ekonómov domov alebo správcov dôležitejších podujatí Spoločnosti.

63.

§1. Povinnosťou generálneho prokurátora pri Svätej stolici je:

  1. vybavovať žiadosti pri Svätej stolici pre získanie riadnych fakúlt.
  2. so súhlasom generálneho superiora a po vypočutí mienky vizitátorov, ktorých sa to týka, vybavovať pri Svätej stolici záležitosti Spoločnosti, provincií, domov a členov.

§2. Generálny prokurátor pri Svätej stolici môže na základe písomného poverenia generálneho superiora, podľa právnych zastávať v rímskej kúrii generálneho postulátora našej Spoločnosti.

Kapitola II. – Provinciálna a miestna administratíva

1. PROVINCIE A VICEPROVINCIE          

(K 120 – 122)

64. Hoci je každá provincia určená územnými hranicami, nevylučuje jestvovanie domu inej provincie na jej území podľa normy Konštitúcií, bod 107, 7.

65. §1. Viceprovincia je vzájomné združenie viacerých domov, určená územnými hranicami, ktorá je podľa dohody závislá na niektorej provincii a s ňou utvára určitý celok. Riadi ju vicevizitátor s vlastnou riadiacou právomocou podľa noriem všeobecného a nášho vlastného práva.

§2. Viceprovincia môže byť zriadená aj bez závislosti na inej samostatnej provincii, ale potom priamo podlieha právomoci generálneho superiora. Na jej čele je vicevizitátor s vlastnou riadiacou právomocou.

§3. Viceprovincia má prechodný charakter, a ak sa splnia potrebné podmienky, stane sa provinciou.

§4. Čo sa v Konštitúciách a v Štatútoch Spoločnosti hovorí o provincii, platí to so zodpovedajúcimi úpravami aj o viceprovincii, ak nie je ináč výslovne poznamenané v samotných Konštitúciách a Štatútoch alebo v normách a dohodách jednotlivých viceprovincií.

66.

§1. Ak rozdelením provincie vznikne nová provincia, generálny superior so svojou radou spravodlivo rozdelí všetky majetky a dlhy provincie. Pritom treba brať ohľad na vôľu darcov a dobrodincov ako aj na zákonité právne požiadavky a vlastné normy, ktorými sa spravuje provincia.

§2. Rozdelenie archívu materskej provincie sa ponecháva na rozhodnutie generálneho superiora, ktorý má vopred vypočuť mienku zainteresovaných vizitátorov.

2. Vizitátor a vicevizitátor (K 123 – 125)

67. Všetko, čo sa v Konštitúciách a Štatútoch hovorí o vizitátorovi, sa vzťahuje aj na vicevizitátora, s výnimkou, ak by bolo niečo iné vyhradené v týchto Konštitúciách a Štatútoch alebo v normách a dohodách jednotlivých provincií.

68.

§1. Vizitátora menuje na 6 rokov generálny superior so súhlasom svojej rady po predbežnej porade aspoň s tými členmi, ktorí majú aktívne hlasovacie právo v provincii. Tak isto a za tých istých podmienok môže byť vizitátor ešte raz potvrdený v úrade na ďalšie tri roky.

§2. Spôsob a okolnosti konzultácie môže určiť provinciálne zhromaždenie so schválením generálneho superiora a súhlasom jeho rady.

§3. Provinciálne zhromaždenie môže predložiť vlastný spôsob zvolenia vizitátora k schváleniu generálnemu superiorovi so súhlasom jeho rady. Voľba týmto spôsobom má spĺňať zhruba tieto podmienky:

  1. aby bol zvolený aspoň na tri roky, ale nie viac ako šesť.
  2. aby zvolený vizitátor nezastával úrad  viac ako deväť súvislých rokov.
  3. V prvých dvoch kolách voľby má byť na zvolenie potrebná absolútna väčšina hlasov po odčítaní neplatných hlasov; v treťom kole budú mať pasívne volebné právo dvaja kandidáti, ktorí v prvom a druhom kole získali najväčší počet hlasov, i keď ide o rovnaký počet.
  4. V prípade rovnakého počtu hlasov u kandidátov bude zvolený ten, ktorý je starší povolaním alebo vekom.

§4. Aby mohol zvolený po prvý raz alebo znovuzvolený prebrať úrad vizitátora, je potrebný súhlas generálneho superiora a jeho rady.

69. Povinnosti vizitátora sú:

  1. Vypracovať provinciálny plán podľa Provinciálnych noriem so súhlasom svojej rady.
  2. Podľa právnych predpisov a so súhlasom svojej rady i po porade s generálnym superiorom založiť alebo zrušiť nejaké väčšie podujatie niektorého domu.
  3. Po vypočutí mienky svojej rady, a ak je to možné aj po skontaktovaní sa so zainteresovanými osobami, prekladať spolubratov do jednotlivých domov podľa potrieb týchto domov. V súrnych prípadoch je však vizitátor povinný upovedomiť aspoň svoju radu.
  4. So súhlasom svojej rady a podľa Provinciálnych noriem má vymenovať ekonóma provincie, direktora pre vnútorný seminár a pre veľký seminár.
  5. Schváliť spoločný pracovný plán domov, ktorý má vypracovať a predložiť miestny superior so svojou komunitou.
  6. Podávať správy generálnemu superiorovi o stave provincie a o vizitáciách domov, ktoré úradne ponavštevoval.
  7. Podľa predpisov všeobecného a nášho práva a so súhlasom svojej rady uzatvárať potrebné a užitočné zmluvy.
  8. Po vypočutí mienky svojej rady vymenovať vo vhodnom čase prípravnú komisiu pre provinciálne zhromaždenie.
  9. Podľa práva má výsadu rozhodnúť v prípade rovnakého počtu hlasov.
  10. Čím skôr upovedomiť generálneho superiora o zložení sľubov a inkorporácii spolubratov do Spoločnosti a o prijatí vyšších svätení.
  11. Postarať sa sám alebo pomocou schopných spolubratov o archív provincie.
  12. Dať spolubratom jurisdikciu k spovedaniu členov Spoločnosti a tiež, so zachovaním právomoci ordinára, dávať poverenie hlásať Božie slovo. Tieto fakulty môže delegovať aj iným.
  13. So súhlasom svojej rady a zo spravodlivej príčiny môže v jednotlivých prípadoch dišpenzovať od Provinciálnych noriem.
  14. Snažiť sa, aby žiaden z členov provincie nezotrvával v kanonicky nelegitímnom stave.

70. Vicevizitátor má tie isté práva, fakulty a povinnosti ako vizitátor, iba ak by v Konštitúciách alebo v Štatútoch bolo niečo iné výslovne vyhradené.

71. Nariadenia vizitátora platia až po nasledujúce provinciálne zhromaždenie, iba ak by sám vizitátor alebo jeho nástupca rozhodli ináč.

72.

§1. V prípade uvoľnenia úradu vizitátora preberá dočasne správu provincie asistent vizitátora, ak v provincii nie je úrad asistenta, preberá ju provinciálny radca, ktorý je najstarší menovaním, povolaním alebo vekom, iba že by generálny superior rozhodol ináč.

§2. Ak by vizitátor zomrel alebo odstúpil z úradu, môže podať provinciálne zhromaždenie generálnemu superiorovi a jeho rade návrh na dočasné spravovanie.

3. Asistent vizitátora (K 126)

73.

§1. Asistent vizitátora je jeden z členov provinciálnej rady a volia ho provinciálni radcovia spolu s vizitátorom, iba ak by provinciálne zhromaždenie rozhodlo inak.

§2. Ak nie je prítomný vizitátor, jeho právomoc prechádza na asistenta s výnimkou toho, čo si vyhradí sám vizitátor.

§3. Ak vizitátor nemôže zastávať svoj úrad, asistent ho zastupuje plnoprávne, kým neprestane prekážka. Prekážku má posúdiť provinciálna rada bez vizitátora a celú záležitosť má čím skôr oznámiť generálnemu superiorovi a držať sa jeho nariadení.

4. Vizitátorova rada (K 127)

74.

§1. Vizitátor menuje svojich radcov na 3 roky, vopred sa však poradí aspoň s členmi provincie, ktorí majú aktívny hlas. Takto a za tých istých podmienok môžu byť potvrdení radcovia na ďalšie tri roky, ba aj po tretí raz, nie však po štvrtýkrát.

§2. Provinciálne zhromaždenie môže predložiť generálnemu superiorovi a jeho rade na schválenie vlastný spôsob vymenovania alebo voľby radcov, ich počet, termín menovania a čas spravovania úradu. O vymenovaní radcov má vizitátor upovedomiť generálneho superiora.

§3. Provinciálny radca môže byť z vážnej príčiny pozbavený úradu generálnym superiorom na návrh vizitátora a so súhlasom ostatných radcov.

§4. Čo sa hovorí v Štatútoch v bode 73 §2 a §3 o provinciálnom asistentovi, to platí tiež o provinciálnom radcovi najstaršom menovaním, povolaním alebo vekom v tých prípadoch, kde nie je úrad provinciálneho asistenta, iba ak by Provinciálne normy ustanovili ináč.

5. Provinciálny ekonóm (K 128)

75. Provinciálneho ekonóma menuje vizitátor so súhlasom svojej rady alebo iným spôsobom ustanoveným Provincionálnymi normami.

76. Ak ekonóm nie je súčasne radcom, môže zasadať v provinciálnej rade, ak ho predvolá vizitátor, ale nemá hlasovacie právo.

77. Povinnosti provinciálneho ekonóma:

  1. Dbať, aby vlastné právo majetku provincie bolo zaistené presne podľa cirkevných a občianskych zákonov.
  2. Slúžiť radou a pomocou ekonómom domov v plnení ich povinností a dozerať na ich spravovanie.
  3. Dbať, aby každý dom odvádzal určitý príspevok na výdavky provincie a v stanovenej lehote odposlal určený príspevok generálnemu ekonómovi pre generálny fond.
  4. Dbať, aby naši zamestnanci dostávali spravodlivú odmenu a aby sa presne zachovávali občianske zákony o sociálnom poistení a daniach.
  5. Udržovať v poriadku rôzne záznamy o výdavkoch a príjmoch, ako aj iné doklady.
  6. Predložiť výkaz o svojom spravovaní vizitátorovi a jeho rade podľa Štatútov, bod 103.

6. Regióny

78.

§1. Región je oblasť s aspoň  jedným domom, ktorý  patrí provincii alebo priamo spadá pod generálneho superiora.

§2. Región je zriadený generálnym superiorom s jeho radou alebo vizitátorom s jeho radou. Za región zodpovedá regionálny superior.

§3. Pre realizovanie služieb Misijnej spoločnosti má regionálny superior delegované fakulty od generálneho superiora alebo od vizitátora.

§4. Ak je regionálny superior menovaný vizitátorom a jeho radou, jeho menovanie musí potvrdiť generálny superior a jeho rada. (K 125,5)

§5. Región je zriadený s presne stanovenými povinnosťami medzi generálnym superiorom alebo vizitátorom a regionálnym superiorom.

§6. Región môže byť zriadený viceprovinciou alebo provinciou, ale nemôže existovať mimo viceprovincie alebo provincie.

§7. Aby sa región mohol sa stať viceprovinciou alebo viceprovinciou v provincii, je nevyhnutné, aby región alebo viceprovincia mala dostatočnú ekonomickú situáciu a tiež povolania, pre udržanie spolubratov.      

 

7. Konferencie vizitátorov

79.

§1. Spoločnosť uznáva a podporuje konferencie vizitátorov ako spôsob výmeny skúseností a vzájomnej spolupráce a tiež ako prostriedok pre šírenie misií a života Spoločnosti.

§2. Tieto konferencie podporujú jednotu Misijnej spoločnosti, autonómií provincií a základy zodpovednosti.

§3. Každá konferencia má vlastné Štatúty. Tieto musia byť schválené generálnym predstaveným a jeho radou.

8. Úrady miestnej správy (K 129 – 134)

80. Práva a povinnosti miestneho superiora:

  1. Podávať vizitátorovi správy o stave jemu zvereného domu.
  2. Rozdeľovať úrady a povinnosti členom domu, ktorých rozdeľovanie nie je vyhradené vyšším predstaveným.
  3. Zvolávať a viesť domové zhromaždenie.
  4. Spoločne s komunitou pripraviť spoločný pracovný plán domu a predložiť ho na schválenie vizitátorovi.
  5. Mať archív a pečať svojho domu.
  6. Oboznamovať spolubratov s rozhodnutiami Spoločnosti a informáciami o jej živote.
  7. Dbať, aby sa svedomite plnila povinnosť omšových intencií.

81.

§1. Miestny superior spravuje dom v spolupráci so všetkými spolubratmi, najmä však s asistentom a ekonómom, ktorí sú menovaní podľa predpisov Provinciálnych noriem.

§2. Asistent vykonáva v neprítomnosti superiora všetky záväzky jeho úradu podľa noriem, určených našim vlastným právom.

§3. Taktiež je potrebné konať stretnutia všetkých spolubratov komunity na spôsob rady.

Kapitola III. – Zhromaždenia

1. Všeobecné zásady (K 135 – 136)

82. Superiori a ostatní spolubratia majú povinnosť pripraviť zhromaždenia a aktívne sa na nich zúčastniť; napokon majú verne zachovávať zákony a nariadenia nimi vydané.

83.

§1. Pri voľbách sa vyžadujú aspoň traja skrutátori.

§2. Zo samého práva sú skrutátormi, spolu s predsedom a sekretárom po jeho voľbe, dvaja vekom najmladší účastníci zhromaždenia.

§3. Na začiatku zhromaždenia sa ihneď prikročí k voľbe sekretára. Jeho povinnosti sú:

  1. zastávať úrad prvého skrutátora,
  2. zostavovať správy zo zasadaní a vyhotoviť doklady.

84. Pred zvolaním zhromaždenia aj počas jeho trvania treba podporovať slobodnú a vzájomnú výmenu informácií o tom, o čom sa bude rozhodovať a o vlastnostiach kandidátov, ktorí majú byť zvolení.

85. Po skončení zasadaní, majú byť akty zhromaždenia potvrdené účastníkmi a podpísané predsedom, sekretárom zhromaždenia a tiež všetkými zúčastnenými. Opečiatkované akty treba starostlivo uchovať v archíve.

2.  Generálne zhromaždenie (K 137 – 142)

86. Generálne zhromaždenie má právo vydávať nariadenia a deklarácie, ktoré majú náukový a povzbudzujúci význam.

87.

§1. Riadne generálne zhromaždenie sa má konať v priebehu šiesteho roka od posledného riadneho generálneho zhromaždenia.

§2. Mimoriadne generálne zhromaždenie sa koná vtedy, keď to generálny superior so súhlasom svojej rady a po vypočutí mienky vizitátorov uzná za potrebné.

§3. Pred generálnym zhromaždením sa musia konať provinciálne zhromaždenia.

88.

§1. Termín a miesto generálneho zhromaždenia určí generálny superior so súhlasom svojej rady.

§2. V poslednom, šiestom roku možno z vážnej príčiny dekrétom generálneho superiora a so súhlasom jeho rady urýchliť alebo oneskoriť zasadanie zhromaždenia o šesť mesiacov, počítajúc ho odo dňa otvorenia predchádzajúceho riadneho zhromaždenia.

89.

§1. Generálny superior, generálny vikár a generálni asistenti, ktorým sa končí úrad, zostávajú členmi zhromaždenia na jeho nasledujúcich zasadaniach.

§2. Okrem tých, ktorí sú podľa predpisov Konštitúcií z úradu prítomní na generálnom zhromaždení, nech sa na ňom zúčastní jeden delegát z jednotlivých provincií a viceprovincií na prvých 100 členov, ktorí majú aktívny hlas; ak je však viac než 100 členov s aktívnym hlasovacím právom, bude ešte jeden delegát na každých 75 členov i na ich zostávajúcu časť. Počet delegátov treba na generálne zhromaždenie určiť vzhľadom na počet členov, ktorí majú aktívne hlasovacie právo v deň voľby delegátov na provinciálnom zhromaždení.

§3. Počas uprázdnenia miesta vizitátora ide na generálne zhromaždenie ten, ktorý dočasne spravuje provinciu. Ak sa vizitátor pre zákonitú prekážku nemôže dostaviť na generálne zhromaždenie, namiesto neho pôjde ten, ktorý ho zastupuje v úrade, ak by však tento bol zvolený za delegáta, na generálne zhromaždenie pôjde prvý náhradník.

90.

§1. Pokiaľ by nikto zo spolubratov nebol zvolený ako zástupca na Generálne zhromaždenie, Generálny superior so svojou radou, sa postará o to, aby niekto zo spolubratov bol na ňom prítomný.

§2. Ak by nastali dôvody znemožňujúce voľbu delegátov, ktorí sú podľa práva povinní zúčastniť sa Generálneho zhromaždenie,  Generálny superior v spolupráci so svojou radou, sa bude snažiť tomu predísť.  

91.

§1. Pred zvolaním generálneho zhromaždenia, vymenuje vo vhodnom čase generálny superior so svojou radou a po vypočutí mienky vizitátorov, prihliadnuc na rozdielnosť oblastí a diel, prípravnú komisiu.

§2. Generálnemu superiorovi a jeho rade sa ponecháva rozsiahla právomoc, podľa potreby organizovať prácu prípravnej komisie, ktorá má tieto úlohy:

  1. Obrátiť sa na provincie a na jednotlivých členov s otázkami, ktoré problémy sú podľa ich úsudku súrne a akým spôsobom sa má o nich pojednávať na generálnom zhromaždení.
  2. Po obdŕžaní odpovedí, starostlivo vybrať problémy, ktoré sú vzhľadom na potreby neodkladné a majú všeobecný charakter, tie preštudovať, prekonzultovať pramene a včas odoslať vizitátorom, ešte pred ich domovými zhromaždeniami.
  3. Zhromaždiť návrhy a požiadavky provinciálnych zhromaždení a štúdie uskutočnené v provinciách, ako aj požiadavky generálneho superiora, ktorý si pri ich stanovení vypočul aj mienku svojej rady.
  4. Všetko usporiadať a následne vytvoriť pracovný dokument. Ten včas odoslať provinciám, aby ich členovia zhromaždenia a zástupcovia dostali do rúk celé dva mesiace pred začiatkom generálneho zhromaždenia.

§3. Činnosť prípravnej komisie končí oficiálnym otvorením generálneho zhromaždenia; avšak jej predseda osobne alebo cez zástupcu, ak to uzná za užitočné, predloží správu z činnosti komisie.

92.

§1. V deň voľby generálneho superiora obetujú zhromaždení voliči sv. omšu za úspešnú voľbu a po krátkej exhorte sa v určenú hodinu začína zasadanie na čele s predsedom.

§2. Voliči napíšu na pripravené lístky meno a priezvisko toho, koho chcú voliť za generálneho superiora.

§3. Lístky sa spočítajú, ak však ich počet presahuje počet voličov, sú neplatné a treba napísať nové lístky.

93. Direktórium, schválené niektorým zhromaždením ostáva v platnosti, kým ho iné zhromaždenie nezmení alebo nezruší.

3. Provinciálne zhromaždenie (K 143 – 146)

94. Normy, ktoré vydá provinciálne zhromaždenie, sú všeobecné pravidlá, ktoré sa majú zachovať vo všetkých prípadoch zaznačených v normách. Tieto normy nijako neobmedzujú právomoc vizitátora, ako to určuje všeobecné i naše vlastné právo, ani jeho výkonnú moc potrebnú pre plnenie jeho úradu. Provinciálne normy majú zaväzujúcu moc až do odvolania niektorým nasledujúcim provinciálnym zhromaždením alebo kým ich neodvolá generálny superior.

95. Po vypočutí rady patrí vizitátorovi právo určiť deň a vyznačiť dom, v ktorom sa má konať provinciálne zhromaždenie.

96. Generálny superior má oznámiť vizitátorovi svoje rozhodnutie, vzťahujúce sa na Provinciálne normy do dvoch mesiacov od ich obdržania.

97. Ak provinciálne normy neurčujú inak, na provinciálnom zhromaždení sa má zúčastniť toľko zvolených delegátov z celého provinciálneho kolégia pozostávajúceho z členov s aktívnym hlasom, koľko má byť prítomných delegátov z úradu, s pridaním jedného delegáta na každých 25 členov s aktívnym hlasom a na zvyšok tiež jedného.

98. Zvolenými delegátmi sú tí, ktorí v spomenutom provinciálnom kolégiu dostali väčšinu hlasov, v prípade rovnosti hlasov, starší povolaním alebo vekom; taký istý počet podľa nasledujúcej väčšiny hlasov je potrebný pre zvolenie zástupcov delegátov.

99. Ak superior domu nemôže prísť na provinciálne zhromaždenie pre nejakú prekážku, zastupuje ho asistent domu. Ak je asistent už zvolený za delegáta, nahradí ho nasledujúci zo zoznamu náhradníkov.

100. Provinciálne zhromaždenie môže predložiť na schválenie generálnemu superiorovi so súhlasom jeho rady, vlastný spôsob účasti na provinciálnom zhromaždení tak, že počet volených delegátov musí prevyšovať počet delegátov zúčastnených z úradu.

101. Jednotlivé provincie vypracujú vlastné normy postupu, čiže direktórium, v medziach všeobecného a nášho vlastného práva.

102. Provinciálne zhromaždenie volí delegátov a náhradníkov pre generálne zhromaždenie vždy v oddelených skrutíniách s absolútnou väčšinou hlasov. Ak v prvom a druhom skrutíniu nebol nikto zvolený, potom v treťom bude zvolený ten, kto dostane väčšinu

hlasov, v prípade rovnosti hlasov starší povolaním a vekom.

Diel II. – Majetok Spoločnosti              

 (K 148 – 155)

103. Spoločnosť nech neustále rozjíma nasledujúce zásady, nech k nim srdcom priľne a nech ich s plnou dôverou a odvahou uvádza do života:

  1. Jednomyseľné úsilie vrátiť nášmu životu rozhodnú striedmosť, ktorá v mene Kristovej chudoby viac príkladom než slovom protestuje proti chamtivosti, vyplývajúcej z konzumnej mentality spoločnosti a tiež proti žiadostivosti po bohatstve, ktorá ničí takmer celý svet (VP III, 1).
  2. Rozvíjať v sebe účinnú starosť, aby sa vlastný majetok používal na šírenie spoločenskej spravodlivosti.
  3. Zrieknuť sa v prospech chudobných tých materiálnych dobier, ktoré nie sú nevyhnutné.

104. Generálny superior má so súhlasom svojej rady právo, riadiac sa zásadami spravodlivosti, uložiť provinciám istú taxu, tak isto aj vizitátor so súhlasom svojej rady domom svojej provincie.

105. Pod vedením a dohľadom superiorov a ich rád, nech sa spravujú majetky, ktoré sú Spoločnosti zverené len do opatery.

106.

§1. Ekonómovia majú zo svojho spravovania vydávať superiorom počet a spolubratom podať správu.

§2. Generálny superior má so svojou radou záväzok preskúmať raz v roku doklady o príjmoch a výdavkoch a správu o stave majetku predloženú generálnym ekonómom. Vizitátor so svojou radou prezrú u provinciálneho ekonóma spomínané doklady a správu dvakrát v roku; superior domu mesačne u ekonóma domu. Ak sú doklady alebo účty v poriadku, overia sa podpisom.

§3. Spolubratia, ktorí sa starajú o špeciálne diela tak provincií ako aj domov, vyúčtujú príjmy a výdavky zodpovedným superiorom, a to spôsobom a v čase predpísaným v provinciálnych normách.

§4. Ak máme majetky,  ktoré nepatria Spoločnosti, ale sú jej len zverené, vyúčtovanie z nich sa robí tak ich vlastníkom, ako aj predstaveným Spoločnosti.

§5. Generálny ekonóm podáva koncom roka vizitátorom všeobecnú správu o svojom spravovaní. Každý šiesty rok ju posiela generálnemu zhromaždeniu.

§6. Vizitátori posielajú v závere kalednárneho roka za svoje provincie účty generálnemu superiorovi.

§7. Provinciálni ekonómovia podávajú všeobecnú správu členom svojej provincie o svojom spravovaní a o majetku provincie, zhodne s predpismi provinciálnych noriem.

107. Všetci správcovia, tak superiori ako aj ekonómovia, môžu robiť administratívne úkony v mene Spoločnosti len v rámci svojho úradu a podľa právnych predpisov. Preto Spoločnosť, provincie alebo dom nesú zodpovednosť len za administratívne úkony, uskutočnené v súlade so spomenutými predpismi. Za iné zodpovedajú tí, čo si počínali nedovolene a neplatne. Ak sa niektorá právna osoba v

spoločnosti zadlží alebo prevezme na seba záväzky hoci aj s dovolením, musí ich sama splácať zo svojho majetku.

108.

§1. Generálne zhromaždenie môže stanoviť sumu, nad ktorú nesmie generálny superior urobiť nijaké mimoriadne výdavky.

§2. Vizitátori môžu urobiť výdavky podľa noriem, daných provinciálnym zhromaždením.

§3. Miestni superiori môžu robiť výdavky v medziach Provinciálnych noriem.

109. Superiori nech nedávajú dovolenie na dlžobnú zmluvu, ak nemajú istotu, že bude možné z bežných príjmov zaplatiť úroky a tiež v predvídanom termíne vrátiť požičanú sumu zákonitými ročnými splátkami.

110.

§1. Voči osobám zamestnaných v domoch a v dielach Spoločnosti musíme presne zachovávať zákony práce, poistenia a spravodlivosti.

§2. Superiori si majú veľmi opatrne počínať pri preberaní zbožných fundácií, s ktorými sú spojené dlhodobé záväzky. Nesmú prijímať také, ktoré by viazali natrvalo.

§3. Dávať dary zo spoločného majetku možno vždy len v medziach úprav Konštitúcií a Štatútov.

§4. Ohľadom majetku, ktorý dostane Spoločnosť, provincia alebo dom testamentárne alebo darovaním, treba splniť  vôľu darcov čo do ich vlastnenia a užívania.

§5. Treba sa starať o sociálne poistenie pre spolubratov cez Spoločnosť, biskupa alebo iné osoby v závislosti od toho, od koho spolubratia prijímajú prácu. Domy provincie a tiež generálna kúria nech sa postarajú o poistenie proti rôznym nešťastiam.

STATUTA KONGREGASI MISI

Edisi Indonesia

DAFTAR ISI

 

STATUTA KONGREGASI MISI

BAGIAN PERTAMA (I)

Panggilan

(Saat ini bagian ini belum memiliki Statuta)

BAGIAN KEDUA (II)

Hidup di dalam Kongregasi

Bab I: Aktivitas Kerasulan (K. 10 – 18)

  1. Karya kerasulan yang nampaknya tidak memenuhi lagi panggilan Kongregasi dewasa ini, setelah dipertimbangkan dengan sungguh-sungguh, secara bertahap harus ditinggalkan.
  1. Dalam dunia dewasa ini atheisme dan materialisme mengganggu baik iman maupun cara-cara tradisional pewartaan Injil secara mendalam. Oleh karena itu hendaknya para anggota mempelajari sungguh- sungguh sebab musababnya, sambil menyadari bahwa dalam masalah ini para anggota sendiri dituntut mem- beri kesaksian iman pribadi yang mantab terhadap Tuhan yang hidup, dan harus mencari jalan-jalan baru untuk menanggapi panggilan mewartakan Injil tersebut.
  1. Hendaknya baik provinsi-provinsi maupun masing-masing domus bekerja sama penuh persaudara- an secara sukarela dalam karya kerasulan, entah itu antar domus dan antar provinsi, ataupun dengan imam- imam diosesan, lembaga-lembaga religius serta kaum awam.
  1. Hendaknya para anggota mengusahakan suatu dialog ekumenis ; melibatkan diri bersama dengan sesama orang kristen, maupun bukan kristen secara aktif dalam masalah agama, sosial serta kebudayaan.
  1. Karya misi ad Gentes perlu memperhatikan norma-norma ber-ikut ini:

§1 Atas dasar prinsip bertanggungjawab bersama, maka baik atas inisiatif sendiri maupun atas per- mintaan Superior Jendral hendaknya provinsi-provinsi saling memberikan bantuan.

§2 Hendaknya Provinsi secara sendiri-sendiri ataupun beberapa provinsi secara bersama-sama mene- rima sekurang-kurangnya satu daerah misi, di mana para anggota dikirim sebagai pekerja di ladang Tuhan.

§3 Hendaknya suatu kuasa diserahkan kepada para anggota untuk secara nyata menolong karya misi ini, bahkan dengan mengorbankan diri untuk menjalankan tugas pewartaan Injil di daerah misi itu.

§4 Para anggota hendaknya didorong terutama untuk ambil bagian dalam karya misioner Gereja Universal dan Gereja Lokal. Juga karya misioner Kongregasi sendiri hendaknya diatur secara layak.

  1. Para misionaris yang dikirim ke daerah misi ad Gentes, hendaknya dengan rajin dan cermat me- nyiapkan diri untuk mengenal kenyataan daerah tempat mereka akan bekerja, sehingga aktivitas pastoral yang mereka terima menjawab kebutuhan-kebutuhan daerah tersebut secara efektif dan efisien dalam melaksanakan tugas-tugas khusus di sana.

7.

§1 Hendaknya para anggota memperhatikan secara istimewa perkumpulan kaum awam yang didiri- kan oleh St. Vinsensius ataupun yang bersumber pada spiritualitas dan semangatnya, karena mereka mem-

punyai hak agar kita menolong dan mengembangkan mereka.

§2 Meskipun semua anggota harus siap menjalankan tugas di atas tadi, namun perlulah bahwa mereka dibekali sehingga cukup ahli dalam bidang semacam itu.

§3 Hendaknya diusahakan agar usaha menjiwai ini (animatio) memiliki dimensi spiritual, hukum gerejani, sosial dan kenegaraan.

8. Hendaknya dikembangkan pertemuan antar provinsi untuk mengenal lebih baik panggilan misio- naris dan metode tindak pastoral yang akan menjawab situasi dan kondisi konkrit masyarakat berikut perubahan-perubahannya dengan lebih efektif dan efisien.

9.

§1 Provinsi-provinsi, sesuai dengan keadaannya, mempunyai tugas menetapkan norma-norma sehubungan dengan aksi sosial serta menentukan sarana-sarana konkrit yang dapat mempercepat terwujudnya keadilan sosial.

§2 Hendaknya para anggota terutama memberikan bantuan kerja-sama, sesuai dengan keadaan tempat dan waktu, kepada perkumpulan-perkumpulan yang membela hak-hak manusia dan yang mengembangkan keadilan dan perdamaian.

10.

§1 Karya Paroki termasuk dalam salah satu di antara kegiatan kerasulan Kongregasi, asalkan kerasul- an yang dilaksanakan para konfrater di tempat itu sesuai dengan tujuan dan hakekat Kongregasi kita, dan kar- ya itu dituntut karena kurangnya jumlah pastor.

§2 Paroki-paroki Kongregasi ini haruslah secara nyata terbentuk sebagian besar oleh orang-orang miskin, atau harus tergabung pada suatu seminari di mana para konfrater melaksanakan pembinaan pastoral.

11.

§1 Sadar akan betapa pentingnya pendidikan baik untuk kaum muda maupun untuk orang-orang dewasa, maka apabila diperlukan untuk mencapai tujuan Kongregasi, hendaknya para anggota menerima tugas mendidik dan mengajar ini.

§2 Namun tugas tersebut tidak harus dilaksanakan hanya di dalam sekolah-sekolah macam apapun, tetapi juga di keluarga-keluarga, di tempat-tempat kerja, bahkan di seluruh lingkungan sosial di mana ditemu- kan kaum muda dan orang dewasa.

§3 Hendaknya sekolah, kolese dan universitas kita, sesuai dengan keadaan setempat, menerima orang-orang miskin untuk memberi situasi agar mereka berkembang. Hendaknya kepekaan terhadap kaum miskin ditanamkan ke dalam diri para siswa, sesuai dengan semangat pendiri kita, dengan meneguhkan nilai- nilai pendidikan kristiani dan melalui pembinaan hidup sosial kristiani.

  1. Di antara sarana-sarana yang digunakan Kongregasi dalam karya pewartaan Injil, hendaknya perhatian selayaknya diberikan pada sarana tehnis komunikasi sosial untuk menyebarluaskan sabda ke- selamatan dengan lebih efektif dan efisien.

Bab II: Hidup Komunitas (K. 19 – 27)

  1. Para konfrater yang sakit dan sudah tua, yang telah menyatukan diri dengan Kristus yang menderita, bekerja sama dengan kami untuk mewartakan Injil ke seluruh dunia. Kita akan berusaha menerima mereka di dalam Domus, yang telah menerima jasa karena karya mereka. Visitator hendaknya menyediakan apa yang lebih baik bagi mereka setelah mempertimbangkan segala sesuatunya.
  1.  

§1 Para konfrater yang terpaksa hidup sendiri karena tugas yang diberikan kepada mereka oleh Kongregasi harus berusaha menggunakan sebagian waktu mereka untuk hidup bersama konfrater lain, agar mereka mengalami kesejahteraan komunitas. Kita semua harus selalu dekat dengan mereka untuk meng-

hilangkan kesendirian mereka, dan kita harus dengan penuh perhatian mengundang mereka beberapa kali untuk saling membagikan hidup kerasulan dan hidup persaudaraan.

§2 Hendaknya kita berusaha keras menolong konfrater kita yang bekerja dalam kesukaran dengan jiwa penuh semangat dan jiwa persaudaraan.

  1.  

§1 Dharma bakti terhadap saudara dan orang-tua hendaknya kita laksanakan dengan tetap memper- hatikan rasa tahu batas yang perlu untuk tetap memenuhi tugas-tugas kita dan tetap mempertahankan hidup komunitas kita.

§2 Hendaknya kita berusaha dengan hati terbuka menerima para konfrater, imam dan tamu lainnya dalam rumah-rumah kita.

§3 Hendaknya kita memperlakukan orang yang berkekurangan, yang minta pertolongan kepada kita dengan murah hati, dan mencoba melepaskan mereka dari kesusahan mereka.

4 Hendaknya kita menunjukkan pergaulan persaudaraan kepada semua orang yang berhubungan dengan kita dalam hidup dan karya kita dengan suka hati.

  1. Proyek komunitas yang direncanakan oleh setiap komunitas pada awal tahun karya sedapat mung- kin mencakup hal-hal berikut ini: aktivitas kerasulan, doa, penggunaan harta benda, kesaksian kristiani di tempat pekerjaan, bina lanjut, waktu untuk refleksi bersama, waktu untuk studi dan rekreasi. Semua ini secara berkala hendaknya dievaluasi dan ditinjau kembali.

Bab III: Kemurnian, Kemiskinan dan Ketaatan (K. 28 – 39)

  1. Hendaknya Musyawarah Provinsi menetapkan norma sekitar praktek kemiskinan menurut Konsti- tusi dan semangat Peraturan Umum (Regulae Communes) serta Statuta Dasar perihal Kemiskinan (Statuti Fundamentalis Paupertatis Congregationis) yang diberikan oleh Paus Alexander VII («Alias nos Supplicatio- nibus») kepada Kongregasi.
  2. Hendaknya masing-masing provinsi dan komunitas lokal, dengan memperhatikan keaneka-ragam- an masalah dan tempat, mencari cara untuk mentaati kemiskinan injili, dan hendaknya secara berkala mengadakan pemeriksaan ulang atas hal ini. Hendaknya kita yakin bahwa kemiskinan bukan hanya benteng Kongregasi (Bdk. RC III,1), tetapi juga syarat bagi pembaharuan, dan tanda kemajuan panggilan kita di dalam Gereja maupun dunia.

Bab IV: Doa (K. 40 – 50)

  1. Tindak kebaktian dan devosi yang menjadi tradisi di dalam Kongregasi hendaknya kita jalankan dengan setia sesuai dengan rencana komunitas: pertama-tama, membaca Kitab Suci, lebih-lebih Perjanjian Baru, Kebaktian kepada Sakramen Maha Kudus, Meditasi bersama-sama, retret tahunan, dan bimbingan roh- ani.

Bab V: Keanggotaan

1. Penerimaan dalam Kongregasi (K 53-58).

20.

§1 Bagi setiap anggota, masa Seminarium Internum dimulai pada saat ia dinyatakan diterima oleh direktur Seminarium Internum (Novisiat) atau wakilnya menurut norma provinsi.

§2 Dalam hal seorang anggota keluar atas kehendaknya sendiri atau dipecat dari kongregasi, maka kongregasi pada saat yang tepat hendaknya menyatakan aturan persyaratan yang sah, kalau perlu juga berlaku di bidang hukum sipil, agar hak-hak anggota maupun kongregasi terjamin sepantasnya.

21. Bona proposita di dalam Kongregasi Misi dinyatakan menurut Rumus Langsung atau Rumus Deklaratif sbb:

  1. RUMUS LANGSUNG:

Tuhan Allahku, aku … N.N. … berniat akan menyerahkan diriku selama hidupku dengan setia di dalam Kongregasi Misi untuk mewartakan Injil kepada kaum miskin demi mengikuti Kristus sang Pewarta Injil. Karena itu aku berniat akan melaksanakan kemurnian, kemiskinan dan ketaatan sesuai dengan Konstitusi dan Statuta Kongregasi kita, dengan bantuan rahmatMu.

  1. RUMUS DEKLARATIF:

Aku, … N.N. … berniat menyerahkan diriku selama hidupku dengan setia di dalam Kongregasi Misi untuk mewartakan Injil kepada kaum miskin demi mengikuti Kristus sang Pewarta Injil. Karena itu aku berniat akan melaksanakan kemurnian, kemiskinan dan ketaatan sesuai Konstitusi dan Statuta Kongregasi kita, dengan bantuan rahmat Tuhan.

22.

§1 Pengucapan Bona Proposita harus terjadi di hadapan Superior atau Anggota yang ditunjuk olehnya.

§2 Masing-masing musyawarah provinsi hendaknya menetapkan ketentuan-ketentuan lain sehubung- an dengan pengucapan ataupun pembaharuan Bona Proposita; mungkin perlu ditambahkan suatu ikatan sementara bentuk lain; juga perlu ditentukan mengenai hak dan kewajiban yang dimiliki anggota sejak saat penerimaannya sampai saat ia menjadi anggota penuh Kongregasi.

  1. Ketentuan-ketentuan lain mengenai waktu pengucapan kaul, terserah kepada Musyawarah Pro- vinsi masing-masing provinsi.
  1. Dalam keadaan istimewa, Musyawarah Provinsi dengan persetujuan Superior Jendral setelah disetujui dewannya, dapat mengusulkan rumusan tersendiri baik untuk pengucapan Bona Proposita, maupun untuk pengucapan kaul. Namun harus tetap dipertahankan unsur-unsur hakiki dari rumusan yang telah di- tetapkan (seperti di atas).
  1. Hak dan Kewajiban Anggota (K 59-64)
  1. Mereka yang kehilangan hak suara aktif dan hak suara pasif (hak memilih dan hak dipilih) ialah:
  1.         Yang hidup di luar Kongregasi dengan ijin, sesuai dengan hak khusus Kongregasi, dan sesuai dengan catatan persyaratan yang dinyatakan dalam ijin itu.
  2.         Anggota yang telah diangkat dan ditahbiskan Uskup, atau yang hanya diumumkan resmi menjadi Uskup, selama masa jabatannya, bahkan juga setelah masa jabatannya, kecuali kalau mereka kembali ke hidup komunitas.
  3.         Anggota yang menjadi Vikaris Apostolik, Prefek Apostolik, ataupun Administrator Aposto-lik, meskipun bukan Uskup, selama masa jabatan mereka, kecuali kalau mereka pada waktu yang sama juga menjadi Superior dari salah satu Domus Kongregasi.

26.

§1 Adalah hak setiap anggota, bahwa waktu ia meninggal dunia, dikurbankan Misa di seluruh Kongregasi untuk keselamatannya.

§2 Setiap bulan masing-masing anggota, sesuai dengan keadaannya, hendaknya mengurbankan Misa untuk mereka yang hidup dan yang mati dari seluruh keluarga vinsensian, juga untuk para orang tua, keluarga dekat dan para penderma, dan masih ditambah intensi khusus untuk tetap menyatakan semangat asli Kongre- gasi.

§3 Hendaknya juga dipersembahkan satu misa lagi untuk para anggota seluruh Kongregasi yang me- ninggal bulan yang lalu.

§4 Ketentuan-ketentuan lain hendaknya ditetapkan oleh masing- masing provinsi.

27. Kepada setiap anggota yang telah menjadi anggota penuh Kongregasi, diberi hak untuk setiap bulan mempersembahkan beberapa misa untuk intensi pribadinya sendiri tanpa stipendium. Peraturan menge- nai jumlah dan cara mempersembahkan misa ini ditentukan oleh setiap provinsi.

  1. Penggabungan anggota pada salah satu Provinsi atau Domus (K. 65 – 67)

28.

§1 Superior Jendral, para Asisten Jendral, Sekretaris Jendral dan Ekonom Jendral serta Prokurator pada Tahta Suci, selama masa jabatan mereka tidak tergabung dalam salah satu provinsi yang berakibat pada suatu ikatan juridis.

§2 Hal yang sama berlaku bagi semua yang tergabung dalam Rumah Pusat (domus generalitiae); kecuali hak suara yang mereka tetap miliki di provinsi mereka.

29.

§1 Anggota Kongregasi Misi yang diterima secara sah oleh Superior ke dalam Kongregasi tergabung dalam suatu provinsi. Provinsi ini disebut provinsi asal.

§2 Seorang anggota mendapat penggabungan baru melalui penunjukan yang dilakukan secara sah oleh Superior, dari satu provinsi ke provinsi lain. Provinsi ini disebut provinsi tujuan.

  1. Agar seorang anggota lepas dari provinsi yang satu dan menggabung pada provinsi yang lain, dengan tetap memperhatikan kekuasaan Superior Jendral hanya dituntut bahwa Superior Maior yang ber- sangkutan saling bertemu dan mencapai kata sepakat, setelah mendengar pendapat anggota yang bersangkut- an. Tetapi jika anggota tersebut tidak setuju, maka pemindahan ke provinsi lain tidak dapat dilaksanakan tanpa persetujuan Superior Jendral.
  1. Hendaknya Superior Jendral memilih secara bebas suatu provinsi, setelah ia menyelesaikan tugasnya.
  1. Penggabungan ke dalam provinsi tujuan dapat untuk jangka waktu yang terbatas maupun untuk jangka waktu yang tak terbatas. Jika penggabungan itu untuk waktu yang terbatas, maka setelah jangka waktu itu habis, anggota itu langsung tergabung kembali pada provinsi asalnya, kecuali kalau para superior yang berwenang, setelah mendengar pendapat anggota yang bersangkutan, membuat persetujuan lain sesuai dengan norma statuta.
  1. Dokumen-dokumen penugasan hendaknya dibuat dan disimpan dalam arsip ke dua provinsi. Visitator dari provinsi asal hendaknya mengirim pemberitahuan tentang penggabungan yang baru kepada Sekretaris Jendral.
  1. Seorang anggota tergabung pada Domus atau kelompok setaraf Domus melalui penunjukan yang dilaksanakan oleh Superior yang sah.
  1. Anggota yang keluar dan pemecatan anggota (K. 68 – 76)
  1. Wewenang untuk menerima kembali seseorang ke dalam Kongregasi terletak pada:
  1. Superior Jendral setelah mendengar pendapat dewannya: untuk semua anggota.
  2.         Visitator, setelah mendengar pendapat dewannya dan pendapat visitator provinsi dari mana anggota itu keluar dan dipecat.

Bab VI: Pendidikan dan Pembinaan

  1. Menggerakkan dan Memupuk Panggilan
  1. Perhatian terhadap usaha-usaha menggerakkan panggilan menuntut kita untuk berdoa terus menerus (Mt. 9:37) dan memberi kesaksian yang otentik (sejati), sepenuhnya dan gembira, baik dalam hidup kerasulan maupun dalam hidup berkomunitas, terutama bila ada orang dewasa dan muda-mudi yang bekerja sama dengan kita dalam tugas vinsensian, sambil mendidik diri dalam iman yang menjadi miliknya sendiri.
  1.  

§1 Hendaknya provinsi, domus dan masing-masing anggota menaruh perhatian untuk membangkit- kan calon-calon bagi tugas vinsensian.

§2 Provinsi-provinsi hendaknya mencari cara-cara yang lebih tepat untuk menggerakkan panggilan dan mengarahkan mereka. Hendaknya provinsi membuat rencana provinsi yang cocok untuk masalah ini.

§3 Visitator, setelah mendengar pendapat dewannya, hendaknya mengangkat seorang Penggerak Panggilan, yang akan menyerasikan usaha menggerakkan panggilan dalam karya kita.

  1. Para calon, yang ingin masuk ke dalam Kongregasi, harus sudah membuat pilihan jalan hidup kristiani, suatu rencana kerasulan dan pilihan untuk bekerja dalam komunitas vinsensian; atau mereka telah ditolong untuk membuat pilihan itu tahap demi tahap dalam suatu karya pastoral muda-mudi, atau dalam Schola Apostolica (Seminari Menengah) di mana semua itu ditemukan.
  1. Pembinaan para calon, sesuai dengan umur mereka, hendaknya meliputi, terutama: hidup per- saudaraan, kerap menggunakan Sabda Tuhan, perayaan liturgi, aktivitas kerasulan yang dilaksanakan bersama para pembina, pembinaan pribadi, belajar dan bekerja.
  1. Pembinaan Anggota
  1. Pedoman Umum (K. 77 – 81)

40. Di samping pembinaan umum, kepada masing-masing anggota kita sejauh mungkin diusahakan juga pembinaan khusus dan pembinaan keahlian yang membuat masing-masing cakap untuk melaksanakan secara efektif dan efisien tugas-tugas kerasulan yang dibebankan oleh Kongregasi, dan membuat karya mere- ka cocok bagi mereka.

41.

§1 Di dalam setiap provinsi hendaknya ada petunjuk dasar Pembinaan, yang selaras dengan pedoman- pedoman yang dinyatakan di sini, dokumen dan peraturan yang diberikan Gereja, serta sesuai dengan keadaan tempat yang berbeda-beda.

§2 Visitator hendaknya membentuk Komisi Pembinaan yang bertugas menyiapkan Petunjuk Dasar Pembinaan dan memperbaharuinya serta mengurus semua yang perlu untuk berlangsungnya lembaga pem- binaan.

42. Masing-masing provinsi, melalui karya Komisi Pembinaan, hendaknya mengatur dan mengem- bangkan pembinaan bersama, pribadi, serta berkesinambungan.

  1. Seminarium Internum (Novisiat) (K. 82 – 86)
  1. Seminarium Internum dapat dilaksanakan dalam satu atau beberapa Domus Kongregasi, yang dipilih oleh visitator bersama dewannya.
  1. Dalam keadaan khusus visitator dapat menetapkan penyesuaian-penyesuaian yang perlu dengan tetap memperhatikan kedewasaan manusiawi dan kristiani para calon.
  1. Seminari Tinggi (K. 87 – 90)

45.

§1 Sejauh kebutuhan menuntut, Domus Seminari Tinggi dapat berupa Domus Khusus bagi masing- masing provinsi ataupun berupa Domus Umum untuk beberapa provinsi.

§2 Mahasiswa kita dapat dikirim ke provinsi lain atau ke perguruan tinggi yang diakui secara resmi untuk mengikuti kurikulum studi gerejani. Dalam hal ini hendaknya dijaga agar para mahasiswa itu men- jalankan hidup bersama, sesuai dengan tradisi Kongregasi, dan mendapat pembinaan vinsensian yang serasi.

§3 Hendaknya hidup kekeluargaan tumbuh subur dan persaudaraan antar anggota provinsi disiapkan di dalam rumah-rumah pembinaan; namun kalau terdapat banyak mahasiswa, maka mereka dapat dibagi-bagi dalam kelompok-kelompok yang lebih kecil, dengan alasan yang tepat; dengan demikian pembinaan pribadi bagi masing-masing dapat diberikan dengan lebih baik.

  1. Visitator, setelah ia mendengar pendapat para pembina dan dewannya, dapat memberi ijin kepada mahasiswa untuk memutus studinya dan tinggal di luar Domus pembinaan, selama masih dalam pembinaan, atas dasar alasan yang layak.
  1. Hendaknya dikembangkan usaha saling mengenal antar mahasiswa dari beberapa provinsi Kongregasi.
  1. Pembinaan Bruder (K. 91 – 92)

48. Pembinaan khusus di bidang kebudayaan dan tehnik para bru-der hendaknya dilaksanakan melalui kurikulum resmi bidang-bidang studi tersebut, agar mereka mendapat gelar ataupun diploma yang sesuai.

  1. Para Pembina dan Guru (K. 93 – 95)
  1. Seminari Tinggi sebagai pusat pembinaan hendaknya memberi bantuan kepada para anggota yang bekerja di berbagai karya, juga para pembina dan pemimpin hendaknya menjalankan karya kerasulan.
  1. Harus diusahakan agar ada konfrater yang berbakat untuk menjalankan tugas sebagai bapa peng- akuan dan pembimbing rohani dalam Domus pembinaan, sesuai dengan tuntutan kebutuhan.

BAGIAN KE TIGA (III)

Organisasi

Seksi I: Pemerintahan Bab I: Pemerintahan Pusat

1. Superior Jendral (K. 101 – 107)

51. Di samping wewenang yang diberikan kepadanya oleh hukum umum ataupun oleh perijinan khusus, maka Superior Jendral berwenang untuk:

        1.        Semua hal yang diputuskan oleh Musyawarah Umum secepatnya.

Mengadakan Menggunakan wewenang yang ia miliki terhadap provinsi, untuk digunakan ter- hadap vice-provinsi.

Pergi mengunjungi provinsi-provinsi atau vice-provinsi, sekurang-kurangnya satu kali selama masa jabatannya, baik secara pribadi atau melalui orang lain, untuk menjiwai provinsi/vice provinsi itu serta untuk mengetahui keadaan para anggotanya, dengan tetap berlaku hak untuk mengadakan visitasi kanonik (kunjungan resmi).

Menerima daerah misi yang diserahkan Tahta Suci kepada Kongregasi, meninggalkan ataupun menyerahkan kembali yang sudah diberikan, dengan persetujuan dewannya dan setelah men- dengar pendapat mereka yang bersangkutan.

Memberi wewenang kepada visitator untuk menerima atau menyerahkan kembali daerah misi yang diserahkan oleh Uskup setempat yang berada di luar daerah suatu provinsi Kongregasi.

Mengangkat Komisi Persiapan (Musyawarah Umum) pada saat yang tepat sebelum pelaksanaan Musyawarah Umum dengan persetujuan dewannya dan setelah mendengar pendapat para Visitator dan Vice Visitator.

Mengumumkan kontrak penting dengan tetap memperhatikan apa yang harus diperhatikan dalam hukum melalui persetujuan dewannya.

Mengambil alih pemerintahan salah satu provinsi, melalui seorang administrator, yang melaksa- nakan dengan wewenang yang diserahkan kepadanya oleh Superior Jendral, karena ada suatu alasan yang berat. Semua ini dilaksanakan Superior Jendral dengan persetujuan dewannya dan setelah ia mendengar pendapat visitator provinsi itu, para penasehatnya serta, kalau ada cukup waktu, sebanyak mungkin anggota (provinsi itu).

Memindahkan anggota dari satu provinsi ke provinsi lain dengan persetujuan dewannya dan setelah mendengar pendapat para superior dan para anggota yang bersangkutan.

Memberi ijin mempersembahkan misa seperti biasanya bagi para anggota Kongregasi yang telah meninggal dunia kepada para anggota yang secara resmi menurut hukum telah memisahkan diri dari Kongregasi.

Memberi dispensasi atas Statuta dan Keputusan-keputusan Musyawarah Umum dalam persoalan- persoalan khusus berdasarkan alasan yang tepat dengan persetujuan dewannya.

Mengangkat Direktur Puteri Kasih tingkat provinsi dengan persetujuan dewannya dan setelah berkonsultasi dengan visitator yang bersangkutan. (catatan: Superior Jendral melaksanakan wewenang ini bagi Puteri Kasih karena wewenang ini telah diberikan kepadanya oleh Tahta Suci dan diterang-kan di dalam konstitusi mereka)

Memberikan ikatan kekerabatan kepada para penderma dan sahabat Kongregasi dengan Kongre- gasi dengan menyatakan anugerah-anugerah rohani diberikan kepada diri mereka.

  1. Superior Jendral bertempat-tinggal di Roma. Tempat tinggal ini hendaknya jangan dirubah tanpa persetujuan Musyawarah Umum dan tanpa berkonsultasi dengan Tahta Suci.
  1. Peraturan-peraturan Umum yang ditetapkan oleh Superior Jendral berlaku sampai Musyawarah Umum berikutnya, kecuali kalau Superior Jendral sendiri atau penggantinya menetapkan yang lain.
  1. Para Superior, Visitator dan Pejabat lain dalam Kongregasi, juga direktur Puteri Kasih tingkat provinsi, setelah selesai masa jabatannya, demi lancarnya urusan, hendaknya tetap menempati jabatannya sampai mereka diganti oleh para pengganti mereka.
  1. Vikaris Jendral (K. 108 – 114)

55.

§1 Vikaris Jendral berhenti dari jabatannya karena:

  1. Penggantinya menerima menerima tugas jabatan itu.
  2. Ia mengundurkan diri dan diterima oleh Musyawarah Umum atau oleh Tahta Suci.
  3. Tahta Suci memecatnya.

§2 Kalau Vikaris Jendral jelas menjadi tidak pantas dan tidak cakap melaksanakan tugasnya, maka Superior Jendral bersama dewannya bertugas menilai dan memutuskan hal ini serta segera memberitahukan- nya kepada Tahta Suci, kecuali kalau Vikaris Jendral itu sendiri melakukannya. Keputusan Tahta Suci harus ditaati.

56. Vikaris Jendral yang mengambil alih pemerintahan Kongregasi sebagai Superior Jendral, setelah selesai masa 6 tahun, dapat langsung dipilih menjadi Superior Jendral dan masih dapat dipilih sekali lagi.

  1. Asisten Jendral (K. 115 – 118)
  1. Salah satu dari para Asisten Jendral hendaknya memperhatikan secara khusus karya misi ad

gentes.

  1. Para Asisten Jendral harus tinggal di rumah yang sama di mana Superior Jendral bertempat ting- gal. Untuk terbentuknya suatu quorum di dalam rapat Dewan Umum, di samping Superior Jendral atau Vikar- is Jendral, sekurang-kurangnya dua dari para Asisten harus hadir.
  1. Namun jika ada alasan yang tepat sehingga jumlah Asisten Jendral yang tidak hadir untuk terbentuknya suatu quorum di dalam rapat Dewan Umum tidak tercapai, maka Superior Jendral memanggil salah satu pejabat pada Curia Generalis ke dalam rapat Dewan Umum dengan hak suara yang berurutan sebagai berikut: Sekretaris Jendral, Ekonom Jendral atau Prokurator Jendral pada Tahta Suci.
  1. Para Asisten Jendral berhenti dari jabatan karena:
  1. Para pengganti mereka menerima tugas jabatan itu.
  2. Ia mengundurkan diri dan disetujui oleh Superior Jendral dengan persetujuan para Asisten lain atau disetujui oleh Musyawarah Umum.
  3. Ia dipecat oleh Superior Jendral dengan persetujuan para Asisten yang lain, dengan per- setujuan Tahta Suci.
  1. Para Pejabat Pemerintah Pusat (K. 119)

61.

§1 Sekretaris Jendral bertugas:

  1. Melayani Superior Jendral dalam semua urusan tulis menulis untuk seluruh Kongregasi.
  2. Hadir dalam rapat Dewan Umum karena tugasnya, tetapi tanpa hak suara, untuk mencatat dan membuat notulen dari apa yang dibicarakan.
  3. Menyarankan kepada Superior Jendral nama-nama konfrater yang sesuai dengan norma hu- kum khusus akan diangkat olehnya sebagai pembantu, di bawah bimbingannya, untuk me- ngatur arsip, membuat publikasi, serta menulis surat-surat.

§2 Apabila Sekretaris Jendral berhalangan menjalankan tugasnya, maka Superior Jendral menunjuk salah seorang dari para Asisten Jendral, atau salah seorang pejabat Curia atau tenaga pembantu Curia, untuk menjadi pejabat Sekretaris Jendral sementara.

62.

§1 Ekonom Jendral, sebagai tugas resminya, mengelola harta benda Kongregasi, serta harta benda lain yang dipercayakan kepada Asisten Jendral di bawah bimbingan Superior Jendral dan Dewannya, sesuai de-ngan norma hukum umum dan hukum khusus.

§2 Ekonom Jendral, dengan persetujuan Superior Jendral, bertugas mengunjungi Ekonom Provinsial, bahkan dalam keadaan khusus (me-ngunjungi juga) para ekonom rumah atau para administrator karya-karya penting.

63.

§1 Tugas Prokurator Jendral pada Tahta Suci:

  1. Mengurus permohonan Facultas Ordinaria yang diperoleh dari Tahta Suci.

        2.        Mengatur segala urusan Kongregasi, Provinsi, Domus maupun urusan anggota perseorangan pada Tahta Suci, dengan persetujuan Superior Jendral dan setelah mendengar pendapat para visitator yang bersangkutan.

§2 Prokurator Jendral pada Tahta Suci, dengan surat tugas tertulis dari Superior Jendral, dapat men- duduki jabatan Postulator Jendral Kongregasi dalam Curia Romana, sesuai dengan norma hukum.

Bab II: Pemerintahan Tingkat Provinsi dan Lokal

  1. Provinsi dan Vice Provinsi (K 120 – 122)

64. Meskipun tiap provinsi dibatasi oleh lingkup teritorial, namun hal ini tidak menghalangi bahwa Domus suatu suatu provinsi berada di daerah provinsi lain sesuai dengan norma Konstitusi art. 17 no. 7.

65.

§1 Vice provinsi adalah gabungan beberapa Domus, yang berada dalam lingkup batas daerah tertentu, atas dasar perjanjian yang dibuat dengan salah satu provinsi, yang tergantung pada provinsi itu. Vice provinsi ini bersama dengan provinsi itu, merupakan kesatuan. Vice Visitator memerintah vice provinsi itu dengan kuasa ordinaria khusus, sesuai dengan norma hukum umum dan hukum khusus.

§2 Suatu vice provinsi yang tidak terbentuk dari suatu provinsi dapat juga didirikan, tetapi langsung tergantung pada kekuasaan Superior Jendral. Vice Visitator memerintah Vice Provinsi ini dengan kuasa or- dinaria khusus.

§3 Menurut hakekatnya suatu vice provinsi merupakan tahap pe-merintahan peralihan, dan bila keadaan telah memenuhi persyaratan, ia akan dirubah statusnya menjadi provinsi.

§4 Apa yang dinyatakan perihal provinsi di dalam Konstitusi dan Statuta Kongregasi, berlaku juga bagi vice provinsi, setelah disesuaikan apa yang perlu disesuaikan; kecuali kalau secara tegas dinyatakan lain da-lam Konstitusi dan Statuta, atau dalam norma maupun perjanjian dari vice provinsi itu.

66.

§1 Jika suatu provinsi dibagi, sehingga menjadi provinsi-provinsi yang berbeda, maka semua harta benda yang diperuntukkan bagi kepen-tingan provinsi, dan juga hutang-hutang yang dibuat bagi provinsi harus dibagi oleh Superior Jendral bersama dewannya, menurut perbandingan yang wajar, atas dasar peme- rataan harta benda, dengan tetap memperhatikan kehendak para pembuat perjanjian yang sudah almarhum serta kehendak para penderma yang dinyatakan oleh undang-undang yang sah, serta aturan khusus yang mengatur provinsi itu.

§2 Pembagian arsip provinsi induk diputuskan oleh Superior Jendral, setelah mendengar pendapat para visitator yang bersangkutan sebelumnya.

  1. Visitator dan Vice Visitator (K. 123 – 125)

67. Apa yang dinyatakan mengenai Visitator di dalam Konstitusi dan Statuta berlaku pula bagi Vice Visitator, kecuali kalau secara tegas dalam Konstitusi dan Statuta atau dalam norma dan perjanjian vice pro- vinsi dinyatakan lain.

68.*

 

* Statuta nomor ini mengalami perubahan pada Musyawarah Umum tahun 1992. §1, §2, §4 tetap seperti semula, sedangkan §3 mengalami perubahan. Rumusan keseluruhannya sbb:

§1 Visitator ditunjuk untuk masa jabatan 6 tahun oleh Superior Jendral, dengan persetujuan dewan- nya, setelah berkonsultasi sekurang-kurangnya dengan anggota provinsi yang memiliki suara aktif. Dengan cara dan syarat-syarat yang sama, visitator dapat dikukuhkan satu kali lagi oleh Superior Jendral untuk masa jabatan tiga tahun.

§2 Cara dan hal-hal yang berkaitan dengan konsultasi tersebut dapat ditentukan oleh Musyawarah Provinsi dengan persetujuan Superior Jendral dan Dewannya.

§3 Musyawarah provinsi dapat mengusulkan cara pemilihan tersendiri itu untuk disetujui oleh Super- ior Jendral dengan persetujuan dewannya, tetapi sekurang-kurangnya harus memenuhi persyaratan berikut ini:

  1. Pemilihan berlaku untuk masa jabatan sekurang-kurangnya 3 tahun, tetapi tidak melebihi masa jabatan 6 tahun.
  2. Visitator terpilih hendaknya jangan memegang jabatan melebihi 9 tahun berturut-turut.
  3. Pemilihan itu sekurang-kurangnya sah dengan suara mayoritas mutlak (50% ditambah 1).
  4. Cara pemilihan hendaknya juga mencantumkan suatu jalan keluar jika terjadi kasus jumlah suara yang sama.

§4 Agar seseorang yang terpilih, ataupun yang terpilih lagi, itu dapat memulai jabatan Visitatornya, diperlukan peneguhan Superior Jendral dengan persetujuan Dewannya.

  1. Tugas Visitator ialah:
  1. Menyusun rencana usulan Provinsi sesuai dengan norma Provinsi dan dengan persetujuan Dewannya.
  2. Mengukuhkan atau membubarkan suatu karya besar dari suatu Domus dengan persetujuan Dewannya dan setelah berkonsultasi dengan Superior Jendral, dengan tetap memperhatikan apa saja yang perlu diperhatikan secara hukum.
  3. Menempatkan para anggota pada Domus masing-masing, untuk kepentingan Domus, setelah mendengar pendapat Dewannya dan sejauh mungkin berkonsultasi dengan mereka yang ber- kepentingan. Dalam keadaan yang mendesak, visitator sekurang-kurangnya diwajibkan memberitahu anggota Dewannya.
  4. Menunjuk dan mengangkat Ekonom Provinsi, Direktur Seminarium Internum dan Direktur Seminari Tinggi dengan persetujuan Dewannya sesuai dengan norma provinsi.
  5. Menyetujui usulan proyek komunitas yang disiapkan oleh Superior lokal bersama kom- unitas-nya.
  6. Mengirim laporan kepada Superior Jendral mengenai keadaan provinsi serta kunjungan-

 

§1 Visitator ditunjuk untuk masa jabatan 6 tahun oleh Superior Jendral, dengan persetujuan dewannya, setelah berkonsultasi sekurang-kurangnya dengan anggota provinsi yang memiliki suara aktif. Dengan cara dan syarat-syarat yang sama, visitator dapat dikukuhkan satu kali lagi oleh Superior Jendral untuk masa jabatan tiga tahun.

§2 Cara dan hal-hal yang berkaitan dengan konsultasi tersebut dapat ditentukan oleh Musyawarah Provinsi dengan persetujuan Superior Jendral dan Dewannya.

§3 Musyawarah provinsi dapat mengusulkan cara pemilihan tersendiri itu untuk disetujui oleh Superior Jendral dengan persetujuan dewannya, tetapi sekurang-kurangnya harus memenuhi persyaratan berikut ini:

  1. Pemilihan berlaku untuk masa jabatan sekurang-kurangnya 3 tahun, tetapi tidak melebihi masa jabatan 6 tahun.
  2. Visitator terpilih hendaknya jangan memegang jabatan melebihi 9 tahun berturut-turut.
  3. Dalam pemilihan pertama dan kedua dibutuhkan mayoritas mutlak, suara yang tidak sah tidak terhitung; dalam pemilihan ketiga hanya ada dua orang yang dapat dipilih, yang dalam pemilihan kedua memperoleh suara terbanyak, walaupun sama jumlahnya. Andaikata dalam pemilihan ketiga itu mereka memperoleh jumlah suara yang sama lagi, maka calon yang terpilih ialah calon yang lebih tua karena panggilan atau usia. Catatan:

Dalam kasus di mana pada pemilihan kedua masih terdapat beberapa calon dengan jumlah suara yang sama, di dalam urutan pertama atau kedua, dalam hubungannya untuk memilih dua calon pada pemilihan kedua, maka kriterium hukum khusus yang dipakai ialah: senioritas dalam panggilan atau usia.

§4 Agar seseorang yang terpilih, ataupun yang terpilih lagi, itu dapat memulai jabatan Visitatornya, diperlukan peneguhan Superior Jendral dengan persetujuan Dewannya.

kunjungannya ke domus yang dilakukannya secara resmi.

  1. Mengadakan kontrak perjanjian yang perlu dan berguna melalui persetujuan Dewannya, sesuai dengan norma hukum universal dan hukum khusus.
  2. Membentuk Panitya Persiapan Musyawarah Provinsi pada waktu yang tepat, setelah ia men- dengar pendapat Dewannya.
  3. Menikmati hak khusus untuk membuat keputusan kalau terjadi jumlah suara yang sama (dalam suatu pemilihan), sesuai dengan norma hukum.
  4. Memberitahukan secepat-cepatnya kepada Superior Jendral perihal pengucapan kaul oleh anggota, penerimaan anggota secara penuh ke dalam Kongregasi, dan tentang tahbisan-tah- bisan yang diterima anggota.
  5. Memelihara arsip provinsi entah dilakukan sendiri entah dilakukan oleh orang-orang lain yang cakap.
  6. Memberi persetujuan kepada para anggota untuk mendengarkan pengakuan dosa bagi se- sama anggota dan memberikan jurisdiksi pengakuan dosa itu kepada mereka; juga visitator dapat memberi persetujuan untuk mewartakan sabda Tuhan (berkotbah) dengan tetap mem- perhatikan hak Uskup setempat, dan ia juga dapat mewakilkan kekuasaan ini kepada orang lain.
  7. Memberi dispensasi atas norma provinsi dalam persoalan dan keadaan istimewa melalui persetujuan Dewannya, atas dasar alasan yang layak.
  1. Vice visitator memiliki hak, kekuasaan dan kewajiban yang sama seperti visitator, kecuali kalau secara tegas dinyatakan lain di dalam Konstitusi dan Statuta.
  1. Peraturan untuk visitator berlaku sampai pada Musyawarah Provinsi berikutnya, kecuali kalau oleh Visitator sendiri atau oleh penggantinya ditetapkan lain.
  1.  

§1 Jika jabatan visitator kosong, pemerintahan provinsi untuk sementara diserahkan kepada Asisten Visitator; kalau tidak mempunyai asisten visitator, pemerintahan jatuh kepada penasehat yang lebih tua dari segi jabatan, panggilaan atau umur, kecuali kalau ditetapkan lain oleh Superior Jendral.

§2 Musyawarah Provinsi dapat mengajukan usul untuk mendapat persetujuan Superior Jendral, me- lalui persetujuan dewannya, mengenai cara tersendiri untuk mengisi pemerintahan provinsi pada waktu visit- ator (yang bertugas itu) meninggal dunia, atau pada waktu visitator berhenti dari jabatannya.

  1. Asisten Visitator (K. 126)

73.

§1 Asisten Visitator (Wakil Visitator) adalah salah seorang dari para penasehat provinsi dan dipilih oleh mereka bersama visitator, kecuali ditentukan lain oleh Musyawarah Provinsi.

§2 Jika visitator tidak ada di tempat, maka asisten visitator mempunyai kuasa yang sama dengan visitator, kecuali dalam hal-hal yang oleh visitator ditetapkan sebagai hal yang harus ditangani visitator sendiri.

§3 Bila visitator terhalang, asisten visitator menggantikannya dengan hak kuasa penuh, sampai hilangnya halangan tersebut. Para penasehat, tanpa Visitator, menilai dan memutuskan halangan visitator itu, dan mereka secepatnya memberitahu Superior Jendral. Perintah Superior Jendral ini harus ditaati.

  1. Dewan Penasehat Visitator (K. 127)

74.

§1 Para Penasehat diangkat oleh visitator untuk masa jabatan 3 tahun, dengan berkonsultasi dengan sekurang-kurangnya semua anggota yang memiliki hak suara aktif. Dengan cara yang sama dan dengan sya- rat-syarat yang sama, para penasehat itu dapat dikukuhkan kembali untuk masa 3 tahun yang ke dua, masa 3 tahun ke tiga, namun tidak dapat dikukuhkan untuk masa 3 tahun yang ke empat.

§2 Musyawarah provinsi dapat mengajukan usul untuk disetujui oleh Superior Jendral melalui per- setujuan dewannya mengenai cara tersendiri untuk menunjuk atau memilih penasehat, mengenai jumlahnya, waktu pengangkatannya, serta lamanya dalam jabatan. Mengenai penunjukan para penasehat ini, visitator secepatnya memberitahu Superior Jendral.

§3 Seorang penasehat provinsi, karena alasan yang berat dapat diberhentikan dari jabatannya oleh Superior Jendral, atas usul visitator, dengan persetujuan para penasehat yang lain.

§4 Dalam hal provinsi tidak memiliki Asisten Visitator, apa yang dikatakan perihal Asisten Visitator pada artikel 73 §2 dan §3 berlaku bagi penasehat visitator yang lebih tua dalam jabatan, panggilan, atau umur, kecuali kalau ditentukan lain oleh Norma Provinsi.

  1. Ekonom Provinsi (K. 128)
  1. Ekonom Provinsi diangkat oleh Visitator dengan persetujuan dewannya, atau diangkat dengan cara lain seperti ditetapkan dalam norma provinsi.
  1. Jika Ekonom Provinsi itu bukan seorang penasehat, ia hadir dalam rapat Dewan Provinsi, karena ia diundang oleh visitator tetapi ia tak memilik hak suara.
  1. Tugas Ekonom Provinsi ialah:
  1. Mengusahakan agar secara sah memiliki harta benda provinsi dari sudut hukum Gereja dan hukum Sipil.
  2. Menolong Ekonom Domus untuk menjalankan tugasnya dan mengawasi administrasi mereka dengan tindakan nyata dan nasehatnya.
  3. Mengusahakan agar masing-masing Domus melunasi jumlah uang yang ditetapkan untuk disetor ke kas provinsi untuk pengeluaran provinsi, dan pada waktunya mengirim pajak (yang harus disetor) kepada Ekonom Jendral untuk kepentingan kas Pusat.
  4. Mengusahakan agar gaji yang sepantasnya diberikan kepada para karyawan Kongregasi dan agar hukum sipil perihal pajak dan asuransi ditaati dengan cermat.
  5. Selalu menyimpan dengan teratur semua tanda penerimaan dan pengeluaran serta dokumen- dokumen lainnya.
  6. Memberi pertanggungjawaban kepada visitator dan dewannya perihal tugas pengelolaannya sesuai dengan norma art. 103.
  1. Pejabat-pejabat Pemerintahan Lokal (K. 129 – 134)
  1. Hak dan tugas superior lokal ialah:
  1. Memberi laporan kepada visitator perihal keadaan Domus yang diserahkan kepadanya.
  2. Memberi tugas dan jabatan kepada anggota rumah, tetapi penugasannya tidak khusus harus dilakukan sendiri oleh Superior Maior.
  3. Mengadakan dan memimpin rapat Domus.
  4. Bersama-sama seluruh komunitas mempersiapkan proyek bersama komunitas domusnya, dan mengajukannya untuk disetujui oleh visitator.
  5. Memiliki arsip dan cap Domus.
  6. Memberitahukan keputusan-keputusan dan berita-berita Kongregasi kepada para anggota.
  7. Memperhatikan agar tugas-tugas misa dilaksanakan.

79.

§1 Superior lokal mengatur Domus dalam kerja sama dengan semua anggota, terutama dengan asisten superior dan ekonom, yang diangkat sesuai dengan norma provinsi.

§2 Asisten superior melakukan seluruh tugas jabatan superior pada waktu superior tidak ada, sesuai dengan norma yang ditentukan oleh hukum khusus.

§3 Hendaknya sering diadakan pertemuan para anggota, semacam rapat dewan.

Bab III: Rapat dan Musyawarah

  1. Rapat dan Musyawarah pada umumnya (K. 135 – 136)
  1. Para superior dan anggota hendaknya mempersiapkan Musyawarah dan secara aktif ambil bagian di dalamnya; hendaknya mereka juga dengan setia mentaati hukum dan aturan yang ditetapkan oleh rapat dan musyawarah itu.

81.

§1 Dalam pemilihan-pemilihan diperlukan sekurang-kurangnya 3 penghitung suara.

§2 Secara hukum para penghitung suara ini adalah anggota Musyawarah yang paling muda setelah pemilihan Ketua dan Sekretaris.

§3 Pada awal Musyawarah diadakan pemilihan Sekretaris yang bertugas:

  1. Sebagai penghitung suara pertama.
  2. Membuat laporan tentang sidang-sidang dan dokumen-dokumen sidang.
  1. Sebelum dan selama Musyawarah hendaknya dikembangkan komunikasi yang bebas mengenai keterangan-keterangan dan hal-hal yang harus dibicarakan dan diputuskan serta tentang kwalitas dari orang- orang yang harus dipilih.
  1. Setelah selesai pembahasan soal dan masalah, maka akta Musyawarah yang telah disetujui, harus ditanda-tangani oleh Ketua, Sekretaris dan oleh semua yang hadir dan setelah dicap harus disimpan dengan seksama di dalam arsip.
  1. Musyawarah Umum (K. 137 – 142)

84. Musyawarah Umum berhak membuat pernyataan-pernyataan yang memiliki kekuatan mengajar dan yang memiliki sifat anjuran.

85.

§1 Musyawarah Umum biasa harus diadakan dalam tahun berjalan yang ke enam sesudah Musya- warah Umum yang terakhir.

§2 Musyawarah Umum luar biasa diadakan setiap kali Superior Jendral, dengan persetujuan dewan- nya dan setelah mendengar pendapat para visitator, menganggap perlu Musyawarah itu diadakan.

§3 Musyawarah Provinsi harus diadakan mendahului penyelenggaraan Musyawarah Umum.

86.

§1 Superior Jendral memutuskan mengenai waktu dan tempat penyelenggaraan Musyawarah Umum melalui persetujuan Dewannya.

§2 Melalui keputusan Superior Jendral bersama dengan Dewannya, berdasarkan alasan yang pantas, penyelenggaraan Musyawarah Umum dapat dimulai 6 bulan lebih awal atau 6 bulan lebih lambat dari hari permulaan Musyawarah Umum biasa yang lalu, namun tetap dalam tahun ke enam yang berjalan.

87.

§1 Superior Jendral, Vikaris Jendral dan para Asisten Jendral, setelah lepas dari tugas jabatan mereka, tetap tinggal sebagai anggota Musyawarah Umum dalam sidang-sidang lanjutan Musyawarah Umum itu.

§2 Di samping mereka, yang atas dasar norma Konstitusi, karena jabatannya harus hadir dalam Musyawarah Umum, hendaknya ditambahkan satu utusan dari masing-masing provinsi dan vice provinsi bagi jumlah sampai 100 anggota yang pertama yang bersuara aktif. Kalau jumlah anggota lebih dari 100, hendak- nya ditambah satu utusan lagi untuk setiap 75 anggota dan untuk sisanya. Jumlah utusan ke Musyawarah Umum dihitung menurut jumlah anggota yang berhak suara aktif pada hari diadakannya pemilihan utusan

dalam Musyawarah Provinsi.

§3 Kalau jabatan visitator kosong, anggota yang memegang peme rintahan provinsi sementara itulah yang pergi ke Musyawarah Umum. Kalau visitator secara sah terhalang untuk pergi ke Musyawarah Umum, maka sebagai gantinya ialah anggota yang mengisi tugas jabatannya itulah yang pergi ke Musyawarah Umum. Jika ia terpilih sebagai utusan, maka utusan cadangan yang pertama pergi menghadiri Musyawarah Umum.

88.

§1 Sebelum pengumuman penyelenggaraan Musyawarah Umum, pada saat yang tepat, Superior Jen- dral bersama Dewannya, setelah mendengar pendapat para visitator dan memperhatikan karya dari daerah yang beraneka ragam jenisnya, menunjuk Komisi Persiapan Musyawarah Umum.

§2 Dengan tetap memberikan kuasa seluas-luasnya kepada Superior Jendral bersama Dewannya untuk mengatur pekerjaan Komisi Per-siapan, demi kelancarannnya tugas-tugas Komisi Persiapan itu dapat di-rinci sebagai berikut:

  1. Meminta dari provinsi-provinsi maupun dari masing-masing anggota permasalahan apa saja yang menurut mereka lebih mendesak dan metode mana yang harus digunakan dalam Musyawarah Umum.
  2. Setelah menerima jawaban, memilih tema-tema, atas dasar keperluannya, yang lebih mendesak dan yang lebih menyeluruh, mengadakan penelitian, mengumpulkan sumber-sumber informasi, dan mengirimkan semua itu pada waktu yang tepat kepada para visitator sebelum Musyawarah Umum.
  3. Menerima usul, keinginan dan permohonan dari musyawarah-musyawarah provinsi serta hasil studi yang dibuat oleh provinsi-provinsi; serta keinginan dan permintaan yang diajukan oleh Superior Jendral setelah ia mendengar pendapat Dewannya.
  4. Menyusun semua bahan itu secara teratur, dan dari semua bahan itu menyusun kertas kerja, agar anggota Musyawarah dan utusan cadangan dapat menerima di tangan mereka bahan-bahan itu dua bulan penuh sebelum dimulainya Musyawarah Umum.

§3 Setelah Musyawarah Umum dibuka, tugas Komisi Persiapan selesai; namun ketuanya, baik secara pribadi atau melalui orang lain, kalau hal ini dianggap berguna, membuat suatu laporan yang menerangkan cara kerja Komisi Persiapan itu.

89.

§1 Pada hari pemilihan Superior Jendral para pemilih mempersembahkan kurban misa untuk keber- hasilan dan keselamatan pemilihan; dan setelah suatu anjuran singkat, pada jam yang telah ditetapkan mereka mulai bersidang di bawah pimpinan ketua sidang.

§2 Dalam kertas pemilihan yang telah disiapkan para pemilih menulis nama orang yang mereka pilih untuk menjadi Superior Jendral.

§3 Setelah semua kertas pemilihan dihitung, jika jumlahnya melampaui jumlah para pemilih, maka semua itu dianggap batal, dan mereka harus menulis lagi dalam kertas pemilihan yang baru.

90. Petunjuk pelaksanaan (Directorium) yang telah disetujui oleh suatu Musyawarah Umum, tetap berlaku sampai petunjuk pelaksanaan itu dirubah atau dihapus oleh Musyawarah Umum yang lain.

  1. Musyawarah Provinsi (K. 143 – 146)
  1. Norma-norma, yang telah ditetapkan oleh Musyawarah Provinsi, adalah aturan umum yang harus diterapkan pada semua permasalahan yang diuraikan dalam norma-norma itu sendiri. Namun norma-norma itu tidak menyangkut kekuasaan visitator seperti dinyatakan dalam hukum umum dan khusus, juga bukan menyangkut kekuasaan eksekutifnya yang perlu untuk menjalankan tugasnya. Norma-norma itu tetap berlaku sampai dicabut oleh Musyawarah Provinsi yang berikutnya atau oleh Superior Jendral.
  1. Adalah wewenang visitator untuk menentukan hari dan menetapkan Domus tempat Musyawarah Provinsi harus diselenggarakan, setelah mendengar pendapat Dewannya.

        93.        Superior Jendral akan memberitahukan keputusannya perihal Norma Provinsi dalam waktu dua bulan setelah ia menerima norma itu kepada visitator.

  1. Kecuali jika dinyatakan lain dalam Norma Provinsi, maka para utusan terpilih harus hadir dalam Musyawarah Provinsi sebanyak jumlah utusan ex officio, dari satuan kelompok anggota provinsi yang terdiri dari semua anggota yang mempunyai hak suara pasif ditambah satu utusan tambahan bagi setiap 25 anggota yang memiliki suara aktif, dan satu utusan lagi bagi jumlah yang tersisa
  1. Dari satuan kelompok anggota provinsi, yang dianggap terpilih sebagai utusan ialah mereka yang mendapat jumlah suara lebih banyak, dan dalam hal ada persamaan jumlah suara, maka yang terpilih ialah mereka yang lebih tua dalam umur atau panggilan; menurut urutan mayoritas jumlah suara, maka terdapat jumlah urutan utusan-utusan maupun utusan cadangan.
  1. Kalau Superior Domus terhalang untuk pergi menghadiri Musyawarah Provinsi, maka Asisten Superior Domuslah yang pergi mewakilinya. Kalau Asisten Superior Domus itu terpilih menjadi utusan maka cukup salah seorang dari daftar urutan utusan cadangan.
  1. Musyawarah Provinsi dapat mengajukan usul, untuk disetujui oleh Superior Jendral melalui per- setujuan Dewannya, perihal cara tersendiri pemilihan utusan dalam Musyawarah Provinsi, namun harus tetap sedemikian rupa agar jumlah utusan terpilih melebihi jumlah mereka yang harus hadir dalam Musyawarah Provinsi atas dasar jabatan mereka (ex officio).
  1. Adalah wewenang masing-masing provinsi untuk menyusun tata tertib penyelenggaraan Musya- warah Provinsi, atau Petunjuk Pelaksanaan (Directorium), namun tetap dalam batas-batas hukum umum dan khusus.
  1. Musyawarah Provinsi dalam melaksanakan pemilihan utusan dan cadangannya untuk menghadiri Musyawarah Umum harus memakai suatu prosedur, mengadakan pemilihan tersendiri berdasarkan mayoritas absolut. Kalau dalam pemilihan pertama dan kedua tak seorangpun terpilih, maka pada pemilihan ke tiga orang yang mendapat jumlah suara dengan mayoritas relatif itulah yang dianggap terpilih; dalam hal ada jumlah suara yang sama, maka yang terpilih ialah anggota yang lebih tua dalam panggilan atau umur.

Seksi II: Harta Benda (K. 148 – 155)

  1. Kongregasi hendaknya tak jemu-jemu merenungkan prinsip-prinsip di bawah ini; hendaknya Kongregasi memegang prinsip-prinsip ini dalam hatinya dan hendaknya dengan setia dan tegas kuat me- laksanakannya. Prinsip-prinsip tersebut ialah:
  1. Usaha seia sekata untuk mengembalikan kesederhanaan hidup nyata lebih melalui teladan dari-pada melalui kata-kata demi kemiskinan Kristus; melawan nafsu serakah yang timbul dari masyarakat makmur; melawan nafsu terhadap kekayaan yang hampir memusnahkan seluruh dunia. (Cf. RC III, 1)
  2. Perhatian yang penuh dan efektif untuk menggunakan harta benda demi pengembangan dan kemajuan keadilan sosial.
  3. Menyerahkan harta benda yang berlebihan untuk kepentingan orang-orang miskin.
  1. Superior Jendral melalui persetujuan Dewannya mempunyai hak untuk menetapkan pajak atas provinsi-provinsi dengan tetap menjamin keseimbangan; demikian pula halnya visitator dengan persetujuan Dewannya mempunyai hak untuk menetapkan pajak atas domus provinsinya.
  1. Semua harta benda, yang diserahkan kepada Kongregasi hanya untuk diurus, harus dikelola dengan bimbingan dan pengawasan para superior bersama dengan dewan mereka.
  1.  

§1 Para ekonom harus memberi pertanggungjawaban kepada para superior mereka dan memberi laporan kepada anggota-anggota mengenai pengelolaannya.

§2 Laporan dari Ekonom Jendral mengenai tanda penerimaan dan pengeluaran serta laporan menge- nai keadaan kekayaan harus diperiksa oleh Superior Jendral bersama Dewannya satu kali setahun. Perihal laporan ekonom provinsi, pemeriksaannya dilakukan oleh visitator bersama dewannya dua kali setahun. Sedangkan laporan Ekonom Domus, pemeriksaannya dilakukan oleh Superior setiap bulan. Tanda penerima- an dan pengeluaran atau laporan hanya ditandatangani kalau ternyata memang benar.

§3 Anggota-anggota yang mengelola karya-karya khusus baik dari provinsi maupun dari domus, melaporkan tanda penerimaan dan pengeluaran kepada superior masing-masing pada waktu dan dengan cara yang ditentukan dalam Norma Provinsi.

§4 Kalau harta benda itu bukan milik Kongregasi, tetapi diserahkan kepada Kongregasi untuk di- kelola, maka laporan tentang hal itu harus ditunjukkan baik kepada pemilik harta itu maupun kepada para superior Kongregasi.

§5 Ekonom Jendral hendaknya memberi laporan umum mengenai administrasinya kepada para Super- ior pada setiap akhir tahun. Dan pada setiap tahun ke tujuh ia memberikan laporannya kepada Musyawarah Umum.

§6 Para visitator sesudah akhir tahun mengirimkan laporan perhitungan keuangannya mengenai provinsinya masing-masing kepada Superior Jendral.

§7 Ekonom provinsi memberi laporan umum kepada para anggota provinsi perihal administrasinya dan tentang harta kekayaan provinsi, sesuai dengan Norma Provinsi.

  1. Semua pengelola, baik superior maupun ekonom, tidak dapat melaksanakan tindak administrasi atas nama Kongregasi, kecuali dalam batas-batas tugas jabatannya dan sesuai dengan norma hukum. Karena itu Kongregasi, Provinsi dan Domus hanya harus bertanggung jawab atas tindak administrasi yang dilakukan sesuai dengan norma di atas. Selanjut-nya mereka yang melakukan tindakan yang tidak sah atau tidak dapat di-benarkan haruslah bertanggung jawab sendiri. Kalau seseorang sebagai pribadi yuridis dari Kongregasi membuat hutang atau mengikat beban kewajiban, maka ia harus mempertanggungjawabkannya dari harta bendanya sendiri, juga jika hal itu dilakukan dengan ijin.
  1.  

§1 Musyawarah Umum dapat menentukan batas jumlah tertinggi yang dapat dikeluarkan Superior Jendral sebagai pengeluaran luar biasa.

§2 Para visitator dapat mengeluarkan uang menurut norma yang diberikan oleh Musyawarah Provinsi.

§3 Superior lokal dapat mengeluarkan uang dalam batas-batas yang ditetapkan oleh Norma Provinsi.

  1. Para superior hendaknya tidak mengijinkan membuat hutang, kecuali kalau dapat dipastikan bahwa dari sumber dana yang biasa dapat dibayar bunga atas hutang itu, serta pada waktu yang ditetapkan melalui pengembalian yang sah dari kekayaan setiap tahun, dapat dikembalikan jumlah uang yang diterima dari pinjaman.
  1.  

§1 Hukum perburuhan, asuransi dan keadilan bagi para karyawan yang bekerja dalam karya Kongre- gasi hendaknya ditaati dengan cermat.

§2 Para superior hendaknya bertindak dengan penuh hati-hati dalam menerima pemberian amal, yang lama kelamaan memberi beban kewajiban yang makin besar. Janganlah menerima pemberian amal dengan beban kewajiban yang bersifat kekal.

§3 Janganlah memberi derma dari harta kekayaan bersama, kecuali kalau hal itu sesuai dengan Norma Konstitusi dan Statuta.

§4 Dalam menerima harta benda yang berasal dari warisan atau pemberian untuk Kongregasi, Provinsi dan Domus, hendaknya ditaati kehendak sipemberi sehubungan dengan pemilikan dan penggunaan harta itu.

§5 Hendaknya diusahakan suatu jaminan sosial bagi para anggota, yang dibebankan pada Kongregasi atau Uskup atau kepada mereka bagi siapa para anggota bekerja. Domus, Provinsi dan Curia hendaknya mengambil langkah-langkah pengamanan yang memadai terhadap segala macam bahaya.

STATUTI MISIJONSKE DRUŽBE

 2016

 

ODLOK O RAZGLASITVI (GS Gay, 2011)

ODLOK O RAZGLASITVI PRENOVLJENIH STATUTOV MISIJONSKE DRUŽBE

S soglasjem vrhovnega sveta izročam Statute Misijonske družbe, kakor jih je prenovil in potrdil občni zbor 2010.

Za »uradno« besedilo prenovljenih ali novih statutov velja besedilo v italijanskem jeziku.

V Rimu, dne 27. septembra 2011, na slovesni praznik sv. Vincencija Pavelskega

generalni superior podpis

G. Gregory Gay CM

generalni superior

Ob prenovljenih Statutih (Alvarez, 2011)

Zadnji občni zbor 2010 je poleg razmisleka o »ustvarjalni zvestobi poslanstvu« veliko časa in truda posvetil reviziji Statutov Misijonske družbe in odobritvi prenovljenega. V tej številki »Vincentiana« jih predstavljamo v petih jezikih. Zbor se seveda ni mogel poglabljati v podrobnosti vsakega prenovljenega člena, kot je n.pr. novo oštevilčenje zaradi dodajanja nekaterih členov, pravilnih ločil, prevodov v uradne jezike Družbe (vključno z latinskim prevodom) itd. Zbor je zaupal generalnemu superiorju in njegovemu svetu, da to storita neposredno ali preko komisije. To je razlog, da so se Statuti pojavili več mesecev po končanem zboru.

STATUT, DODATNI KODEKS KOSTITUCIJAM

Konstitucije in Statuti imajo skupen pristop: oboji so izraz posebne karizme Družbe in posledično varuhi njene enotnosti in posebne identitete v Cerkvi. V našem raznolikem svetu ima Družba v Konstitucijah in Statutih referenčno točko, da se ohrani kot celota, kot enotno in skladno telo, ki očitno vedno spoštuje legitimno raznolikost. Poleg tega naše Konstitucije in Statuti označujejo pot in bistvene pogoje za ohranjanje te enotnosti, brez katere Družba ne bi več bila učinkovita na krajevni in mednarodni ravni. Podobno lahko rečemo o našem bitju, o našem življenju in delovanju. So kot kompas ali zemljevid na potovanju Družbe v času.

Javier Alvarez CM, generalni vikar

*

Toliko o skupnih točkah med Konstitucijami in Statuti. Vendar pa obstajajo med njimi tudi izjemne razlike, čeprav so del iste knjige. V motupropriju Ecclesiae Sanctae (št. 14) piše, da je namen Statutov, da prevzamejo vse tiste uredbe, ki niso v Konstitucijah, ker so bolj uporabne in praktične ter zato bolj podvržene spremembam in dopolnilom. Da bi bila knjiga o karizmatičnem življenju Družbe, so Konstitucije veliko bolj stabilne. Statuti so bolj prilagodljivi in spremenljivi, ker se morajo odzivati na konkretne čase in kraje. Zato se lahko in morajo spreminjati, ko se okoliščine spreminjajo, pri čemer izpuščajo tisto, kar je zastarelo in neskladno.

Narava Statutov je veliko bolj juridična kot narava Konstitucij. Te vsebujejo tudi pravne vidike (le tiste, ki sestavljajo stabilno, trajno in splošno dediščino Družbe), vendar vsebujejo teološke razmisleke in pristno vincencijansko duhovnost. Toda dejstvo, da so Statuti izrazito normativno besedilo, ne pomeni, da je doktrinarni vidik povsem odsoten. Njihov navdih je vincencijanska karizma, utelešena v Konstitucijah. Pravzaprav imajo Statuti popolnoma enako strukturo kot Konstitucije. To pomeni, da jih ni mogoče prebirati, preučevati ali meditirati ločeno od Konstitucij.

Tako Konstitucije kot Statuti so del »lastnega prava« Družbe. Medtem ko Konstitucije zahtevajo odobritev Svetega sedeža, je za Statute, tako ob prvem osnutku kot tudi ob njihovi prenovitvi, potrebna le odobritev občnega zbora (prim. K 137 in 3).

PRENOVLJENI STATUTI

Kljub poglobljenemu razmisleku, ki ga je zbor opravil o več členih Statutov, spremembe niso bile niti številne niti velike. To dejstvo nam že razkriva, s kakšno veljavnostjo in resnostjo so bile oblikovane naše Konstitucije. Tu so glavne spremembe:

Uredniške spremembe: S 2 ; 7 ; 13 ; 41 ; 51,3 in 12 ; 54 in 68.

Vsebinske spremembe: S 17. Ta člen je rezultat prejšnjih 17-18. S 29 § 2 pojasnjuje prejšnji člen S 28 § 2 o sobratih, ki delajo v generalni kuriji.

O prenovljenih Statutih:

S 33: Ta člen je rezultat združitve prejšnjih členov 32 in 33, ki se nanašata na premestitev misijonarjev iz ene province v drugo.

S 43: Novo besedilo, ki priznava, da je notranje semenišče lahko tudi mednarodno.

S 51: Temu členu, ki obravnava pristojnosti generalnega superiorja, so bili dodani odstavki 14, 15, 16 in 17.

S 69: Temu členu, ki obravnava vizitatorjeve pristojnosti, je dodan 14. odstavek.

Novi členi:

S 18: Poglobitev naše zaobljube stanovitnosti.

S 57: Število generalnih asistentov; iz različnih provinc.

S 78: Področja v Družbi.

S 79: Konference vizitatorjev.

S 90: Navzočnost bratov na občnem zboru.

STATUTI MISIJONSKE DRUŽBE

ŽIVLJENJE V DRUŽBI

1. poglavje

APOSTOLSKA DEJAVNOST (K 10–18)

S 1.

Apostolske dejavnosti, ki se zanje po temeljitem premisleku zdi, da poklicu Družbe več ne ustrezajo, naj se polagoma opuščajo.

S 2.

V trenutnem kontekstu globalizacije številni dejavniki in okoliščine preizkušajo vero in predstavljajo izzive za tradicionalne metode evangelizacije. Sobratje bodo vse to resno upoštevali v prepričanju, da ta položaj od njih zahteva osebno in skupnostno pričevanje trdne vere v Boga Jezusa Kristusa in iskanje novih načinov za uresničevanje svojega poklica oznanjevalcev blagovesti ubogim.

S 3.

Province in vse posamezne hiše naj rade bratsko sodelujejo pri apostolskih pobudah tako med seboj kakor tudi s škofijsko duhovščino, z redovnimi družbami in laiki.

S 4.

Sobratje naj si prizadevajo za ekumenski dialog; na verskem, družbenem in kulturnem področju naj sodelujejo z drugimi, bodisi kristjani ali nekristjani.

S 5.

Glede zunanjih misijonov naj se upoštevajo naslednja navodila:

1) province naj si v skladu s soodgovornostjo med seboj pomagajo, bodisi po lastnem nagibu ali na povabilo generalnega superiorja;

2) posamezne province ali njih več skupaj naj prevzamejo vsaj eno misijonsko področje, kamor naj pošiljajo sobrate kot delavce v Gospodovo žetev;

3) sobratje naj imajo možnost, da praktično pomagajo pri delu za misijone; tudi s tem, da se ponudijo za oznanjevanje evangelija v misijonih;

4) poleg tega je treba sobrate spodbujati k sodelovanju pri misijonskem delu vesoljne in krajevne Cerkve. Tudi Družbi lastno misijonsko delo naj se primerno uredi.

S 6.

Tisti, ki so poslani v zunanje misijone, naj se skrbno pripravijo; naj se čim bolj temeljito seznanijo z razmerami na področju, kjer bodo delovali, da bodo mogli tam prevzeti posebne naloge; tako bo pastoralno delo, ki ga bodo sprejeli, učinkovito ustrezalo krajevnim potrebam.

S 7.

§ 1. Sobratje bodo med svojimi apostolskimi dejavnostmi na poseben način skrbeli za pospeševanje Vincencijanske družine in laiških vincencijanskih združenj, ki jo sestavljajo, ter jim stali ob strani.

§ 2. Vsi sobratje naj bodo primerno usposobljeni za to služenje raznolikim vejam Vincencijanske družine ter pripravljeni, da ga izpolnijo, ko bodo za to naprošeni.

§ 3. Jedro tega služenja bo v podelitvi lastne izkušnje vere v luči učenja Cerkve ter vincencijanskega duha. Da bo to služenje ustrezalo današnjim potrebam, bo treba skrbeti za nujno teološko–duhovno, tehnično, poklicno in politično–družbeno oblikovanje.

§ 4. Ob ukinitvi posameznih hiš bodo posebno pozorni na to, da bodo še naprej delovala laiška vincencijanska gibanja.

S 8.

Več provinc skupaj naj prireja sestanke, na katerih bi bolje preučevali poklic misijonarjev in metode pastoralnega dela, da bi čim bolj uspešno ustrezale dejanskim razmeram ter spremembam oseb in stvari.

S 9.

§ 1. Province imajo nalogo, da razmeram primerno izdajajo navodila za socialno dejavnost in določijo, s kakšnimi sredstvi naj se pospešuje uresničevanje socialne pravičnosti.

§ 2. Sobratje bodo – upoštevaje okoliščine krajev in časa – nudili sodelovanje pri ustanovah za obrambo človekovih pravic ter za gojitev pravičnosti in miru.

S 10.

§ 1. V apostolsko dejavnost Družbe spadajo župnije; mora pa biti apostolat sobratov v skladu z namenom in naravo naše ustanove ter tam, kjer primanjkuje dušnih pastirjev.

§ 2. Te župnije, ki jih upravlja Družba, naj bodo take, da v njih prevladujejo revni sloji, ali pa morajo biti pridružene semeniščem, kjer sobratje poučujejo pastoralno bogoslovje.

S 11.

§ 1. Velikega pomena je vzgoja mladine in odraslih; sobratje naj to upoštevajo in sprejmejo pouk, kjer je to potrebno, da se dosega namen Družbe.

§ 2. Táko nalogo pa naj opravljajo ne le v raznih šolah, temveč tudi po družinah, na delovnih mestih in sploh na vseh področjih družbe, kjer se zbirajo mladina in odrasli.

§ 3. V šole, kolegije in na univerze naj krajem primerno sprejemajo revne, da jim pomagajo do napredka. Ko poudarjajo vrednost krščanske vzgoje in posredujejo krščansko socialno vzgojo, naj v duhu sv. Vincencija v gojencih gojijo smisel za uboge.

S 12.

Med sredstvi, ki jih Družba uporablja pri evangelizaciji, naj imajo primeren delež tehnična sredstva družbenega obveščanja, da se zveličavna beseda širi bolj na široko in uspešneje.

2. poglavje

SKUPNO ŽIVLJENJE (K 19–27)

S 13.

Bolni in ostareli sobratje ter tisti, ki se nahajajo v posebnih potrebah in so s trpečim Kristusom posebno tesno povezani, z nami sodelujejo pri evangelizaciji sveta. Poskrbeli bomo, da jim bomo pomagali na primeren način. V primeru, da jih ne bo mogoče več sprejeti v hišo, kjer so službovali, bo vizitator s svojim svetom – potem ko bo pozorno ocenil različne možnosti ter prisluhnil pomoči potrebnemu sobratu – dolžan določiti primernejšo.

S 14.

§ 1. Sobratje, ki morajo živeti sami zase v službah, ki jim jih je zaupala Družba, bodo gledali, da del svojega časa preživijo s sobrati in tako okusijo dobroto skupnosti. Mi pa jim bomo blizu, da jim olajšamo njihovo osamljenost; radi jih bomo povabili, da bomo včasih z njimi delili bratsko in apostolsko življenje.

§ 2. Sobrate v težavah bomo skušali bratsko pravočasno podpreti.

S 15.

§ 1. Dolžnosti do staršev bomo vestno opravljali; ostali pa bomo v mejah, ki so potrebne, če hočemo izvrševati svoje poslanstvo in ohraniti skupno življenje.

§ 2. Sobrate, duhovnike in druge goste bomo z odprtim srcem sprejemali v svojih hišah.

§ 3. Velikodušni bomo do revežev, ki nas prosijo pomoč; skušali jih bomo skupaj z njimi reševati iz njihovih stisk.

§ 4. Bratsko razmerje bomo radi širili na vse, ki so z nami povezani v življenju in delu.

S 16.

Skupni načrt, ki si ga bo po možnosti vsaka skupnost izdelala v začetku delovnega leta, naj obsega: apostolsko dejavnost, molitev, uporabo imetja, krščansko pričevanje na delovnem mestu, stalno vzgojo, čas za skupni premislek, čas za razvedrilo in študij ter dnevni red. Vse to naj se občasno znova pregleda.

3. poglavje

ČISTOST, UBOŠTVO, POKORŠČINA IN STANOVITNOST (K 28–39)

S 17.

§ 1. Provincialni zbor naj priredi norme o uboštvu v skladu s konstitucijami in duhom Splošnih pravil ter s temeljnim statutom uboštva, ki ga je Družbi podelil Aleksander VII. (Alias nos supplicationibus).

§ 2. Posamezne province in krajevne skupnosti naj glede na različne krajevne in stvarne razmere skrbno presodijo, kako naj gojijo evangeljsko uboštvo; to naj občasno ugotavljajo; prepričani naj bodo, da je uboštvo ne le obramba Družbe (Sp III, 1), ampak tudi pogoj za prenovo in znamenje napredka našega poklica v Cerkvi in svetu.

S 18.

Province, krajevne skupnosti in vsak sobrat se bodo resno posvečali poglabljanju v zaobljubo stanovitnosti, ki vključuje popolno podaritev samega sebe v hoji za Kristusom, oznanjevalcem evangelija ubogim, in zvestobo vztrajnosti za vse življenje v Misijonski družbi.

4. poglavje

MOLITEV (K 40–50)

S 19.

Po skupnem načrtu bomo zvesto opravljali pobožnosti, ki so v Družbi v navadi, osebno branje Svetega pisma, zlasti Nove zaveze, češčenje sv. evharistije, skupno premišljevalno molitev, izpraševanje vesti, duhovno branje, letne duhovne vaje in duhovno vodstvo.

5. poglavje

ČLANI

1. Sprejem v Družbo (K 53–58)

S 20.

§ 1. Notranje semenišče se za vsakega člana začne tedaj, ko v smislu provincialnih norm ravnatelj ali njegov namestnik izjavi, da je sprejet.

§ 2. Družba naj v primernem času poskrbi za veljavna poroštva, če je treba tudi pred civilno oblastjo, da se zavarujejo pravice tako kandidata kakor Družbe v primeru, da bi član izstopil ali bi ga odslovili.

S 21.

Trden sklep se v Misijonski družbi naredi z obrazcem, ki se obrača k Bogu, ali z drugim, ki predstavlja izjavo:

1) Gospod, moj Bog, jaz, I. I., sklenem, da bom po Kristusovem zgledu vse svoje življenje v Misijonski družbi zvesto posvetil delu za evangelizacijo ubogih. Zato sklenem, da bom s tvojo milostjo živel čisto, ubogo in v pokorščini po konstitucijah in statutih naše Družbe.

2) Jaz, I. I., sklenem, da bom po Kristusovem zgledu vse svoje življenje v Misijonski družbi zvesto posvetil delu za evangelizacijo ubogih. Zato sklenem, da bom z božjo milostjo živel čisto, ubogo in v pokorščini po konstitucijah in statutih naše Družbe.

S 22.

§ 1. Trden sklep mora biti izrečen pred superiorjem ali pred sobratom, ki ga on določi.

§ 2. Druge določbe glede prvega ali ponovnega trdnega sklepa in morda še glede kakšne druge oblike začasne povezave naj poda provincialni zbor vsake province; prav tako določne glede pravic in dolžnosti, ki jih imajo člani od svojega sprejema v Družbo do včlanjenja.

S 23.

Druge določbe glede zaobljub naj poda provincialni zbor vsake province.

S 24.

Provincialni zbor lahko v posebnih okoliščinah predloži generalnemu superiorju s pristankom njegovega sveta v odobritev lastni obrazec tako za trden sklep kot za zaobljube. Ohraniti pa mora bistvene sestavine določenih obrazcev.

2. Pravice in dolžnosti članov (K 59–64)

S 25.

Aktivne in pasivne volilne pravice nimajo:

1) tisti, ki imajo indult, da živijo zunaj Družbe, v smislu našega lastnega prava in zaradi določbe, dodane indultu;

2) sobratje, ki so bili posvečeni ali samo imenovani za škofe, dokler so v tej službi; pa tudi po službi, razen če se vrnejo v skupno življenje;

3) vikarji, apostolski prefekti in administratorji, tudi če niso škofje, dokler jim traja služba, če niso hkrati superiorji kake Družbene hiše.

 

S 26.

§ 1. Poleg tistih, ki so omenjeni v kanonih 171 § 1, št. 3–4; 1336 § 1, št. 2 Zakonika cerkvenega prava ter v členih K 70 in K 72 § 2 Misijonske družbe, so brez aktivne in pasivne volilne pravice tisti, ki so v trenutku, ko bi uporabili možnost aktivne in pasivne volilne pravice tako v Družbi, kot tudi v provinci ali hiši, na kakršen koli način neupravičeno odsotni:

a) tisti, ki so odsotni iz Družbe brez dovoljenja; ko njihova odsotnost preseže šest mesecev;

b) tisti, ki so to dovoljenje prejeli, a ga po izteku časa niso obnovili (prim. K 72 § 2);

c) tisti, ki ne upoštevajo tega, kar določa dovoljenje za bivanje zunaj skupnosti (prim. K 67 § 2);[1]

č) tisti, ki so presegli dovoljenje treh let, razen v primeru bolezni, študija ali apostolata, ki ga izvršujejo v imenu Družbe.

§ 2. V dvomljivih primerih vizitator s pristankom svojega sveta odloči, če ima sobrat aktivno in pasivno volilno pravico; pri tem pa pozorno upošteva položaj v provinci, lastno pravo Družbe ter provincialne norme.

§ 3. To, kar velja za aktivno in pasivno volilno pravico, prav tako velja za poizvedovanja, ki jih narekuje lastno pravo Družbe in provincialne norme.

S 27.

§ 1. Vsak sobrat ima pravico, da po njegovi smrti v vsej Družbi zanj molijo.

§ 2. Vsak sobrat naj po možnosti vsak mesec daruje sveto mašo za žive in rajne vse Vincencijanske družine, pa trudi za starše, sorodnike in dobrotnike; doda naj še poseben namen za ohranitev prvotnega Družbinega duha.

§ 3. Prav tako naj daruje še eno sveto mašo za sobrate vse Družbe, ki so pretekli mesec umrli.

§ 4. Dodatne odredbe naj poda vsaka provinca.

S 28.

Vsak v Družbo včlanjeni sobrat ima pravico, da vsak mesec opravi nekaj maš po svojem namenu brez mašne nagrade. Koliko naj bo teh maš in kdaj naj jih opravi, naj določi vsaka provinca.

3. Pripadnost sobratov provinci ali hiši (K 65–67)

S 29.

§ 1. Med svojo službo ne pripadajo s pravnimi učinki nobeni provinci: generalni superior, asistenti, generalni tajnik, ekonom in generalni prokurator pri apostolskem sedežu.

§ 2. Drugi sobratje, ki so v službi generalne kurije, še naprej pripadajo izvorni provinci, s tem, da so vpisani v eno izmed hiš te province. Njihovo bivanje v generalni kuriji je začasno, kar določa sporazum med generalnim superiorjem in vizitatorjem province, kateri pripada sobrat.

S 30.

§ 1. Član Misijonske družbe pripada provinci, za katero ga predstojniki zakonito sprejmejo v Družbo. Ta provinca se imenuje prvotna (izvorna) provinca.

§ 2. Novo pripadnost dobi sobrat s premestitvijo iz ene province v drugo, ko jo zakonito izvedejo predstojniki. Ta se imenuje drugotna (ciljna) provinca.

S 31.

Da sobrat neha biti član ene province in postane član druge, se morajo višji predstojniki o tem dogovoriti, ko se prej z njim pogovorijo; s tem pa ni okrnjena oblast generalnega superiorja. Če pa član noče biti premeščen, ni možna premestitev v drugo provinco brez odobritve generalnega superiorja.

S 32.

Ko generalnemu superiorju poteče služba, naj si sam izbere provinco.

S 33.

§ 1. Pripadnost drugotni provinci je lahko časovno omejena ali neomejena.

§ 2. V obeh primerih bosta oba vizitatorja:

a) v pisnem sporazumu določila pravice in dolžnosti sobrata ter obeh provinc;

b) napisala listine o premestitvi ter jih shranila v arhivih obeh provinc;

c) vizitator province, iz katere je sobrat odšel, bo o njegovi novi pripadnosti obvestil generalnega tajnika.

§ 3. V primeru začasne pripadnosti po izteku roka sobrat takoj postane član province, kateri je poprej pripadal; razen če vizitatorja, potem ko sta se pogovorila s sobratom, ne odločita kaj drugega; vendar vedno pismeno in v skladu s statuti.

S 34.

Sobrat pripada hiši ali skupnosti z veljavo hiše, za katero ga določi zakoniti predstojnik.

4. Izstop in odslovitev članov (K 68–76)

 

S 35.

Pravico koga ponovno sprejeti v Družbo ima:

1) za vse generalni superior, ko prej zasliši svoj svet;

2) za tiste, ki še niso včlanjeni v Družbo, vizitator, ko prej izve mišljenje svojega sveta ter vizitatorja province, iz katere je član izstopil ali bil odslovljen.

6. poglavje

VZGOJA

I. VZBUJANJE IN GOJITEV POKLICEV

S 36.

Skrb za spodbujanje poklicev nam nalaga nenehno dolžnost molitve (Mt 9,37) ter pristno, polno in veselo pričevanje apostolskega in občestvenega življenja, zlasti še, ko dečki in fantje z nami sodelujejo pri vincencijanskem poslanstvu in tako spopolnjujejo svojo vero.

S 37.

§ 1. Province, hiše in posamezni sobratje naj za to skrbijo in kandidate navdušujejo za vincencijansko poslanstvo.

§ 2. Province naj iščejo pripravnejših sredstev za vzbujanje in gojitev poklicev; v ta namen naj izdelajo primeren provincialni načrt.

§ 3. Vizitator naj po dogovoru s svojim svetom imenuje pospeševatelja poklicev, ki bo pri našem delovanju usklajeval prizadevanja za vzbujanje poklicev.

S 38.

Kandidati, ki želijo vstopiti v Družbo, se morajo že prej odločiti za krščansko življenje; imeti morajo apostolski namen in se opredeliti za delo v vincencijanski skupnosti oziroma naj se jim z mladinsko pastoralo ali v apostolskih šolah, kjer so, pomaga, da se za to odločijo.

S 39.

Vzgoja kandidatov naj bo primerna njihovi starosti; obsega naj zlasti bratsko življenje, zanimanje za Božjo besedo, bogoslužje, apostolsko delovanje skupaj z vzgojitelji, osebno usmerjanje, študij in delo.

II. VZGOJA NAŠIH

1. Splošna načela (K 77–81)

 

S 40.

Vsem našim naj bo po možnosti omogočena poleg splošne tudi posebna in strokovna izobrazba; z njo naj bi se posamezniki usposobili za bolj uspešno apostolsko delovanje, ki jim ga bo odkazala Družba in je zanje bolj smiselno.

S 41.

§ 1. Vsaka provinca naj ima vzgojni načrt, ki naj bo primerno usklajen z različnimi krajevnimi razmerami in s tukaj postavljenimi načeli, z dokumenti in smernicami Cerkve.

§ 2. Nadalje naj vizitator sestavi vzgojno komisijo, ki naj izdela in obnavlja vzgojni načrt ter obravnava vse, kar sodi k vzgoji.

S 42.

Posamezne province naj s pomočjo vzgojne komisije uredijo in pospešujejo stalno vzgojo tako skupnosti kot posameznikov.

2. Notranje semenišče (K 82–86)

S 43.

Notranje semenišče je lahko, glede na potrebe, provincialno ali medprovincialno. V obeh primerih lahko poteka v eni ali več Družbenih hišah, ki jih izbere vizitator skupaj s svojim svetom ali z vizitatorji, ki jih to zadeva.

S 44.

V posebnih okoliščinah in upoštevajoč človeško in krščansko zrelost kandidatov lahko vizitator poskrbi za primerne prilagoditve.

3. Veliko semenišče (K 87–90)

S 45.

§ 1. Veliko semenišče ima lahko po potrebi vsaka provinca zase ali pa več provinc skupaj.

§ 2. Naše gojence je mogoče pošiljati v drugo provinco ali v pravilno potrjeni zavod, da tam končajo ves cerkveni študij. V tem primeru je treba paziti, da se po Družbinem običaju udeležujejo skupnega življenja in prejemajo primerno vincencijansko vzgojo.

§ 3. V vzgojnih hišah naj cvete družinsko življenje in pripravlja naj se bratstvo med člani iste province; če je gojencev veliko, se lahko v primernem razmerju razdelijo v manjše skupine, da se tako bolje poskrbi za osebno vzgojo posameznikov.

S 46.

Med izobraževanjem lahko vizitator po dogovoru z vzgojitelji in svojim svetom iz upravičenega razloga dovoli gojencem, da prekinejo študij in bivajo zunaj vzgojne hiše.

S 47.

Prizadevati si je treba, da se gojenci različnih Družbenih provinc med seboj spoznavajo.

4. Vzgoja bratov (K 91–92)

S 48.

Primerno je, da si bratje z rednimi študijskimi tečaji dosežejo posebno kulturno in tehnično izobrazbo ter dobijo ustrezne naslove in diplome.

5. Vzgojitelji in učitelji (K 93–95)

S 49.

Veliko semenišče naj kot vzgojno središče nudi pomoč sobratom, zaposlenim pri različnih delih, vzgojitelji in učitelji sami pa naj opravljajo apostolska dela.

S 50.

Poskrbeti je treba, da so v vzgojnih hišah po potrebi na voljo usposobljeni sobratje, ki naj opravljajo službo spovednika ali duhovnega voditelja.

ORGANIZACIJA

I. razdelek

VODSTVO

 

I. poglavje

OSREDNJA UPRAVA

1. Generalni superior (K 101–107)

S 51.

Poleg pravic, ki jih ima generalni superior po splošnem pravu ali posebni podelitvi:

1) ima pravico izvajati nad viceprovincami isto oblast, kot jo ima nad provincami;

2) če je treba, opravi v skladu s pravom kanonično vizitacijo; med svojo službo sam ali pa v njegovem imenu kdo drug obišče vsaj enkrat vse province, jih spodbuja ter se seznani z njihovim stanjem in stanjem sobratov;

3)

a) v soglasju s svojim svetom in po dogovoru s tistimi, ki jih to zadeva, sprejema in odpoveduje misijone, ki jih Družbi ponudi Sveti sedež ali krajevni ordinariji; upravlja jih sam ali pa jih zaupa neki provinci ali skupini provinc;

b) v soglasju s svojim svetom in potem ko zasliši tiste, ki jih to zadeva, sestavi skupino misijonarjev, ki je lahko podrejena njemu ali pa jo zaupa neki provinci ali skupini provinc;

4) vizitatorje pooblašča, da sprejmejo in odpovedujejo misijone, ki jih podeljujejo krajevni ordinariji zunaj ozemlja katerekoli Družbene province;

5) v soglasju s svojim svetom in po zaslišanju vizitatorjev ob primernem času pred občnim zborom imenuje pripravljalno komisijo;

6) vse, kar je občni zbor sklenil, čimprej razglasi;

7) v soglasju s svojim svetom sklepa pomembnejše pogodbe, pri tem pa upošteva, kar je treba upoštevati;

8) iz tehtnega razloga s soglasjem svojega sveta in po zaslišanju vizitatorja ter svetovalcev, in če čas dopušča, čim več sobratov, za nekaj časa prevzame vodstvo kake province, ki ga opravlja administrator s pooblastili, ki mu jih je podelil generalni superior;

9) s soglasjem svojega sveta in po zaslišanju vizitatorjev in sobratov, ki jih to zadeva, premešča sobrate iz ene province v drugo;

10) sobratom, ki so zakonito stopili iz Družbe, dopušča molitve, ki so v navadi za naše rajne;

11) s soglasjem svojega sveta daje v posameznih primerih in iz upravičenih razlogov spregled od statutov in odlokov občnega zbora;

12) s soglasjem svojega sveta in po zaslišanju pristojnih vizitatorjev, imenuje provincialne ravnatelje hčera krščanske ljubezni;

13) dobrotnike in prijatelje Družbe sprejema za častne člane z navedbo duhovnih dobrin, ki jim pripadajo;

14) s soglasjem svojega sveta spodbuja province k sodelovanju v mednarodnih misijonskih dejavnostih (dela in sprejete odločitve);

15) s soglasjem svojega sveta, potem ko zasliši tiste, ki se jih tiče, vzpostavi področja zunaj meja provinc in potrdi področja, ki jih vzpostavijo vizitatorji;

16) s soglasjem svojega sveta potrdi statut vsake konference vizitatorjev;

17) organizira delo vrhovnega sveta in dejavnosti generalnih asistentov.

S 52.

Generalni superior redno biva v Rimu. Bivališče naj menja samo s pristankom občnega zbora in po posvetovanju s Svetim sedežem.

S 53.

Splošne odločbe generalnega superiorja veljajo do naslednjega občnega zbora, če sam generalni superior ali njegov naslednik ne odredi drugače.

S 54.

Superiorji, vizitatorji in sobratje, ki opravljajo druge službe v Družbi, kot tudi ravnatelji hčera krščanske ljubezni, ostanejo po poteku službe zaradi reda v službi, dokler jih ne zamenjajo nasledniki.

2. Generalni vikar (K 108–114)

S 55.

§ 1. Generalnemu vikarju preneha služba:

a) ko prevzame službo njegov naslednik;

b) če se službi odpove in odpoved sprejme občni zbor ali apostolski sedež;

c) če ga apostolski sedež odstavi.

§ 2. Če je generalni vikar očitno svoje službe nevreden ali zanjo nesposoben, mora generalni superior s svojim svetom brez generalnega vikarja o tem razsoditi in obvestiti Sveti sedež, čigar navodil se je treba držati.

S 56.

Generalni vikar, ki bi prevzel službo generalnega superiorja, je po izteku šestletja lahko takoj izvoljen za generalnega superiorja in potem še enkrat.

3. Generalni asistenti (K 115–118)

S 57.

S tem, da ostane nespremenjeno, kar je določeno v Konstitucijah, člen 116 § 2:

§ 1. Generalni asistenti se izvolijo iz različnih provinc, prav tako pa se – če je le mogoče – upoštevajo različne kulture, ki so navzoče v Družbi;

§ 2. Število generalnih asistentov določi občni zbor.

S 58.

Generalni asistenti morajo prebivati v isti hiši kot generalni superior. Za sestavo vrhovnega sveta morata biti poleg generalnega superiorja ali generalnega vikarja navzoča dva asistenta.

S 59.

Če je iz upravičenih razlogov odsotnih toliko generalnih asistentov, da je za svet predpisano število premajhno, lahko generalni superior pokliče v svet enega izmed uslužbencev generalne kurije s pravico glasovanja, in sicer v tem redu: generalnega tajnika, generalnega ekonoma ali generalnega prokuratorja pri Svetem sedežu.

S 60.

Služba generalnih asistentov preneha:

a) ko prevzamejo to službo njihovi nasledniki;

b) če se službi odpovedo in odpoved sprejme generalni superior v soglasju z drugimi asistenti ali občni zbor;

c) če jih generalni superior v soglasju z drugimi asistenti odstavi in Sveti sedež to odobri.

4. Uslužbenci generalne kurije (K 119)

S 61.

§ 1. Generalni tajnik:

a) pomaga generalnemu superiorju, ko je treba kaj pisati za celotno Družbo;

b) po svoji službi se udeležuje sej vrhovnega sveta, da sestavlja njegove akte, vendar brez pravice glasovanja;

c) generalnemu superiorju lahko predloži imena sobratov, da mu jih po našem lastnem pravu imenuje med sodelavce pod njegovim vodstvom; ti urejajo arhiv, izdajajo publikacije in pišejo pisma.

§ 2. Če je generalni tajnik zadržan in ne more opravljati službe, je stvar generalnega superiorja, da začasno imenuje enega od asistentov, uslužbencev ali sodelavcev, da ga nadomešča.

S 62.

§ 1. Generalni ekonom pod nadzorom generalnega superiorja in njegovega sveta v smislu splošnega in našega lastnega prava po svoji službi upravlja Družbeno imetje, ki je zaupano generalni kuriji.

§ 2. S pristankom generalnega superiorja vizitira provincialne ekonome, v posebnih okoliščinah pa tudi hišne ekonome in upravitelje pomembnejših ustanov.

S 63.

§ 1. Naloga generalnega prokuratorja pri Svetem sedežu je, da:

a) skrbi z vlogami za redna pooblastila, ki jih treba dobiti od Svetega sedeža;

b) pri Svetem sedežu obravnava zadeve Družbe, provinc, hiš in sobratov, v soglasju z generalnim superiorjem in po zaslišanju vizitatorjev, ki se jih tiče.

§ 2. – Generalni prokurator lahko po pisnem nalogu generalnega superiorja opravlja v rimski kuriji službo generalnega postulatorja, kot predpisuje pravo.

2. poglavje

PROVINCIALNO IN KRAJEVNO VODSTVO

1. Province in viceprovince (K 120–122)

S 64.

Čeprav ima vsaka provinca določene ozemeljske meje, ni ovire, da hiša kake province ne bi stala na ozemlju druge province, kot predvideva člen K 107, 7.

S 65.

§ 1. Viceprovinca je zveza več hiš na določenem področju, ki je v smislu pogodbe z njo odvisna od neke province in z njo sestavlja nekakšno celoto; vodi jo po predpisih splošnega in našega lastnega prava vicevizitator z redno lastno močjo.

§ 2. Lahko se osnuje tudi viceprovinca, ki ni odvisna od nobene pravno popolne province, ampak naravnost od generalnega superiorja; vodi jo vicevizitator z redno lastno oblastjo.

§ 3. Viceprovinca je po svoji naravi prehodne narave; ko so izpolnjene potrebne možnosti, se spremeni v provinco.

§ 4. Kar je v Družbenih konstitucijah in statutih rečeno o provinci, velja z nujnimi prilagoditvami tudi za viceprovinco, če ni že v konstitucijah in statutih ali pravilih in pogodbah neke province izrečno drugače določeno.

S 66.

§ 1. Če se provinca deli tako, da se osnuje posebna provinca, mora generalni superior s svojim svetom v pravilnem razmerju, kot je prav in pravšno, razdeliti tudi vse imetje, ki je bilo potrebno in namenjeno potrebam province, in dolgove, ki so bili narejeni za provinco; v veljavi morajo pa še naprej ostati: volja pobožnih ustanoviteljev ali darovalcev, pridobljene zakonite pravice in lastna pravila, ki veljajo za vodstvo te province.

§ 2. Razdelitev arhiva matične province je pridržana odločitvi generalnega superiorja; ta poprej zasliši vizitatorje, ki se jih tiče.

2. Vizitator in vicevizitator (K 123–125)

S 67.

Kar je v konstitucijah in statutih rečeno za vizitatorja, velja tudi za vicevizitatorja, če ni že v konstitucijah in statutih ali pravilih in pogodbah vsake viceprovince izrečno drugače določeno.

S 68.

§ 1. Vizitatorja imenuje generalni superior za obdobje najmanj treh let s soglasjem svojega sveta in potem, ko prej zasliši vsaj sobrate province, ki imajo aktivno volilno pravico. Enako lahko generalni superior v istih pogojih enkrat ali večkrat potrdi vizitatorja, vendar ne dlje kot devet zaporednih let.

§ 2. Način in okoliščine poizvedb lahko določi provincialni zbor z odobrenjem generalnega superiorja in s pristankom njegovega sveta.

§ 3. Provincialni zbor lahko predloži, da generalni superior s soglasjem svojega sveta odobri volitve vizitatorja, kot mu jih sam predloži. Takšna izvolitev se mora izvesti vsaj pod naslednjimi pogoji:

a) da je vizitator izvoljen najmanj za tri leta in ne več kot za šest let;

b) da ni v službi več kot devet let nepretrgoma;

c) da se v prvih dveh volilnih krogih zahteva absolutna večina glasov, s tem da se neveljavni glasovi ne upoštevajo; v tretjem volilnem krogu pa imata pasivno volilno pravico samo tista dva, ki sta v drugem krogu prejela večino glasov[2], tudi takrat, ko je število glasov izenačeno[3];

č) v primeru enakosti glasov je izvoljen starejši po poklicu ali starosti.

§ 4. Izvoljeni ali ponovno izvoljeni vizitator lahko prevzame službo, ko ga potrdi generalni superior s soglasjem svojega sveta.

S 69.

Vizitator je dolžan, da:

1) izdela provincialni načrt po provincialnih normah in s soglasjem svojega sveta;

2) s pristankom svojega sveta in po posvetovanju z generalnim superiorjem ob upoštevanju vsega, kar je treba upoštevati, v kakšni hiši začne ali ukine kakšno večje delo;

3) v posameznih hišah po njihovih potrebah nastavlja sobrate, ko je prej zaslišal svoj svet in se po možnosti posvetoval s tistimi, ki se jih tiče; v nujnejših primerih pa je dolžan o tem svoj svet vsaj obvestiti;

4) po predpisih provincialnih norm in s soglasjem svojega sveta imenuje provincialnega ekonoma ter ravnatelja notranjega in velikega semenišča;

5) odobri skupni načrt hiš, ki ga je pripravil krajevni superior s svojo skupnostjo;

6) generalnemu superiorju pošilja sporočila o stanju province in o hišnih vizitacijah, ki jih je opravil po službeni dolžnosti;

7) s soglasjem svojega sveta po predpisih splošnega in našega lastnega prava sklepa potrebne ali koristne pogodbe;

8) v primernem času po razpravljanju s svojim svetom imenuje pripravljalno komisijo za provincialni zbor;

9) ima pravico po predpisih prava odločati v primeru enakosti glasov;

10) generalnega superiorja čimprej obvesti o zaobljubitvi sobratov, o njihovem včlanjenju v Družbo in o redovih, ki so jih prejeli;

11) sam ali prek drugih, ki so usposobljeni, skrbi za provincialni arhiv;

12) imenuje sobrate in jim podeli pravico spovedovati sobrate ter – ob upoštevanju ordinarijeve pravice – oznanjati Božjo besedo; vsa ta pooblastila podeljuje tudi drugim;

13) s soglasjem svojega sveta iz upravičenega razloga podeljuje v posameznih primerih spregled od provincialnih norm;

14) ureja položaj sobratov, ki se nahajajo v neurejenih položajih.

S 70.

Vicevizitator ima iste pravice, pooblastila in dolžnosti kot vizitator, če ni v konstitucijah ali statutih izrečno drugače rečeno.

S 71.

Vizitatorjeve odredbe veljajo do naslednjega provincialnega zbora, če ni že sam vizitator ali njegov naslednik drugače ukrenil.

S 72.

§ 1. Če je mesto vizitatorja izpraznjeno, začasno prevzame vodstvo province vizitatorjev asistent; če tega ni, pa provincialni svetovalec, ki je starejši po imenovanju ali starosti, če ni že generalni superior drugače poskrbel.

§ 2. V primeru, da vizitator umrje ali mu služba preneha, provincialni zbor lahko predloži generalnemu superiorju, da s soglasjem svojega sveta potrdi, kako začasno urediti vodstvo province.

3. Vizitatorjev asistent (K 126)

S 73.

§ 1. Vizitatorjev asistent je eden od svetovalcev; izvolijo ga svetovalci z vizitatorjem, če provincialni zbor ne odredi drugače.

§ 2. Če je vizitator odsoten, ima njegovo oblast asistent, razen v zadevah, ki si jih je vizitator pridržal.

§ 3. Če je vizitator zadržan, ga asistent nadomešča s polnim pravom, dokler vizitator spet ne prevzame dolžnosti. O zadržku sodi provincialni svet brez vizitatorja in čimprej obvesti generalnega superiorja; potem naj se ravna po njegovih navodilih.

4. Vizitatorjev svet (K 127)

S 74.

§ 1. Svetovalce imenuje za tri leta vizitator, ko se prej posvetuje s sobrati province, ki imajo aktivno volilno pravico. Enako in v istih pogojih so lahko potrjeni še za drugo in tretje triletje, za četrto pa ne.

§ 2. Provincialni zbor lahko predlaga, da vizitatorju generalni superior s soglasjem svojega sveta dovoli, da po svoje imenuje ali voli svetovalce, pa tudi njihovo število, kdaj se imenujejo in koliko časa traja njihova služba. O imenovanju svetovalcev mora vizitator obvestiti generalnega superiorja.

§ 3. Generalni superior lahko iz tehtnega razloga na predlog vizitatorja in v soglasju z drugimi njegovimi svetovalci odstavi provincialnega svetovalca.

§ 4. Kjer ni provincialnega asistenta, velja tudi za provincialnega svetovalca, ki je najstarejši po imenovanju, poklicu in starosti, kar je rečeno o provincialnem asistentu v členu K 73, § 2 in § 3, če v provincialnih normah ni drugače določeno.

5. Provincialni ekonom (K 128)

S 75.

Ekonoma imenuje vizitator s soglasjem svojega sveta ali pa tako, kot je določeno v provincialnih normah.

S 76.

Če provincialni ekonom ni svetovalec, se udeležuje sej provincialnega sveta, kadar ga vizitator povabi, a brez glasovalne pravice.

S 77.

Naloga provincialnega ekonoma je:

1) skrbi, da je provincialno premoženje pred cerkveno in državno oblastjo pravilno vknjiženo;

2) z nasvetom in dejansko pomaga hišnim ekonomom v njihovi službi in jih pri upravljanju nadzira;

3) skrbi, da vsaka hiša plačuje določeno vsoto za stroške province in ob določenem času pošlje na generalni ekonomat takso za generalni fond;

4) skrbi, da dobivajo zaposleni v Družbi pravično plačo in se natančno spolnjujejo civilni predpisi o davkih in socialnem zavarovanju;

5) ima vedno urejene razne knjige dohodkov in stroškov ter druge dokumente;

6) vizitatorju in njegovemu svetu poda obračun o upravljanju v smislu člena S 103.

6. Področja

S 78.

§ 1. Področje je ozemlje z vsaj eno hišo, ki pripada bodisi neki provinci ali pa neposredno generalnemu superiorju.

§ 2. Področje vzpostavi: generalni superior s svojim svetom ali vizitator s svojim svetom. Področje vodi področni superior.

§ 3. Področni superior ima pooblastila, ki mu jih je podelil generalni superior ali vizitator, da bi tako prišlo do uresničitve Družbi lastnega poslanstva.

§ 4. Področnega superiorja imenuje vizitator s svojim svetom; imenovanje mora potrditi generalni superior s svojim svetom (prim. K 125, § 5).

§ 5. Področje se vzpostavi s pisnim sporazumom, kjer so natančno določene delegirane pristojnosti ter medsebojni dogovori med generalnim superiorjem ali vizitatorjem ter področnim superiorjem.

§ 6. Področje se lahko vzpostavi bodisi z namenom, da ima lastno samostojnost in se spremeni v viceprovinco ali provinco, ali pa da neka viceprovinca ali provinca ne more več ohranjati lastne samostojnosti.

§ 7. Da je področje lahko povzdignjeno v viceprovinco ali viceprovinca v provinco, je potrebno, da imata področje ali viceprovinca dejansko zmožnost imeti poklice ter zadostno ekonomsko podlago za vzdrževanja poslanstva in sobratov.

7. Konference vizitatorjev

S 79.

§ 1. Za spodbujanje sodelovanja med provincami na področju poslanstva, komunikacije in vzgoje so vizitatorji dolžni vzpostaviti konference vizitatorjev.

§ 2. Te konference spoštujejo edinost Družbe, avtonomijo provinc ter načela subsidiarnosti in soodgovornosti.

§ 3. Vsaka konferenca je dolžna pripraviti svoj lasten statut ter ga predložiti generalnemu superiorju in njegovemu svetu.

8. Službe v krajevni upravi (K 129–134)

S 80.

Pravica in dolžnost krajevnega superiorja je, da:

1) vizitatorja obvešča o stanju hiše;

2) hišnim sobratom podeljuje opravila in službe, katerih podeljevanje ni pridržano višjim predstojnikom;

3) skliče in vodi hišni svet;

4) s svojo skupnostjo izdela hišni načrt in ga predloži vizitatorju v odobritev;

5) ima hišni arhiv in žig;

6) sobrate obvešča o odredbah in novicah v Družbi;

7) skrbi, da se opravijo sprejete maše.

S 81.

§ 1. Krajevni superior vodi hišo v sodelovanju z vsemi sobrati, zlasti še z asistentom in ekonomom, ki sta imenovana po provincialnih normah.

§ 2. Če je superior odsoten, opravlja po določbah lastnega prava vso njegovo službo asistent.

§ 3. Pogosto naj se kot kakšen svet pripravijo srečanja sobratov v skupnosti.

3. poglavje

ZBORI

1. Zbori na splošno (K 135–136)

S 82.

Predstojniki in sobratje naj zbore pripravijo in se jih dejavno udeležujejo; zato naj se zvesto ravnajo po predpisih in določbah, ki jih zbori dajo.

S 83.

§ 1. Pri volitvah so potrebni vsaj trije števci glasov.

§ 2. Po pravu sta dva števca glasov skupaj s predsednikom in tajnikom, ko je izvoljen, dva po letih najmlajša člana zbora.

§ 3. V začetku zbora izvolijo tajnika. Ta mora:

a) opravljati službo prvega števca glasov;

b) sestavljati zapisnike sej in dokumentov.

S 84.

Pred zborovanjem in med njim je potrebna svobodna izmenjava obvestil o zadevah, o katerih bodo odločali, in o lastnostih tistih, ki naj bi bili izvoljeni.

S 85.

Ko je razpravljanje o zadevah končano, morajo akte zbora, ki so jih zbrani potrdili, podpisati predsednik zbora, njegov tajnik in vsi zbrani; ko so potrjeni s pečatom, naj se skrbno shranijo v arhiv.

2. Občni zbor (K 137–142)

S 86.

Občni zbor ima pravico dajati izjave, ki imajo pomen kot nauk in spodbuda.

S 87.

§ 1. Redni občni zbor mora biti, ko poteče šesto leto od zadnjega občnega zbora.

§ 2. Izredni občni zbor mora biti vselej, kadar se generalnemu superiorju v soglasju z njegovim svetom in po zaslišanju vizitatorjev zdi, da je potreben.

§ 3. Pred občnim zborom morajo biti provincialni zbori.

S 88.

§ 1. Čas in kraj občnega zbora določi generalni superior v soglasju s svojim svetom.

§ 2. Ko pa teče šesto leto, lahko generalni superior s soglasjem svojega sveta in iz upravičenega razloga odloči, da je zbor šest mesecev pred datumom prejšnjega občnega zbora ali šest mesecev po njem.

S 89.

§ 1. Generalni superior, generalni vikar in generalni asistenti, ki jim služba preneha, na naslednjih sejah istega zbora ostanejo njegovi člani.

§ 2. Poleg tistih, ki se morajo po določbah konstitucij udeležiti občnega zbora, se ga bo udeležil še odposlanec provinc in viceprovinc za prvih petindvajsetih sobratov z aktivno volilno provinco. Če je članov z aktivno volilno pravico več kot petinsedemdeset, se ga udeleži še en odposlanec na vsakih začetih petdeset sobratov in/ali drug namestnik za ostanek. Število odposlancev na občni zbor se določa po številu sobratov z aktivno volilno pravico na dan, ko na provincialnem zboru volijo odposlance.

§ 3. Če služba vizitatorja ni zasedena, gre na občni zbor tisti, ki takrat vodi provinco. Če je vizitator zakonito zadržan, da ne more na občni zbor, gre namesto njega njegov namestnik v službi; če pa je ta izvoljen za odposlanca, gre na občni zbor prvi namestnik.

S 90.

§ 1. V primeru, da ni noben brat izvoljen za udeležbo na občnem zboru, bo generalni superior s svojim svetom na občnem zboru zagotovil navzočnost kakšnega od bratov.

§ 2. Generalni superior bo skupaj s svetom določil, kako urediti tiste primere, v katerih ni mogoče izvesti legitimne izvolitve odposlancev na občni zbor, a je vendarle njihova navzočnost pomembna.

S 91.

§ 1. V primernem času pred sklicanjem občnega zbora imenuje generalni superior s svojim svetom pripravljalno komisijo, ko je prej zaslišal vizitatorje in upošteval različne kraje in opravila.

§ 2. Generalnemu superiorju z njegovim svetom je prepuščena široka svoboda, da primerno uredi delo pripravljalne komisije. Naloge pripravljalne komisije bi mogle biti, da:

a) v provincah in med sobrati poizve, katere zadeve so po njihovi sodbi nujnejše in kako naj občni zbor o njih razpravlja;

b) po prejemu odgovorov izbere tiste zadeve, ki so najbolj nujno potrebne in obče; pripravi študije in zbere vire; vse to pošlje ob primernem času pred hišnimi zbori vizitatorjem;

c) sprejme predloge oziroma postulate provincialnih zborov, v provincah izdelane študije in predloge, ki jih po zaslišanju svojega sveta predloži generalni superior;

č) vse to uredi, na tej podlagi izdela delovni dokument in ga razpošlje tako zgodaj, da ga člani zbora in namestniki dobijo v roke cela dva meseca pred začetkom občnega zbora.

§ 3. Ko se začne občni zbor, služba pripravljalne komisije preneha, predsednik pa sam ali preko koga drugega, če se zdi primerno, poroča o poteku dela komisije.

S 92.

§ 1. Na dan, ko volijo generalnega superiorja, naj volivci darujejo sveto mašo za srečno izvolitev; potem naj po kratkem nagovoru pod vodstvom predsednika ob določeni uri začno sejo.

§ 2. Na pripravljene glasovnice volivci napišejo ime tistega, ki ga volijo za generalnega superiorja.

§ 3. Če je glasovnic po preštetju več kot volivcev, je glasovanje nično; napisati je treba nove glasovnice.

S 93.

Pravilnik, ki ga potrdi kak zbor, ostane v veljavi, dokler ga drugi zbor ne spremeni ali ukine.

3. Provincialni zbor (K 143–146)

S 94.

Norme, ki jih izda provincialni zbor, so splošna pravila, ki jih je treba upoštevati v vseh primerih, naštetih v teh normah. Te norme ne veljajo za vizitatorjevo oblast, kolikor je opisana v splošnem in našem lastnem pravu in tudi ne za njegovo izvršilno oblast, ki mu je potrebna za opravljanje službe. V veljavi ostanejo, dokler jih ne prekliče naslednji provincialni zbor ali generalni superior.

S 95.

Vizitator ima nalogo, da po zaslišanju svojega sveta določi, katere dni in v kateri hiši bo potekal zbor.

S 96.

Generalni superior bo v dveh mesecih po prejemu provincialnih norm sporočil vizitatorju svojo odločitev o njih.

S 97.

Če ni s provincialnimi normami drugače določeno, se mora provincialnega zbora udeležiti toliko odposlancev, izvoljenih izmed vseh sobratov v provinci skupaj, ki imajo pasivno volilno pravico, kolikor je tistih, ki morajo biti navzoči po službeni dolžnosti; doda pa se še en odposlanec na začetih petindvajset sobratov z aktivno volilno pravico.

S 98.

Za odposlance veljajo kot izvoljeni tisti, ki so med vsemi sobrati v provinci skupaj dobili več glasov; če je število glasov enako, potem starejši po poklicu ali po letih; prav toliko je namestnikov, kakor si sledijo po številu glasov.

S 99.

Če je hišni superior zadržan, da ne more na provincialni zbor, gre namesto njega hišni asistent. Če je ta izvoljen za odposlanca, ga nadomesti drugi s seznama namestnikov.

S 100.

Provincialni zbor lahko predloži, da generalni superior s soglasjem svojega sveta odobri lasten način predstavništva na provincialnem zboru, vendar tako, da je število izvoljenih odposlancev večje kot tistih, ki se morajo zbora udeležiti po službeni dolžnosti.

S 101.

Naloga posameznih provinc je, da v mejah splošnega in našega lastnega prava na zboru izdelajo lastne predpise o poteku ali pravilnik.

S 102.

Provincialni zbor voli odposlance in namestnike na občni zbor z zaporednim glasovanjem in z absolutno večino glasov. Če v prvem in drugem glasovanju ni bil nihče izvoljen, velja v tretjem za izvoljenega tisti, ki je dobil največ glasov; v primeru enakosti pa starejši po poklicu ali starosti.

II. razdelek

IMETJE (K 148–155)

S 103.

Družba naj stalno premišljuje naslednja načela, se jih z vsem srcem oklepa in zvesto ter zavzeto po njih ravna:

1) složno naj si prizadeva za skromno življenje, da se tako v imenu Kristusovega uboštva bolj z zgledom kot z besedo bojuje zoper pohlepnost, ki izvira iz družbene blaginje, in zoper željo po bogastvu, ki spravlja v pogubo skoraj ves svet (Sp III,1);

2) dejavno naj si prizadeva uporabljati svoje imetje v korist socialne pravičnosti;

3) odvaja naj odvečno imetje v blagor ubogih.

S 104.

Generalni superior lahko s soglasjem svojega sveta in ob upoštevanju pravšnosti provincam naloži davek. Tako ga lahko tudi vizitator s soglasjem svojega sveta naloži hišam svoje province.

S 105.

Pod vodstvom in nadzorstvom predstojnikov z njihovimi sveti je treba upravljati imetje, ki je Družbi dodeljeno le v upravljanje.

S 106.

§ 1. Ekonomi morajo dajati račun predstojnikom in sobrate obveščati o svojem upravljanju.

§ 2. Generalni superior naj enkrat na leto s svojim svetom pregleda knjigi prejemkov in izdatkov ter poročilo o stanju premoženja, ko gre za generalnega ekonoma; vizitator s svojim svetom dvakrat na leto, ko gre za provincialnega ekonoma; hišni superior pa enkrat na mesec, ko gre za hišnega ekonoma. Knjige in poročila naj podpišejo samo, če so točne.

§ 3. Sobratje, ki vodijo posebne dejavnosti province ali hiše, predlagajo račune o dohodkih in izdatkih ustreznim predstojnikom tedaj in tako, kot je predvideno v provincialnih normah.

§ 4. Če pa imetje ni last Družbe, ampak ji je dodeljeno le v upravo, je treba računske knjige predložiti tako njenim gospodarjem kot Družbenim predstojnikom.

§ 5. Generalni ekonom naj vizitatorjem poda splošno poročilo o svojem upravljanju na koncu vsakega leta; vsako šesto leto pa občnemu zboru.

§ 6. Vizitatorji naj za svoje province pošljejo obračun generalnemu superiorju ob koncu leta.

§ 7. Provincialni ekonomi naj sobratom svoje province po provincialnih normah podajo splošno poročilo o svojem upravljanju in o stanju provincialnega imetja.

S 107.

Vsi upravitelji, tako predstojniki kot ekonomi, se morajo pri upravnih dejanjih v imenu Družbe ravnati samo v mejah svoje službe in po predpisih prava. Zato morejo Družba, provinca in hiša odgovarjati le za administrativna dejanja, storjena po omenjenih predpisih. Za drugo odgovarjajo tisti, ki so storili nedovoljeno ali neveljavno dejanje. Če pa se kaka pravna oseba Družbe zadolži ali prevzame obveznosti, tudi če z dovoljenjem, odgovarja sama in iz svojih sredstev.

S 108.

§ 1. Občni zbor lahko določi vsoto, ki je generalni superior ne sme preseči z izrednimi izdatki.

§ 2. Vizitatorji smejo delati izdatke po predpisih provincialnega zbora.

§ 3. Hišni superior lahko dela izdatke v mejah, ki so določene s provincialnimi normami.

S 109.

Predstojniki naj ne dovolijo najemati posojil, če ni gotovo, da bo mogoče iz običajnih virov odplačevati obresti in bodo lahko v predvidenem času vrnili izposojeno vsoto v pogodbeno predvidenih letnih obrokih.

S 110.

§ 1. Natančno je treba upoštevati zakone o delu, zavarovanju in pravičnosti pri osebah, ki so zaposlene v hišah ali dejavnostih Družbe.

§ 2. Predstojniki naj s skrajno previdnostjo sprejemajo pobožne ustanove, ki nalagajo obveznosti za daljši čas. Večnih ustanov pa naj ne sprejemajo.

§ 3. Iz skupnega imetja naj se dajejo darila samo po določbah konstitucij in statutov.

§ 4. Pri sprejemanju imetja, ki ga dobijo Družba, province ali hiše po oporoki ali kot darilo, je treba glede lastništva in porabe upoštevati voljo darovalca.

§ 5. Sobratom naj oskrbijo socialno zavarovanje Družba, škofje ali drugi, ki zanje sobratje opravljajo svoje delo. Poleg tega naj Družba, province in tudi generalna kurija primerno poskrbijo za zavarovanje pred različnimi nesrečami.


[1] Postulat je bil sprejet kot Statut na 38. občnem zboru leta 1992; v: Vincentiana 36 (1992), 389.

[2] Sprememba je bila predstavljena kot postulat in sprejeta kot statut na 38. občnem zboru leta 1992; v: Vincentiana 36 (1992), 389.

[3] Pojasnilo: v primeru, da je v drugem volilnem krogu izvoljeno več kandidatov z enakim številom glasov na prvem ali drugem mestu, se za izvolitev kandidatov za tretji krog uporabi kriterij lastnega prava: prednost po poklicu in starosti. (Pojasnilo vrhovnega vodstva; prim. Pismo vizitatorjem, 30. septembra 1993).

Decretum quo Statuta renovata Congregationis Missionis promulgantur

De consensu Consilii Generalis

Statuta Congregationis Missionis transmitto a Conventu Generali 2010

renovata et approbata.

Pro renovatis vel novis Statutis textus lingua italica exaratus tamquam “officialis” habeatur.

 

Datum Romae, die 27 septembris 2011 in Solemnitate Sancti Vincentii a Paulo

 

G. Gregory Gay, C.M.

Superior Generalis

 

STATUTA CONGREGATIONIS MISSIONIS

 

DE VITA IN CONGREGATIONE

 

CAPUT I

De actuositate apostolica (a. 10-18)

 

  1. — Opera activitatis apostolicae quae, rebus bene perpensis, amplius non videntur respondere vocationi Congregationis in prae- senti, gradatim relinquantur.
  2. — In hoc tempore, quod globalizationis appellamus, plura extant signa et adiuncta quae fidei fortiter opponuntur et tamquam provoca- tiones videntur quoad methodos traditionales evangelizationis. Sodales haec omnia serio perpendent, pro certo habentes hanc rerum condi- cionem ab ipsis exigere testificationem personalem et communitariam fidei solidae in Deum Jesu Christi et explorationem novarum viarum, quae aptiores habeantur ad rite persequendam suam vocationem pau- peribus evangelizandi.
  3. — Provinciae et singulae domus in inceptis apostolicis fraterna cooperatione sive inter se, sive cum clero dioecesano et cum institutis religiosis, sive cum laicis libenter laborabunt.
  4. — Dialogum oecumenicum quaerent sodales; in re autem reli- giosa, sociali et culturali cum aliis, sive christianis sive non christianis, active intererunt.
  5. — Ad opus missionum ad Gentes quod attinet, his normis attendatur:
  1. corresponsabilitati obsequentes, Provinciae sive sua sponte sive Superiore Generali invitante mutuum sibi praestent auxilium;
  2. singulae Provinciae vel etiam plures una simul recipiant unum saltem territorium missionis, quo sodales, uti operarios in messem Domini, mittant;
  3. sodalibus facultas concedatur concrete adiuvandi opera missio- num, etiam sese offerendo ad munus evangelizationis illic obeundum;
  1. sodales insuper incitentur ad participandum operibus missio- nalibus Ecclesiae universalis et localis. Etiam opera missionalia Con- gregationis propria congrue ordinentur.
  1. — Missionarii ad Gentes missi, cognitione realitatis regionis ubi laborabunt, sedulo se praeparent ad specialia munia illic obeunda ut actio pastoralis quam suscipient efficaciter respondeat necessitatibus locorum.
  2. — § 1. Sodales peculiarem habebunt curam promovendi et fovendi, in apostolicis activitatibus, Familiam Vincentianam et Conso- ciationes laicorum ad ipsam pertinentes.

§ 2. Omnes Sodales congruenter parati esse debent ad hoc munus exercendum erga diversos Familiae Vincentianae ramos et solliciti ad id praestandum quotiescumque ab ipsis requiratur.

§ 3. Huius ministerii centrum exprimitur in condivisione propriae experientiae fidei iuxta Ecclesiae doctrinam et spiritum vincentianum. Ut hoc munus hodiernis necessitatibus respondeat, apta formatio curanda est theologico-spiritualis, tecnica, professionalis et politico- socialis.

§ 4. Cum aliqua domus a sua actuositate cessat, peculiaris habea- tur cura ut faciliter vitam suam prosequantur Consociationes laicorum quae spiritum vincentianum induunt.

  1. — Inter Provincias foveantur congressus ad melius cognoscenda vocationem missionariorum et methodos actionis pastoralis, quae effi- cacius respondeant concretis rerum personarumque condicionibus et mutationibus.
  2. — § 1. Ad Provincias pertinet, pro rerum adiunctis, condere nor- mas ad actionem socialem spectantes, et concreta determinare media quibus iustitiae socialis adventus festinetur.

§ 2. Cooperationem insuper praestabunt sodales, pro locorum et temporum adiunctis, consociationibus iuribus humanis defendendis atque iustitiae et paci fovendis.

  1. — § 1. Inter activitates apostolicas Congregationis numerantur paroeciae, dummodo apostolatus quem ibi exercent sodales, congruat cum fine et natura Instituti nostri, et exiguus pastorum numerus illud expostulet.

§ 2.  Hae paroeciae Congregationis debent esse, magna ex parte,   a pauperibus realiter constitutae, aut adnexae Seminariis ubi confra- tres formationem pastoralem tradunt.

  1. — § 1. Magnum momentum educationis tam pro iuvenibus quam pro adultis agnoscentes, docendi et educandi numus, ubi opus sit ad finem Congregationis assequendum, assument sodales.

§ 2. Huiusmodi autem munus aggrediendum est non solum in scholis cuiusvis generis, sed et in familiis, in locis laboris, immo in universo ambitu societatis, ubi iuvenes et adulti versantur.

§ 3. Scholae, Collegia, et Universitates, pro locorum adiunctis, pauperes recipiant ad eorum promotionem fovendam. Affirmando  vero valorem educationis christianae et formationem socialem chri- stianam tradendo, sensus pauperis alumnis insinuetur, iuxta spiritum Fundatoris.

  1. — Inter media quibus Congregatio utitur in opere evangeliza- tionis congrua pars tribuatur mediis technicis comunicationis socialis, ad verbum salutis latius efficaciusque diffundendum.

 

 

CAPUT II

De vita communitaria (a. 19-27)

 

  1. — Confratres aegrotantes et senio affecti vel in aliqua necessi- tate versantes, cum Christo patiente specialiter coniuncti, nostrum evangelizationis opus participant. Peramanter contendemus illis adesse. Si impossibile fiat eos excipere in eadem domo ubi suum ministerium expleverunt, Visitator cum suo Consilio congruentem deliberationem assumet, attentis variis opportunitatibus et audito confratre curis egente.
  2. — § 1. Confratres qui soli vivere coguntur, in muneribus a Con- gregatione sibi concreditis, curabunt aliquas partes temporis in com- muni impendere, ut bonum communitatis experiantur. Nos vero eis propinqui erimus ad eorum solitudinem sublevandam eosque sollicite invitabimus ut aliquoties vitam fraternam et apostolicam simul condi- vidamus.

§ 2. Confratres vero difficultatibus laborantes fraterno et tempe- stivo animo adiuvare contendemus.

  1. — § 1. Officia erga parentes fideliter exsequemur, servata mode- ratione quae necessaria est ad implendam nostram missionem et ad vitam communitariam servandam.

§ 2. Aperto animo excipere studebimus in domibus nostris con- fratres, sacerdotes et alios hospites.

§ 3. Liberaliter tractabimus indigentes, a nobis petentes auxilium, conando corum angustias expedire.

§ 4. Fraternam conversationem ad eos omnes qui nobis in vita et labore associantur, libenter extendemus.

  1. — Commune propositum, quod unaquaeque communitas sibi conficit initio, quantum fieri potest, anni laboris, simul amplectatur: activitatem apostolicam, orationem, usum bonorum, testimonium christianum in loco laboris, formationem continuam, tempora consi- derationis in commune peragendae, tempus necesarium relaxationis et studii, ordinem diei. Quae omnia examini periodico subicientur.

 

 

CAPUT III

De castitate, paupertate, oboedientia et stabilitate (a. 28-39)

 

  1. — § 1. Conventus provincialis accommodet normas circa pra- xim paupertatis, iuxta Constitutiones et iuxta spiritum Regularum Communium et Statuti Fundamentalis Paupertatis Congregationi ab Alexandro VII dati (« Alias Nos supplicationibus »).

§ 2. Singulae Provinciae et communitates locales, attentis diversis locorum et rerum adiunctis, modum servandi evangelicam pauperta- tem exquirant, et circa ipsum periodicum examen instituant, pro certo habentes paupertatem esse, non tantum propugnaculum Communita- tis (cf. RC III, 1), sed etiam condicionem renovationis et signum pro- gressus nostrae vocationis in Eccleia et in mundo.

  1. — Provinciae, Communitates locales et singuli sodales serio insistere debent in voto stabilitatis profundius perpendendo, cum id respiciat donum summum suipsius ad sequendum Christum pauperi- bus evangelizantem et fidelitatem permanendi toto vitae tempore in Congregatione Missionis.

 

 

CAPUT IV

De oratione (a. 40-50)

 

  1. — Pietatis actus in Congregatione traditos fideliter implebimus, iuxta propositum commune, praecipue vero Sacrae Scripturae lectio- nem, praesertim Novi Testamenti, SS. Eucharistiae cultum, orationem mentalem in communi persolvedam, examen conscientiae, lectionem spiritualem, spiritualia inter annum exercitia, necnon praxim directio- nis spiritualis.

 

CAPUT V

De sodalibus

 

  1. De admissione in Congregationem (a. 53-58)
  1. — § 1. Seminarium Internum pro unoquoque sodali incipit cum a Directore vel ab eius vices gerente receptus declaratur iuxta Normas Provinciales.

§ 2. Congregatio, tempore opportuno, cautiones validas, si neces- sariae sint, etiam in foro civili, assumet ut iura tum sodalis tum Con- gregationis debite serventur, in casu quo sodalis sponte egrediatur aut dimittatur.

  1. — Bona Proposita emittuntur in Congregatione Missionis secundum formulam directam vel declarativam:
  1. Formula directa: Domine, Deus meus, ego, NN., propono me evangelizationi pauperum toto vitae tempore in Congregatione Missio- nis fideliter dedicaturum in sequela Christi evangelizantis. Ideoque propono me castitatem, paupertatem et oboedientiam iuxta Instituti nostri Constitutiones et Satuta servaturum, gratia tua adiuvante.
  2. Formula declarativa: Ego, NN., propono me evangelizationi pauperum toto vitae tempore in Congregatione Missionis fideliter dedicaturum in sequela Christi evangelizantis. Ideoque propono me castitatem, paupertatem et oboedientiam iuxta Instituti nostri Consti- tutiones et Statuta servaturum, gratia Dei adiuvante.
  1. — § 1. Emissio Bonorum Propositorum, presente Superiore vel sodali ab ipso designato fieri debet.

§ 2. Ulteriores determinationes quoad Bonorum Propositorum emissionem vel renovationem, et aliquam formam temporariae vincu- lationis forsan addendam, necnon quoad iura et obligationes quibus sodales fruuntur a sua in Congregationem admissione usque ad suam incorporationem in ipsam, a Conventu uniuscuiusque Provinciae sta- tuantur.

  1. — Ulteriores determinationes quoad tempus emissionis Voto- rum, ad Conventum Provincialem uniuscuiusque Provinciae pertinent.
  2. — In peculiaribus adiunctis, Conventus Provincialis approba- tioni Superioris Generalis, de consensu sui Consilii, propriam formu- lam tam pro emissione Bonorum Propositorum, quam pro emissione Votorum proponere potest, conservando tamen elementa essentialia formularum fixarum.
  1. De iuribus et obligationibus sodalium (a. 59-64)
  1. — Carent iure vocis activae et passivae:
  1. Qui ex indulto vivunt extra Congregationem, iuxta ius pro- prium Congregationis et clausulam in ipso indulto appositam;
  2. Sodales ad Ordinem Episcopatus evecti vel tantum renuntiati, durante munere, et etiam expleto munere, nisi ad vitam communita- riam redierint;
  3. Vicarii, Praefecti et Administratores Apostolici, quamvis non Episcopi, durante munere, nisi simul sint Superiores alicuius domus Congregationis.
  1. — § 1. Praeter eos, qui enumerantur in cann. 171 § 1 nn. 3-4; 1336 § 1 n. 2 Codicis Iuris Canonici et in a. 70 et 72 § 2 Constitutionum Congregationis Missionis, voce activa et passiva carent etiam sodales, qui – cum ius vocis activae et passivae sive in Congregatione, sive in Provincia, sive in domo exercere debent – quocumque modo non legi- timo absentes sunt; idest:
  1. qui absentes sunt a Congregatione sine debita licentia, cum eorum absentia tempus sex mensium superat;
  2. qui debitam licentiam obtinuerunt, attamen tempore transacto eam renovare non curaverunt;
  3. qui condiciones in licentia extra communitatem residendi sta- tutas non servant (cf. Const. art. 67, § 2);
  4. qui triennium licentiae superaverunt, salvis casibus infirmita- tis, studiorum aut apostolatus nomine Congregationis persol- vendi (cf. Const. art. 67, § 2).

§ 2. In casibus dubiis Visitator, de consensu sui Consilii, decernit an sodalis voce activa et passiva gaudeat, attente considerando eius condicionem in Provincia, ius proprium Congregationis et Normas Provinciales.

§ 3. Quod dicitur de voce activa et passiva extenditur etiam ad consultationes in iure proprio Congregationis et in Normis Provincia- libus statutas.

  1. — § 1. Unicuique sodali ius est ut in tota Congregatione suffra- gia pro ipso offerantur cum decesserit.

§ 2. Singulis mensibus unusquisque sodalis, iuxta condicionem suam, Missam offerat  pro  vivis  atque  defunctis  totius  vincentia- nae familiae necnon pro parentibus, propinquis et benefactoribus, addendo specialem intentionem pro servando spiritu Congregationis primigenio.

§ 3. Pariter, alteram Missam offerat pro sodalibus totius Congre- gationis mense praecedenti defunctis.

§ 4. Ulteriores determinationes ab unaquaque Provincia sta- tuantur.

  1. — Unicuique sodali Congregationi incorporato ius est ut singu- lis mensibus celebratio aliquarum Missarum secundum propriam intentionem et sine stipe concedatur. Normae circa numerum et modum celebrationis harum Missarum ab unaquaque Provincia sta- tuantur.

 

  1. De adscriptione sodalium alicui Provinciae et Domui (a. 65-67)
  1. — § 1. Superior Generalis, Assistentes, Secretarius et Oecono- mus Generalis et Procurator Generalis apud Sanctam Sedem, Provin- ciam, ad effectus iuridicos, durante munere, non habent.

§ 2. Ceteri sodales suam operam praestantes in officiis Curiae Generalis pertinere ad suas Provincias originis pergunt, adscripti sta- biliter alicui earum domui; addicti sunt tamen ad tempus Curiae, con- ventione habita inter Superiorem Generalem et Visitatorem Provinciae sodalis.

  1. — § 1. Sodalis Congregationis Missionis adscribitur Provinciae pro qua Superiores eum legitime in Congregationem admittunt. Quae Provincia dicitur Provincia originis.

§ 2. Nova sodalis adscriptio acquiritur per destinationem ex una ad aliam Provinciam, a Superioribus legitime factam. Quae Provincia dicitur Provincia destinationis.

  1. — Ut sodalis amittat unam Provinciam et aliam acquirat, salva semper Superioris Generalis auctoritate, exigitur tantum ut Superiores maiores competentes inter se conveniant, audito ipso sodali. Si autem sodalis invitus est, translatio ad aliam Provinciam sine approbatione Superioris Generalis effici non potest.
  2. — Superior Generalis, expleto munere, libere eligat Provinciam.
  3. — § 1. Adscriptio Provinciae destinationis ad tempus indefini- tum vel definitum esse potest.

§ 2. In utroque casu duo Visitatores:

  1. per conventionem scriptam definient iura et obligationes soda- lis et utriusque Provinciae;
  2. translationis documenta conscribent, in tabulario utriusque Provinciae servanda;
  3. Visitator Provinciae, a qua sodalis translatus est, ad Secreta- rium Generalem novae adscriptionis nuntium mittet.

§ 3. Cum de adscriptione temporanea agitur, tempore transacto, sodalis illico ad suam Provinciam originis redit, nisi forte Visitatores,

audito ipso sodali, aliter inter se semper scripto convenerint iuxta Statuta.

  1. — Sodalis adscribitur Domui vel Coetui ad instar Domus per destinationem a legitimo Superiore factam.

 

  1. De egressu et dimissione sodalium (a. 68-76)
  1. — Auctoritas denuo admittendi aliquem in Congregationem pertinet:
  1. ad Superiorem Generalem, audito suo Consilio, pro omnibus;
  2. ad Visitatorem, auditis suo Consilio et Visitatore Provinciae a qua sodalis egressus vel dimissus est, pro iis qui nondum Congregationi incorporati sunt.

 

CAPUT VI

De formatione

I — DE PROMOVENDIS ET FOVENDIS VOCATIONIBUS

 

  1. — Cura de vocationibus promovendis exigit a nobis constantem orationem (Mt 9,37) et authenticum, plenum ac laetum testimonium vitae apostolicae et communitariae, praesertim cum adulescentes et iuvenes nobiscum laborant in missione vincentiana, educantes pro- priam fidem.
  2. — § 1. Provinciae, Domus et singuli Sodales curent de candida- tis ad missionem vincentianam suscitandis.

§ 2. Provinciae autem media aptiora, quibus vocationes promo- veantur ipsisque attendantur, exquirant et propositum provinciale ad id aptum conficiant.

§ 3. Visitator, audito suo Consilio, Promotorem Vocationum nominabit, qui curam de promovendis vocationibus coordinabit in operibus nostris.

  1. — Candidatos, qui Congregationem ingredi cupiunt, optionem vitae christianae, propositum apostolicum et electionem laborandi in communitate vincentiana iam fecisse oportet; aut eos ad haec eligenda progressive iuvari ope actionis pastoralis iuvenilis, vel in Scholis Apo- stolicis, ubi hae habeantur.
  2. — Candidatorum autem formatio, ipsorum aetati conformis, imprimis comprehendat vitam fraternam, Verbi Dei frequentationem, celebrationes liturgicas, actuositatem apostolicam una cum Moderato- ribus perductam, orientationem personalem, studium atque laborem.

II — DE FORMATIONE NOSTRORUM

 

  1. Principia generalia (a. 77-81)
  1. — Praeter formationem communem, pro unoquoque nostro- rum, quantum fieri potest, procuranda est etiam formatio specifica    et professionalis, quae singulos ad opera apostolatus, a Congrega- tione assignata, illisque magis consentanea, efficaciter exercenda aptos reddat.
  2. — § 1. In singulis Provinciis Formationis Ratio habeatur, quae cum principiis hic statutis, cum documentis et normis Ecclesiae et Congregationis Missionis consonet, diversisque locorum adiunctis respondeat.

§ 2. Item Visitator statuat Commissionem Formationis, cuius erit Rationem Formationis praeparare et renovare, atque ea omnia tractare, quae ad processum institutionis attinent.

  1. — Singulae Provinciae, ope Commissionis Formationis, tam communitariam quam individualem formationem continuam ordinent et foveant.

 

  1. De Seminario Interno (a. 82-86)
  1. — Seminarium Internum, iuxta necessitates, provinciale vel interprovinciale esse potest. In utroque casu peragi potest in una vel in pluribus domibus Congregationis, selectis a Visitatore vel a Visita- toribus, quorum interest, consentientibus eorum Consiliis.
  2. — Peculiaribus in adiunctis, et attenta maturitate humana et christiana candidatorum, opportunae aptationes a Visitatore statui possunt.

 

  1. De Seminario Maiore (a. 87-90)
  1. — § 1. Domus Seminarii Maioris, prout necessitas postulat, potest esse vel singulis Provinciis propria vel pluribus communis.

§ 2. Alumni nostri possunt ad aliam Provinciam vel ad Institutum rite approbatum mitti, ut ibi studiorum ecclesiasticorum curriculum peragant. Hoc tamen in casu caveatur, ut ipsi vitam communem, iuxta Congregationis morem, ducant, et convenientem formationem vincen- tianam recipiant.

§ 3. In Domibus formationis vita familiaris floreat, et fraternitas inter sodales eiusdem Provinciae praeparetur; si autem alumni multi

sint, apta ratione in coetus minores distribui possunt, quo singulorum formationi personali melius provideatur.

  1. — Durante processu formationis Visitator, auditis Moderatori- bus et suo Consilio, intermissions studiorum et licentiam manendi extra domum formationis alumnis, iusta de causa, concedere potest.
  2. — Foveatur mutua cognitio inter alumnos e diversis Congrega- tionis Provinciis.

 

  1. De Fratrum formatione (a. 91-92)

48. — Specialis Fratrum institutio culturalis et technica, opportune fiat legitimo curriculo studiorum, ut titulum seu diploma congruens acquirant.

 

  1. De Moderatoribus et Magistris (a. 93-95)
  1. — Seminarium Maius, qua centrum formationis, adiumentum praestet sodalibus in diversis operibus laborantibus, ipsi autem Mode- ratores et Magistri opera apostolatus exerceant.
  2. — Curandum est ut in domibus formationis habeantur, prout necessitas postulat, confratres idonei, qui confessarii et directoris spi- ritus muneribus fungantur.

 

 

 DE ORGANIZATIONE

SECTIO I

DE REGIMINE

 

CAPUT I

De administratione centrali

 

  1. De Superiore Generali (a. 101-107)
  1. — Praeter facultates ipsi a iure universali vel ex speciali conces- sione datas, Superioris Generalis est:
  1. eamdem facultatem quam habet pro Provinciis, relate ad Vice- provincias exercere;
  2. salvo iure visitationem canonicam peragendi, si casus ferat, adire semel saltem durante munere, per se vel per alium, Provincias  et Viceprovincias, ut illas animet et de ipsarum sodaliumque statu certior fiat;
  3. a) de consensu sui Consilii et iis consultis quorum interest, missiones recipere a Sede Apostolica vel ab Ordinariis loco- rum Congregationi propositas, eas sub sua iurisdictione servando aut eas alicui Provinciae vel coetui Provincia- rum committendo; ab illis recedere quae ipsi commissae fuerant,

b) de consensu sui Consilii et auditis iis quorum interest, coe- tus missionarios constituere sub sua iurisdictione vel eos cuidam Provinciae vel coetui Provinciarum committere;

  1. concedere Visitatoribus facultatem acceptandi vel resignandi missiones ab Ordinariis locorum concessas extra territorium cuiusvis Provinciae Congregationis;
  2. de consensu sui Consilii, auditisque Visitatoribus et Vicevisi- tatoribus, tempore opportuno, ante celebrationem Conventus Genera- lis, Commissionem Praeparatoriam nominare;
  3. quam primum ea omnia, quae a Conventu Generali decreta sunt, promulgare;
  4. de consensu sui Consilii, contractus maioris momenti, servatis de iure servandis, inire;
  5. gravi de causa, de consensu sui Consilii, et auditis Provinciae Visitatore, Consultoribus et, si tempus suppetat, quamplurimis sodali- bus, regimen alicuius Provinciae ad breve tempus assumere per admi-

nistratorem, cum facultatibus ab ipso Superiore Generali delegatis, exercendum;

  1. de consensu sui Consilii et auditis Visitatoribus sodalibusque quorum interest, transferre sodales ab una Provincia in aliam;
  2. sodalibus e Congregatione legitime separatis, suffragia con- cedere, pro defunctis nostris consueta;
  3. de consensu sui Consilii, in casibus particularibus ac iusta de causa, a Statutis et Decretis Conventus Generalis dispensare;
  4. de consensu sui Consilii et consultis Visitatoribus quorum interest, Directores Filiarum Caritatis nominare 1;
  5. benefactoribus atque amicis Congregationis affiliationem concedere, bona spiritualia quae ad ipsos spectant, indicando;
  6. de consensu sui Consilii, Provincias hortari ad participandas activitates missionarias internationales (operae – munera);
  7. de consensu sui Consilii et auditis partibus quarum interest, Regiones constituere extra fines Provinciarum et Regiones approbare a Visitatoribus erectas;
  8. de consensu sui Consilii, Statutum cuiusque Conferentiae Visitatorum approbare;
  9. laborem Consilii Generalis et Assistentium Generalium munera ordinare.
  1. — Superior Generalis Romae domicilium habet. Illud ne mutet, nisi consentiente Conventu Generali et consulta Sancta Sede.
  2. — Ordinationes generales a Superiore Generali conditae vigent usque ad sequentem Conventum Generalem, nisi ab ipso Superiore Generali vel ab eius successore aliter provisum fuerit.
  3. — Visitatores, Superiores aliique officiales Congregationis, nec- non Directores provinciales Filiarum Caritatis, expleto sui muneris tempore, boni ordinis causa, in officio pergunt donec a successoribus substituantur.

 

  1. De Vicario Generali (a. 108-114)
  1. — § 1. Vicarius Generalis ab officio cessat:
  1. per acceptationem officii a successore factam;
  2. per renuntiationem a Conventu Generali vel a Sancta Sede acceptatam;
  3. per depositionem a Sancta Sede decretam.

 

 

1 Superior Generalis in Filias Caritatis exercet auctoritatem, a Sancta Sede concessam, et in ipsarum Constitutionibus explanatam.

§ 2. Si Vicarius Generalis manifeste indignus vel ineptus factus fuerit ad munus suum implendum, Superioris Generalis erit, cum suo Consilio, excluso ipso Vicario Generali, de re iudicare et certiorem facere Sanctam Sedem, cuius mandatis standum erit.

  1. — Vicarius Generalis, qui ut Superior Generalis regimen Con- gregationis assumpserit, expleto sexennio, immediate in Superiorem Generalem eligi potest, et denuo eligi.

 

  1. De Assistentibus Generalibus (a. 115-118)
  1. — Firmo stante principio quod in Constitutionibus art. 116 § 2 enuntiatur:

§ 1. Assistentes Generales eliguntur ex diversis Provinciis et ratione habita, quantum fieri potest, diversi generis culturarum in Congregatione praesentium.

§ 2. Numerus Assistentium Generalium a Conventu determinatur.

  1. — Assistentes in eadem domo qua Superior Generalis residere debent. Ad Consilium autem Generale constituendum, praeter Supe- riorem Generalem aut Vicarium Generalem, duo saltem Assistentes praesentes sint oportet.
  2. — Absentibus tamen, iusta de causa Assistentibus Generalibus, ita ut numerus requisitus pro  Consilio  deficiat,  Superior  Generalis ad ipsum Consilium, cum iure suffragii, vocare potest unum ex Offi- cialibus Curiae Generalis, hoc ordine: Secretarium Generalem, Oeco- nomum Generalem, aut Procuratorem Generalem apud Sanctam Sedem.
  3. — Assistentes Generales ab officio cessant:
  1. per acceptationem officii a successoribus factam;
  2. per renuntiationem a Superiore Generali, de consensu aliorum Assistentium vel a Conventu Generali acceptatam;
  3. per depositionem a Superiore Generali, de consensu aliorum Assistentium, decretam, accedente beneplacito Sanctae Sedis.

 

  1. De Officialibus Curiae Generalis (a. 119)
  1. — § 1. Secretarius Generalis:
  1. Superiori Generali ministrat in iis quae scribenda sunt pro tota Congregatione;
  2. ex munere interest Consilio Generali, sed sine suffragio, ad eiusdem acta conficienda;
  1. Superiori Generali proponere potest nomina confratrum qui, ad norman iuris proprii ab eo nominentur tamquam coopera- tores, sub directione sua, ad archivum ordinandum, ad publi- cationes edendas et ad litteras scribendas.

§ 2. Si Secretarius Generalis impeditus fuerit ab officio implendo, Superioris Generalis est nominare pro tempore unum ex Assistentibus vel Officialibus vel cooperatoribus, qui eius vices gerat.

  1. — § 1. Oeconomus Generalis, ratione officii, bona Congregatio- nis et alia bona Curiae Generali concredita, administrat, sub modera- tione Superioris Generalis cum suo Consilio, ad normam iuris universalis et proprii.

§ 2. — Annuente Superiore Generali, visitat Oeconomos Provin- ciales, immo particularibus in adiunctis, Oeconomos Domorum vel administratores operum maioris momenti.

  1. — § 1. Procuratoris Generalis apud Sanctam Sedem est:
  1. postulationes circa facultates ordinarias a Sancta Sede obti- nendas curare;
  2. de consensu Superioris Generalis, et auditis Visitatoribus quo- rum interest, tractare apud Sanctam Sedem negotia Congre- gationis, Provinciarum, Domorum et sodalium.

§ 2. Procurator Generalis apud Sanctam Sedem, de mandato scriptis dato Superioris Generalis officio Postulatoris Generalis Con- gregationis fungi potest in Curia Romana, ad normam iuris.

 

 

CAPUT II

De administratione provinciali, regionali et locali

 

  1. De Provinciis et Viceprovinciis (a. 120-122)
  1. — Etsi unaquaeque Provincia territorialibus limitibus circum- scribitur, nihil impedit quin alicuius Provinciae Domus adsit in alterius Provinciae territorio, ad normam art. 107, 7º Constitutionum.
  2. — § 1. Viceprovincia est plurium Domorum inter se coniunctio, territorialibus limitibus circumscripta, quae, iuxta conventionem ini- tam cum aliqua Provincia, ab ea dependet, et cum ea quoddam totum efformat, cui praeest Vicevisitator, potestate ordinaria propria, ad nor- mam iuris universalis et proprii.

§ 2. Potest etiam constitui Viceprovincia quae a nulla Provincia plene constituta, sed directe a potestate Superioris Generalis pendeat, cui praeest Vicevisitator potestate ordinaria propria.

§ 3. Viceprovincia, natura sua, est transitoria, et in Provinciam convertitur cum condiciones requisitae habeantur.

§ 4. Quod in Constitutionibus et Statutis Congregationis dicitur de Provincia, valet, positis ponendis, etiam de Viceprovincia, nisi aliter expresse caveatur in ipsis Constitutionibus et Statutis, vel in Normis   et conventionibus cuiusque Viceprovinciae.

  1. — § 1. Divisa Provincia, ita ut distincta Provincia erigatur, etiam bona omnia quae in commodum Provinciae erant destinata et aes alienum quod pro Provincia contractum fuerat, a Superiore Gene- rali cum suo Consiiio, debita proportione, ex bono et aequo, dividi debent, salvis piorum fundatorum seu offerentium voluntatibus, iuri- bus legitimis quaesitis, ac normis propriis quibus Provincia regitur.

§ 2. Divisio archivi Provinciae matris reservatur decisioni Supe- rioris Generalis, auditis prius Visitatoribus quorum interest.

 

  1. De Visitatore et Vicevisitatore (a. 123-125)
  1. — Quod in Constitutionibus et Statutis dicitur de Visitatore valet etiam de Vicevisitatore, nisi aliter expresse caveatur in ipsis Con- stitutionibus et Statutis, vel in Normis et conventionibus cuiusque Viceprovinciae.
  2. — § 1. Visitator nominatur ad sexennium a Superiore Generali, de consensu sui Consilii, consultis saltem sodalibus Provinciae vocem activam habentibus. Eodem modo, iisdem condicionibus, Visitator semel a Superiore Generali confirmari potest ad triennium.

§ 2. Modus et circumstantiae consultationis determinari possunt a Conventu Provinciali, cum approbatione Superioris Generalis de con- sensu sui Consilii.

§ 3. Conventus provincialis proponere potest approbationi Supe- rioris Generalis, de consensu sui Consilii, modum proprium elec- tionis Visitatoris. Huiusmodi vero electio has saltem condiciones habere debet:

  1. mandatum sit saltem ad triennium, sed non ultra sexen- nium;
  2. Visitator electus non permaneat in officio ultra novem annos continuos;
  3. in primo et secundo scrutinio requiratur maioritas absoluta, demptis schedis nullis; in tertio autem scrutinio gaudeant voce passiva duo tantum, qui in secundo scrutinio obtinuerint maiorem numerum votorum, etiamsi sunt aequalia;
  4. in casu paritatis votorum, electus retineatur senior vocatione vel aetate.

§ 4. Ut electus, vel reelectus, Visitatoris munus assumat, requiri- tur confirmatio Superioris Generalis, de consensu sui Consilii.

  1. — Visitatoris est:
  1. propositum Provinciale condere, iuxta Normas Provinciales et de consensu sui Consilii;
  2. de consensu sui Consilii et consulto Superiore Generali, serva- tis de iure servandis, opus maius alicuius Domus constituere et sup- primere;
  3. audito suo Consilio et consultis, quantum fieri potest, iis quo- rum interest, sodales singulis Domibus, pro ipsarum necessitate, assi- gnare; in casibus tamen urgentioribus, Visitator tenetur sum Consilium saltem certius facere;
  4. de consensu sui Consilii nominare, iuxta Normas Provinciales, Oeconomum provincialem et Directorem Seminarii Interni et Semi- narii Maioris;
  5. approbare Propositum commune Domorum a Superiore locali cum sua communitate praeparatum;
  6. relationes mittere ad Superiorem Generalem de rebus Provin- ciae, et de visitationibus Domorum ex officio peractis;
  7. de consensu sui Consilii, contractus necessarios et utiles inire, ad normam iuris universalis et proprii;
  8. audito suo Consilio, tempore opportuno, Commissionem prae- paratoriam Conventus Provincialis nominare;
  9. gaudere praerogativa dirimendi paritatem suffragiorum, ad normam iuris;
  10. Superiorem Generalem quam primum certiorem facere de emissis Votis a sodalibus deque eorum incorporatione in Congregatio- nem, et de Ordinibus ab illis susceptis;
  11. per se vel per alios idoneos curam habere de archivo pro- vinciali;
  12. approbare sodales et ipsis conferre iurisdictionem ad soda- lium confessiones, necnon, salvo iure Ordinarii, ad sacram Verbi Dei praedicationem, easdemque facultates aliis delegare;
  13. de consensu sui Consilii, iusta de causa, dispensare a Normis provincialibus in casibus particularibus;
  14. curam gerere Confratrum in adiunctis anomalis versantium et ad normam illos reducere.
  1. — Vicevisitator eadem iura,  facultates  et  obligationes  habet  ac Visitator, nisi aliter in ipsis Constitutionibus et Statutis expresse caveatur.
  1. — Ordinationes Visitatoris vigent usque ad sequentem Conven- tum Provincialem, nisi ab ipso Visitatore vel eius successore aliter provisum fuerit.
  2. — § 1. Vacante officio Visitatoris, regimen Provinciae ad tem- pus cedit Assistenti Visitatoris; si vero Assistens non habeatur, Consul- tori Provinciali antiquiori ratione institutionis, vocationis vel aetatis, nisi a Superiore Generali aliter provisum fuerit.

§ 2. Conventus Provincialis proponere potest approbationi Supe- rioris Generalis, de Consensu eius Consilii, modum proprium provi- dendi regimini Provinciae ad tempus, adveniente morte Visitatoris, aut eius cessatione ab officio.

 

  1. De Assistente Visitatoris (art. 126)

73. — § 1. Assistens Visitatoris est unus ex Consultoribus Provin- cialibus, et eligitur ab ipsis Consultoribus cum Visitatore, nisi a Con- ventu Provinciali aliter provisum fuerit.

§ 2. Absente Visitatore, Assistens eiusdem auctoritatem habet, exceptis iis quae sibi Visitator reservaverit.

§ 3. Impedito Visitatore, Assistens illum supplet pleno iure, usque ad impedimenti cessationem. De impedimento autem Consilium Pro- vinciale, sine Visitatore, iudicat, et quam primum Superiorem Genera- lem certiorem facit, cuius mandatis standum erit.

 

  1. De Consilio Visitatoris (art. 127)

74. — § 1. Consultores nominantur ad triennium a Visitatore, con- sultis saltem sodalibus Provinciae vocem activam habentibus. Eodem modo iisdemque condicionibus, Consultores confirmari possunt ad secundum et ad tertium triennium, non autem ad quartum.

§ 2. Conventus Provincialis proponere potest approbationi Supe- rioris Generalis, de consensu eius Consilii, modum proprium designa- tionis vel electionis Consultorum, necnon eorumdem numerum, tempus nominationis et durationis in officio. De Consultorum designatione, Visitator certiorem facere debet Superiorem Generalem.

§ 3. Consultor Provincialis, gravi de causa, ab officio removeri potest a Superiore Generali, proponente Visitatore, de consensu reli- quorum Consultorum.

§ 4. Quod dicitur de Assistente Provinciali in art. 73, § 2 et § 3, valet etiam de Consultore Provinciali antiquiore ratione institutionis, vocationis vel aetatis, ubi Assistens Provincialis non habeatur, nisi aliter in Normis Provincialibus statutum fuerit.

  1. De Oeconomo Provinciali (art. 128)
  1. — Oeconomus nominatur a Visitatore de consensu sui Consilii, vel alio modo in Normis Provincialibus statuto.
  2. — Si Oeconomus Provincialis non est Consultor, interest Con- silio Provinciali cum vocatus fuerit a Visitatore, sed sine suffragio.
  3. — Oeconomi Provincialis est:
  1. curare ut bona Provinciae recte in foro ecclesiastico et civili possideantur;
  2. consilio et opera adiuvare Oeconomos Domorum ad munus implendum, eorumque administrationi invigilare;
  3. curare ut unaquaeque Domus solvat summam assignatam pro expensis Provinciae et, suo tempore, mittere ad Oeconomum Genera- lem taxam pro fundo generali;
  4. curare ut iusta merces Congregationis operariis solvatur et accurate serventur leges civiles de tributis et de securitate sociali;
  5. semper ordine servare varia regesta expensarum et redituum, necnon alia documenta;
  6. rationem reddere Visitatori eiusque Consilio de sua admini- stratione, ad normam art. 103.

 

  1. De Regionibus

78. — § 1. Regio est territorium, in quo una saltem domus extat, quae ad aliquam Provinciam pertinet vel directe a Superiore Generali dependet.

§ 2. Regio erigitur a Superiore Generali cum suo Consilio vel a Visitatore cum suo Consilio. Committitur Superiori Regionali.

§ 3. Superior Regionalis gaudet facultatibus delegatis a Superiore Generali vel a Visitatore, ea mente ut faveatur progressioni missionis propriae Congregationis.

§ 4. Si Superior Regionalis nominatur a Visitatore cum suo Con- silio, nominatio eget confirmatione Superioris Generalis con suo Con- silio (cf. Const. 125, 5º).

§ 5. Regio constituitur conventione scripta, quae definiat faculta- tes delegatas et mutua onera inter Superiorem Generalem aut Visita- torem et Superiorem regionalem.

§ 6. Regio constitui potest sive ad  tuendam  suam  autono- miam, qua inde Vice-Provincia vel Provincia evadat, sive eo quod Vice-Provincia aut Provincia  nequeat  propriam  autonomiam  servare.

§ 7. Ut Regio erigi possit in Vice-Provinciam aut Vice-Provincia in Provinciam, opus est ut Regio vel Vice-Provincia concretam habeat spem Vocationes habendi et solidum fundamentum oeconomicum con- gruens ad sustentandas Missiones et sodales.

 

  1. De Visitatorum Conferentiis

79. — § 1. Ad favendam cooperationem inter Provincias quoad Mis- sionem, communicationem et formationem, Visitatores Conferentias Visitatorum constituere debent.

§ 2. Huiusmodi Conferentiae tueantur semper Congregationis unitatem, Provinciarum autonomiam et principia subsidiaritatis et cor- responsabilitatis.

§ 3. Uniuscuiusque Conferentiae Visitatorum est proprium Statu- tum redigere et Superiori Generali cum suo Consilio approbandum proponere.

 

  1. De Officiis in administratione locali (a. 129-134)
  1. — Superioris localis ius et officium est:
  1. Visitatorem certiorem facere de statu Domus sibi concreditae;
  2. munera et officia, quorum attributio Superioribus maioribus non reservatur, sodalibus Domus committere;
  3. Conventum domesticum convocare et dirigere;
  4. una cum sua communitate Propositum commune suae Domus praeparare et approbationi Visitatoris proponere;
  5. habere archivum et sigillum Domus;
  6. Sodalibus notificare decreta et notitias Congregationis;
  7. curare ut onera Missarum adimpleantur.
  1. — § 1. Superior localis Domum administrat cooperantibus omnibus sodalibus, praesertim Assistente et Oeconomo, qui nominan- tur iuxta Normas Provinciales.

§ 2. Assistens, absente Superiore, totum illius officium exercet, iuxta normas a iure proprio stabilitas.

§ 3. Coadunationes sodalium communitatis ad instar Consilii fre- quenter habeantur.

 

CAPUT III

De Conventibus

 

  1. De Conventibus in genere (a. 135-136)
  1. — Superiores et sodales Conventus praeparent, eosque actuose participent; fideliter tandem servent leges et normas ab ipsis traditas.
  2. —  § 1.  In electionibus requiruntur saltem tres  scrutatores.

§ 2. Ex iure sunt scrutatores, simul cum praeside et cum secreta- rio post eius electionem, duo aetate iuniores e membris Conventus.

§ 3. Initio Conventus proceditur ad electionem secretarii, cuius est:

  1. primi scrutatoris munus implere;
  2. relationes sessionum earumque documenta conficere.
  1. — Ante Conventum et eo perdurante, fovenda est libera commu- nicatio notitiarum circa res determinandas et qualitates eligendorum.
  2. — Expleta negotiorum tractatione, acta Conventus a congrega- tis approbata subscribenda sunt a Praeside Conventus, ab eiusdem Secretario et ab omnibus congregatis ac, sigillo munita, in tabulario diligenter servanda sunt.

 

  1. De Conventu Generali (a. 137-142)
  1. — Conventus Generalis gaudet iure faciendi Declarationes quae habent vim doctrinalem et indolem exhortationis.
  2. — § 1. Conventus Generalis ordinarius sexto recurrente anno post ultimum Conventum Generalem ordinarium celebrandus est.

§ 2. Conventus Generalis extraordinarius celebrator quotiescu- mque Superior Generalis, de consensu sui Consilii et auditis Visitato- ribus, censuerit illum esse celebrandum.

§ 3. Celebrationem Conventus Generalis praecedere debent Con- ventus Provinciales.

  1. — § 1. De tempore et loco Conventus Generalis celebrandi, Superior Generalis, de consensu sui Consilii, decernet.

§ 2. Sexto tamen recurrente anno, iusta de causa, celebratio Con- ventus poterit, decreto Superioris Generalis de consensu sui Consilii, ad sex menses anticipari vel retardari a die incepti praecendentis Con- ventus Generalis ordinarii.

  1. — § 1. Superior Generalis, Vicarius et Assistentes Generales, exeuntes ab officio, remanent membra Conventus in subsequentibus eiusdem Conventus sessionibus.

§ 2. Praeter eos qui, ad normam Constitutionum, Conventui Gene- rali ex officio interesse debent, aderit unus deputatus pro singulis Pro- vinciis et Viceprovinciis pro primis centum sodalibus vocem activam habentibus; si autem sodales vocem activam habentes plures quam centum sunt, habebitur alius deputatus pro quavis eorum septuagena quina parte et reliqua portione. Numerus deputatorum ad Conventum Generalem computandus est iuxta numerum sodalium vocem activam habentium die electionis deputatorum in Conventu Provinciali.

§ 3. Vacante officio Visitatoris, ille qui interim regimen Provinciae tenet ad Conventum Generalem pergit. Si Visitator legitime impediatur quominus ad Conventum Generalem se conferat, eius loco pergit qui eum in officio supplet. Si autem hic electus fuerit in deputatum, primus substitutus ad conventum Generalem pergit.

  1. — § 1. Superior Generalis cum suo Consilio curabit ut, si nullus Frater electus sit in deputatum ad Conventum Generalem, praesentia Fratrum in illo non desit.

§ 2. Superior Generalis cum suo Consilio provideat ut solvantur casus in quibus fieri nequeat legitima deputatorum electio ad Conven- tum Generalem, quorum tamen praesentia magni momenti retineatur.

  1. — § 1. Ante Conventus Generalis convocationem, tempore opportuno, Superior Generalis, cum suo Consilio, auditis Visitatoribus et attentis diversis regionibus et operibus, nominat Commissionem Praeparatoriam.

§ 2. Relicta Superiori Generali cum suo Consilio ampla facultate ordinandi, pro opportunitate, Commissionis Praeparatoriae labores, eiusdem Commissionis munera esse possunt:

  1. quaerere a Provinciis et a singulis sodalibus quaenam proble- mata eorum iudicio sint urgentiora, et quanam methodo in Conventu Generali sint tractanda;
  2. acceptis responsionibus, argumenta, pro necessitate, urgen- tiora ac universaliora seligere, studia parare et fontes colligere, eaque omnia, congruo tempore, ante Conventuum Domestico- rum celebrationem, Visitatoribus mittere;
  3. proposita seu postulata Conventuum Provincialium et studia a Provinciis facta necnon postulata a Superiore Generali, audito suo Consilio, proposita recipere;
  4. omnia in ordinem adducere, et ex eis documentum laboris conficere, et omnia ita tempestive mittere, ut membra Conven- tus et substituti prae manibus ea habere possint duobus inte- gris mensibus ante Conventus Generalis initium.

§ 3. Incepta celebratione Conventus, munus huius Commissionis cessat; eius tamen praeses, per se vel per alium, si opportunum visum fuerit, expositionem facit de ratione agendi Commissionis.

  1. — § 1. Die electionis Superioris Generalis, electores  Sacrum  Deo offerent pro felici electione et, post brevem exhortationem, hora statuta, sessionem sub Praeside incipient.

§ 2. In schedulis praeparatis, electores inscribent nomen illius quem elegerint in Superiorem Generalem.

§ 3. Omnibus schedulis numeratis, si earum numerus excedat eligentium numerum, nihil actum est, et novae schedulae sunt scri- bendae.

  1. — Directorium ab aliquo Conventu approbatum in vigore manet usquedum ab alio Conventu mutetur vel abrogetur.

 

  1. De Conventu Provinciali (a. 143-146)
  1. — Normae, a Conventu Provinciali conditae, sunt regulae generales omnibus casibus in ipsis Normis descriptis  applicandae.  Hae Normae tamen non attingunt auctoritatem Visitatoris, prouti haec in iure universali vel proprio describitur, neque eius potestatem execu- tivam ad ipsius officium implendum necessariam. In vigore autem manent usquedum a subsequenti Conventu Provinciali vel a Superiore Generali revocentur.
  2. — Ad Visitatorem, audito Consilio, pertinet dies statuere do- mumque designare in qua celebrari debet Conventus Provincialis.
  3. — Superior Generalis decisionem circa Normas Provinciales Visitatori significabit, intra duos menses ab earum receptione.
  4. — Conventui Provinciali interesse debent, nisi aliud in Normis Provincialibus caveatur, tot deputati electi ex unico collegio provinciali, constante ex omnibus sodalibus voce passiva fruentibus, quot sunt deputati qui ex officio interesse debent, additis uno deputato pro vice- nis quinis (25) sodalibus voce activa fruentibus, et alio pro reliqua eorum parte.
  5. — Electi in deputatos habeantur qui ex unico collegio provin- ciali maiorem numerum suffragiorum obtinuerint, et in casu paritatis seniores vocatione vel aetate; totidem secundum ordinem maioritatis suffragiorum sunt substituti.
  6. — Si Superior Domus impediatur quominus pergat ad Conven- tum Provincialem, Assistens Domus eius loco perget. Si vero Assistens electus fuerit in deputatum, alius ipsi sufficiatur ex elencho substi- tutorum.
  7. — Conventus Provincialis proponere potest approbationi Superioris Generalis, de consensu sui Consilii, modum proprium repraesentationis in Conventu Provinciali, ita tamen ut numerus depu-

tatorum electorum superet numerum eorum qui ex officio Conventui interesse debent.

  1. — Singularum Provinciarum est in Conventu conficere nor- mas proprias procedendi, seu Directorium, intra limites iuris univer- salis et proprii.
  2. — Conventus Provincialis ad electionem deputatorum et sub- stitutorum ad Conventum Generalem procedit in distinctis scrutiniis, ad plura absolute suffragia. Si in primo et secundo scrutinio nemo fuerit electus, in tertio electus habebitur qui maiorem suffragiorum numerum obtinuerit, et in casu paritatis, senior vocatione vel aetate.

 

 

SECTIO II

DE BONIS TEMPORALIBUS (a. 148-155)

 

  1. — Congregatio haec principia assidue meditetur, corde amplectatur et fidenter ac fortiter in usum ducat:
  1. unanimen conatum ad sobrietatem vitae instaurandam, quae, exemplo potius quam verbis, in nomine paupertatis Christi, militat contra aviditatem profluentem e societate abundantiae, et contra cupi- ditatem divitiarum, quae totum fere mundum perdit (cf. RC III, 1);
  2. sollicitudinem effectivam bona sua impendendi ad iustitiam socialem promovendam;
  3. alienationem bonorum, quae superflua sint, in favorem pauperum.
  1. — Aequitate servata, Superior Generalis, de consensu sui Con- silii, ius habet taxam imponendi Provinciis; item, Visitator, de consensu sui Consilii, Domibus suae Provinciae.
  2. — Sub directione et vigilantia Superiorum cum suis Consiliis, administranda sunt bona quae Congregationi, pro gestione tantum, commissa sunt.
  3. — § 1. Oeconomi rationem reddere debent Superioribus, et certiores facere sodales de sua administratione.

§ 2. Exhibita regesta accepti et expensi et relatio de statu patri- monii examinanda erunt a Superiore Generali cum suo Consilio, cum agitur de Oeconomo Generali, semel in anno; a Visitatore cum suo Consilio, cum agitur de Oeconomo Provinciali, bis in anno; a Superiore locali, cum agitur de Oeconomo Domus, singulis mensibus; regesta autem vel relatio subscribentur tantum si exacta reperiantur.

§ 3. Sodales qui administrationem operum specialium habent  tum Provinciae, tum Domus, exhibebunt regesta accepti et expensi Superioribus respectivis, tempore et modo in Normis Provincialibus determinatis.

§ 4. Si autem bona non sint Congregationis propria, sed pro admi- nistratione commissa, eorum regesta, tum ipsorum dominis, tum Supe- rioribus Congregationis, exhiberi debent.

§ 5. Oeconomus Generalis relationem generalem praebeat de sua administratione Visitatoribus in fine uniuscuiusque anni; septimo quo- que anno, Conventui Generali.

§ 6. Visitatores, pro suis Provinciis, computum transmittent Supe- riori Generali post finem anni.

§ 7. Oeconomi Provinciales sodalibus suae Provinciae relationem generalem praebeant de sua administratione necnon de Provinciae patrimonio, iuxta Normas Provinciales.

  1. — Administratores omnes, tam Superiores quam Oeconomi, nequeunt actus administrationis nomine Congregationis ponere, nisi intra limites sui muneris et ad norman iuris. Quare Congregatio, Pro- vincia et Domus respondere debent tantum de actibus administrativis iuxta praefatas normas positis; de ceteris illi respondebunt qui illicitos aut invalidos actus posuerint. Si qua tamen persona iuridica Congre- gationis debita vel obligationes, etiam cum licentia, contraxerit, ipsa   ex suis respondebit.
  2. — § 1. Conventus Generalis statuere potest summam supra quam Superior generalis non potest expensas extraordinarias facere.

§ 2. Visitatores possunt expensas facere secundum Normas a Con- ventu Provinciali datas.

§ 3. Superiores locales possunt expensas facere intra limites a Normis Provincialibus statutos.

  1. — Superiores debita contrahi ne permittant, nisi certo constet, ex consuetis fontibus posse debiti foenus solvi, et intra tempus praevi- sum, per legitimam annui census redemptionem, reddi summam mutuo acceptam.
  2. — § 1. Leges laboris, securitatis et iustitiae pro personis in Domibus et in operibus Congregationis laborantibus, accurate ser- ventur.

§ 2. Superiores maxima cum prudentia agant in accipiendis piis fundationibus, quae per  diuturnum  tempus  obligationes  gignunt. Ne admittantur quae sint perpetuae.

§ 3. Largitiones ex bonis communibus ne dentur, nisi ad normam Constitutionum et Statutorum.

§ 4. In accipiendis bonis quae Congregationi, Provinciae et Domui ex testamento vel donatione proveniunt, servetur voluntas donantis circa eorum dominium et usum.

§ 5. Securitas socialis sodalibus procuretur cura Congregationis aut Episcopi vel aliorum pro quibus illi operam suam praestant. Domus insuper, Provinciae et ipsa Curia Generalis, aequas cautiones sumant a periculis diversi generis.

STATUTA CONGREGATIONIS MISSIONIS

 

 

DE VITA IN CONGREGATIONE

 

CAPUT I

De actuositate apostolica (a. 10-18)        219

CAPUT II

De vita comunitaria (a. 19-27)        221

CAPUT III

De castitate, paupertate, oboedientia et stabilitate (a. 28-39)        .        222

CAPUT IV

De oratione (a. 40-50)        222

CAPUT V

De sodalibus        223

  1. De admissione in Congregationem  (a. 53-58)        223
  2. De  iuribus  et  obligationibus sodalium (a. 59-64)        224
  3. De adscriptione sodalium alicui Provinciae et Domui (a. 65-77)    .        225

5.  De egressu et dimissione sodalium (a. 68-76)        226

CAPUT VI

De formatione        226

  1. – DE PROMOVENDIS ET  FOVENDIS VOCATIONIBUS        226
  2. 227
  1. Principia  generalia (a. 77-81)        227
  2. De Seminario Interno (a. 82-86)        227
  3. De Seminario Maiore (a. 87-90)        227
  4. De Fratrum formatione  (a. 91-92)        228
  5. De Moderatoribus et Magistris (a. 93-95)        228

 

 

DE ORGANIZATIONE

SECTIO I – DE REGIMINE        229

CAPUT I

De Administratione centrali        229

  1. De  Superiore  Generali (a. 101-107)        229
  2. De  Vicario  Generali (a. 108-114)        230
  3. De  Assistentibus  Generalibus (a. 115-118)        231
  4. De Officialibus Curiae Generalis (a. 119)        231

Statuta Congregationis Missionis

245

 

CAPUT II

De administratione provinciali, regionali  et locali        . . . . . .

 

 

232

1. De Provinciis et Viceprovinciis (a. 120-122) . . . . . . . .

232

2. De Visitatore et Vicevisitatore (a. 123-125) . . . . . . . .

233

3.  De  Assistente  Visitatoris (a. 126)        . . . . . . . . . . .

235

4. De Consilio Visitatoris (a. 127) . . . . . . . . . . . .

235

5. De Oeconomo Provinciali (a. 128) . . . . . . . . . . .

236

6.  De Regionibus        . . . . . . . . . . . . . . . . .

236

7. De Visitatorum Conferentiis . . . . . . . . . . . . .

237

8. De Officiis in administratione locali (a. 129-134) . . . . . .

237

CAPUT III

De Conventibus . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

 

238

1.  De  Conventibus  in  genere (a. 135-136)        . . . . . . . . .

238

2. De Conventu Generali (a. 137-142) . . . . . . . . . . .

238

3. De Conventu Provinciali (a. 143-146) . . . . . . . . . .

240

SECTIO II – DE BONIS TEMPORALIBUS (a. 148-155)        . . . . . . . .

 

241

 

APPENDIX

INTERPRETATIO STATUTI FUNDAMENTALIS PAUPERTATIS

 

  1. EA QUAE IN STATUTO CONTINENTUR

In Statuto fundamentali perspici possunt haec elementa normativa:

  1. — Praesupponitur sodales retinere dominium bonorum immobi- lium vel beneficiorum simplicium quae possident vel in futurum pos- sidebunt.
  2. — Sodales tenentur de fructibus suorum bonorum in pia opera disponere. Haec est norma praecipua et positiva, exoriens e vincentiana orientatione qua de nobismetipsis et de nostris bonis disponimus in servitium evangelizationis pauperum; hic est valor evangelicus praecla- rus et praecellens Statuti. Parentum et propinquorum indigentium necessitatibus ante omnia subveniendum est ex officio pietatis et iustitiae.
  3. — Sodales nequeunt retinere fructus. Haec est norma negativa, qua scilicet prohibemur «capitalizare» cumulando fructus et divites effici; oritur e paupertate evangelica quae est paupertas non tantum spiritu sed etiam re.
  4. —  Sodales possunt, cum licentia Superioris, fructus convertere in proprios usus. Haec est norma permissiva: patet enim hic agi de concessione tantum facta, nullo modo de orientatione positiva com- mendata (cf. SV XII, 382).
  5. — Sodales non habent suorum bonorum usum liberum, etiam quatenus a Superioribus dependere debent. Haec norma profluit a dimensione communitaria nostrae paupertatis.

 

  1. EXPLICATIO STATUTI
  1. — Bona immobilia et beneficia simplicia in Statuto consideran- tur quatenus sunt fontes a quibus fructus proveniunt. Quare hodie huiusmodi bonis aequiparari possunt omnia alia bona vere frugifera, et iura percipiendi fructus, secundum communem aestimationem diversorum locorum.
  2. — De bonis mobilibus, quae non sunt fructus provenientes ex bonis frugiferis, nihil dicitur in Statuto; tamen secundum eius spiritum,

Appendix        247

 

illa bona mobilia nequeunt effugere sive norman praecipuam et posi- tivam qua de iis disponere tenemur in servitium evangelizationis pau- perum directe vel mediante communitate, sive alias normas.

  1. — Statutum fundamentale non est unicus fons normarum quibus regitur nostrum votum paupertatis.
  2. — Ad spiritum Statuti fundamentalis melius  cognoscendum,  utile erit considerare alia principia paupertatis vincentianae, v.g.:
  1. nostram dedicationem ad pauperes evangelizandos;
  2. paupertatem spiritu (cf. SV XII, 377-386; RC III, 4, 7);
  3. communitatem bonorum (RC III, 3, 4, 5, 6);
  4. conformationem vitae nostrae cum vita pauperum (cf. RC III, 7);
  5. laboris legem universalem (cf. SV XI, 201 ss.);
  6. fructus laboris bona Communitatis esse;
  7. bona Communitatis consideranda ut patrimonium pauperum; non licere nobis, sive individualiter, sive collective, servare bona impro- ductiva aut non collocata modo quam maxime frugifero ad promotio- nem pauperum;
  8. Communitatem proprietatem bonorum habere, ut ministeria nostra, iuxta necessitatem, gratis obire et pauperibus elargitiones dare possimus (cf. RC III, 2; SV XII, 377-386).

Decreto di promulgazione degli Statuti rinnovati

 

 

Con il consenso  del  mio  Consiglio consegno alla Congregazione della Missione gli Statuti rinnovati ed approvati dall’Assemblea generale 2010.

Il testo ufficiale degli Statuti rinnovati o nuovi è quello in lingua italiana.

 

Roma, 27 settembre 2011

Solennità di San Vincenzo de’ Paoli

 

G. Gregory Gay, C.M.

Superiore generale

Reglas Comunes

COSTITUZIONI E STATUTI
DELLA CONGREGAZIONE
DELLA MISSIONE

PARTE PRIMA

LA VOCAZIONE

C 1. — Il fine della Congregazione della Missione è seguire Cristo che annuncia il Vangelo ai poveri. Questo fine si realizza quando i confratelli e le comunità, fedeli a san Vincenzo:

1° cercano con tutte le forze, di rivestirsi dello spirito di Cristo (RC I, 3), per raggiungere la perfezione conveniente alla loro vocazione (RC XII, 13);

2° attendono all’evangelizzazione dei poveri, soprattutto dei più abbandonati;

3° aiutano i chierici e i laici nella loro formazione, e li guidano a partecipare, in modo più impegnato, all’evangelizzazione dei poveri.

C 2. — Tenendo conto del proprio fine, la Congregazione della Missione, con la mente rivolta al Vangelo e l’attenzione sempre vigile ai segni dei tempi e agli appelli più urgenti della Chiesa, sarà sollecita ad aprire nuove vie e ad impiegare mezzi corrispondenti alle diverse esigenze dei tempi e dei luoghi; inoltre si impegnerà a riesaminare attentamente e a coordinare le sue opere e i suoi ministeri, rimanendo così in stato di continuo rinnovamento.

C 3. — § 1. La Congregazione della Missione è una società clericale di vita apostolica e di diritto pontificio, nella quale i membri perseguono il proprio fine apostolico secondo il patrimonio spirituale trasmesso da san Vincenzo e sancito dalla Chiesa; conducono vita fraterna in comune secondo un proprio stile di vita e tendono alla carità perfetta mediante l’osservanza delle Costituzioni.

§ 2. La Congregazione della Missione, secondo la tradizione che risale a san Vincenzo, esercita il suo apostolato in stretta collaborazione con i vescovi e con il clero diocesano; per questo san Vincenzo affermò spesso che la Congregazione della Missione è secolare, benché goda di una propria autonomia concessale sia dalla legge universale sia dall’esenzione.

§ 3. I membri della Congregazione della Missione, allo scopo di perseguire il fine della stessa Congregazione in modo più efficace e sicuro, emettono i voti di stabilità, castità, povertà e obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti.

C 4. — La Congregazione della Missione, che è formata di chierici e di laici, per poter conseguire, con l’aiuto della grazia di Dio, il fine che si propone, cerca di far proprio il modo di pensare e di sentire di Cristo, anzi lo stesso suo spirito, che risplende in modo mirabile nelle massime evangeliche, come viene spiegato nelle Regole Comuni.

C 5. — Lo spirito della Congregazione è la partecipazione dello spirito di Cristo stesso, come l’ha proposto san Vincenzo: « Mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio » (Lc 4, 18). Perciò « Gesù Cristo è la regola della Missione » e sarà il centro della sua vita e della sua attività (SV XII, 130; SVit X, 448).

C 6. — Lo spirito della Congregazione, dunque, abbraccia quelle disposizioni interiori dell’animo di Cristo, che il Fondatore, fin dagli inizi, raccomandava ai confratelli: amore e rispetto devoto verso il Padre, amore compassionevole e fattivo verso i poveri, docilità alla Provvidenza divina.

C 7. — La Congregazione cerca di esprimere il suo spirito anche nella pratica delle « cinque virtù » derivate da una particolare contemplazione di Cristo: la semplicità, l’umiltà, la mansuetudine, la mortificazione, lo zelo per le anime. Di esse san Vincenzo disse: « La Congregazione avrà somma cura di coltivarle e praticarle, in modo che queste cinque virtù siano come le facoltà dell’anima di tutta la Congregazione, e tutte le azioni di ciascuno di noi ne siano sempre animate » (RC II, 14).

C 8. — Tutti aspireranno ad approfondire sempre più la conoscenza di questo spirito, richiamandosi al Vangelo, all’esempio e all’insegnamento di san Vincenzo, consapevoli che il nostro spirito e il nostro ministero devono trarre alimento l’uno dall’altro.

C 9. — La nostra vocazione inoltre – cioè il fine, la natura e lo spirito – deve ispirare e dirigere la vita e l’organizzazione della Congregazione.

PARTE SECONDA

LA VITA NELLA CONGREGAZIONE

Capitolo I
L’attività apostolica

C 10. — La Congregazione della Missione, fin dai tempi del Fondatore e seguendo la sua ispirazione, si riconosce chiamata da Dio ad attendere all’evangelizzazione dei poveri.

Insieme con tutta la Chiesa, può affermare di se stessa, a titolo del tutto particolare, che il mandato di evangelizzare è per lei la grazia e la vocazione sua propria, l’espressione della sua identità più profonda (cf. EN 14).

Anzi ognuno dei suoi membri può dire con Gesù: « è necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio; per questo sono stato mandato » (Lc 4, 43).

C 11. — L’amore di Cristo che sente compassione delle folle (cf. Mc 8, 2) è la sorgente di tutta la nostra attività apostolica, e ci spinge, secondo le parole di san Vincenzo, « a rendere veramente effettivo il Vangelo » (SV XII, 84; SVit X, 415).

Nelle diverse situazioni che i tempi e i luoghi presentano, la nostra evangelizzazione deve mirare, con le parole e le opere, a questo scopo: che tutti, attraverso la conversione e la celebrazione dei sacramenti, aderiscano « al regno, cioè al mondo nuovo, al nuovo stato di cose, alla nuova maniera di essere, di vivere, di vivere insieme, che il Vangelo inaugura » (EN 23).

C 12. — Nel lavoro di evangelizzazione che la Congregazione si propone di svolgere, si devono tenere ben presenti queste caratteristiche:

1° una chiara ed esplicita preferenza per l’apostolato tra i poveri: infatti, la loro evangelizzazione è il segno che, sulla terra, il regno di Dio si avvicina (cf. Mt 11, 5);

2° una sensibilità attenta alla realtà concreta della società umana, soprattutto alle cause della disuguale distribuzione dei beni nel mondo, per poter meglio compiere la missione profetica dell’evangelizzazione;

3° una qualche partecipazione alla condizione dei poveri, in modo che non solo li evangelizziamo, ma siamo anche da loro evangelizzati;

4° un’autentica responsabilità comunitaria nel lavoro apostolico, per sentirci più facilmente sostenuti reciprocamente nella vocazione comune;

5° la disponibilità ad andare in tutto il mondo, secondo l’esempio dei primi missionari della Congregazione;

6° un atteggiamento di conversione continua, che deve essere ricercata sia dai singoli, sia dall’intera Congregazione, secondo il pensiero di san Paolo che ammonisce: « Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare » (Rm 12, 2).

S 1. — Le opere apostoliche che, dopo attento esame, dovessero risultare ai giorni nostri non più rispondenti alla vocazione della Congregazione, siano gradualmente abbandonate.

S 2.  Nel contesto attuale di globalizzazione, molteplici fattori e situazioni mettono alla prova la fede e rappresentano delle sfide per i metodi tradizionali di evangelizzazione. I confratelli prenderanno seriamente in considerazione tutto ciò, convinti che questa situazione esige da loro una testimonianza personale e comunitaria di fede solida nel Dio di Gesù Cristo e la ricerca di nuove vie per realizzare bene la loro vocazione di evangelizzatori dei poveri.

S 3.  Le province e le singole case collaboreranno volentieri, in spirito di fraternità, sia tra loro sia con il clero diocesano e con gli istituti religiosi, come anche con i laici, in tutto ciò che si riferisce alle iniziative apostoliche.

S 4.  I confratelli si inseriranno nel dialogo ecumenico; saranno attivamente presenti insieme con gli altri, siano essi cristiani o no, a tutte le realtà di indole religiosa, sociale e culturale.

C 13.  Le province stesse giudicheranno quali forme di apostolato debbano adottare, in modo che, nella fedeltà allo spirito e all’esempio di san Vincenzo, inseriscano la loro attività nella pastorale della Chiesa locale, come richiedono le istruzioni e i documenti emanati dalla Sede Apostolica, dalle Conferenze episcopali e dai vescovi diocesani.

C 14. — Le missioni al popolo, così care al cuore del Fondatore, devono essere incrementate con ogni sforzo. Ci impegneremo quindi a fondo nell’opera delle missioni, adattandola alle condizioni e alle circostanze di ogni luogo. Ricercheremo tutti i mezzi possibili per dare nuovo impulso a quest’opera, sia per rinnovare e costituire vere comunità cristiane, sia per suscitare la fede nel cuore di coloro che non credono.

C 15. — Il lavoro di formazione dei chierici nei seminari, che fin dall’inizio fu considerato un’attività propria della Congregazione, sia aggiornato in modo opportuno ed efficace.

I confratelli inoltre offrano il loro aiuto spirituale ai sacerdoti, sia favorendo tra loro la formazione continua, sia promuovendo lo studio dei problemi pastorali. Stimolino in essi il desiderio di far propria la scelta della Chiesa a favore dei poveri.

Attendano ad animare opportunamente i laici e a prepararli convenientemente anche ai ministeri pastorali che sono necessari nella comunità cristiana.

Infine educhino i chierici e i laici a lavorare strettamente uniti e ad aiutarsi gli uni gli altri nel processo di formazione della comunità cristiana.

C 16. — Tra le attività apostoliche della Congregazione occupano un posto di alto rilievo le missioni sia « ad Gentes » sia tra popolazioni che si trovano in condizioni analoghe di evangelizzazione.

Nel fondare nuove comunità ecclesiali, i missionari prestino grande attenzione ai « germi del Verbo » contenuti nella cultura e nella religiosità dei vari popoli (cf. EN 53).

S 5. — Per le missioni « ad Gentes », si tengano presenti le seguenti norme:

1) attuando il principio di corresponsabilità, le province, o spontaneamente o su invito del Superiore generale, si prestino aiuto reciproco;

2) le singole province, o più province insieme, si assumano la responsabilità di almeno uno dei territori di missione, inviandovi confratelli come operai nella messe del Signore;

3) sia concessa ai confratelli la possibilità di aiutare, in modo concreto, le opere delle missioni, anche offrendosi per il ministero dell’evangelizzazione in quei luoghi;

4) si stimolino i confratelli a prender parte alle opere missionarie della Chiesa universale e locale. Anche le opere missionarie proprie della Congregazione siano organizzate in modo appropriato.

S 6. — I missionari che vengono inviati alle missioni « ad Gentes », mediante la conoscenza della situazione del luogo dove lavoreranno, si preparino con diligenza ai compiti speciali che vi dovranno svolgere, affinché l’attività pastorale che intraprenderanno risponda fruttuosamente alle necessità del luogo.

C 17. — Poiché la Congregazione della Missione partecipa della stessa eredità delle Figlie della Carità, i confratelli, quando ne siano richiesti, presteranno volentieri ad esse la loro assistenza, specialmente per quanto concerne gli esercizi spirituali e la direzione spirituale.

Daranno inoltre sempre la loro collaborazione fraterna nelle opere intraprese di mutuo accordo.

S 7.  § 1. I confratelli avranno particolare cura di promuovere e assistere, nelle loro attività apostoliche, la Famiglia Vincenziana e le Associazioni laicali vincenziane che ne fanno parte.

§ 2. Tutti i confratelli dovranno essere preparati in modo adeguato a rendere questo servizio ai diversi rami della Famiglia Vincenziana ed essere disponibili a renderlo, quando viene loro richiesto.

§ 3. Il cuore di questo servizio consisterà nella condivisione della propria esperienza di fede alla luce degli insegnamenti della Chiesa e dello spirito vincenziano. Perché questo servizio sia rispondente alle necessità di oggi, si dovrà avere cura della necessaria formazione teologicospirituale, tecnica, professionale e politicosociale.

§ 4. In occasione della chiusura di case, si presterà una particolare attenzione per facilitare la continuità dei gruppi laicali che condividono lo spirito vincenziano.

S 8. — Si promuovano tra le province incontri per approfondire la conoscenza della vocazione dei missionari e di quei metodi dell’attività pastorale che con più efficacia rispondano alle concrete situazioni e mutamenti delle cose e delle persone.

C 18. — Animati dall’esempio di san Vincenzo che, realizzando la parabola del buon Samaritano (Lc 10, 3037), soccorreva gli abbandonati con mezzi efficaci, le province e i singoli confratelli, ognuno secondo le proprie possibilità, si sforzeranno di venire in soccorso di coloro che sono emarginati o vittime di sventure e di ingiustizie di vario genere, e di quanti soffrono delle forme di povertà morale, caratteristiche del nostro tempo. Operando in loro favore e insieme con loro, si impegneranno a soddisfare le istanze della giustizia sociale e della carità evangelica.

S 9. — § 1. è compito delle province emanare, secondo le circostanze, norme riguardanti l’attività sociale, e determinare mezzi concreti con cui possa essere affrettata la realizzazione della giustizia sociale.

§ 2. Inoltre i confratelli, tenendo conto delle circostanze di tempo e di luogo, offriranno la loro collaborazione alle associazioni che si propongono di difendere i diritti umani e di promuovere la giustizia e la pace.

S 10. — § 1. Tra le attività apostoliche della Congregazione vanno annoverate le parrocchie, purché l’apostolato che i confratelli vi esercitano sia in consonanza con il fine e la natura del nostro Istituto, e sia richiesto dall’insufficiente numero di pastori.

§ 2. Queste parrocchie della Congregazione devono essere realmente formate, in gran parte, da poveri, oppure devono essere annesse a seminari in cui i confratelli formano i giovani all’attività pastorale.

S 11. — § 1. I confratelli, consapevoli della grande importanza della formazione dei giovani e degli adulti, assumeranno il compito di insegnanti e di educatori là dove ciò sia necessario per realizzare il fine della Congregazione.

§ 2. Tale compito si deve svolgere non solo nelle scuole di ogni tipo, ma anche nelle famiglie, nei posti di lavoro, anzi in ogni ambiente sociale frequentato da giovani e adulti.

§ 3. Le scuole, i collegi e le università, secondo le esigenze dei vari luoghi, accolgano i poveri per favorirne la promozione. Affermando poi il valore dell’educazione cristiana, e impartendo una formazione sociale cristiana, cerchino di istillare negli alunni il senso del povero, secondo lo spirito del Fondatore.

S 12. — Tra gli strumenti di cui la Congregazione si serve nell’opera di evangelizzazione, si tenga il dovuto conto dei mezzi tecnici di comunicazione sociale per una diffusione più ampia ed efficace della parola di salvezza.

Capitolo II

La vita comunitaria

C 19. — San Vincenzo ha radunato nella Chiesa dei confratelli che, in nuova forma di vita comunitaria, si dedicassero all’evangelizzazione dei poveri. Infatti la comunità vincenziana è ordinata a preparare, favorire costantemente e sostenere l’attività apostolica. A tale scopo, tutti e singoli i confratelli, stretti in comunione fraterna, impegnati in un rinnovamento continuo, tendono all’adempimento della missione comune.

C 20. — Come la Chiesa e nella Chiesa, la Congregazione trova nella Trinità il principio più sublime della sua attività e della sua vita.

1° Radunati in comunità per annunziare l’amore del Padre verso gli uomini, esprimiamo questo stesso amore nella nostra vita.

2° Seguiamo Cristo che riunisce gli apostoli e i discepoli, e con loro conduce vita fraterna per evangelizzare i poveri.

3° Sotto l’impulso dello Spirito Santo, costruiamo l’unità tra di noi nel compimento della nostra missione, per rendere una testimonianza credibile di Cristo Salvatore.

C 21. — § 1. La vita comunitaria, fin dagli inizi e per volontà espressa di san Vincenzo, è una caratteristica della Congregazione e la sua ordinaria forma di vita. Perciò i confratelli devono abitare nella casa o nella comunità legittimamente costituita, a norma del diritto proprio.

§ 2. Questo rapporto fraterno, continuamente alimentato dalla missione, crea la comunità per promuovere il progresso personale e comunitario, e per dare maggiore efficacia al ministero dell’evangelizzazione.

C 22. — Ci sentiremo della comunità con il dono di noi stessi e di tutto quanto abbiamo. Nel medesimo tempo, tuttavia, si abbia il dovuto rispetto per ciò che si riferisce alla vita privata di ciascuno; la comunità aiuti a sviluppare le attitudini personali; discerna le iniziative dei confratelli alla luce del fine e dello spirito della Missione. In questo modo, le diversità e i carismi dei singoli contribuiscono a ravvivare la comunione e a far sì che la missione ottenga i suoi frutti.

C 23. — Ogni comunità locale goda di una giusta autonomia per essere veramente un luogo in cui si realizza l’intima connessione tra comunità di apostolato e di vita, in armonia con il bene della Congregazione a livello sia provinciale che universale. Infatti, la comunità locale è cellula viva dell’intera Congregazione.

C 24. — Perché sia di aiuto al nostro apostolato, ci sforziamo di vivere una vita comunitaria animata dalla carità, soprattutto nella pratica delle « cinque virtù » di modo che essa sia per il mondo segno della novità di vita portata dal Vangelo. Perciò:

1° per compiere la nostra missione, cercheremo di vivere in concordia tra di noi, prestandoci aiuto scambievole soprattutto nei momenti difficili, comunicandoci l’un l’altro la gioia in semplicità di cuore;

2° sostenuti dall’indispensabile ministero dell’autorità, ci renderemo corresponsabili, insieme con il Superiore, nel cercare la volontà di Dio nella vita e nelle opere, sottomettendoci a un’obbedienza attiva; favoriremo inoltre tra di noi il dialogo, superando forme di vita troppo individualistiche;

3° prestando umile e fraterna attenzione alle opinioni e ai bisogni di ogni confratello, ci impegneremo a superare le difficoltà che la vita comune porta con sé; eserciteremo infine con dolcezza la correzione fraterna, riconciliandoci reciprocamente;

4° ci sforzeremo con premurosa attenzione di creare quelle condizioni che sono necessarie per il lavoro, il riposo, la preghiera e la vita fraterna; perciò ci serviremo dei mezzi di comunicazione con discrezione e prudenza e, salve le esigenze dell’apostolato, riserveremo qualche parte della casa per tutelare l’intimità della comunità.

C 25. — La comunità realizza una continua formazione di se stessa, rinnovando innanzitutto gli elementi principali del nostro modo di vivere e di lavorare. Essi sono:

1° la sequela, in forma comunitaria, di Cristo evangelizzatore, la quale genera in noi vincoli speciali di amore e di affetto; perciò uniremo il mutuo rispetto con la sincera benevolenza « come cari amici » (RC VIII, 2);

2° l’evangelizzazione dei poveri, la quale dona a tutte le nostre attività un carattere unitario, che non affievolisce le capacità personali né i doni, benché diversi, di ciascuno, ma li volge a servizio di questa missione;

3° la preghiera, in modo particolare nell’Eucarestia, che costituisce la sorgente della nostra vita spirituale, comunitaria e apostolica;

4° i nostri beni, che saranno comuni secondo il pensiero di san Vincenzo, e che volentieri condivideremo con gli altri.

In questo modo la nostra vita diventa veramente una comunità di rapporti fraterni, di lavoro, di preghiera e di beni.

C 26. — § 1. Ci staranno a cuore i confratelli malati, i più deboli e quelli che sono più avanti negli anni: considereremo la loro presenza come una benedizione per le nostre case. Perciò, oltre a prestar loro le cure mediche e il necessario per una vita serena, li faremo partecipare alla vita di famiglia e al nostro apostolato.

§ 2. Per i confratelli defunti poi offriremo fedelmente i suffragi prescritti negli Statuti.

S 13. — I confratelli ammalati e anziani o in situazioni di particolare necessità, uniti in modo speciale al Cristo sofferente, prendono parte alla nostra opera di evangelizzazione. Ci preoccuperemo di assisterli in modo conveniente. Qualora non sia più possibile accoglierli nella casa in cui hanno svolto il loro servizio, il Visitatore con il suo Consiglio avrà la responsabilità di prendere la decisione più adatta, dopo aver attentamente valutato le diverse possibilità e ascoltato il confratello bisognoso di assistenza.

S 14. — § 1. I confratelli che, a causa dei ministeri loro affidati dalla Congregazione, sono costretti a vivere soli, faranno il possibile per trascorrere un po’ del loro tempo in comunità, per sperimentare i valori della comunità. Da parte nostra, saremo loro vicini per rendere meno pesante la loro solitudine e saremo solleciti nell’invitarli a condividere qualche volta con noi la vita fraterna e l’apostolato.

§ 2. Faremo poi il possibile per offrire il nostro aiuto fraterno e tempestivo ai confratelli che si trovassero in qualche difficoltà.

S 15. — § 1. Osserveremo fedelmente i doveri verso i genitori, con quella moderazione che ci consenta di adempiere la nostra missione e di essere fedeli alla vita comunitaria.

§ 2. Accoglieremo a cuore aperto nelle nostre case confratelli, sacerdoti e altri ospiti.

§ 3. Tratteremo con generosità i poveri che ci chiederanno soccorso, cercando di aiutarli a uscire dalle loro difficoltà.

§ 4. Estenderemo di buon animo i nostri rapporti fraterni a tutti coloro che condividono con noi la vita e il lavoro.

C 27. — Ogni comunità elaborerà un progetto comunitario, secondo le Costituzioni, gli Statuti e le Norme provinciali. Esso servirà di guida nell’organizzare la nostra vita e il nostro lavoro, nel porre in atto le deliberazioni, e nella revisione periodica della nostra vita e della nostra attività.

S 16. — Il progetto comunitario, che ogni comunità elabora, possibilmente all’inizio dell’anno di lavoro, comprenda: l’attività apostolica, la preghiera, l’uso dei beni, la testimonianza cristiana nel luogo dove si lavora, la formazione permanente, i tempi di riflessione comunitaria, il tempo necessario di sollievo e di studio, l’organizzazione della giornata. Tutto ciò dovrà essere sottoposto a revisione periodica.

Capitolo III

La castità, la povertà,
l’obbedienza e la stabilità

C 28. — Desiderando continuare la missione di Cristo, ci consacriamo all’evangelizzazione dei poveri nella Congregazione per tutta la vita. Per realizzare questa vocazione, abbracciamo la castità, la povertà e l’obbedienza secondo le Costituzioni e gli Statuti. Infatti « la piccola Congregazione della Missione… avendo lo scopo di dedicarsi alla salvezza delle anime, soprattutto dei poveri contadini, ha ritenuto di non potersi servire di armi più forti e più appropriate di quelle stesse che usò con tanto successo e tanta efficacia la stessa Sapienza eterna » (RC II, 18).

C 29. — § 1. Poiché vogliamo imitare Cristo nel suo amore verso tutti, abbracciamo con voto la castità perfetta nel celibato per il regno dei cieli. La accogliamo come un dono che ci viene elargito dalla personale e infinita benevolenza di Dio.

§ 2. In tal modo apriamo più generosamente a Dio e al prossimo il nostro cuore, e tutto il nostro modo di agire diventa una gioiosa espressione dell’amore tra Cristo e la Chiesa, che si manifesterà pienamente nel mondo futuro.

C 30. — L’intima unione con Cristo, la comunione veramente fraterna, l’assidua dedizione all’apostolato, l’ascesi collaudata dall’esperienza della Chiesa, concorreranno a dar vigore alla nostra castità.

Attraverso la continua e matura risposta alla vocazione divina, essa è sorgente di fecondità spirituale nel mondo e giova molto al raggiungimento di una pienezza anche umana.

C 31. — « Cristo stesso, cui appartengono tutti i beni, abbracciò la povertà a tal punto da non avere dove posare il capo, e costituì i collaboratori della sua missione, cioè gli apostoli e i discepoli, in simile grado di povertà da non possedere nulla di proprio… ciascuno, per quanto lo comporta la sua debolezza, si sforzerà di imitarlo nel coltivare questa virtù » (RC III, 1). Così facendo, i confratelli dimostreranno di dipendere totalmente da Dio, e la stessa evangelizzazione dei poveri riuscirà più efficace.

C 32. — § 1. Ogni confratello, nel compiere il ministero secondo il fine della Congregazione e il progetto comunitario della comunità, si senta soggetto alla legge universale del lavoro.

§ 2. I proventi del lavoro o ciò che ognuno riceve in qualsiasi modo « intuitu Congregationis » dopo la sua incorporazione a titolo di pensione, di sussidio o di assicurazione, secondo il diritto proprio della Comunità sono da ritenersi beni della medesima; cosicché, sull’esempio dei primi cristiani, realizziamo una vera comunione di beni e ci aiutiamo fraternamente.

C 33. — Tenendo presenti le condizioni dei poveri, il nostro tenore di vita sia semplice e sobrio. Anche i mezzi di apostolato, sia pure efficaci e moderni, siano esenti da ogni parvenza di ostentazione.

I mezzi necessari al sostentamento e al perfezionamento dei confratelli e allo sviluppo delle opere, devono provenire in massima parte dall’impegno di tutti. La Congregazione, poi, rifuggendo da ogni accumulazione di beni, destinerà parte delle sue sostanze a beneficio dei poveri; così, libera da ogni cupidigia di ricchezze, costituirà una testimonianza per il mondo invischiato nel materialismo.

C 34. — Per usare i beni e per disporre di essi è necessario avere, in forza del voto, il consenso del Superiore, secondo le Costituzioni e gli Statuti. Ma poiché, per coltivare lo spirito della povertà, il solo permesso del Superiore non è sufficiente, occorre che ognuno rifletta attentamente su ciò che è più adatto e più conforme alla nostra vita e al nostro ministero, secondo lo spirito del nostro Fondatore espresso nelle Regole comuni.

C 35. — Destineremo, con il permesso del Superiore, i nostri beni personali, secondo lo statuto fondamentale che regola il voto di povertà nella Congregazione, a vantaggio delle opere di carità e anche dei confratelli, evitando che si creino disuguaglianze tra di noi.

S 17. — § 1. L’Assemblea provinciale adatti le norme circa la pratica della povertà, in conformità con le Costituzioni e con lo spirito delle Regole comuni e dello statuto fondamentale sulla povertà, dato alla Congregazione da Alessandro VII, nel Breve « Alias nos supplicationibus ».

§ 2. Le singole province e le comunità locali, in base alle diverse esigenze dei luoghi e delle situazioni, ricerchino il modo di osservare la povertà evangelica, e su di esso si esaminino periodicamente, convinti che la povertà non solo è il baluardo della Comunità (cf. RC III, 1), ma anche presupposto di rinnovamento e segno di progresso della nostra vocazione nella Chiesa e nel mondo.

C 36. — Memori che la condizione umana ha i suoi limiti, e seguendo il modo di agire salvifico di Cristo, che si è fatto obbediente fino alla morte, ci impegneremo, sotto la guida dello Spirito Santo, ad obbedire volentieri alla volontà del Padre che ci si manifesta in molti modi.

C 37. — § 1. La partecipazione a questo mistero di Cristo obbediente esige da parte di tutti la ricerca comunitaria della volontà del Padre, attraverso la scambievole comunicazione delle esperienze, il dialogo libero e responsabile, nel quale le differenze di età e di mentalità si possono confrontare, in modo che ne nascano e maturino quelle intese comuni che permettano poi di prendere le decisioni opportune.

§ 2. I confratelli, con spirito di corresponsabilità e memori delle parole di san Vincenzo, cercheranno, secondo le loro forze, di obbedire con prontezza, con gioia e con perseveranza ai Superiori. Alla luce della fede, si sforzeranno di conformarsi alle decisioni dei Superiori, anche quando la loro opinione personale sembrasse migliore.

C 38. — § 1. In forza del voto d’obbedienza siamo tenuti a obbedire al sommo Pontefice, al Superiore generale, al Visitatore, al Superiore della casa e ai loro sostituti, che ci comandano secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 2. Ai vescovi, nelle cui diocesi la Congregazione è presente, obbediremo a norma del diritto universale e di quello proprio del nostro Istituto, secondo il pensiero e lo spirito di san Vincenzo.

C 39. — Con il voto particolare di stabilità ci impegniamo ad attendere al fine della Congregazione per tutta la vita nella medesima Congregazione, svolgendo le attività che ci saranno prescritte dai Superiori, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

S 18. — Le province, le comunità locali e ogni confratello si impegneranno seriamente ad approfondire il voto di Stabilità, che comprende il dono totale di se stessi alla sequela di Cristo evangelizzatore dei poveri e la fedeltà a rimanere per tutta la vita nella Congregazione della Missione.

Capitolo IV

La preghiera

C 40. — § 1. Cristo Signore, che viveva in continua e intima unione con il Padre, ne ricercava la volontà nella preghiera. Essa fu la norma suprema della sua vita, della sua missione e della sua offerta per la salvezza del mondo. Egli insegnò pure ai suoi discepoli a pregare nel medesimo spirito, sempre, senza mai venir meno.

§ 2. Anche noi, santificati in Cristo e mandati nel mondo, ci sforzeremo di cercare, con la preghiera, i segni della volontà di Dio e di imitare la disponibilità di Cristo, giudicando ogni cosa secondo il suo spirito. In questo modo, la nostra vita viene trasformata dallo Spirito Santo in offerta spirituale, e noi diventiamo più idonei a partecipare alla missione di Cristo.

C 41. — « Datemi un uomo d’orazione, e sarà capace di tutto » (SV XI, 83; SVit X, 77). Secondo il pensiero di san Vincenzo, la preghiera è sorgente della vita spirituale del missionario: con essa egli si riveste di Cristo, assimila la dottrina del Vangelo, giudica le cose e gli avvenimenti alla presenza di Dio, e rimane fermo e sicuro nel suo amore misericordioso. In tal modo, lo Spirito di Cristo dona sempre efficacia alle nostre parole e alle nostre azioni.

C 42. — Il rapporto apostolico col mondo, la vita comunitaria e l’esperienza di Dio mediante la preghiera, si completano a vicenda nella vita del missionario e si fondono in un’unica realtà. Infatti, nella preghiera, la fede, l’amore fraterno e lo zelo apostolico si rinnovano continuamente; a sua volta, nell’azione, l’amore di Dio e del prossimo si dimostra effettivo. Mediante l’unione della preghiera con l’apostolato, il missionario si fa contemplativo nell’azione e apostolo nella preghiera.

C 43. — La preghiera del missionario deve ispirarsi allo spirito filiale, all’umiltà, alla fiducia nella Provvidenza e all’amore della bontà di Dio. Impariamo in tal modo a pregare come poveri in spirito, persuasi che la nostra debolezza viene rinvigorita dalla potenza dello Spirito Santo. Egli, infatti, illumina la nostra mente e fortifica la nostra volontà per conoscere più a fondo le necessità del mondo e apportarvi più efficace rimedio.

C 44. — è necessario che valorizziamo le particolari possibilità di preghiera che ci offrono il ministero della parola, dei sacramenti e della carità, e gli avvenimenti della vita. Quando annunciamo il Vangelo ai poveri, dobbiamo scoprire e contemplare in essi Cristo stesso; quando esercitiamo il nostro ministero presso le popolazioni alle quali siamo stati inviati, dobbiamo non solo pregare per loro, ma anche con loro, e partecipare quasi spontaneamente alla loro fede e alla loro devozione.

C 45. — Parteciperemo alla preghiera liturgica in modo vivo e autentico.

§ 1. La nostra vita abbia come suo vertice la celebrazione quotidiana della Cena del Signore: da essa, infatti, come da sorgente, attingono forza la nostra attività e la nostra comunione fraterna. Per mezzo dell’Eucaristia viene ripresentata la morte e la risurrezione di Cristo; in Cristo diventiamo offerta vivente e la comunità del popolo di Dio viene espressa e costruita.

§ 2. Ci accosteremo con frequenza al sacramento della Penitenza per attendere alla conversione continua e ravvivare la nostra vocazione.

§ 3. Con la celebrazione della Liturgia delle Ore, uniamo le nostre voci e i nostri cuori per cantare le lodi del Signore, innalziamo a lui la nostra preghiera incessante e intercediamo per tutti gli uomini.

Perciò celebreremo in comune le Lodi e i Vespri, a meno che non ne siamo impediti da impegni di apostolato.

C 46. — Nella preghiera comunitaria abbiamo un ottimo mezzo di animazione e di rinnovamento di vita, soprattutto quando celebriamo e partecipiamo la parola di Dio, o quando, mediante un dialogo fraterno, ci comunichiamo reciprocamente i frutti della nostra esperienza spirituale e apostolica.

C 47. — § 1. Cercheremo, secondo le nostre possibilità, di fare ogni giorno la preghiera personale, in privato o in comune, per un’ora, secondo la tradizione di san Vincenzo. In tal modo diventiamo capaci di cogliere i sentimenti di Cristo, e di scoprire il cammino per compiere la sua missione. Essa poi prepari, dilati e dia compimento alla preghiera comunitaria e liturgica.

§ 2. Attenderemo fedelmente nel corso dell’anno agli esercizi spirituali.

C 48. — Quali testimoni e annunciatori dell’amore di Dio, abbiamo il dovere di nutrire una devozione particolare e di tributare un culto speciale ai misteri della Trinità e dell’Incarnazione.

C 49. — § 1. Venereremo con speciale devozione anche Maria, Madre di Cristo e della Chiesa. Ella, secondo le parole di san Vincenzo, comprese a fondo, più di tutti gli altri credenti, gli insegnamenti del Vangelo, e li rese operanti nella sua vita.

§ 2. Dimostreremo la nostra devozione all’Immacolata Vergine Maria in vari modi, celebrando con sincera pietà le sue feste e invocandola frequentemente, soprattutto con la recita del rosario.

Faremo conoscere il messaggio particolare che Ella, nella sua bontà materna, ha rivelato nella Medaglia Miracolosa.

C 50. — Ci starà a cuore il culto di san Vincenzo e dei Santi e Beati della famiglia vincenziana. Ci rifaremo costantemente al patrimonio del Fondatore, che è contenuto nei suoi scritti e nella tradizione della Congregazione, affinché possiamo imparare ad amare ciò che egli ha amato e a praticare ciò che egli ha insegnato.

S 19. — Attenderemo fedelmente alle pratiche di pietà tradizionali nella Congregazione, secondo il progetto comunitario, specialmente alla lettura della Sacra Scrittura e in modo particolare del Nuovo Testamento, al culto dell’Eucaristia, alla meditazione in comune, all’esame di coscienza, alla lettura spirituale, agli esercizi spirituali annuali e alla direzione spirituale.

Capitolo V

I membri della Congregazione

1. Principi generali

C 51. — I membri della Congregazione della Missione sono discepoli di Cristo che, chiamati da Dio a continuare la sua missione, e ammessi in Congregazione, cercano di corrispondere secondo le loro forze alla propria vocazione, impegnandosi assiduamente in conformità agli insegnamenti, alle istruzioni e ai disegni di san Vincenzo de Paoli.

C 52. — § 1. I membri della Congregazione, che, in forza del battesimo e della cresima, partecipano tutti del sacerdozio regale di Cristo, sono chierici e fratelli, e tutti sono detti anche missionari.

1° I chierici, cioè i sacerdoti e i diaconi, ciascuno secondo il proprio ordine, sull’esempio di nostro Signore Gesù Cristo Sacerdote, Pastore e Maestro, vivono la loro vocazione nell’esercizio di questa triplice funzione, in tutte le forme di apostolato che possono servire a realizzare il fine della Congregazione.

Ad essi si aggiungono coloro che si preparano a ricevere gli ordini.

2° I laici, che da noi sono chiamati fratelli, sono destinati all’apostolato della Chiesa e della Congregazione, e lo svolgono in attività adatte alla loro condizione.

§ 2. Tutti costoro sono: o soltanto ammessi, o anche incorporati, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

2. Ammissione in Congregazione

C 53. — § 1. Il candidato viene ammesso in Congregazione quando, dietro sua domanda, è accolto per compiere il periodo di prova nel seminario interno.

§ 2. Il diritto di ammettere candidati al seminario interno spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio, per la sua provincia.

§ 3. Quanto ai requisiti per l’ammissione, si deve stare al diritto universale.

C 54. — § 1. Il tempo complessivo di preparazione all’incorporazione alla Congregazione non deve essere inferiore a due anni, né superiore a nove anni dall’accettazione nel seminario interno.

§ 2. Trascorso un anno completo dall’ammissione in Congregazione, il confratello, secondo la nostra tradizione, manifesta, con i Proponimenti, la sua volontà di attendere per tutta la vita alla salvezza dei poveri nella Congregazione, secondo le Costituzioni e gli Statuti.

§ 3. Il diritto di ammettere ai Proponimenti, nel rispetto delle norme stabilite, spetta:

1° al Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, dopo aver sentito il suo Consiglio e il Direttore del Seminario interno, per la sua provincia.

S 20. — § 1. Il seminario interno ha inizio quando, dal Direttore o da chi ne fa le veci, il candidato viene dichiarato ammesso, secondo le Norme provinciali.

§ 2. La Congregazione, a tempo debito e se ritenute necessarie, prenderà cautele valide anche in foro civile, affinché, nel caso che un confratello si ritiri spontaneamente o venga dimesso, siano rispettati nel modo dovuto i diritti sia del confratello che della Congregazione.

S 21. — I Proponimenti vengono emessi nella Congregazione della Missione secondo una formula che può essere diretta o dichiarativa:

1° Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della tua grazia, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

2° Formula dichiarativa: Io N.N. propongo di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Propongo perciò di osservare, con l’aiuto della grazia di Dio, la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto.

S 22. — § 1. L’emissione dei proponimenti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un altro confratello da lui designato.

§ 2. Sarà compito dell’Assemblea di ciascuna provincia stabilire altre disposizioni circa l’emissione o la rinnovazione dei proponimenti e circa qualche forma di vincolo temporaneo che si potrebbe aggiungere, come anche circa i diritti e i doveri che i confratelli godono a partire dalla loro ammissione in Congregazione fino alla loro incorporazione ad essa.

C 55. — § 1. I nostri voti sono perpetui, non religiosi, riservati, cosicché soltanto il Romano Pontefice e il Superiore generale li possono dispensare.

§ 2. Questi voti devono essere interpretati fedelmente secondo il progetto di san Vincenzo approvato da Alessandro VII nei Brevi « Ex commissa nobis » (22.IX.1655) e « Alias nos supplicationibus » (12.VIII.1659).

C 56. — Il diritto di ammettere ai voti spetta, nel rispetto delle norme stabilite:

1° al Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per tutta la Congregazione;

2° al Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Superiori del candidato, per la sua Provincia.

C 57. — § 1. Il permesso di emettere i voti, dato dal Superiore maggiore su domanda del confratello, comporta, una volta emessi i voti, l’incorporazione alla Congregazione; a essa un confratello viene incardinato ricevendo il diaconato.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione non può essere ammesso agli ordini. Tuttavia l’incorporazione di un confratello già chierico lo incardina nella Congregazione.

C 58. — § 1. L’emissione dei voti deve avvenire alla presenza del Superiore o di un confratello da lui designato.

§ 2. Secondo l’uso della Congregazione, tanto la domanda quanto l’attestato dell’emissione dei voti devono essere redatti in forma scritta. Il Superiore generale, poi, sia informato al più presto dell’avvenuta emissione dei voti.

I voti della Congregazione della Missione vengono emessi secondo queste formule:

a) Formula diretta: Signore, mio Dio, io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della tua grazia.

b) Formula dichiarativa: Io N.N., alla presenza della beatissima Vergine Maria, faccio voto a Dio di dedicarmi fedelmente all’evangelizzazione dei poveri per tutta la mia vita nella Congregazione della Missione, seguendo Cristo evangelizzatore. Perciò faccio voto a Dio di castità, povertà e obbedienza, secondo le Costituzioni e gli Statuti del nostro Istituto, con l’aiuto della grazia di Dio.

c) Formula tradizionale: Io N.N., indegno (sacerdote, chierico, fratello) della Congregazione della Missione, alla presenza della beatissima Vergine e di tutti i Santi del cielo, faccio voto a Dio di povertà, di castità e di obbedienza al nostro Superiore e ai suoi successori, secondo le Regole o Costituzioni del nostro Istituto. Inoltre faccio voto di dedicarmi alla salvezza dei poveri della campagna per tutta la mia vita nella predetta Congregazione, con l’aiuto della grazia di Dio onnipotente, che perciò umilmente invoco.

S 23. — Ulteriori determinazioni riguardanti il tempo dell’emissione dei voti sono di competenza dell’Assemblea provinciale di ciascuna provincia.

S 24. — In casi particolari, l’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio una formula propria per l’emissione dei proponimenti e dei voti, conservando però gli elementi essenziali contenuti nelle formule prestabilite.

3. Diritti e doveri dei membri della Congregazione

C 59. — § 1. Tutti i membri della Congregazione, a norma del diritto universale e proprio, godono dei diritti, dei privilegi e dei favori spirituali concessi alla Congregazione, salvo che risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa.

§ 2. Tutti i confratelli incorporati alla Congregazione godono dei medesimi diritti e sono tenuti agli stessi doveri, a norma del diritto universale e proprio, salvo quanto riguarda l’esercizio dell’ordine e l’annessa giurisdizione. Invece i confratelli che sono stati soltanto ammessi in Congregazione godono dei diritti e sono tenuti ai doveri previsti dalle Costituzioni, dagli Statuti e dalle Norme provinciali.

C 60. — Godono del diritto di voce attiva e passiva, secondo il diritto universale e proprio, i confratelli incorporati alla Congregazione, a meno che non l’abbiano perduto a norma del diritto.

C 61. — Salve restando le altre condizioni stabilite dal diritto universale e proprio, godono del diritto di voce passiva, per tutti gli uffici e le cariche, i confratelli incorporati alla Congregazione almeno da tre anni, e che abbiano compiuto i venticinque anni di età.

S 25. — Sono privi del diritto di voce attiva e passiva:

1° coloro che, per indulto, vivono fuori della Congregazione, secondo il diritto proprio della Congregazione e la clausola apposta a tale indulto;

2° i confratelli elevati all’ordine dell’Episcopato o anche solo nominati, finché sono in carica, ed anche dopo, a meno che non ritornino alla vita di Comunità;

3° i Vicari, i Prefetti e gli Amministratori Apostolici, anche se non Vescovi, finché sono in carica, a meno che non siano, allo stesso tempo, Superiori di una casa della Congregazione.

S 26. — § 1. Oltre a quelli indicati nei canoni 171, § 1, nn. 34; 1336, § 1, n. 2 e negli art. 70 e 72, § 2 delle Costituzioni della Congregazione della Missione, sono privi di voce attiva e passiva anche coloro che, quando devono esercitare il diritto di voce attiva e passiva sia nella Congregazione, sia nella provincia, sia nella casa, sono in qualsiasi modo illegittimamente assenti, cioè:

a) coloro che sono assenti dalla Congregazione, senza il dovuto permesso, quando la loro assenza superi il tempo di sei mesi;

b) coloro che hanno ottenuto il dovuto permesso, ma, trascorso il tempo, non l’hanno rinnovato (cf. Cost. art. 72, § 2);

c) coloro che non stanno ai termini stabiliti nei loro permessi di risiedere fuori della comunità (cf. Cost. art. 67, § 2);

d) coloro che hanno superato i tre anni di permesso, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da esercitare a nome della Congregazione (cf. Cost. art. 67, § 2).

§ 2. Nei casi dubbi, il Visitatore, con il consenso del proprio Consiglio, decide se il confratello gode di voce attiva e passiva, considerando attentamente la sua situazione in provincia, il diritto proprio della Congregazione e le Norme provinciali.

§ 3. Quanto detto per la voce attiva e passiva vale anche per le consultazioni stabilite dal diritto proprio della Congregazione e dalle Norme provinciali.

C 62. — I membri della Congregazione, oltre ai doveri a cui sono tenuti per diritto proprio, sono anche soggetti agli obblighi comuni dei chierici stabiliti dal diritto universale nei cc. 273289. Ciò riguarda non soltanto i chierici, come è evidente, e questi in modo speciale per quanto riguarda l’uso dell’abito ecclesiastico (c. 284) e la celebrazione della Liturgia delle Ore (c. 276), ma anche i laici, a meno che non risulti altrimenti dalla natura stessa della cosa o dal contesto.

S 27. — § 1. A ciascun confratello sono dovuti, dopo la sua morte, suffragi da parte di tutta la Congregazione.

§ 2. Ogni mese, ciascun confratello, secondo la sua condizione, offra una Messa per i vivi e per i defunti di tutta la famiglia vincenziana, ed anche per i genitori, i parenti e i benefattori, aggiungendo un’intenzione speciale per la conservazione dello spirito originario della Congregazione.

§ 3. Ciascun confratello offra anche una seconda Messa per i confratelli di tutta la Congregazione morti nel mese precedente.

§ 4. Altre disposizioni siano stabilite da ciascuna provincia.

S 28. — Ogni confratello incorporato alla Congregazione ha diritto, ogni mese, alla celebrazione di alcune Messe secondo la propria intenzione, senza riceverne l’offerta. Spetta alle singole province stabilire le norme circa il numero e il modo di celebrare queste Messe.

C 63. — Tutti devono osservare, con obbedienza attiva e responsabile, le Costituzioni e gli Statuti e le altre norme che sono in vigore nella Congregazione.

C 64. — Osservino anche le norme emanate dagli Ordinari del luogo, salvo restando il diritto della nostra esenzione.

4. Ascrizione dei confratelli ad una provincia e ad una casa

C 65. — Ogni membro della Congregazione della Missione deve essere ascritto ad una provincia e ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, a norma del diritto proprio.

S 29. — § 1. Il Superiore generale, gli Assistenti, il Segretario e l’Economo generale, il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, durante il loro incarico, agli effetti giuridici, non appartengono ad alcuna provincia.

§ 2. Gli altri confratelli che prestano servizio negli uffici della Curia generalizia continuano ad appartenere alla loro provincia d’origine, rimanendo ascritti a una delle sue case, con una destinazione temporanea alla Curia, in base ad una convenzione stipulata tra il Superiore generale e il Visitatore della provincia del confratello.

S 30. — § 1. Ogni membro della Congregazione della Missione viene ascritto alla provincia per la quale i Superiori lo ammettono legittimamente in Congregazione. Tale provincia si chiama provincia di origine.

§ 2. Un confratello ottiene una nuova ascrizione mediante la destinazione da una provincia ad un’altra, fatta legittimamente dai Superiori. Tale provincia si chiama provincia di destinazione.

S 31. — Per il passaggio di un confratello da una provincia a un’altra, salva sempre l’autorità del Superiore generale, si richiede soltanto che i Superiori maggiori competenti, dopo aver sentito il confratello, si accordino fra di loro. Se però il confratello fosse contrario, il trasferimento a un’altra provincia non può avvenire senza l’approvazione del Superiore generale.

S 32. — Il Superiore generale, allo scadere del suo ufficio, ha il diritto di scegliersi una provincia.

S 33.  § 1. L’ascrizione alla provincia di destinazione può avvenire per un periodo indeterminato o determinato.

§ 2. Nei due casi, i due Visitatori:

1° preciseranno per iscritto in una convenzione i diritti e doveri del confratello e delle due province;

2° redigeranno dei documenti di trasferimento da conservare negli archivi delle due province;

3° il Visitatore della provincia da cui il confratello è stato trasferito invierà al Segretario generale la comunicazione della nuova ascrizione.

§ 3. Nel caso di un’ascrizione temporanea, scaduto il suo tempo, il confratello ritorna ad essere immediatamente membro della provincia da cui era stato trasferito, a meno che i Visitatori, dopo aver sentito il confratello, non abbiano convenuto diversamente tra loro, sempre per iscritto, in conformità con gli Statuti.

S 34. — Un confratello viene ascritto ad una casa o ad un gruppo costituito a modo di casa, mediante la destinazione fatta dal legittimo Superiore.

C 66. — Nella provincia e nella casa o nel gruppo costituito a modo di casa, dove sono ascritti, i confratelli hanno:

1° i diritti e i doveri secondo le Costituzioni e gli Statuti;

2° un proprio e diretto Superiore locale e maggiore;

3° l’esercizio della voce attiva e passiva.

C 67. — § 1. Il confratello che abbia ottenuto dal Superiore generale o dal Visitatore, con il consenso del loro Consiglio, il permesso di vivere fuori della sua casa o della sua comunità, deve essere ascritto ad una casa o ad una comunità perché possa godere in essa dei suoi diritti ed osservare i propri doveri, in conformità del permesso che gli è stato concesso.

§ 2. Tale permesso venga concesso per una giusta causa, ma non per più di un anno, eccetto che per motivi di salute, di studio o di apostolato da svolgere a nome dell’Istituto.

5. Uscita e dimissione dalla Congregazione

C 68. — Per ciò che riguarda l’uscita e la dimissione dei confratelli, nella Congregazione della Missione ci si deve attenere al diritto universale e proprio.

C 69. — § 1. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può lasciarla liberamente, dopo aver manifestato la sua decisione ai Superiori.

§ 2. Un confratello non ancora incorporato alla Congregazione può venir dimesso, per giusti motivi, dal Superiore generale o dal Visitatore, dopo aver sentito i rispettivi Consigli e i Superiori del confratello.

C 70. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere a un confratello incorporato alla Congregazione di vivere, non oltre un triennio, fuori della medesima, purché osservi gli obblighi che possono conciliarsi con la sua nuova condizione di vita. Il confratello però rimane sotto la cura dei Superiori della Congregazione, senza godere, tuttavia, della voce attiva e passiva. Se poi si tratta di un chierico, si richiede anche il consenso dell’Ordinario del luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua cura e dipendenza, a norma del c. 745.

C 71. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, per gravi motivi, può concedere ad un confratello di uscire dalla Congregazione, e dispensarlo dai voti, a norma del c. 743.

C 72. — § 1. Un confratello incorporato alla Congregazione, che si sottrae alla comunione con essa e all’autorità dei Superiori, venga prontamente da questi ricercato e aiutato a perseverare nella sua vocazione.

§ 2. Se poi, dopo sei mesi, il confratello non fosse ritornato, sia privato della voce attiva e passiva e, a norma dell’art. 74 § 2, può essere dimesso con decreto del Superiore generale.

C 73. — § 1. Si deve ritenere ipso facto dimesso dall’Istituto il confratello che:

1° abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;

2° abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente.

§ 2. In tali casi il Superiore maggiore con il suo Consiglio deve senza indugio, raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti giuridicamente, a norma del c. 694.

C 74. — § 1. Un confratello deve essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 695, 698, 699 § 1.

§ 2. Un confratello può essere dimesso, verificandosi quanto è determinato nei cc. 696, 697, 698, 699 § 1.

§ 3. In caso di grave scandalo esterno o nel pericolo imminente di un gravissimo danno per l’Istituto, un confratello può essere espulso dalla casa immediatamente da parte del Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo risultasse pericoloso, dal Superiore locale con il consenso del suo Consiglio, a norma del c. 703.

C 75. — Il decreto di dimissione sia comunicato il più presto possibile al confratello interessato, salva la sua facoltà di ricorrere alla Sede Apostolica, con effetto sospensivo, entro dieci giorni dalla ricezione della notifica. Perché il decreto di dimissione abbia vigore, si deve osservare il c. 700.

C 76. — § 1. Con la legittima dimissione cessano ipso facto i voti, i diritti e gli obblighi che il confratello aveva nella Congregazione. Se però è un chierico, si deve stare a quanto è prescritto dai cc. 693 e 701.

§ 2. Coloro che legittimamente escono dalla Congregazione, o ne sono legittimamente dimessi, non possono esigere nulla da essa per qualsiasi attività in essa compiuta.

§ 3. La Congregazione deve però osservare l’equità e la carità evangelica verso il confratello che se ne separa, come è stabilito nel c. 702.

S 35. — Hanno l’autorità di riammettere in Congregazione:

1° il Superiore generale, sentito il suo Consiglio, per tutti;

2° il Visitatore, sentito il suo Consiglio e il Visitatore della provincia dalla quale il confratello è uscito o fu dimesso, per coloro che non erano ancora stati incorporati alla Congregazione.

Capitolo VI

La formazione

I. – La pastorale vocazionale

S 36. — La pastorale vocazionale esige da parte nostra la preghiera assidua (Mt 9, 37) e la testimonianza schietta, totale e gioiosa di una vita apostolica e comunitaria, soprattutto quando gli adolescenti e i giovani lavorano con noi nella missione vincenziana, formandosi nella fede.

S 37. — § 1. Le province, le case e i singoli confratelli pongano ogni cura nel suscitare nuovi candidati per la missione vincenziana.

§ 2. Le province studino i mezzi più adatti per promuovere le vocazioni e coltivarle, ed elaborino un piano provinciale che risponda adeguatamente allo scopo.

§ 3. Il Visitatore, sentito il suo Consiglio, nominerà un animatore vocazionale, che dovrà coordinare nelle nostre opere le varie iniziative per promuovere le vocazioni.

S 38. — I candidati che desiderano entrare nella Congregazione devono aver già fatto la loro scelta di vita cristiana, il proposito di dedicarsi all’apostolato e la scelta di esercitarlo nella comunità vincenziana. In caso contrario, bisogna aiutarli a fare queste scelte, in modo progressivo, mediante la pastorale giovanile oppure, dove ci sono, nelle Scuole Apostoliche.

S 39. — La formazione dei candidati, adeguata alla loro età, si fondi soprattutto sulla vita fraterna, l’ascolto assiduo della parola di Dio, le celebrazioni liturgiche, l’attività apostolica svolta insieme con gli educatori, l’orientamento personale di ciascuno, lo studio e il lavoro.

II. – La formazione dei membri della Congregazione

1. Principi generali

C 77. — § 1. La nostra formazione deve tendere, con metodo progressivo, a far sì che i confratelli, animati dallo spirito di san Vincenzo, si rendano idonei a compiere la missione della Congregazione.

§ 2. Imparino quindi, ogni giorno di più, che Gesù Cristo è il centro della nostra vita e la regola della Congregazione.

C 78. — § 1. Il periodo della formazione, come tutta la nostra vita, sia ordinato in modo tale che la carità di Cristo ci spinga sempre più a raggiungere il fine della Congregazione. Fine questo che i confratelli, come discepoli del Signore, raggiungeranno mediante il rinnegamento di se stessi e la conversione continua a Cristo.

§ 2. I confratelli si applichino nella meditazione della parola di Dio, nella vita sacramentale, nella preghiera sia comunitaria che personale, e nella pratica della spiritualità vincenziana.

§ 3. Gli studenti inoltre compiano in modo regolare gli studi prescritti dalle leggi della Chiesa, così che possano acquistare la scienza necessaria.

§ 4. Tutti, fin da principio, secondo la preparazione personale di ciascuno, si esercitino convenientemente nella pastorale, soprattutto insieme con i loro Superiori. Si accostino anche ai poveri per conoscere da vicino la loro reale condizione di vita. In questo modo ognuno potrà scoprire più facilmente la sua specifica vocazione nella comunità, rispondente alle sue attitudini personali.

§ 5. Le norme pedagogiche siano applicate, tenendo conto dell’età degli alunni, in modo tale che, mentre a poco a poco imparano a dominare se stessi, si abituino anche ad usare della loro libertà con saggezza, ad agire con spontaneità e avvedutezza, e raggiungano la maturità cristiana.

C 79. — I confratelli, rispondendo alla chiamata di Dio in comunità, durante il periodo della loro formazione imparino a vivere la vita comunitaria vincenziana. La comunità, da parte sua, durante tutto il corso della formazione, assecondi le iniziative personali di ciascuno.

C 80. — Nella formazione dei confratelli, si curi il coordinamento tra i vari settori della formazione e sia rispettata un’organica unità tra i successivi periodi educativi. Tutto poi venga disposto in modo tale che tenda al fine pastorale della Congregazione.

C 81. — La formazione dei confratelli deve continuare e rinnovarsi durante tutta la vita.

S 40. — Oltre alla formazione comune, occorre, nei limiti del possibile, provvedere per ciascuno dei nostri giovani una formazione professionale specifica, che li renda idonei a compiere con efficacia le opere di apostolato loro assegnate dalla Congregazione e più corrispondenti alle loro attitudini.

S 41. — § 1. Ogni provincia elaborerà un piano di formazione che sia in accordo con i principi sopra indicati, con i documenti e le direttive della Chiesa e della Congregazione della Missione, e che risponda alle diverse esigenze locali.

§ 2. Il Visitatore, da parte sua, nomini una commissione per la formazione, la quale avrà l’incarico di elaborare e di aggiornare il piano per la formazione, e di trattare quanto è connesso con il graduale processo educativo.

S 42. — Ogni provincia provveda, con l’aiuto della commissione per la formazione, a regolare e a favorire la formazione permanente sia comunitaria che personale.

2. Il seminario interno

C 82. — I candidati, per essere ammessi al seminario interno, tra le condizioni richieste, devono mostrare d’avere attitudine a realizzare in comunità la vocazione vincenziana.

C 83. — § 1. Il seminario interno è il tempo in cui i confratelli iniziano la missione e la vita nella Congregazione e, con l’aiuto della comunità e dei superiori, conoscono più a fondo la loro vocazione, e attraverso una formazione speciale si preparano in libertà alla loro incorporazione nella Congregazione.

§ 2. Il seminario interno deve durare almeno dodici mesi, continui o suddivisi. Se i mesi sono suddivisi, toccherà all’Assemblea provinciale determinare il numero dei mesi continui, e stabilire a quale punto del corso degli studi debba essere inserito il periodo del seminario interno.

C 84. — Tutto l’ordinamento di questo periodo deve perciò far sì che i seminaristi:

1° raggiungano una più completa maturità;

2° siano iniziati, in modo progressivo, ad una conoscenza e ad una esperienza adeguate della missione apostolica e della vita della Congregazione;

3° giungano, soprattutto nella preghiera, all’esperienza di Dio.

C 85. — Per raggiungere questo scopo, i seminaristi avranno cura di:

1° acquistare una conoscenza adeguata e concreta degli uomini, particolarmente dei poveri, dei loro bisogni, delle loro aspirazioni e dei loro problemi;

2° approfondire la conoscenza dell’indole propria, dello spirito e dei ministeri della Congregazione, rifacendosi alle fonti, in modo particolare alla vita e alle opere di san Vincenzo, alla storia e alle tradizioni della Congregazione e ad un’attiva e congrua partecipazione del nostro apostolato;

3° dare largo spazio allo studio e alla meditazione del Vangelo e di tutta la Sacra Scrittura;

4° rendersi parte attiva del mistero e della missione della Chiesa, quale comunità di salvezza;

5° conoscere e vivere le massime evangeliche, in particolar modo la castità, la povertà e l’obbedienza, secondo il pensiero di san Vincenzo.

C 86. — I seminaristi sono intimamente inseriti nella comunità provinciale e locale presso la quale vivono, e della loro formazione è responsabile tutta la comunità, sotto la guida e l’animazione del Direttore del seminario interno.

S 43. — Il Seminario interno, secondo le necessità, può essere provinciale o interprovinciale. Nei due casi può compiersi in una o in più case della Congregazione scelte dal Visitatore o dai Visitatori interessati, con il consenso dei loro Consigli.

S 44. — In circostanze particolari, e considerando la maturità umana e cristiana dei candidati, il Visitatore potrà fare opportuni adattamenti.

3. Il seminario maggiore

C 87. — § 1. Il tempo del seminario maggiore ha lo scopo di dare una formazione completa al sacerdozio ministeriale vincenziano, in modo che gli studenti, sull’esempio di Cristo evangelizzatore, si formino alla predicazione del Vangelo, alla celebrazione del culto divino e alla cura pastorale dei fedeli.

§ 2. Secondo lo spirito di san Vincenzo e la tradizione della Congregazione, la formazione dei nostri studenti sia rivolta principalmente al ministero della parola e all’esercizio della carità verso i poveri.

C 88. — La formazione dei nostri studenti sia così strettamente inserita nella realtà sociale, che gli studi aiutino a formarsi una visione e un giudizio critico del mondo contemporaneo. Gli studenti inoltre, attraverso la conversione del cuore, comincino a prender parte, in modo efficace, all’impegno cristiano di instaurare la giustizia, acquistino una sempre più profonda consapevolezza delle radici della povertà nel mondo, e scoprano quali sono gli ostacoli che rendono difficile l’evangelizzazione. Tutto questo programma deve attuarsi alla luce della parola di Dio e sotto la guida dei superiori.

C 89. — Si favoriscano negli studenti la maturità affettiva e le attitudini missionarie, quali: l’abilità a dar vita e a dirigere comunità, il senso di responsabilità, la capacità di giudizio e il suo esercizio, la prontezza alla generosità, la forza di obbligarsi fermamente a realizzare il fine della Congregazione.

C 90. — Il Visitatore deve stabilire un conveniente periodo di tempo durante il quale gli studenti, terminato il corso teologico, esercitino l’ordine del diaconato, prima di essere ammessi al presbiterato.

S 45. — § 1. La casa del seminario maggiore può essere, a seconda delle necessità, propria a ciascuna provincia o comune a più province.

§ 2. Per compiere il corso degli studi ecclesiastici, i nostri studenti possono essere inviati in un’altra provincia o ad un istituto approvato. In tal caso però si provveda che essi conducano vita comune, secondo le consuetudini della Congregazione, e ricevano una conveniente formazione vincenziana.

§ 3. Nelle case di formazione fiorisca la vita di famiglia e si pongano le premesse per una fraternità tra membri della stessa provincia. Se però gli studenti fossero numerosi, si possono dividere, con criteri opportuni, in gruppi minori, per provvedere meglio alla formazione personale di ciascuno.

S 46. — Il Visitatore, sentiti i Superiori e il suo Consiglio, può, per giusti motivi, concedere agli studenti, durante il periodo della formazione, di interrompere gli studi e di vivere fuori della casa di formazione.

S 47. — Si favorisca la mutua conoscenza tra gli studenti delle diverse province della Congregazione.

4. La formazione dei Fratelli

C 91. — § 1. Si abbia una cura particolare di formare i fratelli al compimento fedele della loro missione nella Congregazione. Tutto ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti è disposto circa la formazione, venga applicato anche per la formazione dei fratelli.

§ 2. Occorre quindi che la loro formazione nel seminario interno sia uguale a quella degli altri confratelli, a meno che situazioni particolari non consiglino altrimenti.

§ 3. Quanto alla formazione dei fratelli che debbano essere promossi al diaconato permanente, si osservino le Norme provinciali.

S 48. — Una formazione culturale e professionale specifica per i fratelli deve essere debitamente realizzata attraverso un corso di studio legalmente riconosciuto, affinché essi possano conseguire un titolo o un diploma conveniente.

C 92. — I fratelli vengano inseriti nell’apostolato gradualmente, affinché apprendano a considerare, giudicare e compiere ogni cosa alla luce della fede, e attraverso l’azione imparino a formarsi e a perfezionarsi insieme con gli altri.

5. I Superiori e gli insegnanti

C 93. — L’intera comunità provinciale deve sentirsi responsabile della formazione degli studenti, in modo che ogni confratello offra la sua collaborazione a questa medesima opera.

C 94. — Poiché la formazione degli studenti dipende principalmente dalla idoneità di coloro che li formano, occorre che i Superiori e gli insegnanti siano preparati con una solida dottrina, con una conveniente esperienza pastorale e con una formazione specifica.

C 95. — § 1. Superiori e studenti devono costituire una vera comunità educativa mediante la disponibilità alla mutua comprensione e alla fiducia reciproca, e vivendo tra loro in abituale ed attiva familiarità.

§ 2. Questa comunità educativa, aperta alla collaborazione degli altri gruppi, sottoponga i suoi piani e le sue attività ad una revisione costante.

§ 3. I Superiori operino collegialmente; tuttavia la cura specifica e diretta dei seminaristi e degli studenti sia affidata ad un confratello o, se necessario, a più confratelli.

S 49. — Il seminario maggiore, quale centro di formazione, aiuti i confratelli impegnati nelle diverse attività. Gli stessi educatori e insegnanti si dedichino a opere di apostolato.

S 50. — Si abbia cura che nelle case di formazione vi siano, secondo la necessità, confratelli idonei che esercitino l’ufficio di confessori e di direttori spirituali.

PARTE TERZA

L’ORGANIZZAZIONE

Sezione I. — IL GOVERNO

Principi generali

C 96. — Tutti i confratelli, essendo chiamati a lavorare per continuare la missione di Cristo, hanno il diritto e il dovere di cooperare al bene della comunità apostolica e di partecipare al suo governo, a norma del diritto proprio. Pertanto i confratelli cooperino in modo attivo e responsabile sia nell’esercitare gli uffici, sia nell’intraprendere opere di apostolato, sia nell’eseguire quanto è prescritto.

C 97. — § 1. Coloro che nella Congregazione esercitano l’autorità, che viene da Dio, e coloro che in qualsiasi modo partecipano al suo esercizio, anche nelle Assemblee e nei Consigli, abbiano davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito ma per servire. Perciò, consapevoli della loro responsabilità davanti a Dio, si considerino a servizio della comunità per promuovere il fine che le è proprio secondo lo spirito di san Vincenzo, in una vera comunione di apostolato e di vita.

§ 2. Pertanto instaurino con i confratelli un rapporto di dialogo, ferma restando l’autorità loro propria di decidere e di comandare ciò che va fatto.

C 98. — Tutti i confratelli, nell’adempimento degli incarichi loro affidati dalla comunità, godono del potere sufficiente per esercitarli. Non siano perciò avocate a un grado superiore dell’autorità quelle cose alle quali possono provvedere o i singoli confratelli o i gradi inferiori dell’autorità.

Si mantenga però quell’unità di governo, che è necessaria per raggiungere il fine e il bene di tutta la Congregazione.

C 99. — La Congregazione della Missione, con le sue case e le sue chiese, e tutti i suoi membri, per concessione speciale dei Romani Pontefici, godono dell’esenzione dalla giurisdizione degli Ordinari del luogo, eccetto i casi contemplati dal diritto.

C 100. — L’Assemblea generale, il Superiore generale, i Visitatori e i Superiori delle case e delle comunità legittimamente costituite, hanno sui loro confratelli la potestà definita dal diritto universale e proprio; hanno inoltre la potestà ecclesiastica di governo, ossia di giurisdizione, per il foro esterno ed interno. I Superiori perciò devono essere insigniti dell’ordine sacro.

Capitolo I

L’amministrazione centrale

1. Il Superiore generale

C 101. — Il Superiore generale, successore di san Vincenzo, insieme con tutta la Congregazione, continua la missione del Fondatore, adattata secondo le diverse circostanze, al servizio della Chiesa universale. Perciò governi la Congregazione con tale sollecitudine che il carisma di san Vincenzo rimanga sempre vivo nella Chiesa.

C 102. — Il Superiore generale, centro di unità e di coordinamento delle province, sia anche principio di animazione spirituale e di azione apostolica.

C 103. — Il Superiore generale governa tutte le province, le case e i singoli confratelli della Congregazione con potestà ordinaria, a norma del diritto universale e proprio. Il Superiore generale tuttavia è soggetto all’autorità dell’Assemblea generale, a norma del diritto.

C 104. — Il Superiore generale ha l’autorità di dare soltanto l’interpretazione usuale delle Costituzioni, degli Statuti e dei Decreti dell’Assemblea generale.

C 105. — § 1. Il Superiore generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma dell’art. 140 delle Costituzioni.

§ 2. Per la validità dell’elezione del Superiore generale si richiedono le condizioni che il candidato deve avere a norma del diritto universale e proprio.

§ 3. Il Superiore generale viene eletto per un sessennio, e può essere rieletto per un secondo sessennio, a norma del diritto proprio della Congregazione.

§ 4. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte del successore nella seguente Assemblea generale ordinaria.

C 106. — § 1. Il Superiore generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per sua rinunzia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Superiore generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetta agli Assistenti giudicare collegialmente il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

C 107. — Oltre alle facoltà che gli sono attribuite dal diritto universale o per concessione speciale, spetta al Superiore generale:

1° adoperarsi con grande diligenza affinché lo spirito del Fondatore sia dovunque autentico e fervoroso; l’attività apostolica della Congregazione e l’aggiornamento della medesima siano continuamente promossi; le Costituzioni e gli Statuti vengano applicati con la massima esattezza;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni generali per il bene della Congregazione;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli interessati, fondare province, unirle, dividerle, sopprimerle, nel rispetto delle norme del diritto;

4° convocare l’Assemblea generale e presiederla, e dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa;

5° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Consultori provinciali, rimuovere dal suo ufficio, per gravi motivi, un Visitatore;

6° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, a norma del c. 733 § 1, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, salva l’autorità del Visitatore;

7° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori interessati, erigere, per gravi motivi, case di una Provincia nel territorio di un’altra;

8° per giusti motivi e con il consenso del suo Consiglio, erigere case che non dipendano da nessuna provincia, e siano rette da un Superiore locale alla diretta dipendenza del Superiore generale, e nominarne i Superiori;

9° con il consenso del suo Consiglio, dare ai confratelli il permesso di emettere i voti, e ammetterli agli ordini; dispensare, per gravi motivi, dai voti, sia nel caso che uno legittimamente si ritiri, sia che venga dimesso;

10° dimettere i confratelli dalla Congregazione, a norma del diritto universale e proprio;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi straordinari e per gravi motivi, dispensare dalle Costituzioni;

12° con il consenso del suo Consiglio, approvare le Norme stabilite dalle Assemblee provinciali.

S 51. — Oltre alle facoltà che gli vengono attribuite dal diritto universale, o per concessione speciale, al Superiore generale compete:

1° esercitare nei confronti delle viceprovince le medesime facoltà che ha per le province;

2° salvo il diritto di compiere la visita canonica, se le circostanze lo richiedono, visitare, almeno una volta durante il suo mandato, personalmente o per mezzo di altri, le province e le viceprovince per animarle e rendersi conto della situazione loro e dei confratelli;

3° a) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato gli interessati, accettare missioni offerte alla Congregazione dalla Sede Apostolica o dagli Ordinari del luogo, tenendole sotto la propria giurisdizione o affidandole a una provincia o a un gruppo di province; rinunciare a quelle che le erano state affidate;

b) con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito gli interessati, costituire delle équipes missionarie sotto la propria giurisdizione o affidarle a una provincia o a un gruppo di province.

4° concedere ai Visitatori la facoltà di accettare o di rifiutare missioni concesse dagli Ordinari del luogo fuori del territorio di qualsiasi provincia della Congregazione;

5° con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito i Visitatori e i Vicevisitatori, a tempo opportuno, prima dell’Assemblea generale, nominare la commissione preparatoria;

6° promulgare quanto prima le decisioni dell’Assemblea generale;

7° con il consenso del suo Consiglio, e nel rispetto delle norme stabilite, stipulare i contratti di maggiore rilievo;

8° per motivi gravi, con il consenso del suo Consiglio, e dopo aver sentito il Visitatore della provincia, i Consultori e, se il tempo lo consente, un gran numero di confratelli, governare per breve tempo una provincia mediante un amministratore munito delle facoltà delegate dallo stesso Superiore generale;

9° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori e i confratelli interessati, trasferire confratelli da una provincia ad un’altra;

10° concedere a confratelli legittimamente separati dalla Congregazione i suffragi in uso per i nostri defunti;

11° con il consenso del suo Consiglio, in casi particolari e per giusti motivi, dispensare dagli Statuti e dai Decreti dell’Assemblea generale;

12° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i Visitatori interessati, nominare i Direttori delle Figlie della Carità;

13° concedere l’affiliazione a benefattori e amici della Congregazione, indicando i benefici spirituali che loro spettano;

14° con il consenso del suo Consiglio, incitare le province a partecipare alle attività missionarie internazionali (opere, impegni);

15° con il consenso del suo Consiglio, e udite le parti interessate, costituire delle regioni al di fuori del territorio delle province e approvare le regioni erette dai Visitatori;

16° con il consenso del suo Consiglio, approvare lo Statuto di ogni Conferenza di Visitatori;

17° organizzare il lavoro del Consiglio generale e i servizi degli Assistenti generali.

S 52. — Il Superiore generale ha il suo domicilio in Roma. Non può cambiarlo senza il consenso dell’Assemblea generale e senza aver prima consultato la Sede Apostolica.

S 53. — Le disposizioni emanate dal Superiore generale hanno vigore fino alla seguente Assemblea generale, a meno che non sia stato stabilito diversamente dallo stesso Superiore generale o dal suo successore.

S 54. — I Visitatori, i Superiori e gli altri ufficiali della Congregazione, come pure i Direttori provinciali delle Figlie della Carità, terminato il loro mandato, rimangono in carica fino all’entrata in servizio dei loro successori; questo per una ragione di buon ordine.

2. Il Vicario generale

C 108. — Il Vicario generale coadiuva il Superiore generale e lo sostituisce nell’ufficio quando è assente o impedito, a norma del diritto proprio.

C 109. — Il Vicario generale viene eletto dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio. Per il fatto di essere stato eletto Vicario generale, diventa anche Assistente generale.

C 110. — In caso di assenza del Superiore generale, il Vicario generale ne assume interamente l’autorità, a meno che il Superiore generale non abbia riservato a sé qualche cosa.

C 111. — In caso di impedimento del Superiore generale, il Vicario generale lo sostituisce di pieno diritto fino alla cessazione dell’impedimento. Di tale impedimento giudica il Consiglio generale, assente il Superiore generale, ma presente il Vicario generale.

C 112. — Se, per qualsiasi motivo, si rende vacante l’ufficio di Superiore generale, il Vicario generale diventa ipso facto Superiore generale fino allo scadere del sessennio. Egli poi, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 113. — Se, per qualsiasi motivo, viene a mancare il Vicario generale, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito almeno i Visitatori e i Vicevisitatori, nomina al più presto, tra gli Assistenti, il Vicario generale.

C 114. — Il Vicario generale cessa dal suo ufficio a norma del diritto universale e proprio.

S 55. — § 1. Il Vicario generale cessa dal suo ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte del suo successore;

2° per rinuncia accettata dall’Assemblea generale o dalla Sede Apostolica;

3° per deposizione decisa dalla Sede Apostolica.

§ 2. Se il Vicario generale fosse diventato chiaramente indegno o inabile ad assolvere il suo ufficio, spetterà al Superiore generale con il suo Consiglio, escluso però lo stesso Vicario generale, giudicare il caso e informarne la Sede Apostolica, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

S 56.  Il Vicario generale che abbia assunto il governo della Congregazione come Superiore generale, allo scadere del sessennio può venire immediatamente eletto Superiore generale, ed essere anche rieletto.

3. Gli Assistenti generali

C 115. — Gli Assistenti generali sono membri della Congregazione che formano il Consiglio del Superiore generale, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro suggerimenti nel governo della Congregazione, affinché ne sia promossa l’unità e l’efficienza, siano attuate le Costituzioni e le deliberazioni delle Assemblee generali, e tutte le province collaborino nel promuovere le opere della Congregazione.

C 116. — § 1. Gli Assistenti generali vengono eletti dall’Assemblea generale, a norma del diritto proprio.

§ 2. Gli Assistenti generali vengono eletti, in numero di almeno quattro, da province diverse, per sei anni, e possono essere rieletti una volta sola. Concluso il secondo sessennio consecutivo, non possono venire immediatamente eletti all’ufficio di Vicario generale.

§ 3. Il sessennio si considera compiuto ad accettazione avvenuta dell’ufficio da parte dei successori nella seguente Assemblea generale ordinaria.

S 57. — Fermo restando quanto stabilito nelle Costituzioni, art. 116 § 2:

§ 1. Gli Assistenti generali sono eletti da diverse province e tenendo conto, per quanto possibile, delle varie culture presenti nella Congregazione.

§ 2. Il numero degli Assistenti generali è determinato dall’Assemblea generale.

S 58. — Gli Assistenti devono risiedere nella casa in cui risiede il Superiore generale. Per formare il Consiglio generale, oltre al Superiore generale o al Vicario generale, si richiede la presenza di almeno due Assistenti.

S 59. — Tuttavia, qualora, per una giusta causa, fossero assenti gli Assistenti generali, in modo da venire a mancare il numero richiesto per il Consiglio, il Superiore generale può chiamare a prendere parte allo stesso Consiglio, con diritto di voto, uno degli ufficiali della Curia generalizia, nell’ordine seguente: il Segretario generale, l’Economo generale, o il Procuratore generale presso la Sede Apostolica.

C 117. — L’ufficio degli Assistenti generali cessa a norma del diritto proprio.

S 60. — Gli Assistenti generali cessano dal loro ufficio:

1° per accettazione dell’ufficio da parte dei loro successori;

2° per rinuncia accettata dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti o dall’Assemblea generale;

3° per deposizione decisa dal Superiore generale con il consenso degli altri Assistenti, e approvata dalla Sede Apostolica.

C 118. — § 1. Se qualcuno degli Assistenti cessa dal suo ufficio, un sostituto viene nominato dal Superiore generale con voto deliberativo degli altri Assistenti; il sostituto ha gli stessi diritti e obblighi degli altri Assistenti.

§ 2. Ma se entro sei mesi si deve tenere l’Assemblea generale, il Superiore generale non è tenuto a nominare un sostituto.

4. Gli Ufficiali della Curia generalizia

C 119. — § 1. Il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica vengono nominati dal Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, al di fuori del numero degli Assistenti generali.

§ 2. Essi rimangono in carica a discrezione del medesimo Superiore generale con il consenso del suo Consiglio; a motivo del loro ufficio, sono ascritti alla casa della Curia generalizia.

§ 3. Quando siano chiamati dal Superiore generale, possono partecipare al Consiglio generale, ma non hanno diritto di voto, eccetto i casi previsti negli Statuti.

§ 4. Partecipano all’Assemblea generale con diritto di voto.

S 61. — § 1. Il Segretario generale:

1° è a servizio del Superiore generale per redigere gli atti che riguardano l’intera Congregazione;

2° partecipa per ufficio al Consiglio generale, ma senza voto, con l’incarico di redigerne gli atti;

3° può suggerire al Superiore generale nomi di confratelli perché, a norma del diritto proprio, li nomini come suoi collaboratori, sotto la sua direzione, per l’ordinamento dell’archivio, per curare le pubblicazioni e attendere alla corrispondenza.

§ 2. Se il Segretario generale fosse impedito dall’attendere al suo ufficio, spetta al Superiore generale nominare temporaneamente uno degli Assistenti o uno degli ufficiali o uno dei suoi collaboratori che lo sostituisca.

S 62. — § 1. L’Economo generale, in forza del suo ufficio, amministra, sotto la direzione del Superiore generale con il suo Consiglio e a norma del diritto universale e proprio, i beni della Congregazione e quelli affidati alla Curia generalizia.

§ 2. Col consenso del Superiore generale visita gli Economi provinciali, anzi, in particolari situazioni, anche gli Economi delle case o gli amministratori delle opere di maggiore importanza.

S 63. — § 1. Al Procuratore generale presso la Sede Apostolica spetta:

1° occuparsi delle richieste di facoltà ordinarie da ottenere dalla Sede Apostolica;

2° trattare presso la Sede Apostolica, con il consenso del Superiore generale, e dopo aver sentito i Visitatori interessati, gli affari della Congregazione, delle province, delle case e dei confratelli.

§ 2. Il Procuratore generale presso la Sede Apostolica, per incarico conferito per iscritto dal Superiore generale, può, a norma del diritto, esercitare l’ufficio di Postulatore generale della Congregazione presso la Curia Romana.

Capitolo II

L’amministrazione provinciale, regionale e locale

1. Le province e le viceprovince

C 120. — La Congregazione della Missione è divisa in province, a norma del diritto proprio.

C 121. — La Congregazione è divisa anche in viceprovince, a norma del diritto proprio.

C 122. — La provincia è l’insieme di più case, circoscritta da confini territoriali. A capo di essa è posto il Visitatore con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

S 64. — Sebbene ogni provincia sia circoscritta da confini territoriali, nulla impedisce che una casa di una provincia, a norma dell’a. 107, 7° delle Costituzioni, si trovi nel territorio di un’altra provincia.

S 65. — § 1. La viceprovincia è l’unione di più case, circoscritta da confini territoriali, che, in base a una convenzione intervenuta con una provincia, ne dipende e forma con essa un tutt’uno. A capo di essa c’è un Vicevisitatore, con potestà ordinaria propria, a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Può essere costituita anche una viceprovincia che dipenda non da una provincia pienamente costituita, ma direttamente dall’autorità del Superiore generale; ne è a capo un Vicevisitatore con potestà ordinaria propria.

§ 3. La viceprovincia è, per sua natura, provvisoria. Essa diventerà provincia quando si verifichino le condizioni richieste.

§ 4. Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa le province, vale, fatte le debite proporzioni, anche per la viceprovincia, a meno che, in modo esplicito, non sia detto diversamente nelle stesse Costituzioni e negli Statuti o nelle Norme e convenzioni di ciascuna viceprovincia.

S 66. — § 1. Quando dalla divisione di una provincia se ne fonda un’altra distinta dalla prima, anche tutti i beni che erano a disposizione della provincia, e i debiti contratti dalla medesima, devono venir divisi dal Superiore generale col suo Consiglio proporzionalmente secondo giustizia ed equità, rispettando le intenzioni dei fondatori o donatori, i diritti legittimamente acquisiti, e anche le Norme proprie secondo cui è retta la provincia.

§ 2. La divisione dell’archivio della provincia madre è riservata alla decisione del Superiore generale, dopo aver sentito i Visitatori interessati.

2. Il Visitatore e il Vicevisitatore

C 123. — § 1. Il Visitatore è un Superiore maggiore, ordinario, con potestà ordinaria propria, che è preposto ad una provincia perché la governi a norma del diritto universale e proprio.

§ 2. Il Visitatore, sollecito dell’attiva partecipazione di tutti alla vita e all’apostolato della provincia, destini i confratelli e i beni a servizio della Chiesa, secondo il fine della Congregazione; dia impulso ai ministeri delle case; si mostri premuroso del progresso personale e dell’attività dei singoli, promuovendo un’unione vitale.

S 67.  Ciò che nelle Costituzioni e negli Statuti viene stabilito circa il Visitatore, vale anche per il Vicevisitatore, a meno che nelle Costituzioni o negli Statuti stessi, o nelle Norme e nelle convenzioni di ciascuna viceprovincia, non venga esplicitamente disposto in altro modo.

C 124. — Il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, a norma del diritto proprio, nomina il Visitatore dopo una consultazione della provincia, o lo conferma dopo un’elezione.

S 68. — § 1. Il Visitatore è nominato per sei anni dal Superiore generale col consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato almeno i membri della provincia che hanno voce attiva. Allo stesso modo e alle stesse condizioni, il Visitatore può essere confermato dal Superiore generale una volta per un triennio.

§ 2. Le modalità e le circostanze della consultazione possono essere stabilite dall’Assemblea provinciale con l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

§ 3. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di elezione del Visitatore. Ma questa elezione deve riunire almeno le condizioni seguenti:

1° che l’incarico non sia inferiore a tre anni e non oltrepassi sei anni;

2° che il Visitatore eletto non resti in carica oltre nove anni continui;

3° che nei primi due scrutini sia richiesta la maggioranza assoluta dei voti, tolte le schede nulle; che al terzo scrutinio godano di voce passiva solo i due che nel secondo scrutinio hanno ottenuto il maggior numero di voti, anche se uguale;

4° in caso di parità di voti, si riterrà eletto il più anziano di vocazione o di età.

§ 4. Perché il Visitatore eletto o rieletto possa entrare in carica, si richiede la conferma del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 125. — È compito del Visitatore:

1° promuovere l’osservanza delle Costituzioni, degli Statuti e delle Norme provinciali;

2° con il consenso del suo Consiglio, emanare disposizioni per il bene della provincia;

3° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, erigere case e costituire comunità locali, e sopprimerle, entro i confini della sua provincia e a norma del c. 733 § 1;

4° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato i confratelli, nominare i Superiori delle case, ed informare il Superiore generale della nomina fatta;

5° con il consenso del suo Consiglio, dopo aver consultato gli interessati e con l’approvazione del Superiore generale, nominare un Superiore regionale con potestà delegata;

6° visitare con frequenza le case e i confratelli, e per ufficio almeno ogni due anni;

7° convocare, a norma del diritto proprio, l’Assemblea provinciale e presiederla; dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa e promulgare le Norme provinciali;

8° ammettere al seminario interno, ai proponimenti e ai voti i candidati, a norma delle Costituzioni e degli Statuti;

9° dopo aver consultato i Superiori e i direttori dei candidati, ammettere questi ai « ministeri » e, con il consenso del suo Consiglio, agli ordini;

10° presentare i confratelli per gli ordini e rilasciare le lettere dimissorie per la loro ordinazione;

11° dopo aver sentito il suo Consiglio e consultato i loro Superiori, dimettere confratelli non ancora incorporati alla Congregazione.

S 69. — È compito del Visitatore:

1° elaborare il progetto provinciale, secondo le Norme provinciali e con il consenso del suo Consiglio;

2° con il consenso del suo Consiglio e dopo aver consultato il Superiore generale, nel rispetto delle norme stabilite, fondare o sopprimere un’opera di grande rilievo per una casa;

3° dopo aver sentito il suo Consiglio e dopo aver consultato, per quanto possibile, gli interessati, destinare i confratelli alle diverse case, secondo le necessità delle medesime. Nei casi più urgenti, tuttavia, il Visitatore deve almeno informare il suo Consiglio;

4° con il consenso del suo Consiglio e seguendo le Norme provinciali, nominare l’Economo provinciale e il Direttore del seminario interno e del seminario maggiore;

5° approvare il progetto comunitario delle case, preparato dal Superiore locale con la sua comunità;

6° mandare al Superiore generale le relazioni sullo stato della provincia e delle visite d’ufficio fatte alle case;

7° con il consenso del suo Consiglio, stipulare contratti necessari ed utili, a norma del diritto universale e proprio;

8° dopo aver sentito il suo Consiglio, nominare, in tempo utile, la commissione preparatoria per l’Assemblea provinciale;

9° usufruire della prerogativa di dirimere la parità di voti, a norma del diritto;

10° informare quanto prima il Superiore generale dell’emissione dei voti fatta dai confratelli e della loro incorporazione alla Congregazione, e degli ordini da essi ricevuti;

11° aver cura, personalmente o con l’aiuto di persone competenti, dell’archivio provinciale;

12° approvare i confratelli e dar loro la giurisdizione per le confessioni dei membri della Comunità, ed anche, salvo il diritto dell’Ordinario del luogo, per la sacra predicazione della parola di Dio, e delegare ad altri le stesse facoltà;

13° con il consenso del suo Consiglio e per giusti motivi, dispensare dalle Norme provinciali in casi particolari;

14° regolarizzare la situazione dei missionari che si trovano in situazioni irregolari.

S 70. — Il Vicevisitatore ha gli stessi diritti, le stesse facoltà e gli stessi doveri del Visitatore, a meno che nelle Costituzioni e negli Statuti non sia espressamente disposto in altro modo.

S 71. — Le disposizioni del Visitatore rimangono in vigore fino all’Assemblea provinciale seguente, a meno che non sia stato disposto in altro modo dal Visitatore stesso o dal suo successore.

S 72. — § 1. Quando si renda vacante l’ufficio di Visitatore, il governo della provincia passa temporaneamente all’Assistente del Visitatore; se poi non vi fosse un Assistente, il governo passa al Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, a meno che non sia stato disposto diversamente dal Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, un modo proprio di provvedere al governo temporaneo della provincia, in caso di morte del Visitatore o nel caso che questi cessi dall’ufficio.

3. L’Assistente del Visitatore

C 126. — Il Visitatore può avere un Assistente, fornito delle condizioni richieste dagli aa. 61 e 100, che lo coadiuvi nel governo della provincia. Spetta all’Assemblea provinciale stabilire se vi debba essere o no l’Assistente del Visitatore.

S 73. — § 1. L’Assistente del Visitatore è uno dei Consultori provinciali, e viene eletto dagli stessi Consultori insieme con il Visitatore, a meno che non sia stato disposto diversamente dall’Assemblea provinciale.

§ 2. In assenza del Visitatore, l’Assistente ha la medesima autorità del Visitatore, eccetto per quanto il Visitatore ha riservato a sé.

§ 3. In caso di impedimento del Visitatore, l’Assistente lo sostituisce a tutti gli effetti, per la durata dell’impedimento. Sarà poi il Consiglio provinciale, senza il Visitatore, a giudicare circa l’impedimento e a informarne al più presto il Superiore generale, alle cui disposizioni ci si dovrà attenere.

4. Il Consiglio del Visitatore

C 127. — I Consultori, che formano il Consiglio del Visitatore, lo aiutano con la loro collaborazione e i loro consigli nel governo della provincia per promuoverne l’unità e la vitalità, per far attuare le Costituzioni e le decisioni dell’Assemblea provinciale, e perché tutte le case e tutti i confratelli collaborino allo sviluppo delle opere.

S 74. — § 1. I Consultori sono nominati dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato almeno i confratelli della provincia che godono di voce attiva. Nel medesimo modo e alle stesse condizioni, i Consultori possono essere confermati per un secondo e per un terzo triennio, ma non per un quarto.

§ 2. L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio un modo proprio per designare o eleggere i Consultori, stabilire il loro numero, determinare il tempo della nomina e della durata in carica. Il Visitatore deve informare il Superiore generale dell’avvenuta designazione dei Consultori.

§ 3. Un Consultore provinciale può, per gravi motivi, essere rimosso dall’ufficio dal Superiore generale, su proposta del Visitatore con il consenso degli altri Consultori.

 § 4. Ciò che all’art. 73, § 2 e § 3 si dice dell’Assistente provinciale, vale anche per il Consultore provinciale più anziano per nomina, per vocazione o per età, qualora non vi sia l’Assistente provinciale, a meno che nelle Norme provinciali non sia disposto diversamente.

5. L’Economo provinciale

C 128. — In ogni provincia deve esserci un Economo che amministri i beni della provincia, sotto la direzione e la vigilanza del Visitatore con il suo Consiglio, a norma del c. 636 § 1 e del diritto proprio.

S 75. — L’Economo viene nominato dal Visitatore con il consenso del suo Consiglio, o in altro modo stabilito dalle Norme provinciali.

S 76. — Se l’Economo provinciale non è consultore, partecipa al Consiglio provinciale quando è convocato dal Visitatore, ma senza diritto di voto.

S 77. — è compito dell’Economo provinciale:

1° aver cura che il possesso dei beni della provincia sia legittimo davanti alla legge ecclesiastica e a quella civile;

2° aiutare, con il consiglio e la collaborazione, gli Economi delle case nell’adempimento del loro ufficio, e vigilare sulla loro amministrazione;

3° far sì che ogni casa paghi la somma stabilita per le spese della provincia e mandare, a suo tempo, all’Economo generale la tassa per il fondo generale;

4° assicurarsi che venga pagato il giusto stipendio a coloro che lavorano alle dipendenze della Congregazione, e che si osservino scrupolosamente le leggi civili circa le tasse e le assicurazioni sociali;

5° tenere sempre in ordine i vari registri delle uscite e delle entrate, come pure gli altri documenti;

6° rendere conto della sua amministrazione al Visitatore e al suo Consiglio, a norma dell’art. 103.

6. Le regioni

S 78. — § 1. La regione è un territorio, con almeno una casa, che appartiene a una provincia o che dipende direttamente dal Superiore generale.

§ 2. La regione è eretta dal Superiore generale con il suo Consiglio o dal Visitatore con il suo Consiglio, con l’approvazione del Superiore generale (cf. S 51, 15). è affidata a un Superiore regionale.

§ 3. Il Superiore regionale è munito di facoltà delegate dal Superiore generale o dal Visitatore, in vista di favorire la realizzazione della missione propria della Congregazione.

§ 4. Se il Superiore regionale è nominato dal Visitatore con il suo Consiglio, la sua nomina deve essere confermata dal Superiore generale con il suo Consiglio (cf. Cost. 125, 5°).

§ 5. La regione è costituita con una convenzione scritta che precisi le facoltà delegate e gli impegni reciproci tra il Superiore generale o il Visitatore e il Superiore regionale.

§ 6. Una regione può essere costituita sia in vista della sua propria autonomia diventando una viceprovincia o provincia, sia perché una viceprovincia o provincia non può più mantenere la sua autonomia.

§ 7. Perché una regione possa essere eretta in viceprovincia o una viceprovincia in provincia, è necessario che la regione o la viceprovincia abbiano una concreta possibilità di avere vocazioni e una base economica sufficiente per il mantenimento della missione e dei confratelli.

7. Le Conferenze di Visitatori

S 79. — § 1. Per favorire la collaborazione tra le province nel campo della missione, della comunicazione e della formazione, i Visitatori devono costituire delle Conferenze di Visitatori.

§ 2. Queste Conferenze salvaguardino sempre l’unità della Congregazione, l’autonomia delle province e i principi di sussidiarietà e di corresponsabilità.

§ 3. Spetta a ogni Conferenza redigere il proprio Statuto e sottometterlo al Superiore generale con il suo Consiglio.

8. Uffici dell’amministrazione locale

C 129. — § 1. La Congregazione realizza se stessa soprattutto nelle singole comunità locali.

§ 2. Il Superiore, centro di unità e animatore della vita della comunità locale, dia impulso ai ministeri della casa, e si mostri sollecito, con la comunità, del progresso e dell’attività di ciascuno.

C 130. — § 1. Il Superiore locale viene nominato dal Visitatore per un triennio, dopo aver consultato i confratelli della casa o della comunità locale. Nella stessa casa o comunità locale, alle stesse condizioni, può essere nominato per un secondo triennio. Dopo il secondo triennio, se è necessario rinnovarlo, si deve ricorrere al Superiore generale.

§ 2. L’Assemblea provinciale ha la facoltà di stabilire un altro modo di designazione del Superiore locale.

§ 3. Il Superiore locale deve avere i requisiti indicati dagli aa. 61 e 100.

C 131. — A norma del diritto, il Superiore locale ha potestà ordinaria in foro interno e in foro esterno sui confratelli e su coloro che dimorano giorno e notte nella sua casa; e può delegare la medesima potestà ad altri.

S 80. — Il Superiore locale ha il diritto e il dovere di:

1° informare il Visitatore sulla situazione della casa affidatagli;

2° assegnare ai confratelli della casa incarichi e uffici, la cui attribuzione non sia riservata ai Superiori maggiori;

3° convocare e dirigere l’Assemblea domestica;

4° preparare, insieme con la comunità, il progetto comunitario della sua casa e sottoporlo all’approvazione del Visitatore;

5° avere un archivio e il sigillo della casa;

6° comunicare ai confratelli i decreti e le notizie della Congregazione;

7° curare che siano soddisfatti gli obblighi di Messe.

S 81. — § 1. Il Superiore locale amministra la casa con la collaborazione di tutti i confratelli, specialmente dell’Assistente e dell’Economo, che vengono nominati secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

§ 2. L’Assistente, in assenza del Superiore, ne esercita interamente l’Ufficio, secondo le norme stabilite dal diritto proprio.

§ 3. Gli incontri dei confratelli della comunità, fatti a modo di Consiglio, siano frequenti.

C 132. — § 1. Qualora non vi siano le condizioni per erigere una casa, oppure lo richieda qualche opera, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, può costituire un gruppo di confratelli a modo di casa, secondo le Norme provinciali.

§ 2. Uno dei confratelli, designato dal Visitatore a norma del diritto, è responsabile di tale gruppo come se fosse Superiore.

§ 3. Un gruppo costituito a modo di casa ha i medesimi diritti ed obblighi di una casa propriamente detta.

C 133. — Il Superiore locale può essere rimosso qualora ciò sembri opportuno al Visitatore, per un motivo giusto e proporzionato, con il consenso del suo Consiglio e con l’approvazione del Superiore generale.

C 134. — § 1. L’Economo amministra i beni della casa sotto la direzione del Superiore, aiutato dal dialogo e dall’interessamento dei confratelli, a norma del diritto universale, della Congregazione e della provincia.

§ 2. Qualora il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, lo giudicasse necessario per qualche casa, venga costituito un Consiglio domestico; i Consultori di casa, che aiutano il Superiore locale nella direzione della casa, siano designati secondo le Norme provinciali.

Capitolo III

Le Assemblee

1. Principi generali

C 135. — Le Assemblee della Congregazione della Missione, che hanno lo scopo di custodire e promuovere la spiritualità e l’attività apostolica della medesima, sono di tre tipi: generale, provinciale e domestica.

S 82. — I Superiori e i confratelli preparino le Assemblee e vi partecipino attivamente; osservino poi fedelmente le disposizioni e le norme da esse emanate.

C 136. — § 1. Nessuno può godere di due voti.

§ 2. Le condizioni apposte al voto prima delle elezioni vanno considerate nulle.

§ 3. L’elezione comporta l’obbligo, per chi è stato eletto, di partecipare all’Assemblea o di accettare l’ufficio, a meno che non sia scusato da un motivo grave. Se si tratta di partecipare ad un’Assemblea, il motivo grave deve essere riconosciuto dal Superiore competente, che in seguito ne chiederà l’approvazione all’Assemblea; se invece si tratta dell’accettazione di un ufficio, la gravità del motivo deve essere riconosciuta dall’Assemblea stessa.

§ 4. Nelle Assemblee nessuno può farsi sostituire da un altro di proprio arbitrio.

§ 5. La maggioranza dei voti deve essere computata unicamente in base ai voti validi. Le schede bianche sono nulle.

S 83. — § 1. Per le elezioni si richiedono almeno tre scrutatori.

§ 2. Sono scrutatori di diritto, insieme con il presidente e il segretario, dopo la sua elezione, i due membri dell’Assemblea più giovani per età.

§ 3. In apertura di Assemblea si procede all’elezione del segretario, che ha per compito di:

1° svolgere l’incarico di primo scrutatore;

2° stendere le relazioni delle sessioni e redigerne i documenti.

S 84. — Prima e durante l’Assemblea si deve favorire il libero scambio di notizie sulle questioni da decidere e sulle qualità di coloro che sono da eleggersi.

S 85. — Terminata la trattazione degli argomenti, gli atti dell’Assemblea, approvati dai suoi membri, devono essere sottoscritti dal presidente dell’Assemblea, dal suo segretario e da tutti i partecipanti e, autenticati dal sigillo, devono essere conservati accuratamente in archivio.

2. L’Assemblea generale

C 137. — L’Assemblea generale, che rappresenta direttamente tutta la Congregazione, come sua autorità suprema, ha il diritto di:

1° salvaguardare il patrimonio spirituale dell’Istituto e promuovere, in armonia con esso, un adeguato rinnovamento;

2° eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali;

3° emanare leggi, ossia Statuti e Decreti, per il bene della Congregazione, salvo restando il principio di sussidiarietà. Gli Statuti non esplicitamente abrogati rimangono in vigore. I Decreti, invece, perché rimangano in vigore, devono essere esplicitamente confermati;

4° chiedere alla Sede Apostolica, con votazione a maggioranza dei due terzi, modifiche alle Costituzioni da essa approvate;

5° interpretare in modo autentico gli Statuti; l’interpretazione autentica delle Costituzioni invece spetta alla Sede Apostolica.

S 86. — L’Assemblea generale ha il diritto di fare Dichiarazioni con valore dottrinale e di indole esortativa.

C 138. — L’Assemblea generale, convocata dal Superiore generale, è da tenersi:

1° come ordinaria, per eleggere il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, e per trattare i problemi della Congregazione;

2° come straordinaria, se convocata come tale dal Superiore generale, a norma del diritto proprio.

S 87. — § 1. L’Assemblea generale ordinaria si deve tenere nel corso del sesto anno successivo all’ultima Assemblea generale ordinaria.

§ 2. L’Assemblea generale straordinaria si tiene ogni qualvolta il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio e dopo aver sentito i Visitatori, lo riterrà necessario.

§ 3. L’Assemblea generale deve essere preceduta dalle Assemblee provinciali.

S 88. — § 1. Spetta al Superiore generale stabilire, con il consenso del suo Consiglio, quando e dove tenere l’Assemblea generale.

§ 2. Tuttavia, nel corso del sesto anno, per un giusto motivo, l’Assemblea generale potrà venire anticipata o differita di sei mesi rispetto al giorno d’inizio della precedente Assemblea generale ordinaria, mediante un decreto del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio.

C 139. — All’Assemblea generale devono partecipare:

1° il Superiore generale, il Vicario e gli Assistenti generali, il Segretario generale, l’Economo generale e il Procuratore generale presso la Sede Apostolica;

2° i Visitatori e i deputati delle province, eletti a norma del diritto proprio.

S 89. — § 1. Il Superiore generale, il Vicario generale e gli Assistenti generali, che terminano il loro mandato, rimangono membri dell’Assemblea nelle successive sessioni della medesima.

§ 2. Oltre coloro che, a norma delle Costituzioni, devono partecipare per ufficio all’Assemblea generale, sarà presente un deputato per ogni provincia e viceprovincia in rappresentanza dei primi cento confratelli che hanno voce attiva; se poi i confratelli che hanno voce attiva sono più di cento, vi sarà un altro deputato per ogni settantacinque e per la rimanente frazione di questo numero.

Il numero dei deputati all’Assemblea generale va calcolato in base al numero dei confratelli aventi voce attiva nel giorno dell’elezione dei deputati nell’Assemblea provinciale.

§ 3. Quando fosse vacante l’ufficio di Visitatore, va all’Assemblea generale colui che ha il governo temporaneo della provincia.

Se il Visitatore fosse legittimamente impedito di andare all’Assemblea generale, al suo posto va colui che lo sostituisce nell’ufficio. Se poi questi fosse stato eletto deputato, andrà all’Assemblea generale il primo sostituto.

S 90. — § 1. Il Superiore generale con il suo Consiglio avrà cura che, nel caso in cui nessun Fratello risulti eletto per partecipare all’Assemblea generale, sia assicurata la presenza di fratelli in essa.

§ 2. Il Superiore generale con il suo Consiglio provvederà inoltre a risolvere quei casi, in cui sia impossibile una legittima elezione di delegati all’Assemblea generale, ma sia comunque importante la loro presenza in essa.

S 91. — § 1. A tempo opportuno, prima della convocazione dell’Assemblea generale, il Superiore generale con il suo Consiglio, dopo aver sentito i Visitatori e tenendo conto delle diverse regioni e opere, nomina la commissione preparatoria.

§ 2. Pur lasciando al Superiore generale con il suo Consiglio piena libertà di ordinare i lavori della commissione preparatoria secondo criteri di opportunità, i compiti della medesima commissione potrebbero essere i seguenti:

1° chiedere alle province e ai singoli confratelli quali problemi, a loro parere, siano più urgenti, e con che metodo debbano essere trattati in Assemblea generale;

2° ricevute le risposte, scegliere, secondo le necessità, gli argomenti più urgenti e più generali, preparare studi e raccogliere le fonti, e mandare tutto ai Visitatori, in tempo utile, prima che si tengano le Assemblee domestiche;

3° ricevere le proposte o postulati delle Assemblee provinciali e gli studi elaborati dalle province, come anche i postulati che vorrà proporre il Superiore generale, dopo aver sentito il suo Consiglio;

4° disporre ordinatamente tutti i dati acquisiti e ricavarne un documento di lavoro, e spedire quindi il tutto tempestivamente in modo che i membri dell’Assemblea e i loro sostituti lo possano avere tra mano due mesi prima dell’inizio dell’Assemblea generale.

§ 3. Una volta iniziata l’Assemblea, il compito di questa commissione è esaurito. Tuttavia il suo presidente, personalmente o per mezzo di altri, se ciò sembrerà opportuno, farà una relazione sul lavoro della commissione.

C 140. — § 1. All’elezione del Superiore generale si procede in questo modo: se nel primo scrutinio nessuno avrà ottenuto due terzi dei voti, si procederà a un secondo scrutinio, con le stesse modalità seguite nel primo; se neppure nel secondo, allo stesso modo si tenterà un terzo scrutinio, e anche un quarto.

Dopo il quarto scrutinio inefficace, se ne farà un quinto, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli.

Dopo il quinto scrutinio inefficace, se ne farà un sesto, nel quale godranno di voce passiva soltanto i due candidati che nel quinto scrutinio avranno raccolto il maggior numero di voti, anche se a parità, a meno che non siano in più ad aver ottenuto parità al primo o al secondo posto: nel qual caso anche questi godranno di voce passiva nel sesto scrutinio, nel quale si richiede ed è sufficiente la maggioranza relativa dei voti, non computando quelli nulli; ed in caso di parità si riterrà eletto il candidato più anziano per vocazione o per età.

§ 2. Avvenuta legittimamente l’elezione, dopo che l’eletto avrà accettato l’ufficio, colui che presiede stenderà il decreto di elezione e a voce alta proclamerà l’eletto. Ma se fosse stato eletto Superiore generale colui che presiede, sarà il segretario dell’Assemblea a redigere il decreto e il moderatore proclamerà l’eletto.

§ 3. L’eletto poi non rifiuterà l’onere che gli viene affidato, se non per gravi motivi.

§ 4. Terminata l’elezione e rese grazie a Dio, le schede saranno distrutte.

§ 5. Se il neoeletto non fosse presente, lo si convochi e, fino al suo arrivo, l’Assemblea potrà trattare altri problemi della Congregazione.

S 92. — § 1. Il giorno dell’elezione del Superiore generale, gli elettori offriranno a Dio la Messa per il buon risultato dell’elezione e, dopo una breve esortazione, all’ora stabilita, inizieranno la sessione sotto la direzione del presidente.

§ 2. Gli elettori scriveranno su schede appositamente preparate il nome di colui che vorranno eleggere Superiore generale.

§ 3. Se, al conteggio, risultasse che il numero delle schede è superiore a quello degli elettori, tutto si considera nullo, e si deve ripetere l’operazione di voto.

C 141. — Il Vicario generale viene eletto alle stesse condizioni del Superiore generale e nel modo prescritto nell’art. 140 § 1.

C 142. — § 1. Terminate le elezioni del Superiore generale e del Vicario generale, l’Assemblea generale procede all’elezione degli altri Assistenti, in scrutini distinti.

§ 2. Saranno ritenuti eletti coloro che avranno ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, non computando quelli nulli; costoro saranno proclamati eletti dal presidente dell’Assemblea.

§ 3. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo scrutinio si riterrà eletto colui che avrà ottenuto la maggioranza relativa dei voti; e in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

S 93. — Il direttorio approvato da un’Assemblea rimane in vigore fino a che non sia mutato o abrogato da un’altra.

3. L’Assemblea provinciale

C 143. — Compito dell’Assemblea provinciale, quale adunanza di confratelli che come deputati rappresentano la Provincia, è il seguente:

1° emanare Norme per il bene comune della provincia entro i limiti del diritto universale e proprio; tali Norme acquistano forza obbligatoria dopo l’approvazione del Superiore generale con il consenso del suo Consiglio;

2° trattare, quale organo consultivo del Visitatore, ciò che può servire al bene della provincia;

3° trattare le proposte che, a nome della provincia, si devono trasmettere sia all’Assemblea generale, sia al Superiore generale;

4° eleggere i deputati per l’Assemblea generale, quando è il caso;

5° dare norme per le Assemblee domestiche, entro i limiti del diritto universale e proprio; tali norme non hanno bisogno dell’approvazione del Superiore generale.

S 94. — Le Norme emanate dall’Assemblea provinciale sono regole generali che vanno applicate in tutti i casi contemplati dalle Norme stesse. Tuttavia tali Norme non toccano l’autorità del Visitatore, quale viene descritta dal diritto universale e proprio, né il suo potere esecutivo, necessario al compimento del suo ufficio. Rimangono in vigore fino a che non siano revocate da una successiva Assemblea provinciale o dal Superiore generale.

C 144. — § 1. L’Assemblea provinciale si deve tenere due volte in sei anni, una prima dell’Assemblea generale, l’altra nel tempo intermedio.

§ 2. Se necessario, il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio e sentiti i Superiori locali, può convocare un’Assemblea provinciale straordinaria.

C 145. — Spetta al Visitatore convocare l’Assemblea provinciale e presiederla, dimettere i partecipanti con il consenso dell’Assemblea stessa, e promulgarne le Norme.

S 95. — Spetta al Visitatore, sentito il suo Consiglio, fissare la data e designare la Casa in cui si deve tenere l’Assemblea provinciale.

S 96. — Il Superiore generale renderà nota al Visitatore la sua decisione riguardante le Norme provinciali entro due mesi dalla data in cui le avrà ricevute.

C 146. — Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stato stabilito diversamente nelle Norme provinciali:

1° per ufficio: il Visitatore, i Consultori provinciali, l’Economo provinciale e i Superiori delle singole case della provincia;

2° inoltre, i deputati eletti a norma del diritto proprio.

S 97. — Devono partecipare all’Assemblea provinciale, se non è stabilito diversamente nelle Norme provinciali, tanti deputati eletti entro un unico collegio provinciale, formato da tutti i confratelli che hanno voce passiva, quanti sono i deputati che devono partecipare per ufficio con l’aggiunta di un deputato ogni 25 confratelli che hanno voce attiva, e di uno per la rimanente frazione di questo numero.

S 98. — Si ritengano eletti deputati coloro che, entro un unico collegio provinciale, hanno ottenuto il maggior numero di voti e, in caso di parità, i più anziani per vocazione o per età; altrettanti sono i sostituti, secondo la graduatoria dei voti riportati.

S 99. — Se il Superiore di una casa, per qualche impedimento, non può recarsi all’Assemblea provinciale, in suo luogo andrà l’Assistente di casa. Se poi l’Assistente fosse già eletto deputato, lo sostituirà un altro dall’elenco dei sostituti.

S 100. — L’Assemblea provinciale può proporre all’approvazione del Superiore generale, col consenso del suo Consiglio, un sistema proprio di rappresentanza all’Assemblea provinciale, a condizione però che il numero dei deputati eletti sia superiore al numero di coloro che devono parteciparvi per ufficio.

S 101. — Spetta alle singole province darsi, durante l’Assemblea, proprie norme di procedura, ossia un Direttorio, entro i limiti del diritto universale e proprio.

S 102. — L’Assemblea procede all’elezione dei deputati e dei sostituti all’Assemblea generale in scrutini distinti, a maggioranza assoluta di voti. Se nel primo e nel secondo scrutinio nessuno risulterà eletto, nel terzo si riterrà eletto colui che avrà riportato il maggior numero di voti e, in caso di parità, il più anziano per vocazione o per età.

4. L’Assemblea domestica

C 147. — § 1. L’Assemblea domestica viene convocata dal Superiore della casa o dall’Assistente che esercita pienamente l’ufficio di Superiore, e si tiene in relazione all’Assemblea provinciale.

§ 2. All’Assemblea domestica devono essere convocati tutti coloro che hanno voce attiva.

§ 3. è compito dell’Assemblea domestica trattare di quelle proposte che la casa intende presentare all’Assemblea provinciale, come pure di quelle che la commissione preparatoria dell’Assemblea provinciale ha presentato da discutere, e deliberare circa le proposte stesse.

Sezione II. — I BENI TEMPORALI

C 148. — § 1. La Congregazione della Missione possiede beni temporali per le esigenze dell’attività pastorale e della vita comunitaria; di essi si serve come mezzi per il servizio di Dio e dei poveri, secondo lo spirito e l’esempio del Fondatore; li amministra come patrimonio dei poveri, con oculatezza, ma senza la preoccupazione di accumulare ricchezze.

§ 2. La Congregazione della Missione abbraccia una forma comunitaria di povertà evangelica per il fatto che tutti i beni della Congregazione sono comuni, e la Congregazione ne usa per meglio ricercare e raggiungere il fine che le è proprio.

S 103. — La Congregazione rifletta assiduamente su questi principi, li accolga di cuore e li metta in pratica con fiducia e coraggio:

1° lo sforzo concorde per instaurare quella sobrietà di vita che, con la forza dell’esempio, più che con le parole, nel nome della povertà di Cristo, si oppone alla cupidigia che scaturisce dalla società dell’opulenza e alla bramosia delle ricchezze, che manda in rovina quasi tutto il mondo (cf. RC III, 1);

2° preoccupazione effettiva di impiegare i propri beni per promuovere la giustizia sociale;

3° l’alienazione dei beni, quando siano superflui, a favore dei poveri.

C 149. — Poiché tutti i beni sono comuni, i confratelli sono corresponsabili, a norma del diritto, dell’acquisto, amministrazione e destinazione dei beni temporali della casa e della provincia alle quali essi appartengono; fatte le debite proporzioni, il principio vale anche riguardo ai beni di tutta la Congregazione.

C 150. — § 1. Le case, le comunità locali, le province e la Congregazione stessa hanno capacità giuridica di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali. Qualora le circostanze lo richiedano, i loro Superiori sono i rappresentanti legali anche davanti all’autorità civile, a meno che non sia disposto altrimenti.

§ 2. Fonti da cui provengono i beni temporali sono il lavoro dei confratelli e gli altri mezzi leciti per acquistare beni.

C 151. — In forza del principio del bene comune, le case devono venire in aiuto delle province in tutto ciò che è necessario alla buona amministrazione, e per provvedere alle necessità generali; lo stesso vale per le province nei confronti della Curia generalizia.

S 104. — Tenendo presente il principio di equità, il Superiore generale, con il consenso del suo Consiglio, ha il diritto di fissare una tassa per le province; lo stesso può fare il Visitatore, con il consenso del suo Consiglio, per le case della provincia.

C 152. — § 1. Le province e le case condividano le une con le altre i beni temporali, in modo che quelle che hanno maggiore disponibilità vengano in aiuto di quelle che si trovano in strettezze.

§ 2. La Congregazione, le province e le case provvedano volentieri con i loro beni alle necessità altrui e al sostentamento dei poveri.

C 153. — § 1. I confratelli che ne hanno ricevuto l’incarico, amministrino i beni temporali per provvedere al conveniente sostentamento dei confratelli e per fornire mezzi adeguati al loro ministero apostolico e alle opere di carità.

§ 2. I beni della comunità devono essere amministrati dai rispettivi Economi sotto la vigile direzione dei Superiori con i loro Consigli, nei limiti del diritto universale e proprio e nel rispetto del principio di sussidiarietà.

S 105. — Si devono amministrare sotto la vigilanza dei Superiori e dei loro Consigli i beni affidati alla Congregazione soltanto in amministrazione.

S 106. — § 1. Gli Economi devono rendere conto ai Superiori, e tenere informati i confratelli della loro amministrazione.

§ 2. I registri delle entrate e delle uscite e la relazione sullo stato patrimoniale dovranno essere esaminati dal Superiore generale con il suo Consiglio una volta all’anno per quanto riguarda l’Economo generale; dal Visitatore col suo Consiglio due volte all’anno per quanto riguarda l’Economo provinciale; dal Superiore locale ogni mese per quanto riguarda l’Economo di casa. I registri e la relazione saranno firmati soltanto se risulteranno esatti.

§ 3. I confratelli che hanno l’amministrazione di opere particolari, tanto di una provincia quanto di una casa, presenteranno i registri delle entrate e delle uscite ai loro rispettivi Superiori, alle scadenze e nei modi stabiliti dalle Norme provinciali.

§ 4. Se invece i beni non sono proprietà della Congregazione, ma sono stati affidati in amministrazione, i loro registri si devono presentare sia ai loro proprietari sia ai Superiori della Congregazione.

§ 5. L’Economo generale presenti una relazione generale della sua Amministrazione: ai Visitatori alla fine di ogni anno; ogni sei anni all’Assemblea generale.

§ 6. I Visitatori, per le loro province, manderanno un resoconto al Superiore generale alla fine dell’anno.

§ 7. Gli Economi provinciali presentino ai confratelli della provincia una relazione generale della loro amministrazione e del patrimonio della provincia, secondo quanto prescrivono le Norme provinciali.

C 154. — § 1. Ricordino gli amministratori che essi sono soltanto dispensatori dei beni della comunità; li impieghino pertanto solo per scopi corrispondenti alla condizione dei missionari; e si comportino in ogni caso secondo le leggi civili giuste, e secondo le norme e lo spirito della Congregazione.

§ 2. Gli amministratori provvedano volentieri alle necessità dei confratelli in tutto ciò che riguarda la loro vita, il loro particolare ufficio e il lavoro apostolico. Un tale uso dei beni, infatti, è stimolo per i confratelli a prendersi cura del bene dei poveri e a condurre una vita veramente fraterna.

§ 3. Gli stessi amministratori, inoltre, si comportino con equità nella distribuzione dei beni, dovendo promuovere la vita comunitaria tra i confratelli; provvedano alle loro necessità personali secondo le Norme stabilite dall’Assemblea provinciale.

S 107. — Tutti gli amministratori, tanto i Superiori quanto gli Economi, non possono compiere atti amministrativi in nome della Congregazione, se non entro i limiti del loro ufficio e a norma del diritto. Perciò la Congregazione, la provincia e le case devono rispondere soltanto degli atti amministrativi compiuti in conformità alle suddette norme; degli altri risponderanno coloro che avranno posto atti illeciti o invalidi. Tuttavia se una persona giuridica della Congregazione avesse contratto, sia pure con il permesso, debiti o obbligazioni, ne dovrà rispondere con i propri mezzi.

C 155. — Per la validità dell’alienazione, e di qualsiasi altra operazione da cui la situazione patrimoniale della persona giuridica potrebbe subire danno, si richiede il permesso scritto rilasciato dal Superiore competente con il consenso del suo Consiglio. Se però si tratta di operazione che supera la somma fissata dalla Sede Apostolica per le singole regioni, come pure di donazioni votive fatte alla chiesa, o di cose preziose per valore artistico o storico, si richiede anche il permesso della stessa Sede Apostolica.

S 108. — § 1. L’Assemblea generale può fissare una somma, oltre la quale il Superiore generale non può fare spese straordinarie.

§ 2. I Visitatori possono fare spese secondo le Norme fissate dall’Assemblea provinciale.

§ 3. I Superiori locali possono fare spese entro i limiti stabiliti dalle Norme provinciali.

S 109. — I Superiori non permettano che si contraggano debiti, se non consti con certezza che si possono pagare gli interessi passivi del capitale con le entrate ordinarie, e che si possa restituire, entro il tempo previsto, la somma presa a prestito, attraverso il riscatto legale delle rate annue.

S 110. — § 1. Si osservino scrupolosamente le norme di legge sul lavoro, sulle assicurazioni e sulla giustizia, nei confronti delle persone che lavorano nelle case e nelle opere della Congregazione.

§ 2. I Superiori siano oltremodo cauti nell’accettare pie fondazioni che impongono obblighi a lunga scadenza. Non si accettino oneri perpetui.

§ 3. Non si facciano donazioni con i beni della comunità, se non a norma delle Costituzioni e degli Statuti.

§ 4. Quando si accettano beni destinati per testamento o per donazione alla Congregazione, alla provincia o alla casa, si rispetti la volontà del donante circa la loro proprietà e il loro uso.

§ 5. Si provveda all’assicurazione sociale dei confratelli a cura della Congregazione o del Vescovo o di altri per i quali essi prestano il loro servizio. Inoltre le case, le province e la stessa Curia generalizia sottoscrivano assicurazioni convenienti contro pericoli di vario tipo.

 

Constitutions and Rules

1-1-1658

Common Rules: English

Via Sapientiae:

The Institutional Repository at DePaul University Official Documents

Recommended Citation

«Common Rules: English» (1658). Constitutions and Rules. Paper 3. http://via.library.depaul.edu/cm_construles/3

This Article is brought to you for free and open access by the Official Documents at Via Sapientiae. It has been accepted for inclusion in Constitutions and Rules by an authorized administrator of Via Sapientiae. For more information, please contact mbernal2@depaul.edu.

COMMON RULES OF THE CONGREGATION OF THE MISSION

(May 17, 1658)

[Coste, Vol. XIIIa, Doc. 117a]

Vincent de Paul, Superior General of the Congregation of the Mission, to my dear brothers in Christ, the priests, students, and lay brothers of the Congregation, greetings in the Lord.

Here at long last, my dear brothers, are the Rules or Common Constitutions of our Congregation. You have been very anxious to have them and have had to wait a long time for them.

It is now about thirty-three years since our Congregation was founded, but I have not had our Rules printed for you before now. There were two reasons for this. Firstly, I wanted to take our Savior as a model. He put things into practice before He made them part of His teaching. Secondly, delaying their printing has avoided many problems which most certainly would have arisen if these Rules or Constitutions had been published too soon. There could have been problems about living up to them later on, as they might have seemed too difficult or not so relevant. With the help of God’s grace, delaying like this has saved us from such a risk. It has also made it possible for the Congregation gradually and smoothly to get used to living the Rules before having them in print. You will not find anything in them which you have not been doing for a long time, and I must say how pleased I am that you do live by them and that they have enabled you all to help one another.

So, my dear brothers, take these Rules with the same affection which I have in giving them to you. Think of them, not as the product of human ingenuity, but as a gift from the Holy Spirit. Everything good comes from Him, and we are not qualified of ourselves to claim anything as our own achievement. After all, can you find one single thing in them which will not be a help to you in avoiding evil, in growing in virtue, and in putting into practice the teachings of the Gospels? And, as you can see, I have tried to base all the Rules, where possible, on the spirit and actions of Jesus Christ. My idea was that men who are called to continue Christ’s mission, which is mainly preaching the good news to the poor, should see things from His point of view and want what He wanted. They should have the same spirit that He had and follow in His footsteps.

That is why, my dear brothers, I ask you very sincerely, in the Lord Jesus, to make a genuine commitment to basing your life firmly on these Rules. You can take it as absolutely certain that if you do this you will find them sound guidelines which in the long term will lead you safely to the goal you long for, happiness in heaven. Amen.

JESUS, MARY, JOSEPH

CHAPTER I.–THE PURPOSE AND NATURE OF THE CONGREGATION

1.–We read in Sacred Scripture that Our Lord Jesus Christ, sent on earth for the salvation of the human race, did not begin by teaching; He began by doing. And what He did was to integrate fully into His life every type of virtue. He then went on to teach, by preaching the good news of salvation to poor people, and by passing on to His Apostles and disciples what they needed to

1

know to become guides for others. Now, the little Congregation of the Mission wants, with God’s grace, to imitate Christ the Lord, in so far as that is possible in view of its limitations. It seeks to imitate His virtues as well as what He did for the salvation of others. It is only right that if the Congregation is to do the same sort of work, it should act in the same sort of way. This means that the whole purpose of the Congregation is: (1) to have a genuine commitment to grow in holiness, patterning ourselves, as far as possible, on the virtues which the great Master Himself graciously taught us in what He said and did; (2) to preach the good news of salvation to poor people, especially in rural areas; (3) to help seminarians and priests to grow in knowledge and virtue, so that they can be effective in their ministry.

2.–There are both clerical and lay members in the Congregation. The work of the former is to travel around through towns and villages, as Christ Himself and His disciples did, breaking the bread of the Divine Word for the neglected by preaching and catechizing. They should also urge people to make general confessions of their entire life and hear these confessions. Their ministry also includes settling quarrels and disputes, establishing the Confraternity of Charity, staffing seminaries which have been set up in our houses for diocesan clergy, giving retreats, and organizing meetings of priests in our houses. Their work also includes any other ministry which is supportive to those mentioned. The lay members help in these ministries like Martha in whatever way the Superior wants them to. This help includes “prayers and tears,” mortification, and good example.

3.–If the Congregation, with the help of God’s grace, is to achieve what it sees as its purpose, a genuine effort to put on the spirit of Christ will be needed. How to do this is learned mainly from what is taught in the Gospels: Christ’s poverty, His chastity and obedience; His love for the sick; His decorum; the sort of life style and behavior which He inspired in His disciples; His way of getting along with people; His daily spiritual exercises; preaching missions; and other ministries which He undertook on behalf of the people. There is something on each of these in the chapters which follow.

CHAPTER II.–GOSPEL TEACHING

1.–Let each of us accept the truth of the following statement and try to make it our most fundamental principle: Christ’s teaching will never let us down, while worldly wisdom always will. Christ Himself said that this sort of wisdom was like a house with nothing but sand as its foundation, while His own was like a building with solid rock as its foundation. And that is why the Congregation should always try to follow the teaching of Christ Himself and never that of the worldly-wise. To be sure of doing this we should pay particular attention to what follows.

2.–Christ said: Seek first the kingdom of God and his justice, and all these things which you need will be given to you as well. That is the basis for each of us having the following set of priorities: matters involving our relationship with God are more important than temporal affairs; spiritual health is more important than physical; God’s glory is more important than human approval. Each one should, moreover, be determined to prefer, like Saint Paul, to do without necessities, to be slandered or tortured, or even killed, rather than lose Christ’s love. In practice, then, we should not worry too much about temporal affairs. We ought to have confidence in God that He will look after us since we know for certain that as long as we are grounded in that sort

2

of love and trust we will be always under the protection of God in heaven, we will remain unaffected by evil and never lack what we need, even when everything we possess seems headed for disaster.

3.–A sure way for a Christian to grow rapidly in holiness is a conscientious effort to carry out God’s Will in all circumstances and at all times. Each one of us, then, should try to integrate into his life, as far as possible, these four principles: (1) We should conscientiously carry out what is ordered and avoid what is forbidden, when these orders or prohibitions come from God, from the Church, from our Superiors, or from the Rules or Constitutions of our Congregation; (2) when there is a choice open to us in matters neither ordered nor forbidden we should choose the less palatable rather than the more pleasing. This does not apply, of course, if the more pleasing things, being in some sense necessary, have to be chosen. Still, though, in such cases our motivation ought not to be that we like them, but simply that they are more pleasing to God. Finally, if when faced with a choice between things neither ordered nor forbidden there is no real element of personal preference between the options available, then any one of them may be chosen at random as coming from God’s Providence; (3) when something unexpected happens to us in body or mind, good or bad, we are to accept it without fuss as coming from God’s loving hand; (4) our motive for putting the above three principles into practice is that they are God’s Will. It is in this way that we can imitate Christ the Lord. Christ always lived by these principles, and for that very motive. He tells us this Himself: I always do what pleases the Father.

4.–Jesus the Lord expects us to have the simplicity of a dove. This means giving a straightforward opinion about things in the way we honestly see them, without needless reservations. It also means doing things without double-dealing or manipulation, our attention being focused solely on God. Each of us, then, should take care to behave always in this spirit of simplicity, remembering that God likes to deal with the simple, and that He conceals the secrets of heaven from the wise and prudent of this world and reveals them to little ones.

5.–But while Christ recommends the simplicity of a dove He tells us to have the prudence of a serpent as well. What He means is that we should speak and behave with discretion. We ought, therefore, to keep quiet about matters which should not be made known, especially if they are unsuitable or unlawful. When we are discussing things which it is good and proper to talk about we should hold back any details which would not be for God’s glory, or which could harm some other person, or which would make us foolishly smug. In actual practice this virtue is about choosing the right way to do things. We should make it a sacred principle, then, admitting of no exceptions, that since we are working for God we will always choose God-related ways for carrying out our work, and see and judge things from Christ’s point of view and not from a worldly-wise one; and not according to the feeble reasoning of our own mind either. That is how we can be prudent as serpents and simple as doves.

6.–We should make a great effort to learn the following lesson, also taught by Christ: Learn from me because I am gentle and humble of heart. We should remember that He Himself said that by gentleness we inherit the earth. If we act on this we will win people over so that they will turn to the Lord. That will not happen if we treat people harshly or sharply. And we should also remember that humility is the route to heaven. A loving acceptance of it when we are humiliated usually raises us up, guiding us, as it were, step by step from one virtue to the next until we reach heaven.

7.–This humility was very often recommended by Christ Himself, by word and example, and the Congregation should make a great effort to master it. It involves three things: (1) to admit in

3

all honesty that we deserve people’s contempt; (2) to be glad if people notice our failings and treat us accordingly; (3) to conceal, if possible, because of our personal unworthiness, anything the Lord may achieve through us or in us. If that is not possible, though, to give the credit for it to God’s mercy and to other people’s merits. That is the basis of all holiness in the Gospels and a bond of the entire spiritual life. If a person has this humility everything good will come along with it. If he does not have it, he will lose any good he may have and will always be anxious and worried.

8.–Christ said: Anyone who wants to come after me must deny himself and take up his cross each day; and Saint Paul added, in the same vein: If you live according to your unspiritual nature you shall die, but if, by the Spirit, you mortify it you shall live. Each one, therefore, should be most conscientious in accepting the overruling of his personal wishes and opinion, and in disciplining the gratification of each of his senses.

9.–In the same spirit each one is to avoid over-attachment to relatives. Christ indicated this when He refused to have as a disciple anyone who did not “hate” his father, mother, brothers, and sisters. He promised a hundredfold in this world, and eternal life in the next, to all who left family for the sake of the Gospel. All this goes to show what an obstacle to full Christian living blood relationships can be. Parents, of course, are to be loved in a spiritual way, as Christ showed.

10.–Each one should show a great eagerness in that sort of openness to God’s Will which Christ and the saints developed so carefully. This means that we should not have a disproportionate liking for any ministry, person, or place, especially our native land, or anything of that sort. We should even be ready and willing to leave all these things gladly if our Superior asks it, or even hints at it, and to put up, without complaint, with any disappointment or disruption this causes, accepting that in all this the Superior has done well in the Lord.

11.–Christ the Lord wished to lead a communal style of life, so that He would be like other people and in that way win them over more easily to God the Father. All of us, then, as far as possible, are to maintain uniformity in everything; we should look on this as the safeguard of good order and of the holiness which comes of being together. In the same way we should avoid anything out of the ordinary, as it can be the cause of jealousy and disagreement. All this applies not only to food, clothing, bedding, and so on, but also to methods of direction, teaching, preaching, exercising authority, and even spiritual practices. Only one thing is needed for this uniformity to be maintained constantly among us, namely, the most exact observance of our Rules and Constitutions.

12.–Charitable behavior toward the neighbor should always be characteristic of us. We should try, then: (1) to behave toward others in the way we might reasonably expect to be treated by them; (2) to agree with others, and to accept everything in the Lord; (3) to put up with one another without grumbling; (4) to weep with those who weep; (5) to rejoice with those who rejoice; (6) to yield precedence to one another; (7) to be kind and helpful to one another in all sincerity; (8) finally, to be all things to all people so that we may win everyone for Christ. All of this is to be understood as in no way going against the commandments of God, or Church law, or the Rules or Constitutions of our Congregation.

13.–If Divine Providence ever allows a house or member of the Congregation, or the Congregation itself, to be subjected to, and tested by, slander or persecution, we are to be extra careful to avoid any retaliation, verbal abuse, or complaint against the persecutors or slanderers. We should even praise and bless God, and joyfully thank Him for it as an opportunity for great

4

good, coming down from the Father of Lights. We should even pray sincerely to Him for those who harm us and, if the opportunity and possibility present themselves, should willingly help them, remembering that Christ commanded us, and all the faithful, to do this: Love your enemies, do good to those who hate you, and pray for persecutors and slanderers. And to get us to do this more willingly and more easily He said that we would be blessed in doing so and that we should be joyful and glad about it since our reward is great in heaven. And, more importantly, He was gracious enough to be the first to act in this way toward others so as to be a model for us. Afterward the Apostles, disciples, and numberless Christians followed His example.

14.–We should follow, as far as possible, all the Gospel teaching already mentioned, since it is so holy and very practical. But some of it, in fact, has more application to us, particularly when it emphasizes simplicity, humility, gentleness, mortification and zeal for souls. The Congregation should pay special attention to developing and living up to these five virtues so that they may be, as it were, the faculties of the soul of the whole Congregation, and that everything each one of us does may always be inspired by them.

15.–Satan is always trying to divert us from living up to this teaching by suggesting his own, which is the exact opposite. Each one of us, then, should be fully aware of this, and completely ready to oppose and overcome all those things. This applies especially to those values which conflict more obviously with our Congregation, such as: (1) mere human prudence; (2) the desire for publicity; (3) always wanting everyone to give in to us and see things our way; (4) the pursuit of self-gratification in everything; (5) attaching no great importance to either God’s honor or the salvation of others.

16.–The evil spirit often disguises himself as an angel of light, and now and then tricks us by his illusions. All of us must be ever alert for these tricks and should pay particular attention to learning how to recognize and overcome them. Experience has shown that the most effective and surest remedy in such cases is to discuss them as soon as possible with those appointed by God for this. So, if anyone feels himself troubled by ideas which seem to be in some way misleading, or upset by acute anxiety or temptation, he should tell his Superior, or a Director appointed for this, as soon as possible so that the matter can be competently dealt with. And he should accept with approval, as coming from God’s hand, whatever solution is suggested, and put it into practice with confidence and respect. Above all, he should take care not to discuss it in any way with anyone else, whether a member of the Congregation or not. Experience has shown that this worsens the problem, causes similar trouble for others, and can, in the long run, even do serious damage in the whole Congregation.

17.–God has told everyone to help others as members of the same mystical body. We, then, in the Congregation should help one another. So, if anyone is aware of someone else being greatly troubled by temptation, or of having been guilty of a serious fault, it will be his responsibility, promptly and in the best way possible, to see that effective remedies be suitably applied at the right time by the Superior. He must, of course, act from love and in the most practical way. Each one should accept it gratefully, as a means of spiritual progress, if his defects are pointed out to the Superior in a spirit of love by someone who has noticed them outside of confession.

18.–Our Lord came into the world to reestablish the reign of His Father in all persons. He won them back from the devil who had led them astray by the cunning deceit of a greedy desire for wealth, honor, and pleasure. Our loving Savior thought it right to fight His enemy with the opposite weapons: poverty, chastity, and obedience, which He continued to do right up to His

5

death. The little Congregation of the Mission came into existence in the Church to work for the salvation of people, especially the rural poor. This is why it has judged that no weapons would be more powerful or more suitable than those which Eternal Wisdom so tellingly and effectively used. Every confrere, therefore, should keep to such poverty, chastity, and obedience faithfully and persistently, as understood in our Congregation. And in order that each one might persevere until death in observing these virtues more certainly, easily, and meritoriously, he should try to the best of his ability to carry out what is prescribed about them in the following chapters.

CHAPTER III.–POVERTY

1.–Christ Himself, the Lord of all, lived in poverty to such an extent that He had nowhere to lay His head. He formed His Apostles and disciples, His co-workers in His mission, to live in the same sort of way so that individually they did not own anything. In that way they were freer to combat greed for wealth in a better and more practical way, a greed which is ruining almost the whole world. That is why each confrere must try, weak as he is, to imitate Christ in developing this virtue of poverty. We must all realize that it is the unbreachable rampart by which the Congregation, with the help of God’s grace, will be defended.

2.–Our ministry on missions could hardly be carried out if we lived in total poverty, since missions are to be given without charge. Nevertheless, we should try, in the Lord, to maintain poverty as an ideal and, as far as we can, in practice as well, especially as regards what is set out here.

3.–Members of the Congregation, individually and collectively, should understand that, following the example of the first Christians, all our belongings are common property and are given out by the Superior to individual members, such as food, clothes, books, furniture, and so on, according to the needs of each, We have all accepted poverty, and so, to avoid any deviation from it, no one may, without the Superior’s permission, dispose of any of this sort of property belonging to the Congregation, or pass it on to others.

4.–No one, either, should have anything which the Superior does not know about, or does not authorize, or which he is not prepared to give up at once if the Superior says so, or even hints at it.

5.–No one should use anything as though it were his own personal property. No one should give away or accept anything, or exchange or lend anything, or go looking elsewhere for something, without the Superior’s permission.

6.–No one should take for himself what has been allotted to others or set aside for community use or abandoned. This goes for books as well. He should not pass on to someone else what has been assigned for his own use, without the Superior’s permission. Nor should he allow such things to deteriorate or get damaged through his own negligence.

7.–No one should go in for useless or exotic things. Each one, too, should keep his needs within moderate limits, and curb his hankering after such things, so that his life style as regards food, room, and bedding is that of a poor person. And in this connection, and with regard to everything else for that matter, he should be prepared to put up with even the worst facilities in the house, willing to feel the bite of poverty in his life.

8.–And so that nothing which smacks of ownership to even the slightest degree may be seen 6

among us, our rooms are not to be locked in such a way that they cannot be opened from the outside. And we should not have a safe in our rooms, or anything else locked with a private key, without the Superior’s express permission.

9.–No one moving from one house to another is to take anything with him, without the Superior’s permission.

10.–The virtue of poverty can be infringed by even the undisciplined craving for personal belongings. For this reason each one should take particular care that this failing does not get a grip on him; and this includes wanting benefices, as being of spiritual value. No one, therefore, should covet any benefice or honor in the Church, under any pretext whatsoever.

CHAPTER IV.–CHASTITY

1.–Our Savior showed clearly how highly He rated chastity, and how anxious He was to get people to accept it, by the fact that He wanted to be born of an Immaculate Virgin through the intervention of the Holy Spirit, outside the normal course of nature. Christ allowed Himself to be accused of the most appalling charges, following His wish to be overwhelmed with disgrace. Yet He loathed unchastity so much that we never read of His having been in even the slightest way suspected of it, much less accused of it, even by His most determined opponents. For this reason it is very important for the Congregation to be strongly determined to possess this virtue. And we must always and everywhere uphold it in a clear and decisive way. This should be more obviously our practice since mission ministry almost all the time brings us into contact with lay men and women. Everyone, therefore, should be careful to take advantage to the best of his ability of every safeguard and precaution for keeping this chastity of body and mind intact.

2.–In order to succeed in this, with the help of God, we should be very careful to control internal and external senses. We are never to speak to women in a one-to-one situation in unbecoming circumstances of either time or place. When speaking or writing to them we should completely avoid using any words, even spiritual terminology, which smack of affectionate feelings toward them. When hearing their confessions, or when speaking to them outside of confession, we should not go too close to them nor take our chastity for granted.

3.–And since intemperance is, so to speak, the nursing mother of unchastity, each one should be moderate with regard to eating. We should, as far as possible, use ordinary food, and wine diluted with plenty of water.

4.–Moreover, each of us needs to convince himself that it is not enough for Missioners to have reached an above-average level in this virtue. We must also try with every means available to prevent anyone from having even the slightest suspicion of the opposite vice in any member of our Community. The mere suspicion of this, even though completely unfounded, would do more damage to the Congregation and its good work than the false accusation of any other wrongdoing, especially since it would result in our missions doing little or no good. Because of this we should use not merely every available ordinary means but even exceptional ones where necessary to prevent or remove this evil. For example, we should at times withdraw from some works, which in other respects are permissible and even good and holy, when in the judgment of the Superior or Director they seem to give reason for fearing such suspicion.

5.–And since a lazy life is the enemy of virtues, especially of chastity, each of us is to avoid

7

being idle and should always make good use of his time.

CHAPTER V.–OBEDIENCE

1.–Our Lord Jesus Christ taught us obedience by word and example. He wished to be submissive to the Most Blessed Virgin, Saint Joseph, and other people in positions of authority, whether good or disagreeable. For this reason we should be completely obedient to every one of our Superiors, seeing the Lord in them and them in the Lord. In the first place we should faithfully and sincerely reverence and obey our Holy Father the Pope. We should also humbly and consistently obey the most reverend Bishops of the dioceses where the Congregation has houses. Furthermore we should not take on anything in parish churches without the approval of the parish priests.

2.–Every one of the confreres should also obey the Superior General promptly, without complaining, and unwaveringly in all matters not obviously sinful. This obedience is, to some extent, blind. It implies giving up our own opinion and wishes, not only with regard to what he specifically tells us but even with regard to his intention, since we believe that what he asks us to do is always for the best. We should always leave ourselves open to what he wants, like a file in the hands of a carpenter.

3.–We are also to obey, in the same way, other Superiors, whether local or provincial, as well as lesser office-holders. Each one should also try to answer the call of the bell as Christ’s voice, going so far as even to leave a letter unfinished as soon as the bell starts ringing.

4.–The Congregation wants to develop its commitment to this virtue quickly and smoothly. It should therefore try, as best it can, to see to it that the good practice of neither asking for, nor refusing, anything is always kept up among us. Of course when someone knows that something does not agree with him, or that he needs something, he should think about it in the presence of the Lord and make up his mind whether or not to tell the Superior about it, without worrying about which way his answer will go. In this frame of mind he should put the matter to the Superior. He should be convinced that the Superior’s response indicates God’s Will for him, and when he receives his answer he should accept it as God’s Will.

5.–Each week there is to be a meeting, with the day, time, and place agreed, at which all can hear the Superior’s arrangements for the running of the house and put to him any suggestions they may have.

6.–No one is to order anyone else to do something, or to reprove anyone, unless the Superior has asked him to do so or he already has the duty to do so because of his work.

7.–When someone gets a refusal from one Superior he must not go to another Superior about the same matter without mentioning the refusal and the reason for it.

8.–No one is to abandon any work he has been given, even if impeded by other business that needs to be done, without telling one of the Superiors in time, so that someone else can be appointed, if necessary.

9.–No one is to meddle in anyone else’s work or ministry. But if asked to help out, especially by someone in charge of something, no matter how minor, he should readily do so, if possible. If the work, however, would take a lot of time, this is not to be done, without the Superior’s permission.

10.–No one is to go into anyone else’s place of work without the Superior’s permission. If

8

there is some need to do so, however, permission from the confrere in charge of the place is enough.

11.–Letters can cause many problems, and not just minor ones. Because of this, no one is to write, send, or open letters without the Superior’s permission. When a letter is written it should be submitted to the Superior, and it will be up to him whether to send it or not.

12.–Obedience should contribute to physical health. For this reason no one is to eat or drink outside the usual times, without the Superior’s permission.

13.–Without the general or special permission of the Superior, no one is to go into anyone else’s room, or open the door until he has heard “Come in,” and while the two of them are together the door should be left open.

14.–Without the permission of the same Superior, no one is to bring anyone else, especially anyone not a member of the Congregation, into his room.

15.–No one is to write, translate, or publish a book without the explicit approval and permission of the Superior General.

16.–None of our lay Brothers should want to study Latin or wish to become clerics. Their role is that of Martha. If any of them feel such an inclination, they should try to get rid of it at once as something suggested by the evil spirit, who perhaps is aiming at their ruin by disguising pride as zeal. They also need the Superior General’s explicit permission to learn reading and writing.

CHAPTER VI.–MATTERS CONCERNING THE SICK

1.–One of the principal things Christ did was to visit and care for the sick, and especially persons who were poor. He very often recommended this to those He was sending into His vineyard. For this reason the Congregation should have a special care for helping and visiting the sick, whether outside or inside the house. We should help them physically and spiritually, as far as is practical, especially on missions. As well as this we should pay particular attention to setting up and visiting the Confraternity of Charity.

2.–Wherever we visit a sick person, inside or outside the house, we should look on this person as Christ rather than as just a human being, since Christ said that He regarded any service done to such a person as being done to Himself. For this reason on such occasions we should be considerate and speak in a low voice. And what we say ought to console the sick person, put him in good humor, and help anyone else who is there.

3.–Members of our own Community who are sick should remind themselves that they are not kept in bed, or in the hospital, just to be nursed and brought back to health by medical help. They are also there, as if in a pulpit, to witness publicly to Christian virtues, especially patience and acceptance of the Divine Will, at least by their example. In this way they can make Christ present to those looking after them and to visitors. And through their sickness they themselves can grow in virtue. Obedience is one of the virtues most needed in the sick. They should be completely obedient to doctors and chaplains, as well as to the nurse and anyone else involved in their care.

4.–To prevent any abuse creeping in, in connection with the sick, all who feel unwell should notify the Superior, the person in charge of health, or the nurse. No one is to take any medicine, call in our doctor, or consult another one, without the Superior’s permission.

9

CHAPTER VII.–DECORUM

1.–Decorum was such a feature of the appearance, activity, and speech of Christ the Lord that He drew many thousands of people to follow Him, even out into the desert. There they were pleased to be with Him and to listen to the words of eternal life which He taught. They even forgot about the need for food and drink. Missioners should imitate this attractive characteristic of such a great teacher. Since we are obliged by our Institute to deal frequently with the neighbor, we should always fear lest the slightest impropriety on our part, in giving bad example, destroy that which we have built up in the Lord by our work and ministry. For this reason all should carefully carry out what Saint Paul recommended to the first Christians. Let your modesty be known to all. In order to be capable of living up to this, we should be careful to put into practice the special Rules dealing with decorum drawn up for the Congregation, especially the following:

2.–First of all, we should keep our eyes from all undisciplined roving, especially in church, at table, and in public. We should see to it that there is nothing undignified or childish in our behavior, and nothing affected or mundane in our bearing.

3.–All should be careful not to touch one another, even in fun, apart from when it is normal to embrace as a sign of friendship or in greeting, for example when someone is leaving on a journey or just back from one, or has just joined the Congregation.

4.–Each one should make an effort to keep neat and clean, especially as regards clothes, completely avoiding, though, anything which is too elegant or stylish.

5.–Each one is to keep clean, and to look after, the modest furniture in his room, minimal though it may be. He should sweep his room every three days. In the morning, when he gets up, he should make his bed properly. In exceptional circumstances due to illness or work, someone else may be appointed to do this by the Superior.

6.–No one should come out of his room without being properly dressed.

7.–So that we can more easily and readily witness to decorum when others are present, each one, when at home, even alone in his room, should pay particular attention to behaving with modesty, realizing that God is present. We should be especially careful not to sleep at night with nothing on or with insufficient bedclothes.

CHAPTER VIII.–GETTING ALONG WITH EACH OTHER

1.–Christ our Savior formed Apostles and disciples into a community and gave them guidelines for getting along with each other. Here are some of them: love one another; wash each other’s feet; seek reconciliation with a companion immediately after a disagreement; travel in pairs; and finally, anyone who wants to be the more prominent should keep in the background. There were other similar ones. Now our little Congregation wants to follow in the footsteps of Christ and the disciples, so it also should have the following regulations which concern good community living and communicating among us, and each of us should try our best to keep

10

them.

2.–Love, like that between brothers, should always be present among us, as well as the bond

of holiness, and these should be safeguarded in every possible way. For this reason there should be great mutual respect, and we should get along as good friends, always living in community. We should particularly avoid exclusive friendships, as well as any sort of ostracism, as experience has shown that these give rise to factions and destroy Congregations.

3.–All should show the special respect due to Superiors by uncovering their head to them. We should be careful not to interrupt them while they are speaking or, even more reprehensible, contradict them. All should also uncover their head to priests, and seminarists and students to their Directors and professors. The priests should even try, in the Lord, to anticipate one another in showing this mutual respect. During meals, though, this gesture is to be made only to the Superior or an important visitor. This is to prevent the roving eye and wandering mind.

4.–Scripture tells us that there is a time for speaking and a time for keeping silent, and that in excessive talking sin is not lacking. And there is plenty of evidence from everyday experience that the good work of any Community dedicated to God is unlikely to last long if it has no guidelines about speaking and no provision for silence. We should keep silent, then, except during recreation. At other times no one should speak unnecessarily, apart from a brief passing remark in a low voice. This applies especially in the church, sacristy, sleeping quarters, and dining room, and particularly during meals. If someone at table, though, needs something, the person beside him should tell whoever is on duty, with a single word if a nod or other sign would not do. But no matter when we are speaking, even during recreation, we should avoid excessive argument and too loud a voice, since this could give bad example among ourselves or to visitors.

5.–Unless we have the Superior’s permission, none of us should speak to the seminarists or students, or to others, even priests, who are less than two years out of the Internal Seminary. Charity, though, may call for a brief passing greeting.

6.–When anyone is in his own room, or is going around the house, especially at night, he should, as far as possible, avoid making noise, particularly when opening or closing doors. This will help in maintaining silence.

7.–During recreation, and in other everyday matters, we should aim at not letting good humor get out of control, mixing the useful with the agreeable. In this way we give good example to all. We will more readily achieve this if our conversation is usually about spirituality or theology for a Missioner.

8.–When together like this, and at other customary meetings which take place from time to time, we should try to bring up for discussion, among other topics of conversation, mainly those which help our commitment to our vocation or our growth in holiness. Thus we might, for example, encourage devotion, mortification, obedience, or humility. Or another time we might, gently and with humility, defend them against people who belittle them. But if we dislike any of these virtues, we should make this fact known only to the Superior or Director, and take care not to reveal it to others either publicly or privately.

9.–We should take great care to avoid being in any way stubborn or argumentative in conversation, even if only in fun. We should even try, in the Lord, to prefer, as far as possible, other peoples= opinions to our own on all matters where freedom of opinion is allowed. If someone, though, holds an opposite view to that expressed about something, he can put forward his point of view calmly and with humility. Above all, though, everyone in conversation should try to avoid anger or bad temper, or showing he is annoyed with someone, and no one should

11

hurt another in word or deed, or in any other way.

10.–Everyone must consider it a matter of prime obligation to maintain confidentiality, not

only about matters of confession or direction, but also about what is said or done at Chapter with regard to faults and penances. This also applies to other matters when we know confidentiality is requested by the Superiors or is demanded by the nature of the case.

11.–No one should damage the reputation of others, especially Superiors, in even the slightest way, or grumble about them, or criticize what is done or said in our Congregation or in other Communities.

12.–No one is to snoop around, prying into how the house is run, or discuss this with others, or criticize explicitly or implicitly the Rules or Constitutions of the Congregation or even its respected customs.

13.–No one should grumble about food, clothing, or sleeping accommodation, or even discuss them unless his assigned work calls for this.

14.–No one should speak deprecatingly about other countries or provinces, as this usually causes no small trouble.

15.–Disagreements and wars can take place between Christian rulers, and on such occasions no one should reveal a preference for either side. This is following the example of Christ, who did not want to adjudicate in a quarrel between brothers or decide about the rights of rulers. All He said was to give to Caesar what is Caesar’s, and so forth.

16.–Each one should keep well away from discussions about national or international affairs and other political matters, especially with regard to war and current disputes between rulers and other similar rumors in the world. And each one should take care, as far as possible, not to write anything about all this.

CHAPTER IX.–GETTING ALONG WITH NON-CONFRERES

1.–Besides the guidelines which our Savior gave His Apostles and disciples about getting along with one another, He also gave certain instructions about how to behave toward other people, toward the Scribes and Pharisees and the authorities when brought before their synagogues and courts, how to behave when invited to meals, and so on. Modeling ourselves on Him, then, it is right for us to have some guidelines for our behavior toward non-confreres, and we should try to live up to them.

2.–By the very nature of our Congregation we are bound to come into frequent contact with lay people, especially on missions, but we should not seek such contact unless obedience or necessity calls for it. On such occasions we should keep in mind our Lord’s words: You are the light of the world. We should take the sun’s light as an example; it gives both light and warmth, and is undiminished even when it beams on what is not clean.

3.–St. Paul wrote: No one in God’ s army gets involved in secular affairs. Following this advice we should take great care not to be implicated in other people’s lawsuits, nor to be executors of wills or involved in matrimonial or business negotiations or anything like that.

4.–No one should take on the administration of even religious business matters, or promise his help in dealing with them, or hint that he is available for them, without the Superior’s permission.

12

5.–When at home in the house, no one should make himself available to strike up a conversation with strangers or become involved in getting another confrere for this purpose, unless the Superior advises otherwise.

6.–No one should invite non-confreres to a meal, without the Superior’s permission.

7.–No one should deliver messages, letters, or anything else in either direction between confreres and others, without the Superior’s permission.

8.–No one should show our Rules or Constitutions to non-confreres without the explicit permission of the Superior General or the Provincial. These Common Rules, though, may be shown to aspirants during a retreat, with the permission of the local Superior, and sometimes earlier on if he thinks it would be useful in the Lord.

9.–No one should irresponsibly or pointlessly mention to non-confreres what has been, or is going to be, done in the house, nor should we discuss with them any matters which are not allowed in or our conversation, especially concerning the state or kingdom.

10.–When anyone is authorized to meet non-confreres, he should speak to them only about what needs to be said, or what can promote the salvation and spiritual development of either party, or of both, and with a sense of what is serious, religious, and moderate, according to circumstances of persons, places and times.

11.–When anyone goes out of the house, he is to follow the Superior’s wishes as regards manner, time, and companions; it is for the Superior or his delegate to designate a companion. The person designated as a companion should defer to the other and be a willing listener.

12.–When anyone asks permission from the Superior to go somewhere, he should explain where he wants to go, and why, and as soon as he gets back report to him what he did.

13.–Everyone should use the usual door for leaving or entering the house, unless either necessity or the Superior’s permission allows otherwise.

14.–When leaving the house, even when it is allowed to go and come by the back door or through the church, we are to mark ourselves “out” and let the doorkeeper know when we will be back so that he can inform callers. We should not go out in the morning before daylight, and should be back before nightfall, and, as soon as we get back, mark ourselves “in.”

15.–Except while traveling, no one is to eat while out of the house, without the Superior’s permission.

16.–If, while traveling, anyone passes through a place where the Congregation has a house, he should stay in that house rather than anywhere else. While in that house, he is to be answerable to whoever is in charge and should not do anything while there without his advice and direction. This also applies to someone coming to such a house on business.

CHAPTER X.–SPIRITUAL PRACTICES USED IN THE CONGREGATION

1.–Christ the Lord and His disciples had their spiritual practices, such as going to the temple on certain days, sometimes going off by themselves for a while, giving time to praying, and other such practices. It makes sense, then, for this little Congregation to have its own spiritual practices. It should prefer conscientious fidelity to these rather than to any others, unless necessity or obedience rules this out. Moreover, these spiritual practices help us more effectively

13

to keep the other Rules or Constitutions and to grow in holiness.

2.–According to the Bull which established our Congregation, we are bound to honor in a

special way the Most Holy Trinity and the Incarnation, mysteries beyond words. We should therefore try to carry this out most faithfully and, if possible, in every way, but especially in these three ways: (1) frequently honoring these mysteries by a prayer of faith and adoration, coming from our inmost heart; (2) dedicating certain prayers and good works each day to their honor and, above all, celebrating their feast days with special dignity, and the greatest possible personal devotion; (3) trying constantly, by our teaching and example, to get other people to know these mysteries and to honor and worship them.

3.–There can be no better way of paying the best honor possible to these mysteries than proper devotion to, and use of, the Blessed Eucharist, sacrament and sacrifice. It includes, as it were, all the other mysteries of faith and, by itself, leads those who receive Communion respectfully or celebrate Mass properly, to holiness and ultimately to everlasting glory. In this way God, Unity and Trinity, and the Incarnate Word, are paid the greatest honor. For these reasons, nothing should be more important to us than showing due honor to this sacrament and sacrifice. We are also to make a great effort to get everyone else to pay it similar honor and reverence. We should try, to the best of our ability, to achieve this by preventing, as far as we can, any lack of reverence in word or act, and by carefully teaching others what to believe about so great a mystery, and how they should honor it.

4.–Because this Bull also expressly recommends it, and for other reasons as well, we should likewise have special devotion to the Most Blessed Virgin Mary. Confreres, therefore, both individually and collectively, should, with God’s help, try to carry this out perfectly: (1) by specially honoring every day this preeminent Mother of Christ, who is also our Mother; (2) by putting into practice, as far as possible, the same virtues as she did, particularly humility and chastity; (3) by enthusiastically encouraging others, whenever opportunity and means permit, to show her the greatest reverence and always to serve her loyally.

5.–We should take the greatest care to pray the Divine Office properly. We pray it in the Roman rite and in common, in a middle tone of voice, even when on missions. We do not sing it so as to leave more time for helping others. Exceptions to this would be houses where we are bound to Gregorian Chant because of obligations accepted, or students preparing to receive orders, or seminaries for diocesan students, and other suchlike commitments. No matter in what place or at what time we pray the canonical hours, we should remember the reverence, attention, and devotion with which we should do so, since we know for certain that we are at that moment praising God in our celebration, and therefore sharing in the role of angels.

6.–One of the most important ministries on our missions is to encourage people to receive the sacraments of penance and Eucharist frequently. It is right, then, that we ourselves should, with greater reason, give good example to them in this matter, or even far more than just good example. We should therefore aim at giving good example in the most perfect way possible. And since everything should be done in an orderly way, the priests are to go to confession twice a week, or at least once, to one of the confessors appointed for the house, and not to anyone else, without the Superior’s permission. They are to celebrate Mass every day unless something prevents this. Those who are not priests, though, are to go to confession every Saturday and on the eves of the main feast days, to one of the above-mentioned confessors, unless the Superior has appointed someone else, and they are to receive Communion, with the advice of their Director, every Sunday and on the above-mentioned feast days, and are to go to Mass every day.

14

7.–Christ the Lord in addition to His daytime meditations, sometimes used to spend the whole night in prayer to God. We cannot fully follow His example in this, though we should try to do so while making allowance for our weakness. All the confreres, therefore, should conscientiously spend one hour a day in mental prayer, and the custom of the Congregation is that this is to be done together and in the assigned place.

8.–Each one should see to it that he does not let a day pass without reading from some spiritual book suited to his own needs, spending at this whatever length of time the Superior or Director indicates. As well as this, the priests and all the students are to read a chapter of the New Testament, reverencing this book as the norm of Christian holiness. For greater benefit this reading should be done kneeling, with head uncovered, and praying, at least at the end, on these three themes: (1) reverence for the truths contained in the chapter; (2) desire to have the same spirit in which Christ or the saints taught them; (3) determination to put into practice the advice or commands contained in it, as well as the examples of virtues.

9.–All of us are to make two sorts of examination of conscience every day so as to have a clearer understanding of our failings and, by doing so, to make up for them with God’s help and to sharpen our sensitivity in this matter. One is to be made briefly before the midday and evening meals, focusing on some virtue to be acquired or on some failing to be overcome. The other is a general review of all the day’s activity and is to be done shortly before going to bed.

10.–So that we may show reverence for Christ’s withdrawal from the crowds, especially the forty days which He spent out in the desert, all those entering the Congregation, clerical and lay, are to make a retreat and a general confession of their whole lives up to then, to a priest designated by the Superior. Those already members are to make a similar retreat, with a general confession covering the period since their last one. The seminarists are to do both every six months and the others once a year.

11.–It is hardly possible to make progress in the spiritual life without the help of a spiritual director. So, unless a directee sometimes talks about the state of his interior life to his personal director, as he should, it is extremely difficult for him to reach a level of holiness appropriate for him. Each one of us, therefore, should with complete openness and due reverence give an account of his conscience to the Superior, or someone assigned by him, in the manner customary in the Congregation. We should do this every three months, especially when on retreat, and as often as the Superior thinks necessary.

12.–Everyone is to be particularly conscientious about being present at the spiritual conferences which we have once a week. These should usually cover topics like yielding in our own personal wishes and opinions, the practice of following God’s Will in everything, getting along well together like brothers, zeal for personal holiness, and progress in other virtues, especially those which make up the spirit of the mission.

13.–So that we in our weakness can to some extent imitate Christ’s self-humiliation and His willingness to be ranked with sinners, each one every Friday in the presence of the others is to acknowledge his failings to the Superior or to someone replacing him. This applies both at home and on missions. We should take in good part whatever corrections and penances are given. The brotherly custom of asking in Chapter to be publicly admonished about our failings is to be kept up, and each one therefore should take great care to give this type of admonition in a spirit of charity and humility.

14.–As well as this, we should make an effort to accept uncomplainingly whatever humiliations come our way, even apart from Chapter or, for that matter, at any time. In this way

15

we deepen more quickly a willing acceptance of the experience of rejection, and accordingly advance more and more along the path to holiness. When, therefore, at the end of mental prayer or a conference, the Superior indicates to someone that he wishes to point out to him some failing, the person concerned should kneel down at once, listen to the admonition willingly, in a spirit of humility, and without comment, accept any penance given, and faithfully do it.

15.–The continuous work of the Missioners is such that we cannot be obliged by any rule to undertake severe physical mortifications and austerities. In spite of this, though, each one should value them highly and always have a leaning toward them and even, health and important work permitting, make use of them. We have as example Christ and the early Christians, and even many lay people conscious of the need for penance. No one, though, should take on any such penances without consulting the Superior or Director, unless they are imposed in confession.

16.–Every Friday each one is to be satisfied with only one course at the evening meal, a course of vegetables of either leaf or bean variety. This does not apply on missions or while traveling.

17.–On the Monday and Tuesday before Ash Wednesday we are to abstain from meat if at home, honoring God by this minimal self-discipline at a time when many Christians seriously offend Him by their licentiousness and gluttony.

18.–Moreover, the timetable which is customary in the Congregation is to be strictly followed by everyone, whether at home or on missions, particularly as regards the times for getting up and going to bed, prayer, the Divine Office, and meals.

19.–There is to be spiritual reading in the dining room all through the meal, both at home and on missions, so that the mind may be nourished as well as the body.

20.–We should also keep up other worthwhile practices customary in the Congregation, such as to visit the chapel immediately before going out and after coming in, greeting Christ in the Blessed Sacrament; to catechize poor persons, especially beggars, particularly while traveling, if the opportunity occurs; to kneel down on entering and on leaving our rooms

in order to invoke God before doing anything and to thank Him afterward.

21.–If anyone wants to take on any spiritual practices over and above those prescribed in these Rules, he ought to discuss it with the Superior or Director and should do only what they authorize with regard to them. If he were to do otherwise, he might perhaps be doing his own will, or even the devil’s. Thus, as punishment for his imprudence or disobedience, he might be tricked by the devil into something with only the appearance of being worthwhile and, in the long run, do himself spiritual harm.

CHAPTER XI.–MISSIONS AND OTHER MINISTRIES OF THE CONGREGATION ON BEHALF OF THE PEOPLE

1.–Our Lord Jesus Christ gave His disciples rules for giving missions. He told them to ask the Lord of the harvest to send workers to His harvest, and He indicated the peoples to go to, how to behave on the way, what houses to stay in, what to preach, what to eat and, finally, how to deal with those who did not welcome them. We want to follow in their footsteps, as far as our limitations allow, so we should be careful to live up to the following Rules, and to the advice usually given in the Congregation. These indicate the proper program and method for our

16

missions and other ministries.

2.–Each one should try, as the occasion arises, to help people by advice and correction and to

encourage them in good works. No one, though, should become anyone’s director, except during retreats, on missions, in houses where we have pastoral ministry, or on other occasions when appointed by the Superior. But even in these circumstances no one is ever to give any instructions or rule of life in writing, without the Superior’s permission and approval.

3.–To avoid our Missioners having Saint Paul’s words justly quoted against them, How can they preach unless they are sent? no one is to preach in public or catechize from a pulpit without both approval from the Provincial and appointment to it by either the same Provincial or the local Superior. On missions, though, the Director of the mission may make temporary changes of preachers and catechists by substituting others when he judges in the Lord that it is necessary, and when waiting for a written answer from the Superior would cause problems. He is, however, to tell the Superior as soon as possible why he made such changes.

4.–None of us is allowed to hear confessions, either of members of the Congregation or of others, without approval by the Ordinary. To avoid any abuse, though, those who have such approval should not engage in this ministry unless they have been designated for it by the Provincial and appointed to it by the same Provincial or local Superior.

5.–Those who are going on missions are always to bring with them the mandate of the most reverend Bishops in whose dioceses the missions are being given, and should show it to the Pastor or whoever is in charge of the churches to which they are going. Before they go home at the end of the missions they should report to the Bishops on what they did, if the latter wish this. But the Superior is first to be consulted so that he can indicate how this is to be done and who is to do it.

6.–At the beginning and end of each mission all should ask for the blessing of the Pastor or, if he is absent, of the Assistant, and they should not do anything of importance without first mentioning it to him, and be careful not to proceed with anything to which he objects.

7.–St. Paul and his co-workers used to do manual work night and day so as not to impose on the people to whom they were ministering. Following their example we are not to impose on anyone during our missions, and all our ministry is to be done gratuitously. We do not accept any money as stipend or for food. There is nothing wrong, though, in accepting an offer of furnished lodgings.

8.–Everyone should sincerely wish to be appointed to visiting the sick, or settling quarrels and disputes, especially on missions and even, when the situation calls for it, ask, with humility, to be appointed to this. Charity, however, should be properly regulated by obedience, so no one is to take on this sort of caring ministry, without the Superior’s permission.

9.–Much prudence and care are called for when problems about cases of conscience from confession are discussed, in order that the person concerned may never be identified. To avoid the harm which can be caused by this no one should bring up for discussion problems arising from any case of conscience of any importance heard in confession without first consulting the Director of the mission.

17

10.–The name Missioners, or Priests of the Mission, clearly indicates that the work of missions is the primary and most important of all ministries to people. And we did not invent this name for ourselves, but popular usage, reflecting Divine Providence, gave it to us. For this reason the Congregation should never replace missions with other ministries apparently more effective. Each one, rather, should have a deep commitment to them and be always ready to go on missions when obedience calls.

11.–The direction of nuns could interfere quite a lot with missions and other ministries of our Congregation, so each one of us should abstain completely from directing them. No one should call on them or preach in their convents, even during missions, without previous explicit permission from at least the local Superior. And although our Congregation was appointed to direct the Daughters of Charity right from their foundation, no confrere is to take on their direction, or go to them, or even talk to them, without the same Superior’s permission.

12.–Finally, confreres, individually and collectively, are to understand that the plea of missions should not mean neglect of the ministry to the clergy who are not members of our Congregation, especially ordinands and seminarians, as well as to other people on retreat, carried on in our houses. Though our preference is for missions, giving them should not mean omitting our work for the clergy whenever we are asked to do this by Bishops or Superiors. The reason is that by the nature of our Congregation we are bound almost equally to both. Also, everyday experience shows that no matter how effective these missions may be there will be no lasting effect without the help of the Pastors, to whose holiness the above-mentioned ministries contribute quite a lot. Each one should therefore give himself ungrudgingly to God in such ministry, bringing care and devotion to it. And to do this more easily and effectively we should make an effort to follow out exactly the instructions usually given by our Superiors about this.

CHAPTER XII.–SOME USEFUL MEANS NEEDED FOR PROPERLY AND EFFECTIVELY CARRYING OUT THE MINISTRIES JUST MENTIONED

1.–In the beginning of these Rules or Constitutions the Congregation took Christ the Lord as a model, as someone who did not begin by teaching but by doing. In this last chapter, therefore, it is equally necessary to point out that He is a model also for doing all things well, because whatever good we may do deserves blame rather than praise if it is not done well. For this reason it is right to add these few guidelines and means helpful for properly carrying out

the ministries just mentioned. All our Missioners should make a real effort to put them into practice.

2.–Each one, in every single thing he does, especially in preaching or other ministries of the Congregation, should make an effort to have, to the best of his ability, as pure an intention as possible of pleasing God alone. We should renew this intention many times, particularly as we begin more important activities. We should be careful above all not to indulge any wish for human approval or self-gratification. Such a wish can infect or spoil the holiest action, as Christ taught it: If your eye is evil your whole body will be full of

18

darkness.

3.–St. Paul says that it can sometimes happen that though we begin in the Spirit we end up in the unspiritual. This usually happens when our activity leads to a certain foolish self-congratulation which we are stupid enough to feed on if it went off well with people praising us. Or it can happen when we feel so downhearted and distressed that we cannot in any way find peace, if our activity has not gone well. We should, therefore, take every care never to fall into either of these faults. In order to counteract the first we should keep in mind this truth, that all the glory is to be given to God and nothing to ourselves but embarrassment. On top of this, if we were vainly gratified with that sort of praise, we should be very much afraid of hearing these words of Christ: I tell you, you have received your reward. The cure for the second is this: to turn at once to genuine humility and the willing acceptance of the experience of rejection, which is what God asks of us in such circumstances. After that, to reflect carefully on the fact that very often we can hope for as much glory for God’s name and usefulness for others from this type of disappointment, patiently put up with, as from sermons which please people and are apparently beneficial.

4.–Since these two evils, foolish self-congratulation and disproportionate disappointment, which corrupt preachers, usually stem from praise on the one hand and criticism on the other about this type of public activity, no one should praise any confrere, especially in his presence, for exceptional natural gifts or talents, above all with regard to eloquent sermons which have attracted public attention. On the other hand, no one should unfavorably criticize anyone for lack of eloquence or knowledge or any similar shortcomings noticed in his preaching. But if anyone needs a bit of encouragement to boost his lack of confidence, or a warning to curb his itching vanity, it is up to the Superior to give it, or to delegate someone to do so, with prudence and in private. It is not wrong, though, to praise others for acts of humility, mortification, simplicity, or other such virtues, even with regard to preaching, provided that this is done in their absence, with restraint and discernment, and with God in mind.

5.–As simplicity is the principal and most characteristic virtue of Missioners, we should show it at all times and in all circumstances. We should be more careful to practice it during missions, especially when we proclaim the Word of God to country people, to whom, because they are simple, God speaks through us. For this reason our style of preaching and catechizing should be simple and suited to the people, and in line with the simple method the Congregation has used up to now. Each one, therefore, is to avoid completely speaking with too much tenderness or with affection. We should take care not to preach any far-fetched or too subtly contrived ideas, or pointless distinctions, from the pulpit of truth. We should remember that Christ the Lord and His disciples made use of a simple way of speaking and, because of this, reaped a much better harvest with a most abundant yield.

6.–Those who are appointed to seminaries for students not of our Congregation, to direction of ordinands, to conferences with Pastors and other clergy, and similar ministries should also use this simple, ordinary way of speaking. And they should take special care, by word and example, to urge all those to whom they minister to develop their spiritual lives as well as their learning. Our Missioners should try especially to behave with great humility, gentleness, respect, and cordiality toward them. Those who are giving retreats should, as far as possible, do the same.

19

7.–Since novel or merely personal opinions usually harm both their originators and their followers, all confreres should be careful to avoid such novelties and personal opinions. In fact, we should always be in agreement, as far as possible, on doctrine and in what we say and write so that we can, as Saint Paul says, be united in spirit and ideals, and even in speech.

8.–Saint Zeno says, Curiosity makes a person guilty, not learned, and Saint Paul says: Learning puffs up. This is especially so when his other advice is overlooked: Not to think more highly of oneself that one ought, but to estimate oneself soberly. All of us, therefore, but especially the students, should always be alert in case undisciplined craving for learning insidiously invades our heart. We are not, though, to neglect the dedicated study which is needed for the proper carrying out of the work of a Missioner, as long as our primary aim is to acquire the learning of the saints, which is taught in the school of the cross, so that we may preach only Jesus Christ, following the example of Saint Paul, who also admitted frankly, when writing to the Corinthians, that he had decided that, when among them, he would speak of nothing except Jesus Christ, and of Him crucified.

9.–Of all the guidelines in the Gospel needed by those who work in the Lord’s vineyard, this is the one that should appeal most to us: Whoever wishes to be the greatest among you, let him be like the least and the servant of the others. For, the moment the Congregation gives up following this advice, with uncurbed ambition taking over, it will be completely ruined. It is because this desire, slipping easily into minds which by nature are inclined toward ambition, urges them on to many evils. In particular it urges them to hope for appointments of distinction, to envy those who receive them, or to congratulate themselves if they have received such appointments. And so, lured on and deluded by the false glamour of superficial fame, which is the only thing they set their eyes on, they do not notice the nearby cliff and end up disastrously by falling over it. That is why it should be a prime concern of ours to get away from the monstrosity of pride. But if it already has a place in our hearts, then a suitable way to get rid of it immediately, following the Lord’s advice already quoted, would be to try, through genuine humility, to have a less inflated opinion of ourselves and to want always to have the lowest place. If it should happen that we notice traces of foolish self-congratulation in ourselves because of the prominent duties or works we carry out, the remedy is to ask the Superior immediately, though with respect for his authority, to relieve us of these duties and to appoint us to some unremarkable work of his choice.

10.–All of us should as well make a particular effort to repress the first feelings of envy which can arise when the reputation, public estimation, and prominent works of other Congregations are better than ours. We must definitely convince ourselves that it does not matter by whom Christ is preached, as long as He is preached, and that as much- -sometimes even more–grace and merit come to us when we are pleased at other people’s good work as would come if we had done it ourselves with self-congratulation or from a less worthy motive . For this reason everyone should try to have Moses= way of thinking. When He was asked to stop some people from prophesying, He retorted: Would that all the people were prophets. Would that the Lord might bestow His Spirit on them all. As well as this we should think of other Congregations as being far worthier than our own, though we should have greater affection for ours, just as a well-brought-up child will have far greater love for his own mother, poor and unattractive as she may be, than for any others, even if they are outstanding for wealth and beauty. All should realize, of

20

course, that this feeling of affection is only for the persons, virtues, and grace found in the Congregation, and not for anything it has which is attractive and brings public acclaim; that is something we should make a special effort not to give in to and to shun. And this is not just for the individual with regard to himself, but applies to the Congregation as a whole. This means that not only do we not seek publicity or applause for it, but even that we want it disdained and kept unobtrusive in the Lord, remembering that it is the mustard seed, which cannot grow and bear fruit unless it is sown, hidden underground.

11.–In the same way, all should be on their guard against two further vices, from opposite extremes, both militating against the whole purpose of the mission. They are all the more dangerous because it is not immediately apparent that they are vices, as they insidiously assume so different an appearance that they are very often taken to be real virtues. This pair are laziness and undisciplined enthusiasm. The first vice, under the guise of the prudent care of health needed for better worshiping God and helping others, gradually infiltrates our way of thinking and makes us look for bodily comforts and excuse ourselves from the effort which virtue demands. Laziness suggests to us that this effort is far greater than it really is, so that virtue, which in itself should be universally loved, strikes us as repugnant. This vice draws down upon us the curse fulminated by the Holy Spirit against the sort of workers who do God’s work carelessly or fraudulently. The second vice, on the other hand, masking our self-love or anger, impels us to act harshly toward both sinners and ourselves, and to take on more work than we can manage, even against obedience, resulting in damage to physical and mental health, involving us later in a frantic search for cures, so that we end up sluggish and sensual. For these reasons all of us should make every effort to shun these two extremes, always steering a middle course. And there is no doubt that we will find this middle course by carefully keeping our Rules and Constitutions, properly understood, and by listening to those guardians of wisdom in whose hands God’s special providence has placed us, but only if, when necessary, we humbly and trustingly look for a ruling from them and accept their direction totally and unreservedly.

12.–We must remember, above all, that although we are always to be guided by those virtues which make up the spirit of the mission, we should be armed with them to the fullest possible extent when the time comes for us to minister to the country people. At that time we should look on them as the five smooth stones with which, even at the first assault, we will defeat the Goliath from hell in the name of the Lord of Armies and will bring the Philistines, that is, sinners, under God’s rule. But this will happen only if we first lay aside Saul’s armor and make use of David’s sling. In other words, we must go out preaching the Gospel like Saint Paul, not with a show of oratory or philosophy, but grounded in doctrine, and in the power of the Spirit, even if eloquence is lacking. We should remember that since, as the same Apostle says, God chose those who, by human standards, are weak, foolish, and contemptible in order to rout and destroy those who, by the same standards, are learned and powerful, we can hope that in His boundless goodness He will give us the grace to cooperate in our own way in His work of saving people, especially poor persons in country areas, even though we are the least deserving of workers.

13.–All should foster a special respect and love for our Rules or Constitutions, even including the ones which do not seem to be all that important, regarding all of them as

21

means given to us by God Himself for growing in the holiness which our vocation calls for, leading to our working with greater ease and efficacy for people’s salvation. All should therefore fervently make a deeply felt self-giving commitment to living according to them. As regards any points we find intellectually or psychologically distasteful, we should keep on trying to overcome self-centeredness and to defeat the merely natural, remembering that, according to Christ’s words, the kingdom of heaven suffers violence and the violent bear it away.

14.–Each one is to have his own copy of these Rules or Common Constitutions, and also of the particular ones concerning his own duties, and should read them through, or hear them read, every three months. That is so they will be more deeply rooted in our memory and mind, and therefore more completely lived up to. We should try to understand them correctly, and on a few occasions during the year we should each humbly ask the Superior to impose some penance for faults against them. By this humbling of ourselves we will more easily obtain forgiveness from the Lord for our faults, and be strengthened against further ones in the future. The fidelity with which we do this will, in fact, be an indication of our fidelity in following these Rules or Constitutions, and of our commitment to growth in holiness. However, if anyone notices that he has made some progress in living up to them, he is to thank Christ the Lord for it and should ask Him to give him, and the whole Congregation, the grace to live up to them even more completely in the future. As well as this, we must get it firmly into our heads that when we have carried out all we have been asked to do, we should, following Christ’s advice, say to ourselves that we are useless servants, that we have done what we were supposed to do, and that, in fact, we could not have done anything without Him.

22

Document 117a. – The editors have made use of the translation of the “Common Rules or Constitutions” contained in Constitutions and Statutes of the Congregation of the Mission, published in English in 1989. The Latin text for the Rules published in 1658 and the English translation of the 1954 edition of have also been consulted. A few minor changes in translation and style have been made. In line with the 1917 Canon Law, articles V, 16; X, 6,11; and XI, 4, were superseded by other legislation.

23

VINCENT DE PAUL,

SUPÉRIEUR GÉNÉRAL

DE LA CONGRÉGATION DE LA MISSION

A NOS CHERS FRERES EN JÉSUS CHRIST,

LES PRETRES, CLERCS,

ET COADJUTEURS LAIQUES DE LA MEME CONGRÉGATION

SALUT EN NOTRE-SEIGNEUR

 

Voici enfin, mes très chers Frères, voici les Règles ou Constitutions communes de notre Congrégation, que vous avez tant désirées, et si longtemps attendues. Il est vrai qu’on a laissé passer trente-trois ans ou environ. qu’il y a que notre Congrégation est instituée, sans que nous vous les ayons données imprimées: mais nous en avons usé de la sorte, tant pour imiter notre Sauveur Jésus-Christ, en ce qu’il a commencé à faire, plutôt qu’à enseigner, que pour obvier à plusieurs inconvénients, qui eussent pu naître de la publication trop précipitée des mêmes Règles ou Constitutions, dont l’usage et la pratique auraient ensuite paru peut-être ou trop difficiles, ou moins convenables. Or, notre retardement et procédé en ceci nous ont garantis, par la grâce de Dieu, de tous ces inconvénients; et ont fait même que la Congrégation les a peu à peu et suavement pratiquées, avant qu’elles aient été mises en lumière. Et en effet, vous n’y remarquerez rien, que vous n’ayez depuis longtemps mis en pratique, même avec une sensible consolation de ma part, et une mutuelle édification de vous tous.

 

Recevez-les donc, mes très chers Frères, avec la même affection que nous vous les donnons. Considérez-les, non comme produites par l’esprit humain, mais bien comme inspirées de Dieu, de qui tout bien procède, et sans qui nous ne sommes pas capables de penser quelque chose par nous-mêmes, comme venant de nous-mêmes : car, que trouverez-vous dans ces Règles, qui ne serve à vous exciter et enflammer ou à la fuite des vices, ou à l’acquisition des vertus, et à la pratique des maximes évangéliques? Et ç’a été pour cela que nous avons tâché, autant qu’il nous a été possible, de les puiser toutes de l’esprit de Jésus-Christ, et de les tirer des actions de sa vie, comme il est aisé à voir: estimant que les personnes, qui sont appelées à la continuation de la mission du même Sauveur, laquelle consiste principalement à évangéliser les pauvres, doivent entrer dans ses sentiments et maximes, être remplies de son même esprit, et marcher sur ses pas.

C’est pourquoi, mes très chers Frères, nous vous prions et conjurons par les entrailles de ce même Sauveur Jésus-Christ, de faire votre possible pour observer exactement ces Règles; tenant pour certain, que si vous les gardez, elles vous garderont, et vous conduiront avec assurance à la fin tant désirée, c’est-à-dire, à la céleste Béatitude. Ainsi soit-il.

 

JÉSUS, MARIE, JOSEPH.

 REGLES COMMUNES DE LA CONGRÉGATION DE LA MISSION

 

Chapitre I.

De la fin et de l’institut de cette Congregation

 

 

1. — La sainte Ecriture nous apprend que Notre-Seigneur Jésus-Christ ayant été envoyé au monde pour sauver le genre humain, commença premièrement à faire, et puis à enseigner. Il a accompli le premier, en pratiquant parfaitement toute sorte de vertus, et le second en évangélisant les pauvres, et donnant à ses Apôtres et à ses disciples la science nécessaire pour la direction des peuples. Et d’autant que la petite Congrégation de la Mission désire imiter le même Jésus-Christ Notre-Seigneur, selon son petit possible, moyennant sa grâce, tant à l’égard de ses vertus que de ses emplois pour le salut du prochain; il est bien convenable qu’elle se serve de semblables moyens pour s’acquitter dignement de ce pieux dessein. C’est pourquoi sa fin est: 1° de travailler à sa propre perfection, en faisant son possible pour pratiquer les vertus que ce souverain Maître a daigné nous enseigner, de parole et d’exemple; 2° de prêcher l’évangile aux pauvres, particulièrement à ceux de la campagne; 3° d’aider les ecclésiastiques à acquérir les sciences et les vertus nécessaires à leur état.

 

2. — Cette Congrégation est composée d’ecclésiastiques et de laïques. L’emploi des ecclésiastiques est d’aller, à l’exemple de Notre-Seigneur et de ses disciples, par les villages et bourgades, et y rompre le pain de la parole de Dieu aux petits, en prêchant et catéchisant; les exhorter à faire des confessions générales de toute leur vie passée, et les entendre au tribunal de la Pénitence; accorder les différends et les procès; établir la Confrérie de la charité; conduire les Séminaires érigés en nos maisons pour les externes, et y enseigner; donner les exercices spirituels; faire et diriger les conférences introduites chez nous pour les ecclésiastiques du dehors; et autres semblables fonctions, qui servent et sont conformes à notre Institut. Et quant aux laïques, leur emploi est d’aider les ecclésiastiques en tous ces ministères, en faisant l’office de Marthe, selon qu’il leur sera prescrit par le Supérieur, comme aussi en y contribuant par leurs prières, larmes, mortifications et bons exemples.

 

3. — Et pour que cette Congrégation parvienne, moyennant la grâce de Dieu, à la fin qu’elle s’est proposée, elle doit faire son possible pour se revêtir de l’esprit de Jésus-Christ, qui paraît principalement dans les maximes évangéliques, dans sa pauvreté, dans sa chasteté, dans son obéissance, dans sa charité envers les malades, dans sa modestie, dans la manière de vivre et d’agir qu’il prescrivit à ses disciples, dans sa conversation, dans ses exercices journaliers de piété, dans ses missions et autres emplois envers les peuples: toutes lesquelles choses sont contenues dans les chapitres suivants.

 

Chapitre II.

Des Maximes Évangeliques

 

1. — Avant toutes choses, un chacun tâchera de se bien établir dans cette vérité, que la doctrine de Jésus-Christ ne peut jamais tromper, au lieu que celle du monde porte toujours à faux: Jésus-Christ nous assurant lui-même que celle-ci est semblable à une maison bâtie sur le sable, et la sienne à un bâtiment fondé sur la pierre ferme; et partant la Congrégation fera profession d’agir toujours conformément à la doctrine de Jésus-Christ, et jamais selon les maximes du monde ; et pour ce faire, elle accomplira particulièrement ce qui suit.

 

2. — Jésus-Christ ayant dit: Cherchez premièrement le royaume de Dieu et sa justice, et toutes ces choses, dont vous aurez besoin, vous seront données par-dessus; un chacun tâchera de préférer les choses spirituelles aux temporelles, le salut de l’âme à la santé du corps, l’honneur de Dieu à celui du monde, et, qui plus est, se résoudra fermement de choisir, avec l’Apôtre, la disette, l’infamie, les tourments, et la mort même, plutôt que d’être séparé de la charité de Jésus-Christ. Et partant il ne se mettra point trop en peine pour les biens de ce monde, ains jettera tous ses soins en la Providence de Notre-Seigneur, tenant pour certain que, tandis qu’il sera bien établi en cette charité et bien fondé en cette confiance, il sera toujours sous la protection du Dieu du ciel, et ainsi aucun mal ne lui arrivera, et aucun bien ne lui manquera, lors même qu’il pensera que tout va être perdu.

 

3. — Et parce que la sainte pratique qui consiste à faire toujours et en toutes choses la volonté de Dieu, est un moyen assuré pour pouvoir bientôt acquérir la perfection chrétienne ; chacun tâchera, selon son possible, de se la rendre familière, en accomplissant ces quatre choses: 1° En exécutant dûment les choses qui nous sont commandées, et fuyant soigneusement celles qui nous sont défendues; et cela toutes les fois qu’il nous appert que tel commandement, ou telle défense, vient de la part de Dieu, ou de l’Eglise, ou de nos Supérieurs, ou de nos Règles et Constitutions. 2° Entre les choses indifférentes qui se présentent à faire, choisissant plutôt celles qui répugnent à notre nature que celles qui la satisfont, si ce n’est que celles qui lui plaisent soient nécessaires: car alors il les faut préférer aux autres, les envisageant néanmoins, non du côté qu’elles délectent les sens, mais seulement du côté qu’elles sont plus agréables à Dieu. Que si plusieurs choses indifférentes de leur nature, également agréables ou désagréables, se présentent à faire en même temps, alors il est à propos de se porter indifféremment à ce qu’on voudra, comme venant de la divine Providence. 3° Et pour ce qui est des choses qui nous arrivent inopinément, comme sont les afflictions ou consolations, soit corporelles soit spirituelles, en les recevant toutes avec égalité d’esprit, comme sortant de la main paternelle de Notre-Seigneur. 4° Faisant toutes ces choses par le motif que c’est le bon plaisir de Dieu, et pour imiter en cela, autant qu’il nous est possible, Notre-Seigneur Jésus-Christ, qui a toujours fait les mêmes choses, et pour la même fin, ainsi qu’il le témoigne lui-même: Je fais, dit-il, toujours les choses qui sont selon la volonté de mon Père.

 

4. — Notre-Seigneur Jésus-Christ demandant de nous la simplicité de la colombe, qui consiste à dire les choses tout simplement, comme on les pense, sans réflexions inutiles, et à agir tout bonnement, sans déguisement ni artifice, ne regardant que Dieu seul; pour cela un chacun s’efforcera de faire toutes ses actions dans ce même esprit de simplicité, se représentant que Dieu se plaît à se communiquer aux simples et à leur révéler ses secrets, lesquels il tient cachés aux sages et aux prudents du siècle.

 

5. — Mais parce qu’en même temps que Jésus-Christ nous recommande la simplicité de la colombe, il nous ordonne d’user de la prudence du serpent, laquelle est une vertu qui nous fait parler avec discrétion; c’est pourquoi nous tairons prudemment les choses qu’il n’est pas expédient de dire, particulièrement si de soi elles sont mauvaises et illicites, et retrancherons de celles qui, en quelque façon, sont bonnes, les circonstances qui vont contre l’honneur de Dieu, ou peuvent porter préjudice au prochain, ou nous donner de la vanité; et pour ce que cette vertu regarde aussi, dans la pratique, le choix des moyens propres pour parvenir à leur fin, nous aurons pour maxime inviolable de prendre toujours des moyens divins pour les choses divines, et de juger des choses suivant le sentiment et le jugement de Jésus-Christ, et jamais suivant celui du monde, ni selon le faible raisonnement de notre esprit; et ainsi nous serons prudents comme les serpents, et simples comme les colombes.

 

6.— Tous étudieront soigneusement la leçon que Jésus-Christ nous a enseignée en disant : Apprenez de moi que je suis doux et humble de cœur;  considérant que, comme il assure lui-même, par la douceur on possède la terre, parce qu’agissant dans cet esprit, on gagne les cœurs des hommes, pour les convertir à Dieu, à quoi l’esprit de rigueur met empêchement; et que par l’humilité on acquiert le ciel, où nous élève l’amour de notre propre abjection, nous faisant monter comme par degrés, de vertu en vertu, jusqu’à ce que l’on y soit parvenu.

 

7.— Or, cette humilité que Jésus-Christ nous recommande si souvent de parole et d’exemple, et à l’acquisition de laquelle la Congrégation doit travailler de toutes ses forces, doit avoir trois conditions, dont la première est de nous estimer avec toute sincérité dignes de mépris; la deuxième, être bien aises que les autres connaissent nos défauts et nous en méprisent; la troisième, cacher le peu de bien que Dieu fera par nous, ou en nous, dans la vue de notre propre bassesse, et si cela ne se peut, l’attribuer totalement à la miséricorde de Dieu et aux mérites des autres. Et c’est ici le fondement de la perfection évangélique, et le nœud de toute la vie spirituelle. Qui aura cette vertu obtiendra facilement toutes les autres; mais celui qui ne l’aura point sera dépouillé du bien même qui est en lui, et vivra dans des inquiétudes continuelles.

 

8. — Jésus-Christ ayant dit: Que celui qui veut venir après moi renonce à soi-même et porte sa croix tous les jours; et saint Paul ayant ajouté dans le même esprit: Si vous vivez selon la chair, vous mourrez; mais si par le moyen de l’esprit vous mortifiez les mouvements de la chair, vous vivrez; chacun travaillera de tout son possible à cela, savoir est, à une continuelle mortification de sa propre volonté, de son propre jugement, et de tous ses sens.

 

9. — Chacun renoncera pareillement à l’affection immodérée de ses parents. selon le conseil de Jésus-Christ, qui exclut du nombre de ses disciples tous ceux qui ne haïssent pas père, mère, frères et sœurs, et qui promet le centuple en ce monde et la vie éternelle en l’autre, à ceux qui les auront quittés pour suivre le conseil de l’Evangile; nous faisant voir par là le grand empêchement que l’attache à la chair et au sang apporte à la perfection chrétienne. On ne laissera pas pourtant de les aimer, mais ce sera d’un amour spirituel et selon l’esprit de Jésus-Christ.

 

10. — Tous s’étudieront avec toute la diligence possible à la vertu d’indifférence. que Jésus-Christ et les saints ont tant estimée et si bien pratiquée, en sorte qu’ils n’aient aucune attache ni aux emplois, ni aux personnes, ni aux lieux, particulièrement à leur pays, ni à aucune autre chose semblable; ains qu’ils soient toujours prêts et ponctuels à quitter tout cela de bon cœur, dès que le Supérieur leur aura notifié sa volonté, même par signe; et qu’ils agréent tout refus ou tout changement qu’il trouvera bon de faire. reconnaissance en vue de Dieu, que tout ce qu’il a fait est bien fait.

 

11. — Pour honorer la vie commune que Notre-Seigneur Jésus-Christ a voulu mener, afin de se conformer aux autres, et ainsi les mieux gagner à Dieu son Père; tous, autant que faire se pourra, garderont en toutes choses l’uniformité, la regardant comme une vertu qui entretient le bon ordre et la sainte union; ils fuiront pareillement la singularité, comme la racine de l’envie et de la division; et cela non seulement à l’égard du vivre, du vêtir, du lit et des autres choses semblables, mais encore pour ce qui est de la manière de diriger, d’enseigner, de prêcher, de gouverner, comme aussi à l’égard des pratiques spirituelles. Or, afin de pouvoir toujours conserver parmi nous cette uniformité, il ne nous faut qu’un seul moyen, à savoir, une très exacte observance de nos Règles ou Constitutions.

 

12. — Les actes de la charité envers le prochain seront toujours en vigueur parmi nous, comme: 1° de faire aux autres le bien que nous voudrions raisonnablement qu’ils nous fissent; 2° ne jamais contredire personne, et trouver tout bon en Notre-Seigneur; 3° s’entre-supporter les uns les autres sans murmurer; 4° pleurer avec ceux qui pleurent; 5° se réjouir avec ceux qui se réjouissent; 6° se prévenir d’honneur les uns les autres; 7° leur témoigner de l’affection et leur rendre cordialement service; bref, se faire tout à tous pour les gagner tous à Jésus-Christ. Tout cela s’entend, quand il n’y a rien contre les Commandements de Dieu ou de l’Eglise, ni contre nos Règles ou Constitutions.

 

13. — Si quelquefois la divine Providence permet que la calomnie et la persécution attaquent et exercent la Congrégation, quelqu’une de ses maisons, ou quelque particulier du corps d’icelle, quoique sans sujet, nous nous garderons bien d’user d’aucune vengeance ou malédiction, ou même d’aucune plainte contre tels persécuteurs et calomniateurs; mais au contraire nous en louerons et bénirons Dieu et lui en rendrons grâces, nous en réjouissant comme d’une occasion d’un grand bien, et qui part de la main du Père des lumières; voire même nous prierons Dieu de bon cœur pour eux tous, et leur ferons très volontiers du bien, quand nous en aurons l’occasion et le pouvoir; nous représentant que Jésus-Christ nous l’ordonne comme à tous les autres chrétiens, disant: Aimez vos ennemis, faites du bien à ceux qui vous haissent, et priez pour ceux qui vous persécutent et vous calomnient. Et afin que nous observions plus aisément et allègrement tout cela, il nous assure qu’en cela nous serons bien heureux, et que nous devons en être bien aises et tressaillir de joie, pour ce qu’il y a pour nous une grande récompense dans le ciel. Et ce qui est plus considérable, il a bien daigné lui-même tout le premier pratiquer cela à l’égard des hommes, afin de nous donner exemple; en quoi l’ont ensuite imité les apôtres, les disciples et une infinité de chrétiens.

 

14. — Quoique nous devions faire notre possible pour garder toutes ces maximes évangéliques, comme étant très saintes et utiles, y en ayant toutefois entre elles qui nous sont plus propres que les autres, savoir celles qui recommandent spécialement la simplicité, l’humilité, la douceur, la mortification et le zèle des âmes; la Congrégation s’y étudiera d’une manière plus particulière, en sorte que ces cinq vertus soient comme les facultés de l’âme de toute la Congrégation, et que les actions d’un chacun de nous en soient toujours animées.

 

15. — Et d’autant que Satan tâche toujours de nous détourner de la pratique de ces maximes, en y opposant les siennes toutes contraires; chacun apportera une très grande prudence et vigilance à les combattre fortement et courageusement, surtout celles qui s’opposent le plus à l’esprit de notre Institut, qui sont: 1° la prudence humaine; 2° l’envie de paraître aux yeux des hommes; 3° le désir de faire que chacun se soumette toujours à notre jugement et à notre volonté; 4° la recherche de notre propre satisfaction en toutes choses; 5° l’insensibilité pour la gloire de Dieu, et pour le salut du prochain.

 

16. — Et d’autant que cet esprit malin se change souvent en ange de lumière, et nous trompe quelquefois par ses illusions, on se gardera bien de s’y laisser surprendre; et sera-t-on soigneux d’apprendre les moyens de les discerner et surmonter. Et l’expérience nous faisant voir que le moyen le plus présent et le plus sur, en ce cas, est de se découvrir promptement à ceux qui sont destinés de Dieu pour cela; dès que quelqu’un aura des pensées suspectes d’illusions, ou quelque peine intérieure, ou tentation notable, il s’en découvrira, le plus tôt qu’il pourra, au Supérieur ou au directeur à ce député, afin qu’il y apporte le remède convenable; lequel chacun recevra et agréera comme venant de la main de Dieu, et s’y soumettra avec confiance et respect. Surtout, il se gardera bien d’en parler à d’autres, soit de la maison, soit de dehors; l’expérience nous faisant voir qu’en se découvrant ainsi à d’autres on empire son mal, qu’on en infecte les autres, et que même cela porte à la fin un grand préjudice à toute la Congrégation .

 

17. — Et d’autant que Dieu veut que chacun ait soin de son prochain, et qu’étant tous membres d’un même corps mystique, nous devons nous entraider les uns les autres; dès que quelqu’un aura appris qu’un autre souffre quelque forte tentation, ou qu’il a fait quelque faute notable, soudain s’animant de l’esprit de charité, il procurera en la meilleure manière qu’il pourra, que le Supérieur apporte à ces deux maux, dûment et en temps requis, les remèdes convenables. Et afin qu’on puisse mieux s’avancer dans la vertu, chacun trouvera bon et agréera que, dans le même esprit de charité, ses fautes soient découvertes au Supérieur, par qui que ce soit, qui les aura remarquées hors de la confession.

 

18. — La mission de Jésus-Christ s’étant faite au monde, pour rétablir l’empire de son Père dans les âmes, que l’esprit malin lui avait ravies par l’amour déréglé des richesses, de l’honneur et du plaisir qu’il avait finement répandu dans le cœur des hommes, ce bénin Sauveur jugea qu’il était à propos de combattre son adversaire par des armes contraires, savoir: par la pauvreté, par la chasteté et par l’obéissance, comme il a fait jusqu’à la mort. Et cette petite Congrégation de la Mission, ayant été suscitée en l’Eglise pour s’employer au salut des âmes, principalement du pauvre peuple des champs, elle a pensé qu’elle ne se pouvait servir d’armes meilleures et plus propres que de celles mêmes, dont cette sagesse éternelle s’est servie si heureusement et si avantageusement. C’est pourquoi, tous et chacun de notre Congrégation garderont fidèlement et perpétuellement cette pauvreté, chasteté et obéissance, selon notre Institut. Et afin qu’ils puissent plus sûrement, plus facilement et même avec plus de mérite, persévérer jusqu’à la mort dans la pratique de ces vertus, un chacun tâchera, avec l’aide de Dieu, d’exécuter le plus fidèlement qu’il pourra, ce qui est ordonné sur ce sujet dans les chapitres suivants.

 

 

Chapitre III.

 De la Pauvreté

 

1. — Jésus-Christ, vrai Seigneur de tous les biens du monde, ayant embrassé la pauvreté d’une manière si particulière, qu’il n’avait pas où reposer sa tête, et ayant mis ceux qui l’ont suivi en sa mission, à savoir, ses Apôtres et ses disciples, dans un semblable état de pauvreté, jusqu’au point de n’avoir rien en propre, afin qu’étant ainsi dégagés, ils pussent mieux et plus aisément combattre et vaincre l’esprit des richesses, qui va perdant presque tout le monde; chacun tâchera, selon son petit pouvoir, de l’imiter en la pratique de cette vertu, s’assurant qu’elle sera comme le fort imprenable qui doit, avec l’aide de Dieu, conserver toujours la Congrégation.

 

2. — Et quoique nos emplois dans les missions, à raison que nous devons les exercer gratuitement, ne nous peuvent permettre que nous fassions profession de pauvreté en toutes les manières, nous essayerons néanmoins de la garder de volonté et d’affection, et, autant que nous le pourrons, d’effet, et principalement à l’égard des choses qui nous sont ici ordonnées.

 

3.— Tous et un chacun de notre Congrégation, sauront qu’à l’exemple des premiers chrétiens, toutes choses nous seront communes et qu’elles seront distribuées à chacun par les Supérieurs: à savoir la nourriture, le vêtement, les livres et les meubles, et les autres choses selon le besoin de chaque particulier; de peur toutefois que nous fassions quoi que ce soit contre la pauvreté que nous avons embrassée, personne ne pourra disposer de ces biens de la Congrégation, ni en rien employer sans la permission du Supérieur.

 

4.— De plus, personne n’aura rien, sans que le Supérieur le sache, ou le permette, et qu’il ne soit prêt de quitter incontinent que le même Supérieur le lui aura ordonné, ou même fait signe qu’il le désire.

 

5.— Personne n’usera d’aucune chose comme propre; ne donnera, ne recevra, ne prêtera, n’empruntera ni ne demandera rien d’ailleurs, sans la licence du Supérieur.

 

6.— Personne ne prendra rien pour soi de ce qui est destiné à l’usage des autres, ou mis à part pour la Communauté, ou délaissé de quelqu’un, non pas même des livres ; ne donnera non plus aux autres ce qui lui aura été donné pour son usage, sans le consentement du Supérieur. Nul aussi ne laissera, par sa négligence, rien perdre ni rien gâter de tout cela.

 

7.— Personne ne recherchera les choses superflues ni les curieuses. Et pour ce qui est des nécessaires, chacun règlera si bien ses inclinations en cela, que son vivre, sa chambre et son lit soient accommodés en la manière qui convient à un pauvre, et qu’en ces choses-là, comme en toutes autres, il soit prêt de ressentir quelques effets de la pauvreté, voire même de souffrir de bon cœur qu’on lui donne le pire de tout ce qui est dans la maison.

 

8.— Et afin qu’on ne voie rien chez nous, qui ressente le moins du monde la propriété, nos chambres ne seront pas tellement fermées qu’on ne les puisse ouvrir par dehors, et il n’y aura point de coffre ni autre chose semblable fermée à clef particulière, sans l’expresse permission du Supérieur.

 

9.— Nul de ceux qui iront en une autre maison, n’emportera rien de celle d’où il sort, sans la licence du Supérieur.

 

10.— Et parce qu’on peut pécher contre la vertu de pauvreté, par le seul désir déréglé d’avoir des biens temporels; un chacun se donnera soigneusement de garde, que ce mal ne se saisisse de son cœur, même à l’égard des bénéfices qu’il pourrait rechercher sous couleur de quelque bien spirituel à faire, et partant il n’aspirera pas même à aucun bénéfice, ou dignité ecclésiastique, quelque prétexte qu’il puisse avoir.  

 

Chapitre IV.

De la Chateté

 

1.— Le Sauveur du monde a bien montré qu’il avait extrêmement à cœur la chasteté, et combien il désirait la répandre dans les cœurs des hommes. en ce qu’il a voulu passer par-dessus l’ordre qu’il avait établi en la nature, pour naître par l’opération du Saint-Esprit, d’une Vierge immaculée: et il a eu si grande horreur du vice contraire, que, quoiqu’il ait permis qu’on lui ait imputé faussement les crimes les plus énormes, pour être rempli d’opprobres, selon le désir qu’il en avait, on ne lit point, néanmoins, que personne, non pas même ses plus grands ennemis, l’aient jamais accusé, ni même soupçonné de ce vice. Et partant, il importe beaucoup que la Congrégation ait un singulier et très ardent désir de cette vertu, et fasse en tout temps et en tout lieu profession particulière de la pratiquer très parfaitement. Ce que nous devons avoir d’autant plus à cœur, que nos emplois de la Mission nous obligent plus étroitement à converser presque continuellement avec les séculiers de l’un et de l’autre sexe; c’est pourquoi chacun apportera de son côté tout le soin, la diligence et la précaution possible pour conserver entièrement cette chasteté, tant à l’égard du corps, qu’à l’égard de l’âme.

 

2.— Or, afin qu’avec l’aide de Dieu, on puisse faire tout cela, on gardera très soigneusement ses sens, tant intérieurs qu’extérieurs ; on ne parlera jamais aux femmes seul à seule, en lieu et temps indus. On s’abstiendra entièrement de leur parler et de leur écrire en termes trop affectueux, quoique ce fût en matière de dévotion, on ne s’approchera pas trop d’elles en les confessant, ni en leur parlant hors de la confession; et qu’on se donne bien de garde de présumer de sa chasteté.

 

3.— Et d’autant que l’intempérance est comme la mère et la nourrice de l’impureté, chacun sera tempéré en son manger, et, autant qu’il pourra, usera de viandes communes et trempera beaucoup son vin.

 

4.— De plus, nous nous persuaderons tous que ce n’est pas assez aux missionnaires d’exceller en cette vertu, mais qu’il faut encore faire tout notre possible à ce que personne au monde ne puisse soupçonner tant soit peu aucun des Nôtres du vice contraire: parce que ce seul soupçon, quoique très mal fondé, nuirait plus à la Congrégation et à ses saints emplois, que tous les autres crimes qu’on nous pourrait faussement imputer, en ce principalement qu’il ne se recueillerait que peu ou point de fruit de nos missions. Et partant nous ne nous contenterons pas d’user des moyens ordinaires, pour prévenir ou réparer ce mal, mais encore nous y emploierons, si besoin est, les extraordinaires, comme serait entre autres, de s’abstenir parfois de faire des actions, qui seraient d’ailleurs licites, et mêmes bonnes et saintes; cela s’entend, lorsqu’au jugement du Supérieur ou Directeur, ces choses semblent donner lieu de craindre ce soupçon.

 

5.— Et d’autant que l’oisiveté est la marâtre des vertus, principalement de la chasteté, un chacun fuira tellement ce vice, qu’il puisse être trouvé toujours utilement occupé.

 

 

Chapitre V.

De l’obéissance

 

1.— Pour honorer l’obéissance que Notre-Seigneur Jésus-Christ nous a enseignée de parole et d’exemple, l’ayant bien voulu exercer sur la terre à l’égard de la très sainte Vierge, de saint Joseph, et des autres personnes constituées en dignité, soit bonnes, soit mauvaises; nous obéirons exactement à nos Supérieurs, et à chacun d’eux, les regardant en Notre-Seigneur, et Notre-Seigneur en eux ; principalement à notre Saint-Père le Pape, auquel nous obéirons avec tout le respect, la fidélité et la sincérité possibles. Nous rendrons aussi humblement et fidèlement obéissance, selon notre Institut, à Nosseigneurs les Illustrissimes et Révérendissimes Evêques, dans les diocèses desquels nous sommes établis. De plus. nous n’entreprendrons rien dans les églises paroissiales, sans le consentement de Messieurs les Pasteurs.

 

2.— Nous obéirons aussi tous au Supérieur général, promptement, gaiement et persévéramment, en toutes choses où l’on ne verra point de péché, et avec une obéissance aveugle et une entière soumission de jugement et de volonté, et cela, non seulement à l’égard de sa volonté signifiée, mais aussi à l’égard de ses intentions, estimant que ce qu’il ordonne est toujours pour le mieux, et nous mettant à sa disposition, comme la lime entre les mains de l’artisan .

 

3.— Et cette obéissance se rendra pareillement aux autres Supérieurs, tant particuliers que Visiteurs, comme aussi aux officiers subalternes. Chacun tâchera aussi d’obéir au son de la cloche comme à la voix de Jésus-Christ; en sorte qu’au premier coup qu’on entendra, on s’étudie à quitter tout, même la lettre commencée.

 

4.— Et afin que la Congrégation fasse plus aisément et plus tôt progrès en cette vertu, elle tâchera, selon son possible, d’entretenir toujours en vigueur la sainte pratique de ne rien demander, ni rien refuser. Néanmoins, quand quelqu’un reconnaîtra que quelque chose lui est nuisible ou nécessaire, il pensera devant Dieu, s’il la doit proposer au Supérieur ou non, et se mettra en état d’indifférence pour la réponse qui lui sera faite; et étant ainsi disposé, il la lui proposera, et tiendra pour certain que la volonté de Dieu lui sera signifiée par celle du Supérieur: laquelle lui étant connue, soudain il demeurera en paix.

 

5.— Tous, aux jours et heures assignés de chaque semaine, se rendront au lieu destiné pour entendre les avertissements que le Supérieur donnera pour le bon ordre de la maison, comme aussi pour lui proposer ce qu’on aura à lui demander.

 

6.— Personne ne commandera rien aux autres, ni ne les reprendra d’aucun défaut, s’il n’a ordre du Supérieur de le faire, ou s’il n’y est déjà obligé à raison de son office.

 

7.— Nul ayant été refusé d’un Supérieur, ne s’adressera pour la même chose à un autre Supérieur, sans lui dire comme il en a été refusé, et la cause du refus.

 

8.— Personne ne laissera l’emploi qu’on lui aura donné, sous prétexte de quelque autre affaire qui lui sera survenue, sans en avoir donné de bonne heure avis à quelqu’un de ses Supérieurs, afin que, si besoin est, il en substitue un autre.

 

9.— Comme personne ne doit s’ingérer dans l’office ou emploi d’un autre; ainsi quand quelqu’un sera prié par un autre, particulièrement par quelqu’un des officiers, même des moindres, de l’aider en passant, il le fera bénignement, s’il n’y a rien qui l’en empêche. S’il fallait néanmoins s’y arrêter trop longtemps, on ne le fera pas, sans avoir auparavant obtenu la permission du Supérieur.

 

10.— Personne n’entrera dans le lieu destiné pour l’office d’un autre, sans la permission du Supérieur; si c’est pourtant en choses nécessaires, la licence du préfet du lieu suffira.

 

11.— Afin d’obvier à plusieurs inconvénients de grande conséquence qui pourraient arriver, nul n’écrira, ni n’enverra, ni n’ouvrira des lettres sans la permission du Supérieur, entre les mains duquel chacun remettra celles qu’il aura écrites, pour les envoyer ou les retenir comme bon lui semblera.

 

12.— Et afin que l’obéissance contribue aussi pour quelque chose à la santé du corps, personne ne boira ni ne mangera hors les heures accoutumées, sans licence du Supérieur.

 

13.— Nul n’entrera dans la chambre d’un autre, s’il n’a permission générale ou particulière du Supérieur, et si celui qui est dedans, ne lui dit: entrez ; et quand il y sera, la porte se tiendra ouverte tout le temps qu’ils y demeureront ensemble.

 

14.— Nul aussi ne mènera les autres, particulièrement les externes, en sa chambre, sans en avoir la licence du même Supérieur.

 

15.— Personne ne composera ou tournera d’une langue en une autre aucun livre et le mettra en lumière, sans l’expresse approbation et permission du Supérieur général.

 

16.— Nul de nos Frères coadjuteurs, destinés à l’office de Marthe, n’aspirera à apprendre la langue latine, et encore moins à l’état ecclésiastique. Que si quelqu’un sentait en avoir le désir, il tâchera de l’étouffer promptement, comme venant du malin esprit, qui, possible, le veut perdre par un fin orgueil, caché sous l’apparence du zèle des âmes. Et pour ce qui est d’apprendre à lire ou à écrire, ils ne le feront pas sans expresse licence du Supérieur général.

 

 

Chapitre VI.

De ce qui concerne les malades

 

1.— L’une des choses que Jésus-Christ pratiquait et recommandait plus fréquemment à ceux qu’il envoyait travailler à sa vigne, ayant été la visite et l’assistance des malades, particulièrement des pauvres, la Compagnie aura un soin particulier de les visiter et assister, avec le consentement du Supérieur, non seulement les Nôtres, mais encore ceux du dehors, les secourant corporellement et spirituellement, selon notre possible et commodité, principalement dans les missions; et de plus, prenant un grand soin d’établir et de visiter la Confrérie de la charité.

 

2.— En quelque lieu qu’on visite quelque malade, soit en la maison, soit chez les externes, on les regardera, non comme un simple homme, mais comme Jésus-Christ même, qui assure que c’est à lui qu’on rend ce service. Et partant, chacun s’y comportera modestement et y parlera bas et de choses qui puissent réjouir et consoler le malade, et ensemble édifier les assistants. Nos malades aussi se persuaderont qu’ils ne sont pas dans l’infirmerie et dans le lit, seulement pour y être médicamentés et guéris, mais aussi pour y enseigner, comme dans une chaire de prédicateur, du moins par leur exemple, les vertus chrétiennes, particulièrement la patience et la conformité au bon plaisir de Dieu; et ainsi édifier tous ceux qui les visiteront ou assisteront; en sorte que leur vertu se perfectionne dans leur infirmité. Et pour ce qu’entre toutes les vertus requises en un malade, l’obéissance est encore fort nécessaire, ils obéiront très exactement, non seulement aux médecins spirituels, mais aussi aux corporels, à l’infirmier, et aux autres qui auront ordre de les assister.

 

4.— Et afin qu’il ne se glisse aucun abus en ce qui concerne les malades, tous ceux qui se sentiront indisposés, en donneront avis au Supérieur, ou au préfet de santé, ou à l’infirmier; mais personne ne prendra aucune médecine, ou ne se servira de notre médecin, ou n’en consultera quelque autre, sans la permission du Supérieur.

 

 

Chapitre VII.

De la Modestie

 

1.— La modestie de Notre-Seigneur Jésus-Christ était si grande, tant en son visage et en son maintien qu’en son parler, qu’elle attirait les peuples à milliers jusqu’au fond des déserts, pour le voir et pour entendre les paroles de la vie éternelle qui sortaient de sa bouche; en sorte qu’ils s’oubliaient du boire et du manger. C’est aussi en cette aimable vertu que les Missionnaires doivent imiter ce grand Maître, puisque étant obligés par leur Institut de converser ordinairement avec le prochain, ils doivent toujours craindre qu’ils ne viennent détruire, par le mauvais exemple et la moindre immodestie, ce qu’ils auraient fait de bien par l’exercice de leurs fonctions. C’est pourquoi tous s’étudieront diligemment à faire ce que l’Apôtre recommandait aux premiers chrétiens, leur disant: Que votre modestie soit connue à tous les hommes. Or, pour le pouvoir faire comme il faut, on tâchera de pratiquer soigneusement les règles particulières qui en sont données dans la Congrégation, et les suivantes.

 

2.— Ils se garderont sur toutes choses d’être dissipés de la vue, particulièrement à l’église, à table et dans les actions publiques, et feront en sorte qu’il ne paraisse rien de léger ou de puéril en leur geste ni rien d’affecté et de mondain en leur marcher.

 

3.— Tous se donneront de garde de se toucher l’un l’autre, même par jeu, si ce n’est lorsqu’il convient de s’embrasser en signe de charité et pour se saluer: savoir est, quand quelqu’un va aux champs ou qu’il en revient, ou est nouvellement reçu en la Congrégation.

 

4.— Chacun sera soigneux de conserver la netteté, particulièrement en ses habits, et s’abstiendra de toute propreté trop recherchée et affectée.

 

5.— Chacun tiendra bien net et bien rangé le peu de pauvres meubles qu’il a en sa chambre, laquelle aussi chacun balayera tous les trois jours, et fera son lit tous les matins à son lever; si ce n’est que, pour quelque infirmité ou emploi, le Supérieur n’ait destiné quelqu’un pour le soulager en cela.

 

6.— Personne ne sortira de sa chambre sans être décemment vêtu.

 

7.— Et afin que nous puissions plus facilement et plus tôt pratiquer la modestie devant les autres; chacun, étant en son particulier, même tout seul dans sa chambre, tâchera soigneusement de se comporter modestement, faisant attention à la présence de Dieu, et se donnera de garde particulièrement de dormir la nuit sans chemise, ni sans être suffisamment couvert.

 

 

Chapitre VIII.

De la conversation entre nous autres

 

1.— Après que Jésus-Christ, notre Sauveur, eut assemblé ses Apôtres et ses disciples en forme de communauté, il leur donna certains préceptes pour bien vivre ensemble, comme sont de s’entr’aimer les uns les autres, de s’entre-laver les pieds, et si quelqu’un avait quelque chose contre son frère, de se réconcilier au plus tôt avec lui; d’aller deux à deux; et enfin, que si quelqu’un voulait être le plus grand d’entre eux, il fût fait le moindre. Suivant cela, notre petite Congrégation, qui désire suivre les vestiges de Jésus-Christ et de ses disciples, a dû semblablement avoir les règles suivantes, qui concernent la manière de vivre et de converser ensemble comme il faut, lesquelles chacun tâchera de garder le mieux qu’il lui sera possible.

 

2.— Afin que la charité fraternelle et la sainte union soient toujours parmi nous et qu’elles s’y conservent en toutes les manières, tous agiront les uns avec les autres dans un grand respect, conversant néanmoins toujours ensemble cordialement, ainsi que font les amis intimes entre eux; ils fuiront pourtant diligemment les amitiés particulières, aussi bien que les aversions: l’expérience nous faisant voir que ces deux extrémités vicieuses sont la source des divisions, et la ruine des Congrégations.

 

3.— Tous porteront un singulier respect à leurs Supérieurs, leur rendant l’honneur qui leur est dû, et se découvriront devant eux; et pendant que les mêmes Supérieurs leur parleront, ils se garderont bien de les interrompre et qui pis est, de leur résister de parole. Tous se découvriront pareillement devant les prêtres; les séminaristes et les écoliers, devant les directeurs et maîtres. Les prêtres aussi tâcheront en Notre-Seigneur de se prévenir d’honneur en cela. De peur, néanmoins, qu’on ne donne occasion d’être dissipé de la vue, ou de l’esprit, quand on est à table, on ne se découvrira point pour qui que ce soit, si ce n’est quand le Supérieur ou quelque externe de condition passera.

 

4.— Et d’autant que l’Ecriture sainte témoigne qu’il y a temps de parler et temps de se taire, et que le péché ne manquera pas de se rencontrer dans le beaucoup parler, et que d’ailleurs l’expérience journalière fait assez voir qu’il est bien difficile communauté dédiée à Dieu puisse longtemps persévérer dans le bien, s’il n’y a rien de prescrit touchant le parler, ni aucune règle pour le silence; pour cela, chez nous, le silence se gardera, hors les heures de récréation ; de sorte qu’en tout autre temps personne ne parlera sans nécessité, si ce n’est en passant et en peu de paroles, et tout bas, principalement à l’église, à la sacristie, au dortoir et au réfectoire, particulièrement pendant qu’on est à table. Toutefois, si quelqu’un de ceux qui y sont assis, a besoin de quelque chose, celui qui est auprès en pourra dire un mot au servant, s’il ne le peut faire entendre par quelque signe. Et en quelque temps que ce soit qu’on parle, même aux heures destinées pour la récréation, on se gardera toujours de trop hausser la voix, cela pouvant mal édifier tant les Nôtres que les externes.

 

5.— Personne des Nôtres ne parlera, sans la permission du Supérieur, aux séminaristes, ni aux écoliers, ni aux autres quoique prêtres, qui n’ont pas encore achevé les deux ans depuis la sortie du séminaire, si ce n’est pour les saluer en passant et en un mot, lorsque la charité demande cela de nous.

 

6.— Pour mieux observer le silence, chacun fera attention le plus qu’il pourra, à ne faire du bruit dans sa chambre, ou allant et venant par la maison, ou même ouvrant et fermant les portes, particulièrement durant la nuit.

 

7.— Dans nos conversations et récréations ordinaires, nous joindrons si bien la modestie avec la gaieté, qu’autant que faire se pourra, nous mêlions toujours l’utile avec l’agréable, et que nous soyons à édification à un chacun; et afin que nous puissions mettre cela plus facilement en pratique, nos entretiens seront pour l’ordinaire des choses qui concernent la piété ou la science requise aux missionnaires.

 

8.— Dans ces sortes de conversations entre nous, comme dans les autres auxquelles l’occasion nous porte parfois licitement, nous ferons en sorte qu’entre tous les sujets dont nous pouvons nous entretenir, nous prenions principalement ceux qui nous peuvent exciter à l’amour de notre vocation, et au désir de notre propre perfection, nous y incitant les uns les autres, tantôt louant la vertu comme la dévotion, la mortification, l’obéissance, l’humilité; tantôt prenant courageusement leur parti, mais humblement et suavement, contre ceux qui en parleraient désavantageusement. Que si quelqu’une de ces vertus répugne à notre sens, nous le découvrirons au Supérieur ou au Directeur seulement, et nous nous donnerons bien de garde d’en parler aux autres, ni en public, ni en particulier.

 

9.— En parlant les uns avec les autres, nous éviterons avec grand soin toute sorte d’opiniâtreté ou de contestation, quoique ce soit par manière de récréation, voire même nous tâcherons en Notre-Seigneur de préférer, autant qu’il se pourra, le sentiment des autres au nôtre en toute chose non illicite. Que si toutefois il arrive que quelqu’un soit d’opinion contraire touchant la chose proposée, il pourra alléguer ses raisons modestement et en esprit d’humilité; mais surtout on se gardera dans la conversation de se piquer ou s’aigrir pour quoi que ce soit, ou de se montrer fâché contre quelqu’un, ou d’offenser personne, soit en paroles, soit en actions, ou en quelque autre façon que ce puisse être.

 

10.— Tous feront grande conscience de garder le secret, non seulement pour les choses qui regardent la confession ou la direction, mais encore à l’égard de ce qui se fait ou se dit au chapitre touchant les coulpes et les pénitences, comme aussi de toutes les autres choses que les Supérieurs nous défendent de révéler, ou qui d’elles-mêmes requièrent le secret.

 

11.— Personne ne touchera tant soit peu la réputation des autres, particulièrement des Supérieurs, ni ne murmurera d’eux, ni ne censurera rien de ce qui se fait ou se dit dans notre Congrégation, non plus que de ce qui se passe dans les autres Communautés.

 

12.— Nul ne s’enquerra curieusement de la conduite de la maison, ni ne s’en entretiendra avec d’autres, ni ne parlera contre les Règles ou Constitutions et saintes pratiques de la Congrégation, soit directement ou indirectement.

 

13.— Nul ne se plaindra du vivre, ni du vêtir, ni du coucher, ni même ne s’en entretiendra avec d’autres s’il n’y est obligé à raison de son office.

 

14.— Personne ne parlera en mauvaise part des autres nations ou provinces, vu que souvent il en arrive de grands maux.

 

15.— Dans les dissensions publiques et guerres qui peuvent arriver entre les princes chrétiens, nul ne témoignera aucune inclination pour l’un ou pour l’autre parti ; pour imiter Jésus-Christ, qui ne voulut point juger les différends du prochain, ni du droit des princes, se contentant seulement de dire qu’il fallait rendre à César ce qui appartenait à César, etc.

 

16.— Chacun s’abstiendra de parler des choses qui concernent l’Etat ou les royaumes, ou les autres affaires séculières publiques, particulièrement de la guerre, et des différends du temps présent entre les princes, et autres semblables nouvelles du siècle. Et on se gardera même, tant que faire se pourra, d’en écrire quoi que ce soit.

 

Chapitre IX.

De la conversation avec les externes

 

1.— Outre les règles que Notre Sauveur donna à ses Apôtres et à ses disciples pour bien converser ensemble, il en ajouta d’autres pour se bien comporter avec le prochain, avec les scribes et les pharisiens, avec les magistrats, lorsqu’ils seraient menés à leurs synagogues et tribunaux, et comment ils agiraient quand ils seraient invités à quelques banquets, et autres semblables. C’est pourquoi, à son exemple, il a été à propos que nous eussions pareillement quelques règles touchant la manière de communiquer avec les externes; nous tâcherons donc de garder fidèlement celles-ci.

 

2.— Encore que notre Institut nous oblige de traiter souvent avec les séculiers, particulièrement dans les missions, néanmoins nous ne le ferons que quand l’obéissance ou la nécessité nous y appellera; et alors nous nous souviendrons de cette parole que Notre-Seigneur dit: Vous êtes la lumière du monde; c’est-à-dire, que nous devons imiter la lumière du soleil, laquelle éclaire et échauffe, et ne perd rien de sa pureté, quoiqu’elle passe sur des choses sales.

 

3.— Tous se donneront bien de garde de s’occuper des procès des externes, d’être exécuteurs testamentaires, de trafiquer, de traiter des mariages, et de semblables occupations du siècle, selon ce conseil de l’Apôtre: Celui qui est enrôlé en la milice de Notre-Seigneur ne doit point se mêler des affaires séculières.

 

4.— Nul ne se chargera même d’affaires de piété, ni ne promettra son aide pour les gérer, ni ne témoignera de l’inclination à s’y employer, sans la licence du Supérieur.

 

5.— Personne ne parlera dans la maison aux externes ni ne les fera parler a d’autres des Nôtres, sans la permission du Supérieur.

 

6.— Nul n’invitera à manger ou boire aucun externe, sans la même permission du Supérieur.

 

7.— Personne ne fera message ou ne portera des lettres ou autres choses semblables d’aucun externe à quelqu’un des Nôtres, ou de quelqu’un des Nôtres à un externe, sans la licence du Supérieur.

 

8.— Nul ne communiquera aux externes nos Règles ou Constitutions, sans l’expresse permission du Supérieur général ou du Visiteur; on pourra néanmoins montrer ces Règles communes, avec la licence du Supérieur particulier, aux postulants; et ce sur la fin de leurs Exercices spirituels, et quelquefois plus tôt, si devant Dieu il le juge ainsi expédient.

 

9.— Nul ne rapportera légèrement ou inutilement aux externes ce qu’on a fait, ou ce qu’on doit faire en la maison, ni ne s’entretiendra avec eux des choses dont il ne nous est pas permis de parler entre nous, particulièrement de celles qui regardent l’Etat ou le gouvernement du royaume.

 

10.— Quand quelqu’un aura eu permission d’aller parler aux externes, il ne s’entretiendra avec eux que de choses nécessaires, ou qui peuvent servir ou à leur salut et édification, ou au sien propre, ou à tous les deux ensemble; en sorte que tant lui que les externes aient sujet d’en être édifiés. Et pour cela, il s’y comportera avec la gravité, la dévotion et la modestie convenables, selon que les circonstances des personnes, des lieux et des temps le requerront.

 

11.— Personne ne sortira de la maison, sinon comme, quand, et avec qui le Supérieur le jugera à propos, auquel il appartiendra de nommer le compagnon, s’il n’a député quelque autre pour le faire; et celui qui aura été donné pour compagnon donnera le devant à l’autre et le laissera parler.

 

12.— Quand quelqu’un demandera congé au Supérieur pour aller dehors, il lui déclarera aussi en même temps le lieu et la raison pourquoi il désire, y aller, et aussitôt qu’il sera de retour à la maison, il lui rendra compte de ce qu’il aura fait.

 

13.— Nul n’entrera ni ne sortira de la maison que par la porte ordinaire, si la nécessité ou la permission du Supérieur ne l’en dispense.

 

14.— Ceux qui iront dehors, même ceux qui auraient permission de sortir et de rentrer par la porte de derrière, ou par celle de l’église, marqueront leurs noms, et diront au portier à quelle heure ils reviendront, afin qu’il puisse satisfaire ceux qui viendraient les demander; ils ne partiront pas de la maison avant le jour, et y retourneront avant la nuit, et dès qu’ils seront rentrés, ils démarqueront leurs noms.

 

15.— Personne ne mangera hors la maison, si ce n’est quand on est en voyage, sans la permission du Supérieur.

 

16.— Nul, en faisant chemin et passant par où il y a quelque maison de la Congrégation, n’ira loger que dans cette maison, et tant qu’il y séjournera, il sera sous l’obéissance de celui qui en a la conduite, et ne fera rien là, que par son avis et direction. La même chose s’observera par celui qui sera venu là pour des affaires.

 

Chapitre X.

Des Pratiques spirituelles qui son a observer en la Congregation

 

1.— Notre-Seigneur Jésus-Christ et ses disciples avaient leurs exercices de piété, comme d’aller au temple à certains jours, de se retirer en solitude de temps en temps, de vaquer à l’oraison, et autres semblables. Ainsi, il est bien raisonnable que cette petite Congrégation ait aussi ses pratiques spirituelles, lesquelles nous serons très soigneux d’observer et les préfèrerons même à toutes autres, si la nécessité ou l’obéissance ne nous en dispense, attendu même que ce sont des moyens qui contribuent le plus à l’observance de toutes les autres Règles ou Constitutions, et à notre perfection.

 

2.— Notre Congrégation étant obligée par la bulle de son érection d’honorer. d’une façon toute particulière, les ineffables mystères de la Très Sainte Trinité et de l’Incarnation, nous tâcherons de nous acquitter de ce devoir avec très grand soin, et, si cela se peut, en toutes manières, mais principalement en faisant ces trois choses: 1° en produisant souvent du fond du cœur des actes de foi et de religion sur ces mystères; 2° en offrant tous les jours à leur honneur quelques prières et bonnes œuvres, et particulièrement en célébrant leurs fêtes avec le plus de solennité et de dévotion qu’il nous sera possible; 3° en nous étudiant soigneusement à faire, soit par nos instructions, soit par nos exemples, que les peuples les connaissent, les honorent, et les aient en grande vénération.

 

3.— Et d’autant que, pour bien honorer ces mystères, l’on ne saurait donner aucun moyen plus excellent que la due vénération et le bon usage de la sacro-sainte Eucharistie, soit que nous la considérions comme sacrement. soit en tant que sacrifice, vu qu’elle contient en soi comme le précis de tous les autres mystères de notre foi, et que par sa vertu elle sanctifie et enfin glorifie les âmes de ceux qui communient dignement. ou célèbrent avec les dispositions requises, et que par ce moyen on rend à la Sainte Trinité et au Verbe Incarné une très grande gloire; partant, nous n’aurons rien en plus grande recommandation que de rendre à ce sacrement et sacrifice l’honneur qui lui est dû, et même nous emploierons tous nos soins à procurer que tout le monde lui porte même honneur et révérence: ce que nous tâcherons d’accomplir le mieux qu’il nous sera possible, mais particulièrement en empêchant, autant que faire se pourra, qu’on dise ou fasse rien qui le déshonore tant soit peu, et instruisant soigneusement les autres de ce qu’ils doivent croire d’un si haut mystère, et comment ils le doivent honorer.

 

4.— Et pour ce que la même bulle nous recommande de plus en termes exprès, d’honorer semblablement d’un culte particulier la bienheureuse Vierge Marie, et que nous sommes d’ailleurs et à divers titres obligés à cela, nous tâcherons tous et un chacun de nous acquitter parfaitement, Dieu aidant, de ce devoir, premièrement: en rendant tous les jours, et avec une dévotion particulière, quelque service à cette très Digne Mère de Dieu et la nôtre; 2° en imitant, autant que nous le pourrons, ses vertus, particulièrement son humilité et sa chasteté; 3° en exhortant ardemment les autres, toutes les fois que nous en aurons la commodité et le pouvoir, à ce qu’ils lui rendent toujours un grand honneur, et le service qu’Elle mérite.

 

5.— Nous aurons un très grand soin de nous bien acquitter de l’office divin, lequel on dira selon le rite de Rome, et en commun, même en mission; mais ce sera à voix médiocre et sans chanter, afin que nous ayons plus de temps et de commodité pour servir le prochain, excepté dans les maisons auxquelles, à raison des fondations ou des ordinands, ou des séminaires externes, ou pour quelque autre semblable nécessité, nous serions obligés au chant grégorien. Mais en quelque lieu ou temps que nous récitions les heures canoniales, nous nous ressouviendrons de la révérence, attention et dévotion que nous y devons apporter, nous qui savons très bien que nous chantons alors les louanges de Dieu, et que par conséquent nous faisons l’office des Anges.

 

6.— L’une des principales fonctions de nos missions étant d’exhorter les autres à recevoir dignement et souvent les sacrements de Pénitence et de l’Eucharistie, il est bien convenable que nous, à plus forte raison, leur en donnions l’exemple, et même que nous les surpassions de beaucoup en cela. Nous nous étudierons donc à faire très parfaitement l’un et l’autre; et afin que le tout se fasse avec ordre, les prêtres se confesseront deux fois, ou du moins une fois, toutes les semaines, à un des confesseurs de la maison, à ce député, et non à d’autres, sans la permission du Supérieur, et célèbreront la sainte Messe tous les jours, si quelque chose ne les en empêche; et tous les autres qui ne sont pas prêtres, se confesseront tous les samedis et veilles des fêtes principales, à un des susdits confesseurs, si le Supérieur n’en députe quelque autre, et communieront, selon l’avis de leur Directeur, tous les dimanches et fêtes susdites, et entendront tous les jours la sainte Messe.

 

7.— Ne pouvant pas imiter entièrement Notre-Seigneur Jésus-Christ, en ce qu’il passait les nuits en oraison, outre celles qu’il faisait le jour, nous le ferons néanmoins selon notre petite portée; pour cela, tous et un chacun feront soigneusement tous les jours une heure d’oraison mentale, et, selon la coutume de la Congrégation, en commun et au lieu à ce destiné.

 

8.— Chacun aura grand soin de ne laisser passer aucun jour, s’il se peut, sans faire une lecture dans quelque livre de piété, selon son propre besoin spirituel, y employant autant de temps que le Supérieur ou le Directeur lui aura prescrit. Outre cela, les prêtres et tous les clercs liront un chapitre du Nouveau Testament, et respecteront ce livre comme la règle de la perfection chrétienne et pour en profiter davantage, cette lecture se fera à genoux, et tête nue, faisant du moins à la fin les trois actes suivants, dont le premier sera d’adorer les vérités contenues dans ce même chapitre; le second, de s’exciter à entrer dans les sentiments, dans lesquels Notre-Seigneur ou les Saints les ont prononcées; le troisième, de se résoudre à la pratique des conseils ou préceptes qui y sont contenus, et à l’imitation des exemples de vertus qu’on y trouve.

 

9.— Pour avoir une plus claire connaissance de nos défauts, et ainsi, avec l’aide de Dieu, en obtenir la rémission et une plus grande pureté d’âme, tous et un chacun feront tous les jours deux sortes d’examen de conscience, l’un particulier, qui se fera courtement avant le dîner et le souper, sur quelque vertu à acquérir, ou sur quelque vice à déraciner; l’autre général, qui se fera sur toutes les actions de la journée, un peu avant que de se coucher.

 

10.— Pour honorer la retraite de Jésus-Christ. particulièrement celle de quarante jours dans le désert, tous et un chacun, tant ecclésiastiques que laïques, entrant dans la Compagnie, feront les Exercices spirituels et une confession générale de toute leur vie passée au prêtre que le Supérieur aura député. Ceux qui sont déjà entrés feront les mêmes Exercices avec une autre confession depuis la dernière générale, les séminaristes tous les six mois, et les autres tous les ans.

 

11.— Et comme à grand’peine quelqu’un peut-il faire progrès en la vertu, sans l’aide d’un directeur spirituel; ainsi, est-il très difficile qu’il parvienne à la perfection qui lui est convenable, s’il ne communique quelquefois comme il faut avec son directeur, de l’état de sa conscience. C’est pourquoi, tous et un chacun feront, avec toute la sincérité et dévotion qu’ils pourront et en la manière dont on a accoutumé d’user en la Congrégation, leur communication intérieure au Supérieur, ou à quelque autre qu’il aura député pour cela, et ce au moins tous les trois mois, principalement au temps qu’ils feront les Exercices spirituels, et toutes les fois que le Supérieur le trouvera à propos.

 

12.— Tous assisteront diligemment et dévotement aux conférences spirituelles. qui se feront au moins une fois par semaine; lesquelles pour l’ordinaire tendront à nous porter au renoncement de notre propre volonté et de notre propre jugement, à la pratique de faire la volonté de Dieu en toutes choses, à l’union fraternelle, au zèle de notre propre perfection et à notre avancement dans les autres vertus, particulièrement dans celles qui composent l’esprit de la Mission.

 

13.— Afin qu’en quelque façon, et selon notre petit possible, nous imitions Jésus-Christ en ce qu’il s’est abaissé et ravalé lui-même, et qu’il a voulu être mis au rang des méchants, tous les vendredis chacun dira, en présence des autres, sa coulpe au Supérieur ou à celui qui le représentera, et cela tant à la maison qu’aux missions, et recevra de bon cœur les avertissements et les pénitences qui lui seront donnés. On gardera aussi la sainte pratique de demander au Chapitre d’y être averti publiquement de nos défauts, et pour lors, chacun sera soigneux de faire cet avertissement en esprit d’humilité et de charité.

 

14.— Davantage, afin d’augmenter plus tôt en nous l’amour de notre propre abjection, et par ce moyen, nous avancer de plus en plus dans la voie de la perfection, nous tâcherons d’embrasser de bon cœur en Notre-Seigneur toutes sortes d’occasions d’humiliation, même hors le Chapitre, et en quelque temps que ce soit qu’elles nous soient présentées; et, partant, lorsqu’à l’issue de l’oraison ou d’une conférence spirituelle, ou de quelque autre action publique, le Supérieur appellera quelqu’un pour être averti de quelque défaut, celui-là se mettra incontinent à genoux, et en esprit d’humilité, et sans dire mot, écoutera volontiers l’avertissement qu’on lui fera. recevra la pénitence qu’on lui donnera et l’accomplira fidèlement.

 

15.— Encore que les continuels travaux des missionnaires ne leur permettent pas de s’engager par aucune règle à beaucoup de mortifications corporelles et d’austérités, si est-ce néanmoins qu’un chacun en fera très grand état, et s’y portera toujours d’affection, et en pourra même faire selon que la santé et les occupations considérables le lui permettront, à l’exemple de Jésus-Christ et des premiers chrétiens et aussi de plusieurs qui vivent dans le siècle, pleins de l’esprit de pénitence ; nul pourtant n’en fera sans la permission du Supérieur ou du Directeur à ce député, sinon celles qui lui auront été enjointes dans la confession.

 

16.— Pour honorer en quelque façon la Passion de Jésus-Christ, chacun se contentera, le vendredi de chaque semaine, en la réfection du soir, d’un seul mets, qui sera d’herbes ou légumes, si ce n’est lorsqu’on est en mission ou en voyage.

 

17.— Le lundi et le mardi après la Quinquagésime, nous ferons abstinence de chair dans la maison, pour honorer Dieu au moins par cette petite mortification, à même temps que la plupart des chrétiens l’offensent grièvement par leurs dissolutions et débauches.

 

18.— De plus, tous garderont exactement l’ordre de la journée, qu’on a accoutumé d’observer en la Congrégation, soit dans la maison, soit dans les missions, particulièrement à l’égard des heures du lever et du coucher, de l’oraison, de l’office divin et des repas.

 

19.— Afin que l’âme ait sa nourriture en même temps que le corps reçoit la sienne, on fera toujours la lecture spirituelle dans toutes nos maisons, même dans les missions, durant tout le temps du repas.

 

20.— On gardera aussi les autres louables coutumes de la Congrégation, comme sont celles-ci: Immédiatement avant que de sortir de la maison, comme aussi après y être rentré, aller à l’église et y saluer Notre-Seigneur au Saint-Sacrement; catéchiser les pauvres, surtout les mendiants, lorsque la commodité s’en présentera, particulièrement en faisant voyage; s’agenouiller en entrant et en sortant des chambres de la maison, pour invoquer Dieu avant notre action, et lui rendre grâces après qu’elle est faite.

 

21.— Si, outre les pratiques spirituelles qui sont prescrites dans ces règles, quelqu’un en veut encore faire d’autres, il en communiquera avec le Supérieur ou le Directeur, et ne fera rien en cela, que ce qu’ils lui auront permis, de peur qu’en faisant autrement, il ne fasse peut-être sa propre volonté et même celle du diable; et qu’ainsi, en punition de son indiscrétion ou désobéissance en ce point, il ne vienne à être trompé par ce malin esprit sous l’apparence de quelque bien, et qu’enfin il n’encoure quelque dommage en son âme.

 

 

Chapitre XI.

Des Missions et autres fonctions de la Congregation envers le prochain

 

1.— Comme Notre-Seigneur Jésus-Christ donna à ses disciples des règles touchant les missions qu’ils devaient faire, leur ordonnant, entre autres choses, de prier le Maître de la moisson, qu’il envoyât des ouvriers en sa moisson, et leur marquant à quelles nations ils devraient aller, ce qu’ils observeraient par les chemins, en quelles maisons ils logeraient, ce qu’ils prêcheraient, ce qu’ils mangeraient, et enfin, comment ils se gouverneraient à l’égard de ceux qui ne les voudraient pas recevoir; nous aussi qui faisons profession particulière d’imiter. selon notre petit pouvoir, ces mêmes disciples, nous garderons soigneusement les règles suivantes. comme aussi les avis dressés pour nos missionnaires, touchant l’ordre et la manière de se bien comporter dans les missions et dans les autres fonctions de la Congrégation.

 

2.— Chacun tâchera, dans les occasions, d’aider le prochain de quelques bons avis et instructions pour l’exciter à la pratique des vertus. Nul pourtant ne se chargera de la direction de personne, si ce n’est dans les retraites spirituelles, dans les missions et dans les maisons de la Congrégation, où les Nôtres ont charge d’âmes, ou dans d’autres occasions, lorsqu’ils y auront été appliqués par le Supérieur; mais en tout cela, jamais personne ne donnera par écrit aucune instruction ou règlement de vie, sans la licence et l’approbation du Supérieur.

 

3.— De peur qu’à bon droit l’on n’objecte à nos Missionnaires ce que dit l’Apôtre: Comment prêcheront-ils, s’ils ne sont envoyés: personne ne prêchera ni ne catéchisera en chaire, sans être approuve pour cela par le Visiteur, et sans y être appliqué par le même Visiteur ou par son Supérieur immédiat. Dans les missions néanmoins, celui qui en sera le Directeur pourra, lorsque devant Dieu il le jugera expédient et qu’il y aura de l’inconvénient d’attendre la réponse du Supérieur, changer pour un temps les prédicateurs et catéchistes, substituant d’autres en leur place, pourvu que, le plus tôt qu’il pourra, il déclare au Supérieur la raison qu’il a eue de faire ce changement.

 

4.— Comme il n’est pas permis à aucun de nous, d’ouïr les confessions, tant des Nôtres que des externes, s’il n’est approuvé de l’Ordinaire; ainsi, de peur que ceux qui ont cette approbation n’en puissent abuser, il ne leur sera pas licite d’exercer cette fonction, qu’auparavant ils n’aient été désignés pour cela par le Visiteur, et de plus, appliqués par le même Visiteur, ou par le Supérieur particulier.

 

5.— Ceux qui iront en mission porteront toujours le mandement de Nosseigneurs les Illustrissimes et Révérendissimes Evêques, aux diocèses desquels les missions se feront, et le montreront à Messieurs les Pasteurs ou autres Supérieurs des églises où ils iront; et les missions étant achevées. ils iront, avant que de retourner à la maison, rendre compte à Nosseigneurs les Evêques de ce qu’ils auront fait, s’ils le désirent ainsi. Mais il faudra auparavant en prendre ordre du Supérieur, afin qu’il désigne la personne qui y ira, et la manière qu’on y gardera.

 

6.— A l’arrivée et à la sortie de la mission, ils demanderont la bénédiction à Messieurs les Pasteurs et, en leur absence, à Messieurs les Vicaires; et ne feront rien d’importance sans le leur avoir communiqué auparavant; et se garderont bien de rien entreprendre contre leur gré.

 

7.— A l’exemple de saint Paul, qui, pour n’être à charge à personne, travaillait de ses mains nuit et jour pour gagner sa vie et celle de ses compagnons, nous ne serons à charge à personne dans les missions; mais nous y ferons toutes nos fonctions gratuitement, et sans aucune rétribution temporelle, ou nourriture. On pourra néanmoins se servir du logement et des meubles nécessaires qu’on nous offrira.

 

8.— Encore qu’un chacun doive souhaiter ardemment, et même, quand la chose le requiert, demander humblement d’être appliqué à visiter les malades, ou à accorder ceux qui ont des querelles et des procès particulièrement dans le cours des missions; néanmoins, afin que la charité soit bien ordonnée par l’obéissance, personne n’entreprendra ces sortes d’œuvres de miséricorde, sans la licence du Supérieur.

 

9.— On usera de grande prudence et circonspection à proposer les doutes sur les cas de conscience, qui se présentent en confession; en sorte qu’on ne puisse jamais conjecturer qui est la personne dont il s’agit. Et pour obvier aux maux qui en pourraient arriver, personne ne proposera les doutes touchant aucun cas de conscience un peu considérable, qu’on aura rencontré en confession, qu’auparavant on n’ait demandé au directeur de la mission s’il trouve bon qu’on le propose.

 

10.— Le nom de Missionnaires ou de Prêtres de la Mission, que nous n’avons pas pris de nous-mêmes, mais qui nous a été donné par la voix commune des peuples, la divine Providence l’ayant ainsi ordonné, montrant assez, que l’emploi des missions est notre premier et principal exercice, entre tous les autres que nous avons envers le prochain, la Congrégation ne doit jamais les omettre sous prétexte de vaquer à quelque autre œuvre de piété, quoique d’ailleurs plus utile; mais chacun s’y portera de toute son affection, en sorte qu’il soit toujours disposé d’aller en mission toutes les fois que l’obéissance l’y appellera.

 

11.— Et d’autant que la direction des religieuses ne retarderait pas peu les missions, et les autres fonctions de notre Institut, tous et un chacun s’abstiendront entièrement de les diriger; et personne ne les visitera, ou prêchera chez elles, même dans le cours des missions, s’il n’en a eu auparavant expresse permission, tout au moins du Supérieur particulier; et quoique notre Congrégation soit déjà députée pour conduire les Filles de la communauté de la Charité, selon qu’il est porté par leur institution, néanmoins personne des Nôtres n’en prendra la direction, ni ira chez elles, ni même leur parlera, sans la permission du même Supérieur.

 

12.— Au reste, tous et chacun de nous sauront que les emplois que nous devons exercer en la maison à l’égard des ecclésiastiques externes, particulièrement des ordinands et des séminaristes comme aussi à l’égard des autres que nous conduisons dans la retraite spirituelle, ne doivent pas, sous prétexte des missions, être négligés: car il faut faire celles-ci, et ne pas omettre les autres: puisque nous sommes presque également obligés par notre Institut, quoique les missions doivent être préférées, à nous acquitter de l’un et de l’autre, toutes les fois que nous y sommes appelés par les Prélats, et par nos Supérieurs; et que d’ailleurs la longue expérience a fait voir qu’il est bien difficile que les fruits qu’on recueille dans les missions, puissent longtemps se conserver sans l’aide des Pasteurs, à la perfection desquels les susdits emplois ne semblent pas peu contribuer. C’est pourquoi un chacun se donnera de bon cœur à Dieu pour les bien et dévotement exercer. Et afin de s’en acquitter plus dignement et plus facilement, il tâchera d’observer exactement les instructions que nos Supérieurs ont accoutumé de donner à cet effet.

 

Chapitre XII.

 De oueloues moyens et aides propres pour bien et utilement s’acquitter des susdites fonctions

 

1.— Tout ainsi qu’au commencement de ces Règles ou Constitutions, la Congrégation s’est proposé d’imiter Notre-Seigneur Jésus-Christ en ce qu’il a commencé à faire, et puis à enseigner; de même en ce dernier chapitre, il est nécessaire qu’elle prenne pareillement â tâche de le suivre, en ce qu’il a bien fait toutes choses: car tout ce que nous pourrions faire de bien, s’il n’est bien fait, mérite plutôt châtiment que récompense. C’est pourquoi il a été convenable d’ajouter ici ce peu d’enseignements et de moyens, propres pour bien exercer lesdites fonctions; tous nos missionnaires tâcheront donc de les mettre soigneusement en pratique.

 

2.— Chacun s’étudiera, autant qu’il pourra, d’avoir en toutes ses actions, et principalement dans les prédications et autres fonctions de la Congrégation, une très pure intention de plaire à Dieu seul, et de la renouveler souvent, particulièrement au commencement de ses actions principales; mais surtout, il se donnera de garde d’y laisser glisser aucun désir de plaire aux hommes, ou de se satisfaire soi-même, ce qui serait capable d’infecter, et de corrompre l’action la plus sainte, selon cette doctrine de Jésus-Christ: Si ton œil est mauvais, ton corps sera ténébreux.

 

3.— Et d’autant qu’il arrive quelquefois, comme dit l’Apôtre, qu’ayant commencé par l’esprit, nous finissons par la chair: ce qui arrive d’ordinaire, ou quand notre action est suivie d’une vaine complaisance, dont nous nous repaissons, si elle nous a réussi avec applaudissement des hommes; ou quand nous nous trouvons tellement à charge et ennuyeux à nous-mêmes, que nous ne pouvons en aucune façon demeurer en repos, si notre action a eu un succès moins heureux que nous ne l’attendions; partant, nous apporterons tout le soin et la diligence possible pour nous empêcher de tomber en aucun de ces deux défauts. Or, pour remédier au premier, nous nous représenterons cette vérité: que toute la gloire se doit donner à Dieu, et rien à nous, sinon la confusion; de plus, qu’il est fort à craindre que. si nous nous délectons vainement en ces applaudissements, nous n’entendions un jour prononcer contre nous ces paroles de Jésus-Christ: Je vous le dis en vérité, ils ont reçu leur récompense. Et quant au second, le remède sera de recourir soudain à la vraie humilité, et à l’amour de notre propre abjection, que Dieu demande de nous pour lors. Et puis considérer attentivement, que très souvent, de semblables rencontres supportées avec patience il revient à Dieu autant de gloire, et au prochain autant d’utilité. que nous en pourrions espérer des prédications agréables au peuple, et fructueuses en apparence.

 

4.— Et pour ce que ces deux maux, qui font tant de peine aux prédicateurs,, à savoir, la vaine complaisance, et l’inquiétude déréglée, ont accoutumé aussi de nous assaillir lorsque nous entendons louer ou censurer ces sortes d’actions publiques que nous avons faites; personne ne louera les Nôtres, particulièrement en leur présence, pour les rares talents naturels ou acquis, principalement pour les prédications qu’ils auraient faites éloquemment, et avec applaudissement des hommes; comme au contraire, personne ne reprendra les Nôtres, pour les défauts de science ou d’éloquence, et autres semblables qu’il aurait remarqués dans leurs sermons. Que si quelques-uns avaient besoin ou d’être congratulés, afin de modérer leur timidité, ou d’être avertis, pour réprimer leur vaine complaisance ; ce sera au Supérieur à le faire, ou à députer quelqu’un qui fasse l’un et l’autre prudemment, et en particulier. On pourra néanmoins les louer quelquefois pour des actes d’humilité, de mortification, de simplicité et d’autres semblables vertus, qu’ils auraient produits, même dans les prédications ; pourvu que cela se fasse sobrement, discrètement, en leur absence, et en la vue de Dieu.

 

5.— Encore que la simplicité, comme la première vertu nécessaire aux missionnaires, et celle qui leur est la plus propre, doive être fidèlement pratiquée par eux en tout temps et en tout lieu; nous la mettrons néanmoins bien plus soigneusement en pratique dans nos missions, principalement quand nous annoncerons la parole de Dieu aux pauvres gens de la campagne, auxquels, comme à des personnes simples, Dieu doit parler par notre bouche. C’est pourquoi le style de nos sermons et catéchismes sera simple, et accommodé à la portée du peuple, et selon la petite méthode, dont la Compagnie s’est servie jusqu’à présent; pour cet effet, chacun s’abstiendra de toute façon de parler molle et affectée; et on ne s’étudiera point à rapporter en la chaire de vérité des pensées curieuses, et trop exquises, et des subtilités inutiles: considérant que Jésus-Christ Notre-Seigneur, et ses disciples, ont prêché tout simplement, et que par ce moyen ils ont recueilli une très ample moisson, et de très grands fruits.

 

6.— Ceux qui seront appliqués aux séminaires des externes, à la direction des ordinands, aux conférences qu’on fera avec Messieurs les Pasteurs et autres ecclésiastiques, ou en d’autres semblables exercices, useront semblablement de cette façon de parler simple et populaire; et de plus, ils s’étudiront à contribuer de parole et d’exemple, à leur avancement en la piété, aussi bien qu’en la science; mais surtout ils tâcheront de se comporter à leur égard avec toute humilité, douceur, respect et affabilité; et pour ceux qui seront employés à donner les Exercices spirituels, ils observeront aussi, autant qu’il se pourra, les mêmes choses.

 

7.— D’autant que les opinions nouvelles et particulières nuisent souventes fois et à leurs auteurs, et à leurs sectateurs; tous et chacun se donneront de garde de cette sorte de nouveauté et particularité; au contraire ils se rendront toujours, autant que faire se pourra, uniformes en leur doctrine, en leurs discours et en leurs écrits; en sorte que, selon l’Apôtre, nous puissions en quelque façon avoir tous un même savoir, même sentiment et même discours.

 

8.— Et parce que la curiosité,  comme dit saint Zénon, fait l’homme criminel, et non pas savant, et que, selon l’Apôtre, la science enfle, lors principalement qu’on néglige le conseil qu’il nous donne, qui est de ne vouloir pas plus savoir qu’il ne faut, mais savoir sobrement; pour cela, tous, mais particulièrement les écoliers, seront continuellement sur leurs gardes, pour empêcher que cette avidité immodérée de savoir ne saisisse insensiblement leurs cœurs ; ils ne laisseront pas néanmoins de vaquer soigneusement à l’étude des choses nécessaires pour se bien acquitter des fonctions d’un missionnaire; pourvu que leur soin principal soit d’apprendre la science des Saints, qui s’enseigne dans l’école de la Croix; en sorte qu’ils ne puissent prêcher sinon Jésus-Christ, à l’exemple du même Apôtre, lequel aussi, écrivant aux Corinthiens, confesse ingénument qu’il n’a pas fait état de rien savoir parmi eux que Jésus-Christ, et Jésus-Christ crucifié.

 

9.— Entre toutes les maximes de l’Evangile, nécessaires à ceux qui travaillent en la vigne de Notre-Seigneur, celle-ci nous doit être la plus recommandable, à savoir: que celui qui veut être le plus grand d’entre vous, devienne comme le plus petit et le serviteur des autres:  parce que si jamais la Compagnie venait à manquer de mettre en pratique cette maxime, elle se détruirait entièrement par le ravage que ferait, en peu de temps, le désir désordonné de paraître; lequel se glissant fort facilement dans les esprits qui ont quelque pente naturelle à l’ambition, les porte à plusieurs maux, mais particulièrement à briguer les offices honorables, à concevoir de l’envie contre ceux qui y sont élevés; ou bien à y rechercher leur propre satisfaction, si eux-mêmes y sont établis; si bien qu’étant attirés et trompés par l’éclat spécieux d’un peu de gloire, sur lequel seulement ils arrêtent les yeux, ils ne prennent pas garde au précipice qui est tout proche, et où ils tombent enfin misérablement. Suivant cela, nous n’aurons rien en plus grande recommandation que de fuir ce monstre de la superbe. Que si l’ambition nous a déjà gagné le cœur, il faudra, selon le même conseil de Notre-Seigneur, la chasser incontinent par un acte intérieur d’humilité, par lequel nous tâchions de nous faire petits en la vue de notre abjection, et souhaitions ardemment d’avoir toujours la dernière place. Que si, à raison des offices ou emplois honorables que nous exerçons, nous reconnaissons que nous sommes déjà infectés de cette vaine gloire, le remède à cela sera de demander au plus tôt au Supérieur, avec soumission néanmoins, qu’il nous retire de ces emplois, et qu’il nous applique à quelque ministère vil, selon qu’il le trouvera bon.

 

10.— Tous aussi auront un grand soin de réprimer les premiers mouvements d’envie qui pourraient provenir de ce que les autres Congrégations surpassent la nôtre en réputation, en faveur auprès des hommes, et en emplois honorables; se persuadant bien assurément, qu’il n’importe par qui Jésus-Christ soit annoncé, pourvu qu’il le soit; et que nous acquérons quelquefois autant ou plus de grâce et de mérite, en nous réjouissant des bonnes œuvres des autres que si nous les faisions nous-mêmes avec notre propre satisfaction, ou avec intention moins parfaite. C’est pourquoi, chacun tâchera de se revêtir de l’esprit de Moïse, lequel étant prié d’empêcher certains qui se mêlaient de prophétiser, s’écria: Oui est-ce qui fera en sorte que tout le peuple prophétise, et que le Seigneur leur donne son esprit?  En outre, nous estimerons toutes les autres Congrégations beaucoup plus dignes d’honneur que la nôtre, encore que nous lui devions porter une plus cordiale affection, comme un enfant de bon naturel aime mieux sa mère, quoique pauvre et mal faite, que toutes les autres bien que considérables pour leur richesses et pour leur beauté ; tous sauront néanmoins que cet amour tendre regarde seulement les personnes, les vertus et la grâce de notre Congrégation, et non pas ce qui s’y trouve de délectable, ou qui attire l’applaudissement ou l’éclat aux yeux des hommes: vu que c’est cela même que nous devons faire profession particulière de haïr et de fuir, non seulement un chacun pour ce qui le touche, mais aussi pour ce qui concerne toute la Congrégation; en sorte que nous ne désirions pas même qu’elle soit considérée des hommes, et qu’on lui applaudisse, mais plutôt qu’elle soit humiliée, cachée en Notre-Seigneur; nous ressouvenant que c’est ce grain de moutarde, qui ne peut croître, ni fructifier, s’il n’est semé et caché sous la terre.

 

11. —Tous se donneront pareillement de garde de deux autres vices, qui ne sont pas moins opposés à l’Institut de la Mission, qu’ils le sont entre eux; et d’autant plus dangereux, qu’ils paraissent moins l’être, en ce qu’ils se déguisent si bien, et si imperceptiblement, qu’on les prend souvent pour de véritables vertus : et ce sont l’esprit de paresse et le zèle indiscret. Le premier se glissant peu à peu dans notre esprit, sous prétexte de la discrétion que nous sommes obligés d’avoir pour la conservation de notre corps, afin d’en être plus propres à servir Dieu, et à aider les âmes, nous porte à rechercher les commodités du corps, et à fuir le travail qui accompagne la vertu; lequel il nous représente à cet effet beaucoup plus grand qu’il n’est en vérité, pour nous faire paraître odieuse celle qui de soi mérite toujours d’être aimée d’un chacun, et ainsi nous faire encourir la malédiction que le Saint-Esprit fulmine contre telle sorte d’ouvriers, qui font l’œuvre de Dieu négligemment, ou frauduleusement. L’autre, au contraire. cachant notre amour-propre ou notre indignation, nous porte à une trop grande rigueur, soit à l’égard des pécheurs, soit à l’égard de nous-mêmes, ou bien à entreprendre du travail par-dessus nos forces ou même contre l’obéissance, au préjudice de la santé du corps et de l’esprit, afin de nous embarrasser par après à rechercher des remèdes avec empressement, et par ce moyen nous rendre lâches et sensuels; partant nous tâcherons tous, autant que nous le pourrons, de nous éloigner de ces deux extrémités, et de tenir toujours le milieu, lequel nous trouverons sans doute dans l’exacte observance de nos Règles ou Constitutions bien entendues, et sur les lèvres de ceux qui sont les gardiens de la science, ès mains desquels, par une spéciale providence de Dieu, nos âmes sont commises; pourvu qu’avec humilité et confiance nous recherchions la loi de leur bouche, toutes les fois qu’il en sera besoin, et que nous soyons en toute manière et parfaitement soumis à leur direction.

 

12.— Surtout nous nous ressouviendrons, qu’encore qu’il faille qu’en tout temps nous soyons bien pourvus des vertus qui composent l’esprit de la Mission, il est expédient néanmoins que nous le soyons plus particulièrement lorsque le temps est venu d’exercer nos fonctions à la campagne; et alors nous les devons considérer comme les cinq belles petites pierres de David, avec lesquelles nous frapperons si bien, même du premier coup, le Goliath infernal, que nous le vaincrons entièrement, au nom du Seigneur des armées, et assujettirons au service de Dieu les Philistins, c’est-à-dire les pécheurs; pourvu toutefois, qu’auparavant nous déposions les armes de Saül, et que nous nous servions de la fronde du même David: c’est-à-dire, si, à l’exemple de saint Paul, nous allons annoncer l’Evangile, non pas avec les discours persuasifs et relevés de la sagesse humaine, mais avec la doctrine, qui fait voir l’esprit et la vertu de Dieu, sans nous soucier beaucoup si notre style est bas, et nos paroles grossières : nous ressouvenant que, si, au dire du même Apôtre, Dieu a choisi les choses faibles, folles et méprisables. pour confondre et détruire par icelles les sages de ce siècle et tout ce qu’il y a de plus fort, il y a sujet d’espérer, que lui-même nous donnera la grâce, par sa bonté infinie, quoique nous soyons de très indignes ouvriers, de coopérer avec lui, selon notre petite capacité, au salut des âmes, particulièrement des pauvres gens des champs.

 

13.— Tous auront une singulière estime et amour pour nos Règles et Constitutions, même pour celles qui sembleraient petites, les regardant toutes comme des moyens que Dieu même nous a donnés pour acquérir la perfection convenable à notre vocation, et par conséquent pour opérer plus facilement et plus avantageusement le salut de notre âme. C’est pourquoi tous concevront souvent de fervents et généreux désirs de les garder fidèlement. Que si, par aventure, il y en a quelques-unes qui répugnent à notre esprit, et à notre sentiment, nous tâcherons soudain de nous surmonter en cela, et de vaincre notre nature; nous représentant, selon les paroles de Jésus-Christ : que le royaume des Cieux souffre violence, et que ce sont ceux qui se font force qui le ravissent.

 

14.— Et afin que ces Règles ou Constitutions communes, comme aussi les particulières qui concernent l’office d’un chacun, s’impriment mieux dans la mémoire et dans l’esprit, et par ainsi s’observent plus exactement; tous les auront, et les liront ou entendront lire du moins tous les trois mois, et tâcheront d’en avoir une vraie intelligence; et pour les défauts qu’ils auront commis à l’encontre, ils en demanderont quelquefois dans l’année humblement pénitence au Supérieur, afin que par cette humiliation ils obtiennent de Dieu plus facilement le pardon de tels défauts et prennent de nouvelles forces pour n’y plus retomber à l’avenir; joint que la fidélité qu’ils pratiqueront en faisant cela, sera un témoignage de celle qu’ils auront apportée à garder ces mêmes Règles ou Constitutions, et une marque du désir qu’ils ont de leur propre perfection. Que si quelqu’un trouve avoir fait quelque progrès en l’observance d’icelles, il en remerciera Notre-Seigneur Jésus-Christ, et le suppliera de lui donner et à toute la Congrégation la grâce de les observer encore mieux à l’avenir. Après tout il faut que nous nous persuadions fermement que, selon les paroles de Jésus-Christ, quand nous aurons accompli toutes les choses qui nous sont ordonnées, nous devons dire, que nous sommes des serviteurs inutiles ; que nous avons fait ce que nous devions faire; et même, que sans lui nous n’eussions pu rien faire.

ALLGEMEINE REGELN

UND KONSTITUTIONEN DER

KONGREGATION DER MISSION

 

VINZENZ VON PAUL

 

Generalsuperior der Kongregation der Mission   unseren   in    Christus   geliebten Brüdern dieser Gemeinschaft, den Priestern, Klerikern und Brüdern, Gruß im Herrn!

 

Das sind endlich, liebe Brüder, die Allgemeinen Regeln oder Konstitutionen unserer Kongregation, auf die Ihr schon so lange und so sehr wartet. Es sind allerdings rund dreißig Jahre seit der Gründung unserer Kongregation verflossen, bevor wir sie drucken ließen, aber wir taten das, um so unseren Erlöser Jesus Christus nachzuahmen, der handelte, bevor er lehrte (vgl. Apg 1,1), aber auch, um allen möglichen Unannehmlichkeiten zu begegnen, die zweifellos aus der frühzeitigen Herausgabe der Regeln oder Konstitutionen entstanden wären So hätte sich ihre Anwendung und Übung im nach hinein als zu schwierig oder als weniger zweckmäßig herausstellen können. Aber unsere zögernde’ Handlungsweise hat uns mit der Gnade Gottes von diesen Gefahren bewahrt, ja sie hat sogar bewirkt, daß die Gemeinschaft sich in die Regeln vor ihre Herausgabe allmählich und reibungslos einlebte. Ihr werdet darin nämlich nichts finden, was Ihr nicht schon längst übt, und zwar zu unserer größter Freude und zur gegenseitigen Erbauung. Nehmen sie daher, liebe Brüder, mit derselben Liebe entgegen, mit der wir sie Euch übergeben. Betrachtet sie nicht so sehr als ein Produkt des menschlichen sondern als Ausfluß des göttlichen Geistes, von dem alles Gute kommt (Jak 1,17) und ohne den wir zu nichts fähig sind, als ob wir uns selbst etwa zuschreiben könnten (2 Kor 3,5). Denn Ihr werdet darin nur finden, was Euch zur Unterlassung des Bösen, zum Erwerb der Tugenden und zur Ausübung der Lehren des Evangeliums anhält. Deshalb waren wir bemüht, sie, soweit möglich, aus dem Geiste Jesu Christi und aus seiner Handlungsweisen abzuleiten, wie man leicht sehen kann; denn wir dachten, daß Männer, die zur Fortsetzung der Sendung Christi, nämlich zur Evangelisierung der Armen  berufen  sind,  von seinem Denken und Sinnen, ja von demselben Geist wie er beseelt, auf seinen Spuren wandeln müßten.

Darum bitte ich Euch dringend, liebe Brüder, in unserem Herrn Jesus, Euch genau an diese Regeln zu halten in der Gewißheit, daß, wenn Ihr die Regeln haltet, diese auch Euch halten und Euch schließlich zum ersehnten Ziel, nämlich zur himmlischen Glückseligkeit führen. Amen.

Jesus,  Maria, Josef

 

ALLGEMEINE REGELN DER KONGREGATION DER MISSION

I. Kapitel

Ziel und Verfassung der Gemeinschaft

 

1. — Unser Herr Jesus Christus, in die Welt gesandt, das Menschengeschlecht zu erlösen, begann nach dem Zeugnis der Heiligen Schrift zu handeln und zu lehren (Apg 1,1). Das erste tat er dadurch, daß er alle Tugenden vollkommen übte, das zweite, daß er den Armen die Frohbotschaft verkündete und seinen Aposteln und Jüngern die für die Leitung der Völker notwendigen Lehren erteilte. Da nun die kleine Kongregation der Mission in ihrer Schwäche Christus den Herrn selbst sowohl in seinen Tugenden als auch in seiner Tätigkeit zum Heil des Nächsten nachahmen möchte, so liegt es nahe, bei der Ausführung dieses heiligen Vorhabens die gleichen Mittel anzuwenden.

 

Ihr Zweck ist also:

1. sich um  die eigene Vollkommenheit  zu

bemühen; indem sie nach Kräften die Tugenden  übt, in denen uns der göttliche Lehrer gnädig in Wort und Tat unterwiesen hat;

2. den Armen, besonders den Landleuten, die Frohbotschaft zu verkünden;

3. den Geistlichen zu helfen, sich die für ihren

Beruf notwendigen Kenntnisse und Tugenden anzueignen.

 

2. — Diese Gemeinschaft besteht aus Geistlichen und Laien. Aufgabe der Geistlichen ist es nach dem Beispiel Christi und seiner Jünger durch Städte und Dörfer zu ziehen und dort durch Predigt

und Katechese den Kleinen das Brot des göttlichen Wortes auszuteilen, Generalbeichten über das ganze verflossene Leben anzuraten und entgegenzunehmen, Streitigkeiten beizulegen und den Caritasverein zu gründen; ferner die in unseren Häusern errichteten Priesterseminare zu leiten um darin den Lehrberuf auszuüben und Exerzitien zu halten, die Diözesanpriester zu geistlichen Konferenzen

bei uns zu versammeln und diese zu leiten sowie ähnliche Tätigkeiten, die den genannten Aufgaben dienlich sind, zu übernehmen. Aufgabe der Laien ist es, die Priester in den genannten Aufgaben zu unterstützen, indem sie nach Weisung der Oberen den Dienst der Martha verrichten, und durch ihre Gebete, Tränen, Abtötungen und ihr gutes Beispiel mitwirken.

 

3. — Damit nun diese Gemeinschaft das Ziel, das sie sich gesteckt hat, mit Hilfe der göttlichen Gnade erreicht, muß sie sich mit allen

Kräften bemühen, den Geist Christi anzuziehen (vgl. Röm 13, 4), der vor allem in der Lehre des Evangeliums hervorleuchtet, in seiner Armut, seiner Keuschheit, seinem Gehorsam, in seiner Liebe zu den Kranken, in seiner Sittsamkeit, in der Lebens- und Handlungsweise,  die er den Jüngern vermittelte, im Umgang mit den Menschen, in den täglichen Übungen der Frömmigkeit, in den Missionen und anderen Aufgaben, die er für die Menschen übernahm. Dies alles ist in den folgenden Kapiteln enthalten.

 

II. Kapitel

Grundsätze des Evangeliums

1. — Suchen wir vor allem immer tiefer die Wahrheit zu erfassen, daß die Lehre Christi niemals täuschen kann, die Lehre der Welt aber immer trügerisch ist; denn Christus selbst versichert uns diese gleiche einem Haus, das auf Sand gebaut seine dagegen sei einem Gebäude zu vergleichen das auf festem Felsen gegründet ist (Mt 8,24—26) Deshalb soll die Kongregation immer nach den Grundsätzen Christi und niemals nach denen der Welt handeln. Hierzu muß sie besonders Folgendes beobachten.

2. — Christus sagt: „Sucht zuerst das Reich Gottes und seine Gerechtigkeit; dann wird euch all das, was ihr nötig habt, dazugegeben» (Lk 12,31) Darum soll man das Geistliche höher einstufen als das Zeitliche, das Heil der Seele höher als die körperliche

Gesundheit, die Ehre Gottes höher als die Eitelkeit der Welt. Ja, wir sollen lieber mit den heiligen Paulus Mangel, Schmach, Pein, Marter und sogar den Tod annehmen, als von der Liebe Christi getrennt zu werden (vgl. Röm 9,35—39). Deswegen wollen wir uns nicht um zeitliche Güter sorgen vielmehr unsere Sorge auf den Herrn werfen (1 Petr 5,7; Ps 55,23) in der festen Überzeugung daß wir unter dem Schutz Gottes, des Herrn des Himmels weilen (Ps 90,1), solange wir in diese Liebe verwurzelt sind (Eph 3,1). So wird uns kein Unheil begegnen (Ps 90,10), und es wird uns auch nichts fehlen, sollten wir auch glauben, es sei alles verloren.

 

 

3. — Ein sicherer und kurzer Weg die christliche Vollkommenheit zu erlangen ist es, immer und in allen Lagen den Willen Gottes zu erfüllen. Dies muß man sich zur Gewohnheit machen, indem man folgende

Punkte beobachtet:

1.        stets pflichtgemäß das Gebotene tun und das

Verbotene meiden, wenn klar ist, daß das Gebot von Gott, von der Kirche, von den Obern oder von den Regeln und Konstitutionen ausgeht;

2.        wenn es sich um sittlich Indifferentes handelt,

eher das wählen, was unserer Natur widerstrebt als was ihr angenehm ist, sofern nicht das, was ihr zusagt, notwendig ist. In diesem Fall muß man es vorziehen, aber nicht, weil es den Sinnen angenehm, sondern weil es Gott wohlgefälliger ist. Stehen aber mehrere indifferente Handlungen zur Wahl, dann entschließe man sich kurzerhand für eine in dem Gedanken, daß Gott sie uns nahelegt.

3.        Was uns unerwartet begegnet, sei es Glück oder Unglück, mag es den Leib oder die Seele betreffen, nehme man mit Gleichmut

an, da es ja aus der väterlichen Hand Gottes kommt.

4.        So sollen wir handeln, weil es Gott wohlgefällig

ist und um Christus, den Herrn, unseren Kräften entsprechend nachzuahmen. Er hat auch immer so gehandelt, und zwar in eben dieser Absicht, wie er selbst betont: „Ich tue immer, was ihm gefällt» (Jo 8, 29).

 

4.        — Christus, der Herr, verlangt von uns „Taubeneinfalt» (vgl. Mt 10,16).

Sie besteht darin, daß man die Dinge einfach sagt, wie sie in unseren Innern sind, ohne unnütze Erwägungen, und daß man ohne Verstellung und Berechnung einzig im Hinblick auf Gott handelt. In diesem Geist der Einfalt sollen wir also alles tun und dabei bedenken,

daß Gott gern mit den Einfältigen redet (Spr 3,32), daß er die himmlischen Geheimnisse vor Weisen und Klugen verbirgt, aber den Unmündigen offenbart (Mt 11,25).

 

5.        — Christus empfiehlt uns also die Taubeneinfalt, mahnt aber zugleich, damit die Klugheit der Schlange zu verbinden (Mt 10,15). Das ist die Tugend der Umsicht im Reden und im Handeln. So wollen wir das verschweigen, was zu offenbaren zu nichts  dient, zumal wenn es schon in sich schlecht und unerlaubt ist. Lassen wir bei allem was gut oder erlaubt ist, die Nebenumstände weg wenn sie gegen die Ehre Gottes sind, dem Nächsten schaden oder unserer Eitelkeit schmeicheln. Was das Handeln betrifft, so hat es die Klugheit mit den Mitteln zu tun, die man für die Erreichung eines Zweckes anwendet. Es sei bei uns heilige und unverletzliche Regel, im Dienste Gottes nur heilige Mittel anzuwenden. Betrachten und beurteilen wir alles nach der Gesinnung und dem Urteil Christi, und nicht nach dem Urteil der Welt, auch nicht nach dem schwächlichen Urteil unseres Verstandes, dann werden wir „klug wie die Schlangen und einfältig wie die Tauben» sein (Mt 10,16).

 

6.        — Suchen wir vor allem in den Sinn der folgenden

Lehre Christi einzudringen: „Lernt von mir; denn ich bin sanftmütig und von Herzen demütig» (Mt  11,29); denn durch Sanftmut gewinnt man die Menschen, so daß sie sich zu Gott hinwenden. Man erreicht das nicht, wenn man mit ihnen zu hart und zu rauh umgeht. Durch Demut aber gelangt man zum Himmel. Dorthin erhebt uns die Bereitschaft, uns selbst gering einzuschätzen, was uns stufenweise zu immer höherer Tugend führt, bis wir dort anlangen.

 

7.        — Um diese Demut, die Christus selbst uns so oft durch Wort und Beispiel empfiehlt, zu erwerben, muß sich die Gemeinschaft  alle Mühe geben. Das fordert dreierlei:

1. die ehrliche Überzeugung, daß wir die Verachtung

der Menschen verdienen;

2. Freude, wenn andere unsere Unzulänglichkeit sehen und uns deshalb verachten;

3. wenn der Herr durch uns oder in uns etwas wirkt, dies im Hinblick auf unsere Nichtigkeit möglichst zu verbergen; ist das nicht möglich, das Ganze der göttlichen Barmherzigkeit und den

 Verdiensten anderer zuzuschreiben.

Das ist die Grundlage der gesamten evangelischen Vollkommenheit und der Kern des ganzen geistlichen Lebens. Wer diese Demut besitzt, erlangt zugleich mit ihr alles Gute (Weish 7,11). Wenn sie aber fehlt, dem wird sogar das Gute, das er hat genommen (vgl. Mt 13,12), und er wird von beständiger Unruhe geplagt.

 

8.        — Christus sagt: „Wer mein Jünger sein will der verleugne sich selbst» (Lk 9,23), und der heilige Paulus fügt im gleichen Sinn hinzu: „Wenn ihr nach dem Fleisch lebt, müßt ihr sterben; wenn ihr

aber durch den Geist die (sündigen) Taten des Leibes tötet, werdet ihr leben» (Röm 8,13).

 Seien wir daher stets auf die Verleugnung des eigenen Willens und

des eigenen Urteils sowie auf die Abtötung aller Sinne bedacht.

 

9.        — Auch die Liebe zu unseren Angehörigen darf nicht ausufern, wie denn Christus die aus der Zahl seiner Jünger ausschließt, die nicht Vater und Mutter, Brüder und Schwestern gering achten (Lk 14,25), und dem, der sich von seinen Verwandten trennt, verspricht er schon in dieser Welt das Hundertfache und in der künftigen das ewige Leben (vgl. Mt 19,29 und Lk 18,30).

Hierin zeigt sich, welch ein Hindernis Fleisch und Blut für die christliche Vollkommenheit sein können.

Jedoch soll man die Eltern mit einer geistlichen Liebe und nach dem Herzen Christi lieben.

 

10. — Bemühen wir uns besonders um einen Gleichmut, wie Christus und die Heiligen ihn geübt haben. Kleben wir nicht an unseren Ämtern, an Personen, Orten, besonders unserer Heimat, seien

wir im Gegenteil bereit, all das nach dem Willen und auf den Wink des Oberen zu verlassen. Eine abschlägige Antwort und eine Veränderung, die verfügt wird, wollen wir ruhig hinnehmen und

dabei sprechen: „Er hat alles im Herrn gut gemacht» (Mk 7,37).

 

11. — Christus, der Herr, hat ein ganz gewöhnliches Leben geführt,

um sich den Menschen anzupassen und sie leichter für Gott zu gewinnen. So wollen auch wir uns der größten Gleichförmigkeit befleißigen. Sie erhält uns in guter Ordnung und heiliger Eintracht. Wir sollen also nicht etwas Besonderes suchen; denn das ruft Neid und Zwietracht hervor.

Dieses gilt nicht nur in Bezug auf Nahrung, Kleidung, Schlafstätte u. dgl., sondern auch auf die Lehrmethode, die Predigtweise, der Leitungs- und Verwaltungsstil und die Exerzitien Um diese Einheitlichkeit bei uns zu wahren, bedarf es nur eines Mittels: der genauen Beobachtung unserer Regeln und Konstitutionen.

 

12. — Üben wir unablässig die Nächstenliebe indem wir:

1.        andern das tun, was wir mit Recht von ihnen erwarten (Mt 7,12);

2.         andern beistimmen und alles im Herrn gutheißen;

3.        einander ohne Murren ertragen (vgl. 1 Petr 4,9);

4.        weinen mit den Weinenden (Röm 12,15)

5.        uns freuen mit den Fröhlichen (vgl. Röm 12,10);

6.        den anderen mit Ehrerbietung zuvorkommen (vgl. Röm 12,10);

7.        uns anderen von Grund des Herzens wohlwollend und         dienstfertig erweisen;

8.        endlich   allen alles werden, um alle für Christus zu gewinnen         (vgl. 1 Kor 9,22).

 

Diese Hinweise sind jedoch so zu verstehen, daß nichts gegen die Gebote Gottes oder der Kirche und gegen die Regeln oder Konstitutionen geschieht.

 

13. — Manchmal läßt die göttliche Vorsehung zu, daß unsere Gemeinschaft, eines unserer Häuser oder ein Mitbruder grundlos verleumdet oder sonstwie angefeindet werden. Bei einer solchen Prüfung müssen wir uns vor jeder Rache oder Schmähung, ja vor jeder Klage gegen die Verfolger und Verleumder hüten. Wir wollen im Gegenteil Gott loben und preisen und ihm mit Freuden Dank sagen, daß uns damit ein großes Gut vom Vater der Gestirne zuteil wird (vgl. Jak 1, 17). Ja, wir wollen für alle von Herzen beten und ihnen, wenn sich Gelegenheit bietet, gerne Gutes tun. Denken wir dann daran, daß Christus zu uns wie zu allen Gläubigen sagt: „Liebt eure Feinde, tut denen Gutes, die euch hassen (Lk 6,27); und betet für die, die euch verfolgen und schmähen» (Mt 5,4).

Damit wir das leichter und freudiger tun, fügt er hinzu, wir würden gerade darin selig sein, wir sollten uns freuen und jubeln, weil unser Lohn im Himmel groß sein werde (vgl. Mt 5,11). Aber die Hauptursache ist: er selbst hat so zuerst den Menschen gegenüber gehandelt, um uns ein Beispiel zu geben. Danach haben sich die Apostel und unzählige Christen gerichtet.

 

14.        — Die  Grundsätze, die bisher behandelt wurden, sind alle heilig und nützlich. Aber einige davon gehen uns besonders an, nämlich diejenigen, die Einfalt, Demut, Sanftmut, Abtötung und Seeleneifer empfehlen.

Diese muß die Kongregation mehr schätzen und üben. Die  fünf Tugenden werden dann gleichsam die Seelenkräfte unserer ganzen Gemeinschaft bilden, und alles, was der einzelne tut, wird davon seine Prägung erhalten.

 

15.        — Zwar sucht der Satan uns von diesen Grundsätzen abzubringen und die seinigen bei uns durchzusetzen. Diese müssen wir mit größter Klugheit und Wachsamkeit mutig und stark bekämpfen und niederringen, vor allem diejenigen, die dem Wesen der Kongregation der Mission am meisten entgegengesetzt sind, nämlich:

1. die Klugheit des Fleisches (vgl. Röm 8,6);

2. der Wunsch, von den Menschen gesehen zu werden;

3. das Verlangen, daß man sich stets unserem Urteil und unserem         Willen beugt;

4. die Sucht, in allem unserem natürlichen Verlangen nachzugeben;

5. die Gefühllosigkeit in betreff der Ehre Gottes und des Heiles des         Nächsten.

 

16.        — Nun nimmt aber der böse Geist oft die Gestalt eines Lichtengels an, um uns durch sein Blendwerk zu täuschen. Davor müssen wir auf der Hut sein und lernen, wie man das durchschaut und zunichte macht. Die Erfahrung lehrt, daß es am besten und wirksamsten ist, die Schwierigkeit möglichst

bald denen zu offenbaren, die Gott dafür bestimmt hat. Wer sich also von verfänglichen Gedanken, großer Angst oder Anfechtung bedrängt sieht, der spreche sich möglichst bald beim Superior oder dem dafür bestellten Mitbruder aus. Das Heilmittel, das dieser empfiehlt, nehme er willig an, so, als ob der Herr es ihm reichte, und wende es mit Vertrauen und Ehrfurcht an. Auf keinen Fall darf er über seine Schwierigkeit mit anderen, seien es Mitbrüder oder Außenstehende, reden; denn die Erfahrung lehrt, daß dann alles noch schlimmer wird und andere angesteckt werden, so daß schließlich die ganze Gemeinschaft großen Schaden erleidet.

 

17. — Gott hat uns die Sorge für unseren Nächsten aufgetragen, und außerdem müssen wir als Glieder desselben mystischen Leibes einander helfen. Wenn daher ein Mitbruder von einer schweren Anfechtung bedrängt wird oder einen ernsten Fehler begangen hat, dann muß der, der davon weiß, sofort in Liebe und auf die bestmögliche Weise dafür sorgen, daß der Superior die geeigneten  Heilmittel  gegen  diese  beiden  Übel anwenden kann.

Überhaupt sollen wir, um in der Tugend fortzuschreiten, dankbar sein,

wenn ein Mitbruder, der außerhalb der Beichte Kenntnis von unseren Fehlern erhalten hat, diese dem Superior im Geist der Liebe mitteilt.

 

18. — Unser Herr kam in die Welt, um das Reich des Vaters in den Seelen wiederherzustellen Er entriß sie dem Teufel, der sie durch das ungeordnete Verlangen nach Reichtum,

Ehre und Lust getäuscht und geraubt hatte. Deshalb hielt der gütige Heiland es für angemessen, seinen Feind mit den entgegengesetzten Waffen zu bekämpfen, nämlich mit Armut, Keuschheit und Gehorsam. Das tat er bis zu seinem Tod. Da nun die geringe Kongregation der Mission zu dem Zweck in der Kirche entstand, um für das Heil der Seelen, besonders unter dem Landvolk zu sorgen, ist sie sich klar darüber, daß sie keine stärkeren und geeigneteren Waffen anwenden kann als die ewige Weisheit selbst. So wollen wir stets getreu in Armut, Keuschheit und Gehorsam leben. Zu diesem Zweck halte man sich genau an das, was in den folgenden Kapiteln darüber gesagt wird.

Es ist als Hilfe zu verstehen, um sicherer, leichter und auch verdienstvoller in dieser Lebensform zu verharren.

 

III. Kapitel

Armut

1.        — Christus, der wahre Herr aller Güter, hat die Armut so geliebt, daß er keinen Ort hatte, wo er sein Haupt hinlegen konnte (Mt 8,20). Seine Mitarbeiter in der Mission, nämlich die Apostel und

die Jünger, stellte er auf dieselbe Stufe der Armut, so daß sie kein Eigentum besaßen. Sie sollten nämlich die Begierde nach Reichtum, die fast die ganze Welt zugrunde richtet, besser und leichter bekämpfen können.

So müssen auch wir ihn in dieser Tugend nachahmen in der Überzeugung, daß sie eine unüberwindliche Festung ist, die die Gemeinschaft mit Hilfe der göttlichen Gnade auf immer vor dem Untergang bewahrt.

 

2.        — Allerdings duldet es unsere Missionstätigkeit, die wir ja umsonst verrichten, nicht, in jeder Hinsicht arm zu leben. Trotzdem sollten wir das Verlangen danach haben und, soweit es uns betrifft, es auch in die Tat umsetzen, besonders in folgenden Punkten.

 

3.        — Vor allem: Nach dem Beispiel der ersten Christen gehört uns alles gemeinsam. Was der einzelne braucht, wie Nahrung, Kleidung, Bücher Hausrat usw., gibt ihm der Obere. Auch kann keiner, der sich zur Armut entschlossen hat, über ein gemeinsames Gut verfügen oder es ohne Erlaubnis des Superiors weggeben.

 

4.        — Außerdem darf keiner etwas ohne Wissen oder Erlaubnis des Superiors besitzen oder etwas haben, wovon er sich nicht auf Befehl oder selbst auf den Wink des Obern sogleich trennen würde.

 

5.        — Niemand darf ohne Erlaubnis des Superiors etwas als sein Eigentum behandeln, etwas verschenken oder annehmen, verleihen oder entleihen oder anderswoher erbitten.

 

 

6. — Keiner  darf sich von dem, was einem anderen zur Benutzung zugewiesen wurde oder was für den gemeinsamen Gebrauch bereitgestellt oder aufbewahrt ist etwas nehmen, nicht einmal

Bücher, und was ihm gegeben wurde, darf er ohne Erlaubnis  des  Superiors keinem anderen geben oder durch Nachlässigkeit verkommen lassen.

— Wir wollen nichts Überflüssiges oder Besonderes suchen.

Aber auch beim Notwendigen sollen wir unser Verlangen bezähmen. Nahrung Zimmer, Bett sollen wie für einen Armen eingerichtet sein, so daß wir hierin wie auch in anderen Dingen Armut erfahren. Und wenn uns gerade das schlechteste im Haus zugeteilt wird, wollen wir es gern ertragen.

 

8. — Damit  sich bei uns nichts findet, was irgendwie nach Eigentum aussieht, sollen unsere Zimmer nur so geschlossen sein, daß man sie von außen öffnen kann. Auch ein Kasten oder etwas, was mit einem besonderen Schlüssel verschlossen ist, darf sich dort nur mit ausdrücklicher Erlaubnis des Superiors befinden.

 

9. — Wer von einem Haus in ein anderes geht, darf ohne Erlaubnis des Obern nichts mitnehmen.

 

10.        — Die   Tugend   der   Armut   wird  schon durch das ungeordnete Verlangen nach zeitlichen Gütern verletzt. Hüten wir uns daher, es unter dem Vorwand, wir strebten ja nach „geistlichen» Gütern, wenn wir uns um Benefizien bemühen, in uns hochkommen zu lassen. Also: keiner darf, mit welcher   Begründung   auch  immer,  nach  einem Benefizium oder einer kirchlichen Würde trachten.

 

IV. Kapitel

Keuschheit

1. — Unser Heiland hat deutlich zu erkennen gegeben, wie sehr er die Keuschheit schätzte und wie sehnlich er wünschte, die Menschen möchten davon durchdrungen sein. Wollte er doch durch das Wirken des Heiligen Geistes gegen die Gesetz der Natur von einer unversehrten Jungfrau geboren werden, und vor dem entgegengesetzten Laster zeigte er großen Abscheu; denn er hat nicht zugelassen, daß seine ärgsten Feinde ihn jemals eines Vergehens gegen die Schamhaftigkeit verdächtigten, geschweige denn beschuldigten, während er sich doch sonst der abscheulichsten Verbrechen fälschlich anklagen ließ, um mit Schmach gesättigt zu werden (vgl. Klgl 3,30). So muß auch unsere Gemeinschaft ein lebhaftes Verlangen gerade nach einer solchen inneren Haltung haben, um immer und überall dementsprechend zu handeln. Das ist für uns besonders wichtig, weil wir durch unsere Missionstätigkeit ständig mit Männern und Frauen zu tun haben. Da bedarf es der Sorgfalt, der Achtsamkeit und der Vorsicht, wenn man die Keuschheit im Inneren und Äußeren bewahren will.

 

 

2. — Dies erreichen wir aber mit der Gnade Gottes nur, wenn wir unsere Phantasie zügeln und unsere  Sinne  beherrschen, mit  Frauen niemals allein an unpassendem Ort und zu unpassender Zeit sprechen und, wenn wir mit ihnen sprechen oder ihnen schreiben, zärtliche Worte, auch wenn sie fromm klingen, vermeiden. Beim Beichthören

oder beim Gespräch außerhalb der Beichte sollen wir uns ihnen nicht zu sehr nähern und meinen, so etwas könne uns nichts anhaben.

 

3. — Unmäßigkeit ist gleichsam die Mutter und die Ernährerin der Unreinheit. Seien wir deshalb im Essen mäßig, nehmen wir, soweit es geht, nur gewöhnliche Kost zu uns und den Wein mit sehr

viel Wasser gemischt.

 

4. — Es kann uns als Missionaren nicht genügen, einen höheren Grad in dieser Tugend erreicht zu haben. Wir müssen vielmehr mit allen Kräften zu vermeiden suchen, daß einer von uns wegen des entgegengesetzten Lasters ins Gerede kommt; denn dieser bloße, wenn auch durchaus ungerechtfertigte Verdacht würde unserer Gemeinschaft mehr als andere Verbrechen schaden, deren man uns fälschlicherweise  beschuldigen könnte. Dann würden wir nämlich mit unseren Missionen gar nichts oder nur wenig erreichen.

Um ein solches Ungemach zu vermeiden oder ggfs. zu beheben, müssen wir alles tun, was uns möglich ist, und sogar unter Umständen

etwas, was sonst erlaubt oder sogar gut und heilig ist, unterlassen. Dies gilt in dem Fall, daß der Obere oder der Missionsleiter zu dem Urteil kommt, hier könne wirklich Anlaß zu einen üblen Verdacht gegeben werden.

 

5. — Müßiggang beeinträchtigt jede Tugend besonders die Keuschheit. Man hüte sich davor und sehe zu, daß man immer nützlich beschäftigt ist.

 

V. Kapitel

Gehorsam

1. — Unser Herr Jesus Christus hat uns durch Wort und Beispiel den Gehorsam gelehrt. Er wollte nämlich der allerseligsten Jungfrau, dem heiligen Josef und anderen, die ein Amt hatten, sowohl guten als bösen, untertänig sein. Ihm zu Ehren sollen auch wir unseren Vorgesetzten pünktlich gehorchen, indem wir sie in unserem Herrn und unseren Herrn in ihnen sehen.

Besonders sollen wir dem Heiligen Vater, den Papst, treu und aufrichtig Ehrfurcht und Gehorsam erweisen. Auch den hochwürdigsten Herren Bischöfen, in deren Diözesen wir Häuser haben, werden wir demütig und standhaft gemäß unseren Konstitutionen Gehorsam leisten, und in den Pfarrkirchen dürfen wir nichts ohne Zustimmung des Pfarrers unternehmen.

 

2.        — Auch dem Generalsuperior  sollen wir schnell, freudig und beständig in allem gehorchen, was nicht offenbar Sünde ist, und zwar mit einem gewissermaßen blinden Gehorsam. Wir wollen also

unser eigenes Urteil und unseren eigenen Willen dem seinen unterordnen. Das gilt nicht nur in Bezug auf seinen ausgesprochenen Willen, sondern schon in bezug auf seine Absicht. Dabei gehen wir

davon aus, daß das immer zum besten gereicht, was er vorschreibt. So wollen wir uns seinen Anordnungen überlassen wie die Feile den Händen des Arbeiters.

 

3.        — Einen  solchen  Gehorsam  schulden wir auch den anderen Obern, dem Visitator, dem Superior und selbst einem, der ein untergeordnetes Amt bekleidet.

Wir wollen dem Schall der Glocke wie der Stimme Christi

gehorchen, so daß wir auf das erste Zeichen selbst den angefangenen Buchstaben unvollendet lassen.

 

4.        — Halten wir uns, um eine solche Gesinnung in uns zu vertiefen, an die überkommene Regel nichts zu verlangen und nichts zurückzuweisen.

Wenn aber einer sieht, daß er etwas nötig hat oder daß ihm etwas schädlich ist, dann prüfe er vor den Herrn, ob er dies dem Obern eröffnen soll, und verhalte  sich gleichmütig hinsichtlich der möglichen Antwort. In dieser Haltung lege er die Sache dem Obern vor und sei überzeugt, daß sich ihm der Wille Gottes in der Entscheidung des Obern kundtut, der er dann gleich zustimmen soll.

 

5.        — Jede Woche kommt man zur festgesetzten Stunde und an dem dafür bestimmten Ort zusammen, um vom Superior Ermahnungen betreffs der Hausordnung entgegenzunehmen. Wenn einer etwas vorbringen will, kann er es bei dieser Gelegenheit tun.

 

6.        — Niemand darf anderen Vorschriften machen oder einen zurechtweisen, wenn er nicht von Amts wegen dazu verpflichtet oder vom Superior damit beauftragt ist.

 

7.        — Wenn  man von einem Obern eine abschlägige Antwort erhalten hat, darf man sich mit derselben Sache nicht  an einen  anderen Oberen wenden, ohne ihm die Ablehnung und den Grund dafür mitzuteilen.

 

8.        — Wenn einem eine Aufgabe oder Verantwortung

übertragen wurde, darf man diese nicht eigenmächtig aufgeben, auch wenn eine andere Verpflichtung uns hindert. Man soll dann rechtzeitig

einen der Vorgesetzten informieren. Dieser wird, wenn nötig, einem anderen diese Aufgabe übertragen.

 

9.        — Man darf sich nicht in das Amt oder die Aufgabe eines anderen einmischen. Wird man jedoch von einem, der mit einem Amt, auch einem niedrigeren, betraut ist, um eine vorübergehende Hilfe gebeten, dann soll man sie gern leisten, wenn man nicht verhindert ist. Müßte man sich aber dabei länger aufhalten, bedarf man der Erlaubnis des Superiors.

 

10.        — Man darf keinen Dienst- oder Arbeitsraum ohne Erlaubnis des Obern betreten. Im Notfall genügt die Erlaubnis dessen, dem der Raum unterstellt ist.

 

11.        — Um nachteilige Folgen zu vermeiden, darf man ohne Erlaubnis des Superiors keinen Brief schreiben, abschicken oder öffnen. Wer einen Brief geschrieben hat, übergibt ihn dem Superior,

der ihn abschickt oder zurückbehält, wie er es für gut findet.

 

12.        — Außer der gewöhnlichen Zeit soll man ohne Erlaubnis des Obern weder essen noch trinken.  So ist der Gehorsam auch zur Gesundheit des Leibes förderlich.

 

13. — Ohne Erlaubnis des Superiors darf man nicht das Zimmer eines anderen betreten oder öffnen, bevor man das „Herein» vernommen hat

Solange man sich in dem Zimmer befindet, soll die Tür offen bleiben.

 

14. — Ohne Erlaubnis des Obern nehme man niemand mit auf sein Zimmer, besonders keinen Auswärtigen.

 

15. — Niemand darf ein Buch schreiben oder aus einer Sprache in eine andere übersetzen und herausgeben, ohne ausdrückliche Gutheißung und Erlaubnis des Generalsuperiors.

 

16. — Unsere Brüder, denen der Dienst der Martha obliegt, dürfen nicht nach der Erlernung der lateinischen Sprache, geschweige denn nach dem geistlichen Stand streben. Ein solches Verlangen

sollen sie sofort als Einflüsterung des bösen Geistes unterdrücken. Vielleicht sucht dieser sie durch geheimen  Stolz, der sich als Seeleneifer tarnt, zu verderben. Auch Lesen und Schreiben sollen sie ohne ausdrückliche Erlaubnis des Generalsuperiors nicht lernen.

 

 

VI. Kapitel

Die Kranken

1.        — Eines der vortrefflichsten Guten Werke, das Jesus Christus verrichtete und denen empfahl, die er in seinen Weinberg sandte, ist, für die Kranken zu sorgen, besonders wenn sie arm sind, und sie zu besuchen.

Deswegen muß es uns ein besonderes Anliegen sein, die Kranken im Haus, aber auch auswärtige, mit Zustimmung des Superiors zu besuchen, ihnen Erleichterung zu verschaffen und, besonders während der Missionen, soweit es geht, körperliche und geistliche Hilfe zu leisten, auch wollen wir uns bemühen, die Caritas-Vereine ins Leben zu rufen und sie zu besuchen.

 

2.        — Mögen wir nun einen Kranken im Hause oder auswärts besuchen, niemals soll das eine bloß menschliche Begegnung sein; denn Christus sagt, daß er es ist, dem wir den Dienst erweisen. Deswegen müssen wir uns auch rücksichtsvoll verhalten, nur mit leiser Stimme sprechen, und zwar von Dingen, die den Kranken erheitern und trösten und auch andere, die sich im Zimmer befinden erbauen.

 

3.        — Die Kranken selbst müssen sich bewußt sein, daß sie nicht nur deswegen im Krankenzimmer und im Bett sind, um gepflegt und geheilt zu werden. Sie sollen vielmehr die christlichen Tugenden,

vor allem die Geduld und die Übereinstimmung mit dem göttlichen Willen durch ihr gutes Beispiel wie von einer Kanzel aus lehren. So werden sie innerlich wachsen und für die Besucher und das Pflegepersonal „Christi Wohlgeruch» (2 Kor 2,15) sein. Auch die Übung des Gehorsams ist für den Kranken wichtig. Er muß sich auf das genaueste dem Arzt, sowohl dem Arzt der Seele wie dem des Leibes, fügen, ebenfalls dem Krankenwärter und den anderen, die mit der Pflege beauftragt sind.

 

4.        — In diesem ganzen Bereich kann sich leicht Mißbrauch einschleichen. Deswegen halten wir es so, daß derjenige, der sich krank fühlt, es dem Superior meldet oder dem, der mit der Sorge für

die Gesundheit betraut ist, oder dem Krankenwärter.

Ohne Gutheißung des Superiors darf man keine Arznei gebrauchen, auch keinen Arzt oder sonst jemand konsultieren.

 

 

VII. Kapitel

Die Bescheidenheit

1.        — Von unserem Herrn Jesus Christus strahlte eine große Bescheidenheit aus sowohl durch sein Angesicht wie durch sein Reden. Das war es, was viele Tausende von Menschen anzog, so daß sie ihm weit in die Wüste folgten. Es war für sie eine Freude, ihn zu sehen und Worte ewigen Lebens aus seinem Mund zu hören. Darüber vergaßen sie sogar Essen und Trinken.

Wir Missionare müssen unserem Lehrer darin ähnlich sein. Unser Beruf bringt uns nämlich in ständigen Kontakt mit unseren Mitmenschen. Wie leicht könnte das, was wir durch unsere Arbeit und unseren Dienst im Herrn aufgebaut haben, durch das geringste anstößige Benehmen zunichte werden.

Beachten wir daher, was der heilige Paulus den ersten Christen schreibt: „Eure Bescheidenheit werde allen Menschen bekannt» (Phil 4,5). Die verschiedenen Regeln, die diesen Punkt betreffen, können uns dabei helfen, besonders die folgenden.

 

2.        — Man lasse nicht seine Augen ungezügelt umherschweifen, vor allem nicht in der Kirche, bei Tisch oder auch sonst in der Öffentlichkeit. Das wirkt undiszipliniert und kindisch. Man vermeide überhaupt geziertes und weltliches Benehmen.

 

3.        — Unterlassen wir alle gegenseitigen Berührungen, auch wenn sie als Scherz gemeint sind. Nur wenn jemand abreist oder von der Reise zurückkehrt und wenn jemand in die Gemeinschaft aufgenommen wird, wollen wir ihn zum Zeichen brüderlicher Liebe umarmen.

 

4.        — Sorgen wir für eine ehrbare Reinlichkeit besonders in der Kleidung, wobei wir aber alles Gesuchte und Gezierte vermeiden wollen.

 

5.        — Unsere sehr wenigen und ärmlichen Gebrauchsgegenstände sollen sauber und ordentlich in unserem Zimmer aufgehoben werden. Die Zimmer kehrt man alle drei Tage aus. Morgens beim Aufstehen   bringt   man   in   geziemender  Weise das Bett in Ordnung, wenn der Superior nicht aus Krankheitsgründen  oder wegen besonderer Verpflichtungen einen anderen damit beauftragt.

 

6. — Niemand verläßt sein Zimmer, ohne anständig bekleidet zu sein.

 

7. — Damit uns diese Sittsamkeit zur zweiten Natur wird, muß man sich ihrer auch, wenn man allein ist, befleißigen, im Gedanken an die Gegenwart Gottes.

Auch des Nachts schläft man nicht unbekleidet und ohne jede Decke.

 

 

VIII. Kapitel

Der Umgang miteinander

1.        — Unser Heiland Jesus Christus sammelte die Apostel und Jünger um sich und gab ihnen Vorschriften über das rechte Zusammenleben, z. B. einander zu lieben, einander die Füße zu waschen, sogleich zu seinem Bruder, der etwas gegen einen

haben könnte, hinzugehen und sich mit ihm auszusöhnen,

zu zweien miteinander zu gehen und schließlich der Geringste zu werden, wenn jemand der Größte sein wolle.

Nun will unsere kleine Gemeinschaft  das Leben Christi und der Apostel weiterführen. Deshalb ist es ganz richtig, daß auch wir Regeln für den Umgang und das Reden miteinander haben und uns nach Kräften bemühen sie zu befolgen.

 

2.        — Stets sollen brüderliche Liebe und heilige Eintracht unter uns herrschen und auf keine Weise gefährdet werden. Dazu müssen wir einerseits große Ehrfurcht voreinander an den Tag legen, andererseits

aber wie liebe Freunde miteinander leben. Vermeiden wir exklusive Freundschaften, aber auch Abneigungen; denn diese beiden Fehlhaltungen sprengen, wie die Erfahrung lehrt, jede Gemeinschaft.

 

3. — Dem Obern schulden alle eine besondere Ehrerbietung. Man nimmt vor ihm das Birett ab, beim Gespräch unterbricht man ihn nicht noch widerspricht man ihm, was noch ärger wäre. Auch vor den Priestern nimmt man das Birett ab, die Seminaristen und Studenten vor ihrem Direktor und den Professoren. Die Priester selbst mögen mit

dieser  Ehrenbezeugung  einander  zuvorkommen.

Bei Tisch nimmt man das Birett nur ab, wenn der Superior oder ein  vornehmer  Fremder herein kommt oder geht. Sonst bestände immer wieder Anlaß, herumzuschauen und so die Geistessammlung zu verlieren.

 

4. — In der Heiligen Schrift heißt es: Es gibt eine Zeit zum Schweigen und eine Zeit zum Reden» (Koh 3,7), und „Bei vielem Reden bleibt die Sünde nicht aus» (Spr 10,19).

Aber auch eine lange Erfahrung lehrt uns, daß der fromme Geist in einer Gemeinschaft  nachläßt, wenn dem Reden kein Maß gesetzt und auf das Stillschweigen kein Wert mehr gelegt wird. Daher herrscht bei uns außerhalb der Zeit der Erholung Stillschweigen. Ohne Notwendigkeit darf man also nicht reden, höchstens ein paar Worte im Vorübergehen und mit leiser Stimme. Das gilt vor allem in der Kirche und in der Sakristei, im Schlafsaal, im Speisesaal, hier vor allem, wenn man zu Tisch sitzt. Wenn einem bei Tisch etwas fehlt, so soll sein Nebenmann den, der dabei dient, mit einem Wink, einem sonstigen Zeichen oder notfalls mit einem Wort darauf aufmerksam machen.

Ganz allgemein gilt: Meiden wir zu heftiges und zu lautes Reden, selbst in der Erholungszeit; denn so etwas wirkt abstoßend, sowohl auf die Mitbrüder wie auf Gäste.

 

5. — Mit den Seminaristen, den Studenten und sogar den Priestern, die das Seminar noch keine zwei Jahre hinter sich haben, darf man nur mit Erlaubnis des Superiors sprechen. Wo es die Liebe fordert, kann man sie im Vorübergehen mit einem Wort grüßen.

 

6. — Zum Stillschweigen gehört auch, daß man so weit wie möglich jedes Geräusch vermeidet, mag man sich in seinem Zimmer befinden oder durchs Haus gehen, vor allem des Nachts. Die Türen öffne

und schließe man leise.

 

7.  — Bei der täglichen Unterhaltung und Erholung  wollen wir zur Fröhlichkeit die Bescheidenheit hinzufügen, um so nach Möglichkeit das Angenehme mit dem Nützlichen zu verbinden, und allen ein gutes Beispiel geben. Daher sollen sich die Gespräche meistens um das drehen, was auf Frömmigkeit oder auf die für Missionare notwendige Wissenschaft Bezug hat.

 

8.        — Bei diesen sowie bei anderen gelegentlich erlaubten Unterhaltungen werden wir unter anderen gerade auch solche Themen vorbringen, die die Liebe zu unserem Beruf und das Bemühen um die Vollkommenheit stärken. Hierzu wollen wir einander ermuntern.    

So können wir etwa über den Wert der Frömmigkeit, der Abtötung, des Gehorsams, der Demut sprechen und ihn demütig und ruhig gegen den rechtfertigen, der ihn etwa in Frage stellt.

Wenn uns persönlich eine von diesen Tugenden nicht sympathisch ist, so sprechen wir darüber mit dem Superior oder dem Direktor, aber nicht mit einem einzelnen Mitbruder oder in der allgemeinen Unterhaltung.

 

9.        — Vor allem: meiden wir in unseren Gesprächen

jeden  Anschein  von Starrköpfigkeit und Streit, geschehe  dies auch nur zum Vergnügen.

Halten wir uns im Gegenteil offen für die Auffassungen

der anderen und gehen wir darauf ein, wenn es nicht unerlaubt ist. Können wir aber dem anderen doch nicht zustimmen, dann bringen wir schlicht und im Geist der Demut unsere Gründe vor. Im Verlauf des Gesprächs wollen wir auf keinen Fall Ungeduld und Ärger merken lassen und den Beleidigten spielen. Hüten wir uns ja, einen anzufahren oder gar gegen ihn tätlich zu werden und ihm in irgendeiner Weise zu nahe zu treten.

 

10.        — Verschwiegenheit, Diskretion sei uns eine heilige Verpflichtung. Es geht hierbei nicht nur um das, was sich auf die Beichte und die Leitung des Hauses oder der Genossenschaft bezieht, sondern auch auf das, was im Kapitel bezüglich der Fehler und der Bußen gesagt wird, und alles, worüber zu sprechen uns der Obere und die Natur der Sache verbieten.

 

11.        — Niemand soll den guten Ruf eines andern, vor allem des Obern auch nur im geringsten antasten, gegen ihn murren oder das einer Kritik unterziehen, was in unserer Kongregation oder in anderen religiösen Gemeinschaften geschieht oder geredet wird.

 

12.        — Man schnüffelt nicht herum, um etwas über die Verwaltung des Hauses zu erfahren oder mit anderen darüber zu reden. Auch spreche man nicht, sei es direkt oder indirekt, gegen die Regel und Konstitutionen oder gegen die frommen Gebräuche der Kongregation.

 

13. — Man soll sich nicht über das Essen, die Kleidung oder die Schlafstätte beklagen, ja nicht einmal darüber reden, außer wenn man dazu durch ein Amt verpflichtet ist.

 

14. — Niemand  darf nachteilig von anderen Völkern oder Provinzen sprechen wegen der großen Übel, die dadurch entstehen würden.

 

15.        — In den öffentlichen Mißhelligkeiten und Kriegen, die zwischen den christlichen Fürsten aufbrechen können,

sollen wir nicht Partei ergreifen. So ahmen wir Christus nach. Er lehnte es ab Schiedsrichter zwischen  streitenden Brüdern zu sein (Lk 12,14) und über die Rechte der Fürsten zu urteilen. Er predigte nur dies eine: „Gebt dem Kaiser, was dem Kaiser gehört…» (Mt 22,21).

 

16.        — Vermeiden wir sorgfältig alle Gespräche über das Staatswesen und die Regierungen sowie über andere öffentliche Angelegenheiten der Fürsten unserer Zeit und das übrige derartige Gerede der Welt. Hüten wir uns möglichst, darüber etwas zu schreiben.

 

 

IX. Kapitel

Der Umgang mit den Auswärtigen

1. — Außer den Regeln für das Leben in der Gemeinschaft gab unser Heiland den Aposteln und Jüngern auch einige Vorschriften für den sonstigen Umgang mit dem Nächsten, mit den Schriftgelehrten

und Pharisäern, mit den Obrigkeiten, wenn sie vor ihren Richterstuhl gestellt würden, wie sie sich bei Gastmählern verhalten sollten, wenn sie dazu eingeladen werden, und dergleichen mehr. Darum ist es angemessen, daß auch wir entsprechende Regeln für den Umgang mit Auswärtigen haben, bemühen wir uns, sie getreu zu beobachten.

 

2. — Unser Beruf verlangt den häufigen Kontakt mit Weltleuten, besonders bei den Missionen, trotzdem sollen wir ihn nicht suchen, sondern Gehorsam und Notwendigkeit sollen entscheidend sein. In jedem Fall muß uns aber das Wort unseres Herrn vor Augen stehen: „Ihr seid das Licht der Welt». Verhalten wir uns also wie das Sonnenlicht, das erleuchtet und erwärmt und, wenn es auch unreine Orte durchdringt, nichts von seiner Reinheit verliert.

 

3.        — Mischen wir uns nicht in die Prozesse von Auswärtigen  ein, übernehmen wir keine Testamentsvollstreckung, geben wir uns nicht  mit Handels- und Heiratsgeschäften u. dgl. weltlichen Angelegenheiten ab nach dem Rat des Apostels: „Kein Streiter Gottes läßt sich in weltliche Geschäfte ein » (2 Tim 2,4).

 

4.        — Niemand soll ohne Erlaubnis des Superiors die Besorgung frommer Werke übernehmen, seine Mitarbeit versprechen oder auch nur eine gewisse Neigung dazu merken lassen.

 

5.        — Ohne Erlaubnis des Superiors darf man im Hause nicht mit Fremden sprechen oder Mitbrüder zum Gespräch herbeirufen.

 

6. — Man lädt ohne Erlaubnis des Superiors niemand zu Tisch.

 

7. — Ohne Erlaubnis des Obern vermittle man keine Briefe oder Aufträge oder dgl. von Auswärtigen an die Mitbrüder und umgekehrt.

 

8.        — Um anderen unsere Regeln zu zeigen, ist die ausdrückliche Erlaubnis des Generalsuperiors oder des Visitators erforderlich. Nur solchen, die in die Kongregation aufgenommen werden möchten, kann man sie mit Erlaubnis des Haussuperiors zeigen, und zwar zur Zeit der Exerzitien oder auch schon vorher, wenn der Superior es im Herrn für gut hält.

 

9.        — Was im Haus geschieht und geschehen soll, teilt man nicht leichtfertig und nutzlos Auswärtigen mit. Auch unterhält man sich mit ihnen nicht über das, worüber wir auch unter uns nicht reden sollen, vor allem nicht über Politik.

 

10.        — Wer mit Erlaubnis zu Auswärtigen geht, spreche mit ihnen über notwendige Dinge oder über das, was ihnen oder uns oder beiden zum Heil und zur Erbauung gereicht, und zwar mit geziemender Würde, Bescheidenheit und Frömmigkeit, natürlich unter Beachtung der besonderen Umstände der Personen, der Zeit und des Ortes.

 

11.        — Man darf das Haus nur verlassen, wenn es der Obere für ratsam hält, und dann nur mit dem Begleiter, den der Superior oder ein von ihm Beauftragter bestimmt. Der Begleiter muß aber dem

anderen den Vortritt und das Wort lassen.

 

12.        — Wenn jemand den Superior um die Erlaubnis bittet, irgendwohin zu gehen, so soll er gleich erklären, wohin er gehen will und aus welchem Grund. Gleich nach der Rückkehr ins Haus gebe er Rechenschaft über das, was er getan hat.

 

13.— Man darf nur durch die gewöhnliche Pforte des Hauses ein- und ausgehen, es sei denn, die Notwendigkeit oder die Erlaubnis des Obern entbinde einen von dieser Vorschrift.

 

14.— Wer das Haus verläßt, soll neben seinem Namen an der Pforte ein Zeichen machen, auch wenn er mit Erlaubnis durch eine Nebentür oder die Kirche hinausgeht. Dem Pförtner gibt er die Stunde seiner Rückkehr an, damit dieser Bescheid geben kann, wenn nach ihm gefragt wird. Man soll nicht vor Tagesanbruch weggehen und muß vor

Einbruch der Nacht wieder zurück sein. Bei der Rückkehr nimmt man gleich das Zeichen von dem Namen weg.

 

15 — Ohne Erlaubnis des Superiors darf man außerhalb des Hauses keine Speise zu sich nehmen außer auf Reisen.

 

16.— Wenn man auf der Reise durch einen Ort kommt, in dem sich ein Haus der Kongregation befindet, so darf man nur dort einkehren. Solange man da verweilt, untersteht man dem dortigen Superior und darf ohne dessen Rat und Leitung nichts tun. Das gilt auch für den, der geschäftlich dorthin kommt.

 

 

X. Kapitel

Die religiösen Übungen unserer Gemeinschaft

1.        — Christus, der Herr, und seine Jünger hatten ihre frommen Übungen. So gingen sie z.B. an bestimmten Tagen in den Tempel, zogen sich bisweilen in die Einsamkeit zurück und widmeten sich dem Gebet. Deshalb ist es angebracht, daß auch diese kleine Kongregation ihre geistlichen Übungen hat. Gerade diese muß sie gewissenhaft verrichten und ihnen vor allem anderen den Vorrang geben,

wenn nicht die Notwendigkeit oder der Gehorsam anderes nahelegen; denn sie leiten uns zur sinnvollen Beobachtung der übrigen Vorschriften an und führen uns zur Vollkommenheit.

 

2.        — Die   Errichtungsbulle   der  Kongregation der Mission

legt uns die Verpflichtung auf, besonders die Geheimnisse der allerheiligsten Dreifaltigkeit und  der Menschwerdung zu verehren. Ihr wollen wir getreu und wenn möglich bei jeder Gelegenheit nachkommen. Vor allem geschehe es dadurch, daß wir oft voll Glauben und Andacht diese Geheimnisse aus dem Grunde unseres Herzens verehren, jeden Tag zu ihrer Ehre einige Gebete und gute Werke aufopfern und vor allem ihre Feste mit Feierlichkeit und mit aller Andacht, deren wir fähig sind, begehen und schließlich uns bemühen, ihre Kenntnis und Verehrung in den Geist der Völker einzupflanzen, sei es durch Unterweisungen oder durch unser Beispiel.

 

3. — Das alles wird uns am ehesten gelingen wenn wir die heilige Eucharistie in der rechten Weise feiern und verehren, mögen wir sie als Opfer oder als Sakrament betrachten; denn sie ist der Inbegriff aller Glaubensgeheimnisse und führt den, der sich ihren Opfergedanken zu eigen macht und aus der Vereinigung mit Christus sein Leben gestaltet, zur Heiligkeit und zum ewigen Leben. So erweisen wir dem Einen und Dreifaltigen Gott die höchste Ehre. Daher muß die Ehrfurcht vor diesem Sakrament und Opfer uns ganz besonders am Herzen liegen. Dann werden wir auch den Wunsch haben, daß ihm andere diese Ehrfurcht und Verehrung erweisen. Laßt uns also jede Unehrerbietung im Tun und Reden nach Möglichkeit verhüten und andere im rechten Glauben und in der wahren   Verehrung dieses hohen Geheimnisses unterweisen.

 

4.        — Ausdrücklich schreibt uns dieselbe Bulle vor, die allerseligste Jungfrau Maria durch öffentliche Verehrung zu verherrlichen. Aber auch aus verschiedenen anderen Gründen sind wir dazu verpflichtet.

Wir tun es mit Gottes Hilfe, indem wir die   erhabene   Mutter Christi,  

die  auch unsere Mutter ist, täglich verehren, sie in ihren Tugenden, besonders der Demut und der Keuschheit nachahmen und andere, wo sich die Möglichkeit bietet, ermuntern, ihr eine besondere Verehrung und einen würdigen Dienst zu erweisen.

 

5.        — Legen wir großen Wert auf das Stundengebet. Es muß in geziemender Weise verrichtet werden, und zwar nach dem römischen Ritus und gemeinschaftlich, auch auf Missionen, aber mit mäßiger Stimme und ohne Gesang, damit unser Dienst am Mitmenschen nicht beeinträchtigt wird. Das gilt nicht nur für Priesterseminare und für die Häuser, in denen wir auf Grund von Stiftungen, wegen der Weihekandidaten oder aus einem ähnlichen Grund  zum gregorianischen Choral verpflichtet sind. Wo und wann wir aber auch immer die Tagzeiten beten, muß es mit Ehrfurcht, Sammlung und Andacht geschehen. Wir feiern ja das Lob Gottes, verrichten also den Dienst der Engel.

 

6.        — Es gehört zu den Hauptaufgaben unserer Missionen, andere zum würdigen und häufigen Empfang der Sakramente der Buße und des Altars anzuleiten. Um so mehr müssen wir selbst ihnen mit gutem Beispiel vorangehen, ja sie weit übertreffen.

Aber alles in einer gewissen Ordnung: Die Priester   beichten  zweimal in der Woche  oder wenigstens einmal  bei einem dazu bestimmten Beichtvater des Hauses, nicht bei einem anderen ohne Erlaubnis des Superiors. Sie feiern täglich das heilige Meßopfer, wenn sie nicht daran gehindert sind. Die übrigen, die nicht Priester sind, gehen jeden Samstag und am Vorabend der Hauptfeste bei  einem  der erwähnten Priester zur Beichte, wenn der Superior nicht einen anderen Beichtvater bestimmt. An allen Sonntagen und den oben erwähnten

Festtagen gehen sie nach dem Rat ihres Direktors zur heiligen Kommunion, und täglich hören sie die Messe.

 

7.        — Wir können Christus, der außer den Betrachtungen

am Tage auch ganze Nächte im Gebet zubrachte, nicht in jeder Beziehung nachahmen. Tun wir es, soweit es unsere Schwachheit uns erlaubt, indem wir jeden Tag eine Stunde dem inneren Gebet obliegen. Es ist bei uns üblich, daß dies gemeinsam geschieht und in dem dafür vorgesehenen Raum.

 

8.        — Lassen wir keinen Tag vorübergehen, ohne in einem geistlichen Buch zu lesen entsprechend dem besonderen Bedürfnis unserer Seele, und zwar während der Zeit, die der Superior oder der Direktor dazu bestimmt.

Ferner lesen die Priester und die Kleriker täglich ein Kapitel aus dem Neuen Testament. Dies ist nämlich d i e Regel der Vollkommenheit. Zu unserem größeren Nutzen legen wir hierbei das Birett ab und knien uns hin. Zum Schluß beten wir die Wahrheiten an, die in dem Kapitel enthalten sind, suchen die Gesinnung in uns zu wecken, in der Christus oder die heiligen Schriftsteller die Wahrheiten ausgesprochen haben, und nehmen uns vor, die Tugendbeispiele nachzuahmen und die Ratschläge oder Vorschriften, die in dem Abschnitt enthalten sind, zu befolgen.

 

9.        – Es gibt eine zweifache Gewissenserforschung, die uns hilft, unsere eigenen Mängel zu entdecken, sie mit der Gnade Gottes auszugleichen, und eine größere innere Reinheit zu erlangen, nämlich

1. die besondere vor dem Mittag- und dem Abendessen; sie ist kurz und bezieht sich auf die Erwerbung einer bestimmten Tugend oder auf die Ausmerzung eines Fehlers; 2. die allgemeine; dabei geht man die einzelnen Handlungen des Tages durch. Sie findet kurz vor dem Schlafengehen statt.

 

10.        — Um die Zurückgezogenheit Christi zu ehren, besonders die vierzigtägige in der Wüste halten wir Exerzitien. Sowohl Geistliche als auch Laien machen sie beim Eintritt in die Gemeinschaft.

Dabei legen sie eine Generalbeichte über ihr ganzes bisheriges Leben bei einem vom Superior bestimmten Priester ab. Die schon zur   Gemeinschaft gehören, halten jedes Jahr ihre Exerzitien, die Seminaristen alle sechs Monate, jeweils mit einer Beichte über die Zeit seit der letzten Generalbeichte.

 

11.        — Ohne   den   Beistand  eines geistlichen Führers wird man kaum in der Tugend voranschreiten.

Auch ist es äußerst schwer, zu der uns angemessenen Vollkommenheit zu gelangen, wenn man sich nicht zuweilen mit seinem geistlichen Führer in der rechten Weise über sein Inneres ausspricht. Deshalb legen wir vor dem Superior oder dem von ihm bestimmten Mitbruder wenigstens alle drei Monate ehrlich und fromm eine Gewissensrechenschaft ab,

und zwar nach der bei uns üblichen Form. Das geschehe vor allem in den Exerzitien, aber auch sonst, wenn es der Superior für geraten hält.

 

12.        — Wenigstens einmal in der Woche findet eine geistliche Konferenz statt. Bevorzugte Themen sind: die Verleugnung des eigenen Willens und des eigenen Urteils, die Erfüllung des Willens Gottes in all unseren Handlungen, die brüderliche Eintracht, der Eifer für die eigene Vervollkommnung und den Fortschritt in den anderen Tugenden, besonders in denen, die den Geist unseres Berufes ausmachen.

 

13.        — Christus  erniedrigte   sich  und  wollte unter die Sünder gezählt werden. Um ihn einigermaßen und, soweit es unsere Schwachheit gestattet, darin nachzuahmen, soll man freitags in Gegenwart aller dem Superior oder dessen Stellvertreter

seine Schuld bekennen, sowohl zuhause als auf Missionen. Die Ermahnungen und Bußen nehme man mit Gleichmut an. Auch behalten wir den Brauch bei, darum zu bitten, uns öffentlich im Kapitel auf unsere Fehler aufmerksam zu machen. Jeder suche dann im Geist der Liebe und der Demut die Mahnung zu geben.

 

14.        — Aber auch außerhalb des Kapitels wollen wir alle Gelegenheiten zur Verdemütigung ergreifen, um in der Liebe zur Erniedrigung zu wachsen und auf dem Weg der Vollkommenheit voranzuschreiten. Wenn daher der Superior am Ende der Betrachtung, der geistlichen Konferenz oder einer anderen gemeinsamen Übung einen aufruft, um ihn zurechtzuweisen, so soll dieser sich hinknien und mit innerer Bereitschaft die Mahnung anhören, die auferlegte Buße annehmen und getreulich verrichten.

 

15.        — Wegen der ständigen Arbeiten der Missionare ist es nicht ratsam, in dieser Regel körperliche Abtötungen und Strengheiten festzulegen. Aber wir wollen diese nicht abwerten, sondern sollten im Innern selbst danach verlangen. Ja, wenn unsere Gesundheit und unsere Arbeiten es erlauben, können wir sie auch selbst üben, wie es Jesus und die ersten Christen getan haben und wie es heute  noch viele Christen, auch außerhalb der Ordensgemeinschaften, in echter   Bußgesinnung tun. Nichtsdestoweniger soll man keine Bußübungen  

vornehmen,  ohne  den  Superior  oder  den Direktor um Rat zu fragen, abgesehen von den in der Beichte aufgelegten Bußübungen.

 

16. — Zu Ehren des Leidens Christi begnügen wir uns freitags  beim Abendessen  mit  einem Teller Gemüse oder Kräutern, ausgenommen auf Missionen und auf Reisen.

 

17. — Montag und Dienstag nach dem Sonntag Quinquagesima verzichten wir zuhause auf Fleischspeisen.

Durch diese gewiß sehr geringe Abtötung wollen wir Gott zu der Zeit ehren, in der der größte Teil der Christen ihn durch Ausschweifungen und Schwelgereien beleidigt.

 

18.        — Die bei uns übliche Tagesordnung gilt sowohl zuhause als auch auf Missionen. Das bezieht sich besonders auf die Zeit des Aufstehens und des Schlafengehens, die Betrachtung,  das  Stundengebet und die Mahlzeiten.

 

19.        — Ebenfalls wird zuhause und auf den Missionen während der ganzen Mahlzeit aus einem religiösen Buch vorgelesen. So werden Leib und Seele zugleich genährt.

 

20.        — Auch die anderen löblichen Gebräuche halten wir bei, namentlich folgende: Unmittelbar vor dem Verlassen des Hauses und nach der Rückkehr in die Kirche zu gehen und Christus im Sakrament zu grüßen; die Armen, besonders die Bettler im Katechismus zu unterweisen, wenn sich Gelegenheit dazu bietet, vor allem, wenn man auf Reisen ist; beim Betreten und Verlassen unseres Zimmers niederzuknien, um Gott vor der Verrichtung anzurufen und ihm nachher zu danken.

 

21.        — Zusätzlich zu den in dieser Regel vorgeschriebenen

  frommen Verrichtungen  darf man keine anderen vornehmen, ohne dies dem Superior oder dem Direktor mitzuteilen. Man tue nur, was einem erlaubt wird. Wer sich nicht an diese Vorschrift hält, läuft Gefahr, seinem eigenen oder gar des Teufels Willen zu folgen. So könnte er zur Strafe für seine Unklugheit oder seinen Ungehorsam

von diesem unter dem Schein des Guten getäuscht werden und schließlich an seiner Seele Schaden erleiden.

 

 

XI. Kapitel

Die Missionen und die anderen Tätigkeiten der Kongregation der Mission zum Heil der Nächsten

 

1. — Unser Herr Jesus Christus gab seinen Jüngern Weisungen für die Erfüllung ihrer Aufgaben. So befahl er ihnen, den Herrn der Ernte zu bitten, Arbeiter in seine Ernte zu senden (Mt 9,38); er deutete an, zu welchen Völkern sie sich begeben sollten (Apg 1,8), was sie unterwegs beobachten, in welche Häuser sie einkehren, was sie predigen, was sie essen und schließlich wie sie sich gegen die verhalten sollten, die sie nicht aufnehmen würden (Mt 10,14; Lk 9,5). Nun treten wir in ihre Fußstapfen, soweit es unsere Schwachheit uns gestattet.

Beobachten wir daher die folgenden Regeln über das rechte Verhalten auf Missionen und bei deren Seelsorgearbeiten und auch die diesbezüglichen Vorschriften, die bei uns herkömmlicherweise gegeben werden.

 

2.        — Wo immer sich die Gelegenheit bietet, wollen wir unseren Mitmenschen mit Rat und Ermahnung helfen und sie zum Gutes-tun aneifern, ohne aber eine eigentliche Seelenleitung zu übernehmen.

Diese soll nur im Rahmen von Exerzitien und Missionen ausgeübt werden und in den Häusern unserer Kongregation, denen die Seelsorge überertragen ist. Wohl kann der Superior einen damit beauftragen. Geben wir aber in keinem Fall schriftliche Unterweisungen und Lebensregeln. Auch das dürfte nur mit Erlaubnis des Superiors geschehen.

 

3.        — Niemand darf öffentlich predigen oder auf der Kanzel katechisieren, wenn er nicht vom Visitator dazu approbiert und vom Visitator oder dem unmittelbaren Superior damit beauftragt ist.

Man könnte sonst unseren Missionaren mit Recht das Wort des Apostels vorhalten: „Wie soll jemand verkündigen, wenn er nicht gesandt ist?» (Röm 10,15). Auf Missionen jedoch kann der Missionsleiter die Prediger und Katechisten auswechseln und andere an ihre Stelle setzen, wenn er es im Herrn für ratsam hält und wenn überdies beim Warten auf die schriftliche Antwort des Superiors Unzuträglichkeiten entstehen könnten. Nur muß er sobald wie möglich den Superior von dem Grund dieses Wechsels in Kenntnis setzen.

 

4.        — Sowie   es  uns nicht erlaubt ist, ohne Approbation durch den Ordinarius die Mitglieder der Genossenschaft oder die Auswärtigen beichtzuhören, so darf man auch, um jeden Mißbrauch zu verhüten, dieses Amt nur ausüben, wenn man vom Visitator dazu bestimmt und vom Visitator und vom Superior damit beauftragt wird.

 

5.        — Wer auf Mission geht, muß das Erlaubnisschreiben

des hochwürdigsten Herrn Bischofs, in dessen Diözese die Mission gehalten wird, bei sich tragen und es dem Pfarrer, bzw. dem Vorsteher der Kirche, wo er die Mission hält, vorzeigen. Bevor man nach Beendigung der Mission nach Hause zurückkehrt, legt man dem hochwürdigsten Herrn Bischof, wenn er es wünscht, von seinem Tun Rechenschaft ab. Vorher jedoch befrage man den Superior, damit er bestimmt, durch wen oder wie das geschehen soll.

 

6.        — Bei Beginn und am Schluß der Mission bittet man den Pfarrer oder in seiner Abwesenheit seinen Vikar um den Segen. Man tue nichts von einiger Wichtigkeit, ohne es ihm mitzuteilen, und hüte sich, etwas gegen ihren Willen zu tun.

 

7.        — Um niemand lästig zu fallen, arbeitete der heilige Paulus Tag und Nacht mit seinen eigenen Händen für seinen Unterhalt und den seiner Mitarbeiter.

Nach seinem Beispiel wollen auch wir bei unseren Missionen keinem zur Last fallen, sondern alle unsere Arbeiten umsonst und ohne allen zeitlichen Entgelt oder Unterhalt verrichten. Eine Unterkunft jedoch und die notwendige Einrichtung können wir annehmen, wenn sie uns angeboten werden.

 

8.        — Jeder sollte von Verlangen brennen, mit dem Besuch der Kranken und der Beilegung von Zwistigkeiten und Prozessen beauftragt zu werden, besonders bei den Missionen, ja, man darf sogar

demütig darum bitten, wo es die Sachlage erfordert.

Trotzdem darf man keine derartigen Werke der Barmherzigkeit ohne Erlaubnis des Superiors übernehmen; denn die Liebe muß durch den Gehorsam wohlgeordnet sein.

 

9.        — Fragen über Gewissensfälle, die im Beichtstuhl vorkommen,

müssen mit größter Klugheit und Vorsicht vorgebracht werden, so daß man niemals die Person, um die es sich handelt, erkennen kann. Und zur Vermeidung der Übel, die daraus entstehen könnten, soll man Fragen über wichtige Gewissensfälle nur vorlegen, wenn man den Missionsleiter um Rat gefragt hat.

 

10.        — Den Namen „Missionar» oder „Missionspriester» haben wir uns nicht angemaßt, sondern durch Fügung der göttlichen Vorsehung haben ihn uns die Leute gegeben. Das zeigt zur Genüge, dass die Missionen unter allen Arbeiten für unsere Mitmenschen die erste und wichtigste Aufgabe sind. Darum darf die Genossenschaft sie niemals unter dem Vorwand eines anderen, wenn auch nützlicheren Werkes aufgeben. Vielmehr soll sich jeder ganz dafür einsetzen, so daß er bereit ist, jedesmal auf Mission zu gehen, wenn es der Gehorsam von ihm verlangt.

 

11.        — Die Leitung von weiblichen Ordensgemeinschaften würde die Missionen und andere Verpflichtungen unserer Genossenschaft stark beeinträchtigen. Deshalb müssen wir sie ablehnen. Man darf sie also nicht besuchen oder dort predigen selbst nicht während einer Mission, wenn man nicht die ausdrückliche Erlaubnis des Superiors oder des Missionsleiters hat. Allerdings ist unsere Genossenschaft mit der Leitung der Töchter der christlichen Liebe und der Caritasvereine nach deren eigenen Konstitutionen betraut. Aber auch hier darf man nur mit Erlaubnis des Superiors die Leitung übernehmen oder zu ihnen hingehen und mit ihnen sprechen.

 

12. — Im übrigen wird man einsehen, daß wir die Aufgaben, die wir zuhause zu verrichten haben, nicht unter dem Vorwand der Mission unterlassen dürfen, also die für auswärtige Geistliche, besonders

die Ordinanden, die Seminaristen und andere, die wir in ihrer geistlichen Einsamkeit leiten. Das eine soll man tun, das andere nicht unterlassen; denn aufgrund unserer Berufung sind wir fast in gleicher Weise, wenn die Bischöfe oder die Obern uns rufen, an beide Verpflichtungen gebunden, obgleich die Missionen den Vorrang haben. Eine lange Erfahrung beweist, daß die guten Wirkungen der Mission ohne die Mithilfe der Pfarrer nicht andauern.

Und zu deren Vervollkommnung tragen die eben genannten Arbeiten bei. Geben wir uns so von ganzem Herzen Gott hin, um sie in rechter Weise zu verrichten. Zu diesem Zweck halte man sich genau an die Weisungen, die die Obern hierfür erlassen.

 

 

XII. Kapitel

Hilfen zur guten und nützlichen Verrichtung unserer Aufgaben.

1.        — Zu Anfang dieser Regeln oder Konstitutionen hatten wir uns vorgenommen, unsern Herrn Jesus Christus nachzuahmen, der „begann zu handeln und zu lehren» (Apg 1,1). In diesem letzten Kapitel wollen wir ihm auch darin nachfolgen, daß er „alles gut getan hat «(Mk 7,37); denn was immer wir Gutes tun mögen, wenn wir es nicht gut tun verdienen wir eher Strafe als Lohn. Deshalb erscheint

es passend, noch einige Vorschriften und Mittel anzufügen, die uns helfen können, unsere Aufgaben „gut» zu verrichten. Alle unsere Missionare mögen sie sorgfältig anwenden.

 

2.        — Bemühen wir uns bei unseren Verrichtungen, besonders beim Predigen und den anderen Berufsaufgaben, soweit es an uns liegt, um eine reine Absicht, d.h. die alleinige Ausrichtung auf Gott. Man muß diese Meinung von Zeit zu Zeit erneuern, besonders zu Beginn einer Handlung. Seien wir wachsam; denn allzu leicht schleicht sich der Wunsch ein, den Menschen zu gefallen oder einen natürlichen Trieb zu befriedigen, und das könnte die heiligste Handlung entwerten und zunichte machen nach der Lehre Christi: „Wenn ein Auge krank ist, dann wird dein ganzer Körper finster sein» (Lk 11,34).

 

3. — Nach dem Ausspruch des Apostels kommt es manchmal vor, daß man zwar im Geist anfängt, dann aber im Fleisch endet (vgl. Gal 3,3). Das geschieht gewöhnlich, wenn wir uns törichterweise in dem eitlen Wohlgefallen weiden, das sich nach einer Handlung einstellt, die uns unter dem Beifall der Leute gelungen ist, oder wenn wir bei einer weniger geglückten Handlung so niedergeschlagen sind mißmutig sind, daß wir uns nicht beruhigen können.

Um dem ersten Übel zu begegnen, wollen wir uns die Wahrheit vor Augen halten, daß alle Ehre Gott gebührt, uns aber nichts als Beschämung. Würden wir uns an solchem Beifall berauschen, dann müßten wir fürchten, dereinst die Worte Christi zu hören: „Amen, das sage ich euch: Ihr habt euren Lohn bereits empfangen» (Mt 6,2).

Das Heilmittel gegen das andere Übel ist echte Demut und Liebe zur eigenen Erniedrigung, die Gott uns dann abverlangt. Dabei wollen wir bedenken, daß dem Namen Gottes durch das geduldige Ertragen solcher Widrigkeiten oft ebenso viel Ehre und dem Nächsten ebenso großer Nutzen erwächst wie aus unseren Predigten, die den Leuten gefallen und dem Anschein nach Frucht tragen.

 

4. — Diese beiden dem Prediger so gefährlichen Übel, nämlich eitle Selbstgefälligkeit und übermäßige Unruhe, rühren auch von dem Lob und dem Tadel her, die wir beim öffentlichen Auftreten ernten. Deshalb wollen wir unsere Mitbrüder, zumal in ihrer Gegenwart, wegen seltener natürlicher oder erworbener Fähigkeiten nicht loben, vor allem nicht wegen ihrer Predigten, die sie mit Beredsamkeit

und unter dem Beifall der Leute halten. Aber auch tadeln wollen wir sie nicht, etwa wegen des Mangels an Wissenschaft oder Beredsamkeit oder wegen anderer Unzulänglichkeiten, die man in ihren Predigten feststellt.

Nun kann es allerdings einmal sein, daß einen wegen seiner Schüchternheit ein Lob oder einen anderen zur Zügelung seines eitlen selbstbewußten Rededranges ein Dämpfer ganz heilsam wäre. Das ist dann Sache des Superiors, der auch einen Mitbruder beauftragen kann, es mit Klugheit und unter vier Augen zu tun. Es soll aber nicht verboten sein, einen Mitbruder wegen seiner Demut, seiner Abtötung, seiner Einfalt und ähnlicher Tugenden zu loben, auch wenn man sie bei seiner Art zu predigen festgestellt hat. Aber auch hier gilt: Alles mit Maß und Umsicht, nur in seiner Abwesenheit und vor Gott.

 

5.        — Einfalt muß immer und überall die erste und eigentliche Tugend eines Missionars sein. Vor allem gilt das bei den Missionen, zumal auf der Kanzel, wenn wir dem Landvolk das Wort Gottes

verkünden; denn zu ihnen als zu einfältigen Leuten will Gott durch uns reden (Spr 3,32 — alter Vulgatatext).

Die Sprache unserer Predigten und Katechesen sei also einfach und dem Verständnis des Volkes angemessen.

Auch wollen wir uns der einfachen Methode bedienen, die bis jetzt bei uns gebräuchlich ist. Eine weichliche und geschraubte Redeweise lehnen wir ab. Hüten wir uns auch, auf dem Lehrstuhl der Wahrheit ausgefallene und allzu gesuchte Gedanken und unnütze Spitzfindigkeiten vorzubringen, indem wir auf Christus und seine Jünger schauen, die sich einer einfachen Redeweise bedienten und so eine reiche Ernte und vielfältige Frucht erzielten.

 

6.        — Auch bei der Leitung der Priesterseminaristen und Ordinanden, bei Vorträgen für die Pfarrer und andere Geistliche und bei dergleichen Aufgaben bedienen wir uns dieser einfachen und volkstümlichen Sprache. Es geht ja nicht vor allem darum, ihnen Wissen zu vermitteln, sondern vielmehr durch Wort und Beispiel ihre Frömmigkeit zu vertiefen. Überdies wollen wir ihnen mit aller Demut, Sanftmut, Hochachtung und Freundlichkeit begegnen.

All das gilt entsprechend auch für diejenigen, die Exerzitien geben.

 

7.        — Lassen wir uns nicht von neu auftauchenden und

ungewöhnlichen Meinungen einnehmen, die ihren Urhebern und Anhängern meist schaden. Vielmehr sollten wir im Unterricht, im Reden und Schreiben möglichst übereinstimmen, so daß wir nach dem Apostel alle „dieselbe Meinung und Gesinnung» (vgl. Phil 2,2)

und auch dieselbe Sprache haben.

 

8.        — Der heilige Zeno sagt: „Die Neugierde macht schuldig, nicht erfahren», und nach den Apostel „macht die Erkenntnis aufgeblasen» (1 Kor 8,1). Das ist besonders der Fall, wenn man sich nicht an seinen Rat hält, „nicht höher von sich zu denken, als es sich geziemt, sondern bescheiden von sich zu denken» (Röm 12,3). Alle müssen daher

wachsam sein, besonders aber die Studenten, daß sich nicht eine ungeordnete Wißbegier in der Seele breit macht. Andererseits sollen sie sich mit Eifer auf die Studien verlegen, die zur rechten Erfüllung

der missionarischen Aufgaben notwendig sind. Nur muß es ihre Hauptsorge bleiben, die Wissenschaft der Heiligen zu erlernen, die in der Schule des Kreuzes gelehrt wird. Sie sollen schließlich nichts

anderes zu verkündigen wissen als Jesus Christus, nach dem Beispiel des Apostels, der auch im Brief an die Korinther freimütig bekennt, „er habe sich entschlossen, bei ihnen nichts zu wissen außer Jesus Christus, und zwar als den Gekreuzigten» (1 Kor 2,2).

 

9. — Unter allen Grundsätzen des Evangeliums, die den Arbeitern im Weinberg des Herrn nötig sind, muß uns der folgende besonders teuer sein: Wer unter euch der Erste sein will, soll der Letzte von allen und der Diener aller sein» (Mk 9,35). Denn sollte einmal die Kongregation von der Befolgung dieser Vorschrift abweichen, dann würde sie bald durch die in ihr um sich greifende Ehrsucht zerfallen.

Diese schleicht sich nämlich sehr leicht in den von Natur zum Hochmut neigenden Menschen ein und treibt ihn zu vielem Bösen an, vor allem zum Streben nach ehrenvollen Ämtern sowie zum Neid gegen die, die dazu befördert werden.

Oder wenn sie zu diesen Würden erhoben werden, suchen sie darin ihre Befriedigung. Verführt und getäuscht durch den trügerischen Glanz der eitlen Ehre, worauf sie allein ihren Blick heften, sehen sie nicht den nahen Abgrund, in den sie schließlich elendig stürzen. Nichts muß uns daher mehr am Herzen liegen, als diesem Ungeheuer des Hochmuts zu entgehen.

Sollte aber nun der Ehrgeiz schon unser Herz eingenommen haben, dann müssen wir ihn nach dem Rat des Herrn, wovon oben die Rede war sogleich durch einen aufrichtigen Akt der Demut daraus vertreiben. Wir müssen uns also bemühen unsere Armseligkeit in den Blick zu bekommen und sehnlich nach dem letzten Platz verlangen. Aber vielleicht werden wir gewahr, daß wir wegen der Ämter und Ehrenstellen, die wir inne haben, schon von der Eitelkeit angesteckt worden sind; dann ist das Mittel dagegen, sobald wie möglich jedoch mit Unterwürfigkeit, den Superior zu bitten, uns dieser Ämter zu entheben und uns einen niedrigeren Dienst zu übertragen.

 

10. — Suchen wir mit besonderer Sorgfalt die ersten Regungen des Neides zu unterdrücken, die daher kommen könnten, daß andere Gemeinschaften mehr Ehre, mehr Ansehen bei den Menschen genießen und ehrenvollere Arbeiten haben als wir. Seien wir fest davon überzeugt, daß nichts daran liegt, durch wen Christus verkündet wird, wenn er nur verkündigt wird (vgl. Phil 1,10), und daß uns ebenso viel, ja sogar oft noch mehr Gnade und Verdienst zuteil werden, wenn wir uns an den guten Werken anderer erfreuen, als wenn wir sie selbst mit eitler Selbstgefälligkeit oder mit einer weniger vollkommenen Absicht verrichten. Machen wir uns die Gesinnung Moses zu eigen. Als man ihn bat, den Reden gewisser Propheten zu wehren, rief er aus: „Wenn nur das ganze Volk zu Propheten würde, wenn nur der Herr seinen Geist auf sie alle legte!» (Num 12,29).

Überhaupt wollen wir alle anderen Kongregationen für viel

würdiger erachten als die unsrige, wenn wir auch an dieser mit größerer Zuneigung des Herzens hängen sollen. Ein gutes Kind liebt ja seine eigene Mutter, mag diese auch arm und häßlich sein, viel mehr als alle anderen, so reich und schön sie auch sein mögen. Diese innige Liebe darf sich aber nur auf die Personen, die Tugenden und Gnaden dieser unserer Gemeinschaft beziehen, und nicht auf das, was es in ihr Angenehmes gibt und was ihr den Beifall der Menschen erwirbt. Dies sollen wir nachdrücklich hassen und fliehen. Das gilt nicht nur für den einzelnen in dem, was ihn persönlich betrifft, sondern für die Kongregation als ganze. Wir wollen nicht einmal wünschen, daß sie bei den Leuten Aufmerksamkeit und Beifall findet, sondern vielmehr, daß sie gedemütigt wird und im Herrn verborgen ist (vgl. Kol 3,3). Sie ist ja jenes Senfkörnlein, das nicht wachsen und Frucht bringen kann, wenn es nicht gesät und in der Erde verborgen wird (Mt 13,31 f).

 

11. — Es   gibt   noch   zwei   entgegengesetzte Fehler, die gegen den Geist der Kongregation der Mission verstoßen. Sie sind um so verderblicher, je weniger sie es scheinen, weil sie sich erst allmählich in ihrer wahren Gestalt zeigen. So hält man sie oft für echte Tugenden. Es sind der Geist der Trägheit und der unkluge Eifer.

Der Geist der Trägheit schleicht sich nach und nach beim Menschen ein, indem er vorgibt, man müsse für die Erhaltung des Leibes Sorge tragen um zum Dienst Gottes und zur Seelsorge tüchtiger zu sein. So verleitet er uns zum Wohlleben und schreckt uns von der mit der Übung der Tugend verbundenen Mühe ab. Diese stellt er uns als viel zu groß dar.

So kommt es dann, daß uns die Tugend, die doch an sich von allen geliebt werden sollte, fast hassenswert erscheint. Auf diese Weise lenken wir den Fluch auf uns, den der Heilige Geist über die ausgesprochen hat, die das Werk Gottes lässig oder nur zum Schein betreiben (Jer 48,10). Der andere Fehler, mit dem wir unsere Eigenliebe und unsere Ungeduld tarnen, treibt uns zu übermäßiger Strenge gegen die Sünder und gegen uns selbst oder zur Übernahme von Arbeiten, die über unsere Kräfte gehen und wodurch wir selbst gegen den Gehorsam verstoßen, zum Schaden der Seele und des Leibes. Später verwickelt er uns dann in ein heftiges Suchen nach Heilmitteln und macht uns auf diese Weise träge und fleischlich.

Diese beiden Extreme zu meiden und immer die richtige Mitte einzuhalten, dazu verhelfen uns ohne Zweifel die genaue Beobachtung unserer recht verstandenen Regeln oder Konstitutionen sowie

„die Lippen derer, die die Erkenntnis bewahren» (Mal 2,7).

In ihren Händen ist durch besondere Fügung Gottes unsere Seele. Wir müssen nur mit Demut und Vertrauen, sooft es nötig ist „das Gesetz aus ihrem Munde erfragen» (Mal 2,7), und uns ihrer Leitung in jeder Hinsicht vollkommen unterwerfen.

 

12. — Wir sollen zwar immer mit den Tugenden, die den Geist eines Missionars ausmachen, ausgerüstet sein; doch müssen wir uns besonders zu der Zeit damit wappnen, wo wir unsere Berufsaufgaben bei den Landleuten ausüben. Wir sollen sie dann als die fünf glatten Steine Davids betrachten, mit denen wir schon beim ersten Wurf den höllischen Goliath im Namen des Herrn der Heerscharen treffen und besiegen und die Philister, d.i. die Sünder, dem Dienst Gottes unterwerfen. Das wird uns aber nur gelingen, wenn wir die Waffen Sauls ablegen und die Schleuder Davids gebrauchen (vgl. 1 Sam 17,40), wenn wir also an die Verkündigung des Evangeliums gehen nicht „mit Überredung durch gewandte und kluge Worte, sondern mit dem Erweis von Geist und Kraft» (1 Kor 2,4), sei auch unsere Rede unscheinbar. Bedenken wir, daß Gott nach demselben Apostel das Schwache, das Törichte, das Verachtete in der Welt erwählt, um die Weisen dieser Welt und alles Starke zuschanden und zunichte zu machen (vgl. 1 Kor l, 27 f). Demnach dürfen wir, obwohl unwürdige Arbeiter, doch hoffen, daß er uns in seiner unendlichen Güte die Gnade geben wird nach unserer bescheidenen Kraft zum Heil der Menschen, besonders der armen Landleute mitzuwirken.

 

13. — Bringen wir den Regeln und Konstitutionen Ehrfurcht und Liebe entgegen, auch denen die uns unbedeutend vorkommen. Betrachten wir sie als Hilfsmittel, die Gott uns an die Hand gegeben hat, damit wir die unserem Beruf geziemend Vollkommenheit erlangen und so leichter und mit mehr Nutzen wirken können. Erwecken wir des halb oft ein glühendes und großmütiges Verlangen sie treu zu beobachten. Wenn aber einzelne unserer Einsicht und unserem Empfinden widerstreben, dann wollen wir uns gleich überwinden und unsere Natur besiegen, indem wir die Worte Christi erwägen, daß „das Himmelreich Gewalt leidet und nur die, welche Gewalt brauchen, es an sich reißen» (Mt 11,12).

 

14. — Jeder Mitbruder soll ein Exemplar dieser Allgemeinen Regeln oder Konstitutionen in die Hand bekommen, ggfs. auch das der besonderen Regeln, die sich auf ein Amt beziehen, damit sie sich tiefer seinem Gedächtnis und seinem Geist einprägen und genauer beobachtet werden. Er soll sie alle drei Monate lesen oder anhören, recht zu verstehen suchen und einige Male im Jahr den Superior wegen der dagegen begangenen Fehler um eine Buße bitten, um durch diese Verdemütigung leichter vom Herrn Verzeihung für die Verstöße zu erlangen und neue Kräfte gegen einen Rückfall zu schöpfen.

Sollte jemand bemerken, daß ein Mitbruder in der Beobachtung dieser Regeln Fortschritte gemacht hat, dann möge er Christus, dem Herrn, danken und ihn bitten, ihm selbst und der ganzen Kongregation die Gnade zu verleihen, sie auch in Zukunft treuer zu beobachten.

Schließlich seien wir fest davon überzeugt, daß wir nach den Worten Christi, auch wenn wir alles getan haben, was uns befohlen wurde, sagen sollen:

Wir sind unnütze Knechte; wir haben nur unsere Schuldigkeit getan (vgl. Lk 17,10), ja wir hätten ohne ihn überhaupt nichts tun können (vgl. Joh 15,5).

 

 

 

 

INHALTSVERZEICHNIS  DER ALLGEMEINEN REGELN UND

KONSTITUTIONEN (1658)

 

Brief des Hl. Vinzenz   ……………..     107

 

Kapitel I     –   Ziel und Verfassung der CM   ….     111

Kapitel II    –   Grundsätze des Evangeliums   ….     113

Kapitel III  –   Die Armut    …………..     125

Kapitel IV  –   Die Keuschheit  …………     128

Kapitel V    –  Der Gehorsam   ………………………………..     130

Kapitel VI  –   Die Kranken   …………………………………..     135

Kapitel VII –   Die Bescheidenheit    ………………………     137

Kapitel VIII –  Der Umgang miteinander    ………………     139

Kapitel IX –   Der Umgang mit den Auswärtigen  ……………     145

Kapitel X   –   Die religiösen Übungen der CM    . ….……..     149

Kapitel XI – Die Missionen und die anderen Tätigkeiten

der CM zum Heil der Nächsten ………………………………..158

Kapitel XII –   Hilfen zur guten und nützlichen

Verrichtung unserer Aufgaben   ……………………………………..     164

REGLAS COMUNES DE LA CONGREGACION DE LA MISION

VICENTE DE PAUL

SUPERIOR GENERAL DE LA CONGREGACION DE LA MISION A NUESTROS AMADOS HERMANOS EN CRISTO, SACERDOTES, CLERIGOS Y COADJUTORES

DE LA MISMA CONGREGACION

Salud en el Señor

Ved, por fin, carísimos hermanos, las Reglas o Constituciones Comunes de nuestra Congregación, tan deseadas por todos vosotros y por tanto tiempo esperadas. Porque es cierto que han trascurrido ya casi treinta y tres años desde el principio de la Compañía, sin habéroslas dado impresas: pero hemos procedido así, ya para imitar a Jesucristo nuestro Salvador, quien primero practicó y después enseñó, ya también para evitar muchos inconvenientes que se habrían seguramente originado de la publicación prematura de dichas Reglas, resultando su práctica en lo sucesivo, o muy difícil o menos conveniente. Por eso, la calma con que hemos procedido en el asunto nos ha librado, con la ayuda de la divina gracia, de tales inconvenientes, y además ha hecho que la Congregación se acostumbrase poco a poco y suavemente a practicarlas antes de verlas impresas. Nada encontraréis en ellas que no lo hayáis practicado desde hace mucho tiempo, con gran consuelo nuestro y mutua edificación de todos.

Recibidlas, pues, carísimos hermanos míos, con el mismo afecto con que os las damos. Consideradlas no como producidas por espíritu humano, sino como emanadas del Espíritu divino, de quien procede todo bien, y sin el cual no somos capaces de tener un buen pensamiento propio nuestro. En efecto, )qué hallaréis en ellas que no os mueva e incite a huir de todos los vicios, a practicar las virtudes y a observar los documentos evangélicos? Por eso, en cuanto ha estado de nuestra parte, hemos procurado sacarlas, según podréis observar, del espíritu de Jesucristo y de sus acciones, porque creemos que todos aquellos que están llamados a continuar la misión de Jesucristo, que principalmente consiste en anunciar el Evangelio a los pobres, deben estar animados de los mismos sentimientos que Jesucristo y llenos de su mismo espíritu, siguiendo siempre sus divinas huellas. Por lo demás, carísimos hermanos, os rogamos y suplicamos, por las entrañas de Jesucristo, que os entreguéis de veras a la observancia más perfecta de estas Reglas; estando seguros de que, si las guardáis, ellas os guardarán, y finalmente os conducirán al fin apetecido, que es la celestial bienaventuranza. Amen.

JESUS. MARIA, JOSE REGLAS COMUNES DE LA CONGREGACION DE LA MISION

CAPITULO 1

Del fin que se propone la Congregación

 

1. — Habiendo venido Nuestro Señor Jesucristo al mundo, como dice la Sagrada Escritura, para salvar a todo el género humano, empezó a practicar y a enseñar. Cumplió lo primero dedicándose a la práctica de todas las virtudes, y lo segundo, evangelizando a los pobres y enseñando a sus apóstoles y discípulos la ciencia necesaria para dirigir a los pueblos. Y como la pequeñísima Congregación de la Misión desea mediante la divina gracia, imitar a Cristo Nuestro Señor, según sus débiles fuerzas se lo permitan, no sólo en la práctica de las virtudes, sino también en todo lo que atañe a la salvación del prójimo, es convenientísimo que se valga, para conseguir este fin, de los mismos medios de que se valió Jesucristo. Por eso, pues, el fin de la Congregación de la Misión consiste: 1o En procurar la propia perfección, esforzándose por imitar las virtudes que este Soberano Maestro se dignó enseñarnos con sus palabras y ejemplos. 2o En evangelizar a los pobres, especialmente a los del campo. 3o En ayudar a los eclesiásticos a conseguir la ciencia y las virtudes necesarias a su estado.

2— La Congregación de la Misión se compone de eclesiásticos y legos. Los eclesiásticos, a ejemplo de Jesucristo y de sus discípulos, se dedicarán a recorrer las ciudades y aldeas, repartiendo en ellas a los pequeños el pan de la divina palabra, predicando y catequizando, a exhortar a todos a que hagan confesión general de toda la vida pasada, prestándose a oír sus confesiones, a dirimir sus pleitos y contiendas, a establecer las Cofradías de Caridad; a dirigir los Seminarios diocesanos establecidos en nuestras casas y enseñar en ellos; a dar Ejercicios Espirituales, a convocar y dirigir en nuestras casas las Conferencias de los eclesiásticos externos, y a desempeñar otras funciones que estén en armonía con los susodichos ministerios. Los legos, por su parte, se dedicarán a ayudar a los eclesiásticos en todos los ministerios enumerados, cumpliendo el oficio de Marta, según les fuere prescrito por el Superior, y cooperando con sus oraciones, lágrimas, mortificaciones y buenos ejemplos.

3— Para que la Congregación consiga, mediante la divina gracia, el fin que se ha propuesto, es preciso que procure con todas sus fuerzas revestirse del espíritu de Jesucristo, el cual brilla de un modo especial en su evangélica doctrina, en su pobreza, castidad y obediencia, en su caridad para con los enfermos, en su modestia, en la manera de vivir y de proceder que enseñó a sus discípulos, en su conversación en los cotidianos ejercicios de piedad y en las Misiones y demás ministerios que desempeñó en favor de los pueblos. todo lo cual se contiene en los capítulos siguientes.

CAPITULO II

De las Máximas evangélicas

1. — Ante todas las cosas todos se esforzarán por fundarse en esta verdad, a saber. que la doctrina de Jesucristo nunca puede engañar, mientras que la del mundo es siempre mentirosa, afirmando el mismo Jesucristo que ésta se parece a un edificio construido sobre arena; pero que la suya es semejante a un edificio construido sobre firme roca. Por eso la Congregación hará profesión de obrar siempre según las máximas de Jesucristo, y nunca según las del mundo, para conseguir lo cual, observará de un modo especial lo siguiente.

2. — Habiendo dicho Nuestro Señor Jesucristo. Buscad primero el reino de Dios y su justicia, y todas las demás cosas que necesitéis se os darán por añadidura; cada uno procurará preferir las cosas espirituales a las temporales, la salvación del alma a la salud del cuerpo y la gloria de Dios a la vanidad del mundo; e incluso estará dispuesto a escoger, con el apóstol San Pablo, la pobreza, la deshonra, los tormentos y la muerte misma, antes que separarse de la caridad de Jesucristo. Por tanto no andará solícito por los bienes temporales; antes bien dejará todos sus cuidados a la bondad de Dios, teniendo por cierto que, mientras esté fundado en la divina caridad y en la esperanza del cielo, vivirá siempre bajo la protección de Dios, y de esta manera no le sobrevendrá mal alguno ni se verá privado de ningún bien, aun cuando le parezca que todas sus cosas están a punto de perecer.

3. — Y porque aquel piadoso ejercicio, que consiste en hacer siempre y en todas las cosas la voluntad de Dios, es un medio seguro para conseguir en poco tiempo la perfección cristiana, cada uno hará todo lo posible para hacérselo familiar, poniendo en práctica estas cuatro cosas: 1a Hacer debidamente lo mandado y evitar lo prohibido, siempre que conozcamos que el precepto o la prohibición provienen de Dios, de la Iglesia, de nuestros Superiores o de las Reglas o Constituciones de nuestra Congregación. 2a Cuando al obrar se nos ofrecen varias cosas indiferentes, dar la preferencia a las que repugnan a la naturaleza, más bien que a las que la contentan; a no ser que las cosas que agradan a la naturaleza sean necesarias, porque entonces hay que darles la preferencia, aunque procurando mirarlas no en cuanto agradan a los sentidos, sino en cuanto que son más agradables a Dios. Y cuando se presenten al mismo tiempo varias cosas que, siendo de sí indiferentes, no son ni agradables ni desagradables, entonces conviene ejecutar indiferentemente cualquiera de ellas, como ofrecidas por la divina Providencia. 3a Recibir con igualdad de ánimo, y como venidas de la mano paternal de Dios, todas las cosas que nos suceden de improviso, como aflicciones o consuelos, ya corporales, ya espirituales. 4a Hacer todas estas cosas por el único motivo de cumplir el divino beneplácito, y para imitar, en cuanto esté de nuestra parte, a Jesucristo, el cual cumplió siempre todas las cosas por tan nobilísimo fin, según lo dijo El mismo. Hago siempre las cosas que agradan a mi Padre.

4. — Exigiéndonos Jesucristo la sencillez de la paloma, que consiste en la completa declaración de las cosas tal como se tienen en el corazón, sin reflexiones inútiles, y en obrar sin ficción ni artificio, mirando sólo a Dios; todos se esmerarán en proceder en todas sus obras con espíritu de sencillez, teniendo en cuenta que Dios se complace en hablar con los sencillos y manifiesta sus secretos a los pequeñuelos, mientras que los oculta a los sabios y prudentes de este mundo.

5. — Y como Nuestro Señor, al mismo tiempo que nos encomienda la sencillez de la paloma, nos manda también adquirir la prudencia de la serpiente, que es una virtud mediante la cual hablamos y obramos con discreción, todos callaremos prudentemente aquellas cosas que no conviene revelar, sobre todo si por su naturaleza son ilícitas y pecaminosas, y de las cosas que de algún modo son buenas y lícitas, omitiremos las circunstancias que podrían redundar contra el honor de Dios, o en perjuicio del prójimo, o inclinar nuestros corazones a la vanagloria. Y como esta virtud, en lo que atañe a las obras, se refiere siempre a la elección de los medios más conducentes a la consecución del fin, entre nosotros será siempre máxima santa e inviolable el usar de medios divinos para las cosas divinas, y sentir y juzgar de las cosas según los sentimientos y el juicio de Jesucristo, y nunca según los juicios del mundo, ni según los débiles discursos de nuestro entendimiento, y así seremos prudentes como las serpientes y sencillos como las palomas.

6. —Todos pondrán también sumo empeño en aprender esta lección que nos enseñó Jesucristo: Aprended de mí, que soy manso y humilde de corazón; teniendo en cuenta que, según El mismo lo dice, con la mansedumbre se posee la tierra, porque con la práctica de esta virtud se ganan los corazones de los hombres para convertirlos a Dios, lo cual no pueden conseguir los que se portan con el prójimo de una manera dura y áspera, y además con la humildad se consigue el cielo, adonde nos conduce el amor del propio abatimiento, llevándonos como por grados de una virtud a otra, hasta llegar allá.

7. — Pero esta humildad, que con tanta insistencia nos recomendó Jesucristo, y en cuya adquisición debe hacer la Compañía todos los esfuerzos posibles, exige estas tres condiciones: 1a Juzgarnos con toda sinceridad dignos del menosprecio de los hombres. 2a Alegrarnos de que los demás vean nuestras imperfecciones, para que nos desprecien. 3a Si alguna vez se digna Dios obrar algún bien en nosotros mismos, o en los demás por medio de nosotros, ocultarlo, en cuanto sea posible, en vista de nuestra propia vileza, o si esto no puede ser, atribuirlo todo a la divina misericordia y a los méritos de los demás. En esto consiste el fundamento de toda la perfección evangélica y la dificultad de toda la vida espiritual. El que posea esta humildad, juntamente con ella conseguirá todos los bienes; pero el que careciere de ella, perderá hasta los bienes que cree poseer, y vivirá perturbado por continuas angustias.

8. — Habiendo dicho Jesucristo: El que quiera venir en pos de mi, niéguese a si mismo y lleve su cruz todos los días; y habiendo añadido San Pablo, de conformidad con las mismas palabras de Jesucristo: Si viviereis según la carne, moriréis; pero si por medio del espíritu mortificáis las obras de la carne, viviréis; todos se dedicarán con sumo cuidado a negar su propia voluntad y su propio juicio y a mortificar todos sus sentidos.

9— Todos también renunciarán al amor desordenado de los parientes, para seguir el consejo de Jesucristo, el cual excluye del número de sus discípulos a los que no aborrezcan a su padre y a su madre y a sus hermanos y hermanas; mientras que promete el ciento por uno en este mundo y en el otro la vida eterna, a los que los dejen para seguir el consejo del Evangelio. Con esto quiso Jesucristo dar a entender cuán opuesto es a la perfección cristiana el apego a la familia. Sin embargo, hay que amar a los parientes, pero con amor espiritual y según el espíritu de Jesucristo.

10. — Todos procurarán practicar, con la mayor diligencia que les sea posible, la virtud de la indiferencia, tan estimada y practicada por Jesucristo y por sus Santos, de tal manera que no tengan afecto desordenado ni a los ministerios, ni a las personas, ni a los países, especialmente al país natal, ni a ninguna otra cosa, antes por el contrario, estén siempre preparados para dejar de buen grado todas las cosas tan pronto como el Superior manifestare su voluntad o su deseo; sufriendo con gusto todas las negativas y todas las mudanzas que sobre dichas cosas disponga, y reconociendo como bien hecho todo cuanto haga.

11. — Para honrar la vida común que Cristo Nuestro Señor quiso llevar en este mundo, a fin de asemejarse a los demás y así ganarlos más fácilmente para Dios, su Padre, todos guardarán, en cuanto sea posible, la mayor uniformidad en todas las cosas, considerándola como la guarda y protectora del buen orden y de la santa unión, huyendo de toda singularidad, como de una raíz de envidias y divisiones, y esto lo practicarán no solamente respecto de la comida, vestido, cama y demás cosas parecidas, sino también en lo que atañe a la manera de dirigir, enseñar, predicar y gobernar, lo mismo que en lo que se refiere a las prácticas espirituales. Y para que esta uniformidad se conserve siempre entre nosotros, un solo medio debemos practicar, a saber. el exacto cumplimiento de nuestras Reglas o Constituciones.

12. — Estarán siempre en vigor entre nosotros los actos de caridad para con el prójimo, como son: 1o Portarnos con los demás como querríamos que ellos se portaran con nosotros. 2o Conformarnos con su parecer y aprobar en el Señor todo cuanto hicieren. 3o Sufrirnos mutuamente sin murmurar. 4o Llorar con los que lloran. 5o Alegrarnos con los que se alegran. 6o Prevenirnos mutuamente en tratarnos con honor. 7o Mostrarnos con los demás benévolos y caritativos de todo corazón. 8o Finalmente, hacernos todo a todos, para ganarlos a todos a Jesucristo. Todo lo cual se ha de entender con la condición de que no se haga cosa alguna contra los Mandamientos de la Ley de Dios o de la Iglesia, ni contra las Reglas o Constituciones de nuestra Congregación.

13. — Si la Divina Providencia permitiera alguna vez que la Congregación, o alguna de sus Casas, o alguno de sus individuos, fuesen injustamente calumniados o perseguidos,

pondremos todo el cuidado posible en abstenernos de toda suerte de venganza, maldición o queja contra los perseguidores o calumniadores, antes bien, alabaremos por ello a Dios y le bendeciremos y le daremos gracias con la mayor alegría por habernos proporcionado un bien tan grande, procedente del Padre de las luces, y hasta rogaremos a Dios por ellos, y cuando se nos presente ocasión y podamos hacerlo, les favoreceremos con mucho gusto, teniendo en cuenta que Jesucristo nos manda esto a nosotros, lo mismo que a los demás cristianos, cuando dice. Amad a vuestros enemigos; haced bien a los que os aborrecen, y rogad por los que os persiguen y calumnian. Y a fin de que con mayor facilidad y gusto observemos estas cosas, El mismo nos asegura que portándonos así seremos bienaventurados, y que debemos alegrarnos y regocijarnos, porque nuestra recompensa será grande en el cielo, y, lo que es más, El mismo se dignó proceder de esta manera con los hombres, para darnos ejemplo, que después han imitado los apóstoles, los discípulos e innumerables cristianos.

14. — Y aunque debemos hacer todo cuanto esté de nuestra parte para observar las susodichas máximas evangélicas, por ser santísimas y utilísimas; no obstante, como entre ellas hay algunas que nos convienen de una manera especial, a saber. aquellas que se refieren a las virtudes de sencillez, humildad, mansedumbre, mortificación y celo de la salvación de las almas, la Congregación pondrá cuidado en practicarlas, de tal modo que estas cinco virtudes sean como las potencias del alma de toda la Compañía, y todas las acciones de cada uno de nosotros estén siempre animadas por ellas.

15. — Y ya que el demonio procura siempre apartarnos del ejercicio de estas máximas, oponiéndonos las suyas, que son del todo contrarias, cada uno de nosotros usará de la mayor prudencia y vigilancia para combatirlas animosamente, hasta vencerlas, especialmente aquellas que más repugnan a nuestro Instituto, como son: 1o La prudencia de la carne, 2o El deseo de agradar a los hombres, 3o Querer que todos se rindan siempre a nuestro juicio y voluntad; 4o Buscar en todas las cosas la propia satisfacción; 5o La insensibilidad para todo lo que atañe a la gloria de Dios y a la salvación del prójimo.

16. — Y como el maligno espíritu se transforma con frecuencia en ángel de luz y nos engaña a veces con sus ilusiones, todos se guardarán cuidadosamente de ellas, procurando aprender el modo de discernirlas y de vencerlas. Y constándonos por experiencia que, en estos casos, el remedio más seguro y más eficaz consiste en declararse cuanto antes a los que están designados por Dios para estas cosas, cuando alguno se sintiere molestado por algún pensamiento sospechoso de ilusión, o por alguna tentación grave, se manifestará cuanto antes al Superior o al Director para ello señalado, para que le den el remedio oportuno, el cual cada uno recibirá como venido de la mano de Dios, lo aprobará y se lo aplicará con reverencia y confianza. Y sobre todo se guardarán muy bien de manifestar su interior a los otros, sean de los nuestros o extraños; porque la experiencia enseña que, con estas manifestaciones, empeora el mal, los otros se inficionan del mismo contagio y, finalmente, hasta la Congregación entera puede sufrir un gravísimo daño.

17. — Y porque Dios ha mandado que cada uno tenga cuidado de su prójimo, y todos nos hemos de ayudar mutuamente, como miembros del mismo cuerpo místico, por eso, cuando alguno supiere que otro padece alguna grave tentación, o que ha caído en alguna culpa notable, en seguida en espíritu de caridad, y del mejor modo que le sea posible, procurará que el Superior aplique a su debido tiempo el remedio correspondiente a estos dos males. Y a fin de adelantar más y más en la virtud, todos tendrán por bueno y se alegrarán de que sus defectos sean manifestados al Superior por cualquiera que los supiere fuera de confesión.

18. — Habiendo venido Nuestro Señor Jesucristo al mundo para restaurar en las almas el imperio de su Padre, sacándolas de la esclavitud del demonio, el cual se había apoderado de ellas, engañándolas con el amor desordenado a las riquezas, a los placeres y a los honores, juzgó conveniente este benignísimo Salvador pelear con su enemigo con armas contrarias, o sea, con la pobreza, con la castidad y con la obediencia, y así lo practicó hasta la muerte. Y como la Congregación de la Misión ha nacido en la Iglesia de Dios para consagrarse a la salvación de las almas, y muy especialmente de los pobres campesinos, ha juzgado también que no podría servirse de armas más apropiadas a su fin que aquellas de que tan felizmente y con tanta utilidad se sirvió la Eterna Sabiduría. Por eso todos y cada uno de nosotros observaremos perpetuamente y con la mayor fidelidad la pobreza, la castidad y la obediencia, según nuestro Instituto. Y a fin de que, con mayor seguridad, más fácilmente y hasta con mayor mérito puedan perseverar hasta la muerte en la observancia de estas virtudes, todos se esforzarán, con la gracia de Dios, en practicar con la mayor fidelidad posible lo que se contiene en los capítulos siguientes.

CAPITULO III

De la pobreza

1. — Habiendo Jesucristo, verdadero Señor de todas las riquezas, abrazado de tal modo la pobreza que no tuvo dónde reclinar su cabeza, y habiendo querido que los que trabajaban con El en las Misiones, o sea, sus Apóstoles y discípulos, viviesen en tal estado de pobreza que no tuviesen cosa propia, a fin de que así estuviesen mejor preparados para combatir y vencer la codicia, que va perdiendo a todo el mundo; cada uno de nosotros, según sus fuerzas hará todo lo posible por imitarle en esta virtud, teniendo por cierto que ella será el muro inexpugnable mediante el cual, y con la asistencia de la divina gracia, la Congregación vivirá perpetuamente.

2. — Y aunque nuestros ministerios en las Misiones, en cuanto que debemos ejercerlos gratuitamente, no nos permitan practicar una rigurosa pobreza; sin embargo, con el afecto y en cuanto podamos también con el efecto, procuraremos observarla, especialmente en las cosas que a continuación se expresan.

3. — Todos y cada uno de los individuos de nuestra Congregación tendrán bien entendido que, a ejemplo de los primeros cristianos, entre nosotros todas las cosas serán comunes, y el Superior las distribuirá a cada uno, a saber. la comida, el vestido, los libros, muebles y demás cosas, según las necesidades de cada uno en particular; no obstante, para que nadie haga nada contra la pobreza que hemos profesado, ninguno podrá disponer de estos bienes de la Congregación, ni distribuirlos en manera alguna, sin licencia del Superior.

4. — Nadie tendrá la menor cosa sin conocimiento del Superior, o contra su voluntad, o que no esté dispuesto a dejarla al menor mandato y aun simple indicación del mismo.

5. — Nadie usará de ninguna cosa como si fuera propia. Ninguno dará, ni recibirá, ni prestará, ni tomará prestada, ni pedirá de otra parte cosa alguna sin permiso del Superior.

6. — Nadie tomará para sí aquello que está destinado al uso de otro, o puesto aparte para la comunidad, o que alguno haya dejado, aunque sólo sean libros; nadie entregará a otro lo que se le ha dado a él para su uso sin permiso del Superior, ni lo dejará perder o menoscabar por su abandono.

7. — Ninguno buscará cosas superfluas o curiosas; y en cuanto a las necesarias, cada uno moderará de tal manera sus deseos, que la comida, la habitación y la cama estén en armonía con lo que corresponde a un pobre; y en estas cosas, lo mismo que en todas las demás, todos estarán dispuestos a experimentar algunos efectos de la pobreza, y hasta llevarán a bien que se les dé lo peor de cuanto hay en casa.

8. — Y para que entre nosotros no se vea cosa alguna que tenga el más mínimo resabio de propiedad, nuestras habitaciones no se cerrarán de tal manera que no se puedan abrir desde afuera; y en ellas no habrá arcas o cosas parecidas cerradas con llave particular, sin permiso expreso del Superior.

9. — Cuando uno sea destinado de una casa a otra, no se llevará la menor c osa consigo sin permiso del Superior.

1o. — Y ya que se puede faltar a la virtud de la pobreza aun con solo el afecto desordenado a los bienes temporales, todos procurará

con la mayor diligencia que este mal no se apodere de sus corazones, ni aun respecto de la consecución de beneficio, so color de bienes espirituales; y por eso, nadie aspirará a ningún beneficio o dignidad eclesiástica, bajo pretexto alguno

CAPITULO IV (pp. 482-486)

De la Castidad

 

1. — Cuánto amase Jesucristo la castidad y cuán ardiente desease grabarla en los corazones de los hombres, evidentemente lo manifestó naciendo, contra todas las leyes de la naturaleza, de una Virgen Inmaculada por obra del Espíritu Santo, y aborreciendo de tal manera el vicio impuro que, aunque permitió que le imputasen falsamente los crímenes más atroces, para que, según sus deseos, quedase su Corazón saturado de oprobios; sin embargo, en ninguna parte se lee que hubiese sido, no sólo acusado, pero ni siquiera notado de la más insignificante sospecha de impureza por sus más encarnizados enemigos. Por eso importa sobremanera que la Congregación arda en vivos deseos de adquirir esta virtud, y que haga profesión abierta de practicarla siempre y en todas partes y con la mayor perfección posible, y esto lo debemos tener tanto más grabado en el corazón, cuanto que nuestros ministerios, en las Misiones, nos obligan a tratar casi continuamente con personas seglares de uno y otro sexo. Por tanto, todos se esforzarán en poner todo el cuidado, diligencia y precaución posibles, para conservar en toda su integridad la castidad del cuerpo y del alma.

2. — Y a fin de poderlo conseguir, mediante los auxilios de la divina gracia, todos guardarán con la mayor vigilancia sus sentidos, así interiores como exteriores; jamás hablarán a solas con mujeres en lugar y tiempo indebidos; cuando hablaren con ellas, o les escribieren, se abstendrán por completo de palabras que, aunque piadosas, manifiesten afectuosa ternura para con ellas, y cuando las oigan en confesión, lo mismo que al hablar con ellas fuera de confesión, no se aproximarán demasiado a ellas, guardándose de presumir de su castidad.

3. — Y porque la destemplanza es como madre y nodriza de la impureza, todos serán moderados en el comer, y en cuanto sea posible, se contentarán con manjares comunes, y beberán el vino mezclado con mucha agua.

4. — A demás, todos estarán íntimamente persuadidos de que a los Misioneros no les basta de ningún modo el haber alcanzado en esta virtud un grado más que mediano, sino que necesitan esforzarse con todo empeño por evitar, en cuanto sea posible, que nadie pueda concebir de ninguno de nosotros la menor sospecha del vicio contrario; porque esta sola sospecha, aunque del todo injusta o mal fundada, causarla a la Congregación y sus ministerios más daño que todos los de-más crímenes que falsamente se le pudiesen imputar; sobre todo porque, una vez que tu-viésemos mala fama, poco o ningún fruto conseguiríamos con nuestras misiones. Por eso, para prevenir tan grave mal, o para quitarlo, nos serviremos de todos los medios que estén a nuestro alcance, no sólo ordinarios, sino también extraordinarios, si el caso lo requiere; por ejemplo, abstenernos por algún tiempo de algunas obras lícitas, buenas y hasta santas cuando a juicio del Superior o Director puedan dar motivos a semejante sospecha.

5. — Y porque la ociosidad es la madrastra de todas las virtudes, especialmente de la castidad, todos huirán de este vicio, de tal manera que siempre se hallen útilmente ocupados.

CAPITULO V

De la obediencia

 

1. — Para honrar la obediencia que Nuestro Señor Jesucristo nos enseñó con sus palabras y ejemplos, sujetándose a la Santísima Virgen, a San José y a otras personas constituidas en dignidad, así buenas como malas. obedeceremos con toda exactitud a todos y a cada uno de nuestros Superiores, considerándoles a ellos en Nuestro Señor y a Nuestro Señor en ellos. Y, en primer lugar, obedeceremos con fidelidad, reverencia y sinceridad a nuestro santísimo Padre, el Romano Pontífice, obedeceremos también, según nuestro Instituto y con la mayor humildad y constancia, a los Ilustrísimos y Reverendísimos Srs. Obispos en cuyas diócesis se hallare establecida nuestra Congregación, además, no emprenderemos la menor cosa en las iglesias parroquiales sin el consentimiento de los párrocos.

2. — Todos también obedeceremos con prontitud, alegría y perseverancia al Superior general en todas las cosas en que no hubiese pecado, y someteremos con obediencia ciega nuestro propio juicio y propia voluntad a sus mandatos, no sólo cuando nos conste su clara voluntad, sino al saber su simple intención, creyendo que lo que él manda es lo que más nos conviene, y poniéndonos a su disposición como la lima en manos del artífice.

3. — La misma obediencia prestaremos a los demás Superiores, así particulares como Visitadores, y aun a los oficiales subalternos. De la misma manera, cada uno obedecerá al toque de la campana como a la voz de Jesucristo, de tal manera que, a la primera señal, procure aun dejar sin concluir la letra comenzada.

4. — Y a fin de que la Congregación progrese más pronto y con más facilidad en esta virtud, todos pondrán sumo cuidado en que permanezca siempre entre nosotros aquella santa práctica de no pedir ni rehusar nada; sin embargo, cuando alguno conociere que alguna cosa le es perjudicial o necesaria, examinará delante de Dios si debe manifestársela al Superior o no, procurando estar indiferente para la respuesta que le diere; y una vez que este preparado con verdadera indiferencia, se la manifestará al Superior, pudiendo estar seguro de que en la voluntad del Superior está la voluntad de Dios, y que por lo tanto debe quedar en paz.

5. — Los días señalados y en las horas determinadas se reunirán todos en el lugar designado por el Superior, a fin de oír lo que él determine para el buen orden de la casa, y si alguno tuviere alguna cosa que proponer, podrá hacerlo entonces.

6. — Nadie mandará cosa alguna a los otros, ni les reprenderá, a no ser que el Superior le depute para ello, o que, por razón de su oficio, tenga esa obligación.

7. — Ninguno, después de haberle sido negada una c osa por un Superior, acudirá a otro Superior sobre lo mismo, sin manifestarle antes la negativa y su causa.

8. — Ninguno dejará de cuidar de las cosas que le hayan encargado, aunque se lo impida algún asunto imprevisto, sin avisar oportunamente a los Superiores, para que, si fuere necesario, señalen a otro que le sustituya.

9. — Ninguno debe entretenerse en el oficio o ministerio de otro; pero cuando alguno, sobre todo de los oficiales, aun inferiores, rogare a otro que le ayude en alguna cosa de poco momento, éste procurará complacerle, si buenamente puede; sin embargo, si para ayudarle tuviera que emplear mucho tiempo, no lo hará sin haber antes obtenido permiso del Superior.

10. — Nadie entrará en el lugar destinado para el oficio de otro sin licencia del Superior; no obstante, cuando ha-y a necesidad, bastará el permiso del que preside en aquel oficio.

11. — Para evitar muchos inconvenientes de gran trascendencia que podrían suceder, nadie escribirá cartas, ni las enviará, ni las abrirá, sin permiso del Superior, a quien presentará cada uno las que escribiere, para que él las envíe o las detenga, como mejor le pareciere.

12. — Y para que la obediencia contribuya también en alguna manera a la salud del cuerpo, nadie comerá ni beberá fuera de las horas señaladas, sin permiso del Superior.

13. — Nadie, sin licencia general o especial del Superior, entrará en el aposento de otro, ni lo abrirá hasta que le digan Entre; y todo el tiempo que estén juntos tendrán la puerta abierta.

14. — De la misma manera, nadie introducirá en su aposento a otros, especialmente externos, sin haber obtenido antes permiso del Superior.

15. — Nadie compondrá libro alguno, ni lo traducirá de una lengua a otra, ni lo editará, sin expresa aprobación y licencia del Superior general.

16. — Ninguno de los hermanos coadjutores, destinados al oficio de Marta, tendrá aspiraciones de aprender la lengua latina, y mucho me-nos de pasar al estado eclesiástico, y si alguno experimentase en sí tales deseos, procurará desecharlos al momento, como venidos del espíritu maligno, el cual, con soberbia engañadora, oculta bajo el velo de desear la salvación de las almas, pretende perderlos. Tampoco aprenderán a leer o a escribir sin permiso expreso del Superior general.

CAPITULO VI

De lo que atañe a los enfermos

 

1. — Como entre las obras que Jesucristo realizaba y que más frecuentemente encomendaba a los que enviaba a su viña, una de las más principales fuese el visitar a los enfermos, especialmente a los pobres, y el cuidar de ellos; por eso la Congregación tendrá especial cuidado de visitarlos y asistirles, con el consentimiento del Superior; y esto no solamente a nuestros enfermos, sino también a los extraños, socorriéndoles corporal y espiritualmente, según nuestra posibilidad, principalmente en las Misiones, y a este fin pondrán sumo empeño en fundar y visitar la Cofradía de la caridad.

2. — Cuando visitaren a algún enfermo, ya sea en casa, ya fuera, le considerarán, no como a un hombre, sino como al mismo Jesucristo, el cual asegura que a El se le presta entonces este servicio; por eso todos procurarán portar-se allí con toda modestia, y hablarán en voz baja y de aquellas cosas que puedan alegrar al enfermo y a la vez edificar a los circunstantes.

3. — Nuestros enfermos se persuadirán de que están en la enfermería y en la cama, no solo para curarse y recobrar la salud por medio de las medicinas, sino también para enseñar, como desde un púlpito, a lo menos con su buen ejemplo, las virtudes cristianas, especialmente la paciencia y conformidad con la voluntad divina, a fin de que de este modo sean para todos los que los visitaren y asistieren, buen olor de Jesucristo, de tal manera que su virtud se perfeccione con la enferme-dad. Y como entre las demás virtudes que se requieren en los enfermos, la obediencia les sea también muy necesaria, por eso todos obedecerán exactamente, no sólo a los médicos espirituales, sino también a los corporales, lo mismo que al enfermero y a cuantos estuvieren destina-dos para su asistencia.

4. — Y a fin de que no se introduzca insensiblemente abuso alguno en lo que atañe a los enfermos, todos los que se sintieren indispuestos se lo comunicarán al Superior, o al prefecto de sanidad, o al enfermero, y nadie tomará medicina alguna, ni se presentará al médico de casa, ni consultará a otro sin la aprobación del Superior.

CAPITULO VII

De la modestia

 

1. — Era tal la modestia que Jesucristo manifestaba en su rostro, en sus acciones y en sus palabras, que atraía hacia sí, hasta dentro del desierto, a muchos millares de personas, ávidas de contemplarle y de oír las palabras de vida eterna que salían de sus labios, de tal manera que llegaban hasta a olvidarse de tomar el necesario sustento, por eso todos los Misioneros deben imitar esta amable virtud en tan santo Maestro, sobre todo teniendo en cuenta que, como por su Instituto están obligados a tratar frecuentemente con el prójimo, deben temer el destruir con el mal ejemplo de una inmodestia lo que edificaron en el Señor con sus funciones y ministerios. Y a este fin, todos observarán con la mayor diligencia lo que San Pablo recomendaba a los primeros cristianos, diciéndoles. Vuestra modestia sea conocida de todos los hombres; y todos guardarán con el mayor esmero las reglas de modestia que se observan en nuestra Congregación y las siguientes.

2. — Se abstendrán sobre todo de la desordenada divagación de los ojos, especial-mente en la iglesia, en el refectorio y en los actos públicos, procurando que nada de pueril o de liviano aparezca en sus gestos, nada de mundano ni afectado en su andar.

3. — Todos se abstendrán también de tocarse unos a otros, aun cuando sólo fuere por chanza, exceptúanse aquellos casos en que, o por marchar uno, o llegar de lejos, o por ser admitido en la Congregación, debemos dar-nos un abrazo en señal de caridad.

4. — Todos tendrán sumo cuidado en conservar una honesta limpieza en todo, y especialmente en los vestidos, pero todos se abstendrán de una limpieza exagerada o afectada.

5. — Todos tendrán limpios y en buen orden los pocos y pobres muebles de su habitación, la cual barrerán de tres en tres días, y al levantarse por la mañana, arreglarán decentemente la cama, a no ser que, por razón de enfermedad, o por otro motivo, señale el Superior a otro para estos menesteres.

6. — Nadie saldrá de su habitación sin estar convenientemente vestido.

7. Y a fin de que más fácilmente podamos guardar la modestia delante de los de-más, cada uno en particular y cuando esté solo en su habitación, tendrá sumo cuidado en portarse con modestia, teniendo en cuenta que se halla en la presencia de Dios, y de un

modo especial se guardarán todos muy bien de dormir sin camisa o sin estar cubierto convenientemente.

CAPITULO VIII

De la conversación entre nosotros

 

1. — Habiendo Cristo nuestro Salvador reunido en comunidad a sus Apóstoles y discípulos, les dio algunas normas para que viviesen bien; por ejemplo. que se amasen mutuamente; que se lavasen los pies los unos a los otros; que cuando tuviesen algún disgusto entre sí, se reconciliasen cuanto antes; que anduviesen siempre de dos en dos, y finalmente, que el que deseare ser el mayor entre ellos, se hiciese el menor de todos, y otras semejantes. Y como nuestra humilde Compañía desea seguir las huellas de Jesucristo y de sus discípulos, parece conveniente que tenga también algunas normas, que prescriban la manera de vivir bien entre nosotros y el modo de conversar, las cuales procurarán observar todos con la mayor puntualidad.

2. — A fin de que la caridad fraterna y la santa unión reine siempre y se conserve perpetuamente entre nosotros, todos se tendrán mutuamente sumo respeto, aunque como buenos amigos que tienen que vivir siempre juntos, pero huirán con mucho cuidado lo mismo de las amistades particulares, que de las aversiones, porque enseña la experiencia que estos dos vicios son el origen de todas las divisiones y la ruina de las Comunidades.

3. — Todos, como es justo, respetarán sobremanera a los Superiores; se descubrirán en su presencia, y cuando ellos les hablaren, se guardarán de interrumpirles, o lo que es peor, de resistirles de palabra. Todos también se descubrirán en presencia de los Sacerdotes, y los seminaristas y los estudiantes delante de sus directores y profesores. También los Sacerdotes procurarán prevenirse entre sí con semejante honor. Sin embargo, para no dar lugar a la disipación de los ojos o de la mente, nadie, estando en el refectorio, se descubrirá, a no ser por entrar el Superior o algún otro externo de autoridad.

4. — Y porque la Sagrada Escritura nos asegura que hay tiempo de hablar y tiempo de callar, y que en el mucho hablar no faltará el pecado, y como, por otra parte, atestigüe la experiencia que es casi imposible que una Comunidad dedicada al servicio de Dios persevere mucho tiempo en el bien comenzado, si en ella no se observa alguna regla de silencio, por eso entre nosotros se guardará silencio fuera del tiempo de la recreación, de suerte que fuera de él nadie hable sin necesidad, si no es de paso, con poquísimas palabras y en voz baja, especialmente en la iglesia, en la sacristía, en el dormitorio y en el refectorio, pero si a alguno de los que están en el refectorio le faltare algo, el que está más próximo a él se lo hará presente al que sirve, con una palabra, si no bastare un gesto u otra señal. Mas en cualquier tiempo que hablemos, aun en las horas destinadas a la conversación, nos abstendremos de esforzar o levantar demasiado la voz, porque con esto tanto los nuestros Como los externos pueden desedificarse.

5. — Ninguno de los nuestros hablará, sin licencia del Superior, con los seminaristas, ni con los estudiantes, ni con aquellos que, aunque sean sacerdotes, no hace dos años que salieron del Seminario; a no ser que se trate solamente de saludarles de paso y con pocas palabras cuando así lo exige la caridad.

6. — Y a fin de observar mejor el silencio, cada uno procurará hacer el menor ruido posible cuando esté en la habitación, lo mismo que al andar por casa, especialmente de noche, como también al abrir o cerrar las puertas.

7. — En nuestras recreaciones y conversaciones diarias juntaremos de tal manera la modestia con la alegría, que siempre, en cuanto sea posible, mezclaremos lo útil con lo agradable, y sirvamos a todos de edificación con nuestro ejemplo. Y para que más fácilmente consigamos esto, nuestras conversaciones serán de ordinario de asuntos pertenecientes a la piedad, o de la doctrina que se requiere en los Misioneros.

8. — En estas mutuas conversaciones, como en otras que algunas veces podemos tener lícitamente, procuraremos hablar principalmente de aquellas materias que más puedan movernos a amar nuestra vocación y a desear la propia perfección, animándonos a esto mutuamente, ya alabando las virtudes, como la devoción, la mortificación, la obediencia y la humildad, ya defendiéndolas con humildad y mansedumbre contra aquellos que de ellas hablaren menos bien. Y si alguna de estas virtudes repugnare a nuestra naturaleza, se lo descubriremos sólo al Superior o al director, guardándonos muy bien de manifestárselo a los demás, ni en público ni en particular.

9. — Hablando unos con otros, evitaremos cuidadosamente toda suerte de disputas, aunque sólo sean por manera de recreación, procurando en cuanto sea posible preferir el parecer de los demás al nuestro, no tratándose de cosas ilícitas. Si alguno fuere de parecer contrario en las cosas propuestas, podrá alegar sus razones, en espíritu de humildad y con la debida modestia, pero sobre todo se guardarán todos de molestarse o llevar a mal cualquier cosa en la conversación, o mostrarse ofendidos de alguno, o agraviarle con palabras, con gestos o de cualquier otra manera.

10. — Todos procurarán con la mayor fidelidad guardar el secreto, no sólo acerca de las cosas pertenecientes a la confesión y a la dirección, sino también acerca de lo que se hace o se dice en el Capítulo, sobre las faltas y penitencias y en general sobre todas aquellas cosas cuya manifestación sabemos que está prohibida por los Superiores, o por su naturaleza.

11. — Nadie tocará, ni siquiera levemente, la fama de los demás, especialmente de los Superiores, ni murmurará de ellos; ni censurará nada de lo que se hace o dice, lo mismo entre nosotros que en las demás comunidades.

12. — Nadie andará curioseando acerca del gobierno de la Casa, ni hablará de esto con los demás, ni dirá la menor cosa, directa o indirectamente, contra las Reglas o Constituciones, o contra las costumbres piadosas que se observan en la Compañía.

13. — Nadie se quejará de la comida, del vestido o de la cama, ni hablará tampoco de estas cosas, a no ser que le incumba por razón de su oficio.

14. — Nadie hablará mal de las otras naciones o provincias; porque de ello se derivan grandes males.

15. — En las públicas discordias y guerras que pueden suceder entre los príncipes cristianos, nadie se inclinará hacia ninguno de los bandos, a imitación de Jesucristo, el cual no quiso ser árbitro entre los hermanos que pleiteaban, ni juzgar acerca del derecho de los príncipes, contentándose con decir que había que dar al César lo que es del César y a Dios lo que es de Dios.

16. — Todos se abstendrán de hablar de las cosas que pertenecen a los asuntos del estado o a los negocios del reino, especialmente de la guerra, de las disensiones existentes en la actualidad entre los gobernantes y demás rumores semejantes del mundo, y, en cuanto sea posible, todos se guardarán de escribir la menor cosa acerca de estos asuntos.

CAPITULO IX

De la conversación con los externos

 

1. — Además de las reglas que Nuestro Salvador dio a sus Apóstoles y Discípulos sobre el modo de tratarse entre si, añadió algunos preceptos acerca de la manera de portarse con el prójimo, con los escribas y Fariseos y con los presidentes, cuando fuesen conducidos a sus tribunales, y asimismo cuando fuesen invitados a los banquetes y otras cosas semejantes. Por eso, para imitar a Jesucristo es muy conveniente que nosotros tengamos también algunas reglas acerca de la manera de tratar con los externos, y para ello observaremos con la mayor fidelidad lo siguiente.

2. — Aunque por razón de nuestro Instituto estamos obligados a tratar frecuentemente con los externos, especialmente durante las misiones, sin embargo no iremos a visitarles sino cuando la obediencia o la necesidad lo ordenaren, y entonces nos acordaremos de las palabras de Nuestro Señor: Vosotros sois la luz del mundo, a fin de que nos parezcamos a la luz del sol, la cual ilumina y calienta, y aunque pase por lugares inmundos, no sufre detrimento alguno en su pureza.

3. — Todos se abstendrán cuidadosamente de solicitar pleitos de externos, de ser ejecutores testamentarios, de dedicarse al comercio, de arreglar matrimonios y demás cosas parecidas; porque, según el consejo del Apóstol: Ninguno de los que se han consagrado a Dios se enreda en negocios seculares.

4. — Nadie se encargará de negocios, aun piadosos; ni prometerá tener cuidado de ellos; ni manifestará inclinación a ello, sin permiso del Superior.

5. — Estando en casa, nadie, sin permiso del Superior, hablará con los externos, ni llamará a ninguno de los nuestros para hablar con ellos.

6. — Nadie convidará a comer a ningún externo, sin licencia del Superior.

7. — Nadie traerá recados, ni cartas, ni otra cosa alguna de los externos para los nuestros, ni los llevará de los nuestros a los externos, sin permiso del Superior.

8. — Nadie enseñará nuestras Reglas o Constituciones a los externos, sin expresa licencia del Superior general o del Visitador, no obstante podrán enseñarse estas Comunes a los postulantes, con licencia del Superior particular, y esto en tiempo de los ejercicios espirituales, o algo antes, si al Superior así le pareciere.

9. — Nadie manifestará a los externos lo que se ha hecho o se va a hacer en casa sin causas especialísimas, como tampoco hablarán con ellos de aquellas cosas de que entre nosotros no se permite hablar, y en particular de las pertenecientes a los negocios de estado o al gobierno del reino.

10. — Cuando alguno obtuviere licencia para visitar a los externos, no hablará con ellos sino de cosas necesarias, o de lo conducente a la salvación y edificación de los mismos, o propia, o de ambos; y esto lo harán con la debida gravedad, modestia y devoción, acomodándose a las circunstancias de tiempo lugar y persona.

11. — Nadie saldrá de casa sino cuando, como y con quien le pareciere al Superior; al cual compete señalar compañero, a no ser que tenga alguno diputado para esto; y aquel que fuere señalado para compañero de otro, procurará cederle el primer lugar y el uso de la palabra.

12. — Cuando alguno pidiere licencia para salir de casa, manifestará al Superior adónde quiere ir y por qué causa, y a la vuelta le dará razón de todo cuanto le hubiere acontecido.

13. — Nadie saldrá ni entrará sino por la puerta ordinaria de casa; a no ser que la necesidad o el permiso del Superior dispensen en esto.

14. — Los que salgan de casa, aunque tengan permiso para salir y entrar por una puerta excusada o por la iglesia, sacarán su nombre del catálogo y avisará al portero la hora a que volverán, a fin de que éste pueda responder satisfactoriamente a los que preguntaren por ellos. No saldrán antes que sea de día, y volverán a casa antes que sea de noche, y tan pronto como entraren en casa, colocarán su nombre en el catálogo, en el lugar conveniente.

15. — Nadie comerá fuera de casa sin permiso del Superior, excepto cuando se va de viaje.

16. — Nadie, yendo de viaje y pasando por donde haya alguna Casa de la Congregación, se hospedará en otra parte más que en ella, y mientras esté en dicha Casa, se someterá a la obediencia de aquel que manda en ella, sin hacer nada sin su parecer y consejo. Lo mismo deberá observar el que, estando en una casa, va a otra para tratar algunos asuntos.

CAPITULO X

De las prácticas espirituales que han de observarse en la Congregación

 

1. — Nuestro Señor Jesucristo y sus discípulos tenían sus ejercicios de piedad, por ejemplo. subir algunos días al templo, retirarse de vez en cuando a la soledad, dedicarse a la oración y otros semejantes. Por eso parece muy justo que la humilde Congregación de la Misión tenga también sus prácticas espirituales, las cuales observará con toda exactitud, y las preferirá a todas las demás prácticas de devoción, si la necesidad o la obediencia no lo prohíben; porque estas prácticas espirituales son las que más conducen a la verdadera observancia de las Reglas o Constituciones y a nuestra propia perfección.

1. — Y porque, según la Bula de fundación de nuestra Congregación, debemos venerar de una manera especialísima los inefables misterios de la Santísima Trinidad y de la Encarnación, procuraremos cumplirlo con el mayor cuidado y de todos los modos que podamos, pero principalmente cumpliendo estas tres cosas. 1. Hacer frecuentemente y de lo íntimo del corazón actos de fe y de religión sobre estos misterios. 2. Ofrecer todos los días en su honor algunas oraciones y buenas obras, y especialmente celebrar sus festividades con solemnidad y con la mayor devoción que nos sea posible. 3. Haciendo todo cuanto esté de nuestra parte para que, por medio de nuestras instrucciones y buenos ejemplos, estos misterios sean conocidos y venerados por todos los pueblos.

3. — Y porque, para venerar perfectamente estos misterios, no puede darse medio más excelente que el debido culto y el buen uso de la Sagrada Eucaristía, ya la consideremos como sacramento, ya como sacrificio, teniendo en cuenta que contiene en sí como un compendio de los demás misterios de la fe, y que por sí misma santifica y finalmente glorifica las almas de los que celebran como es debido y de los que comulgan dignamente, y de esta manera se da mucha gloria a Dios trino y uno y al Verbo encarnado, por eso en ninguna cosa pondremos tanto empeño como en tributar a este sacramento y sacrificio el culto y honor debidos y en procurar que los demás le tributen el mismo honor y la misma reverencia, y esto procuraremos cumplirlo con el mayor esmero, en especial impidiendo, en cuanto esté de nuestra parte, que se cometa contra él la menor irreverencia, de palabra y obra, y enseñando con diligencia a los demás lo que deben creer acerca de este inefable misterio, y cómo deben venerarle

4. — Y ya que la misma Bula nos encarga además que veneremos con particular culto a la Santísima Virgen María, a lo cual ya estamos obligados por diferentes títulos; todos y cada uno, con la gracia de Dios, procuraremos cumplirlo perfectamente: 1. Haciendo todos los días con especial devoción algún obsequio a esta dignísima Madre de Dios y nuestra. 2. Imitando, en cuanto nos sea posible, sus virtudes, especialmente su humildad y su pureza. 3. Exhortando ardientemente a los demás, siempre que oportunamente podamos, a que constantemente le tributen el mayor honor que puedan.

5. — Tendremos especial cuidado en rezar debidamente el oficio divino, el cual se rezará según el rito romano y en común, aun en las Misiones; pero con voz moderada y sin canto, para que con mayor comodidad podamos dedicarnos al provecho del prójimo. Se exceptúan aquellas casas en que, por razón de su fundación, o por ser casas de ordenandos o seminarios externos, o por otra causa análoga, estuviésemos obligados al canto gregoriano. Y en cualquier lugar o tiempo que recemos las Horas Canónicas, hemos de pensar con qué devoción, reverencia y atención debemos rezarlas, estando ciertos de que celebramos las divinas alabanzas y de que, por consiguiente, desempeñamos el oficio de ángeles.

6. — Puesto que uno de los principales ministerios de nuestras Misiones es el de exhortar a los otros a recibir dignamente y con frecuencia los sacramentos de la penitencia y Eucaristía, es muy justo que nosotros, con mayor razón, vayamos en esto delante con el ejemplo. Procuraremos, pues, hacerlo así con la mayor perfección. Y a fin de que todo se haga con el orden conveniente, los Sacerdotes se confesarán dos veces, o al menos una, por semana, con alguno de los confesores de casa para esto señalados, y no con otros, sin licencia del Superior; y todos los días, no estando legítimamente impedidos, celebrarán la Santa Misa; los demás, que no son sacerdotes, se confesarán todos los sábados y vigilias de las fiestas principales con uno de dichos confesores, a no ser que el Superior hubiere señalado a otros; todos los domingos y días de fiesta comulgarán, según el parecer del director, y todos los días oirán la Santa Misa.

7. — Y ya que no podemos imitar del todo a Nuestro Señor Jesucristo, el cual, además de las meditaciones a que se entregaba durante el día, pasaba las noches enteras en oración, lo haremos, sin embargo, según nuestra pequeñez. Por eso todos y cada uno nos entregaremos diligentemente a la oración mental todos los días, durante una hora, en común, según costumbre de la Congregación, y en el lugar para ello señalado.

8. — Cada uno tendrá sumo cuidado en no dejar pasar ningún día sin leer algo en algún libro espiritual según las necesidades de su alma, y por todo el tiempo determinado por el Superior o Director. Además, todos los sacerdotes y clérigos leerán cada día un capítulo del Nuevo Testamento, considerando este libro como norma de la perfección cristiana; y para aprovecharse más de esta lectura, la harán de rodillas, con la cabeza descubierta, y añadiendo, por lo menos al fin, estos tres actos: 1.Adorar las verdades contenidas en el mismo capitulo. 2. Animarse a entrar en los mismos sentimientos con que Jesucristo y los santos las pronunciaron. 3. Resolverse a practicar los preceptos y consejos que en él se contienen e imitar las virtudes que se nos proponen.

9. — Para tener un conocimiento más claro de nuestros defectos y así poder conseguir, con la ayuda de Dios, su expiación y una mayor pureza de conciencia, todos haremos cada día dos clases de examen de conciencia: uno particular, que se hará brevemente antes de comer y cenar, sobre alguna virtud que nos proponemos adquirir o sobre algún vicio que hay que extirpar, y otro general, sobre cada uno de los actos del día.

10. — Para honrar la soledad de Jesucristo, especialmente aquella de cuarenta días pasados en el desierto, todos y cada uno, lo mismo eclesiásticos que legos, al entrar en la Congregación, harán los ejercicios espirituales y confesión general de toda su vida pasada, con algún sacerdote señalado por el Superior; y después de entrar en la

Compañía, harán los mismos ejercicios y confesión general desde los últimos ejercicios, los seminaristas de seis en seis meses, y todos los demás una vez al año.

11. — Y como es muy difícil hacer progreso alguno en la virtud sin el auxilio de un director espiritual, así también es casi imposible que el dirigido llegue a la perfección a que está llamado, si no trata, como conviene, con su director acerca del estado de su conciencia. Por eso todos harán la comunicación interior con toda devoción y sinceridad, de la manera que se observa en la Congregación, con el Superior, o con otro por él señalado, por lo menos cada tres meses, y de un modo especial durante los ejercicios espirituales, y siempre que al Superior le pareciere conveniente.

12. — Todos asistirán con devoción y diligencia a las conferencias espirituales, que tendrán lugar por lo menos una vez cada semana. Dichas conferencias versarán, por regla general, sobre la abnegación de la propia voluntad y del propio juicio, sobre la práctica de cumplir en todo la voluntad de Dios, sobre la caridad fraterna, sobre el celo de la propia perfección y sobre la adquisición de las demás virtudes, especialmente de aquellas que forman nuestro espíritu.

13. — Para imitar de alguna manera y según nuestra pequeñez a Jesucristo en haberse humillado a sí mismo y haber querido ser contado entre los malhechores, todos los viernes dirá cada uno delante de los demás sus culpas al Superior o al que haga sus veces, lo mismo estando en casa que en las Misiones, y cada uno recibirá con buena voluntad los avisos y penitencias que se le den. También se ha de procurar conservar la piadosa costumbre de pedir en el capitulo ser avisados públicamente de nuestros defectos y entonces procurará cada uno dar dichos avisos en espíritu de humildad.

14. — Además, para que con mayor rapidez aumente en nosotros el amor del propio abatimiento y así aprovechemos más y más en el camino de la perfección, nos esforzaremos en el Señor por aceptar con igualdad de ánimo toda clase de humillaciones que nos sobrevengan, aunque sea fuera del capitulo, y así, cuando al f n de la oración mental, o de la conferencia espiritual, o de algún otro acto público, llame el Superior a alguno para avisarle de algún defecto, éste se pondrá en seguida de rodillas, y en espíritu de humildad, con buena voluntad y sin hablar palabra, oirá el aviso, recibirá la penitencia y la cumplirá con toda fidelidad.

15. — Y aunque los continuos trabajos de los Misioneros no permitan que por la Regla se vean obligados a practicar mortificaciones y austeridades corporales, sin embargo, cada uno las tendrá en mucho aprecio, y con el afecto siempre se inclinará hacia ellas y aun las podrá practicar cuando la salud y las ocupaciones se lo permitan, a imitación de Jesucristo y de los primeros cristianos, y de otras personas, que llenas del espíritu de mortificación, viven en el mundo. No obstante, nadie, sin permiso del Superior o del Director para esto señalado, cumplirá otras penitencias que las impuestas en la confesión.

16. — A fin de honrar de alguna manera la pasión de Jesucristo, el viernes de cada semana, en la cena, se contentará cada uno con un plato, el cual será de hortalizas o legumbres, excepto en las Misiones y yendo de viaje.

17. — El lunes y martes de carnaval nos abstendremos de comer carne, estando en casa, a fin de honrar a Dios con esta pequeña mortificación, mientras la mayor parte de los cristianos le ofenden gravemente con sus comilonas y sus disoluciones.

18. — Además todos observarán exactamente el orden del día, según se acostumbra en la Congregación, lo mismo en casa que en las Misiones, especialmente lo que se refiere a las horas de levantarse y acostarse, de hacer la oración, de rezar el Oficio divino y de comer.

19. — A fin de que el alma se alimente juntamente con el cuerpo, en todas nuestras casas y también en las Misiones se tendrá lectura espiritual en la mesa durante todo el tiempo que dure la comida.

20. — También se han de guardar otras costumbres laudables de la Congregación, por ejemplo: Inmediatamente antes de salir de casa, lo mismo que al volver a ella, ir a la iglesia para saludar a Jesucristo en el Santísimo Sacramento, catequizar a los pobres, sobre todo mendigos, cuando se ofrezca la ocasión, especialmente yendo de viaje; al entrar en los aposentos y al salir de ellos, arrodillarnos, para invocar a Dios antes de lo que vamos a hacer, y para darle gracias después de haberlo hecho.

21. — Si además de las prácticas espirituales prescritas en estas Reglas quisiera alguno añadir otras, se lo comunicará al Superior o al director, y nada hará en este asunto, fuera de lo que ellos le permitan, porque haciendo lo contrario se expone a hacer su propia voluntad, y quizá la voluntad del demonio, y por ende se expone también, en castigo de su desobediencia, a ser engañado por el maligno espíritu, y hasta a padecer graves males en su alma

CAPITULO XI

De las Misiones y demás ministerios de la Congregación para con el prójimo

1. — Habiendo dado Nuestro Señor Jesucristo a su discípulos reglas para hacer bien las Misiones, mandándoles que rogasen al dueño de la mies para que enviara obreros a recogerla, e indicándoles a qué naciones debían ir, qué habían de practicar en sus viajes, en qué casas se habían de aposentar, qué debían predicar, qué habían de comer y, finalmente, cómo se habían de portar con aquellos que no les quisieran recibir, por eso nosotros, deseando seguir sus huellas según nuestra pequeñez, observaremos con toda exactitud las reglas siguientes, así como también las instrucciones que suelen darse en la Congregación para el buen orden en las Misiones y demás ministerios de nuestro Instituto.

2. — Todos procurarán, cuando se les presente la ocasión, ayudar al prójimo con instrucciones y consejos e incitarle a hacer buenas obras, sin embargo, nadie se encargará de la dirección de persona alguna si no es en los ejercicios espirituales, en las Misiones y en aquellas casas de la Congregación en que los Nuestros tienen cura de almas; como también en otras ocasiones, cuando fueren aplicados por el Superior a este ministerio, pero en todos estos casos se abstendrán de dar ninguna instrucción o regla de vida por escrito, sin permiso del Superior.

3. — Para que ninguno pueda decir con razón a nuestros Misioneros aquello del Apóstol: ¿Cómo predicarán si no son enviados?, nadie predicará en público ni hará la catequesis desde el púlpito sin haber sido aprobado para ello por el Visitador, y aplicado a ello por el mismo Visitador o por el Superior inmediato. Sin embargo, en las Misiones podrá el Director mudar por algún tiempo los predicadores y los catequistas, sustituyéndolos por otros, siempre que para ello tenga motivos suficientes y haya peligro de que no llegue a tiempo la respuesta del Superior; sin embargo dará cuenta a éste, cuanto antes pueda, de los motivos que ha tenido para hacer dichas mudanzas.

4. — Así como no está permitido a ninguno de los nuestros oír las confesiones de los de casa o de los externos sin estar antes aprobados por el Ordinario, de la misma manera,

los que tengan dicha aprobación, para que no abusen de ella, no deben ejercerla sino cuando sean designados por el Visitador para este ministerio, y aplicados a él por el mismo Visitador o por el superior inmediato.

5. — Los que vayan a dar Misiones llevarán siempre consigo la patente de los señores Obispos en cuyas diócesis se van a dar las Misiones, y se la enseñarán a los párrocos o vicarios de las iglesias a donde fueren. Terminadas las Misiones, antes de volver a casa, darán cuenta a los señores Obispos, si así lo desean, de lo que han hecho en ellas, pero primero se ha de consultar al Superior, a fin de que señale la persona y el modo de hacerlo.

6. — Al principio y al fin de la Misión pedirán todos la bendición al párroco, y en ausencia de éste, a su vicario, y no harán cosa alguna de importancia en la parroquia sin comunicárselo antes, y se abstendrán de emprender cosa alguna contra su voluntad.

7. — A ejemplo del apóstol San Pablo, el cual, con el fin de no ser gravoso a nadie, trabajaba de día y de noche con sus propias manos, para ganar su sustento y el de sus compañeros, en las Misiones a nadie serviremos de carga, antes bien haremos completamente gratis todos los ejercicios de ellas, sin recibir retribución alguna, ni siquiera el sustento del cuerpo. Sin embargo podremos aceptar la habitación que se nos ofrezca y los muebles más precisos.

8. — Aunque cada uno debe desear ardientemente, y aun, cuando las circunstancias lo exijan, pedir humildemente que se le dedique a visitar a los enfermos, o a arreglar los pleitos y disensiones, especialmente en las Misiones; con todo, para que la caridad vaya bien ordenada por la obediencia, nadie emprenderá tales obras de misericordia sin permiso del Superior.

9. — En proponer las dudas acerca de los casos de conciencia que ocurren en la confesión, hay que proceder con mucha prudencia y cautela, de tal manera que jamás se pueda conocer la persona de quien se trata. Y a fin de prevenir los males que de aquí podrían originarse, nadie propondrá las dudas que tuviere acerca de algún caso de conciencia de alguna importancia oído en la confesión, sin consultar antes al director de la Misión.

10. — El nombre de Misioneros, o de Sacerdotes de la Misión que nosotros no nos hemos impuesto, sino que ordenándolo así la divina Providencia, nos ha sido dado por la voz común de los pueblos, muestra a las claras que el ministerio de las Misiones debe ser para nosotros el primero y principal de todos nuestros ministerios para con el prójimo; por eso la Congregación no debe omitirlas jamás so pretexto de cualquiera otra obra de piedad, aunque más útil por otro lado; sino que todos se inclinarán a ellas con el mayor afecto de su corazón, de tal manera que estén siempre preparados para salir a Misiones en cualquier momento que se lo mande la obediencia.

11. — Y como la dirección de las religiosas seria no pequeño estorbo para el ejercicio de las Misiones y demás fundaciones de nuestro Instituto, todos y cada uno se abstendrá en absoluto de dirigirlas, y nadie irá a visitarlas ni a predicarles, aun durante las Misiones, sin haber obtenido antes licencia expresa, por lo menos del Superior particular; y si bien nuestra Congregación está destinada a dirigir a las Hijas de la Caridad, por razón de su misma institución, con todo nadie se ocupará en su dirección, ni irá a visitarlas, ni hablará con ellas sin permiso del mismo Superior.

12. — Además todos tendrán entendido que los ministerios que debemos desempeñar en nuestras casas en favor de los eclesiásticos externos, especialmente en favor de los ordenandos y seminaristas, como también en provecho de los que practican los ejercicios espirituales, no debemos abandonarlos con pretexto de las Misiones; es preciso cumplir los unos sin descuidar los otros, puesto que a todos ellos estamos obligados casi de la misma manera por nuestro instituto, siempre que a ellos nos llamen nuestros prelados o nuestros superiores, aunque siempre hemos de dar la preferencia a las Misiones. Por otra parte, enseña una larga experiencia que por muy abundantes que sean los frutos recogidos en las Misiones, es casi imposible conservarlos por mucho tiempo sin la cooperación de los párrocos, a cuya perfección contribuyen no poco los ministerios susodichos. Por tanto todos se ofrecerán de corazón a Dios para desempeñarlos bien y con toda devoción. Y a fin de conseguirlo con más facilidad, todos procurarán observar con la mayor exactitud las instrucciones que a este fin suelen dar nuestros Superiores.

CAPITULO XII

De algunos medios que nos ayudarán a cumplir bien y con fruto nuestros ministerios.

1. — Así como al principio de estas Reglas o Constituciones se propuso la congregación imitar a Jesucristo, el cual practicó primero lo que después enseñó; de la misma manera, en este último capítulo debe proponerse imitarle en hacer bien todas las cosas; porque todo el bien que hiciéremos merecerá más bien castigo que premio, ni no se hace bien. Por eso nos ha parecido conveniente añadir aquí estos documentos y medios para desempeñar con fruto nuestros ministerios, encargando a todos los Misioneros que los practiquen con diligencia.

2. — Todos los Misioneros, en cada una de sus obras y especialmente en los sermones y demás ministerios de la Congregación, procurarán estar animados, en cuanto esté en su mano, de la más pura intención de agradar a solo Dios y renovarla igualmente en especial al principio de sus acciones principales; pero sobre todo se guardarán bien de admitir en ellas el menor deseo de agradar a los hombres o de buscar la propia satisfacción, lo cual podría inficionar y depravar las acciones más santas, según la sentencia de Jesucristo: Si tu ojo fuere malo, todo tu cuerpo será tenebroso.

3. — Y porque, como dice el Apóstol, muchas veces sucede que, habiendo comenzado en espíritu, terminamos en carne; lo cual suele acontecer, o cuando nuestras acciones van seguidas de cierta vana complacencia, en la que tontamente nos complacemos, por haber conseguido el aplauso de los hombres, o cuando, por haber tenido nuestras acciones un éxito desgraciado, nos hallamos tan descontentos y humillados, que de ningún modo podemos gozar de paz. Por eso todos procuraremos con toda diligencia no caer en ninguno de estos dos defectos. Para evitar el primero tendremos presente que toda la gloria se debe a Dios, y a nosotros solamente la confusión, y que si nos deleitamos en los aplausos de los hombres, debemos temer el oír estas palabras de Jesucristo. En verdad os lo digo: ya habéis recibido vuestra recompensa. El remedio para evitar el segundo defecto consiste en acogernos cuanto antes a la verdadera humildad y al amor del propio abatimiento, que entonces precisamente exige Dios de nosotros, y luego considerar atentamente que muchísimas veces, de sufrir con paciencia esas adversidades, resulta más gloria a Dios y más utilidad al prójimo que todo el bien que pudiéramos haber conseguido con nuestros sermones predicados con aplauso de los hombres y fructuosos en apariencia.

4. — Y porque estos dos defectos tan perjudiciales para los predicadores, a saber: la vana complacencia y la demasiada inquietud, suelen provenir a veces de oír las propias alabanzas o de escuchar las ajenas censuras acerca de los ministerios que en público hemos desempeñado; nadie alabará a los nuestros, sobre todo estando ellos presentes, por los raros talentos, naturales o adquiridos, que posean, especialmente por haber predicado con elocuencia y con aplauso de los hombres; como también todos se guardarán de reprender a los otros por la falta de ciencia o de elocuencia, o por-otros defectos que en sus sermones hubieren notado. Y si alguno tuviere necesidad de alguna congratulación para animarle, o de algún aviso para corregir su vanidad, al Superior toca el hacerlo, o encargar a otro que lo haga en particular y con discreción. Sin embargo no será malo alabar alguna vez a los nuestros por los actos de humildad mortificación, sencillez y de otras virtudes semejantes, practicados en la misma predicación, con tal que se haga con sobriedad y prudencia, en la presencia de Dios y en ausencia de los interesados.

5. — Aunque los Misioneros deben practicar la sencillez siempre y en todo lugar, como la primera virtud y la más propia de su Instituto, con todo procurarán practicarla de un modo particular en las Misiones, sobre todo al anunciar la palabra de Dios a los pobres aldeanos, con los cuales, como sencillos, ha de hablar El por nuestra boca. Por eso el estilo de nuestros sermones y de nuestras catequesis ha de ser sencillo y acomodado a la capacidad del pueblo y además según el método de que hasta ahora se ha servido la Congregación.

A este fin, todos tendrán suma aversión al modo de hablar muelle y afectado, absteniéndose de exponer en la cátedra de la verdad pensamientos curiosos o demasiado rebuscados, y de emplear sutilezas inútiles, teniendo en cuenta que Jesucristo y sus discípulos hablaron con sencillez, y de esta manera recogieron abundantísima mies y copiosísimos frutos.

6. —. Los que estén destinados a los seminarios externos, a la dirección de los Ordenandos, a presidir las conferencias con los Párrocos o a otros ministerios parecidos, usarán también este mismo modo de hablar sencillo y popular, y harán todo lo posible por inducir a todos a conseguir la virtud y la ciencia, así con sus palabras como con sus ejemplos, y se esforzarán de modo especial en tratarles con humildad, mansedumbre, reverencia y afabilidad. Lo mismo observarán los que sean destinados a dar los ejercicios espirituales.

7. — Puesto que las opiniones nuevas o particulares, por regla general, dañan no sólo a sus autores, sino también a los que las siguen, todos se guardarán muy bien de semejantes novedades y particularidades; antes bien procuraran, en cuanto se pueda, ser uniformes en la doctrina, lo mismo de palabra que por escrito, de tal modo que, según la doctrina del Apóstol, podamos todos saber y sentir lo mismo, y también decirlo.

8. — Y como, según la sentencia de San Zenón, la curiosidad hace reos, pero no doctos, y según el Apóstol la ciencia hincha, especialmente cuando no se hace caso de su consejo de que es preciso saber con sobriedad, y no desear saber más de lo necesario; todos, y de un modo especial los estudiantes, velarán continuamente para impedir que se apodere de sus corazones el deseo desordenado de saber, sin embargo, no por eso dejarán de dedicarse con todo cuidado al estudio de las cosas necesarias para desempeñar bien las funciones del Misionero, con tal que cuiden de aprender principalmente la ciencia de los Santos, que se enseña en la escuela de la Cruz, de tal manera que no acierten a predicar sino a Jesucristo, a imitación del mismo San Pablo, el cual, escribiendo a los Corintios, confiesa ingenuamente que jamás pensó saber -otra cosa entre ellos, sino a Jesucristo crucificado.

9. — Entre todos los documentos evangélicos, necesarios a los que trabajan en la viña del Señor, debe sernos de especial consideración éste: El que entre vosotros quiera ser el mayor, hágase como el menor y como siervo de los demás; porque si la Congregación se cansara alguna vez de observar este documento, al punto quedaría completamente destruida por el estrago que causaría en ella el apetito desordenado de gloria mundana, el cual, introduciéndose facilísimamente en los corazones, de suyo inclinados a la soberbia, les incitaría a muchísimos males, sobre todo a desear oficios honrosos y a tener envidia de los que en ellos se encuentran, como también a buscar su propia satisfacción en dichos oficios, al ser promovidos a ellos; de tal modo que, atraídos y engañados por el brillo aparente de la honra, al cual únicamente dirigen sus miradas, no ven el peligro que les rodea y finalmente caen en él. Por eso en ninguna cosa pondremos tanto cuidado como en huir de este horrible monstruo de la soberbia. Y si se hubiese apoderado ya de nuestros corazones la ambición, es preciso arrojarla de ellos según el consejo de Nuestro Señor, por medio de un acto de profunda humildad, con el cual procuremos envilecernos a nuestros propios ojos y deseemos ardientemente ocupar siempre el último lugar. Y si, por razón de los cargos honrosos que desempeñamos, nos viésemos ya inficionados de la vanagloria, procuraremos poner cuanto antes el remedio, que consiste en pedir en seguida al Superior, aunque con la sumisión debida, que nos quite semejantes cargos y nos aplique, según a él le parezca, a otros ministerios más humildes.

10. — También tendrán todos sumo cuidado en reprimir los primeros movimientos de la envidia, que podrían provenir de que otras Congregaciones aventajan a la nuestra en la fama, en la protección de los hombres y en lo oficios honoríficos, persuadiéndonos íntimamente de que, con tal que Jesucristo sea anunciado, poco importa quiénes sean lo que le anuncien, además de que, alegrándonos de las buenas obras realizadas por los otros, alcanzamos iguales gracias y méritos que ellos, y a veces aun mayores que si las realizásemos nosotros mismos, pero con menos pureza de intención o buscando la satisfacción propia. Por eso, todos harán cuanto puedan por revestirse del espíritu de Moisés, el cual, como se le rogase que prohibiera profetizar a algunos que habían recibido este don, exclamó. Ojalá profetizase todo el pueblo, y diese el Señor su espíritu a todos. Además, consideraremos a todas las demás Congregaciones como más dignas que la nuestra, aunque debamos amar a ésta con mayor afecto de nuestro corazón, a la manera que un hijo bien nacido ama muchísimo más a su madre, por muy fea y pobre que sea, que a todas las demás, aunque brillen por sus riquezas y hermosura. Pero hay que tener en cuenta que este amor tierno, que debemos profesar a nuestra Congregación debe referirse solamente a las personas, a las virtudes y a las gracias de nuestra amada Compañía, no a lo que en ella hubiere de agradable o de plausible a los ojos de los hombres, porque esto lo aborreceremos con toda el alma y huiremos de ello, no sólo en lo que atañe a cada individuo en particular, sino también en lo que mira a toda la Congregación, de tal modo que ni siquiera deseemos que sea aplaudida y celebrada por los hombres, sino más bien humillada y escondida en el Señor, acordándonos de que ella es aquel granito de mostaza que, si no se siembra y esconde en la tierra, no puede crecer ni fructificar.

11. — Todos, asimismo, se guardarán de otros dos vicios, no menos contrarios al Instituto de la Misión, que opuestos entre si, y tanto más perniciosos, cuanto menos lo parecen, llegando a transfigurarse de tal modo que muchas veces se los toma por verdaderas virtudes; estos dos vicios son: la pereza y el celo indiscreto. La pereza se introduce poco a poco en nuestro corazón bajo el pretexto de la discreción necesaria para conservar el cuerpo, a fin de que estemos mejor preparados para practicar las cosas que pertenecen al servicio de Dios y a la salvación del prójimo, y a este fin nos introduce a buscar las comodidades corporales y a huir del trabajo que acompaña a la virtud, representándonoslo mucho mayor de lo que es en realidad, hasta tal punto, que pretende hacernos odiosa la misma virtud, tan digna de ser amada de todos, y nos expone a incurrir en aquella maldición pronunciada por el Espíritu Santo contra aquellos operarios que hacen las obras de Dios con engaño y negligencia. El celo indiscreto, por el contrario ocultando el amor propio o nuestra indignación, nos impele a un rigor exagerado contra los pecados y contra nosotros mismos, o a emprender trabajos superiores a nuestras fuerzas o no aprobados por la obediencia, aunque en ellos perdamos la salud del cuerpo y la del alma, a fin de que después no pensemos más que en buscar los remedios del cuerpo y nos hagamos negligentes y carnales. Todos, pues, procuraremos con todas nuestras fuerzas huir de estos dos extremos y guardar el justo medio; y encontraremos este medio en la exacta observancia de nuestras Reglas o Constituciones, bien entendidas, y en los labios de los que guardan la sabiduría, en cuyas manos, por especial providencia de Dios, están nuestras almas, con tal que acudamos a ellos con humildad y confianza siempre que sea preciso, y nos sujetemos perfectamente y en todo a su dirección

12. — Ante todo tendremos muy presente que, aunque siempre debamos estar adornados de todas las virtudes que componen el espíritu de la Misión, debemos, sin embargo, armarnos con ellas de una manera especial, cuando nos llegue el tiempo de desempeñar nuestros ministerios en los pueblos del campo, considerando entonces las cinco virtudes de nuestro Instituto, cono las cinco piedras limpísimas de David, con las cuales, hiriendo al primer golpe al infernal Goliat, le venceremos en nombre de Dios de los ejércitos, y someteremos a los Filisteos, es decir, a los pecadores, al servicio de Dios. Para esto es preciso que abandonemos primero las armas de Saúl y nos sirvamos de la honda de David; o sea, que, a imitación del Apóstol, salgamos a predicar el Evangelio, no con discursos persuasivos, ni con palabras de sabiduría humana, sino con la doctrina del cielo y con el espíritu y la virtud de Dios, aunque nuestro estilo y nuestras palabras sean humildes y sencillas. Acordémonos entonces de que si, según el mismo apóstol, Dios escogió a los pobres. a los necios y a los más despreciables de este mundo, para confundir y destruir a los fuertes y a los sabios de la tierra, podemos esperar que Dios, por su infinita bondad, nos conceda a nosotros, aunque indignísimos operarios, la gracia de cooperar, según nuestra pequeñez, a la salvación de las almas, especialmente de los pobres aldeanos.

13. — Todos profesarán una singular veneración y un amor entrañables a nuestras Reglas o Constituciones, aun a las que parezcan de menos importancia, mirándolas como los medios que el mismo Dios nos ha dado para conseguir la perfección correspondiente a nuestra vocación, y por lo mismo, para obtener con más facilidad y provecho la salvación de nuestras almas. Por lo tanto, todos concebirán frecuentemente los más generosos y fervientes deseos de observarlas con fidelidad. Y si alguna de ellas repugnare a nuestra razón o a nuestros sentidos, procuraremos hacernos violencia a nosotros mismos y vencer en esto a nuestra naturaleza depravada, considerando que, según las palabras de Jesucristo, el reino de los cielos padece violencia, y solamente lo alcanza los que se vencen a sí mismos.

14. — Y a fin de que estas Reglas o Constituciones, lo mismo que las reglas de los oficios particulares, estén más grabadas en la memoria y en el corazón, y así se observen con mayor exactitud, todos las tendrán consigo y las leerán o las oirán leer por lo menos de tres en tres meses, procurando entenderlas bien, y todos pedirán al Superior algunas veces al año penitencia de las faltas cometidas contra ellas; para que con esta humillación consigan más fácilmente de la bondad de Dios el perdón de tales faltas y nuevas fuerzas para no caer en ellas en adelante; teniendo presente que la fidelidad que en esto observaren será una prueba de la que han tenido en observar las mismas Reglas o Constituciones, y una prueba manifiesta del deseo que tienen de su propia perfección.

Y si alguno notare haber hecho algún progreso en su observancia, dará por ello gracias a Nuestro Señor Jesucristo, suplicándole que le conceda a él y a toda la Congregación la gracia de observarlas mejor aún en lo sucesivo. Por último, todos debemos estar firmemente persuadidos de que, según las palabras de Jesucristo, cuando hubiéramos hecho todo lo que se nos ha mandado, debemos decir que somos siervos inútiles; que no hemos hecho más que lo que debíamos, y que, sin la gracia de Dios, no habríamos podido hacer cosa alguna de provecho.

REGRAS

OU

CONSTITUIÇÕES COMUNS

DA

CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

Edição reconhecida de acordo com a

edição prínceps de 1658

VICENTE DE PAULO,

Superior Geral da Congregação da Missão,

aos nossos amados Irmãos em Cristo,

Sacerdotes, Clérigos e Coadjutores leigos da mesma Congregação,

Saudações no Senhor.

Eis aqui finalmente, caríssimos Irmãos, eis as Regras ou Constituições comuns da nossa Congregação, por vós tão desejadas e por tanto tempo esperadas: pois quase trinta e três anos se passaram, desde a primeira instituição da mesma Congregação, sem vo-las termos dado impressas. Isto, porém, assim fizemos, tanto para imitar a Cristo nosso Salvador, em ter começado primeiro a fazer antes de ensinar, como também para precaver muitos in convenientes, que sem dúvida poderiam nascer da precipitada publicação das mesmas Regras ou Constituições, se a prática e uso delas parecesse, depois, muito difícil ou menos adequada. Mas esta nossa demora e modo de proceder, mediante a divina graça, nos livrou desses perigos e fez também com que a Congregação, pouco a pouco e suavemente, as haja posto em prática, antes de serem publicadas. Pois nada encontrareis nelas que não tenhais praticado já de largo tempo, com grandíssima consolação da nossa alma e mútua edificação de todos vós.

Recebei-as, pois, caríssimos Irmãos, com o mesmo afeto com que vo-las entregamos. Considerai-as não como produzidas pelo espírito humano, mas antes emanadas do Divino, de quem todos os bens procedem e sem o qual não somos capazes de pensar coisa alguma por nós mesmos, como vinda de nós. E, na verdade, que achareis vós nelas que não vos inflame e excite ou à fuga dos vícios ou à aquisição das virtudes e ao exercício das máximas evangélicas? Por esta razão procuramos, quanto nos foi possível, tirá-las todas do Espírito de Jesus Cristo e das ações da sua vida (como é fácil ver) julgando bem que homens, chamados a continuar a missão do mesmo Cristo (que consiste principalmente em evangelizar os pobres), devem encher-se dos sentimentos e afetos e até do mesmo Espírito de Cristo e seguir suas pegadas.

Finalmente, pois, Irmãos, vos rogamos e conjuramos, pelo amor de Jesus Cristo, que vos apliqueis à exata observância das mesmas Regras tendo por certo que, se as guardardes, elas vos guardarão e por último vos conduzirão seguros ao fim deseja do, isto é, à celeste bem-aventurança. Amém.

JESUS, MARIA, JOSÉ.

CAPÍTULO I

FIM E INSTITUTO DA CONGREGAÇÃO

1. – Nosso Senhor Jesus Cristo, segundo diz a sagrada Escritura, enviado ao mundo para salvar o gênero humano, começou a fazer e a ensinar. Cumpriu o primeiro, praticando perfeitamente toda a sorte de virtudes; e o segundo, quando evangelizou os pobres e        deu a seus Apóstolos e Discípulos a ciência necessária para dirigir os povos. E já que a pequena Congregação da Missão deseja imitar o mesmo Cristo Senhor nosso, mediante sua graça e na medida em que lho permitir a fraqueza de suas forças, assim em suas virtudes como nas funções pertencentes à salvação do próximo, convém que, para bem executar este piedoso projeto, ela use        de meios semelhantes. E, por isso, o seu fim é: 1º trabalhar na própria perfeição, fazendo o possível pura praticar as virtudes que este Soberano Mestre se dignou ensinar-nos de palavra e com exemplo; 2º evangelizar os pobres, mormente os camponeses; 3º ajudar os eclesiásticos a adquirir as ciências e virtudes necessárias ao seu estado.

2. – Compõe-se esta Congregação de eclesiásticos e leigos. O ofício dos eclesiásticos é, a exemplo do mesmo Cristo e de seus Discípulos, ir pelas vilas e aldeias, e, pregando e catequizando nelas, repartir o pão da palavra divina aos pequenos; persuadir e ouvir confissões gerais de toda a vida passada; compor contendas e litígios; instituir a sociedade da caridade; dirigir os seminários erigidos em nossas casas para externos e ensinar neles; dar exercícios espirituais; convocar e dirigir entre nós as conferências dos eclesiásticos externos e prestar outros serviços úteis e conformes às ditas funções. O encargo, porém, dos leigos é ajudar os eclesiásticos em todos os sobreditos ministérios (fazendo o ofício de Marta), como lhes for prescrito pelo Superior, cooperando também com suas orações, lágrimas, mortificações e exemplos.

3. – Mas para que esta Congregação, mediante a divina graça, chegue ao fim que se propôs, é necessário que procure com todas as suas forças revestir-se do Espírito de Cristo, o qual resplandece principalmente na doutrina evangélica, na        sua pobreza, castidade e obediência, na caridade com os enfermos, na sua modéstia, no modo de viver e agir, que prescreveu aos seus Discípulos, na conversação, nos exercícios quotidianos de piedade, nas missões e outros ofícios que exerceu em favor dos povos. Coisas estas que estão todas contidas nos capítulos seguintes.

CAPÍTULO II

MÁXIMAS EVANGÉLICAS

1. – Antes de tudo, procurará cada um fundar-se bem nesta verdade, que a doutrina de Cristo nunca pode enganar, a do mundo, porém sempre é enganosa; afirmando o mesmo Cristo ser esta semelhante à casa edificada sobre areia, e comparar-se a sua ao edifício fundado sobre a pedra firme. Por isso, a Congregação professará agir sempre conforme as máximas de Cristo e nunca segundo as do mundo. E        para isto observará particularmente

É que se segue.

2. – Havendo Cristo dito: Buscai primeiro o Reino de Deus e sua justiça: e todas estas coisas (que vos faltam) vos serão acrescentadas, cada um procurará preferir as coisas espirituais às temporais, a salvação da alma à saúde do corpo, a glória de Deus à vaidade do mundo, e até mesmo        estará disposto a escolher para si, com São Paulo, a miséria, a infâmia, os tormentos, e ainda a morte, antes que separar-se da        caridade de Cristo. Portanto, não se afanará por bens temporais, mas deixará ao Senhor o cuidado de si mesmo, tendo por certo que, enquanto estiver arraigado nesta caridade e fundamentado nesta esperança, estará sempre na proteção do Deus do Céu e, assim, nenhum mal lhe acontecerá, e ele mesmo nenhum bem perderá, ainda quando julgasse que tudo ia perder-se.

3. – E como o pio exercício que consiste em fazer sempre e em tudo a vontade divina é meio certo com o qual se pode, em breve, adquirir a per feição cristã, cada um se esforçará, quanto puder, por torná-lo familiar a si mesmo, fazendo estas quatro coisas: 1º executando devidamente o que for mandado e fugindo ao que for proibido sempre que conhecermos que tal mandado ou proibição vem de Deus ou da Igreja ou de nossos Superiores e das Regras ou Constituições de nossa Congregação; 2º entre as coisas indiferentes que ocorrerem a fazer-se, escolhendo as que repugnam à nossa natureza, antes que as que lhe agradam, a menos que as agradáveis sejam necessárias, porque então de vem estas preferir-se às outras; olhando-as, porém, não enquanto deleitam os sentidos, mas somente porque são mais agradáveis a Deus; e, se, ao mesmo tempo, ocorrerem muitas coisas naturalmente indiferentes que nem agradam nem desagradam, convém então tomar qualquer delas sem escolha, como oferecida pela divina Providência; 3º aceitando com igualdade de ânimo, como vindo da mão paternal do Senhor quaisquer acontecimentos inesperados, sejam adversos ou prósperos, quer se refiram ao corpo ou à alma; 4º fazendo todas as sobreditas coisas somente pelo motivo de tal ser o beneplácito de Deus, para nisto imitarmos, quanto pudermos, a Cristo Senhor nosso, que sempre e para o mesmo fim cumpriu essas mesmas coisas, como Ele mesmo afirma: Eu faço sempre o que agrada a meu Pai.

4. – Pede-nos o Senhor Jesus a simplicidade da pomba, que consiste na simples declaração das coisas como se têm no coração, e sem reflexões inúteis, e ainda em fazê-las sem fingimento ou artifício, olhando somente a Deus. Por isso, cada um se empenhará a fazer tudo no mesmo espírito de simplicidade, considerando        que Deus se comunica aos humildes e esconde aos sábios e prudentes deste mundo os segredos celestiais, que revela aos peque ninos.

5. – Como, porém, Cristo recomenda a simplicidade da pomba, também nos manda abraçar a prudência da serpente, virtude que nos leva a falar e agir discretamente; por isso, calaremos prudentemente as coisas que não convém revelar, mormente se de si mesmas são viciosas e ilícitas; e daquelas que de algum modo são boas ou lícitas corta remos as circunstâncias que redundam contra a honra de Deus ou em dano do próximo ou podem inclinar o nosso coração à vangloria. E como esta virtude, em tudo o que temos a fazer, nos leva a escolher os meios aptos para conseguir o fim proposto; por isso, será entre nós        prática santa e inviolável, usar sempre        de meios divinos para as coisas divinas e sentir e julgar das coisas segundo o sentimento e juízo de Cristo e nunca segundo o do mundo, nem tampouco segundo o fraco discurso do nosso entendimento. Assim, seremos prudentes como as serpentes e simples como as pombas.

6. – Todos também porão grande diligência em aprender esta lição ensinada por Cristo: Aprendei de Mim, que sou manso e humilde de coração, considerando que (como Ele mesmo afirma) com a mansidão se possui a        terra, porque com o exercício desta virtude se ganham os corações dos homens para se converterem a Deus, o que não conseguem aqueles que tratam com o próximo dura e asperamente. Com a humildade, porém, se adquire o Céu, ao qual costuma exaltar-nos o amor do próprio desprezo, conduzindo-nos de virtude em virtude, como por degraus, até chegar lá.

7. – Mas esta humildade, que Cristo mesmo de palavra e com o exemplo tantas vezes nos recomendou, e para cuja aquisição deve a Congregação empenhar todas as forças, exige estas três condições: a primeira das quais é reputar-se com toda a sinceridade digno do desprezo dos homens; a segunda, alegrar-se de verem os outros a nossa imperfeição e que por ela nos desprezem; a terceira, se o Senhor em nós ou por nós realizar algum bem, ocultá-lo, se for possível, à vista da própria vileza e, se isto não for possível, atribuir tudo à divina misericórdia e aos méritos dos outros. E este é o fundamento de toda a perfeição evangélica e o nó de toda a vida espiritual. A quem possuir esta humildade todos os bens lhe virão com ela; mas a quem a não tiver, até o bem que tem lhe será tirado e será agitado de contínuas angústias.

8. – Tendo Cristo dito: se alguém quer vir após Mim, negue-se a si mesmo e leve sua cruz todos os dias; e acrescentando São Paulo no mesmo espírito: Se vi verdes segundo a carne, morrereis; mas, se com o espírito mortificardes as        obras da carne, vivereis; procurará cada um aplicar-se à contínua abnegação da própria vontade e do próprio juízo e também à mortificação de todos os sentidos.

9. – Todos renunciarão ao amor excessivo dos parentes, conforme o conselho de Cristo, que exclui do número dos seus Discípulos aos que não aborrecem pai e mãe, irmãos e irmãs, e promete cem por um, agora neste mundo, e, no outro, a vida eterna aos que os deixarem por amor do Evangelho. No que bem se manifesta quanto obsta à perfeição cristã o apego da carne e do sangue. Contudo os pais devem amar-se com amor espiritual e segundo Cristo.

10. – Todos com singular diligência procurarão viver naquela indiferença que Cristo e os santos tanto honraram, de sorte que nunca se        apeguem com algum afeto desordenado nem a ministérios nem a pessoas, nem a lugares, muito menos à pátria nem a        outra coisa semelhante. Estejam, antes, dispostos e prontos a deixar de boa vontade todas estas coisas, à vontade e aceno do Superior, e a sofrer com ânimo igual qualquer repulsa ou mudança, que procede dele, e a reconhecer, diante de Deus, que bem tem feito o Superior em tudo isso.

11. – Para honrar a vida comum, que Cristo Nosso Senhor quis ter neste mundo, conformando-se com os outros, para deste modo ganhá-los mais facilmente para Deus, seu Pai, todos, quanto for possível, guardarão uniformidade em todas as coisas, considerando-a como tutora da boa ordem e da santa união. Fugirão igualmente a singularidade como raiz de inveja e divisão e isto não somente quanto ao comer, ao vestir, à cama e a outras coisas semelhantes, mas também quanto ao modo de dirigir, ensinar, pregar, governar e mesmo quanto às praxes espirituais. Mas para esta uniformidade poder conservar-se entre nós perpetuamente, devemos valer-nos de um só meio, que é a exatíssima observância das nossas Regras ou Constituições.

 

12. – Os atos de caridade para com o próximo estarão sempre em vigor entre nós; e são eles: 1º fazer aos outros o que justamente quereríamos que        eles nos fizessem; 2º conformar-se com o parecer dos outros e        aprovar tudo no Senhor; 3º suportar-se mutuamente sem murmuração; 4º chorar com os que choram; 5º alegrar-se com os que se alegram; 6º antecipar-se cada um a honrar os outros; 7º mostrar-se cordialmente benévolo e serviçal para com todos, para ganhar a todos para Cristo. Tudo isto deve entender-se, contanto que nada se faça de modo algum contra os preceitos divinos ou eclesiásticos ou contra as Regras ou Constituições da nossa Congregação.

13. – Se a divina Providência permitir alguma vez que a Congregação ou alguma das suas Casas ou algum de seus membros seja caluniado ou perseguido sem culpa, com todo o cuidado nos absteremos de toda vingança ou maldição ou mesmo de queixa contra esses perseguidores e caluniadores, antes, por isto mesmo, louvaremos e bendiremos a Deus, e com alegria lhe daremos graças, como        de uma ocasião de grande bem, vindo do Pai das luzes, e até mesmo de coração        rogaremos ao Senhor por eles todos; e ainda, oferecendo-se ocasião e possibilidade, com gosto lhes faremos bem, considerando que Cristo assim no-lo manda como aos demais fiéis, dizendo: Amai os vossos inimigos; fazei bem aos que vos ofendem; rogai pelos que vos perseguem e caluniam. E para que mais fácil e prazeirosamente observemos todos estas coisas, nos assegura que nisto seremos bem-aventurados e que, por isto mesmo, devemos alegrar-nos e regozijar-nos, porque a nossa recompensa será grande no Céu. Tanto mais que Ele mesmo se dignou primeiro praticar isto com os homens, para dar-nos exemplo, que depois imitaram os Apóstolos e Discípulos e inumeráveis Cristãos.

14. – Posto que devemos observar, enquanto nos for possível, todos as sobreditas máximas evangélicas, como santíssimas e utilíssimas; todavia, porque algumas delas nos são mais próprias, a saber, aquelas que mais particularmente nos recomendam simplicidade, humildade, mansidão, mortificação e o zelo da salvação das almas, a Congregação se aplicará com o maior cuidado a estimá-las e praticá-las de sorte que estas cinco virtudes sejam como as faculdades da alma de toda a Congregação e por elas sejam sempre animadas todas as nossas ações.

15. – E uma vez que satanás trabalha sempre para apartar-nos da prática destas máximas, opondo as suas, inteiramente        contrárias, por isso cada um terá a maior prudência e vigilância para, forte e corajosamente, combatê-las e vencê-las, sobretudo aquelas que mais repugnam ao nosso Instituto, que são: 1ª a prudência da carne; 2ª querer        parecer bem aos homens; 3ª desejar que todos se rendam sempre ao nosso juízo e vontade; 4ª buscar em tudo a própria satisfação; 5.ª a insensibilidade para com a honra de Deus e a salvação do próximo.

16. – E como o espírito maligno se transfigura frequentemente em anjo de luz e, às vezes, nos engana com suas ilusões, todos cuidadosamente se acautelarão delas e procurarão aprender o modo de as discernir e vencer. E, sabendo-se, por experiência, que, neste caso, o remédio mais eficaz e seguro é declarar a coisa, quanto antes, àqueles que para isto são por Deus designados, quando alguém se sentir acometido por pensamentos suspeitos de ilusão ou de grave angústia ou tentação, logo que possa, o manifestará ao Superior ou ao Diretor designado para isto, a fim de aplicar-se o remédio conveniente, que cada um receberá como vindo da mão de Deus, aprovando-o e        usando-o com toda a confiança e reverência. Sobretudo evitará manifestar isto de qualquer modo a algum outro dos Nossos ou dos de fora, mostrando bem a experiência que com semelhante manifestação        o mal se agrava, os outros se infeccionam com o contágio do mesmo mal e, finalmente, toda a Congregação recebe daí grande detrimento.

17. – E porque Deus mandou a        cada um cuidar do seu próximo e nós, como membros do mesmo corpo místico, devemos ajudar-nos uns aos outros, quando se souber que alguém é molestado por grave tentação        ou caiu em culpa notável, logo, em espírito de caridade e do melhor modo que puder, procurará que o Superior aplique devidamente a tempo os remédios convenientes a estes dois males. Cada um também, para mais adiantar-se em virtude, levará a bem e ficará contente que os seus de feitos sejam manifestados ao Superior, no mesmo espírito de caridade, por aquele que os haja observado, fora de confissão.

18. – Havendo Nosso Senhor vindo ao mundo para reparar nas almas o império        do seu Pai, livrando-as do demônio, que as roubara, enganando-as astuciosamente com a desordenada cobiça das riquezas, das honras e dos prazeres, julgou conveniente este benigno Salvador combater o seu adversário com armas contrárias, a saber, com a pobreza, castidade, obediência, como fez até à        morte.

E como a pequena Congregação da Missão surgiu na Igreja de Deus com o fim de empregar-se na salvação das almas, principalmente dos pobres camponeses, julgou que de nenhumas outras armas podia usar mais fortes e proporcionadas que daquelas mesmas de que tão feliz e utilmente usou a Eterna Sabedoria. Por esta razão, todos e cada um, conforme o nosso Instituto, fiel e perpetuamente guardarão esta pobreza, castidade e obediência. E para que mais segura e facilmente e também com maior merecimento possam perseverar até à morte na observância destas virtudes, cada um se esforçará no Senhor em executar com a maior fidelidade que puder, as coisas que a este respeito se determinam nos capítulos seguintes.

CAPÍTULO III

POBREZA

1. – Tendo o mesmo Cristo, verdadeiro Senhor de todos os bens, abraçado a pobreza, de tal sorte que não teve onde reclinar sua cabeça, e constituído em semelhante grau de pobreza os Apóstolos e Discípulos, que com Ele trabalhavam nas missões, a ponto de nada terem próprio, e assim desembaraçados combaterem melhor e mais facilmente a cobiça das riquezas, que perde a quase todo o mundo, cada um se esforçará por imitar o mesmo Senhor na prática desta virtude, quanto lho permitir a própria fraqueza, tendo por certo que esta há de ser o baluarte invencível com o qual a Congregação, mediante a divina graça, se conservará perpetuamente.

2. – E posto que os nossos ministérios nas missões, devendo exercitar-se gratuitamente, não permitem que professemos inteiramente a pobreza, todavia, afetivamente e ainda, quanto pudermos, efetivamente procuraremos observá-la no Senhor, principalmente nas coisas aqui prescritas.

3. – Todos e cada um da nossa Congregação entenderão que a exemplo dos primeiros cristãos todas as coisas nos serão comuns e a cada um serão distribuídas pelos Superiores, a saber, o sustento, as roupas, os livros, alfaias e demais coisas, conforme a necessidade de cada um. Mas para nada se fazer contra a pobreza que abraçamos, ninguém poderá dispor destes bens da Congregação nem distribuir coisa alguma, a não ser com a licença do Superior.

4. – Ninguém terá coisa alguma, ignorando-o ou não o concedendo o Superior ou que não esteja disposto a deixar logo, ao seu mandado ou aceno.

5. – Ninguém usará de coisa alguma como própria, nem a dará ou receberá, nem dará ou tomará emprestado, nem pedirá de outrem, sem licença do Superior.

6. – Ninguém tomará para si coisa alguma das que estão destinadas ao uso de outros ou postas de parte em comum ou deixadas, nem mesmo livros; nem dará a outrem sem licença do Superior o que lhe foi dado para seu uso; nem por seu descuido o deixará perder ou deteriorar.

7. – Ninguém pretenderá coisas supérfluas ou curiosas. Quanto, porém, às necessárias, de tal sorte há de cada um moderar seus desejos, que o sus tento, quarto e cama sejam quais convém a um pobre; e nisto, como em tudo o mais, esteja disposto a experimentar alguns efeitos da pobreza e mesmo a sofrer de boa vontade que se lhe dê o pior que houver na casa.

8. – E para que entre nós nada se veja que tenha o mais pequeno ressabio de propriedade, não se fecharão os nossos quartos, de modo que não possam abrir-se de fora, nem se guardará neles alguma caixa ou coisa semelhante, fechada com chave particular, a não ser com expressa licença do Superior.

9. – Ninguém, também partindo de uma casa para outra, levará consigo coisa alguma, sem licença do Superior.

10. – E porque a virtude da pobreza pode violar-se até só com o apetite desordenado dos bens temporais, cada um terá grande diligência para que este mal não entre em seu coração, nem mesmo para desejar benefícios com pretexto de bem espiritual. Por isso, ninguém aspirará a nenhum benefício ou dignidade eclesiástica, sob qualquer pretexto.

CAPÍTULO IV

CASTIDADE

1. – Quanto nosso Salvador amasse a castidade e quão ardentemente desejasse imprimi-la nos corações dos homens, evidentemente o mostrou em ter querido nascer de uma Virgem Imaculada, fora das leis da natureza, por obra do Espírito Santo, e ter aborrecido o vício contrário de tal sorte que, se bem permitiu que falsamente lhe imputassem atrocíssimos crimes, para, conforme seu desejo, fartar-se de opróbrios, em nenhuma parte, contudo, se lê ter sido notado, nem mesmo por seus maiores inimigos, não digo já de acusação, mas nem mesmo de alguma suspeita de impureza. Por isto, importa muito que a Congregação arda em singular e vivo desejo de adquirir esta virtude e que sempre e em toda a parte a pratique perfeitissimamente. No que tanto mais devemos empenhar-nos, quanto mais estreitamente nos obrigam os exercícios da Missão ao trato quase contínuo com seculares de um e outro sexo. Portanto, cada um se esforçará, quanto puder, por ter todo o cuidado, diligência e precaução para conservar inteiramente esta castidade, assim do corpo como da alma.

2. – A fim de poder consegui-lo com o auxílio de Deus, guardará com a maior vigilância os senti dos interiores e        exteriores; nunca falará         a mulheres só para só, em lugar e tempo indevidos; falando com elas ou escrevendo-lhes, se absterá de palavras, ainda que pias, que cheirem a ternura de afeto para com elas; ouvindo suas confissões, como também falando-lhes fora de confissão, não se chegará muito perto delas nem presumirá de sua castidade.

3. – E porque a intemperança é como mãe e ama de impureza, cada um será temperado no comer e, quanto puder ser, usará de alimentos comuns e de vinho misturado com muita água.

4. – Além disto, todos se persuadirão que de modo nenhum basta aos missionários chegar a um grau mais que mediano desta virtude, senão que ainda se exige que com todo o esforço procurem evitar, se puder ser, que nenhuma pessoa possa conceber de algum dos nossos nem mesmo a mais leve suspeita. Porque esta simples suspeita, posto que inteiramente injusta, mais prejudicaria a Congregação e os seus ministérios que outros crimes que falsamente nos fossem imputados, sobretudo porque, com isto, pouco ou nenhum fruto se tiraria das nossas missões. Pelo que, para precaver ou tirar este mal, usaremos de todos os meios, que puderem ocorrer, não só ordinários, mas também (se o caso o pedir) extraordinários, como é este: abster-se, às vezes, de algumas obras, embora lícitas e mesmo boas e santas, quando, a juízo do Superior ou Diretor, elas pareçam dar lugar a temer-se tal suspeita.

5. – E porque a ociosidade é madrasta principalmente da castidade, de tal sorte fugirá cada um deste vício, que sempre se ache utilmente ocupado.

CAPÍTULO V

OBEDIÊNCIA

1. – Para honrar a obediência que nosso Senhor Jesus Cristo nos ensinou de palavra e com o exemplo, quando quis estar sujeito à Beatíssima Virgem, a São José e também a outras pessoas constituídas em dignidade, tanto boas como más, nós obedeceremos a        todos e        a cada um dos nossos Superiores, considerando-os no Senhor e o Senhor neles. Primeiramente prestaremos reverência e obediência fiel e sinceramente ao nosso Santíssimo Padre, o Papa; renderemos também obediência humilde e constante, segundo o nosso Instituto, aos ilustríssimos e reverendíssimos senhores Bispos, em cujas dioceses estiver estabelecida a Congregação. Além disto, nada empreenderemos nas igrejas paroquiais, sem consentimento dos párocos.

2. – Assim mesmo, todos e cada um obedeceremos ao Superior Geral, pronta, alegre e perseverantemente, em tudo em que se não vê pecado, submetendo o próprio        juízo e vontade com uma obediência cega, não só quanto à sua vontade a nós significada, mas também quanto à sua intenção, julgando ser sempre para melhor o que ele manda e entregando-nos à sua disposição, como a lima na mão do artífice.

3. – E esta obediência deverá igualmente prestar-se aos outros Superiores, sejam eles particulares, como Visitadores, ou mesmo oficiais subalternos. Cada um também procurará obedecer ao toque da sineta, como à voz de Cristo, de tal sorte que, ao seu primeiro sinal, não duvide deixar in completa a letra começada.

4. – E para que a Congregação mais fácil e rapidamente progrida nesta virtude, procurará, quanto puder, que entre nós sempre vigore aquele pio costume de nada pedir e nada recusar. Contudo, quando alguém conhecer que alguma coisa lhe é ou nociva ou necessária, examinará, diante do Senhor, se por ventura deverá declarar ou não declarar isso mesmo ao Superior, e ficará indiferente quanto à resposta futura. Assim disposto, exporá o negócio ao Superior, tendo por certo que a vontade de Deus lhe é significada pela vontade do Superior e, conhecida esta, logo se conformará.

5. – Todos, nos dias e horas determinados de cada semana, se reunirão no lugar assinalado para ouvir os avisos que o Superior tiver a dar acerca da ordem da Casa e, se tiverem alguma coisa propor, lho digam.

6. – Ninguém ordenará aos outros coisa alguma nem repreenderá o outro, se para isto não esti ver autorizado pelo Superior, ou não for obrigado por seu ofício.

7. – Ninguém, sofrendo recusa de seu Superior, recorrerá a outro Superior sobre a mesma coisa, sem que lhe declare a recusa do outro e o motivo dela.

8. – Ninguém, ainda que impedido por algum negócio que sobrevenha, deixará o cuidado do que lhe estiver confiado, sem avisar a tempo algum dos Superiores para encarregar outro, se for necessário.

9. – Assim como ninguém deve intrometer-se no ofício ou ministério de outro, assim, quando alguém for rogado por outro, particularmente        dos oficiais, mesmo inferiores, para que o ajude de passagem, o fará benignamente, se não houver impedimento. Contudo, se fosse necessário ocupar-se nisto por mais tempo, não se fará, sem se obter antes licença do Superior.

10. – Ninguém entrará no lugar destinado ao ofício de outro, sem licença do Superior, mas, nas coisas necessárias, bastará a licença do responsável por aquele lugar.

11. – Para obviar-se a muitos e graves inconvenientes que poderiam suceder, ninguém escreverá, mandará ou abrirá cartas, sem licença do Superior, ao qual cada um entregará as que houver escrito, para mandá-las ou retê-las, como bem lhe parecer.

12. – E para que a obediência também em parte contribua à saúde do corpo, ninguém beberá nem comerá fora das horas costumeiras, sem licença do Superior.

13. – Ninguém, sem faculdade geral ou especial do Superior, entrará no quarto de outro nem o abrirá, sem se ter respondido – entre -. Mas, enquanto estiverem juntos, a porta estará aberta.

14. Ninguém introduzirá outros no seu quarto, mormente externos, sem ter obtido licença do Superior.

15. – Ninguém comporá livro nem o traduzi rá de uma língua para outra, nem o dará ao prelo, sem aprovação e permissão expressa do Superior Geral.

16. – Nenhum dos nossos Coadjutores, destinados ao ofício de Marta, aspirará ao estudo da língua latina, menos ainda ao estado eclesiástico. E se algum sentir em si tal desejo, procurará logo afogá-lo, como vindo do espírito maligno, que intenta perdê-lo com o fino orgulho, encoberto com o zelo das almas. E mesmo não aprenderão a ler ou escrever, sem expressa licença do Superior Geral.

CAPÍTULO VI

DO QUE DIZ RESPEITO AOS ENFERMOS

1. – Como entre as coisas que Cristo praticava e mais frequentemente recomendava aos que enviava à sua vinha, fosse uma das principais o cuidado e visita dos enfermos, mormente pobres, por isto a Congregação        terá particular cuidado de visitar e aliviar, com consentimento do Superior, não só os enfermos domésticos, mas também os de fora, subministrando-lhes os socorros corporais e espirituais, que puderem comodamente, sobretudo nas missões e pondo, além disto, singular cuidado em estabelecer e        visitar a        Confraria da Caridade.

2. – Em qualquer parte em que visitarem algum enfermo, em casa ou fora dela, não o considerarão como homem, mas como o próprio Cristo, que afirma ser a Ele mesmo que se presta tal obséquio. E por isto cada um se portará modestamente e falará com voz baixa e de coisas que possam alegrá-lo e consolá-lo e edificar os presentes.

3. – Também os nossos enfermos se persuadirão de que não estão detidos na enfermaria e na cama somente para se curar com os remédios e alcançar a saúde, mas também para ensinar, como de um púlpito, ao menos com o seu exemplo, as virtudes cristãs, principalmente a paciência e a conformidade com a divina vontade. Assim, serão o bom odor de Cristo para todos os que os visitarem e servirem, de sorte que sua virtude se aperfeiçoe na enfermidade. Como, porém, entre as demais virtudes que se requerem nos enfermos, a obediência seja muito necessária, eles a prestarão exatissimamente aos médicos, não só espirituais, mas também aos corporais e mesmo ao enfermeiro e a outros destinados a cuidar deles.

4. – E para que nenhum abuso se introduza acerca dos enfermos, todos que se sentirem indispostos, darão parte disso ao Superior ou ao Prefeito da saúde ou ao enfermeiro. Ninguém, porém, tomará remédio algum, nem se servirá do nosso médico nem consultará outro, a não ser com         a aprovação do Superior.

CAPÍTULO VII

MODÉSTIA

1. – Tanta modéstia resplandecia em Cristo Senhor nosso, em seu rosto e em suas ações, como em suas palavras, que até ao interior dos desertos atraía muitos mil do povo, para gozarem de sua vista e ouvirem as palavras de vida eterna que saíam de sua boca, a ponto de esquecerem de tomar a comida e bebida necessária. Esta amável virtude devem imitar em tão soberano Mestre os missionários, que, sendo obrigados por seu Instituto a tratar frequentemente com o próximo, devem sempre temer vir a destruir com o mau exemplo, ainda de uma pequenina imodéstia, o que houve rem edificado no Senhor com suas funções e ministérios. Pela qual razão todos observarão diligentemente o que São Paulo recomendava aos primeiros cristãos: A vossa modéstia seja notória a todos os homens. Para assim poderem cumpri-lo, procurarão com todo o cuidado praticar as regras particulares de modéstia prescritas na Congregação, e estas que se seguem.

2. – Primeiro que tudo se absterão da divagação dos olhos, particularmente na igreja, à mesa e nas ações públicas, e terão atenção a que nos seus gestos nada apareça leviano ou pueril, nem afetado ou mundano no seu andar.

3. – Todos se guardarão de se tocar entre si, nem mesmo brincando, exceto quando convém abraçar-se mutuamente em sinal de caridade e por motivo de saudação, como quando alguém parte para longe, ou volta de novo à casa ou é recentemente admitido na Congregação.

4. – Cada um será cuidadoso em conservar a honesta limpeza, principalmente nas vestes, abstendo-se, porém, inteiramente da que for demasiadamente preciosa e afetada.

5. – Cada um conservará as suas pobres e pouquíssimas alfaias limpas e bem dispostas no seu quarto, o qual varrerá, de três em três dias, e, levantando-se pela manhã, comporá decentemente a cama, se não for que, em razão de sua enfermidade ou de outro negócio, esteja outro destinado para isto pelo Superior.

6. – Ninguém sairá do quarto sem estar decentemente vestido.

7. – E para que mais fácil e prontamente possamos mostrar a nossa modéstia em presença de outros, cada um, privadamente e mesmo estando no quarto, será muito solícito em conservar-se modesto, considerando a Deus presente e principalmente se acautelará de dormir de noite sem roupa ou sem estar decentemente coberto.

CAPÍTULO VIII

DA MÚTUA CONVERSAÇÃO DOS NOSSOS

1. – Havendo Cristo nosso Salvador congregado em família seus Apóstolos e Discípulos, lhes deu alguns preceitos de bem viver entre si, como estes: que se amassem mutuamente, que lavássemos pés uns dos outros, que, se algum tivesse queixa contra outro, fosse logo reconciliar-se com seu irmão, que andassem dois a dois, finalmente que, se algum quisesse ser maior entre eles, se fizesse menor, e outros preceitos semelhantes a estes. E, como a nossa pequena Congregação deseja seguir os vestígios de Cristo e de seus discípulos, deve também, a seu exemplo, ter as        seguintes regras, que prescrevem a maneira de bem conviver e        conversar entre nós, as quais cada um procurará observar com todas as        suas forças.

2. – Para que haja e sempre se conserve entre nós inteiramente a caridade fraterna e a santa união, todos se terão mutuamente grande respeito, convivendo entre si à maneira de íntimos amigos.

Evitarão, porém, com todo o cuidado as amizades particulares, assim como também as aversões, sabendo-se bem por experiência que estes dois vícios são a origem das divisões e a ruína das Congregações.

3. – Todos mostrarão, como é justo, singular reverência aos Superiores e se descobrirão em sua presença e, quando eles lhes falarem, se guardarão de interrompê-los ou, o que é pior, de resistir-lhes com palavra. Todos        também se descobrirão        aos sacerdotes; os seminaristas e estudantes, aos seus diretores e mestres. Os sacerdotes também procurarão no Senhor prevenir-se entre si com esta honra. Contudo, para se não dar lugar à divagação dos olhos ou do espírito, ninguém, estando à mesa, se descobrirá a outro a não ser ao Superior ou a algum externo        mais qualificado.

4. – E porque a Escritura testifica que há tempo de falar e tempo de calar, e que no muito falar não faltará pecado, e também porque consta bastante por larga experiência não ser quase possível conservar-se no bem, por muito tempo, uma comunidade dedicada a        Deus, se nela se não ordenar alguma moderação no falar e nenhuma conta se tiver com o silêncio, entre nós se guardará silêncio fora do tempo da recreação, de sorte que fora dele ninguém fale sem necessidade, a não ser de passagem, em poucas palavras e voz baixa, particularmente na igreja, sacristia, dormitório e refeitório, mormente estando à        mesa. Se, porém, a alguém que está nela faltar alguma coisa, o seu vizinho com uma palavra, se não bastar um aceno ou outro sinal, avisará o servente. Em qualquer tempo, porém, que falemos, mesmo nas horas destinadas à conversação, sempre nos acautelaremos da demasiada contenção ou elevação da voz, pois que daí podem receber desedificação tanto os nossos como os externos.

5. – Nenhum dos nossos, sem licença do Superior, falará com os seminaristas ou estudantes ou outros, mesmo sacerdotes que ainda não completaram o biênio, depois da saída do seminário, se não só para saudá-los de passagem e com uma palavra, quando a caridade no-lo exige.

6. – Para maior observância do silêncio, atenderá cada um que, quanto ser possa, não se faça ruído, estando no quarto ou andando pela casa, principalmente de noite, ou também quando abre ou fecha as portas.

7. – Nas conversações e recreações cotidianas, de tal sorte ajuntaremos a modéstia com a alegria que sempre, quanto puder ser, misturemos o útil com o agradável e a todos edifiquemos com o nosso exemplo. Para mais facilmente conseguirmos isto, serão as nossas conversações ordinariamente sobre coisas pertencentes à piedade ou à ciência que se requer nos missionários.

8. – Nos mútuos colóquios, bem como em outros que podem licitamente ocorrer, procuraremos introduzir, entre os demais assuntos, aqueles principalmente que podem excitar-nos ao amor da nossa vocação e ao desejo da própria perfeição, incitando-nos a isto uns aos outros, já recomendando a virtude, tal como a devoção, mortificação, obediência e humildade, já também defendendo-as humilde e suavemente contra aqueles que delas falassem desfavoravelmente. E se alguma destas virtudes repugar ao nosso sentimento, somente ao Superior ou ao Diretor o descobriremos, guardando-nos com todo o cuidado de o manifestar a outros, em público ou em particular.

9. – Falando uns com outros, fugiremos com grande diligência toda a sorte de pertinácia ou porfia, ainda que seja por modo de recreação. Antes, procuraremos no Senhor preferir, quanto puder ser, o parecer dos outros ao nosso, em tudo que não for ilícito. Se algum, porém, for de parecer diverso acerca da coisa proposta, poderá com modéstia e humildade de espírito expor as suas razões; mas, sobretudo, se guardarão todos de levar a mal qualquer coisa na conversação ou de mostrar-se ofendidos contra alguém ou de ofendê-los com palavras ou ações, ou de qualquer outro modo.

10. – Todos se julgarão gravemente obriga dos em consciência a guardar segredo não somente acerca das coisas pertencentes à confissão ou direção, senão também acerca das que se fazem ou dizem no capítulo, quanto às culpas e penitências, como acerca de outras, cuja revelação sabemos ser proibida pelos Superiores ou pela mesma natureza da coisa.

11. – Ninguém tocará, nem ainda levemente, na fama de outros, principalmente dos Superiores, nem murmurará contra eles, nem censurará coisa alguma que se faça ou diga em nossa Congregação ou em outras comunidades.

12. – Ninguém investigará curiosamente acerca de administração da casa nem dela discorrerá com outros, nem direta nem indiretamente falará contra as Regras ou Constituições ou mesmo pios usos da Congregação.

13. – Ninguém se queixará do sustento, roupa e cama, nem mesmo falará disto, se não for obrigado por seu ofício.

14. – Ninguém falará mal das outras nações ou províncias, porque daí costumam seguir-se muitos males.

15. – Nas públicas discórdias e guerras que podem originar-se entre príncipes cristãos, ninguém mostrará inclinar-se a um ou outro partido, à imitação de Cristo, que não quis ser árbitro entre irmãos que litigavam, nem julgar do direito dos príncipes, dizendo somente que a César se deve dar o que a César pertence, etc.

16. – Cada um se porá muito longe de colóquios acerca de coisas pertencentes à razão do estado ou dos reinos e outros negócios públicos seculares, principalmente de guerras e contendas de príncipes no presente tempo, e outros rumores semelhantes. Ainda se guardará, quanto puder ser, de escrever coisa alguma sobre estes assuntos.

CAPÍTULO IX

DA CONVERSAÇÃO COM OS EXTERNOS

1. – Além das regras que nosso Salvador deu aos seus Apóstolos e Discípulos acerca da maneira de tratarem entre si, a juntou certos preceitos acerca do modo        de bem se haverem com o próximo, com os escribas e fariseus, com os presidentes, quando fossem levados às suas Sinagogas e Tribunais, e quando fossem convidados a banquetes e outros semelhantes. Por esta razão, a seu exemplo, foi conveniente termos igualmente certas regras da maneira de comunicar com os externos. Nós, pois, procuraremos observar fielmente        as seguintes.

2. – Embora nosso Instituto nos obrigue a tratar frequentemente com seculares, principal mente nas missões, todavia não iremos a eles, senão quando a obediência ou a necessidade nos chamar. Então nos lembraremos desta palavra do Senhor: Vós sois a luz do mundo, para imitarmos a luz do sol, que ilumina e aquece e nada perde de sua pureza ainda que passe por lugar imundo.

3. – Todos se guardarão        diligentemente        de solicitar pleitos de externos, executar testamentos, tratar comércios e matrimônios e outras semelhantes ocupações seculares, segundo o conselho do Apóstolo: ninguém, militando para Deus, se embaraça com negócios seculares.

4. – Ninguém também se meterá a cuidar de negócios pios, nem prometerá ajudar a tratá-los, nem mesmo a isto se mostrará propenso sem faculdade do Superior.

5. – Em casa, ninguém falará com externos, nem para isso chamará outros dos nossos, sem faculdade do Superior.

6. – Ninguém convidará algum externo para a mesa, sem licença do Superior.

7. – Ninguém trará recados ou cartas ou qualquer outra coisa de algum externo para algum dos nossos ou levará de algum dos nossos para algum externo, sem licença do Superior.

8. – Ninguém comunicará aos externos as nossas Regras ou Constituições, sem expressa faculdade do Superior Geral ou do Visitador. Aos postulantes, porém, poderão mostrar-se estas Comuns com licença do Superior particular e isto no tempo dos exercícios espirituais ou mesmo antes, se assim lhe parecer convir no Senhor.

 

9. – Ninguém temerária e inutilmente contará aos externos o que se fez ou há de fazer-se em casa; nem com eles falará de coisas que entre os nossos não é permitido trazer à conversação, mor mente daquelas que pertencem ao governo do Estado ou do Reino.

10. – Quando alguém tiver licença de ir ter com externos, só falará com eles de coisas necessárias ou conducentes à sua salvação e edificação ou à própria ou à de ambos. Isto com a gravidade, devoção e modéstia que é devida, segundo as circunstâncias das pessoas, lugares e tempos.

11. – Ninguém sairá de casa, senão como, quando e com quem parecer ao Superior, ao qual tocará designar o companheiro, se para isto não houver designado outro. O companheiro nomeado, porém, dará a precedência ao outro e o deixará falar.

12. – Quando alguém pedir licença ao Superior para sair, lhe dirá juntamente aonde e para que deseja ir, e, logo que voltar a casa, lhe dará conta do que tiver feito.

13.- Ninguém entrará ou sairá, a não ser pela porta ordinária da casa, a menos que a necessidade ou a licença do Superior o dispense nisto.

14. – Os que saírem de casa, mesmo os que tiverem faculdade de sair e voltar pela porta dos fundos ou pela igreja, porão nota nos seus nomes e avisarão o porteiro da hora em que hão de voltar, para que ele possa satisfazer aos que os procurarem. Não sairão antes do dia, e, antes da noite, se recolherão à casa e logo retirarão a nota posta no seu nome.

15. – Ninguém comerá fora de casa, sem licença do Superior, exceto indo de viagem.

16. – Ninguém, indo de viagem e passando por lugares onde haja casa da Congregação, se hospedará em outra parte, senão nela. E enquanto aí permanecer, se sujeitará à obediência de quem ali governa. Nada aí tratará senão por seu conselho e direção. O mesmo fará aquele que ali tiver vindo para tratar de negócio.

CAPÍTULO X

DOS PIOS EXERCÍCIOS

QUE HAO DE OBSERVAR-SE NA CONGREGAÇÃO

1. – Cristo Senhor nosso e seus Discípulos tinham seus pios exercícios, como eram: subir ao templo, em dias determinados; retirar-se algumas vezes à solidão; aplicar-se à oração e outros semelhantes. Pelo que, é conforme à razão que esta pequena Congregação tenha também suas práticas espirituais, que procurará observar diligentemente, pospondo quaisquer outras (se a necessidade ou a obediência o não proíbe), porque elas também são as que mais eficazmente conduzem à verdadeira observância das outras Regras ou Constituições e à própria perfeição.

2. – Como, segundo a Bula da ereção da nossa Congregação, devemos venerar de maneira particular os inefáveis mistérios da Santíssima Trindade e da Encarnação, procuraremos cumprir isto com o maior cuidado e, se puder ser, de todas as maneiras, mas principalmente executando estas três coisas: 1ª fazendo frequentemente do íntimo do coração atos de fé e religião sobre estes mistérios; 2ª oferecendo todos os dias à sua glória algumas orações e obras pias e principalmente celebrando as suas festas com solenidade e com a maior devoção que pudermos; 3.a trabalhando com toda vigilância para, com instruções e exemplos nossos, infiltrar nos ânimos dos povos o conhecimento, honra e culto deles.

3. – E porquanto, para venerar perfeitamente estes mistérios, nenhum meio pode dar-se mais excelente do que o devido culto e bom uso da sagra da        Eucaristia, quer a consideremos como sacramento quer como sacrifício, pois contém em si como que a suma dos outros mistérios da fé e por si mesma santifica e, finalmente, glorifica as almas dos que dignamente comungam e devidamente celebram, e daí resulta amplíssima glória a Deus uno e trino e ao Verbo Encarnado. Por isto nada teremos por mais recomendado do que rendermos a devida honra a este sacramento e sacrifício como também trabalharmos com todo o desvelo para que por todos lhe seja dada a mesma honra e reverência, o que procuraremos cumprir com todo o es forço, impedindo principalmente, quanto puder ser, que acerca dele algo se; faça ou diga irreverentemente, e ensinando com diligência aos outros o que devem crer deste tão soberano mistério e de que modo devem venerá-lo.

 

4. – E porque a mesma Bula, além disto, expressamente nos encomenda venerar do mesmo modo com particular culto a Beatíssima Virgem Maria, o qual, por outros títulos, já devemos prestar-lhe, todos e cada um procuraremos com a ajuda de Deus cumprir isto perfeitamente: 1º honrando todos os dias com singular devoção esta digníssima Mãe de Cristo e nossa; 2º imitando, quanto puder ser, suas virtudes, mormente a humildade e a castidade; 3º exortando ardentemente os outros (sempre que haja oportunidade e possibilidade) a tributar-lhe constantemente grandíssima honra e digno serviço.

5. – Teremos grandíssimo cuidado de cumprir devidamente com o ofício divino, o qual se recitará        segundo o Rito Romano e em comum, mesmo nas Missões, mas em voz mediana e sem canto, para mais comodamente nos aplicarmos a ajudar o próximo, excetuadas, porém, aquelas casas, nas quais, em razão das fundações ou dos ordinandos ou dos seminários externos ou por outra necessidade, formos obrigados ao canto Gregoriano. Mas em qualquer lugar ou tempo em que rezarmos as horas canônicas, nos lembraremos com quanta reverência, atenção e devoção devemos fazê-lo, sabendo de certo que então celebramos os louvores divinos e, por conseguinte, fazemos o ofício dos Anjos.

6. – Como, entre os principais ministérios das nossas Missões, um dele exortar os outros à digna e frequente recepção dos sacramentos da Penitência e Eucaristia, é conveniente que nós também com maior razão lhes demos o exemplo nesta parte e muito mais nos avantajemos. Portanto, procuraremos cumprir isto perfeitissimamente. E para que tudo se faça com ordem, os sacerdotes se confessarão duas vezes ou ao menos uma na semana a um dos confessores da casa, designados para isto, e não a outros, sem licença do Superior, e todos os dias, se nada obstar, celebrarão Missa. Os demais, porém, que não são sacerdotes, se confessarão todos os sábados e vigílias das principais festividades, a um dos        sobreditos confessores, se o Superior não houver designado outro. E        em todos os domingos e festas sobreditas comungarão, segundo o conselho do Diretor. E todos os dias ou virão Missa.

7. – Não podendo nós imitar inteiramente à Cristo Senhor nosso, o qual, além das meditações durante o dia, ainda passava noites em oração        de Deus, todavia isto faremos, segundo a nossa pequenez. Por isto todos e cada um nos aplicaremos diligentemente todos os dias à oração mental por uma hora, e isto em comum e no lugar designado, segundo o costume da Congregação.

8. – Cada um terá grande cuidado de não deixar passar dia algum sem ler alguma coisa em algum livro espiritual, segundo a necessidade de sua própria alma, pelo tempo prescrito pelo Superior ou Diretor. Os sacerdotes e os clérigos, além disto, lerão um capítulo do Novo Testamento, venerando este livro como regra da perfeição cristã. Mas, para maior aproveitamento, esta leitura se fará de joelhos e cabeça descoberta, ajuntando, ao menos no fim, os três atos seguintes: o primeiro dos quais será adorar as verdades contidas no mesmo capítulo; o segundo, excitar-se a revestir-se do mesmo espírito, com que Cristo ou os Santos as proferiram; o terceiro, resolver-se a executar os conselhos e imitar os exemplos que nele se contêm.

9. – Para termos mais claro conhecimento dos nossos defeitos, e assim, com o auxílio divino, conseguirmos a remissão deles e a maior pureza da alma, todos e cada um farão todos os dias dois exames de consciência: um particular, que se fará brevemente, antes do almoço e do jantar, sobre como adquirir alguma virtude ou        desarraigar algum vício; outro, porém, geral, sobre todas as ações do dia, pouco antes de deitar-se.

10. – Para venerarmos a solidão de Cristo, principalmente a dos quarenta dias que esteve no deserto, todos e cada um, tanto eclesiásticos como leigos, entrando para a Congregação, farão os exercícios espirituais e a confissão geral de toda a vida passada com algum sacerdote designado pelo Superior. Os já entrados farão os mesmos exercícios com outra confissão desde a última geral; os seminaristas, cada seis meses; os outros, porém, todos os anos farão        uma e outra coisa.

11. – E assim como dificilmente poderá alguém progredir na virtude, sem o auxílio de algum diretor espiritual, assim também, se o que há de ser dirigido não se comunicar algumas vezes com o próprio diretor acerca do seu estado interior, como é natural, muitíssimo difícil será que chegue à perfeição que lhe convém. Por esta razão, todos e cada um com toda a sinceridade e devoção darão conta da consciência, segundo a        fórmula        ensinada na Congregação, ao Superior ou a outro designado por ele, ao menos cada três meses, principalmente no tempo dos exercícios espirituais, e todas as vezes que parecer bem ao Superior.

12. – Todos assistirão diligente e devotamente às conferências de matérias espirituais, que se farão ao menos uma vez na semana, as quais, de ordinário, tratarão da abnegação da própria vontade e do próprio juízo, do exercício de fazer a vontade divina em todas as coisas, da união fraterna, do zelo da própria perfeição e do progresso nas outras virtudes, mormente naquelas que formam o espírito da Missão.

13. – Para imitarmos algum tanto, segundo a nossa fraqueza, a        Cristo, em se ter humilhado a si mesmo e querido ser reputado entre os iníquos, cada um, todas as sextas-feiras, dirá sua culpa, na presença dos outros, ao Superior ou a outro que fizer suas vezes e        isto tanto em casa como nas missões, e aceitará com boa vontade os avisos e penitências que lhe forem dadas. Igualmente se guardará aquele pio costume de pedir em capítulo para sermos ali publicamente avisados dos nossos de feitos, e, então, cada um procurará dar este aviso em espírito de humildade e caridade.

14. – Além disto, para mais depressa aumentar em nós o amor da própria abjeção, e assim mais e mais aproveitarmos no caminho da perfeição, nos esforçaremos por abraçar, com serenidade de ânimo, no Senhor, quaisquer ocasiões de humilhação que se nos ofereçam, mesmo fora do capítulo e em qualquer tempo. Por isto, quando, no fim da oração mental ou da conferência espiritual ou de outra ação pública, o Superior chamar alguém para ser avisado de algum defeito, logo se porá de joelhos e, em espírito de humildade, sem dizer palavra, e de boa mente, ouvirá a advertência receberá a penitência e a cumprirá fielmente.

15, – Posto que os trabalhos contínuos dos missionários não permitam que por alguma regra sejam gravados com mortificações e austeridades corporais, contudo, cada um terá delas grande estima e com afeto da alma sempre para elas propenderá, e mesmo delas poderá usar, como a saúde e sérias ocupações lho permitirem, a exemplo de Cristo e dos primeiros cristãos e ainda de muitos que vivem no século, cheios de espírito de penitência. Ninguém, entretanto, sem consultar o Superior ou Diretor, empreenderá outras que não sejam as impostas em confissão.

16. – Para honrarmos de algum modo a Paixão        de Cristo, cada um na sexta-feira de cada semana se contentará        na refeição da noite com um só prato, e esse de hortaliças ou legumes, exceto nas missões ou em viagem.

17. – Na segunda e terça-feira, depois da do minga da quinquagésima, nos absteremos de carne em casa, para com esta bem pequenina mortificação, honrarmos a Deus no mesmo tempo em que muitos cristãos o ofendem com suas dissoluções e glutonarias.

18. – Além disto todos observarão exatamente a ordem do dia, que se costuma na Congregação, assim em casa como nas missões, principalmente quanto às horas de levantar e deitar, de fazer a oração, de recitar o ofício divino e de comer.

19. – Para que a alma se alimente juntamente com o corpo, em todas as nossas casas e também nas missões, haverá sempre leitura espiritual à mesa, por todo o tempo da refeição.

20. – Guardar-se-ão também outros louváveis costumes da Congregação, como são estes: imediatamente antes de sair de casa como também depois de voltar, ir à igreja e saudar a Cristo sacramentado; catequizar os pobres, mormente os mendigos, quando se oferecer oportunidade, principalmente indo de viagem; ao entrar e sair dos quartos, ajoelhar para invocar a Deus, antes da ação, e dar-lhe graças depois dela.

21. – Se além dos pios exercícios prescritos nestas regras, quiser alguém acrescentar outros, o comunicará ao Superior ou Diretor, e nada fará nesta matéria, senão o que eles lhe permitirem, para que não suceda que, agindo de outra sorte, faça talvez a sua vontade, e ainda a do Diabo; e assim em castigo da sua indiscrição ou desobediência seja por ele enganado com aparência de bem e finalmente prejudique a        própria        alma.

CAPÍTULO XI

DAS MISSÕES E OUTRAS FUNÇÕES

DA CONGREGAÇÃO EM FAVOR DO PRÓXIMO

1. – Havendo Cristo Senhor nosso dado regras aos seus Discípulos acerca de fazer as missões, mandando-lhes rogar ao Senhor da seara que mandasse operários à sua messe e designando a quais nações haviam de ir, o que observariam no caminho, em que casas deveriam hospedar-se, o que comeriam e, finalmente, como se portariam com os que não quisessem recebê-los, nós, por isso, seguindo        seus vestígios segundo        nossa pequenez, observaremos com todo o cuidado as seguintes regras como também as instruções que se costumam dar na Congregação, nas quais se contêm a maneira e a ordem de bem nos portarmos nas missões e nas outras funções.

2. – Cada um, quando se oferecer ocasião, procurará ajudar o próximo com admoestações e conselhos e o incitará à prática de boas obras. Mas nenhum se encarregará de dirigir alguém senão nos exercícios espirituais, nas missões e naquelas casas da Congregação, em que os nossos têm cura de almas, ou noutras ocasiões, quando a isto forem aplicados pelo Superior. Mas ainda nestas ninguém sem licença e aprovação do Superior dará jamais por escrito instruções ou fórmulas algumas de viver.

3. – Para que aos nossos missionários se não oponha com razão o que diz o Apóstolo: como pregarão se não forem enviados?, ninguém pregará publicamente ou catequizará do púlpito, se não for aprovado pelo Visitador e pelo mesmo ou por seu Superior imediato aplicado a isso. Todavia, nas missões, poderá o Diretor delas, quando no Senhor o julgar conveniente, e haja perigo em esperar por carta a resposta do Superior, mudar por algum tempo os pregadores e catequistas, substituindo outros; contanto que, logo que possa, dê parte ao Superior.

4. – Assim como a nenhum dos nossos é lícito ouvir as confissões tanto dos nossos como dos externos, sem ser aprovado pelo Ordinário, também os que têm esta aprovação, para não seguir-se daí algum abuso, não devem exercer este ofício, se não forem primeiro designados pelo Visitador e pelo mesmo ou pelo Superior particular aplicados a isso.

5. – Os que forem às missões levarão sempre consigo o mandato dos ilustríssimos e reverendíssimos Bispos, em cujas dioceses se fizerem as missões, e o mostrarão aos párocos ou outros superiores das igrejas a que forem. E, concluídas as missões, antes de voltar a casa, darão conta aos senhores Bispos, se assim o desejarem, do que houverem feito em relação a elas; mas, primeiro, deve consultar-se o Superior para designar a pessoa e o modo de fazer isto.

6. – Na entrada e saída da missão, pedirão todos a bênção aos párocos e, estando ausentes, aos seus vigários. E nada farão de maior importância sem primeiro lho comunicarem e se guardarão de nada empreenderem contra sua vontade.

7. – A exemplo de São Paulo, que, para não agravar os outros, trabalhava de noite e de dia com suas mãos para ganhar o necessário para si e seus companheiros, nós, nas missões, a ninguém seremos pesados, antes, faremos todos os nossos exercícios gratuitamente e sem retribuição ou sustentação alguma temporal. Poderemos, todavia, servir-nos da habitação e alfaia que nos oferecerem.

8. – Posto que cada um deve ardentemente desejar e mesmo, quando a coisa o requer, pedir humildemente para ser aplicado a visitar os enfermos ou a compor contendas e litígios, principalmente no decurso das missões, contudo, para que a caridade seja bem ordenada pela obediência, ninguém empreenderá tais obras de misericórdia, sem licença do Superior.

9. – Em propor sobre casos de consciência, que ocorrerem nas confissões, deverá ter-se grande prudência e cautela, de sorte que nunca se possa conhecer a pessoa de que se trata. E para precaver males que daí poderiam resultar, ninguém proporá sobre algum caso de consciência de alguma importância, sem consultar antes o Diretor da missão.

10. – O nome de missionários ou de sacerdotes da missão (que nós não usurpamos, mas nos foi imposto pela voz comum dos povos, ordenando-o assim a Divina Providência) mostra bem que o trabalho das missões, entre os outros exercícios em favor do próximo, é para nós o primeiro e principal. Por esta razão, a Congregação nunca deve omiti-las com pretexto de outra obra pia, ainda que mais útil; mas cada um, com tanto afeto da alma se afeiçoará a elas, que sempre esteja disposto a ir fazê-las, todas as vezes que a obediência o chamar.

11. – E porquanto a direção das religiosas não pouco retardaria as missões e outras funções do nosso Instituto, todos e cada um se absterão de dirigi-las e ninguém as visitará, nem lhes irá pregar, mesmo no decurso das missões, se antes não tiver para isso faculdade expressa ao menos do Superior particular. E        posto que a nossa Congregação já esteja deputada para dirigir as Filhas ou Irmãs da Caridade, por sua própria instituição, todavia, nenhum dos nossos tomará a direção delas, sem licença do mesmo Superior.

 

12. – Além disto, entenderão todos e cada um que os nossos ministérios em favor dos eclesiásticos externos em nossas casas, mormente dos ordinandos e seminaristas, assim como em favor de outros que dirigimos no retiro espiritual, não devem deixar de fazer-se a pretexto das missões, porque estas devem fazer-se sem omitir aqueles, pois que por nosso Instituto, estamos quase igualmente obrigados a um e outro ministério (ainda que as missões devem preferir-se) sempre que formos chamados pelos Prelados e pelos Superiores. E também consta por larga experiência que quais quer frutos colhidos das mesmas missões dificilmente podem conservar-se por muito tempo, sem o auxílio dos párocos, à perfeição dos quais parecem contribuir não pouco os sobreditos ministérios. Por isto, com toda a vontade, cada um se oferecerá a Deus para exercê-los bem e piamente. E para melhor e mais facilmente assim o cumprir, procurará observar exatamente as instruções        que os nossos Superiores costumam dar a tal respeito.

CAPÍTULO XII

DE ALGUNS MEIOS E ADJUTÓRIOS

REQUERIDOS PARA BEM E FRUTUOSAMENTE

SE FAZEREM AS SOBREDITAS FUNÇÕES

1. – Assim como a Congregação no mesmo princípio das Regras ou Constituições se propôs imitar a Cristo Senhor nosso, em ter começado a fazer e ensinar, assim também, neste último capítulo, é mister determinar-se a segui-lo em ter feito bem todas as coisas: porque tudo quanto de bem fizermos, antes merecerá castigo do que prêmio, se não for bem feito. Pelo que, foi conveniente ajuntar aqui estas poucas máximas e meios conducentes a bem exercer as sobreditas funções, os quais todos os nossos missionários procurarão praticar com diligência.

2. – Cada um, em todas as suas obras, e sobretudo nos sermões e outras funções da Congregação, procurará animar-se com a puríssima intenção de agradar só a Deus, quanto puder, e renová-la a miúdo, mormente no começo das ações principais. Sobretudo, se guardará de admitir nelas algum desejo de agradar aos homens ou de satis fazer a si mesmo, o que certamente poderia afetar e corromper qualquer ação        santíssima, segundo a doutrina de Cristo: Se o teu olho for mau, todo o teu corpo será tenebroso.

3. – E porque, como diz o Apóstolo, acontece algumas vezes que havendo começado em espírito, acabamos em carne, o que sucede ordinariamente ou quando à nossa ação se segue certa vã complacência, com a qual nos deleitamos inutilmente, se nos saiu com aplauso dos homens, ou quando nos sentimos tão pesados e molestos a nós mesmos, que de nenhuma maneira podemos aquietar-nos, se ela teve menos felizes êxitos. Por isso, poremos todo o cuidado e diligência para jamais cair em algum destes defeitos. Mas, para obviar ao primeiro mal, teremos presente esta verdade que toda a glória deve dar-se a        Deus e, a nós, nada mais senão a confusão; depois que, se vãmente nos deleitarmos com semelhantes aplausos, muito é de temer que venhamos ouvir estas palavras de Cristo: Em verdade vos digo: recebestes a vossa recompensa. O remédio, porém, do segundo mal será este: acolher-se imediatamente à verdadeira humildade e ao amor da própria abjeção, que Deus então de nós exige. Depois, considerar atentamente que, muitas vezes, de semelhantes contradições sofridas com paciência resulta tanta glória ao nome de Deus e utilidade ao próximo, quanta poderíamos esperar de sermões agradáveis ao povo e frutuosos na aparência.

 

 4. – E porque aqueles dois males, molestos aos pregadores, a saber, a vã complacência e a desordenada inquietação, costumam também nascer de ouvir tanto os próprios louvores, como as censuras acerca destas ações públicas, ninguém louvará os nossos, mormente em sua presença, por seus raros dotes da natureza ou da arte, muito me nos por sermões feitos com eloquência e aplauso dos homens. Nem, ao contrário, os arguirá por de feitos de ciência ou de eloquência e outros que tais, notados na pregação. E se alguns necessitas sem alguma congratulação ou aviso para moderar sua timidez ou coibir sua vã complacência, ao Superior tocará        fazê-lo        ou deputar alguém que prudentemente faça uma e outra coisa. Todavia, não será mau louvá-los algumas vezes pelos atos de humildade, mortificação, simplicidade ou de outras semelhantes virtudes, também praticadas nas mesmas pregações, contanto que isto se faça moderada e discretamente, na sua ausência e com atenção a Deus.

5. – Posto que a simplicidade, como primeira e mais própria virtude dos missionários, sempre e em toda a parte deva ser por eles fielmente praticada, todavia, com maior cuidado a praticaremos nas missões, principalmente quando anunciarmos a palavra de Deus aos camponeses, com os quais, como com os simples, deve ser por nossa boca a conversação do mesmo Deus. Por isto, o estilo dos nossos sermões e catecismos será simples e compreensível ao povo, e também conforme ao pequeno método, que a Congregação tem usado até o presente. Por esta razão, cada um fugirá da locução delicada e afetada, nem procurará proferir na cátedra da verdade conceitos curiosos e muito raros ou subtilezas inúteis, atendendo que Cristo Senhor nosso e seus Discípulos usaram de um modo de falar simples e, assim, colheram amplíssima seara e frutos copiosos.

6. – Os que forem aplicados aos seminários dos externos, à direção dos ordinandos, às conferências com os párocos e outros eclesiásticos ou a semelhantes exercícios, usarão também daquela maneira de falar singela e popular. E, além disto, procurarão, com o exemplo e com as palavras, incitá-los todos não menos à piedade que à ciência. Mas principalmente se esforçarão em tratar a todos com toda a humildade, mansidão, reverência e afabilidade. E o mesmo observarão, quanto puder ser, os que forem aplicados a dar os exercícios espirituais.

7. – E porque as novas ou particulares opiniões, as mais das vezes, prejudicam a seus autores e também a seus seguidores, todos e cada um se acautelarão de semelhante novidade ou particularidade e antes, quanto puder ser, tanto concordarão sempre na doutrina, nos ditos e escritos que, segundo diz o Apóstolo: todos possamos saber e sentir e também        dizer o mesmo.

8. – E porquanto, como        diz São Zenão: a curiosidade torna o homem réu e não perito, e, segundo o Apóstolo: a ciência incha, principalmente se não atende àquele seu conselho, a saber: não saber mais do que convém saber, mas saber com moderação, por isto, todos e muito mais, os estudantes vigiarão continuamente para que aquele apetite desordenado de saber não entre insensivelmente em seus corações. Contudo, não deixarão de aplicar-se diligentemente aos estudos necessários para bem desempenhar as funções de missionários, contanto que o principal cuidado seja aprender a ciência dos santos, que se ensina na escola da Cruz, de sorte que só        possam pregar a Jesus Cristo, a exemplo do mesmo Apóstolo, o qual, escrevendo aos Coríntios, também confessa simplesmente que não julgou saber alguma coisa entre eles, senão Jesus Cristo, e        este crucificado.

9. – Entre todas as máximas do Evangelho necessárias aos que trabalham na vinha do Senhor, esta devemos ter por mais recomendada: O que entre vós quer ser maior, faça-se como o mais pequeno e o servidor dos outros. Se a Congregação alguma vez deixasse de observar esta máxima, lego se destruiria inteiramente, deixando-se levar pelo desordenado apetite de glória que, insinuando-se facilmente em ânimos propensos naturalmente à soberba, os impele a muitos males e particular mente a desejar ofícios honrosos, a conceber inveja contra os promovidos a eles e também a procurar a própria satisfação, se nesses graus eles mesmos forem constituídos. Assim, atraídos e enganados com o esplendor aparente de uma peque na glória, em que só põem os olhos, sem atender ao próximo precipício, vêm, por fim, a cair nele miseravelmente. Por isto, nada teremos por mais importante do que fugir deste monstro da soberba. E, se a ambição tiver já ocupado os nossos corações, convirá logo, segundo o sobredito conselho do Senhor, expeli-la por um íntimo ato de humildade, com o qual procuremos tornar-nos mais desprezíveis aos nossos olhos e muito desejemos ter sempre o último lugar. Se, porém, em razão de ofícios ou cargos honoríficos, em que já estamos, nos conhecermos infetados de vã glória        o remédio contra ela será este: quanto antes pedir ao Superior (porém, com submissão) que nos tire desses cargos e, ao seu arbítrio, nos aplique a algum ministério baixo.

10. – Todos também cuidarão com a maior diligência de reprimir os primeiros movimentos da inveja, que poderiam nascer de outras Congregações excederem a nossa, em fama, favor dos homens e ocupações honoríficas, persuadindo se seguramente que não importa por quem Cristo seja anunciado, contanto que seja anunciado e que iguale ainda, algumas vezes, maior graça e mérito nos resulta de alegrar-nos das boas obras dos outros do que se nós mesmos as fizéssemos com satisfação própria ou intenção        menos perfeita. Por isto, cada um se esforçará para revestir-se do espírito de Moisés, que, rogado a proibir a alguns que profetizavam, exclamou: Quem dera que todo o povo profetize e que o Senhor lhes dê o seu espírito. Além disto, teremos para nós que todas as outras Congregações são muito mais dignas que a nossa, posto que a devamos amar com maior afeto do coração, como o menino de boa índole ama muito mais a sua mãe, ainda que pobre e feia, do que a quaisquer outras, consideráveis em riqueza e formosura. Entenderão, porém, todos que este terno amor se refere somente às pessoas, virtudes e graça da mesma Congregação, e não ao que nela há de deleitável ou plausível e brilhante aos olhos dos homens. E isto é o que professaremos aborrecer e fugir com especial cuidado, não só cada um no que toca a si mesmo, senão também no que toca a toda a mesma Congregação, de tal sorte que nem ainda desejemos que ela seja atendida e aplaudida dos homens, senão antes humilhada e escondida no Senhor, lembrando-nos que ela é aquele grão de mostarda que não pode crescer nem dar fruto, se não for semeado e escondido na terra.

11. – Assim mesmo se acautelarão todos daqueles dois vícios, que não são menos opostos ao Instituto da Missão do que entre si mesmas e tanto mais perniciosos quanto menos parecem tais, porque insensivelmente tomam outra aparência, a ponto de muitas vezes se tomarem por verdadeiras virtudes. E        estes são: o espírito de preguiça e o zelo indiscreto. O primeiro, introduzindo-se pouco a pouco na alma, a pretexto da discrição que necessariamente deve ter-se na conservação do corpo, a        fim de sermos mais aptos para o culto de Deus e auxílio das almas, nos leva a buscar comodidades do corpo e a fugir do trabalho, companheiro da virtude, ao qual, por isso, representa falsamente muito maior, para que a virtude nos pareça como digna de ódio, merecendo ela por si mesma ser por todos sempre amada. E, assim, incorramos naquela maldição, pronunciada pelo Espírito Santo contra os operários que fazem a obra de Deus negligentemente ou fraudulentamente. O outro vício, porém, encobrindo-nos o amor próprio ou a nossa indignação nos compele à demasiada aspereza, já com os pecadores, já com nós mesmos, ou a tomar trabalho superior às forças ou também contra a obediência com detrimento do corpo e da alma, para enredar-nos depois na procura ansiosa dos remédios e, deste modo, tornar-nos frouxos e carnais. Todos, pois, com todas as nossas forças procuraremos apartar-nos destes dois extremos e buscar sempre o meio, o qual em verdade acharemos sem dúvida        na exata observância das nossas Regras ou Constituições bem entendidas, e também nos lábios daqueles que são os depositários da ciência,        e nas mãos dos        quais estão as nossas almas, por especial ordenação de Deus, contanto que com humildade e confiança busquemos a lei de sua boca, todas as vezes que for necessário, e inteira e perfeitamente nos sujeitemos à sua direção.

12. – Sobretudo nos lembraremos que, se bem é necessário estarmos sempre aparelhados com aquelas virtudes que compõem        o espírito da Missão, todavia então principalmente convém estarmos munidos delas, quando chega o tempo de exercitar os nossos ministérios com os camponeses. E, então, as devemos considerar como as cinco limpidíssimas pedras de Davi, com as quais em nome do Senhor dos Exércitos venceremos o infernal Golias, ferido logo ao primeiro tiro, e sujeitaremos ao        serviço de Deus os filisteus, isto é, os pecadores, se antes depusermos as armas de Saul e usarmos a funda do mesmo Davi, isto é, se, com o Apóstolo, sairmos a evangelizar não com as persuasivas ou doutas palavras da humana sabedoria, mas com a doutrina e demonstração do espírito e da virtude (bem que o nosso estilo seja desprezível), lembrando-nos que, se, como diz o Apóstolo, Deus escolheu as coisas fracas, loucas e desprezíveis do mundo, para confundir e destruir por elas os sábios deste século e tudo quanto há de mais forte, pode esperar-se que Ele mesmo, por sua infinita bondade nos dê, posto que indigníssimos operários, a graça de cooperar com Ele, segundo nossa fraqueza, na salvação das almas, principalmente dos pobres camponeses.

13. – Todos terão singular veneração e amor às nossas Regras ou Constituições, mesmo às que, entre elas, não        parecessem de        tanta importância olhando-as todas como meios, que por Deus mesmo nos são dados para alcançar a perfeição correspondente à nossa vocação e, por conseguinte, efetuar mais fácil e utilmente a salvação da alma. Pelo que, conceberão frequentemente fervorosos e generosos desejos de observá-las fielmente. E se houver algumas contrárias ao nosso entender e sentir, logo procuraremos superar-nos e vencer a natureza, considerando bem que, segundo as palavras de Cristo: o Reino        dos Céus padece força e os que lhe fazem violências são os que o arrebatam.

14. – Mas, para que estas Regras ou Constituições comuns, assim como também as especiais pertencentes ao ofício de cada um, fiquem mais firme mente impressas na memória e espírito e assim se observem com maior exatidão, todos as terão consigo e as lerão ou ouvirão ler ao menos todos os três meses. Procurarão entendê-las bem e cada um, pelos seus defeitos contra elas, algumas vezes no ano pedirá humildemente penitência ao Superior, para, com esta humilhação, mais facilmente alcançar do Senhor o perdão dos mesmos defeitos e tomar novas forças contra futura recaída. A fidelidade com que isto praticarem será prova da fidelidade que houverem tido em observar as mesmas Regras ou Constituições e sinal do desejo que têm da própria perfeição. E se alguém reconhecer ter feito algum progresso na sua observância, dará graças a Cristo nosso Senhor e lhe suplicará que a si e a toda a Congregação conceda a graça de melhor observá-las para o futuro. Enfim, devemos persuadir-nos firmemente que, segundo as palavras de Cristo – quando houvermos feito todas as coisas que nos são mandadas, devemos dizer que somos servos inúteis, que fizemos o que devíamos fazer, e, ainda mais, que sem Ele nada teríamos podido fazer.

REGRAS OU CONSTITUIÇÕES COMUNS

DA CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

(1658)

Carta de São Vicente 103

Capítulo I – Fim e Instituto da Congregação 105

Capítulo II – Máximas Evangélicas 107

Capítulo III – Pobreza 118

Capítulo IV – Castidade 121

Capítulo V – Obediência 124

Capítulo VI — Do que diz respeito aos enfermos 129

Capítulo VII – Modéstia        131

Capítulo VIII – Da mútua conversação dos nossos 134

Capítulo IX – Da conversação com os externos 140

Capítulo X – Dos        pios exercícios que hão        de observar-se na Congregação 144

Capítulo XI – Das Missões e outras funções da Congregação em favor do próximo 153

Capítulo XII – De alguns meios e adjutórios requeridos para bem e frutuosamente se fazerem as sobreditas funções 158

 

ÍNDICE ANALÍTICO

DAS CONSTITUIÇÕES E DAS REGRAS COMUNS

1. O algarismo arábico indica CONSTITUIÇÕES.

2. Um algarismo romano e um arábico indica as REGRAS COMUNS, respectivamente, capítulo e artigo.

ABNEGAÇÃO

— necessária para a conversão contínua, no tempo da formação, 78 § 1;

— da própria vontade e juízo, X, 14, 15.

* Veja: Mortificação, Ascese

ABSTINÊNCIA

— de carne, na segunda e terça-feira, depois do domingo da Quinquagésima, X, 17.

ACEDIA

— evite-se o vício da acedia, XII, 11.

* Veja: Ociosidade.

ADAPTAÇÃO

— adaptação dos meios de apostolado, 2; 12, 6º; 13; das obras, 14-16;         da vida, 27; para a formação, 78 § 5, 94;

— ofício do Superior Geral, 107, 1º; da Assembleia Geral, 137, 1º.

ADMINISTRAÇÃO

— central, 101-119; provincial, 120-128; local, 129-134.

— dos bens: por parte da administração geral, 119 § 1; provincial, 128; local, 134 § 1; 153, 154.

— critérios da administração dos bens, 148; 153; 154.

— cooperação dos coirmãos, 149

— capacidade de administrar na Congregação, Província e Casas, 150;

— condições para atos particulares, 155.

* Veja: Bens temporais, Ecônomo.

ADMISSÃO na CM

— quando e como se faz 53 § 1;

— direito de admitir, 53 § 2; 125, 8º

— requisitos, 53 § 3.

— tempo da admissão até a incorporação, 54 § 1.

AFEIÇÃO

— em geral, 19; 20; 21 § 2; 24, 1º, 3º, 4º; Especiais vínculos de afeição        entre nós, 25, 19.

* Veja: Amizade, Amor fraterno.

ALEXANDRE VII

— aprovou os votos: Introdução; 55, § 2, Breve «Ex com-missa Nobis» e Breve «Alias Nos», pág. 91 e 95

ALFAIAS

— do quarto sejam pobres, limpas e bem dispostas, VII, 5.

ALIENAÇÃO        DOS        BENS

* Veja: Bens Temporais.

ALIMENTO (TOMAR)

— segundo a ordem do dia, X, 18.

— fora de casa, IX, 15.

— fora da hora, V, 12.

* Veja: Refeição.

ALMA DA CM

— as cinco virtudes particulares são a alma da CM, 7; II, 14.

— a caridade, a alma da vida de comunidade, 24; pela oração se reanima a vida comunitária, 46.

—animados pelo espírito de S. Vicente, os coirmãos tornam-se idôneos para executar a missão da CM, 77 § 1.

— O Superior local, animador da vida comunitária, 129 § 2.

AMBIÇÃO

— deve-se evitar, XII, 9.

— não ambicionar os benefícios, III, 10.

AMIZADE

— entre nós, «a modo de caríssimos amigos», 25, 1º; VIII, 2.

— devem-se evitar as amizades particulares, VIII, 2.

* Veja: Conversação fraterna.

AMOR FRATERNO

— o amor eficaz ou efetivo é a nota do espírito da CM, 6.

— o amor do Pai para com os homens se mostra em nossa comunidade, 20, 19.

— sinais de amor entre nós, 24, 1º, 49. Especiais vínculos de amor e de afeição «a modo de caríssimos amigos», 25, 1º; o amor fraterno constantemente se renova pela oração, 42; o amor de Deus se manifesta pela ação, 42.

— a castidade é a alegre expressão do amor entre Cristo e a Igreja, 29.

* Veja: Conversação fraterna, Amizade.

APOSTOLADO

— em geral, 10-18.

— em particular, * Veja: Atividade apostólica.

APROVAÇÃO

— Urbano VIII aprovou a Congregação, na Introdução; Alexandre VII aprovou os votos: Breve Ex commissa Nobis», na Introd.; Breve de Alexandre VII «Alias Nos», 55 § 2; pág. 91 e 95.

— O Superior Geral aprova as Normas Provinciais, 107,

12º; 143, 1º.

— aprovação dos confessores e pregadores, XI, 3, 4.

ASCESE

— meio para florescer a castidade, 30.

* Veja: Abnegação, Mortificação.

ASSEMBLEIA

— em geral: dever, espécies, 135; sufrágios, eleições, obrigação dos eleitos, substituição, maioria, 136.

— geral: o Superior Geral a convoca, preside e dissolve,

107, 4º;

— autoridade e poder, 100; 137;

— ordinária e extraordinária, 138;

— quem deve comparecer, 139;

— para eleição do Superior Geral, do Vigário Geral e dos

Assistentes, 137, 29; 140; 141; 142;

— provincial: convocação, presidência e término, 125, 7º, 145.

— competência, 143; tempo e lugar, 144;

— decidir se deve haver um Assistente do Visitador, 126; modo de designar o Superior local, 130 § 2;

— doméstica: convocação e dever, 147 § 1, 2, 3.

ASSISTENTE

— do Visitador, 126;

— condições requeridas para a designação, 126.

ASSISTENTES        GERAIS

— dever, 115; eleição, 116 § 1; número, 116 § 2; tempo do ofício, 116 § 2; cessa, 117.

— substituto, 118.

— assistem de direito à Assembleia Geral, 139, 1º.

ATIVIDADE APOSTÓLICA

— nas Const. 10-18; XI-XII.

— vocação própria CM, 1, 1?, 29, 39; 10.

— participação na vocação da Igreja, 10.

— a caridade de Cristo é fonte, 11.

— fim do apostolado da CM, 11.

— notas do apostolado da CM, 12, lº-6º.

— inserida na ação pastoral da Igreja, 13.

— ministérios e obras diversas, 14-18.

— renovação do apostolado, 2; 13.

— cooperação com as Filhas da Caridade, 17.

— tendem a desenvolver o apostolado: vida comum, 19; 21, § 2; 22, 24; conselhos evangélicos, 28; oração, 40 § 2; 41-47; vocação pessoal dos coirmãos, 51-52; formação, 77, 82; 85; 87; 92; governo, 96-101; 107, 1º; 115; 123 § 2; 129 § 2; 135, 137; e administração dos bens, 148.

* Veja: Fim da CM, Obras, Evangelização, Apostolado.

AUSÊNCIA

— da casa, licença necessária, causas, 67 § 1, 2.

— da Congregação, licença necessária, causas, 70.

— poder do Sup. Geral, 70.

— condição do coirmão que se furta à autoridade dos Superiores, 72; privado de voz ativa e passiva, 70; 72 § 2.

— ausência da casa, IX, 11-16.

AUTONOMIA

— da comunidade local, 23

* Veja: Isenção, Subsidiariedade.

AVERSÕES

— devem-se fugir e evitar, VIII, 2.

AVISO

— no capítulo, X, 13; fora do capítulo, II, 17; X, 14, correção fraterna, 24, 3º.

* Veja: Repreensão.

BEM-AVENTURADOS DA CONGREGAÇÃO

— cultuá-los de coração, 50.

BENEFÍCIOS

— não devem ser ambicionados, III, 10.

BENS

— os bens pessoais devem ser postos a serviço da comunidade, 22

— comunidade de bens, 25, 49.

— os bens, frutos do trabalho, de pensão, seguro no intuito da Congregação são da comunidade, 32 § 2.

— a licença dos Superiores requerida para o uso e disposição dos bens, 34.

— os bens próprios devem ser usados de acordo com o Estatuto Fundamental da Pobreza, 35.

* Veja: Administração.

BENS        TEMPORAIS

— patrimônio dos pobres, fim, uso, fonte, 33; 148 § 1, 2; 149; 150 § 2.

— proibido capitalizar, 148 § 1; e acumular bens, 33.

— corresponsabilidade, por serem os bens comuns, 149

— capacidade de possuir por parte da casa, Província e Congregação, 150.

— comunicação dos bens entre as casas, Províncias e Cúria Geral, 152.

— condições para alguns atos de administração, 153, 154; quanto à alienação e outros negócios mais importantes, 153, 154, 155.

— evitar o afeto desordenado, II, 2; III, 7; remédios, III, 8, 10.

* Veja: Administração, Pobreza.

BISPOS

— reverência e obediência, 38 § 2; V, 1.

— cooperação com os Bispos, 3 § 2; apostolado de acordo

com os documentos dos Bispos, 13.

— isenção, 3, 64, 99; quanto às missões, XI, 5.

BOM PROPÓSITO

— sentido do Bom Propósito, 54 § 2.

— direito de admitir ao Bom Propósito, 54 § 3; tempo da emissão, 54 § 1.

CALÚNIAS

— como se devem sofrer, II, 13.

CAMPONESES

— evangelizar os camponeses o fim da CM, I, 1.

* Veja: Pobres.

CAPÍTULO

— deve-se fazer às sextas-feiras, X, 13.

CARGOS

— ninguém se meta no ofício dos outros, V, 9.

— ajudar os oficiais, V, 9.

— ler as regras dos ofícios, XII, 14.

— na administração central, 101-119;

— na administração provincial, 123-128.

— na administração local, 129-134;

CARIDADE

— caridade para com o Pai é nota do espirito da CM, 6.

— caridade de Cristo, fonte de apostolado, 11.

— fomentar a caridade evangélica, 18.

— caridade fraterna, II, 12, 13, 17.

— caridade, alma da comunidade, 24.

— caridade evangélica para com os coirmãos que estão separados da Congregação, 76 § 3

— a formação deve-se dirigir para o exercício da caridade para com os pobres, 87 § 2.

* Veja: Conversação fraterna, Amor fraterno.

CARISMA

— carisma de S. Vicente continue sempre na Igreja, 101.

— os carismas dos coirmãos concorrem para desenvolver a comunhão e missão entre nós, 22.

CARTAS

— particulares, V, 11.

— às mulheres, IV, 2.

— dimissórias para as ordens, 125, 10º.

CASA

— o coirmão deve pertencer a uma casa, 65.

— nela, tem os direitos, obrigações e Superiores próprios, 66.

— a casa é isenta da jurisdição do Ordinário, 99.

— ausência da casa, * Veja: Ausência.

— a Assembleia Geral, o Superior Geral, o Visitador e o Superior local têm poder sobre as casas, 100; 103; 131

— ereção das casas, 107, 6º, 8º; 125, 3º; sua supressão, 107, 6º; 125, 3º.

— a Província é a união de várias casas entre si, 122;

— o Visitador favoreça o ministério das casas, 123 § 2; o mesmo faça o Conselho do Visitador, 127.

 — o Superior é        o centro da unidade de vida da comunidade e deve favorecer os ministérios da casa, 129 § 2.

— consultem-se os coirmãos da casa para a designação do Superior local, 130 § 1.

— condição para a ereção de uma casa, 132 § 1.

— comunidades a modo de casas têm os mesmos direitos e obrigações        que as casas, 132 § 3.

— o Superior administra os bens da casa, ajudado pelos coirmãos e pelo ecônomo local, 134.

— o Visitador, com o consentimento do seu Conselho, pode constituir um Conselho em alguma casa, 134 § 2.

— o Superior local convoca a Assembleia Doméstica, na qual se        trata das coisas que a casa quiser propor, 147 § 3.

— Todos os coirmãos são responsáveis pelos bens da casa, 149.

— a casa é capaz de possuir, 150 § 1.

— a casa deve ajudar a Província com bens temporais, 151; comunicação de bens entre as casas, 152 § 2.

CASOS        DE CONSCIÊNCIA

— propô-los com cautela, XI, 9.

CASTIDADE

— como virtude, 29; IV.

— como voto, 29.

— expressão de amor, 29 § 1.

— fonte de fecundidade espiritual, 30.

— meios para conservar a castidade, 30; IV, 2-5.

— em relação ao fim da CM, 28.

CLERO

— origem da obra em favor do clero, Introd.

— dentro do fim da CM, 1, 39; I, 1

— a CM consta de clérigos e irmãos, 4.

— obra em favor da renovação        do clero, 15.

— colaboração        com o clero, 3 § 2.

— as obrigações do clero também nos obrigam, 62.

— deveres para com os clérigos, I, 1; V, 1; XI, 6. * Veja: Seminários.

COADJUTORES

* Veja: Irmãos.

COFRE fechado.

— não haja em nossos quartos, III, 8.

COIRMÃOS

— fiéis a S. Vicente, 1,6.

— são clérigos ou leigos, 4, 52; admitidos ou incorpora dos, 52        § 2.

— coirmãos e ministérios apostólicos, 10-18.

— coirmãos e vida comum, 19, 21, 24.

— coirmãos doentes, 26 § 1.

— coirmãos defuntos, 26 § 2.

— coirmãos e os conselhos evangélicos, 28.

— coirmãos e castidade, 28-30.

— coirmãos e pobreza, 32-35.

— coirmãos e obediência, 36-38.

— coirmãos e o voto de estabilidade, 39.

— coirmãos e a oração, 40-50.

— coirmãos discípulos de Cristo, 51, 52.

— admissão dos coirmãos, 53.

— direito de admitir aos votos, 56; 107, 9?; 125, 89.

— coirmãos e os bons propósitos, 54.

— coirmãos e os votos e a fórmula dos votos, 58.

— coirmãos e a incorporação, 57.

— os coirmãos não incorporados não podem ser ordenados, 57, § 2.

— direitos e obrigações dos coirmãos, 59-64.

— filiação do coirmão a        uma província e a uma casa, 65-67.

— exclusão e demissão dos coirmãos, 68-76; 107, 10º; 125, 11º.

— formação dos coirmãos: princípios gerais, 77-81.

— O Seminário Interno, 82-86.

— O Seminário Maior, 87-90.

— formação dos Irmãos, 91-92.

— todos os coirmãos responsáveis pela formação, 93.

— corresponsabilidade no governo da Congregação, 96, 98.

— isenção dos coirmãos, 99.

— poder do Superior Geral sobre os coirmãos, 103.

— o Visitador empregue os coirmãos no serviço da Igreja, 123 § 2.

 — consultem-se os coirmãos na nomeação do Superior local, 125, 49; 130 § 1.

— o Visitador visite os coirmãos, 125, 69.

— ofício do Conselho Provincial para com os coirmãos, 131.

— autoridade do Superior local sobre os coirmãos, 131.

— coirmão responsável na comunidade «ad instar domus», 132, § 2.

— responsabilidade dos coirmãos na administração, 134,

COLABORAÇÃO

— com os Bispos, 3 § 2; 13.

— com os clérigos e leigos, 15.

— entre nós, 21 § 2; 22; 24, 19, 29; 27.

— com os Superiores, 37 § 1, 2.

— na formação, 86; 93; 95.

— no governo, 96; 108; 115; 119; 127.

— na administração dos bens,128; 134; 149; 151; 152; 153 § 2.

* Veja: Cooperação, Relações.

COMPAIXÃO

— para com os pobres, nota do espírito da CM, 6.

COMPLACÊNCIA VÃ

— deve-se evitar, XII, 3-4.

COMUNHÃO SACRAMENTAL

— fonte de vida espiritual, 25, 39.

— cotidiana, 45 § 1; X, 6.

* Veja: Eucaristia.

COMUNICAÇÃO

— interna, direção espiritual, X, 11.

— fraterna, 37 § 1; 24, 19; 25.

— dos bens, 152 § 1.

— das experiências espirituais e apostólicas, 46.

COMUNICAÇÃO SOCIAL, MEIOS DE

— uso moderado, 24, 49.

COMUNIDADE

— comunidade fiel a São Vicente, 1

— nota de identidade da CM, 3 § 1.

— apostolado comunitário, 12, 49.

— natureza da comunidade vicentina, 19; 21 § 2.

— parte da Igreja, 20.

— a Santíssima Trindade fonte e princípio da comunidade, 20.

— sinal do amor do Pai para com os homens, 20, 1º; imitação de Cristo, chamando os discípulos, 20, 2º; o Espírito Santo        constrói a unidade, 20, 39.

— nota própria da vida dos missionários, 21; relação entre a comunidade e as pessoas da mesma, 21 § 2; 22; carisma da comunidade e das pessoas, 22.

— autonomia própria da comunidade local, 23.

— a alma da comunidade são: as cinco virtudes peculiares da CM., 24; concórdia, serviço da autoridade, mútuo auxílio, superar as dificuldades, a correção fraterna, a reconciliação, 24, 19-49.

— clima próprio: trabalho, descanso, conversação fraterna, uso dos meios de comunicação, parte reservada, 24, 49.

— formadora de si mesma: comunidade fraterna, de trabalho, de oração, de bens, 25.

— cuidado solícito dos coirmãos doentes, 26.

— elabora o Planejamento comum, 27.

— comunidade de bens, 32 § 2; modo simples de viver, 33; comunidade de oração, 45, 46, 47.

— igualdade de direitos e obrigações entre os membros da comunidade, 59.

— comunidade e formação dos nossos, 79; 83; 84; 86; 93; 95.

— o Visitador se mostre solícito para com as comunidades locais, 123; o Superior local animador da comunidade local, 129 § 2.

— CM se realiza e se aperfeiçoa na comunidade local, 23; 129 § 1.

— é capaz de possuir, 150.

COMUNIDADE A MODO DE CASA

— ereção, 132 § 1.

— responsabilidade dos coirmãos, 132 § 2.

— direitos e obrigações, 132 § 3.

CONCILIO VATICANO II

— com seu espírito vivifica a atividade e a vida da CM., Introdução.

CONCÓRDIA

— para o cumprimento de nossa missão, 24, 19.

* Veja: Conversação Fraterna.

CONFERÊNCIAS        EPISCOPAIS

— quanto ao apostolado da CM, 13.

CONFERÊNCIAS        ESPIRITUAIS

— pelo menos uma vez por semana, X, 12.

CONFESSORES

— aprovação para ouvir as confissões, XI, 4

CONFISSÃO

— dos nossos, XI, 4; dos externos, XI, 4.

— frequência na recepção do sacramento da penitência, 45 § 2.

CONFRARIAS DA CARIDADE

— devem ser erigidas e visitadas, I, 2.

CONGRATULAÇÃO

— quando se deve fazer, XII, 4.

— comuniquem-se mutuamente as alegrias, 24, 19.

CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

— fundada por S. Vicente e aprovada por Urbano VIII, Introdução.

— reconhece o próprio direito fundamental, obedecendo à vontade da Igreja, Introd.

— o Espírito Santo está        presente nela, Introd.

— deseja conservar seu próprio lugar na Igreja, Introd.

— origem divina e evolução das obras, Introd.

— fim e renovação contínua, 1,2.

— natureza e espírito, 3-7.

— na CM, a vida comum é o modo ordinário de viver, 19-26

— na CM, emitem-se quatro votos: de estabilidade, castidade, pobreza e obediência, para se conseguir o fim da CM, 3 § 3, 28-39.

— é vivificada pela oração contínua, 40-49.

— consta de clérigos e leigos, discípulos de Cristo, 4; 51-52; I, 2; admitidos e incorporados, 53-57; em igualdade de direitos e obrigações, 59-64.

— o coirmão pode sair ou ser excluído da CM, segundo a norma das Constituições, 68-76.

— formação dos membros, 77-80; Seminário Interno, Bom Propósito, 82-86; Seminário Maior, 87-90; formação dos Irmãos, 91-92; comunidade educativa, 93-95.

— princípios gerais de governo, 96-100; Administração central, 101-119; e provincial, 120-128; e local, 129-134;

— Assembleias na CM: em geral, 135-136; geral (ordinária e extraordinária) 137-142; provincial, 143-146; doméstica, 147;

— capaz de possuir bens temporais e de administrá-los, 148-155;

CONGREGAÇÕES (OUTRAS)

— devemos estimá-las, XII, 10.

CONHECIMENTO

— do espírito de S. Vicente, 8; da vida e obras de S. Vicente, 85, 2.

— da Congregação, 85, 2º; do mistério da Igreja, 85, 4º; dos documentos evangélicos, 85, 5º.

— da realidade ou da sociedade humana, 12, 29.

— dos homens, especialmente dos pobres, 85, 19.

— para bem formar um juízo crítico do mundo hodierno, 88.

CONSELHO

— geral: formado pelos Assistentes Gerais: ofício, 115; eleição, 116, § 1; número, 116 § 2; tempo, 116 § 3; cessação, 117; substituição, 118.

— provincial: ofício, 127; pode haver um Assistente provincial, 126;

— doméstico ou local, se necessário, constitua-se, 134 § 2

CONSELHEIROS

— do Visitador: ofício, 127;

— Conselheiros domésticos, 134 § 2.

CONSTITUIÇÕES E ESTATUTOS

— A CM reconhece seu direito fundamental (Const.), Introd. Visão geral, no índice analítico da matéria.

— o planejamento geral se faz segundo as Constituições e Estatutos, 27;

— emitem-se os votos de estabilidade, castidade, pobreza e obediência, segundo as CC & EE, 3 § 3; 28.

— uso e disposição dos bens, com o consentimento do Superior, segundo as CC & EE, 34.

— obediência aos Superiores e ao Romano Pontífice, segundo CC & EE, 38 § 1.

— realiza-se a estabilidade, fazendo os trabalhos ordenados pelos Superiores, segundo        as CC & EE, 39.

— o Bom Propósito e os Votos se fazem de acordo com as CC & EE, 54, 58

* Veja: fórmulas, 58.

— igualdade dos direitos e obrigações, segundo CC & EE, 59;

— obrigação de observar as CC & EE, 63, 66.

— o Superior Geral pode dar a interpretação usual das CC & EE, 104.

— o Superior Geral e o Visitador devem cuidar que sejam aplicadas as CC & EE, 107, 19; 125, 19.

— a Assembleia Geral pode pedir mudanças das CC & EE à Santa Sé, 137, 49.

— a interpretação autêntica das Constituições compete unicamente à Santa Sé, 137 § 5.

CONTENDAS

— evitar, VIII, 9.

CONTRATOS

* Veja: Administração, Bens Temporais.

CONVERSAÇÃO        FRATERNA

— nas Regras Comuns, VIII; para a mútua edificação,

VIII, 1; 7; 8; com as mulheres, IV, 2; com os nossos seminaristas, VIII, 5; com os externos, IX, 7, 9, 10.

— fraterna, 19; 20, 2º; 21 § 2; 24, lº-4º; 25, lº-4º; 26; 30; 32; 35; 37; 42; 45; 46; 48; 79; 82; 86; 95; 123; 154 § 3.

CONVERSÃO CONTÍNUA

— quer do coirmão, quer de toda a Congregação, 12, 6º.

* Veja: Renovação contínua.

CONVIDAR

— externos para a refeição com licença do Superior, IX, 6.

COOPERAÇÃO

— com os Bispos e o clero, 3 § 2.

— dos coirmãos para o bem comum, 96.

—com as Filhas da Caridade 17.

CORRESPONSABILIDADE

— como auxílio ao serviço da autoridade, 24 § 2.

— para o bem comum, 96.

— para o governo da Congregação, 96.

— quanto aos bens temporais, 149.

COSTUMES DA CONGREGAÇÃO

* Veja: Usos.

CRIATIVIDADE

— abrir novos caminhos para as obras e ministérios da CM, 2; 47 § 1.

— a comunidade ajude nos empreendimentos pessoais, 79.

— responsabilidade em aceitar encargos apostólicos, 96.

CÚRIA GERAL

— oficiais, 119 § 1; sua nomeação pelo Superior Geral, com o consentimento do seu Conselho, 119, § 1; permanecem no cargo ad nutum do Superior Geral, 119 § 2; adscritos à Cúria Geral, 119 § 2; participam da Assembleia Geral, 119 § 4; também do Conselho Geral, se forem chamados, 119 § 3;

— As Províncias devem ajudar a Cúria Geral para o provimento        das necessidades gerais, 151.

* Veja: Superior Geral, Vigário Geral, Assistentes Gerais, Secretário, Ecônomo, Procurador Geral junto à        Santa Sé.

CURIOSIDADE

— evitá-la no estudo, XII, 8.

DECRETOS

— a Assembleia Geral pode fazer Decretos, 137, 39.

— o decreto de exclusão seja comunicado ao interessado, 75.

DEFEITOS

— devem ser manifestados ao Superior, II, 17.

— fraternalmente se corrijam, 24, 39.

DEVOÇÕES DA CM

— para com os mistérios da SS. Trindade e da Encarnação, 48; X, 2.

— para com a Virgem Maria, Mãe de Cristo e da Igreja, 49, § 1; X, 4.

— para com S. Vicente, Santos e Bem-aventurados da Família Vicentina, 50.

— modo de exprimir nossa devoção para com a Imaculada Virgem Maria, 49 § 2.

— divulgar a especial mensagem expressa na Medalha Milagrosa, 49 § 2.

DIACONATO PERMANENTE

— quanto à formação dos Irmãos para o Diaconato permanente, sejam observadas as Normas Provinciais, 91 § 3.

DIALOGO

— favoreça-se entre a autoridade e os coirmãos, 24, 29; 37 § 1.

— pelo diálogo, participamos dos frutos de nossa vida espiritual e apostólica, 46.

— princípio de governo na CM, 97 § 2.

DIGNIDADES ECLESIÁSTICAS

— não as ambicionar, III, 10.

DIREÇÃO ESPIRITUAL

— necessidade e modo X, 11.

— dos externos, XI, 2; XII, 6.

— Das Filhas da Caridade, 17; XI, 11.

— das Religiosas, XI, 11.

* Veja: Comunicação.

DIREITO CANÔNICO

* Referências: Const.: 3 § 2; 53 § 3; 59 § 1; 60; 61; 62; 68; 70 (745); 71 (743); 73        (694); 74 § 1 (695, 698, 699 § 1); 74 § 2 (696, 697, 698, 699 § 1); 74 § 3 (703); 75 (700); 76 § 1 (693, 701); 76 § 3 (702); 78 § 3; 99; 100; 103; 105 § 2; 107; 107, 69 (733 § 1); 107, 109; 114; 123 § 1; 125, 3º (733 § 1); 128 (636 § 1); 143; 1º, 5:°; 149; 153 § 2.

DIRETOR

— diretor de consciência de cada coirmão, X, 11.

— diretor das Missões, XI, 3.

DIRETÓRIO

— dos ofícios, XII, 14.

* Veja: Normas.

DISPENSA

— dos votos, 55 § 1; 107, 99.

— das Constituições, Estatutos e Decretos, 107, 119.

DISPONIBILIDADE

— para ir a todo o mundo, 12, 59.

— para imitar a disponibilidade de Cristo, 40 § 2.

— estimule-se entre os alunos uma generosidade pronta, 89.

— o missionário esteja sempre pronto para fazer missões, XI, 10.

DIVISÃO DOS BENS

— bens comuns, 25, 49; 32 § 2; 33.

— evitar as diferenças, 35.

— ofício dos Superiores e do administrador, 153; 154.

DOAÇÃO

— licença requerida, III,» 5.

DOCUMENTOS

— Documentos Evangélicos nas Regras Comuns, II.

— são fontes da espiritualidade da CM, 4.

— o apostolado da CM se adapte aos documentos da Igreja, 13.

— a Virgem Maria seguiu perfeitamente os documentos evangélicos, 49 § 1.

— os documentos evangélicos da castidade, da pobreza e da obediência sejam conhecidos pelos seminaristas, 85, 59.

— os documentos sobre os votos, pág. 91 e 95.

DOENTES (ENFERMOS, VELHOS)

— ser-nos-ão caros, 26 § 1; VI, 1-3; XI, 8.

— participem da vida familiar e do apostolado, 26, § 1.

— obrigação de manifestar a doença, VI, 4.

ECLESIÁSTICOS

— deveres da CM para com eles, I, 1; V, 1; XI, 6.

* Veja: Clero.

ECÔNOMO

— geral: é oficial da Cúria Geral, 119; nomeação, tempo, participa do Conselho Geral, 119.

— provincial: 128.

— local: 134 § 1.

EMPRESTAR

— com licença, III, 5.

ENCARNAÇAO (MISTÉRIO)

— devoção peculiar da CM, 48; X, 2 – 3.

ENFERMOS

* Veja: Doentes.

ENTRADA

— em casa pela porta acostumada, IX, 13.

— antes da noite, IX, 14.

— nos quartos particulares, V, 13; X, 20.

* Veja: Admissão na CM.

ESCRITURA SAGRADA

— estudo e meditação no Seminário Interno, 85, 39.

* Veja: Novo Testamento.

ESPÍRITO

— de Cristo – revestir-se do espírito de Cristo é o fim da CM, 1, 19, 4; 41.                

* Veja: Jesus Cristo.                

— Espírito Santo: presente na Comunidade, 20, 3º.        

— obedecer às        inspirações do Espírito Santo, 36.        

— o Espírito Santo em nossa oração, 40 § 2; 43.        

— Fidelidade ao espírito de S. Vicente, 13.        

— na pobreza,        34.                

— na formação        dos nossos, 87 § 2. * Veja: Vicente (São).

— Espírito da CM: é a participação do espírito de Cristo 5; 6; 7.                        

— conhecê-lo, 8.                

* Veja: Congregação da        Missão.        

ESPÍRITO MALIGNO

— e suas ilusões, II, 16.

ESTABILIDADE

— o voto de estabilidade, 3 § 3; 39.

— como cumpri-lo, 39.

* Veja: Votos.

ESTATUTOS

— a Assembleia Geral pode fazer Estatutos, 137, 39.

— a Assembleia Geral interpreta autenticamente os Estatutos, 137, 59.

— filiação à Província segundo as normas dos Estatutos, 66.

* Veja: Constituições e Estatutos.

ESTUDOS

— estudo do espírito da CM, 8.

— investigar as exigências da justiça social e da caridade evangélica, 18.

— façam-se os estudos de acordo com as leis da Igreja, 78 § 3.

— objeto dos nossos estudos no tempo de formação, 85.

— o estudo é necessário para um juízo crítico do mundo hodierno, 88.

* Veja: Ratio Formationis, Formação.

EUCARISTIA

— fonte da vida espiritual e apostólica, 25, 39.

— celebração cotidiana, 45 § 1; X, 6.

— saudá-la antes de sair de casa e na volta, X, 20.

— prestar-lhe e promover-lhe o culto, X, 3.

EVANGELHO

— conhecê-lo profundamente e meditá-lo no Seminário

Interno, 85, 39.

EVANGELIZAÇÃO

— seguir a Cristo, evangelizador dos pobres é o fim da CM, 1, 29, 39.

— o espírito da CM é o espírito de Cristo, evangelizador dos pobres, 5.

— a CM participa da missão da Igreja evangelizadora, 10.

— notas da evangelização vicentina, para que esta seja um sinal do Reino de Deus, múnus profético, etc. 12, 19-69.

— a comunidade vicentina é evangelizadora, 19; 20; 21 § 2.

— emitem-se votos na CM, para uma evangelização eficaz, 28; 31.

—na oração encontramos Cristo, evangelizador dos pobres, 44.

— nas fórmulas dos votos, menciona-se a evangelização, 58.

— Cristo, evangelizador dos pobres, exemplo para os alunos, no período de formação,        87 § 1.

* Veja: Atividade Apostólica.

EXAME        DE CONSCIÊNCIA

— nas Regras Comuns, X, 9.

EXCLUSÃO

— de coirmão ainda não incorporado, 69 § 2.

— os que devem ser excluídos ipso facto: causas e modo de proceder, 73 § 1,2;

— os que devem ser excluídos: causas e modo de proceder, 74 § 1.

— os que podem ser excluídos: causas e modo de proceder, 74 § 2.

— modo de proceder em caso de grave escândalo, 74 § 3.

— o decreto de exclusão e a faculdade de recorrer, 75.

— o estado canônico do excluído, 76 § 1.

— os excluídos nada podem exigir da Congregação; observem-se, porém, a equidade e a caridade evangélicas, 76 § 2, 3.

EXERCÍCIOS ESPIRITUAIS

— façam-se fielmente durante o ano, 47 § 2; X, 10.

FACULDADES DA ALMA

— quanto à vida comunitária, 24.

— constam das cinco virtudes peculiares, da CM, 7; II, 14; XII, 12.

FAMA ALHEIA

— sobretudo a dos Superiores, não deve ser atingida, VIII, 11.

— das outras Províncias, VIII, 14.

FAMÍLIA

— devem-se amar os pais, segundo Cristo, II, 9.

—culto dos Santos e Bem-aventurados da Família Vicentina, 50.

FIDELIDADE

— membros e comunidades fiéis a São Vicente, 1.

— fiéis ao espírito e ao exemplo de São Vicente no apostolado, 13.

— outras citações em que a ideia de fidelidade aparece:

5; 6; 8; 10; 14; 18; 21; 25, 49; 34; 37 § 2; 38 § 2; 41; 50; 51; 77 § 1; 85 § 2, 5º; 87 § 2; 97 § 1; 101; 107, 1º; 148 § 1.

FILHAS DA CARIDADE

— licença de visitá-las e dirigi-las, XI, 11.

— prestar-lhes, de boa vontade, auxílio e direção espiritual, 17.

— cooperação apostólica, 17.

FILIAÇÃO

— à Província e à casa ou à comunidade ou comunidade a modo de casa, 65-67.

FIM DA CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

— fim da CM, 1; I, 1.

— fim e criatividade, 2.

— fim e apostolado, 1, 2º, 3º; 10-18.

— fim e vida comum, 19; 22; 24; 25, 29.

— fim e nossa plena doação a Deus, 28.

— fim e castidade, 29; e pobreza, 31; 33; e obediência, 36; e estabilidade, 39.

— fim e oração, 40 § 2; 42; 44; 46; 47 § 1; 50.

— fim e coirmãos, 51; 52 § 1; fim e as fórmulas dos votos, 58.

— fim e formação dos nossos, 77 § 1; 78 § 1; 79; 82; 83; 85; 19, 29; 87 § 1, 2; 91 § 1.

— fim e governo, da CM, 96; 97 § 1; 98; 101; 107, 19; 123 § 2; 135; 137, 19.

— fim e bens temporais, da CM; 148.

FORMAÇÃO

— a formação do clero e dos leigos faz parte do fim da CM, 1, 39; 15.

— formação permanente, 15; 81;

— princípios da formação, 77-78;

— a vida comum, durante a formação, 79.

— durante a formação vigore a coordenação entre as diversas instituições, 80.

— formação durante o Seminário Interno: fim, tempo, casa, meios, 83; 84; 85; 86;

— formação durante o Seminário Maior: fim, meios, 87-90;

— formação dos Irmãos, 91; 92.

— formação para o Diaconato permanente, 91 § 3.

— toda a comunidade provincial é responsável pela formação, 93.

— os mestres e formadores sejam idôneos, 94;

— relações com os alunos, comunidade educativa, modo de proceder colegialmente, 95.

FORMADORES

* Veja: Mestres.

FREIRAS

— abster-se da direção das freiras, XI, 11.

— licença necessária para visitá-las, dirigi-las e pregar-lhes, XI.

GOVERNO DA CONGREGAÇÃO

— princípios gerais, 96-100.

— administração central, 101-119.

— administração provincial e local, 120-134.

— corresponsabilidade dos coirmãos no governo da Congregação, 96.

GUARDA DOS SENTIDOS

— para conservar a castidade, IV, 2.

HORAS        LITÚRGICAS

— sentido e tempo, 45 § 3; X, 5.

HUMILDADE

— uma das cinco virtudes da CM, 7; II, 14; XII, 12; de vê-se adquiri-la, II, 6. Suas condições, II, 7; meios de alcançá-la, X, 13-14.

— fundamento da nossa perfeição, II, 7.

— condição para a oração, 43.

IGREJA

— aprova o patrimônio espiritual de São Vicente, 3 § 1.

— a CM é parte da Igreja, de cuja vocação participa, 10; 19.

— a Província trabalhe de acordo com a ação pastoral da Igreja local, 13.

— a CM, como a Igreja, tem seu princípio de vida e apostolado no mistério da SS. Trindade, 20.

— a CM deve estar atenta aos pedidos da Igreja, 2.

— formação dos coirmãos segundo os documentos da Igreja, 78 § 3.

* Referências: 2; 3 § 1; 10; 13; 19; 20; 30; 49, § 1; 52 § 1; 85, 4º; 101; 123 § 2.

ILUSÕES

— do espírito maligno, II, 16.

IMITAÇÃO

— de Cristo. * Veja: Jesus Cristo.

— de São Vicente. * Veja: Fidelidade.

IMPUREZA

— tem a intemperança como sua mãe, IV, 3.

INCARDINAÇAO

— na CM, pela recepção do Diaconato, 57 § 1.

— pela incorporação, se o coirmão for clérigo, 57 § 2.

INCORPORAÇÃO

— na CM pela emissão dos votos, 57 § 1.

— os membros da CM são ou admitidos ou incorporados, 52 § 2.

— tempo requerido para a incorporação, 54 § 1.

— efeitos da incorporação, 57 § 2.

INDIFERENÇA

— para fazer a vontade divina, II, 3.

— nada pedir, nada recusar, V, 4.

INDIGENTES

* Veja: Pobres.

INDIVIDUALISMO

— superá-lo, 24 § 2.

INTEGRAÇÃO NA COMUNIDADE

— exigências, 22.

INTEMPERANÇA

— é como a mãe da impureza, IV, 3.

INTERPRETAÇÃO

— usual das CC & EE. e Decretos pode ser dada pelo Superior Geral, 104.

— autêntica das Constituições é reservada à Santa Sé, 137, 5º.

— a Assembleia Geral pode interpretar autenticamente os EE., 137, 5º.

INVEJA

— dos que são promovidos a cargos honoríficos, XII, 9.

— evitar das outras Congregações, XII, 10.

IRMÃOS

— Membros da CM, 4; I, 2.

— vocação dos Irmãos, 52 § 1; I, 2.

— formação dos Irmãos, 91-92.

— formação para o Diaconato, 91 § 3.

ISENÇÃO

— A Congregação, as Províncias e as casas gozam de isenção, 3; 64; 99.

JESUS CRISTO

— imbuir-se de seu espírito, 1, 1º; 4; 5; 6; 7.

— seguir sua doutrina, 4; II, 1.

— exemplo para todos, I, 1; 3; XII, 1.

— na prudência, II, 5; na mansidão e humildade, II, 6-7; na caridade, II, 13; no zelo, II, 18.

— na castidade, 28; 29 § 1, 2; 30; IV, 1.

— na pobreza, 31; III, 1.

— na obediência, 36; 37, § 1; V, 1.

— na modéstia, VII, 1.

— no cuidado dos enfermos, VI, 1.

— na conversação com os externos, IX, 1.

— na oração, 40; X, 1.

— no ministério das missões, XI, 1.

* Referências nas Const. e Est.: 1, 1º; 4; 5; 6; 7; 10; 11; 20, 2º; 25; 1º; 28; 29; 30; 31; 36; 37; 40; 41; 44; 45 § 1; 47; 49; 51; 52; 58; 77 § 2; 78; 87; 96.

JUSTIÇA

— social, favorecê-la, 18.

— na formação dos nossos, 88.

LEIGOS

— ajudá-los em sua formação, 1, 3º.

— prepará-los para os encargos da pastoral, 15.

* Veja: Irmãos.

LEIS CIVIS

— observá-las na administração, 154 § 1.

LEITURA ESPIRITUAL

— todos devem fazê-la, 19; X, 8.

— do Novo Testamento, 19; X, 8.

— das Regras Comuns, XII, 14.

LIMPEZA

— na roupa e nos quartos, VII, 4, 5.

LITURGIA

— das Horas: quando, quais e como, 45 § 3; X, 5.

— celebrá-la em comum, 45 § 3.

* Veja: Horas Litúrgicas, Eucaristia.

LIVROS

— composição, tradução, edição, V, 15.

— quanto à pobreza, III, 3, 6.

— livros de administração, 77 § 5º, 103.

MANSIDÃO

— virtude particular da CM, 7.

— nas Regras Comuns, II, 6.

MARIA        VIRGEM

— culto peculiar, 49 § 1; X, 4; meios, 49 § 2.

— divulgação da devoção da Medalha Milagrosa, 49 § 2.

— devoção ao Rosário, 49 § 2.

MÉDICO

— obedecer-lhe, VI, 3.

— licença para procurá-lo, VI, 4.

 MEDITAÇÃO

— pessoal, quer em particular, quer em comum, por uma hora, diariamente, 47 § 1; X, 7.

MEIOS DE COMUNICAÇÃO SOCIAL

* Veja: Comunicação social.

MESA

— silêncio, VIII, 4.

— leitura à mesa, X, 19.

— mortificação em alguns dias, X, 16-17.

— convidar externos, IX, 6.

MESTRES

— a exemplo de Cristo Mestre, 52 § 1.

— princípios de formação, 77-81; do Seminário Interno, 82-86; do Seminário Maior, 87-89.

— comunidade provincial responsável pela formação, 93.

— os mestres sejam idôneos, 94.

— relações com os alunos, 95.

— sua opinião antes da admissão dos alunos aos ministérios, Ordens e incorporação, 125, 9º, 11º.

MÉTODO

— simples na pregação, XII, 5.

— renová-lo nos ministérios, 2; 13; 14; 15.

MINISTÉRIOS

— notas vicentinas, 12, lº-6º.

— próprios da Congregação: as Províncias os julgarão, 13; nas CC § EE: 14; 15; 16: 17; 18.

— adaptação: 2; 13; 14; 15.

MISSA

— celebração e participação, X, 3, 6. 39. Veja: Eucaristia, Sufrágios.

MISSÕES

— ao povo: ministério da CM, 14; o nome de missionários XI, 10.

— nas Regras Comuns, XI, 2, 3, 5, 6, gratuitas, XI, 7.

— adaptação e promoção, 14.

— ad gentes: ocupam lugar importante, 16.

— respeitar as «sementes do Verbo» (semina Verbi) de cada povo, 16.

MISTÉRIOS

— da Trindade e da Encarnação, 48; X, 2-3. 44. Veja: Trindade, Encarnação.

MODÉSTIA

— regras particulares da modéstia, VII.

— nos recreios, VIII, 7.

MORTIFICAÇAO

— virtude própria da CM, 7; II, 8.

— de todos os sentidos, II, 8.

— corporal nas missões, X, 15.

MULHERES

— conversas, cartas, direção, IV, 2.

MURMURAÇÃO

— evitá-la máxime contra os Superiores, VIII, 11.

NAÇÕES

— não difamá-las, VIII, 14.

NEGÓCIOS

— não encarregar-se de negócios dos externos, mesmo piedosos, IX, 4. 55. Veja: Administração.

NORMAS

— normas provinciais: noção, obrigação, 143, 1º.

— direito de fazê-las, 143,1º, 5º.

— aprovação pelo Superior Geral, 143, 1º; 107, 12º.

— promulgação das Normas Provinciais, 145.

— para o Diaconato permanente, 91 § 3.

— normas provinciais para a comunidade «a maneira de casa», 132 § 1.

* Veja: Diretório.

NOTAS

— do nosso apostolado, 12.

NOVIDADES

— fugi-las, XII, 7.

NOVO        TESTAMENTO

— leitura cotidiana, X, 8.

OBEDIÊNCIA

— ativa e responsável, 24, 2º; V.

— qualidades requeridas, II, 3.

— à imitação de Cristo, 36; 37 § 1; para realização da vocação, 28.

— devida aos Superiores, 37 § 2; 38 § 1; V, 2-3; obediência e diálogo, 37 § 1.

— ao Romano Pontífice e aos Bispos, 38, § 1-2.

— por força do voto, 38 § 1; na fórmula dos Votos, 58.

— os doentes devem obedecer ao médico, VI, 3.

OBRAS

— sentido comunitário, 1º.

— sustentar as obras de caridade, 153 § 1.

69.        Veja: Ministérios.

OCIOSIDADE

— madrasta das virtudes, IV, 5. 73. Veja: Acedia.

OFÍCIOS

— ninguém se intrometa no ofício do outro, V, 9.

— ajudar os oficiais, V, 9.

— ler as regras dos ofícios, XII, 14.

— na administração central, 101-119.

— na administração provincial, 123-128.

— na administração local, 129-134.

OPINIÕES

— preferir as alheias às próprias, VIII, 9.

— fugir das novas e particulares, XII, 7.

— atender às opiniões dos coirmãos, 24, 3º.

— a obediência e as opiniões próprias, 37.

ORAÇÃO

— condição da oração na comunidade, 24, 4º.

— fonte de vida espiritual, 25, 3º.

— a CM é uma comunidade de oração, 25, 4º.

— à imitação de Cristo, 40; X, 1.

— segundo São Vicente, 41.

— oração apostólica, 42-44.

— condições da oração dos missionários, 43.

— oração litúrgica: Eucaristia, Penitência, Liturgia das Horas, 45.

— oração comunitária, 46.

— oração pessoal, quer em particular, quer em comum todos os dias, por uma hora, 47 § 1; X, 7.

— oração no tempo de formação, 78 § 2. 90. Veja: Meditação.

ORDEM        DO DIA

— observá-la exatamente, X, 18.

— no planejamento comum, 27.

— ordem doméstica, V, 5.

ORDENS SAGRADAS

— o ainda não incorporado não pode a elas ser admitido, 57 § 2.

— o Superior Geral pode admitir às ordens, 107, 9º; igualmente o Visitador, 125, 9º, 10º.

— tempo para exercer a ordem do Diaconato, 90.

PAIS

— amá-los com moderação, segundo Cristo, II, 9.

PARENTES

* Veja: Pais.

PÁROCO

— pedir a sua bênção antes e depois da missão, XI, 6.

— nada fazer contra a sua vontade, V, 1; XI, 6.

PATRIMÔNIO

— confiado por São Vicente, 3 § 1.

— defendido pela Assembleia Geral, 137, 1º.

— os bens da CM são patrimônio dos pobres, 148 § 1.

PENITÊNCIA

— aproximar-se dela frequentemente, 45 § 2. 4. Veja: Confissão.

PERFEIÇÃO

— fim da CM, 1, 1º; I, 1.

PIOS EXERCÍCIOS

— observá-los diligentemente, X, 1.

PLANEJAMENTO COMUM

— cada comunidade deve fazer o seu, 27.

— objeto do planejamento comum local, 27; 32 § 1.

POBRES

— seguir a Cristo, Evangelizador dos pobres é o        fim da CM, 1; 28; 44; I, 1.

— preferir os pobres, sobretudo os mais abandonados, a quaisquer outros, 1, 2º; 10; 12, 1º; 18.

— a caridade compassiva e eficaz é nota da CM, 6.

— participar da condição dos pobres, 12, 3º.

— formação do clero e dos leigos para a evangelização dos pobres, 15; opção da Igreja, 15.

 vida comum e evangelização dos pobres, 19; 25, 2º.

— nossa entrega à evangelização dos pobres, por toda a vida, 28.

— a castidade e a evangelização dos pobres, 29.

— a pobreza e a evangelização dos pobres, 33.

— orar como os pobres, 43.

— a fórmula dos votos quanto à evangelização dos pobres, 58.

— formação e realidade dos pobres, 78 § 4.

— no Seminário Interno, 85, 1º.

— no Seminário Maior, 87 § 2; 88.

— os bens da CM são patrimônio dos pobres, 148; 152; 154 § 2.

*Referências: 1: 5; 6; 10; 12; 15; 18; 19; 28; 31; 33; 43; 58; 78 § 4; 85, 1º; 87 § 2; 88; 148; 152.

POBREZA

— nas Regras Comuns, III.

— imitação de Cristo, 31.

— novas formas de pobreza, 18.

— durante a formação, conhecer as raízes da pobreza, 88.

— profissão de pobreza na CM, 28; 31.

— praxe da pobreza, 32; 33; 34.

— mesmo quanto aos bens próprios, 35.

— pobreza e bens temporais, 148.

— a pobreza como voto, 34.

— a pobreza na fórmula dos Votos, 58.

Veja: Estatuto Fundamental da Pobreza, pág. 95 (Const.).

POLÍTICA

— não participemos dela, VIII, 14-16.

PONTÍFICE

Veja: Romano Pontífice.

FOSTULADOR JUNTO A        SANTA SÉ

* Veja: Procurador Geral junto à        Santa Sé.

PREGAÇÃO

— às Filhas da Caridade e às Freiras, XI, 11.

— estilo simples, XII, 5.

PREGADORES

— precisam de aprovação, XI, 3.

— evitar a vã complacência, XII, 4.

PRESCRIÇÕES

— do Superior Geral, 107 § 2.

— do Visitador, 125, 2º.

PRESTAÇÃO        DE CONTAS

Veja: Administração, Informação.

PREVIDÊNCIA SOCIAL

Veja: Bens Temporais.

PROCEDIMENTO

— nada tenha de leviano ou pueril, VII, 2.

PROCURADOR GERAL JUNTO A        SANTA SÉ

— oficial da Cúria Geral, 119 § 1; nomeação e tempo no cargo, 119 § 1, 2.

— pode participar do Conselho Geral, 119 § 3.

— participa da Assembleia Geral, 119 § 4.

— está adscrito à casa da Cúria Geral, 119 § 2.

PROVIDÊNCIA DE DEUS

— docilidade à Providência é nota da espiritualidade da CM, 6.

— aceitar seus decretos, II, 3.

PROVÍNCIA

— a CM divide-se em Províncias, 120.

— consta da união de várias casas, 122.

— é governada pelo Visitador com o auxílio dos oficiais da administração provincial, 123; 126; 127; 128.

— compete ao Superior Geral erigir, dividir, etc. 107, 3º.

— em cada Província, haja um Ecônomo, 128.

— a Província julga sobre as formas de apostolado, 13.

— direito de admitir candidatos à Província, 53 § 2, 2º.

— todo coirmão deve ter uma Província, 66.

— Os Seminaristas estão inseridos na comunidade provincial, 86.

— a comunidade provincial é responsável pela formação, 93.

— o Superior Geral tem poder sobre todas as Províncias, 103.

— o Visitador e a Assembleia Provincial podem dar normas para a Província, 125, 2º; 143, 1º, º; Outros direitos da Assembleia Provincial para com a Província, 143.

— a Província é capaz de possuir bens, 150 § 1.

— comunicação de bens entre as Províncias, 15 § 1; com a Cúria Geral, 151.

— a Província de boa vontade ceda de seus bens para os pobres, 152 § 2.

— compete à Província determinar o começo do Seminário Interno, 83 § 2.

* Veja: Visitador, Assembleia.

PRUDÊNCIA

— unida à simplicidade, II, 5.

— a prudência da carne é oposta à simplicidade, II, 15.

PUREZA DE INTENÇÃO

— brilhe sempre em nossos atos, XII, 2.

QUARTOS

— não se fechem à chave, III, 8; estejam limpos, VII, 5; convenientes a um pobre, III, 7.

— entrada e saída, V, 13; X, 20.

RATIO FORMATIONIS

* Veja: Formação.

RATIO STUDIORUM

* Veja: Formação.

RECONCILIAÇÃO

— fraterna, 24, 3º.

— sacramento da Reconciliação ou Penitência, 45 § 2.

Veja: Confissão.

RECREIO

unir a modéstia à alegria, VIII, 7.

RECUSA DOS SUPERIORES

— aceitá-la com calma, X, 13.

— depois da recusa, não procurar outro Superior, V, 7.

REFEIÇÃO

— leitura durante a refeição, X, 19.

— silêncio no refeitório, VIII, 4.

— divagação dos olhos, durante a refeição, VII, 2; VIII, 3.

— mortificação em alguns dias, X, 16-17.

* Veja: Alimento (tomar)

REGISTRO DE ADMINISTRAÇÃO

* Veja: Administração.

REGRAS COMUNS

— dadas por S. Vicente (1658), Introd.

— a regra suprema é Cristo, 5; 77 § 2.

— nelas se exprime o espírito da Missão, 4.

— o espírito do Fundador expresso nelas, 34.

— tê-las em grande estima, XII, 13.

— causa de uniformidade, II, 11.

— não sejam comunicadas aos externos, IX, 8.

— sejam lidas de três em três meses, XII, 14.

— pedir penitência ao Superior pelas faltas contra as RC, XII, 14.

RELAÇÕES

— relações fraternas mútuas, 24.

— entre mestres e alunos, 95.

* Veja: Colaboração.

RELIGIOSAS

* Veja: Freiras.

REMÉDIOS

— seu uso, VI, 3.

— cuidado médico aos coirmãos doentes, 26 § 1.

RENOVAÇÃO CONTÍNUA

— a CM deve permanecer em estado de renovação contínua, 2.

* Veja: Adaptação, Conversão contínua.

REPREENSÃO

— compete aos Superiores; V, 6.

RESPONSABILIDADE

— na formação dos nossos, 86.

— fomente-se como uma qualidade dos missionários, 09.

— na observância das CC & EE, 63.

Veja: Corresponsabilidade.

REVERÊNCIA

— mútua, 25, 1º; VIII, 2-3.

— para com os Superiores, VIII, 3.

— para com o Sumo Pontífice e os Bispos, 38; V, 1.

— para com o Pai, 6.

REVISÃO DAS OBRAS

* Veja: Adaptação, Atividade Apostólica, Obras.

ROMANO PONTÍFICE

— obediência por força do voto, 38 § 1.

— e reverência, V, 1.

— pode dispensar nossos votos, 55 § 1.

— isenção concedida à CM, 99.

ROSÁRIO

— modo de honrar a Virgem Maria, 49 § 2.

SACRAMENTOS

— meios de atingir o fim do nosso apostolado, 11.

* Veja: Eucaristia, Penitência.

SACRISTIA

— silêncio na sacristia, VIII, 4.

SAGRADAS ESCRITURAS

— estudo e meditação no Seminário Interno, 85, 3º.

SAÍDA

— a saída da CM se rege pelo direito universal e próprio, 68.

— a saída de um ainda não incorporado, 69 § 1.

— o Superior Geral pode conceder a saída da CM, 71.

— os incorporados egressos, 72; 76 § 2, 3.

* Veja: Ausência, Exclusão.

SAMARITANO

— S. Vicente como o bom Samaritano dos pobres, 18.

SANTA SÉ

— a atividade apostólica da CM segundo os Documentos da S. Sé, 13.

*menções: 13; 75; 106 § 2; 119; 137, 4º, 5º; 139; 155.

SANTOS DA CONGREGAÇÃO DA MISSÃO

— cultuemo-los de coração, 50.

SAÚDE

— regras quanto à alimentação, V, 12.

SECRETARIO

— geral: nomeação, ofício, 119 § 1, 2.

— no Conselho Geral, 119 § 3.

— direito de participar da Assembleia Geral, 119 § 4.

— secretário da Assembleia Geral, 140 § 2.

SECULARIDADE DA CONGREGAÇÃO

— a CM pertence ao corpo do clero secular, Introd.

— secularidade da Congregação 3 § 2.

* Veja: Documentos sobre os Votos, pág. 91 e 95.

SEGREDO

— observá-lo em tudo, VIII, 10.

— nos casos de consciência, XI, 9.

SEGUIMENTO        DE        JESUS        CRISTO

— fim da CM, 1.

* Veja: Jesus Cristo.

SEMINA VERBI

— atender às «sementes do Verbo» nas missões ad gentes, 16.

SEMINÁRIO INTERNO

— fim, 83, 1º.

— obrigação dos seminaristas, 84-85.

— a casa e o Diretor, 86.

— duração e modo, 83, 2º.

— admissão e direito de admitir, 53, 2º; 82; 125, 8º.

SEMINÁRIO MAIOR

— fim, 87-89.

Veja: Mestres. Formação.

SEMINÁRIOS

— obra da CM, 15.

— renovação da obra da formação do clero, 15.

— nas Regras Comuns, XII, 6.

SEPARAÇÃO

— regra de separação, VIII, 5.

SILÊNCIO

— no refeitório e na sacristia, VIII, 4.

— momento: quando e como observá-lo, VIII, 4, 6.

SIMPLICIDADE

— virtude da CM, 7; II, 4; XII, 5.

— uni-la à prudência evangélica, II, 5.

— modo simples de viver, 33.

— no apostolado, 24.

— defeitos, II, 15.

SINAIS DOS TEMPOS

— atender a eles na obra da evangelização, 2.

SINO

— obedecer ao        sino como à voz de Cristo, V, 3.

SOBERBA

* Veja: Ambição.

SUBSIDIARIEDADE

— como princípio de governo na Congregação, 98.

— a Assembleia Geral faça leis, observando o princípio de subsidiariedade, 137, 3º.

— administrar os bens, sob a vigilância dos Superiores, segundo o princípio de subsidiariedade, 153 § 2.

SUBSÍDIO

— prestá-lo aos coirmãos em dificuldades 24, 1º.

SUBSTITUTO

— do Assistente Geral, 118.

— nas Assembleias, 136 § 4.

Veja: Assembleia.

SUFRÁGIOS (MISSAS)

— direito aos sufrágios, 26 § 2.

SUMO PONTÍFICE

* Veja: Romano Pontífice.

SUPÉRFLUOS

— não os procurar, III, 7.

SUPERIORES

— em geral, 96-100.

— responsáveis em procurar a vontade de Deus, 24, 2º.

— licença dos Superiores com respeito à pobreza, 34; 35.

— obediência devida aos Superiores, 37 § 2.

— obediência em virtude do voto, 38 § 1.

— a incorporação indica os Superiores próprios, 66.

— princípios de governo, 96-100.

— poder dos Superiores, 100.

— os Superiores procurem os coirmãos que se subtraem à autoridade, 72 § 1.

— a exclusão do coirmão por qualquer Superior, em caso especial, 74 § 3.

SUPERIOR GERAL

— direito de admitir candidatos, 53 § 2, 1º.

— direito de admitir aos votos, 56, 1º.

— pode conceder a licença de viver fora da comunidade local, 67.

— mesmo fora da Congregação, 70.

— dispensar dos votos, 55 § 1; 71.

— sucessor de S. Vicente e sua maior obrigação, 101; 102.

— poder do Superior Geral, 103.

— pode dar a interpretação usual das CC & EE e dos Decretos da Congregação, 104.

— eleição do Superior Geral, 140; 141.

— eleição do Superior Geral: qualidades, duração do ofício, 105.

— término do mandato, 106.

— diversas faculdades do Superior Geral, 107, lº-12º.

— o Superior Geral convoca, preside e dissolve a Assembleia Geral, 107, 4º; 138.

SUPERIOR LOCAL

— ofício de Superior local, 129.

— designação do Superior local, 130.

— poder do Superior local, 131.

— remoção do Superior local, 133.

— responsabilidade na administração dos bens, 134.

— convoca a Assembleia Doméstica, 147 § 1.

— superior de uma comunidade a modo de Superior de uma casa, 132.

SUPERIOR PROVINCIAL

* Veja: Visitador.

SUPERIOR REGIONAL

— pode ser constituído pelo Visitador, 125, 5º.

TEMPO

— de falar e de calar, VIII, 4.

— tempo de duração dos diversos ofícios, * Veja: cada ofício.

— tempo do Seminário Interno, de emitir o Bom Propósito, * Veja: Seminário Interno e Bom Propósito.

TENTAÇÕES

— modo de proceder, II, 16.

— avisar os Superiores sobre a tentação de um coirmão, II, 17.

TRABALHO

— cada um está sujeito à lei do trabalho, 32 § 1.

— o fruto do trabalho pertence à comunidade, 32 § 2.

TRINDADE

— supremo princípio de nossa ação e de nossa vida, 20.

— devoção para com a SS. Trindade, 48; X, 2.

UNIFORMIDADE

— na vida comum, II, 11.

UNIDADE

— entre as Casas, Províncias e toda a Congregação, 23.

— o Superior Geral, centro de unidade da Congregação, 102.

— a uniformidade cria a unidade, II, 11.

URBANO VIII

— aprovou a Congregação, Introd.

USOS

— conservar os usos tradicionais na Congregação, X, 20.

VAIDADE

— evitá-la, XII, 3,4.

VELHOS

Veja: Doentes.

VIAGENS

— normas, IX, 16.

VICENTE (SÃO)

— dados sobre sua vida, Introd.

— conhecer profundamente o seu espírito, Introd.

— seu carisma seja promovido pelo Superior Geral, 101.

— voltar ao seu patrimônio, 50.

Referências: 1; 3; 5; 6; 7; 8; 10; 14; 18; 19; 21; 34; 38; 41; 47; 50; 51; 77; 85, 2º, 5º; 87 § 2; 101; 148.

VICE-PROVÍNCIA

— a CM se divide em Províncias e Vice-Províncias, 121.

VIDA COMUM

* Veja: Comunidade.

VIDA DA CONGREGAÇÃO

— vocação (fim, espírito, natureza) dirige toda a vida da CM, 9.

— Cristo, centro da vida da CM, 77 § 2.

— vida e comunidade fraterna, 19-27.

— vida apostólica, 10-18.

— vida de oração, 40-50.

— comunidade de bens, 32; 148; 155.

— vida consagrada, 3 § 3; 28-29.

— organização da vida na CM, 96-155.

— formação na vida da CM, 77-95.

VIGÁRIO GERAL

— o Vigário Geral ajuda e substitui o Superior Geral, 108;

110; 111; 112.

— eleição, 109; 140; 141.

— caso do cargo vacante de Vigário Geral, 113.

— cessa o ofício, 114.

VIRTUDES

— peculiares da CM, 7; 34.

— nas Regras Comuns, II.

VISITADOR

— direito de admitir candidatos, 53 § 2, 2º.

— direito de admitir aos votos, 56, 2º.

— pode conceder a licença de viver fora da comunidade local, 67.

— excluir um coirmão em caso especial, 74 § 3.

— estabelecer um tempo para o exercício do Diaconato, 90.

— o Visitador dirige a Província, 123.

— designação do Visitador, 124.

— faculdades especiais do ofício de Visitador, 125,l º -ll. ° .

— Assistente do Visitador, 126.

— Conselho do Visitador, 127.

— responsabilidade na administração dos bens, 128.

— o Visitador designa os Superiores locais, 130.

— pode nomear um coirmão responsável por um grupo (ou comunidade) à maneira de casa, 132.

— pode afastar o Superior local, 133.

— pode constituir o Conselho Doméstico, 134 § 2.

— convoca, preside e termina a Assembleia e promulga as

Normas Provinciais, 145.

Veja: Superiores.

VISITAR

— os externos, IX, 5, 9, 10.,

— os enfermos, XI, 8; VI, 1-2.

— as religiosas, XI, 11.

— as Filhas da Caridade, XI, 11.

VOCAÇÃO DA CONGREGAÇÃO

— natureza, espírito, fim, 1-6.

— dirige toda a vida da CM, 9.

— é a participação da vocação da Igreja, 10.

VONTADE DE DEUS

— fazê-la sempre, 24, 2º.

— procurar a vontade de Deus na oração, 40 § 1; pela obediência, 37 § 1.

— manifesta-se de muitos modos, 36.

— nas Regras Comuns, II, 3; V, 4.

VOTOS

— aprovados por Alexandre VII, Introd., Breve «Ex Commissa Nobis»; 55 § 2; pág. 91.

— emitem-se na CM quatro votos: estabilidade, castidade,

pobreza e obediência, 3 § 3.

— obrigações por força dos votos, 29 § 1; 34; 38 § 1; 39.

— natureza dos votos da CM, 55 § 1.

— relação com a incorporação, 57 § 1.

— direito de admitir aos votos, 56; 107, 9º; 125, 8º.

— emissão dos votos, fórmulas e atestado, 58.

— determinações quanto ao tempo da emissão, 54 § 1.

— dispensa dos votos, 55 § 1; 76 § 1; 107, 9º.

— conhecer cuidadosamente os votos, durante o Seminário Interno, 85, 5º.

Veja: Estabilidade, Castidade, Pobreza, Obediência.

VOZ

— quem goza de voz ativa e passiva, 60-61.

— quem carece, 70; 72 § 2.

ZELO

— virtude da CM, 7; II, 14.

— indiscreto, XII, 11.

— falta de zelo, II, 15.

— pela oração conserva-se o zelo, 42.

ZENÃO (SÃO)

— sua doutrina sobre a curiosidade, XII, 8.

ÍNDICE        GERAL

Decreto de aprovação 3

Carta do Superior Geral 5

Decreto de promulgação 8

Introdução 9

Constituições da Congregação da Missão 17

Índice das Constituições 87

Documentos sobre os Votos 89

Regras Comuns (1658) 99

Índice das Regras Comuns 167

Índice analítico das Constituições e das Regras Comuns        169

 
REGUŁY WSPÓLNE

ZGROMADZENIA MISJI

Strona tytułowa pierwszego wydania

Reguł wspólnych (1658)

WINCENTY A PAULO

PRZEŁOŻONY GENERALNY ZGROMADZENIA MISJI

 

UMIŁOWANYM NASZYM W CHRYSTUSIE

TEGOŻ ZGROMADZENIA KAPŁANOM, KLERYKOM I BRACIOM POMOCNIKOM POZDROWIENIE W PANU

 

Bracia najmilsi, oto nareszcie Reguły czyli Konsty- tucje wspólne naszego Zgromadzenia, tak bardzo przez Was upragnione i tak długo oczekiwane. Co prawda minęły już prawie trzydzieści trzy lata od pierwszego zatwierdzenia tegoż Zgromadzenia, zanim  ogłosiliśmy je drukiem i podaliśmy do rąk Waszych, ale wybraliśmy tę drogę celowo, aby nie tylko naśladować w tym względzie Chrystusa, Zbawiciela naszego, który naj- pierw czynił zanim począł nauczać, lecz także dlatego, aby zapobiec rozlicznym trudnościom, jakie by mogły niewątpliwie powstać wskutek przedwczesnego wyda- nia tychże Reguł czyli Konstytucji, a w rezultacie ich wykonywanie mogłoby się później okazać w praktyce zbyt trudne albo mniej odpowiednie.

Zatem nasze zwlekanie i takie właśnie postępowanie ustrzegło nas przy pomocy łaski Bożej od tych niebez- pieczeństw a nawet sprawiło, że Zgromadzenie powoli   i stopniowo wprowadziło niniejsze przepisy w życie, zanim ukazały się w druku. Niczego więc w nich nie

znajdziecie, czego byście nie spełniali już od dawna ku wielkiemu naszemu zadowoleniu i wzajemnemu Wa- szemu zbudowaniu.

Przyjmijcież je tedy, Bracia najmilsi, z taką miłością, z jaką Wam je podajemy. Uważajcie je nie za produkt ludzkiego umysłu, ale raczej za przejaw działania Ducha Bożego, od którego wszelkie dobro pochodzi, i bez któ- rego nie jesteśmy zdolni obmyśleć czegoś samodzielnie. Albowiem, czyż znajdziecie w nich coś, co by Was nie zapaliło i nie pobudziło do unikania występku, albo do nabywania cnót, czy też postępowania według zasad ewangelicznych? Dlatego staraliśmy  się, o ile to było  w naszej mocy, zaczerpnąć je wszystkie z ducha i czy- nów Jezusa Chrystusa, jak to z łatwością można zauwa- żyć. Sądziliśmy bowiem, że ludzie powołani do dalsze- go prowadzenia posłannictwa samego Chrystusa, które polega przede wszystkim na opowiadaniu Ewangelii ubogim, powinni być ożywieni tymiż co Chrystus my- ślami i pragnieniami, zarówno jak i duchem tym sa- mym, aby pójść Jego śladami.

Na koniec prosimy Was Bracia i zaklinamy w Panu Jezusie, abyście się starali o dokładne tychże Reguł zachowanie, mając tę pewność, że jeżeli Wy je zacho- wacie, to i one Was zachowają i w końcu do upragnio- nego celu, to jest do wiecznego szczęścia bezpiecznie Was doprowadzą. Amen.

JEZUS, MARYJA, JÓZEF

Rozdział I

 

O CELU I ORGANIZACJI ZGROMADZENIA

 

  1. Pan nasz Jezus Chrystus, jak świadczy Pismo Święte, przychodząc na świat dla zbawienia rodzaju ludzkiego, począł czynić i nauczać. Pierwsze zadanie wypełnił, praktykując w sposób doskonały cnoty wszelkiego rodzaju, drugie zaś, głosząc Ewangelię ubogim i przekazując swoim Apostołom i uczniom umiejętność potrzebną do kierowania ludźmi. A po- nieważ małe Zgromadzenie Misji pragnie samego Chrystusa Pana za pomocą Jego łaski i według słabych sił swoich naśladować tak w wykonywaniu Jego cnót jako też w pracy nad zbawieniem bliźnich, wypada by także używało podobnych środków do należytego spełnienia tego zbożnego zadania. Przeto celem jego jest: 1. Pracować nad nabyciem własnej doskonałości, to znaczy starać się usilnie praktykować cnoty, których nas ten największy Mistrz słowem i przykładem uczyć raczył; 2. Głosić Ewangelię ubogim, zwłaszcza wie- śniakom; 3. Dopomagać duchowieństwu w nabywaniu wiedzy i cnót potrzebnych w stanie kapłańskim.
  2. Zgromadzenie to składa się z kapłanów i braci. Do obowiązków księży należy: za wzorem samego Chrystusa i Jego uczniów obchodzić miasteczka i wio- ski, a głosząc tam kazania i katechizując, podawać

prostaczkom chleb słowa Bożego; doradzać spowiedź generalną z całego życia i słuchać tejże spowiedzi; łagodzić spory i kłótnie; zakładać Bractwa Miłosier- dzia; kierować seminariami duchownymi założonymi w naszych domach i uczyć w nich; udzielać rekolekcji; urządzać u nas konferencje duchowne dla duchowień- stwa diecezjalnego i kierować nimi, jako też spełniać inne obowiązki wyżej wymienionym funkcjom służące lub im pokrewne. Natomiast obowiązkiem braci jest pomagać księżom we wszystkich wyżej wymienionych zajęciach, pełniąc urząd Marty według polecenia prze- łożonego i współpracując z nimi przez swoje modli- twy, łzy, umartwienia i dobry przykład.

  1. Aby Zgromadzenie mogło za łaską Bożą osią- gnąć cel, który sobie wytknęło, powinno koniecznie wszystkich sił dokładać, by się przyoblec w ducha Chry- stusa, który najbardziej jaśnieje w Jego nauce ewange- licznej, w Jego ubóstwie, czystości  i  posłuszeństwie, w Jego miłości dla chorych, w Jego układności, w Jego sposobie życia i działania przekazanym Jego uczniom, w przestawaniu z bliźnimi, w codziennych ćwicze- niach pobożnych, jako też w pracach misyjnych i in- nych usługach, które świadczył ludowi. O tym wszyst- kim jest mowa w następnych rozdziałach.

Rozdział II

 

O ZASADACH EWANGELICZNYCH

 

  1. Na pierwszym miejscu każdy będzie się starał utwierdzić w tym przekonaniu, że nauka Chrystusa nigdy mylić nie może, natomiast nauka świata zawsze jest zwodnicza, tym bardziej, że sam Chrystus porów- nuje ją z domem zbudowanym na piasku, podczas gdy swoją naukę przyrównuje do budowli wzniesionej na twardej skale. Dlatego Zgromadzenie zawsze kierować się będzie zasadami Chrystusa, a nie zasadami świata. Aby zaś powyższe wskazania w czyn wprowadzić, bę- dzie przestrzegać przede wszystkim tego, co następuje.
  2. Chrystus Pan powiedział: «Starajcie się naprzód o królestwo Boga i o Jego sprawiedliwość, a to wszyst- ko będzie wam dodane» (Mt 6, 33). Przeto każdy bę- dzie się starał przenosić rzeczy duchowne nad docze- sne, zbawienie duszy nad zdrowie ciała, chwałę Bożą nad próżność świata. Co więcej, raczej niedostatek, niesławę, cierpienia, a nawet samą śmierć postara się wybrać wraz ze św. Pawłem, aniżeli się odłączyć od miłości Chrystusa. Dlatego nikt nie będzie się zbytnio troszczył o dobra doczesne, owszem troskę swoją zło- ży w ręce Boże w przekonaniu, że dopóki w tej miłości będzie utwierdzony i w tej ufności umocniony, zawsze pozostanie pod opieką Boga najwyższego, a więc żad- ne zło nie będzie miało przystępu do niego, ani sam nie

odczuje braku jakiegokolwiek: dobra, chociażby nawet sądził, że wszystko co posiada narażone jest na zgubę.

  1. Ponieważ owo pobożne ćwiczenie, polegające na pełnieniu zawsze i we wszystkim woli Bożej, jest naj- pewniejszym środkiem do zdobycia w krótkim czasie doskonałości chrześcijańskiej, każdy według sił swoich będzie się starał przyswoić je sobie, spełniając następu- jące cztery praktyki: 1. Wykonywać należycie rzeczy nakazane, a wystrzegać się zakazanych, ilekroć nam wiadomo, że tego rodzaju nakaz lub zakaz pochodzi od Boga albo od Kościoła, albo od naszych przełożonych, albo też wypływa z Reguł czyli Konstytucji naszego Zgromadzenia; 2. Spośród czynności obojętnych, jakie wypadnie nam wypełnić, należy wybierać raczej takie, które się sprzeciwiają naszej naturze, aniżeli te, które jej pochlebiają, chyba że te, które nam odpowiadają po- dyktowane są koniecznością, bo wtedy trzeba im przy- znać pierwszeństwo przed innymi, jednak nie dlatego, że nam są miłe, lecz dlatego, że bardziej podobają się Bogu; jeżeli jednak równocześnie nastręczają się do wykonania różne czynności z natury obojętne, które dla nas w równej mierze mogą być przyjemne lub nie- przyjemne, wówczas którąkolwiek z nich należy wy- brać bez dłuższego namysłu jako tę, którą nam wskazu- je Opatrzność Boża; 3. Cokolwiek niespodziewanie nas spotka, czy to będą rzeczy pomyślne lub niepomyślne, czy dotyczyć będą duszy czy ciała, wszystko jednakowo

należy przyjmować, jako pochodzące z ojcowskiej ręki Pana Boga; 4. Wszystko co wyżej powiedziano, należy spełniać pod wpływem pobudki, że tak się Bogu podoba jak również dlatego, żeby przez taką postawę naślado- wać według możności Chrystusa Pana, który wszystko w tym samym celu zawsze wypełniał, jak sam o sobie świadczy, mówiąc: «Ja, zawsze czynię to, co się Jemu (Ojcu) podoba» (J 8, 29).

  1. Pan Jezus wymaga od nas gołębiej prostoty, która polega na szczerym wypowiadaniu myśli tak jak je mamy w sercu, bez niepotrzebnych przekształceń, i na wystrzeganiu się obłudy i sztuczności, mając jedynie Boga przed oczami. Dlatego każdy podejmie usilne starania, aby wszystko spełniać w tymże duchu prosto- ty, pamiętając że Bóg rozmawia tylko z prostymi i że tajemnice nieba ukrywa przed mądrymi i roztropnymi tego świata, a objawia je prostaczkom.
  2. Jednak zalecając nam gołębią prostotę, Chrystus Pan nakazuje równocześnie mieć wężową roztropność czyli cnotę, dzięki której rozważnie mówimy i postę- pujemy. Dlatego roztropnie zamilczymy te rzeczy, których nie wypada  wyjawiać,  zwłaszcza  kiedy  same z siebie są złe i niedozwolone; w rzeczach zaś poniekąd dobrych lub dozwolonych opuścimy te okoliczności, które by uwłaczały czci Bogu należnej albo okazały się szkodliwe dla bliźniego, albo też serca nasze mogłyby skłonić do próżnej chwały. Ponieważ zaś roztropność

w działaniu każe obierać środki odpowiednie do osią- gnięcia zamierzonego celu, dlatego przyjmiemy za świętą i nienaruszalną zasadę, by zawsze używać środ- ków Bożych  do rzeczy boskich i patrzeć na wszystko   i osądzać  wszystko  według  nauki   i  zasad  Chrystusa a nie według zasad światowych, czy też według nikłego światła naszego rozumu. W ten sposób będziemy roz- tropni jak węże, a prości jak gołębice (Mt 10, 16).

  1. Wszyscy konfratrzy dołożą starań, aby sobie przyswoić naukę zawartą w słowach Chrystusa: «Ucz- cie się ode Mnie, bo jestem cichy i pokorny sercem» (Mt 11, 29), mając na uwadze, że jak On sam zapewnia łagodnością bierzemy w posiadanie ziemię, jako że pełniąc tę cnotę pozyskujemy serca ludzkie i pociąga- my je do Boga czego nie osiągną inni, którzy się ob- chodzą z bliźnim zbyt szorstko i zbyt surowo. Pokorą zaś zdobywamy niebo, gdyż na jego wyżyny prowadzi nas umiłowanie naszego poniżenia, a prowadzi nas po stopniach cnót do osiągnięcia tego celu.
  2. Pokora, którą nam Chrystus Pan tak często sło- wem i przykładem zalecał i o której nabycie Zgroma- dzenie wszelkimi siłami starać się powinno, wymaga następujących trzech warunków: 1. Całkiem szczerego uznawania, że się jest godnym nagany ludzkiej; 2. Za- dowolenia z tego, że naszą niedoskonałość drudzy widzą i dlatego nami gardzą; 3. Ukrywania w miarę możności tego, co Pan Bóg przez nas albo w nas doko-

nuje, mając na uwadze naszą własną nicość; jeżeli zaś tego zataić nie można, wszystko przypisywać miło- sierdziu Bożemu i zasługom innych. To stanowi pod- stawę wszelkiej doskonałości ewangelicznej i treść całego życia duchowego. Kto taką pokorę zdobędzie, ten osiągnie zarazem wszelkie dobra, ale komu jej zabraknie, ten  utraci  i  to  także  co  posiada  dobrego i narazi się na ustawiczne niepokoje i udręki.

  1. Chrystus Pan powiedział: «Jeśli kto chce iść za Mną, niech się zaprze samego siebie, niech co dnia bierze krzyż swój» (Łk 9, 23). A św. Paweł w tymże duchu dodał: «Jeżeli będziecie żyli według ciała, czeka was śmierć. Jeżeli zaś przy pomocy Ducha uśmiercać będziecie popędy ciała – będziecie żyli» (Rz 8, 13). Dla- tego każdy usilnie ćwiczyć się będzie w ustawicznym wyrzekaniu się własnej  woli  i  własnego  sądu  oraz  w umartwieniu wszystkich zmysłów.
  2. Wszyscy konfratrzy wyrzekną się również nieu- miarkowanego przywiązania do krewnych według rady Chrystusa, który z liczby swoich uczniów wyklucza tych,  co  nie  mają  w  nienawiści  ojca  i  matki,  braci  i sióstr; natomiast tym wszystkim, którzy ich dla Ewan- gelii opuścili obiecuje stokrotną nagrodę na tym świecie a na tamtym żywot wieczny. Taka postawa Chrystusa wskazuje jak wielką przeszkodą dla chrześcijańskiej doskonałości jest ciało i krew. Niemniej rodziców nale- ży kochać miłością duchową i w Chrystusie.

        10.        Wszyscy konfratrzy ze szczególną sumienno- ścią zdobywać będą cnotę obojętności, którą Chrystus  i święci tak bardzo cenili a zdobywać po to, by nigdy nie przylgnęli nieumiarkowanym uczuciem ani do urzędów ani do osób ani do miejsc, czy zwłaszcza kra- ju ojczystego, lub innych rzeczy. Natomiast gotowi będą wszystko to chętnie opuścić zgodnie z wolą prze- łożonego czy na jego życzenie, a jakąkolwiek odmowę czy zmianę w tym względzie zarządzoną przez przeło- żonego spokojnie zniosą i w Panu przyznają, że wszyst- ko dobrze uczynił.

Dla uczczenia zwyczajnego życia, jakie Chry- stus Pan pragnął prowadzić, aby się stać podobnym do innych i w ten sposób łatwiej ich dla Boga pozyskać, wszyscy konfratrzy w miarę możności zachowają we wszystkim jednostajność, uważając ją za rękojmię wzo- rowego porządku i świętej jedności. Unikać zaś będą wyróżniania się, które jest źródłem nienawiści i niezgo- dy. Jednostajność należy zachować nie tylko w pożywie- niu, ubiorze, pościeli i  innych  rzeczach,  ale  również  w metodzie kierownictwa, nauczania, głoszenia kazań, rządzenia i w ćwiczeniach duchownych. Aby zaś jedno- stajność mogła być u nas stale zachowywana, trzeba nam użyć jednego środka, jakim jest najdokładniejsze wypeł- nienie naszych Reguł czyli Konstytucji.

        12.        W Zgromadzeniu będziemy nieustannie spełnia- li akty miłości bliźniego. Są one następujące: 1. Świad- czenie drugim tego, czego się słusznie od innych spo- dziewamy; 2. Zgodność myśli z innymi i uszanowanie ich zdania w Panu; 3. Wzajemne znoszenie się bez szemrania;  4.  Współudział  w smutkach  innych osób;

5. Udział w ich radości; 6. Wzajemne uprzedzanie się w dowodach szacunku; 7. Przejawianie w stosunku do innych  dowodów  serdecznej  życzliwości  i usłużności;

  1. A wreszcie, poświęcenie się dla wszystkich, abyśmy wszystkich umieli pozyskać dla Chrystusa. To wszyst- ko należy tak rozumieć, aby się nic nie działo w jaki- kolwiek sposób przeciw przykazaniom Boskim i ko- ścielnym, albo przeciw Regułom czyli Konstytucjom naszego Zgromadzenia.
  1. Gdyby kiedykolwiek z dopuszczenia Bożego na Zgromadzenie, czy na poszczególny jego dom, lub na kogokolwiek z jego członków spadło oszczerstwo lub bezpodstawne dochodzenie sądowe, będziemy się pil- nie wystrzegać wszelkiej zemsty lub złorzeczenia, czy nawet narzekania na tych oszczerców i prześladow- ców; owszem, za to wszystko będziemy Boga chwalić, Jego błogosławić i z radością Mu dziękować za nie- zwykłą sposobność do otrzymania nadzwyczajnej łaski od Ojca światłości. Co więcej, będziemy się szczerze modlić za tych wszystkich nieprzyjaciół, a gdy się sposobność nadarzy, chętnie im usłużymy, pamiętając

o tym, że takie samo przykazanie Chrystus daje nam, jak innym wiernym, mówiąc: «Miłujcie waszych nie- przyjaciół, dobrze czyńcie tym, którzy was nienawidzą, błogosławcie tych, którzy was przeklinają i módlcie się za tych, którzy was oczerniają» (Łk 6, 27-28). Abyśmy to wszystko łatwiej i chętniej wypełnili, zapewnia nas, że przez to osiągniemy zbawienie. Stąd radość i wesele nasze – albowiem zapłata nasza obfita jest w niebie- siech. A co najważniejsze: On pierwszy zechciał to wypełniać w stosunku do ludzi, dając przykład, który potem naśladowali apostołowie, uczniowie i niezliczo- ne rzesze chrześcijan.

  1. Jakkolwiek powinniśmy stosować się w miarę sił naszych do wszystkich wyżej wymienionych zasad ewangelicznych jako nader wzniosłych i pożytecz- nych, to jednak niektóre z nich więcej nam odpowiadają a mianowicie te, które w szczególny sposób zalecają prostotę, pokorę, łagodność, umartwienie i gorliwość

o zbawienie dusz. Dlatego Zgromadzenie przykładać  się będzie z większą jeszcze starannością do ich umi- łowania i wypełniania, tak aby owe cnoty stanowiły jakby władze duszy całego Zgromadzenia i aby ożywia- ły zawsze wszystkie czynności każdego z nas.

  1. A ponieważ szatan usiłuje nas ciągle odwodzić od życia według powyższych zasad, przeciwstawiając im swoje,  zupełnie  im  przeciwne,  dlatego  każdy  gorliwie i odważnie przykładać się będzie do zwalczania i zwy-

ciężania owych pokus szatańskich, a zwłaszcza tych, które się nie zgadzają z duchem naszego Zgromadzenia. Są to: 1. Roztropność ciała; 2. Chęć przypodobania się ludziom; 3. Pragnienie, aby każdy ustawicznie ulegał naszemu zdaniu i naszej woli; 4. Szukanie we wszystkim zaspokojenia swoich naturalnych skłonności; 5. Nieczu- łość na chwałę Bożą i zbawienie bliźnich.

  1. Ponieważ zły duch występuje nieraz jako anioł światłości i zwodzi nas niekiedy swoimi złudzeniami, wszyscy pilnie przed nimi bronić się będą i dążyć do zdobycia metody rozeznawania  ich  i  pokonywania.  A że doświadczenie  nas uczy,  iż najskuteczniejszym  i najpewniejszym lekarstwem w tym wypadku jest nie- zwłoczne wyjawienie sprawy tym, których Bóg do tego przeznaczył, dlatego skoro tylko ktoś dostrzeże, że jest trapiony myślami, w których dopatrywać się trzeba ja- kiegoś złudzenia, albo że doznaje jakiej większej trudno- ści lub ciężkiej pokusy, przedstawi to możliwie jak naj- wcześniej właściwemu superiorowi lub dyrektorowi do tego przeznaczonemu, aby otrzymać odpowiednie lekar- stwo, które każdy jako pochodzące z ręki Bożej przyjmie, za najlepsze uzna i z wielkim zaufaniem i szacunkiem będzie zażywał. Przede wszystkim wystrzegać się będzie, aby nikomu, czy to spośród naszych konfratrów czy ob- cych, w żaden sposób nie zwierzał się ze swoich trudno- ści, gdyż doświadczenie uczy, że przez takie zwierzenia zło jeszcze się bardziej powiększa, inni się nim przy spo-

sobności zarażają, a w końcu nawet całe Zgromadzenie wielką stąd szkodę ponosi.

  1. Ponieważ Pan Bóg zlecił każdemu staranie

o bliźniego swojego, a my jako członki tego samego Ciała Mistycznego winniśmy sobie wzajemnie poma- gać, przeto jeśli kto zauważy, że konfrater jest dręczo- ny ciężką pokusą albo popełnił jakąś znaczną winę, zaraz w duchu miłości możliwie w najdelikatniejszy sposób będzie się starał, by przełożony odpowiednimi środkami jednemu i drugiemu złu w porę mógł zara- dzić. Również dla większego postępu w cnocie każdy poczyta sobie za rzecz dobrą i poczuwać się będzie do wdzięczności, jeżeliby ktoś wyjawił przełożonemu jego wady w duchu miłości, ktokolwiek by je poza spowiedzią zauważył.

  1. Pan nasz Jezus Chrystus przyszedł na świat, aby przywrócić panowanie Ojca swego nad duszami ludzki- mi, wyzwalając je spod władzy szatana, który je zdobył dla siebie, uwiódłszy je podstępnie nieumiarkowaną żą- dzą bogactw, zaszczytów i rozkoszy. Dobrotliwy Zbawi- ciel zwalczał swojego wroga przeciwnym orężem, a mia- nowicie ubóstwem, czystością i posłuszeństwem, co sam zresztą praktykował aż do śmierci. A że nasze małe Zgromadzenie powstało w Kościele Bożym w tym celu, by pracować nad zbawieniem dusz zwłaszcza ubogich wieśniaków,  uważa  ono,  że  nie  istnieje   potężniejsza   i odpowiedniejsza broń jak ta, którą Odwieczna Mądrość

tak szczęśliwie i z tak wielką korzyścią się posłużyła. Dlatego wszyscy i każdy z osobna będą sumiennie i do- zgonnie praktykowali ubóstwo, czystość i posłuszeństwo według naszych Reguł. Aby zaś pewniej i bez większych trudności mogli we wierności dla tych cnót wytrwać aż do śmierci, a jednocześnie zapewnić sobie obfite zasługi, każdy będzie się starał możliwie jak najsumienniej peł- nić, co w tym przedmiocie zostało postanowione w na- stępujących rozdziałach.

 

Rozdział III

O UBÓSTWIE

 

  1. Ponieważ sam Jezus Chrystus rzeczywisty wła- ściciel dóbr wszelkich tak umiłował ubóstwo, że nie miał gdzie swojej głowy skłonić, a tych którzy razem  z nim ponosili trudy prac misyjnych, to jest apostołów i uczniów w podobnym niedostatku pragnął zachować, tak iżby niczego na własność nie mieli i w ten sposób mogli bez przeszkody skuteczniej i wygodniej zwal- czać żądzę bogacenia się, która prawie cały świat gubi, każdy według słabych sił swoich będzie się starał na- śladować Zbawiciela w pełnieniu tej cnoty z silnym przekonaniem, że ona stanie się twierdzą nie do zdo- bycia, w której Zgromadzenie przy pomocy łaski Bo- żej trwać będzie przez całe wieki.

        2.        Jakkolwiek zajęcia nasze na misjach, które mamy odprawiać bezinteresownie, nie pozwalają nam na całkowite zachowanie ubóstwa, to jednak przynajmniej w wewnętrznym poczuciu, a według możności również i w rzeczywistości będziemy usiłowali pełnić tę cnotę w Panu, a zwłaszcza według następujących przepisów.

Wszyscy   członkowie   naszego    Zgromadzenia i każdy z osobna dobrze to sobie uświadomią, że za przykładem pierwszych chrześcijan wszystkie rzeczy, mianowicie: żywność, odzież, książki, sprzęty itp. będą nam wspólne i poszczególnym konfratrom rozdzielane zależnie od potrzeby. Aby zaś nic się nie działo przeciw ubóstwu, któreśmy ślubowali, nikt nie będzie tego rodzaju własnością Zgromadzenia rozporządzał ani też niczego z tych rzeczy rozdawał, chyba tylko za pozwo- leniem przełożonego.

Prócz tego, nikt nie powinien niczego posiadać bez wiedzy lub zgody przełożonego, albo czego by nie był gotów natychmiast oddać na jego rozkaz lub nawet na jego życzenie.

Żadnej rzeczy nikt nie będzie używał jako swojej własności. Nikt też niczego nie podaruje, nie przyjmie, nie pożyczy i nie da do używania, ani też nikogo o nic nie poprosi bez pozwolenia przełożonego.

Z tych rzeczy, które są dane innym do użytku albo na wspólnym miejscu złożone czy pozostawione,

nikt nie będzie niczego dla siebie zabierał, nawet ksią- żek. Podobnie, żadnej rzeczy otrzymanej do używania nie da innemu bez zgody przełożonego i nie dopuści, aby coś zginęło albo się niszczyło wskutek jego nie- dbalstwa.

  1. Nikt nie będzie się domagał rzeczy zbytecznych lub  nadzwyczajnych,  w   rzeczach  zaś  koniecznych  i w ich pragnieniu każdy powinien zachować pewien umiar, by rodzaj pożywienia, mieszkania i pościeli był taki jak przystoi ubogiemu. Zresztą w tych rzeczach podobnie jak w innych niech każdy będzie gotów do- znać pewnych skutków ubóstwa, owszem, niech znie- sie chętnie nawet  i  to,  gdyby  mu  przydzielono  co  w domu jest najlichszego.
  2. Aby nie zauważono u nas niczego, co by trąciło choćby tylko pozorem własności, nasze mieszkania będą w ten sposób zamykane, by można je było otwo- rzyć od zewnątrz. Nie będzie też w nich żadnej szafy lub innej rzeczy specjalnym kluczem zamykanej, chy- ba za wyraźnym pozwoleniem przełożonego.
  3. Przenosząc się z jednego domu do drugiego, ża- den konfrater nic nie będzie zabierał ze sobą bez po- zwolenia przełożonego.
  4. Ponieważ cnota ubóstwa może być naruszona nawet w samym nieumiarkowanym pragnieniu dóbr do- czesnych, dlatego każdy będzie pilnie czuwał, by takie

zło nie zawładnęło jego sercem nawet wtedy, gdyby pod pozorem dobra duchowego zabiegał o beneficja. Dlate- go też nikt pod żadnym pretekstem nie będzie pragnął beneficjum lub jakiejś godności kościelnej.

 

Rozdział IV

O CZYSTOŚCI

 

  1. Jak bardzo Zbawiciel nasz cenił czystość i jak gorąco pragnął zaszczepić tę cnotę w sercach ludzkich na to oczywistym dowodem jest ta okoliczność, że za sprawą Ducha Świętego wbrew prawom natury chciał się narodzić z czystej Dziewicy i tak się brzydził prze- ciwnym występkiem, że jakkolwiek dopuścił, aby Mu  i najstraszniejsze występki niesłuszne zarzucano, bo pragnął być zelżywościami nasycony, to jednak ni- gdzie o Nim nie czytamy, żeby nawet najzaciętsi Jego wrogowie mieli Go choćby tylko podejrzewać o jaki- kolwiek brak wstydliwości, nie mówiąc już o wyraźnym oskarżeniu. Dlatego jest rzeczą bardzo pożądaną, aby Zgromadzenie pałało gorącym pragnieniem posiadania cnoty czystości i żeby zawsze i wszędzie dawało dowo- dy jak najdoskonalszego jej zachowania. Tym bardziej powinno nam to leżeć na sercu, im bardziej poświęcamy się zajęciom misyjnym, które nas zmuszają do nieustan- nego niemal przestawania z osobami świeckimi obojga

płci. Dlatego każdy dołoży wszelkich możliwych starań, by z jak największą troską, sumiennością i ostrożno- ścią wytrwać w nieskalanej czystości ciała i duszy.

  1. Aby zaś i przy pomocy Bożej mógł tego doko- nać, z wielką pilnością będzie czuwał nad zmysłami tak wewnętrznymi jak i zewnętrznymi. Z niewiastami nie będzie nigdy rozmawiał sam na sam w nieodpo- wiednim miejscu i czasie. Rozmawiając zaś z nimi lub do nich pisząc, będzie się wystrzegał bezwzględnie słów, które by tchnęły zbyt czułym do nich przywiąza- niem. Słuchając ich spowiedzi lub z nimi rozmawiając poza spowiedzią, nie będzie się do nich zbytnio zbliżał ani zanadto ufał swojej cnocie czystości.
  2. Ponieważ brak  umartwienia  jest  jakoby  matką i karmicielką nieczystości, każdy będzie umiarkowany w jedzeniu, używając potraw możliwie zwyczajnych,  a wina dobrze wodą rozcieńczonego.
  3. Nadto, wszyscy powinni mieć to przekonanie, że misjonarzom bynajmniej nie wystarczy osiągnięcie przeciętnego tylko stopnia czystości; owszem, powinni nadto ze wszystkich sił starać się nie dopuścić w miarę możności do tego, aby ktokolwiek o którymś z naszych konfratrów powziął najlżejsze podejrzenie o występek przeciwny tej cnocie. Już samo takie podejrzenie, jak- kolwiek całkiem niesłuszne, więcej by szkody przynio- sło Zgromadzeniu i jego pobożnym zajęciom, aniżeli

inne występki niesłusznie nam zarzucane, tym bardziej że z tej przyczyny nasze misje albo bardzo mało albo wcale nie przyniosłyby pożytku. Celem więc zapobie- żenia temu złu lub też dla jego usunięcia będziemy uży- wać wszystkich możliwych środków nie tylko zwy- czajnych, lecz w razie potrzeby i nadzwyczajnych. Tego rodzaju środkiem będzie powstrzymanie się nie- kiedy od zajęć  skądinąd godziwych  a nawet dobrych  i świętych, jeżeliby wskutek tego, zdaniem przełożo- nego lub kierownika duchowego, należało się obawiać takiego podejrzenia.

  1. Ponieważ próżnowanie bynajmniej nie sprzyja nabywaniu cnót, zwłaszcza czystości, każdy będzie się tej wady tak wystrzegał, żeby go zawsze można było zastać przy jakimś pożytecznym zajęciu.

 

Rozdział V

O POSŁUSZEŃSTWIE

 

  1. Dla uczczenia posłuszeństwa, którego Pan nasz Jezus Chrystus raczył nas uczyć słowem i przykładem, kiedy chciał być posłuszny Najświętszej Maryi Pannie, św. Józefowi, jak też innym osobom urząd jakiś piastu- jącym tak życzliwym jak nieżyczliwym, my wszystkim  i poszczególnym naszym przełożonym doskonale bę- dziemy posłuszni, upatrując w nich Boga, a ich w Panu

Bogu. Przede wszystkim zaś Ojcu św. będziemy oka- zywać wiernie i szczerze szacunek i uległość. Również pokornie i stale będziemy posłuszni stosownie do na- szych ustaw najprzewielebniejszym księżom biskupom, ordynariuszom diecezji, w których Zgromadzenie się osiedli. Ponadto nic nie będziemy czynić w kościołach parafialnych bez zgody księży proboszczów.

  1. Wszyscy konfratrzy i każdy z osobna będą ocho- czo, z radością i wytrwale posłuszni przełożonemu ge- neralnemu we wszystkim, co nie jest wyraźnym grze- chem, w ślepym niejako posłuszeństwie poddając mu swój sąd i swoją wolę nie tylko wtedy, gdy chodzi

o jego wolę wyraźnie nam oznajmioną, lecz także wtedy gdy poznamy jego życzenie, mając to przekonanie, że cokolwiek on nam rozkaże, zawsze to wyjdzie na więk- sze nasze dobro – oraz oddając siebie do jego rozporzą- dzenia niby narzędzie do rąk rzemieślnika.

  1. Posłuszeństwo to należy okazywać również innym przełożonym zarówno domowym jak wizytatorom oraz podporządkowanym im urzędnikom. Każdy też będzie się starał być posłuszny na głos dzwonka jako na głos Chrystusa, tak iżby na pierwszy jego znak gotów był zostawić nawet niedokończoną literę.
  2. Aby zaś Zgromadzenie łatwiej i rychlej postąpiło naprzód w tej cnocie, usilnie starać się będzie o prze- strzeganie owego pobożnego zwyczaju – i o nic nie

prosić i niczego nie odmawiać. Jednakowoż, gdyby się ktoś przekonał, że coś jest dla niego szkodliwe lub ko- nieczne, zastanowi się przed Bogiem, czy ma to powie- dzieć przełożonemu, czy nie i gotów będzie przyjąć każdą odpowiedź, jaką otrzyma. Tak usposobiony przedstawi sprawę przełożonemu w przekonaniu,  że Bóg objawi mu swoją wolę przez wolę przełożonego, której się zaraz podda, skoro ją tylko pozna.

  1. W ustalonych dniach i godzinach każdego tygo- dnia będą się wszyscy zgromadzać w wyznaczonym miejscu, aby wysłuchać uwag przełożonego dotyczą- cych porządku domowego i aby mu oznajmić, gdyby coś mieli do powiedzenia w tej sprawie.
  2. Nikt nie będzie dawał innym żadnych rozkazów, ani nikogo karcił, chyba by był do tego przez przełożo- nego upoważniony, albo z urzędu swego zobowiązany.
  3. Jeżeli ktoś otrzymał odpowiedź odmowną od jed- nego przełożonego, nie będzie w tej samej sprawie udawał się do drugiego, nie powiadomiwszy go o od- mowie i jej przyczynach.
  4. Nikt zleconej sobie sprawy nie zaniecha, chociaż- by inne jakieś nagłe zajęcie mu przeszkodziło, nie po- wiadomiwszy o tym uprzednio któregoś z przełożonych, aby w razie potrzeby kogo innego wyznaczył na jego miejsce.

        9.        Nikt nie powinien się wtrącać do czyjegoś urzędu lub zajęcia, lecz gdyby go ktoś zwłaszcza spośród urzędników nawet niższych poprosił o jakąś chwilową przysługę chętnie ją wyświadczy, o ile nie będzie miał jakiejś przeszkody. Nie uczyni tego jednak bez uzyska- nia uprzedniej zgody przełożonego, gdyby to zajęcie wymagało dłuższego czasu.

Nikt nie będzie wchodził do miejsca przeznaczo- nego  dla  czyjegoś  urzędu  bez  zgody  przełożonego; w sprawach koniecznych wystarczy zgoda kierownika tego urzędu.

Aby zapobiec licznym i niemałym nadużyciom, jakie by zajść mogły, nikt nie będzie pisał listów ani ich wysyłał ani też otwierał bez pozwolenia przełożonego; napisany zaś list odda każdy przełożonemu, aby go we- dług swego uznania wysłał lub zatrzymał.

Aby posłuszeństwo przyczyniło się także do zdrowia ciała, nikt nie będzie przyjmował pokarmu lub napoju poza zwyczajną porą posiłków, bez pozwolenia przełożonego.

Nikt nie będzie wchodził do pokoju konfratra bez ogólnego lub specjalnego upoważnienia przełożonego, nie będzie też otwierał drzwi, zanim nie usłyszy we- zwania do wejścia; dopóki zaś będą razem, drzwi pozo- staną otwarte.

        14.        Nikt nie będzie wprowadzał do swego mieszka- nia innych osób a zwłaszcza obcych, chyba by miał na to pozwolenie przełożonego.

Nikt nie będzie pisał książki lub na inny język tłumaczył i do druku podawał bez wyraźnego pozwole- nia i zatwierdzenia przełożonego generalnego.

Żaden spośród naszych braci urząd Marty spra- wujących nie będzie pragnął uczyć się języka łacińskie- go, a tym bardziej obrać stan kapłański. A gdyby któryś poczuł w sobie takie pragnienie będzie się starał na- tychmiast je stłumić jako pochodzące od złego ducha, który pozorną gorliwością o zbawienie dusz pokrywają- cą rzeczywistą pychę, pragnie go zapewne zgubić. Czy- tać zaś lub pisać nie będą się bracia uczyli bez wyraźne- go pozwolenia przełożonego generalnego.

 

 

Rozdział VI

OBOWIĄZKI WZGLĘDEM CHORYCH

 

  1. Chrystus Pan często zalecał tym, których wysyłał do winnicy, jako jedno z najważniejszych zajęć, które  i sam spełniał – troskę o chorych zwłaszcza ubogich oraz ich odwiedzanie. Dlatego Zgromadzenie szczegól- nie starać się będzie, by konfratrzy nie tylko chorych przebywających w domu, lecz także za zgodą przeło-

żonych odwiedzali i wspierali obcych, udzielając im pomocy duchowej jak i materialnej w miarę swoich możliwości. Czynić to winni zwłaszcza na misjach. Prócz tego  nie będą  szczędzić trudu  przy zakładaniu  i odwiedzaniu Bractw Miłosierdzia.

  1. Odwiedzając chorego gdziekolwiek bądź, czy to w  domu  Zgromadzenia  czy  poza  domem,  widzieć w nim będą nie tylko człowieka, ale samego Chrystusa zapewniającego nas, że taka przysługa jest oddana Jemu samemu. Dlatego każdy w obecności chorego winien się zachowywać układnie, mówić niezbyt gło- śno, starać się chorego rozweselić i pocieszyć, a obec- nych zbudować.
  2. Chorzy sami powinni to sobie  uświadomić, że  w infirmerii przebywają nie po to jedynie, by za po- mocą  środków  leczniczych  odzyskali  zdrowie,  ale   i dlatego także, by tam jakby z kazalnicy bodaj swoim przykładem uczyli cnót chrześcijańskich, zwłaszcza cierpliwości i zgadzania się z wolą Bożą i w ten spo- sób byli dla odwiedzających i pielęgnujących praw- dziwą wonią Chrystusową, tak iżby w niemocy dosko- naliła się ich cnota. A ponieważ między innymi cno- tami, które u chorych są pożądane, także posłuszeń- stwo jest im bardzo potrzebne, dlatego będą posłuszni wszelkim nakazom lekarzy nie tylko duszy ale i ciała, jako też infirmarzom i innym osobom przeznaczonym do ich pielęgnowania.

        4.        Aby się nie wkradło jakieś nadużycie, każdy któ- ry się poczuje chorym powiadomi o tym przełożonego albo prefekta zdrowia lub infirmarza. Bez pozwolenia przełożonego nikt nie będzie zażywał lekarstwa ani zasięgał rady u lekarza domowego czy obcego.

 

 

Rozdział VII

O UKŁADNOŚCI

 

  1. Tak wielka jaśniała w Chrystusie Panu skromność zarówno w postawie jak w ruchach i mowie, że pociągnął za sobą aż w głąb pustyni wielotysięczną rzeszę ludzi pragnących nasycić się Jego widokiem i słuchać słów żywota wiecznego, jakie płynęły z Jego ust, tak iż zapo- minali o koniecznym pokarmie i napoju. Tę cnotę tak pociągającą u Boskiego Mistrza winni naśladować mi- sjonarze, którzy z powołania swego obowiązani są do częstego przestawania z ludźmi i dlatego zawsze muszą się lękać, by tego co przez usługi swoje i prace apostol- skie w Panu zbudowali, nie zburzyli złym przykładem najmniejszego nawet braku powściągliwości. Dlatego wszyscy sumiennie przestrzegać będą tego, co św. Paweł zalecał pierwszym chrześcijanom w słowach: «Niech będzie znana wszystkim ludziom wasza wyrozumiała łagodność» (Flp 4, 5). Aby zaś w ten sposób umieli postępować, postarają się sumiennie zachować szcze-

gólne przepisy układności obowiązujące w Zgromadze- niu, a nadto jeszcze następujące.

  1. Przede wszystkim wystrzegać się będą lekko- myślnego rozglądania się, zwłaszcza w kościele, przy stole i przy czynnościach publicznych. Będą również dokładali starania, by w ich zachowaniu nie było widać nic lekkomyślnego i dziecinnego, a w chodzie nic nie- naturalnego lub światowego.
  2. Wszyscy uważać będą, by jeden drugiego nawet żartem się nie dotykał chyba, że wypadnie wzajemnie się uściskać na znak miłości braterskiej lub przy powi- taniu czy pożegnaniu, kiedy ktoś udaje się w dalszą podróż lub z niej powraca, albo został świeżo przyjęty do Zgromadzenia.
  3. Każdy będzie dbał troskliwie o zachowanie przy- zwoitego ochędóstwa zwłaszcza w odzieży, wystrzegając się jednak w tym wszelkiej przesady lub nienaturalności.
  4. Każdy będzie swoje ubogie  i  nieliczne  sprzęty u siebie utrzymywał w czystości i należytym porządku; pokój swój będzie co trzeci dzień zamiatał a po ran- nym wstaniu łóżko przyzwoicie ścielił, chyba że prze- łożony ze względu na czyjeś słabe zdrowie lub jakieś zajęcie kogo innego do tego przeznaczy.
  5. Nikt nie wyjdzie ze swego pokoju, nie przyod-

ziawszy się przyzwoicie.

        7.        Abyśmy łatwiej  i  prędzej   mogli  się   wykazać w obecności innych układnością i skromnością, każdy troskliwie dbać będzie o skromne zachowanie nawet prywatnie, kiedy sam przebywa w swoim pokoju, pamię- tając o obecności Bożej. A wreszcie, unikać będzie spa- nia w nocy bez koszuli lub bez dostatecznego okrycia.

 

 

Rozdział VIII

O WSPÓŁŻYCIU W ZGROMADZENIU

 

  1. Chrystus, Zbawiciel nasz, zebrawszy razem Apo- stołów i uczniów, dał im niektóre przepisy dotyczące zgodnego ze sobą współżycia, a mianowicie: aby się wzajemnie miłowali; by na znak pokory jeden drugie- mu nogi umywał; by szli natychmiast pojednać się ze sobą a nie żywili do siebie urazy; by zawsze chodzili we dwóch – wreszcie, by nikt nie wynosił się nad in- nych a rozumiał o sobie, że jest najmniejszy i inne tym podobne. Dlatego potrzeba było, by nasze małe Zgro- madzenie  pragnące   wstępować   w   ślady  Chrystusa i Jego uczniów, tak samo posiadało reguły właściwego ze sobą współżycia i prowadzenia rozmów. Przepisy te każdy będzie się starał według sił swoich zachowywać.
  2. Miłość braterska i święta jedność wszelkimi spo- sobami winna być przez nas pielęgnowana i zawsze się u nas utrzymywać. W tym celu jedni do drugich odno-

sić się będą z wielkim szacunkiem, współżyjąc zawsze ze sobą na wzór serdecznych przyjaciół. Wystrzegać się zaś będą partykularnych przyjaźni jak i wzajem- nych niechęci, gdyż doświadczenie wykazuje, że są one źródłem niezgody i ruiną Zgromadzenia.

  1. Wszyscy okazywać będą przełożonym szczegól- niejszy szacunek jaki im się należy; będą zdejmować przed nimi nakrycie głowy i strzec się, by tymże prze- łożonym w rozmowie nie przerywać, albo co gorsza, im się nie sprzeciwiać. Wszyscy również przed księż- mi głowy odkrywać będą, seminarzyści i studenci przed swoimi dyrektorami i profesorami, a księża będą się wzajemnie wyprzedzać w Panu tymiż objawami szacunku. Aby jednak nie dawać okazji do rozglądania się i rozproszenia, nikt przy stole nie będzie zdejmował biretu przed nikim, a jedynie przed przełożonym lub jakimś znaczniejszym gościem.
  2. Pismo św. podaje, że jest czas mówienia i czas milczenia i że przy wielomówstwie nie obejdzie się bez grzechu (Koh 3, 7; Prz 10, 19). Długoletnie doświad- czenie dowodzi, że nie ma prawie wypadku, by jakaś społeczność poświęcona Bogu przez dłuższy czas wy- trwała w dobrem, jeżeli dla mówienia nie ma w niej żadnych określonych granic, ani żadnego zrozumienia dla konieczności milczenia. Dlatego w naszych do- mach, poza czasem rekreacji, tak będziemy zachowy- wać milczenie, iżby nikt wtedy bez potrzeby nie mó-

wił,  chyba  tylko  mimochodem  i  w  kilku  słowach   i przyciszonym głosem, zwłaszcza w kościele, zakry- stii, sypialni i refektarzu, a szczególnie w czasie posił- ku. Jeżeli jednak komuś przy stole czegoś brakuje, wtedy sąsiad zwróci na to uwagę usługującemu jednym słowem, gdyby tego nie mógł uczynić skinieniem lub innym znakiem. Kiedykolwiek zaś będziemy rozma- wiać, zwłaszcza w godzinach przeznaczonych na rekrea- cję, zawsze wystrzegać się będziemy zbytniego natęże- nia lub podnoszenia głosu, gdyż to mogłoby stać się powodem zgorszenia dla nas jak i dla obcych.

  1. Nikt z konfratrów nie będzie bez pozwolenia przełożonego rozmawiał ani z seminarzystami, ani też ze studentami lub innymi nawet kapłanami, którzy jeszcze nie ukończyli dwu lat po opuszczeniu semina- rium, chyba tylko mimochodem i jednym słowem ich pozdrawiając, ilekroć miłość bliźniego będzie tego od nas wymagała.
  2. Dla lepszego zachowania ciszy każdy będzie się starał, by w miarę możności  unikać  hałasu,  gdy jest  u siebie lub chodzi po domu zwłaszcza nocą, albo też gdy otwiera lub zamyka drzwi.
  3. W codziennych rozmowach i rekreacjach bę- dziemy w ten sposób łączyli powściągliwość z wesoło- ścią, byśmy zawsze, o ile jest to możliwe, godzili po- żytek z przyjemnością a wszystkim przyświecali na- szym dobrym przykładem. Aby móc to spełnić, bę-

dziemy w rozmowach naszych poruszali jak najczęściej te zagadnienia, które się przyczyniają do pobożności lub wiedzy potrzebnej misjonarzom.

  1. W tego rodzaju wzajemnych  rozmowach  oraz w innych, jakie niekiedy godzi się nam prowadzić, będziemy się starali spośród innych tematów tym przede wszystkim dawać pierwszeństwo, które nas zachęcają do umiłowania naszego powołania i do pra- cy nad własną doskonałością. Będziemy się do tego wzajemnie pobudzać, bądź to zalecając jakąś cnotę, np. pobożność, umartwianie, posłuszeństwo, pokorę, bądź też broniąc z prostotą i łagodnością wspomnianych cnót przed tymi, którzy by niekorzystnie o nich mówi- li. Gdyby zaś która z tych cnót sprzeciwiała się naszej naturze, przedstawimy tę sprawę jedynie przełożone- mu lub kierownikowi duchowemu i pilnie będziemy się wystrzegać, by o tym przed innymi osobami czy to publicznie czy prywatnie nie wspominać.
  2. W czasie rozmowy będziemy z wielką pilnością unikali wszelkiego objawu uporu i zapalczywości na- wet dla rozrywki, owszem, starać się będziemy, o ile to będzie możliwe, oddawać w Panu pierwszeństwo zda- niu innych przed naszym w tym wszystkim, co nie jest zabronione. A gdyby ktoś w sprawie omawianej inne- go był  zdania,  może  swoje  racje  w  duchu  prostoty i pokory przedstawić. Nade wszystko zaś czuwać będą wszyscy, żeby w rozmowie nie pokazywali po sobie,

że im się coś nie podoba, albo że czują urazę do kogoś, jako też żeby nikogo nie obrażali słowem lub czynem, ani jakim bądź innym sposobem.

  1. Wszyscy będą sobie uważali za obowiązek największej wagi zachować w tajemnicy nie tylko rzeczy, które mają związek ze spowiedzią lub kie- rownictwem, lecz także to co się dzieje lub mówi na kapitule odnośnie do win i pokut, a także wszystko inne o czym wiemy, że wyjawienie tego jest zabro- nione przez przełożonych lub z samej natury rzeczy.
  2. Nikt nie będzie sławy bliźnich zwłaszcza prze- łożonych nawet z lekka naruszał lub przeciw nim szemrał, ani też krytykował tego co się w naszym Zgromadzeniu lub w innych Zgromadzeniach dzieje lub mówi.
  3. Nikt powodowany ciekawością nie będzie się dowiadywał o administrację domu, ani o niej z drugimi rozmawiał. Nie będzie też ani bezpośrednio ani po- średnio mówił przeciwko Regułom czy Konstytucjom Zgromadzenia lub jego pobożnym zwyczajom.
  4. Nikt nie będzie narzekał na utrzymanie, odzież, pościel, ani z nikim o tym rozmawiał, chyba, że z racji swego urzędu jest do tego upoważniony.
  5. Nikt nie będzie mówił ujemnie o innych naro- dach lub krajach, gdyż z tego wynika zazwyczaj nie- małe zło.

        15.        W czasie publicznych zamieszek i wojen, jakie mogą powstać pomiędzy panującymi chrześcijańskimi, nikt nie okaże tego jakoby jednej stronie sprzyjał, na- śladując Chrystusa, który między sprzeczającymi się braćmi nie chciał być rozjemcą, ani też wydawać sądu

o prawach panujących; jedno tylko głosił – że należy oddać cesarzowi co jest cesarskiego itd.

  1. Każdy trzymać się będzie z daleka od rozmów na temat stosunków w państwach czy królestwach lub

o innych publicznych sprawach świeckich, a zwłaszcza

o wojnie i aktualnych sporach między panującymi oraz

o innych podobnych sprawach świata. Każdy też bę- dzie się wystrzegał, by o tym wszystkim nic nie pisać.

 

Rozdział IX

O PRZESTAWANIU Z OBCYMI

 

  1. Zbawiciel nasz dał apostołom i uczniom swoim reguły przestawania ze sobą, a do nich dodał jeszcze niektóre przepisy, dotyczące zasad poprawnego za- chowania się wobec bliźnich, wobec uczonych w Pi- śmie i faryzeuszów i wobec przełożonych, gdyby do ich synagog i trybunałów byli wzywani – oraz przepi- sy, jak się zachować, gdyby ich zapraszano na uczty     i inne uroczystości. Dlatego wypada, byśmy za przy- kładem Chrystusa Pana posiadali przepisy o sposobie

przestawania z obcymi. I te reguły będziemy się starali wiernie zachowywać.

  1. Powołanie nasze zmusza nas, zwłaszcza na mi- sjach do częstego przestawania z osobami świeckimi, jednak chodzić do nich nie będziemy, chyba że nas posłuszeństwo lub konieczność wzywa. Wtedy pamię- tać będziemy o słowach Pańskich: «Wy jesteście świa- tłem świata» (Mt 5, 14), abyśmy naśladowali światło słoneczne, które oświeca i ogrzewa, ale chociaż prze- chodzi przez miejsca brudne, jednak żadnego uszczerb- ku na swej czystości nie ponosi.
  2. Wszyscy pilnie wystrzegać się będą zajmowania się procesami ludzi obcych, wykonywania testamentów, uprawiania handlu, kojarzenia małżeństw i innych zajęć świeckich według rady apostoła: «Żaden bojownik Boży nie wikła, się w sprawy tego świata» (2 Tm 2, 3-4).
  3. Nikt nie będzie czynił starań o sprawy nawet po- bożne, ani obiecywał swojej współpracy przy ich zała- twianiu, ani też okazywał ochoty do tego bez upoważ- nienia przełożonego.
  4. Nikt nie będzie w domu rozmawiał z obcymi, ani też nikogo z konfratrów wzywał do obcych bez po- zwolenia przełożonego.
  5. Nikt nie będzie obcych zapraszał do stołu bez pozwolenia przełożonego.

        7.        Nikt nie będzie przekazywał żadnych zleceń lub listów, albo innych przesyłek od obcych do któregoś   z naszych konfratrów, ani też od konfratrów do obcych bez pozwolenia przełożonego.

Nikt nie będzie użyczał naszych Reguł czy Kon- stytucji obcym bez wyraźnego upoważnienia przełożo- nego generalnego lub wizytatora. Kandydatów zaś do Zgromadzenia będzie można wtajemniczyć w Reguły wspólne za  pozwoleniem przełożonego  miejscowego i to w czasie rekolekcji, a niekiedy i wcześniej, gdyby takie rozwiązanie uznał w Panu za stosowne.

O tym, co się w domu Zgromadzenia działo, albo dziać się będzie, nikt nie będzie lekkomyślnie i niepo- trzebnie donosił obcym, ani też z nimi rozmawiał

o takich rzeczach, o których wśród swoich nie wolno nam wszczynać rozmowy, zwłaszcza o sprawach poli- tycznych.

  1. Jeżeli ktoś otrzymał pozwolenie na odwiedzenie obcych, będzie z nimi rozmawiał tylko o rzeczach ko- niecznych albo służących do zbawienia lub zbudowania ich samych, czy własnego czy też wzajemnego; oczywi- ście z należytą powagą, szacunkiem i układnością, sto- sownie do okoliczności, osób, miejsca i czasu.
  2. Nikt  nie  będzie  z  domu  wychodził,  jedynie w sposób, w czasie i w towarzystwie wyznaczonym przez przełożonego. Do przełożonego, lub komu on tę

czynność zleci, należeć będzie przydzielenie wychodzą- cemu towarzysza, który jako socjusz da tamtemu pierw- szeństwo i w rozmowie nie będzie mu przeszkadzał.

  1. Kiedy ktoś prosić będzie przełożonego o pozwo- lenie na wyjście z domu powie mu równocześnie dokąd i po co chce iść, a gdy do domu powróci zaraz zda sprawę z tego co czynił.
  2. Nikt nie będzie z domu wychodził, albo do domu wracał innym wejściem niż zwykłą furtą, chyba że ko- nieczność  lub  pozwolenie   przełożonego   zwolni   go z tego.
  3. Ci, którzy wychodzić będą z domu, chociażby mieli pozwolenie na wyjście i powrót przez tylne drzwi lub kościół, uwidocznią swoje wyjście przy furcie przez odsłonięcie nazwiska a furtiana powiadomią o godzinie powrotu, aby mógł poinformować tych, którzy by się

o nich pytali. Nie będą wychodzić z domu przed świtem a powrócą do domu przed nocą i zaraz uwidocznią przy furcie swój powrót przez zasłonięcie nazwiska.

  1. Poza domem nikt nie będzie spożywał posiłku bez pozwolenia przełożonego, chyba tylko w czasie podróży.
  2. Zatrzymując się podczas podróży w miejscowo- ści, w której znajduje się dom Zgromadzenia, każdy tam się uda, a nie do innego domu gościnnego. Jak

długo tam będzie przebywał podlegać będzie posłu- szeństwu tamtejszego przełożonego i niczego nie bę- dzie załatwiał bez jego rady i wskazówki. Tak samo postąpi i ten, który tam będzie dla wykonania jakichś obowiązków.

 

 

Rozdział X

O ĆWICZENIACH POBOŻNYCH

W ZGROMADZENIU

 

  1. Chrystus Pan i jego uczniowie mieli swoje poboż- ne ćwiczenia, a mianowicie: w oznaczonych dniach chodzili do świątyni, od czasu do czasu usuwali się na pustynię, oddawali się modlitwie i innym ćwiczeniom pobożnym. Słuszną więc będzie rzeczą, aby i to małe Zgromadzenie również miało swoje ćwiczenia duchow- ne i jak najpilniej dbało o ich odprawianie, dając im pierwszeństwo przed wszystkimi innymi, chyba że ko- nieczność lub posłuszeństwo na to nie pozwala. Co wię- cej, owe ćwiczenia ogromnie się przyczyniają do wier- nego zachowania innych reguł czy konstytucji i do wła- snej doskonałości.
  2. Według bulli erekcyjnej naszego Zgromadzenia powinniśmy w szczególniejszy sposób czcić niewy- słowione tajemnice Trójcy Przenajświętszej i Wciele- nia Syna Bożego. Dlatego będziemy usiłowali jak naj-

dokładniej i w miarę możności jak najdoskonalej to czynić, spełniając przede wszystkim następujące trzy praktyki: 1. Wzbudzać często w głębi serca akt wiary   i czci względem tych tajemnic; 2. Ofiarowywać co- dziennie ku ich uczczeniu jakieś modlitwy i dobre uczynki, a zwłaszcza ich święta obchodzić uroczyście  i możliwie z jak największą pobożnością; 3. Starać się usilnie zaszczepiać w sercach ludzkich znajomość, cześć i nabożeństwo do tych tajemnic, czy przez pou- czanie, czy też przez nasz przykład.

  1. Do najlepszego uczczenia tych tajemnic nie ma doskonalszego środka jak należny kult i dobre korzy- stanie z Najświętszej Eucharystii, czy to jako sakra- mentu, czy też jako Ofiary, gdyż mieści ona w sobie jakby treść wszystkich innych tajemnic wiary, a dusze godnie komunikujących i w należyty sposób celebrują- cych sama przez się uświęca i w końcu do chwały wiecznej prowadzi, powiększając w ten sposób najbar- dziej chwałę Boga w Trójcy Jedynego i Słowa Wcie- lonego. Dlatego będziemy sobie uważać za rzecz naj- cenniejszą oddawanie należnej czci temu Najświętsze- mu Sakramentowi  i  Najświętszej  Ofierze  i  owszem z serdeczną troskliwością starać się będziemy, aby tej tajemnicy wszyscy podobną cześć i hołd składali. Bę- dziemy się usilnie starali to spełniać, nie dopuszczając w miarę możności zwłaszcza do tego, by odnośnie do tego sakramentu nie czyniono, ani nie mówiono nic, co

by uwłaczało jego czci i pilnie pouczając innych w co powinni wierzyć o tak wielkiej tajemnicy i w jaki spo- sób oddawać jej cześć.

  1. Ta sama bulla wyraźnie nam zaleca, byśmy także Najświętszej Maryi Pannie szczególną cześć oddawali, do czego zresztą jesteśmy skądinąd z różnych tytułów zobowiązani. W myśl tego zalecenia  wszyscy  i każdy z osobna starać się będziemy z pomocą Bożą spełniać doskonale następujące rzeczy: 1. Codziennie szczegól- nym nabożeństwem czcić tę najdostojniejszą Matkę Chrystusa i naszą; 2. Naśladować  według swoich sił Jej cnoty, a zwłaszcza pokorę i czystość; 3. Ilekroć nadarzy się sposobność, zachęcać innych by Jej zaw- sze szczególną cześć oddawali i godnie Jej służyli.
  2. Będziemy dokładać największych starań, by na- leżycie odmawiać  brewiarz  według  rytu  rzymskiego i wspólnie, nawet podczas misji, ale głosem umiarko- wanym i bez śpiewania, żeby nam więcej czasu zostało do służenia bliźnim. Wyjątek stanowić będą te domy, w których ze względu na fundacje albo na ordynandów lub seminaria duchowne, albo ze względu na inne na- glące przyczyny, obowiązani jesteśmy do śpiewu gre- goriańskiego. Gdziekolwiek i kiedykolwiek będziemy odmawiać godziny kanoniczne, nie zapomnijmy o tym, z jaką czcią, uwagą i pobożnością powinniśmy to czy- nić, wiedząc dobrze że wtedy chwałę Bożą wyśpiewu- jemy, a więc spełniamy urząd aniołów.

        6.        Ponieważ do najważniejszych zajęć podczas na- szych misji należy między innymi zachęcanie wier- nych do częstego i godnego przystępowania do sakra- mentu pokuty  i  Eucharystii,  wypada  abyśmy  sami  w szczególniejszy sposób przyświecali im pod tym względem naszym przykładem a nawet o wiele ich pod tym względem przewyższali. Będziemy się więc starali spełniać to jak najdoskonalej. Ażeby wszystko działo się według porządku, kapłani spowiadać się będą dwa razy albo przynajmniej  raz w tygodniu przed jednym  z wyznaczonych domowych spowiedników a nie przed innym, bez pozwolenia przełożonego. Codziennie też, o ile nie zajdzie jakaś przeszkoda, będą odprawiali Mszę św. Inni, którzy nie są kapłanami, w każdą sobo- tę i wigilię świąt uroczystych będą się spowiadać przed jednym z wyżej wymienionych spowiedników, chyba że przełożony innego wyznaczy. W każdą zaś niedzielę i święta wyżej wymienione przystępować będą według wskazówek  kierownika  duchowego  do  Komunii  św.  i codziennie słuchać Mszy św.

Nie możemy w całej pełni naśladować Chrystusa w tym względzie, że oprócz dziennych rozmyślań całe noce spędzał na rozmowie z Bogiem; będziemy to jednak czynić w miarę słabych sił naszych. Dlatego wszyscy i każdy z osobna będą gorliwie odprawiać modlitwę myślną codziennie przez jedną godzinę i to

według zwyczaju Zgromadzenia wspólnie i w miejscu

na to przeznaczonym.

  1. Każdy będzie się starał, by dzień nie minął bez przeczytania czegoś z książki religijnej przystosowanej do potrzeb własnej duszy i to przez okres czasu wy- znaczony przez przełożonego lub kierownika duchowe- go. Nadto kapłani i wszyscy klerycy czytać będą jeden rozdział Nowego Testamentu i księgę tę czcić jako zbiór reguł doskonałości chrześcijańskiej. Dla większej zaś korzyści  czytanie   odbywać  się  będzie   na  klęczkach i z odkrytą głową, z dodaniem przynajmniej na końcu trzech następujących aktów: 1. Uczczenia prawd zawar- tych w tym rozdziale; 2. Zachęcenia do przejęcia się  tym duchem, w jakim Chrystus lub święci je podali;
  1. Silnego postanowienia, by spełniać przykazania lub

rady i naśladować przykłady cnót tamże zawarte.

  1. Dla  jaśniejszego  poznania  naszych  uchybień  i pokutowania za nie przy pomocy łaski Bożej oraz dla zapewnienia sobie większej czystości  duszy wszyscy  i każdy z osobna będą odprawiać codziennie dwojaki rachunek sumienia: jeden szczegółowy, krótki, przed obiadem i kolacją z jakiejś cnoty, którą pragniemy nabyć, lub wady, którą chcemy wykorzenić; drugi ogólny, tuż przed spoczynkiem z poszczególnych czynności dnia.

        10.        By uczcić samotność Chrystusa, zwłaszcza ową czterdziestodniową na pustyni, wszyscy i każdy z osob- na, tak duchowni jak i świeccy, wstępując do Zgroma- dzenia odprawią rekolekcje i spowiedź generalną z całe- go przeszłego życia przed kapłanem wyznaczonym przez przełożonego. Inni, którzy już należą do Zgromadzenia, takież ćwiczenia duchowne ze spowiedzią generalną od ostatniej generalnej będą odprawiać, a mianowicie semi- narzyści co sześć miesięcy a inni każdego roku.

Jak prawie niemożliwą jest rzeczą, by ktoś po- stąpił w cnocie bez kierownika duchowego, podobnie  z największą trudnością dochodzi do odpowiedniej doskonałości kto swojemu kierownikowi nie przedsta- wia  należycie  stanu  swej  duszy.  Dlatego  wszyscy   z całą szczerością i pokorą według sposobu przyjętego w Zgromadzeniu będą przedstawiać stan sumienia przełożonemu lub komu innemu przez niego wyzna- czonemu przynajmniej co trzy miesiące, a zwłaszcza  w czasie rekolekcji oraz ilekroć przełożony będzie uważał za wskazane.

Na konferencjach duchownych, które odbywać się będą  przynajmniej  raz na  tydzień,  wszyscy pilnie i sumiennie będą obecni. Przedmiotem tych konferencji będzie najczęściej wyrzeczenie się własnej woli i wła- snego sądu, ćwiczenie się w spełnianiu we wszystkim woli Bożej, zgoda braterska, gorliwość w nabywaniu

własnej doskonałości i postępu w innych cnotach, zwłaszcza tych, które stanowią ducha Zgromadzenia.

  1. Abyśmy choć w drobnej mierze według słabych sił naszych naśladowali Chrystusa w tym względzie, że sam się upokorzył i chciał być między grzeszników zaliczony, każdy z nas w obecności innych wyzna co piątek swoje winy przed przełożonym albo przed tym, który przełożonego zastępuje, i to zarówno w domu jak  i  ma  misjach  –  oraz  spokojnie  przyjmie  upomnienia i zadaną pokutę. Należy także zachować pobożny zwy- czaj  proszenia  na  kapitule   o  publiczne   upomnienie z naszych uchybień, a wówczas każdy w duchu pokory  i miłości będzie się starał udzielić takiego upomnienia.
  2. Abyśmy rychlej pomnożyli w sobie umiłowanie własnego poniżenia i w ten sposób coraz to bardziej postępowali na drodze doskonałości, będziemy się starać spokojnie w Panu przyjmować jakiekolwiek okazje do upokorzenia, jakie by się nam nadarzyły nawet poza kapitułą i kiedykolwiek. Dlatego, jeśli pod koniec rozmyślania czy konferencji, albo innej pu- blicznej czynności, przełożony kogoś wezwie celem upomnienia go z jakiegoś uchybienia, ten natychmiast padnie  na  kolana  i  w  duchu  pokory,  w  milczeniu   i chętnie wysłucha przestrogi, pokutę zadaną przyjmie i wiernie ją wypełni.

        15.        Jakkolwiek ustawiczne zajęcia misjonarzy nie pozwalają obciążać ich umartwieniami zewnętrznymi  i surowymi praktykami przez Regułę przepisanymi, to jednak każdy będzie je sobie bardzo cenił i zawsze ku nim się skłaniał serdecznym uczuciem. Co więcej, będzie je pełnił, o ile zdrowie i poważne zajęcia na to mu pozwolą, za przykładem Chrystusa i pierwszych chrześcijan, jako też wielu ludzi żyjących na świecie   a pełnych ducha pokuty. Nikt jednak nie podejmie żadnych umartwień nie poradziwszy się najpierw prze- łożonego czy kierownika duchowego, chyba że zostały nakazane podczas spowiedzi.

Aby w jakiś sposób uczcić mękę Chrystusową, wszyscy w piątki każdego tygodnia, w czasie wieczor- nego posiłku, z wyjątkiem misji czy podróży, poprze- staną na jednej potrawie i to z jarzyn lub legumin.

W poniedziałek i wtorek po Niedzieli Zapustnej powstrzymamy się w domu od potraw mięsnych,  by tym małym umartwieniem oddać cześć Bogu w tym samym czasie kiedy większa część chrześcijan  obraża go swoją rozwiązłością i ucztami.

Nadto wszyscy zachowają dokładnie porządek dnia przyjęty w Zgromadzeniu, i w domu i na misjach, zwłaszcza co do godzin wstawania i kładzenia się na spoczynek, odprawiania medytacji, odmawiania bre- wiarza i spożywania posiłku.

        19.        Aby wraz z ciałem posiliła się i dusza, we wszystkich naszych domach zarówno jak i na misjach, przez cały czas posiłku będzie zawsze przy stole czy- tanie duchowne.

Należy także zachować inne chwalebne zwycza- je Zgromadzenia; są one następujące: przed wyjściem  z domu i po powrocie wstąpić do kościoła i oddać po- kłon Chrystusowi utajonemu w Najświętszym Sakra- mencie; przy nadarzającej się  sposobności,  zwłaszcza w czasie podróży, nauczać prawd wiary św. ubogich, zwłaszcza żebrzących; kiedy wchodzimy do swego pokoju albo wychodzimy będziemy przyklękać, aby przed rozpoczęciem pracy  wezwać  na  pomoc  Boga, a po jej zakończeniu złożyć Mu dzięki.

Gdyby ktoś do ćwiczeń pobożnych przez te Re- guły  przepisanych  pragnął  dodać  inne,  powiadomi  o tym przełożonego lub kierownika duchowego i  nic nie uczyni na co nie otrzymałby od nich pozwolenia, aby przypadkiem nie pełnił swojej własnej albo nawet szatańskiej woli i w ten sposób za swój brak roztrop- ności i posłuszeństwa nie był przez złego ducha  za karę oszukany pod pozorem dobra i nie poniósł w koń- cu na duszy swojej jakiej szkody.

Rozdział XI

 

O MISJACH I INNYCH OBOWIĄZKACH WZGLĘDEM BLIŹNICH

 

  1. Pan nasz Jezus Chrystus dał swoim uczniom prze- pisy dotyczące odprawiania misji, nakazując im prosić Pana żniwa, by posłał robotników na żniwo swoje, dając im ponadto wskazówki do jakach krajów mają się udać, jak się zachować w czasie podróży, w których domach korzystać z gościnności, czego nauczać, co jadać, wreszcie w jaki sposób odnosić się do tych, którzy by ich nie chcieli przyjąć. Dlatego my, starając się według słabych sił naszych wstępować w ich ślady, będziemy dokładnie zachowywali następujące reguły oraz prze- strogi w Zgromadzeniu zwykle udzielane, a zawierające sposób i porządek właściwego zachowania się na mi- sjach i w innych naszych czynnościach.
  2. Każdy będzie się starał przy nadarzającej się spo- sobności pomagać bliźniemu radą i przestrogą i zachęcać go do spełniania dobrych uczynków. Nikt jednak nie podejmie się żadnego kierownictwa duchowego, chyba tylko w czasie rekolekcji lub misji oraz w tych domach Zgromadzenia, w których misjonarze mają pieczę nad duszami, albo przy innych okazjach, kiedy ich do tego przełożony przeznaczy. Jednakże nawet w takich wypad- kach nikt nie będzie nikomu dawał na piśmie żadnych

wskazówek czy reguł życia, bez pozwolenia i zatwier- dzenia przełożonego.

  1. Aby misjonarzom nie można było słusznie zarzu- cić tego, co powiedział apostoł: «Jak mogliby im głosić, jeśliby nie zostali posłani» (Rz 10, 15) – nikt nie będzie wygłaszał kazań publicznie, ani z ambony katechizował, jeżeli nie będzie do tego przez wizytatora upoważniony oraz przez tegoż wizytatora lub swego bezpośredniego przełożonego przeznaczony. Jednakże na misjach bę- dzie mógł ich dyrektor na pewien czas zmieniać ka- znodziejów i katechetów, wyznaczając na ich miejsce innych, kiedy będzie uważał w Panu, że tak wypada uczynić a zanosiłoby się na długie oczekiwanie listow- nej odpowiedzi przełożonego, byleby o przyczynie tej zmiany jak najwcześniej go zawiadomił.
  2. Jak żadnemu z naszych kapłanów nie wolno bez aprobaty ordynariusza słuchać spowiedzi konfratrów czy obcych, tak i ci, którzy posiadają tego rodzaju aprobatę nie powinni spełniać tej funkcji, dopóki nie będą przez wizytatora do tego powołani oraz przez samego wizytatora lub superiora domu przeznaczeni, aby zapobiec w ten sposób jakiemuś nadużyciu.
  3. Misjonarze, udając się na misje, zabiorą ze sobą polecenie   najprzewielebniejszych   księży   biskupów, w których diecezjach misje mają się odprawiać, i tenże dokument okażą proboszczom: lub rektorom tych ko-

ściołów, do których się udają. Po misjach, przed po- wrotem do domu, złożą sprawozdanie o przebiegu misji najprzewielebniejszym naszym biskupom, jeżeli by sobie tego życzyli. Przedtem jednak porozumieją się z przełożonym, by wskazał kto i w jaki sposób ma to uczynić.

  1. Przy rozpoczęciu i zakończeniu misji wszyscy poproszą   o   błogosławieństwo   księży   proboszczów, a w razie ich nieobecności – zastępców, i nic ważniej- szego nie  uczynią  bez  uprzedniego  porozumienia  się z nimi, a wbrew ich woli nie ośmielą się nic czynić.
  2. Za przykładem św. Pawła, który własną  pracą  w dzień i w  nocy  starał  się  zarobić  na  to,  co  jemu i jego towarzyszom było potrzebne, aby nikomu nie był uciążliwy, my na misjach dla nikogo nie będziemy ciężarem, ale wszystkie nasze czynności będziemy spełniać bezinteresownie, bez żadnego wynagrodzenia i wyżywienia. Jednak wolno będzie korzystać z zaofia- rowanego mieszkania i koniecznego sprzętu.
  3. Jakkolwiek każdy powinien gorąco tego pragnąć, a nawet kiedy  okoliczności  tego  wymagają,  pokornie o to prosić, by go przeznaczono do odwiedzania cho- rych lub łagodzenia kłótni i sporów, zwłaszcza podczas misji, to jednak, aby miłość była przez posłuszeństwo należycie pokierowana, nikt nie podejmie się tych uczynków miłosierdzia bez pozwolenia przełożonego.

        9.        Przy omawianiu wątpliwości co do przypadków sumienia zachodzących w spowiedzi, należy zachować wielką roztropność i ostrożność, aby nigdy nie można było rozpoznać osoby o którą chodzi. Aby więc zapo- biec niepożądanym następstwom jakie stąd mogłyby wyniknąć, nikt nie będzie omawiał wątpliwości co do przypadków sumienia usłyszanych na spowiedzi, bez uprzedniego zasięgnięcia rady dyrektora misji.

Nazwa misjonarzy, czyli Kapłanów Misji, któ- rej sobie nie przywłaszczyliśmy, ale nam została za zrządzeniem Opatrzności nadana przez powszechną opinię ludu, jest dostatecznym dowodem, że dzieło misji pośród innych usług dla bliźnich jest dla nas pierwsze i najważniejsze. Dlatego Zgromadzenie nigdy nie powinno opuszczać misji pod pretekstem innego dzieła pobożnego i skądinąd pożyteczniejszego, lecz każdy do tej pracy będzie się odnosił z serdecznym umiłowaniem, by zawsze gotów był podjąć się tej pra- cy, ilekroć do niej wezwie go posłuszeństwo.

Ponieważ kierownictwo zakonnic byłoby nie- małą przeszkodą w pracy misyjnej i innych zajęciach naszego powołania, dlatego wszyscy i każdy z osobna powstrzymają się zupełnie od ich prowadzenia i nikt nie będzie ich odwiedzał, ani u nich wygłaszał nauk, nawet podczas samych misji, chyba że otrzyma uprzednio wyraźne pozwolenie przynajmniej przeło- żonego domu. A chociaż Zgromadzenie nasze prze-

znaczone jest do kierowania Córkami, czyli Siostrami Miłosierdzia od samego  ich założenia, to jednak nikt  z konfratrów nie będzie się zajmował ich kierownic- twem, ani się do nich udawał, ani nawet z nimi roz- mawiał bez pozwolenia tegoż przełożonego.

  1. Na koniec, wszyscy powinni wiedzieć, że na- szych obowiązków spełnianych względem duchowień- stwa świeckiego, a zwłaszcza ordynandów i semina- rzystów jak też i innych, którzy odprawiają rekolekcje pod naszym kierunkiem, nie powinniśmy zaniedbywać pod  pretekstem  misji,  albowiem  to  należy  czynić,  a tamtego nie pomijać, gdyż do wypełnienia jednego    i drugiego zadania, ilekroć wzywają nas biskupi i prze- łożeni, jesteśmy z powołania swego prawie jednakowo zobowiązani, jakkolwiek misjom należy dawać pierw- szeństwo. Co więcej, długoletnie doświadczenie nas uczy, że wszelkie owoce z tychże misji zebrane z tru- dem tylko dadzą się utrzymać przez dłuższy okres cza- su bez pomocy księży proboszczów, do których udo- skonalenia niemało zdają się przyczyniać wyżej wspo- mniane nasze prace. Dlatego każdy chętnie poleci się Bogu dla należytego i sumiennego ich wypełnienia. Aby to zadanie lepiej i łatwiej wykonać, każdy będzie postępował według wskazówek jakie w tym względzie dają zazwyczaj nasi przełożeni.

Rozdział XII

 

O NIEKTÓRYCH ŚRODKACH

I SPOSOBACH POTRZEBNYCH DO DOBREGO I OWOCNEGO WYPEŁNIANIA WYŻEJ WYMIENIONYCH ZAJĘĆ

 

  1. Na początku tych Reguł czyli Konstytucji Zgro- madzenie postanowiło sobie naśladować Chrystusa Pana w tym, że począł działać i nauczać, więc i w koń- cowym rozdziale musi koniecznie sobie postanowić pójść Jego śladem i jako Chrystus Pan wszystko czynić dobrze; cokolwiek bowiem uczynimy dobrego, to ra- czej godne będzie kary niż nagrody, jeżeli nie będzie dobrze spełnione. Dlatego wypada dodać jeszcze tych kilka zasad i środków pomagających do dobrego speł- niania wyżej wymienionych funkcji. Wszyscy zaś nasi misjonarze pilnie starać się będą nimi posługiwać.
  2. Każdy konfrater w poszczególnych swoich zaję- ciach, a zwłaszcza w kazaniach i w innych funkcjach Zgromadzenia, będzie się starał obudzić w sobie możli- wie jak najczystszą intencję podobania  się jedynie Bogu  i często ją potem odnawiać, szczególnie na początku spraw ważniejszych. Ponadto każdy nade wszystko wy- strzegać się będzie, by w ciągu tych zajęć nie pozwolił sobie na żadne pragnienie podobania się ludziom lub zadowolenia siebie. To bowiem mogłoby każdą nawet najświętszą czynność zarazić i wypaczyć, jak to wynika

z nauki Chrystusa: «Jeśli twoje oko jest chore, całe twoje ciało będzie w ciemności» (Mt 6, 23).

  1. Niekiedy tak się dzieje, że jak powiada Apostoł, rozpocząwszy duchem kończymy ciałem (Ga 3, 3), co zwykle się zdarza albo wtenczas kiedy naszej czynno- ści towarzyszy jakieś próżne upodobanie, którym się bez pożytku karmimy, skoro z poklaskiem ludzi ona nam się udała, albo kiedy tak dalece zdajemy się być uciążliwymi i przykrymi dla siebie samych, że w ża- den sposób nie możemy się uspokoić, jeżeli nasza czynność osiągnęła mniej pomyślny wynik. Dlatego bardzo troskliwie i sumiennie wystrzegać się będzie- my, byśmy pod tym względem w niczym i nigdy nie uchybiali. Aby pierwszemu złu zapobiec, będziemy zawsze mieli przed oczyma tę prawdę, że wszelką chwałę należy oddać Bogu, a nam prócz zawstydze- nia nic się nie należy. Ponadto, gdybyśmy podobnymi oklaskami przez próżność się rozkoszowali, dlatego należałoby się bardzo obawiać, byśmy nie usłyszeli tych słów Chrystusa: «Zaprawdę, powiadam wam: ci otrzymali już swoją nagrodę» (Mt 6, 12). A na drugie zło takim posłużymy się lekarstwem: natychmiast uciekniemy się do prawdziwej pokory i do umiłowa- nia własnego poniżenia, którego wtedy Bóg od nas żąda.  Następnie,  głęboko   sobie   uświadomimy,   że z tego rodzaju przeciwności cierpliwie zniesionych  tyle przybywa chwały imieniowi Bożemu a bliźniemu

pożytku, ile moglibyśmy się spodziewać z kazań lu-

dziom miłych a pozornie owocnych.

  1. Ponieważ owe dwie wady tak niebezpieczne dla kaznodziejów, a mianowicie próżne upodobanie i prze- sadny niepokój biorą zwykle swój początek z pochwał lub krytyk słyszanych z powodu tego rodzaju publicz- nych wystąpień, nikt nie będzie chwalił konfratrów zwłaszcza w ich obecności za ich przyrodzone lub naby- te zalety a szczególnie za kazania wygłoszone wymow- nie i z poklaskiem ludzi, lub przeciwnie nikt nie będzie ich ganił z powodu braku wiedzy lub wymowy czy też innych tego rodzaju usterek zauważonych w czasie gło- szenia kazań. Gdyby zaś niektórzy dla pozbycia się nieśmiałości, czy też dla stłumienia w sobie próżnego upodobania potrzebowali pochwały lub upomnienia, przełożony będzie miał obowiązek to uczynić lub inne- mu  polecić,  by  roztropnie  i  prywatnie  spełnił  jedno i drugie. Nie będzie bowiem w tym nic złego, że się ich niekiedy pochwali za akty pokory, umartwienia, prosto- ty i innych podobnych cnót, nawet w samych kazaniach ujawnione, byleby się to działo roztropnie, umiarkowa- nie, w ich nieobecności i po bożemu.
  2. Jakkolwiek prostota jako najgłówniejsza i naj- bardziej charakterystyczna cnota misjonarzy powinna być przez nich zawsze i wszędzie wiernie praktyko- wana, to jeszcze staranniej będziemy to czynić w cza- sie misji, zwłaszcza kiedy słowo Boże będziemy gło-

sić wieśniakom, z którymi przecież jako prostaczkami Pan Bóg ma rozmawiać za naszym pośrednictwem. Dlatego styl naszych kazań i nauk katechizmowych będzie prosty, dostosowany do pojęć ludu; przemawiać będziemy według małej metody, którą Zgromadzenie dotychczas się posługuje. Natomiast z odrazą każdy będzie unikał przeczulenia, czy przesady w mówieniu  i nie będzie się silił na wygłaszanie z katedry prawdy ciekawych i zbyt wyszukanych pomysłów oraz niepo- żytecznych  dowcipów,  pamiętając   że  Chrystus  Pan i Jego uczniowie posługiwali się prostym sposobem przemawiania i  dlatego  zebrali  tak  wspaniałe  żniwo i tak obfite owoce.

  1. Konfratrzy, którzy będą przeznaczeni do kiero- wania seminariami duchownymi i rekolekcjami przed przyjęciem święceń, albo do konferencji z probosz- czami i innymi księżmi, czy też do innych jeszcze zajęć, również posługiwać się będą prostym i popu- larnym sposobem mówienia. Nadto postarają się za- chęcać wszystkich słowem i przykładem zarówno do cnoty, jak i do nauki, a w postępowaniu z nimi kiero- wać się będą w szczególny sposób prawdziwą pokorą, łagodnością, szacunkiem i uprzejmością. Wreszcie ci konfratrzy, którzy prowadzić będą rekolekcje w miarę możności będą się trzymać tych samych wskazówek.
  2. Zdarza się często, że nowe i osobliwe poglądy przynoszą szkodę zarówno swoim autorom, jak ich

zwolennikom; przeto wszyscy i każdy z osobna wy- strzegać się będą tego rodzaju nowości i nadzwyczaj- ności. Co więcej, w nauczaniu, w rozmowach i pi- śmie, o ile tylko będzie to możliwe, wszyscy będą wyrażać zgodne opinie, abyśmy – według Apostoła –

«Mieli te same dążenia: tą samą miłość i wspólnego ducha» (Flp 2, 2).

  1. Powiada św. Zenon: «Ciekawość czyni raczej winnym niż doświadczonym», a według Apostoła «wie- dza wbija w pychę» (1 Kor 8, 1), zwłaszcza wtedy, kie- dy zaniedbuje się jego radę: «Nie należy rozumieć po- nad to, co rozumieć trzeba, a rozumieć z umiarkowa- niem» (Rz 12, 3). Dlatego wszyscy konfratrzy a szcze- gólnie studenci będą ustawicznie mieć to na pamięci, by nieuporządkowana żądza wiedzy nie wkradła się powo- li do ich serc. Nie zaprzestaną jednak oddawać się pil- nie studiom potrzebnym do należytego spełniania obo- wiązków misjonarza, byleby szczególną ich troską było przyswojenie sobie umiejętności świętych, której się uczymy w szkole krzyża, tak iżby tylko Jezusa Chrystusa umieli głosić za przykładem tegoż Apostoła, który pisząc do Koryntian szczerze wyznaje: «Posta- nowiłem … nie znać niczego więcej jak tylko Jezusa Chrystusa i to ukrzyżowanego» (1 Kor 2, 2).
  2. Wśród wszystkich zasad ewangelicznych potrzeb- nych pracownikom winnicy Pańskiej, ta jedna jest dla nas najbardziej godna polecenia: «Kto by między wami

chciał stać się wielkim, niech będzie  waszym  sługą» (Mt 20, 26). Albowiem gdyby Zgromadzenie odstąpiło kiedykolwiek od przestrzegania tej zasady – zaraz by się całkowicie rozpadło wskutek nieporządnej żądzy sławy, która by się w nim rozpanoszyła. Tego rodzaju pragnie- nie bardzo łatwo wkrada się do serc ludzkich skłonnych z natury do pychy i pobudza je do wielu złych rzeczy, zwłaszcza do ubiegania się o zaszczytne urzędy, do zazdrości względem tych co je otrzymują, albo nawet  do szukania osobistego zadowolenia, kiedy się sam na  te stanowiska dostają. W ten sposób zwabieni i oślepie- ni pozornym blaskiem próżnej chwały, w którą całko- wicie są zapatrzeni, nie zważają na bliską przepaść, dokąd nieszczęśni w końcu wpadają. Dlatego nie mo- żemy nic lepszego uczynić jak od tego potwora pychy uciekać. Jeżeliby więc próżność zawładnęła już sercem naszym, dobrze będzie według powyższej rady Pańskiej natychmiast ją wyrzucić przez wewnętrzny akt pokory, dzięki któremu staniemy się w oczach własnych gor- szymi i zapragniemy zajmować zawsze miejsce ostat- nie. Wreszcie, jeżeli byśmy poznali, iż z powodu za- szczytnego stanowiska lub urzędu jaki piastujemy jeste- śmy splamieni próżną chwałą, posłużymy się przeciwko niej następującym środkiem: czym prędzej poprosimy przełożonego, wszakże z poddaniem się jego woli, by nas z tych obowiązków zwolnił i do jakiegoś pospolite- go zajęcia według swego uznania przeznaczył.

        10.        Wszyscy także dołożą szczególnych starań, by stłumić w sobie pierwsze objawy zazdrości, które stąd mogą powstać, że inne Zgromadzenia dobrą opinią, życz- liwością doznaną ze strony ludzi, czy zaszczytnymi pra- cami nasze Zgromadzenie przewyższają. Ponadto bę- dziemy się utwierdzać w tym przekonaniu, że nie chodzi o to, kto głosi naukę Chrystusa, byle tylko ją głosił, i że podobną a nawet niekiedy jeszcze obfitszą łaskę i zasługę sobie zapewniamy, jeżeli się cieszymy z cudzych do- brych uczynków, niż gdybyśmy je sami spełniali z wła- snym zadowoleniem lub mniej doskonałą intencją. Dla- tego każdy będzie się starał ożywić w sobie ducha Moj- żesza, który proszony, by zabronił niektórym proroko- wania, zawołał: «Oby tak cały lud Panu prorokował, oby mu dał Pan swego ducha» (Lb 11, 29). Prócz tego, bę- dziemy uważać wszystkie inne Zgromadzenia za daleko ważniejsze od naszego, aczkolwiek powinniśmy żywić dlań  większe  przywiązanie,  podobnie  jak dobre dziecko

o wiele  więcej kocha  własną matkę, jakkolwiek ubogą  i nieładną, aniżeli jakiekolwiek inne niewiasty, choćby nawet bardzo bogate i urodziwe. Wszyscy jednak zrozu- mieją, że to delikatne uczucie odnosi się tylko do osób, cnót i dobrodziejstw samego Zgromadzenia, a nie do tego co w nim jest miłe, albo co ludzie w nim chwalą. Zatem postanowimy  sobie  niezłomnie,   by  od   tego   właśnie z obrzydzeniem się odwracać nie tylko wtedy, gdy cho- dzi o każdego z nas osobiście, ale także o całe Zgroma- dzenie  – tak dalece, żeby sobie  nawet nie życzyć,  by  je

ludzie darzyli uwagą i uznaniem, ale raczej pragnąć, by było lekceważone i nieznane w Panu, pamiętając ciągle

o tym, że ono jest owym ziarnem gorczycznym, które nie może rosnąć ani wydawać owoców, jeżeli nie będzie zasiane i ukryte w ziemi.

  1. Wszyscy konfratrzy będą się również wystrze- gali dwóch innych wad, które w nie mniejszym stopniu Zgromadzeniu Misji jak i sobie się sprzeciwiają i tym są szkodliwsze, im mniej się takimi wydają, a dlatego, że niepostrzeżenie przybierają inne oblicze, wskutek czego częstokroć uważane bywają za prawdziwe cno- ty; są to mianowicie duch lenistwa i niepohamowana gorliwość. Pierwsza wada, wkradając się powoli do serca pod pozorem koniecznej przezorności w utrzy- maniu się przy zdrowiu, byśmy przez to byli bardziej zdatni do oddania chwały Bogu i niesienia pomocy bliźnim, prowadzi nas do szukania wygód ciała oraz do unikania  wysiłku  niezbędnego  przy  ćwiczeniu   się w cnocie. Powyższa wada przedstawia nam fałszywie każdy wysiłek jako daleko większy, aby cnota, która   z natury  rzeczy  zawsze  godna  jest  miłości,   urosła w naszych oczach do roli przedmiotu godnego nienawi- ści i abyśmy w ten sposób ściągnęli na siebie przekleń- stwo rzucone przez Ducha Świętego na robotników spełniających służbę Bożą niedbale lub nieuczciwie.

A druga wada, ukrywając naszą miłość własną lub nienawiść ku sobie, skłania nas do przesadnej surowo-

ści względem grzeszników lub względem siebie sa- mych, albo do podejmowania pracy ponad siły lub nawet wbrew posłuszeństwu, ze szkodą dla ciała i du- szy,  by  nas  potem  zaplątać   w  gorliwe   zabieganie o pomoc lekarską i w ten sposób doprowadzić do leni- stwa i dogadzania ciału. Nie będziemy więc szczędzili wysiłków, by unikać tych dwóch ostateczności a trzy- mać się zawsze złotego środka, który niewątpliwie znajdziemy w dokładnym zachowaniu naszych Reguł czy Konstytucji należycie pojętych, jako też na war- gach tych, którzy strzegą umiejętności a w czyich rę- kach są dusze nasze za szczególnym zrządzeniem Bo- żym. Obyśmy tylko z pokorą i zaufaniem, ilekroć zaj- dzie potrzeba, zechcieli się od nich dowiedzieć prawi- deł postępowania i poddawać się ich kierownictwu całkowicie i bez zastrzeżeń.

  1. Nade wszystko pamiętać będziemy o tym, że jak- kolwiek zawsze powinniśmy  być  wyposażeni  w cnoty, z których się składa duch Zgromadzenia, to jednak wtedy zwłaszcza wypada się w nich utwierdzić, kiedy nadcho- dzi pora spełniania naszych obowiązków wśród wieśnia- ków. Wówczas powinniśmy je pojmować jako owe pięć gładkich kamyków Dawida, którymi w imię Pana Zastę- pów już za pierwszym uderzeniem pokonamy piekielne- go Goliata, a Filistynów czyli grzeszników podbijemy Bogu w niewolę, o ile najpierw złożymy zbroję Saulową a posłużymy się procą Dawida, to znaczy, jeżeli zgodnie

z instrukcją Apostoła udamy się na opowiadanie Ewan- gelii nie z przekonywującymi czy uczonymi słowami ludzkiej mądrości, ale z nauką i przejawami ducha i mo- cy Bożej, chociaż nasze słowa byłyby godne pogardy (por. 1 Kor 2, 4).

Będziemy mieli i to na pamięci, że jeśli zdaniem tegoż Apostoła Bóg  wybrał  słabe,  głupie  i  wzgardą  okryte  u świata, aby zawstydził i unicestwił wszelkiego rodzaju mądrych i potężnych tego świata, to możemy się spo- dziewać, że i nam, aczkolwiek najniegodniejszym pra- cownikom, w nieskończonej dobroci swojej użyczy łaski współpracowania z Nim w miarę naszych sił dla zbawie- nia dusz, zwłaszcza ubogich wieśniaków.

  1. Wszyscy konfratrzy ze szczególną czcią i mi- łością odnosić się będą do Reguł czy Konstytucji na- szych, nawet do tych, które nie wydają się nam tak ważne, uważając je wszystkie za środki przez Boga samego nam dane do zdobycia doskonałości odpo- wiadającej naszemu powołaniu, a w rezultacie do łatwiejszej i owocniejszej pracy nad zbawieniem du- szy. Dlatego też będą wzbudzać często gorące i wiel- koduszne pragnienia, by te święte ustawy wiernie zachowywać. Gdyby zaś którekolwiek z nich sprze- ciwiały się naszemu rozumowi lub naszym zmysłom, dołożymy starań, aby się w nich ustawicznie przeła- mywać i naturę naszą zwyciężać, pamiętając, że we-

dług słów Chrystusa: «Królestwo niebieskie doznaje gwałtu i gwałtownicy zdobywają je» (Mt 11, 12).

  1. Na koniec, aby te Reguły czyli Konstytucje wspólne oraz specjalne do poszczególnych  urzędów się  odnoszące,  głębiej  utkwiły  w  pamięci  i  umyśle i przez to dokładniej mogły być zachowane, każdy konfrater będzie je miał u siebie i przynajmniej co trzeci miesiąc je przeczyta, albo wysłucha  i  postara się  należycie  je   zrozumieć.   Ponadto,   kilka   razy  w roku poprosi przełożonego o pokutę za uchybienia przeciw nim popełnione, aby przez takie upokorzenie łatwiej otrzymać od Boga przebaczenie tychże uchy- bień i zaczerpnąć nowych sił przeciw upadkom na przyszłość. Wierność tej praktyce będzie wyrazem wierności okazanej w przestrzeganiu tych Reguł czyli Konstytucji i znakiem pragnienia własnej doskonało- ści. Jeżeli więc ktoś zauważy pewien postęp w stoso- waniu się do nich, złoży dzięki Chrystusowi Panu prosząc Go, aby jemu i całemu Zgromadzeniu udzielił łaski do lepszego jeszcze ich przestrzegania na przy- szłość. Wreszcie musimy nabrać silnego przekonania, że stosownie do słów Chrystusa, skoro uczyniliśmy wszystko co nami nakazano, powinniśmy powtarzać:

«Jesteśmy sługami nieużytecznymi i uczyniliśmy to, co należało uczynić, owszem, bez Niego nic nie mogliby- śmy uczynić» (Łk 17, 10).

 

 

 

ANEKS

ŚLUBY SKŁADANE

W ZGROMADZENIU MISJI

 

PAPIEŻ ALEKSANDER VII

na wieczną rzeczy pamiątkę

 

Zlecona nam przez Najwyższego Pasterza (Ex commissa nobis) troska o Bożą Owczarnię skłania nas, abyśmy szczególnie dbali o wspólnoty osób kościel- nych z roztropnością ustanawiane dla oddawania do- skonalszej  chwały Imieniu Bożemu i dla troskliwości  o zbawienie dusz. Dlatego to, aby usunąć wszelkie wątpliwości co do stanu Zgromadzenia Misji powsta- łego we Francji i aby umiłowanego  Syna  Wincentego a Paulo, przełożonego generalnego tegoż Zgromadze- nia zapewnić o naszej szczególnej życzliwości oraz dla osiągnięcia w pełni zamierzonych skutków tego pisma, uwalniamy go od wszelkich win, kar i wyroków ko- ścielnych, jakie mogłyby na nim ciążyć. Na jego proś- bę i za radą braci naszych, kardynałów Świętego Ko- ścioła Rzymskiego, którym zlecamy tego rodzaju sprawy, niniejszym pismem zatwierdzamy i aprobuje- my wspomniane Zgromadzenie Misji już wcześniej potwierdzone apostolskim autorytetem. Zatwierdzamy również śluby proste czystości, ubóstwa i posłuszeń-

stwa oraz wytrwania przez całe życie w pracy nad zbawieniem ubogich wieśniaków, składanie w tym Zgromadzeniu po dwuletnim przygotowaniu. Postana- wiamy, że przy składaniu tych ślubów nikt nie pośred- niczy, ani ich nie przyjmuje czy to w imieniu Zgroma- dzenia, czy naszym. Nikt też poza Biskupem Rzym- skim i przełożonym generalnym Zgromadzenia nie może zwolnić z tych ślubów, dyspensować od nich, ani ich zamieniać w żadnych okolicznościach: ani z okazji jakiego jubileuszu czy krucjaty, ani mocą przywileju, indultu czy jakiejkolwiek konstytucji albo zezwolenia, chyba że wyraźnie byłoby to wymienione. Postana- wiamy ponadto, że Zgromadzenie Misji będzie miało prawo egzempcji spod  władzy  ordynariusza  miejsca z wyjątkiem osób wyznaczonych do przeprowadzenia misji, które to osoby podporządkują się wówczas or- dynariuszowi miejsca w sprawach misji i w tym, co się z nimi wiąże. Postanawiamy wreszcie, że wspomniane Zgromadzenie nie będzie zaliczane do zakonów lecz do kleru świeckiego.

Wszystkim, których to dotyczy, albo w przyszłości dotyczyć będzie oświadczamy, że to nasze pismo za- chowuje swoją moc, ważność i skuteczność i dlatego należy je zachowywać, i uwzględniać we wszystkich aktach prawnych. Wszyscy sędziowie zwyczajni i dele- gowani oraz audytorzy Roty Rzymskiej będą je ro- zumieli i tłumaczyli w podanym wyżej znaczeniu. Nie- ważnymi i daremnymi będą wszystkie akty prawne

przez kogokolwiek i przez jakąkolwiek władzę podej- mowane świadomie lub nieświadomie przeciw temu, co zawarliśmy w tym piśmie. Zachowuje ono moc z wy- kluczeniem tego, co przeciwne a zawarte w konstytu- cjach oraz rozporządzeniach apostolskich i soborowych. Chcemy, aby odpisy tego dokumentu, również dru- kowane, poświadczone własnoręcznie przez urzędo- wego notariusza i opatrzone pieczęcią osoby zajmują- cej jakieś stanowisko w hierarchii kościelnej, jeżeli zostaną przedstawione w sądzie, czy poza sądem, mia-

ły taką samą moc urzędową, jak ten oryginał.

Dan w Rzymie u Najświętszej Maryi Panny Więk- szej, pod pieczęcią Rybaka, dnia 22 września 1655 ro- ku, w pierwszym roku naszego pontyfikatu.

STATUT FUNDAMENTALNY UBÓSTWA

 

PAPIEŻ ALEKSANDER VII

na wieczną rzeczy pamiątkę

 

Przy innej już okazji (Alias nos supplicationibus), nakłonieni prośbą przedłożoną nam w tej sprawie  przez umiłowanego Syna Wincentego a Paulo, przeło- żonego generalnego Zgromadzenia Misji, ustanowili- śmy i zatwierdziliśmy według warunków i w formie Nam przedstawionej to właśnie Zgromadzenie ze ślu- bami prostymi, składanymi po dwóch latach próby – czystości, ubóstwa i  posłuszeństwa,  oraz  wytrwania w tymże Zgromadzeniu, a to w tym celu, by poświęcić się przez całe życie pracy nad zbawieniem ubogich wieśniaków; przy składaniu tych jednak ślubów nikt nie jest obecny, kto by je przyjmował, czy to w imie- niu Zgromadzenia, czy też w naszym, albo też w imie- niu kierującego w danym czasie Kościołem Biskupa Rzymskiego, a ze ślubów w tej formie złożonych może uwolnić jedynie sam Biskup Rzymski, a także przeło- żony generalny tegoż Zgromadzenia w wypadku usu- nięcia ze Zgromadzenia; przy tym postanowiliśmy, że pomimo tego, Zgromadzenie to nie będzie zaliczane do

zakonów, lecz do kleru świeckiego; tak jak określili- śmy to szerzej w naszym piśmie, wydanym uprzednio, w podobnej formie breve, dnia 22 września 1655 r.,     a którego treść w obecnym piśmie chcemy w sposób jasny i wystarczający przytoczyć. Wobec tego jednak, że ów Wincenty przedstawił Nam ostatnio, iż w sprawie praktykowania prostego ślubu ubóstwa  mogą  powstać  w Zgromadzeniu owym liczne trudności, które zakłóciły- by życie tegoż Zgromadzenia, gdybyśmy nie zaradzili temu w porę; i dlatego tenże Wincenty usilnie pragnie potwierdzenia naszą powagą apostolską Statutu Podsta- wowego, wydanego dla tegoż Zgromadzenia w sprawie zachowania ubóstwa w brzmieniu następującym:

«Wszyscy i każdy z osobna w naszym Zgromadzeniu, którzy zostali przyjęci po złożeniu wspomnianych czte- rech ślubów, a którzy posiadają lub w przyszłości będą posiadać jakiekolwiek nieruchomości albo beneficja pro- ste, chociaż zachowują prawo własności tych wszystkich dóbr, to jednak nie będą mieli prawa swobodnego ich używania, tak że nie będą mogli zatrzymać dochodów płynących z tychże dóbr czy beneficjów, a również nie będą mogli bez pozwolenia przełożonego obrócić czego- kolwiek na własny użytek, ale będą zobowiązani dochody te przeznaczyć, za pozwoleniem i wolą wspomnianego przełożonego, na dobre cele. Jeżeli będą mieli rodziców lub krewnych  pozostających  w potrzebie, przełożony zatroszczy się, aby po Bożemu, na pierwszym miejscu przyjść z pomocą ich potrzebom z tychże dochodów».

My, ze swej strony, pragnąc obdarzyć tegoż Win- centego, przełożonego generalnego, szerszymi przywi- lejami i łaskami i uwalniając go na ten raz, dla osią- gnięcia w pełni zamierzonych skutków tego pisma, od wszelkiego rodzaju ekskomuniki, suspensy i interdyktu i od innych kar kościelnych, od cenzur i kar, nałożo- nych przez samo prawo lub wyrokiem kogokolwiek,    z jakiegokolwiek powodu lub przyczyny, jeśliby ja- kimkolwiek karom  i  w  jakikolwiek  sposób  podlegał i uważając go za uwolnionego od nich; powodowani pokornymi prośbami przedłożonymi Nam w jego imieniu w tej sprawie, za radą Dostojnych Braci Na- szych Ich Eminencji Kardynałów tłumaczy dekretów świętego Soboru Trydenckiego, powagą naszą apostol- ską pismem obecnym uznajemy i zatwierdzamy Statut powyżej podany i nadajemy mu moc obowiązującą nie- zmiennej apostolskiej decyzji, jak również z góry od- dalamy wszystkie razem i każdy z osobna błędy, wy- pływające z prawa lub praktyki, jeśliby jakieś w ogóle i w jakikolwiek sposób zaistniały; uznając, że to obec- ne pismo posiada i posiadać będzie na zawsze moc obowiązującą,  że  jest  i  będzie  ono  zawsze  ważne   i skuteczne oraz, że w całej pełni zachowają je ci, do których ono się odnosi i w przyszłości odnosić będzie, jak również i to, że w podanym wyżej znaczeniu ma być rozumiane i tłumaczone przez wszelkich sędziów zwyczajnych i delegowanych, a także przez audytorów Roty Rzymskiej, gdyby ktoś lub jakaś władza usiłowa-

ła uważać je za nieważne lub nieistniejące i w tych sprawach usiłowałaby, świadomie czy nieświadomie, inaczej  sądzić;  z  wykluczeniem  tego,  co  przeciwne i tego wszystkiego, czego nie chcieliśmy, aby w tym piśmie Naszym stało na przeszkodzie, i z wyklucze- niem jakichkolwiek rzeczy przeciwnych; chcemy nato- miast, aby odpisy tegoż pisma, także drukowane, po- świadczone własnoręcznie przez jakiegoś urzędowego notariusza i opatrzone pieczęcią przełożonego general- nego Zgromadzenia albo innej osoby zajmującej sta- nowisko w hierarchii kościelnej,  posiadały  wszędzie w sądzie i poza sądem tę samą moc urzędową co ten oryginał, gdyby zostały przedłożone lub okazane.

Dan w Rzymie, u Najświętszej Maryi Panny Więk- szej,  pod pieczęcią Rybaka, dnia 12 sierpnia  1659 r.  w piątym roku Naszego Pontyfikatu.

 

 

(Acta Apostolica in gratiam Congregationis Missionis,

Parisiis 1876, s. 23-24).

INTERPRETACJA STATUTU

FUNDAMENTALNEGO UBÓSTWA

PRZEDSTAWIONA NA KONWENCIE GENERALNYM W 2010 R.

 

  1. Zawartość

„Statut fundamentalny ubóstwa” zawiera następują-

ce elementy normatywne:

  1. Członkowie Zgromadzenia zachowują prawo własności dóbr nieruchomych lub beneficjów prostych, które posiadają, albo w przyszłości będą posiadać.
  2. Owoce posiadanych dóbr są zobowiązani przezna- czać na zbożne cele. Jest to szczegółowa i pozytywna norma wynikająca z wincentyńskiego nastawienia skła- niającego, abyśmy samych siebie i nasze dobra poświę- cali  na  posługę  ewangelizacji  ubogich;  zawiera   się w tym ewangeliczna wartość statutu. Wspomaganie znajdujących się w potrzebie rodziców i bliskich traktu- je się jako zobowiązanie wynikające ze sprawiedliwości i synowskiego oddania.
  3. Członkowie Zgromadzenia nie mogą zachowy- wać owoców posiadanych dóbr. Jest to norma nega- tywna, zakazująca gromadzenia środków materialnych

dla bogacenia się. Wywodzi się ona z ewangelicznego ubóstwa, które obejmuje nie tylko ubóstwo duchowe, ale i rzeczywiste.

  1. Za zgodą przełożonego członkowie Zgromadze- nia mogą przeznaczać owoce posiadanych dóbr na własne cele. Jest to norma zezwalająca (permissiva). Chodzi bowiem tylko o pozwolenie, a nie o zasadę pozytywną (por. SVP XII, 382).
  2. Członkowie Zgromadzenia nie mogą dowolnie korzystać ze swoich dóbr, jako że potrzebują pozwole- nia przełożonych. Wynika to ze wspólnotowego wy- miaru naszego ubóstwa.

 

  1. Wyjaśnienie „Statutu”
  1. Dobra nieruchome i beneficja proste, o których mowa w „Statucie”, traktowane są jako źródła owo- ców. Obecnie, zależnie od okoliczności, są one równo- znaczne z wszelkimi dobrami i prawami, które przyno- szą dochody.
  2. W „Statucie” nie ma mowy o dobrach rucho- mych, które nie pochodzą z dóbr przynoszących owo- ce; jednak zgodnie z jego duchem, według szczegóło- wej normy pozytywnej jesteśmy zobowiązani przezna- czać je na posługę ewangelizacji ubogich bezpośrednio lub za pośrednictwem wspólnoty.

        3.        Statut fundamentalny nie jest jedynym źródłem norm, jakimi należy kierować się w zachowywaniu naszego ślubu ubóstwa.

Dla właściwego zrozumienia ducha „Statutu” należy uwzględniać inne zasady ubóstwa wincentyń- skiego, np.

  1. nasze poświęcenie się głoszeniu Ewangelii ubogim;
  2. ubóstwo w duchu (por. SVP XII, 377-386; Regu-

ły wspólne III, 4,7);

  1. wspólnotę dóbr (Reguły wspólne III, 3-6);
  2. dostosowania naszego życia do warunków życia ubogich (Reguły wspólne III, 7);
  3. powszechne prawo pracy (por. SVP XI, 201 nn);
  4. owoce pracy należą do dóbr wspólnoty;
  5. dobra wspólnoty są dziedzictwem ubogich; nie możemy ich przeto ani indywidualnie, ani jako wspól- nota, pozostawiać nieproduktywnymi, ale powinniśmy się starać, aby przynosiły owoce dla wspomagania ubogich;
  6. wspólnota ma prawo do posiadania dóbr, abyśmy mogli bezinteresownie pracować dla ubogich i zara- dzać ich potrzebom (por. Reguły wspólne III, 2; SVP XII, 377-386)

Všeobecné pravidlá

Misijnej spoločnosti

„A bol im poslušný…“ (Lk 2,  51)

 

Paríž 1658

Vincent de Paul

generálny predstavený Misijnej spoločnosti

v Pánu pozdravuje našich v Kristu milovaných spolubratov tejto Spoločnosti, kňazov, bohoslovcov a milých bratov.

 

 

Milovaní bratia,

 

už máme konečne Všeobecné pravidlá, čiže Konštitúcie našej Spoločnosti, po ktorých ste toľko túžili, a tak dlho na ne čakali.

        Od založenia Spoločnosti prešlo už skoro 33 rokov, ale až teraz vám ich môžeme odovzdať v tlači. Chceli sme týmto počínaním napodobiť predovšetkým nášho Spasiteľa, veď aj on začal najprv konať a až potom učiť. Ale chceli sme predísť aj premnohým ťažkostiam, ktoré by sa iste mohli vyskytnúť pri predčasnom vydaní týchto Pravidiel, čiže Konštitúcií, pretože v praxi a zvyklostiach by sa boli ukázali buď príliš ťažké, alebo menej vhodné. Pred týmto nebezpečenstvom nás však s pomocou Božou uchránila naša nerozhodnosť a takýto postup. Ba navyše, Spoločnosť ich pomaly nebadane uviedla do praxe skôr, než boli vydané.

        Nenájdete v nich nič, čo by ste už dávno nemali zaužívané na našu veľkú potechu a na vaše vzájomné povzbudenie.

        Bratia milovaní, prijmite ich s takou láskou, s akou vám ich odovzdávame. Nepovažujte ich za dielo ducha ľudského, ale Božieho, v ktorom má pôvod každé dobro a bez ktorého my sami nie sme schopní ani len pomyslieť niečo, ako by to bolo od nás.

        Veď čože v nich nájdete, čo by vás neoduševňovalo a nepobádalo vyhýbať sa chybám alebo nadobúdať čnosti a zachovávať evanjeliové zásady?

        Preto sme sa podľa možnosti usilovali čerpať ich z ducha Ježiša Krista a zo skutkov jeho života, ako to aj sami ľahko zbadáte. Myslíme totiž, že ľudia, čo sú povolaní pokračovať v Kristovom poslaní – a to je predovšetkým hlásanie evanjelia chudobným – majú byť naplnení Kristovým zmýšľaním a ideálmi, ba úplne jeho duchom a kráčať po jeho stopách.

        Napokon vás, bratia, prosíme a v Pánu Ježišovi zaprisahávame, aby ste naozaj verne zachovávali tieto Pravidlá a buďte si istí, že keď ich vy zachováte, aj ony zachovajú vás a určite vás privedú k vytúženému cieľu, to jest k večnej blaženosti.

 

Amen

 

Ježiš, Mária, Jozef

Kapitola I. – O cieli a zriadení spoločnosti

 

1. Podľa svedectva sv. Písma náš Pán Ježiš Kristus prišiel na svet, aby spasil ľudské pokolenie, a preto začal konať a učiť. To prvé uskutočňoval tak, že dokonale praktizoval každú čnosť. To druhé uskutočňoval zas tak, že hlásal blahozvesť chudobným a svojím apoštolom a učeníkom dal potrebné vedomosti, aby mohli viesť ľudí. Malá Misijná spoločnosť si želá podľa svojich slabých síl a s pomocou Božej milosti nasledovať príklad Krista Pána aj v jeho čnostiach, aj v jeho prácach pre záchranu blížneho. Preto sa patrí, aby si k vernému plneniu tejto svätej úlohy volila aj podobné prostriedky.

        Cieľom Misijnej spoločnosti je:

  1. snaha o vlastnú dokonalosť všemocným konaním dobrých skutkov, ako nás to slovom i príkladom učil náš Najvyšší učiteľ,
  2. hlásanie evanjelia chudobným, predovšetkým dedinskému ľudu,
  3. pomoc duchovenstvu pri získavaní vedomostí a cností, aké vyžaduje ich stav.

 

2. Spoločnosť pozostáva z duchovných a bratov. Úlohou duchovných je podľa príkladu Krista a jeho učeníkov chodiť po mestách a dedinách a maličkým lámať chlieb Božieho slova kázaním a katechizovaním, odporúčať  a vypočúvať generálne spovede z doterajšieho života, urovnávať hádky a spory, zakladať Spolky kresťanskej lásky, viesť diecézne semináre v našich domoch a v nich vyučovať, viesť duchovné cvičenia, povolávať k nám diecéznych kňazov na konferencie a tieto viesť, a vôbec podnikať všetko, čo podporuje spomenuté úlohy alebo im podobné. Poslaním bratov je pomáhať kňazom pri spomenutých povinnostiach službou Marty podľa úprav predstaveného a mať tiež účasť na ich prácach svojimi modlitbami, slzami, sebazapieraniami a dobrým príkladom.

 

3. S pomocou Božej milosti chce Spoločnosť tento cieľ rozhodne dosiahnuť. Preto sa musí všemožne usilovať obliecť si Kristovho ducha, ktorý predovšetkým žiari v evanjeliovom učení,  jeho chudobe, čistote a poslušnosti, ďalej v jeho láske voči chorým, v jeho skromnosti, v spôsobe jeho života a činnosti, ako to odovzdával svojim učeníkom, v  rozhovoroch, každodennej modlitbe, v misijnej činnosti a v ostatných prácach pre ľudí. Toto všetko sa nachádza v nasledujúcich kapitolách.

 

 

Kapitola II. – O zásadách evanjelia

1. Každý sa musí predovšetkým upevniť v pravde, že Kristova náuka nikdy nemôže sklamať, a že náuka sveta je vždy klamná. I sám Kristus tvrdí, že táto druhá sa podobá domu vybudovanému na piesku, ale jeho náuka sa dá prirovnať budove založenej na pevnej skale. Preto sa aj naša Spoločnosť bude snažiť konať vždy len podľa Kristových zásad a nikdy nie podľa zásad sveta. To dokáže, keď sa bude riadiť predovšetkým podľa nasledujúcich bodov.

 

2. Ježiš Kristus povedal: „Hľadajte teda najprv Božie kráľovstvo a jeho spravodlivosť a toto všetko dostanete navyše.“ (Mt 6,33) Nech sa preto každý usiluje dávať prednosť duchovným hodnotám pred časnými, spáse duše pred telesným zdravím a sláve Božej pred svetskou márnosťou. A navyše nech sa ešte so sv. Pavlom rozhodne voliť si radšej biedu, potupu, utrpenie, ba aj smrť, ako byť odlúčený od Kristovej lásky. Nech teda nikto nie je ustarostený o časné veci, ale nech Bohu zverí starosť o seba v presvedčení, že kým bude zakorenený v tejto láske a pevný v tejto dôvere, bude sa vždy zdržiavať v tôni nebeského  Otca a nešťastie nedosiahne k nemu, ani mu nič nebude chýbať, aj keby si myslel, že je už všetko stratené.

 

3. Najistejším prostriedkom, ako v krátkom čase dosiahnuť kresťanskú dokonalosť, je verná snaha plniť vždy a vo všetkom Božiu vôľu.

Nech si ju každý všemožne osvojuje podľa týchto štyroch zásad:

  1. Svedomito plniť rozkazy a vyhýbať sa zakázaným veciam len čo sa dozvieme, že rozkaz alebo zákaz pochádza od Boha, alebo od Cirkvi, alebo od našich predstavených, alebo z Pravidiel čiže Konštitúcií našej Spoločnosti.
  2. Medzi indiferentnými vecami si voliť radšej tie, čo sa protivia našej prirodzenosti než tie, čo sa jej páčia, iba že by tie, čo sa jej páčia, boli nutné. Nutným sa totiž musí dať prednosť pred ostatnými. Treba si ich totiž voliť nie preto, že lahodia našej prirodzenosti, ale preto, že sú Bohu milšie. A keď sa vyskytnú súčasne viaceré indiferentné veci, ktoré nie sú ani milé, ani protivné, potom si možno bez preberania vziať ktorúkoľvek z nich ako poslanú Božou prozreteľnosťou.
  3. Keď nás zastihne niečo nečakané, či je to protivné alebo príjemné, či sa to týka tela alebo ducha, všetko máme s vyrovnanosťou prijať z otcovskej Pánovej ruky.
  4. Všetko toto konajme len preto, že sa to páči Bohu a tiež, aby sme takto, nakoľko sa nám to dá, nasledovali Krista Pána, ktorý všetko vždy robil s takým úmyslom, ako to aj sám dosvedčuje. „Robím vždy to, čo je milé Bohu“.

 

4. Pán Ježiš žiada od nás jednoduchosť holubice. To v podstate znamená, že všetko podávame priamo, ako to máme na srdci a bez zbytočných vyhýbavých slov, že všetko robíme bez pretvárky a vypočítavosti, majúc iba Boha na zreteli. Nech každý vynaloží všemožné úsilie, aby všetko vykonával v duchu jednoduchosti a nech si uvedomuje, že Boh sa priatelí s jednoduchými, a že nebeské tajomstvá skrýva pred múdrymi a obozretnými tohto sveta, ale zjavuje ich maličkým.

 

5. Keď nám Kristus odporúča jednoduchosť holubice, zároveň nám prikazuje osvojiť si opatrnosť hada. Táto cnosť nás učí hovoriť a konať obozretne. Preto múdro zamlčíme všetko, čo netreba prezradiť, najmä keď sú to veci už sami o sebe hriešne a nedovolené. Z toho však, čo je dobré alebo dovolené, zamlčíme okolnosti, ktoré smerujú proti Božej úcte a ku škodám blížneho, alebo ktoré nám môžu zlákať srdce k márnej sláve. V konaní volí cnosť také prostriedky, ktoré najlepšie vedú k cieľu. Nech je preto našou svätou nemeniteľnou zásadou v Božích službách používať len sväté prostriedky a o všetkom zmýšľať a usudzovať len podľa Kristovho zmýšľania a úsudku a nie sveta, ba ani podľa nášho nedokonalého rozumu. Iba tak budeme opatrní ako hady a jednoduchí ako holubice.

6. Všetci si svedomite osvojujme aj túto Kristovu náuku: „Učte sa odo mňa, lebo som tichý a pokorný srdcom.“ Vedzme, že – ako to on sám zdôrazňuje – tichosťou sa podmaňuje zem. Pôsobením tejto cnosti sa srdcia ľudí zbližujú a obracajú k Pánovi a to sa nepodarí tým, čo zachádzajú s blížnym tvrdo a panovačne. Poníženosťou sa zmocňujeme neba, kam nás môže vyzdvihnúť len láska k opovrhovaniu sebou samým. Vedie nás akoby po stupňoch od jednej cnosti k druhej, kým neprídeme k cieľu.

 

7. Poníženosť, ako nám ju často odporúča Kristus slovom i príkladom, ktorú si má Spoločnosť dôkladne osvojiť, vyžaduje tri podmienky:

  1. celkom úprimne sa považovať hodného potupy od ľudí;
  2. tešiť sa, keď iní zbadajú našu nedokonalosť, a preto nami opovrhujú;
  3. keď Pán prostredníctvom nás alebo v nás niečo vykoná, skrývať to, nakoľko je to možné pri pohľade na vlastnú nehodnosť. Keď sa to nedá, pripisovať to Božiemu milosrdenstvu a zásluhám iných. Toto je základom celej evanjeliovej dokonalosti a jadrom celého duchovného života. Kto nadobudne túto poníženosť, dostane s ňou i všetko ostatné. Kto ju však nebude mať, vezme sa mu aj to, čo má a bude prenasledovaný ustavičným nepokojom.

8. Kristus povedal: „Kto chce ísť za mnou, nech zaprie sám seba a vezme každodenne svoj kríž…“ a sv. Pavol zas v tomto zmysle dodáva: „Ak žijete podľa tela, zomriete, ale ak duchom umŕtvujete skutky tela, budete žiť.“ Nech sa teda každý usiluje vytrvale zapierať svoju vôľu a vlastný úsudok a neúnavne umŕtvovať svoje zmysly.

 

9. Podľa Kristovho odporúčania nech sa všetci zrieknu aj nezriadenej lásky k príbuzným. On z počtu svojich učeníkov vytvoril tých, čo nemajú v nenávisti svojho otca a matku, bratov a sestry. Sľuboval im však stonásobnú odmenu už na tomto svete a večný život na druhom, keď sa ich pre evanjelium zrieknu. Z toho je zjavné, akou prekážkou pre kresťanskú dokonalosť je telo a krv. Rodičov však treba milovať duchovnou láskou a podľa vzoru Krista.

 

10. Nech sa všetci zvlášť starostlivo snažia o svätú ľahostajnosť, ktorú si Kristus a svätí tak veľmi vážili, aby nikdy nepriľnuli nijakou nezriadenou náklonnosťou ani k úradom, ani k osobám, ani k miestam a najmä nie k vlasti, ani k iným podobným veciam. Ba nech sú vždy pripravení a ochotní s radosťou opustiť toto všetko na prianie a pokyn predstaveného a spokojne od neho prijať aj zamietavú odpoveď alebo zmenu. A nech v Pánovi súhlasia, že to takto dobre spravil.

11. Kristus Pán chcel žiť jednoduchým životom, aby sa stal podobným iným, a tak ich skôr získal pre Boha Otca. Z úcty k nemu nech všetci zachovávajú, nakoľko sa dá, vo všetkom rovnosť (uniformitu). Považujme ju za ochrankyňu dobrého poriadku a svätej jednoty. Preto nech sa všetci chránia každej zvláštnosti ako príčiny závisti a nezhody. To sa týka nielen stravy, odievania, nábytku a ostatných vecí, ale aj spôsobu duchovného vedenia, vyučovania, kázania, pastorácie a duchovných metód. Jediný prostriedok, ako si zachováme túto rovnosť, je čo najvernejšie zachovávanie našich Pravidiel, čiže Konštitúcií.

 

12. Nech sa u nás vytrvalo preukazujú skutky lásky k blížnemu a to:

  1. robiť iným to, čo by sme si oprávnene žiadali od iných,
  2. dávať iným za pravdu a so všetkým súhlasiť v Pánovi,
  3. znášať sa navzájom bez šomrania,
  4. plakať s plačúcimi,
  5. radovať sa s radujúcimi,
  6. úctou sa navzájom predchádzať,
  7. voči druhým byť z celej duše láskavým a ochotným,
  8. všetkým byť všetko, aby sme všetkých získali pre Krista.

Toto všetko treba rozumieť tak, aby sa nič nerobilo proti Božím a cirkevným zákonom alebo proti Pravidlám, čiže Konštitúciám našej Spoločnosti.

 

13. Keby niekedy z Božieho dopustenia Spoločnosť alebo niektorý jej dom, alebo niekto z jej členov boli bezdôvodne napadnutí a skúšaní potupou a prenasledovaním, chráňme sa čo najdôslednejšie akejkoľvek pomsty alebo nadávky, by aj sťažnosti proti prenasledovateľom a osočovateľom. Namiesto toho chváľme Boha a dobrorečme mu. S radosťou ďakujme za túto príležitosť veľkého daru, ktorý k nám prichádza od Otca svetiel. Áno, modlime sa k nemu úprimne za všetkých. A keď sa nám naskytne príležitosť a možnosť, vďačne im vykonajme dobro. Vieme predsa, že to Kristus prikazuje priamo nám i ostatným veriacim: „Milujte aj svojich nepriateľov, dobre robte tým, ktorí vás nenávidia a modlite sa aj za svojich prenasledovateľov a osočovateľov.“ Aby sme to zachovali ľahšie a ochotnejšie, uisťuje nás, že pre toto budeme blažení, a že to bude pre nás prameňom radosti, pretože naša odplata bude hojná v nebi. No najvyššou pohnútkou je skutočnosť, že on sám to takto robil prvý voči ľuďom a dal nám príklad. V tom ho potom nasledovali aj apoštoli, učeníci a nespočetní kresťania.

 

14. A hoci všetky spomínané evanjeliové zásady máme svedomito zachovávať ako ozaj sväté a užitočné, sú predsa niektoré z nich, čo sa nás týkajú viac. Sú to tie, čo obzvlášť odporúčajú:

  • jednoduchosť,
  • poníženosť,
  • láskavosť (tichosť, miernosť,)
  • umŕtvovanie,
  • apoštolskú horlivosť.

Spoločnosť ich chce mať vo väčšej úcte a viac sa v nich cvičiť, aby sa týchto päť cností stalo akoby schopnosťami duše celej Spoločnosti, a aby nimi boli vždy oživované všetky práce každého z nás.

 

15. Lenže satan neustále stavia proti týmto zásadám svoje, opačné, aby nás odviedol od ich uskutočňovania. Nech sa preto každý usiluje s veľkou obozretnosťou a dôslednosťou hrdinsky a statočne bojovať proti satanovým zásadám a premáhať ich. A to najmä proti tým, ktoré sa priamo protivia duchu nášho povolania. Sú to:

  1. múdrosť tela,
  2. túžba po obdive od iných ľudí,
  3. nárokovanie, aby sa každý stále podriaďoval nášmu úsudku a vôli,
  4. vo všetkom hľadať ukojenie vlastnej prirodzenosti,
  5. nezáujem o česť Božiu a spásu blížneho.

 

16. Zlý duch často berie na seba podobu anjela svetla a potom nás mýli svojimi preludmi. Nech sa ich všetci horlivo chránia a snažia sa nájsť spôsob, ako ich rozoznávať a premáhať. Skúsenosťou sa zistilo, že v takomto prípade je najpohotovejším a najistejším liekom zdôveriť sa čím skôr tým, ktorých na to určil Boh. Keď teda niekto zbadá, že ho prenasledujú nejaké klamné predstavy alebo prílišná úzkostlivosť a pokušenie, nech to čím skôr oznámi predstavenému alebo direktorovi na to určenému, aby sa mohol nájsť vhodný liek. Nech ho potom každý prijme ako z rúk Božích, nech s ním súhlasí a so všetkou dôverou a úctou ho používa. Nech sa ale predovšetkým chráni, aby nikomu z našich ani cudzích neprezradil žiadnym spôsobom, lebo ako učí skúsenosť, takýmto vyjavením sa zlo ešte zväčší a aj druhí sa ním nakazia, ba aj celá Spoločnosť by mohla napokon utrpieť veľkú škodu.

 

17. Boh dal všetkým prikázanie lásky k blížnemu.  Preto aj my, ako údy tajomného tela, si máme navzájom pomáhať. Keď niekto spozoruje, že druhý je trápený ťažkým pokušením alebo upadol do zjavnej chyby, nech sa v duchu lásky čo najskôr vhodným spôsobom postará, aby predstavený mohol proti týmto dvom zlám oprávnene a včas poskytnúť účinný liek. A v snahe o väčší pokrok v cnosti, nech to každý pokladá za správne a rád to prijme, keď niekto v duchu lásky upozorní predstaveného na jeho chyby, ktoré zbadal mimo spovede.

 

18. Náš Pán prišiel na svet, aby znovu vybudoval kráľovstvo svojho Otca nad dušami a vytrhol ich z moci diabla, ktorý ich úlisne zviedol nezriadenou žiadostivosťou po bohatstve, sláve a rozkoši. Náš láskavý Spasiteľ uznal preto za správne zápasiť so svojím protivníkom práve opačnými zbraňami: chudobou, čistotou, poslušnosťou, ako to aj sám až do smrti uskutočňoval. Malá Misijná spoločnosť tiež uznáva, že nemožno použiť mocnejšie a lepšie zbrane než tie, ktoré použila sama večná Múdrosť s takým šťastným a požehnaným výsledkom. Preto nech každý verne a nastálo zachováva chudobu, čistotu a poslušnosť v duchu nášho povolania. Aby však každý mohol istejšie a ľahšie a tiež s väčšou zásluhou zotrvať až do smrti v zachovávaní cností, nech sa usiluje čo najvernejšie v Pánovi plniť všetko, čo o tom nariaďujú nasledujúce kapitoly.

 

Kapitola III. – O chudobe

 

1. Kristus, opravdivý Pán všetkých majetkov, si tak zamiloval chudobu, že nemal ani kde hlavu skloniť. Apoštolov a učeníkov, ktorí s ním pracovali v misijnom poslaní, postavil na podobný stupeň chudoby, aby nemali nič vlastné a aby takto oslobodení, lepšie a ľahšie premáhali žiadostivosť po bohatstve, ktorá ničí takmer celý svet. Nech sa teda každý usiluje podľa svojich slabých síl nasledovať ho v tejto cnosti, pevne presvedčený, že ona bude tou nedobytnou hradbou, ktorá s Božou milosťou navždy zachová Spoločnosť.

 

2. Naše misijné práce, ktoré máme vykonávať zadarmo, nám nedovoľujú cvičiť chudobu v celom jej rozsahu. Budeme sa však snažiť zachovať ju v Pánovi aspoň túžbou a nakoľko budeme stačiť aj skutkom a to predovšetkým podľa nasledujúcich predpisov.

 

3. Každý člen našej Spoločnosti nech si uvedomuje, že podľa príkladu prvých kresťanov máme všetko spoločné. Predstavení rozdelia každému, čo potrebuje: stravu, šaty, knihy, nábytok atď. Chudobu sme si zamilovali, nesmieme teda konať proti nej. Preto nikto nesmie, bez dovolenia predstaveného, voľne nakladať s majetkom Spoločnosti ani z neho rozdávať.

 

4. Nikto nesmie mať nič, o čom nevie alebo čo nedovolil predstavený, ani čo by nebol ochotný odovzdať na jeho rozkaz alebo pokyn.

 

5. Nikto nesmie používať žiadnu vec ako svoju vlastnú. Bez dovolenia predstaveného nech nikto nič nedaruje, neprijíma, nepožičiava, ale ani odnikadiaľ nepýta.

6. Nikto nesmie vziať, čo bolo dané do používania iným alebo odložené v spoločných veciach, alebo opustené – ani knihy. Rovnako nikto nesmie dať inému bez súhlasu predstaveného, čo sám dostal do používania, ani to nesmie nechať svojou nedbalosťou zni&##269;iť alebo poškodiť.

 

7. Nikto nesmie vyhľadávať zbytočné alebo nápadné veci. V potrebných veciach a v túžbe po nich nech sa však každý zariadi tak, aby jeho strava, izba a lôžko boli ako u chudobných. A nech je ochotný v týchto a v ďalších veciach pocítiť účinky chudoby, ba nech je rád, keď sa mu dostane všetko to najhoršie v dome.

 

8. Aby sme sa vyhli aj tomu najmenšiemu zdaniu vlastníctva, nebudeme zamykať svoje izby, aby sa nedali zvonku otvoriť. Bez výslovného dovolenia predstaveného nesmieme mať v izbe žiadnu schránku alebo niečo podobné zamknuté zvláštnym kľúčom.

 

9. Pri odchode z jedného domu do druhého, nech si nikto nič so sebou neberie bez dovolenia predstaveného.

 

10. Cnosť chudoby možno porušiť aj nezriadenou žiadostivosťou po hmotných veciach. Preto nech sa každý starostlivo chráni, aby toto zlo nevniklo do jeho srdca s túžbou po cirkevných úradoch ani pod zámienkou duchovného dobra. Nikto teda nesmie pod nijakou zámienkou túžiť po žiadnom benefíciu ani po cirkevnej hodnosti.

 

Kapitola IV. – O čistote

 

1. Náš Spasiteľ si veľmi vážil čistotu a vrúcne si žiadal vštepiť  ju do ľudských sŕdc. Zjavne to naznačil tým, že sa chcel narodiť z neporušenej panny pôsobením Ducha Svätého mimo prirodzeného zákona. Opačná neresť sa mu však veľmi protivila. Dovolil síce, aby mu neprávom pripisovali tie najohavnejšie zločiny, takže bol, ako si to sám prial, potupením nasýtený, nikde sa však nedočítame, že by ho jeho najúhlavnejší nepriatelia boli z nemravnosti čo i len upodozrievali. Preto je veľmi dôležité, aby sa Spoločnosť obzvlášť túžobne oduševňovala za nadobudnutie cnosti čistoty a vždy a všade dokazovala, ako si ju vysoko cení. Musí nám na tom záležať o to viac, pretože naše práce nás skoro ustavične vedú do styku so svetskými osobami oboch pohlaví. Preto nech sa každý usiluje koľko len vládze, vynaložiť všetku starostlivosť, úsilie a bedlivosť, aby si zachoval čistotu tela i duše neporušenú.

 

2. S pomocou Božou to dosiahneme, keď budeme čo najbedlivejšie strážiť svoje vonkajšie a vnútorné zmysly. Rozhovor so ženami nech nikto nevedie osamote na nevhodnom mieste a v nevhodnom čase. Keď sa s nimi zhovára alebo im píše, nech sa úplne vyhýba výrazom aj keď úctivým, v ktorých by sa odrážala nežná náklonnosť voči nim. Keď ich spovedá, alebo keď sa s nimi zhovára mimo spovede, nech zachová odstup a nespolieha sa príliš na svoju cnosť čistoty.

 

3. Nemiernosť je matkou a živiteľkou nečistoty. Preto nech sa každý mierni v jedle a nakoľko je to možné, nech požíva len obyčajné jedlá a víno značne zriedené vodou.

 

4. Nech sú okrem toho všetci presvedčení, že misionárom nestačí dosiahnuť iba vyšší stupeň tejto cnosti. Vyžaduje to, aby všetkými silami prekazili, ak sa to dá, aby nikto ani najmenej nemohol našich podozrievať z opačnej neresti. Takéto podozrenie, hoc aj celkom nespravodlivé, by škodilo Spoločnosti a jej duchovným úlohám viac ako iné falošné previnenie, ktoré nám pripisujú, a preto by sme z našich misijných prác dosiahli málo alebo vôbec žiadne ovocie. Aby sme sa tomuto zlu vyhli alebo ho napravili, musíme použiť všetky možné prostriedky, a to nielen bežné, ale keď treba aj mimoriadne, ako napr. upustiť od niektorých dovolených, ba i dobrých a svätých podujatí, keby podľa úsudku predstaveného alebo direktora takého podujatia budili obavu takého podozrenia.

 

5. Lenivosť je macochou cností, no najmä čistoty. Preto nech sa každý vyhýba lenivosti tak, aby bol vždy zamestnaný niečím užitočným.

 

Kapitola V. – O poslušnosti

 

1. Náš Pán Ježiš Kristus nás učil poslušnosti slovom i príkladom. Bol poddaný preblahoslavenej Panne, sv. Jozefovi a aj iným vyššie postaveným osobám, dobrým rovnako ako nehodným. Preto z úcty k tejto poslušnosti aj my chceme verne poslúchať všetkých svojich predstavených, vidieť ich v Pánovi a Pána vidieť v nich. Predovšetkým verne a úprimne ctíme a poslúchajme nášho Svätého Otca – pápeža. Poslúchajme tiež ponížene a vytrvalo v zmysle nášho poslania svojich najdôstojnejších otcov biskupov, v diecézach, v ktorých je zriadená naša Spoločnosť. Vo farských kostoloch nič nezačínajme bez súhlasu farárov.

 

2. Generálneho predstaveného poslúchajme všetci a každý jeden ochotne, s radosťou a vytrvalo vo všetkom, čo nie je zjavne hriešne. V oddanej poslušnosti podriaďme svoj úsudok i vôľu nielen jeho prejavenej vôli, ale aj jeho úmyslom. Buďme si istí, že čo on nariaďuje, je vždy dokonalejšie. Jeho rozhodnutiu sa zverme ako pilník rukám remeselníka.

 

3. Tak isto poslúchajme aj ostatných predstavených, miestnych i provinciálnych a ich pomocníkov v úrade. Nech sa tiež každý snaží poslúchať na hlas zvonca ako na hlas Kristov a na jeho prvé znamenie nech zanechá aj nedokončené písmeno.

 

4. Kvôli ľahšiemu a rýchlejšiemu pokroku v cnosti poslušnosti nech sa Spoločnosť snaží zachovať v platnosti pekný zvyk: nič nežiadať a nič neodmietať. Keby však niekto videl, že mu niečo škodí alebo že niečo potrebuje, nech si to premyslí pred Pánom, či to má oznámiť predstavenému alebo nie, ale potom nech sa zachová ľahostajným voči budúcej odpovedi. S touto vyrovnanosťou nech sa prednesie vec predstavenému. A bude mať istotu, že vo vôli predstaveného sa mu prejaví vôľa Božia. Keď ju takto spoznal, nech sa ihneď uspokojí.

 

5. V ustálený deň a hodinu v týždni nech sa všetci zídu na určené miesto, aby si vypočuli upozornenia od predstaveného, týkajúce sa domáceho poriadku a aby mu oznámili svoje pripomienky.

6. Nech nikto nedáva druhým rozkazy, ani nech nikoho nekarhá, keď ho tým predstavený nepoveril, alebo keď ho k tomu nevedie úradná povinnosť.

 

7. Keď niekto u jedného predstaveného dostal zamietavú odpoveď, nesmie sa v tej istej veci domáhať dovolenia u druhého predstaveného, ak mu súčasne neoznámi aj zamietnutie a jeho dôvod.

 

8. Nikto sa nesmie prestať starať o to, čo mu bolo zverené. Keby mu v tom však bránila neočakávaná povinnosť, má to včas oznámiť niektorému z predstavených, aby na jeho miesto určil, ak je to potrebné, druhého.

 

9. Nikto sa nesmie miešať do povinností alebo úradu druhého. Keď ho však požiada niekto z nižšie postavených, aby mu na chvíľu pomohol, nech to urobí rád, keď môže. Keby to však malo trvať dlhšie, nech si najprv vyžiada povolenie predstaveného.

 

10. Nech nikto nevstupuje bez dovolenia predstaveného na miesto určené pre iný úrad. V nutných prípadoch však stačí dovolenie toho, kto je na tomto mieste nadriadený.

 

11. Aby sme sa vyhli mnohým nemalým nepríjemnostiam, nech nikto nepíše, neposiela a ani neotvára listy bez dovolenia predstaveného. Jemu nech každý odovzdá nepísané listy, aby ich poslal alebo zadržal podľa svojho rozhodnutia.

 

12. A aby poslušnosť prospievala aj telesnému zdraviu, nech bez dovolenia predstaveného nikto nepije a neje mimo obvyklého času.

 

13. Nikto nesmie vstúpiť do izby druhého bez všeobecného alebo zvláštneho povolenia predstaveného. Nesmie ani otvoriť, pokým mu nezavolá: „voľno.“ Kým sú spolu, dvere musia byť otvorené.

 

14. Do svojej izby nikto nesmie priviesť iných, najmä nie svetských, ak nemá dovolenie od svojho predstaveného.

 

15. Bez výslovného schválenia a dovolenia generálneho predstaveného nikto nesmie napísať alebo preložiť z jednej reči do inej, prípadne vydať nejakú knihu.

 

16. Z našich bratov, ktorí zastávajú úlohu Marty, nikto nesmie túžiť po štúdiu latinskej reči a ani po kňazskom stave. Keď niekto pocíti takúto túžbu, nech sa ju usiluje ihneď potlačiť ako pochádzajúcu od zlého ducha, ktorý ho chce zničiť prehnaným sebavedomím pod zámienkou horlivosti za duše. Bez výslovného dovolenia generálneho predstaveného nech sa neučia ani čítať ani písať…

Tento článok Všeobecných pravidiel bol v roku 1954 nahradený článkom „21“ z nových Konštitúcií. Z našich bratov nech nikto netúži po kňazskom stave. Ale nech sú si naši milí bratia vedomí, že aj keď nemajú kňazskú hodnosť, tvoria s kňazmi jedno telo, totiž Spoločnosť, v ktorej sú podľa výroku nášho svätého Vincenta „drahocennými údmi.“

 

Kapitola VI. – O chorých

 

1. Kristovým osobitným záujmom bolo starať sa o chorých, zvlášť chudobných a navštevovať ich. Tento skutok aj najčastejšie odporúčal všetkým, ktorých posielal do svojej vinice. Aj Spoločnosť si chce osvojiť túto starostlivosť. Chce chorých navštevovať a  pomáhať im so súhlasom predstavených nielen doma, ale aj von. Chce im v rámci svojich možností poskytovať duchovnú i hmotnú podporu, a to najmä na misiách. Rovnako chce veľmi dbať o zakladanie Spolkov kresťanskej lásky a udržovať s nimi kontakty.

 

2. Kedykoľvek naši navštívia doma alebo von nejakého chorého, nech v ňom nevidia iba človeka, ale samého Krista, ako to on sám tvrdí, že to jemu preukazujeme takú službu. Nech sa tam každý správa skromne, hovorí tichšie a jeho reč nech chorému prináša radosť a útechu a ostatným prítomným povzbudenie.

 

3. Naši chorí si musia uvedomovať, že nie sú v izbe pre chorých a na posteli len preto, aby sa liečili a vyzdraveli. Ich príklad má akoby z kazateľnice hlásať náuku o kresťanskom, cnostnom živote, najmä o trpezlivosti a odovzdanosti do vôle Božej. A majú sa stať ľúbeznou Kristovou vôňou všetkým, ktorí ich navštevujú alebo ošetrujú. Takto sa sila ich cnosti stane v slabosti dokonalou. Je veľmi potrebné, aby chorí spomedzi cností najviac vynikali v poslušnosti. Nech preto verne poslúchajú svojich duchovných i telesných lekárov, ošetrovateľa a ostatných pomocníkov.

 

4. Kvôli tomu, aby sa starostlivosť o chorých nezneužívala, nech sa každý, kto sa cíti zle, ohlási najprv predstavenému alebo tomu, kto má na starosti chorých alebo ošetrovateľovi. Lieky si môžeme vziať len so schválením predstaveného alebo si zavolať nášho lekára, alebo sa poradiť u druhého.

 

 

Kapitola VII. – O skromnosti

 

1. Kristova tvár, správanie i slová vyžarovali veľkú skromnosť, ktorá vábila tisíce ľudí k nemu hlboko do púšte. Tam sa sýtili pohľadom naňho a počúvali z jeho úst slová večného života, takže pritom zabudli aj na potrebný pokrm a nápoj. Aj misionári si musia osvojiť túto milú cnosť nášho Učiteľa, pretože vo svojom povolaní veľmi často prichádzajú do styku s blížnym. Musia sa vždy obávať, že zlým príkladom i tej najmenšej neskromnosti by zničili to, čo v Pánovi vystavali svojou prácou a službou. Preto nech všetci svedomite zachovávajú to, čo sv. Pavol odporúčal prvým kresťanom: „Vaša skromnosť nech je známa všetkým ľuďom.“ Aby to mohli uskutočniť, nech sa vytrvalo snažia zachovávať zvláštne pravidlá skromnosti, predpísané v Spoločnosti i v seminárnych pravidlách, ako aj nasledujúce.

 

2. Nech sa predovšetkým chránia neskromného obzerania zvlášť v kostole, pri stolovaní a na verejnosti a nech dbajú, aby v ich pohyboch nebolo nič nevážne alebo chlapčenské a vo vystupovaní nič strojené alebo svetácke.

 

3. Nech sa všetci chránia navzájom sa dotýkať hoci aj zo žartu. Dotýkať sa smú, iba keď sa patrí objatím prejaviť si bratskú lásku alebo sa pozdraviť, keď niekto odcestuje alebo sa vracia, alebo keď je niekto prijatý do Spoločnosti.

 

4. Nech každý dbá o čistotnosť zvlášť v odeve, ale tiež nech sa úplne vyvaruje prehnanej parádnosti a strojenosti.

 

5. Svoje chudobné a skutočne skromné veci v izbe nech si každý udržuje v čistote a poriadku. Nech si každý tretí deň vymetie izbu, ráno pri vstávaní slušne upraví lôžko, iba ak by pre jeho chorobu alebo zaneprázdnenosť predstavený nato určil niekoho iného.

 

6. Z izby nech každý vychádza slušne oblečený.

 

7. Aby sme sa ľahšie a pohotovejšie zachovali skromnými pred ľuďmi, každý osobne, a to aj keď je sám v izbe, sa musí snažiť byť skromným a pamätať pritom na Božiu prítomnosť. No najmä nech nespí bez nočného úboru alebo nedostatočne prikrytý.

 

 

 

Kapitola VIII. – O našom vzájomnom styku

 

1. Keď si náš Spasiteľ Kristus zhromaždil apoštolov a učeníkov, dal im zároveň aj niektoré predpisy spoločného života; napríklad, aby sa navzájom milovali, jeden druhému umývali nohy; keď má niekto niečo proti druhému, aby sa čím skôr zmieril so svojím bratom; aby sa po dvoch vydávali na cesty, a napokon, kto by chcel byť medzi nimi väčší, aby sa stal menším; a iné podobné. Naša malá Spoločnosť chce kráčať v Kristových stopách a v stopách jeho učeníkov. Musí preto aj ona mať nasledovné pravidlá, týkajúce sa dobrého spolunažívania a spoločných rozhovorov. Nech sa ich každý usiluje podľa svojich síl zachovávať.

 

2. Aby medzi nami vždy bola a všemožne sa udržala bratská láska a svätá jednota, nech sa všetci veľmi úctivo správajú jeden k druhému a nažívajú medzi sebou ako úprimní priatelia.

 

3. Predstaveným nech všetci prejavujú patričnú úctu a nech pred nimi ostanú s odkrytou hlavou. Keď sa k nim predstavení prihovoria, nech ich neprerušujú, alebo čo by bolo ešte horšie, nech im neprotirečia. Rovnako nech si všetci odkryjú hlavu pred kňazmi a seminaristi a scholastici pred svojimi direktormi a profesormi. Aj kňazi si majú v Pánovi navzájom prejavovať úctu. A aby sme sa zbytočne pri stole neobzerali a nerušili, hlavu si tam odkryjeme len pred predstaveným alebo pred významnejším hosťom.

 

4. Podľa svedectva Písma – Všetko má svoj čas, aj rozprávanie aj mlčanie. Tam, kde je veľa rečí, nezaobíde sa to bez hriechu. Dávna skúsenosť však potvrdzuje, že sotva niektorá Bohu zasvätená spoločnosť by mohla dlho vytrvať v dobrom, ak sa v nej nepredpíše nejaká miera rozprávania a ak si nevezme do programu mlčanie. A tak sa u nás musí okrem času rekreácie zachovávať mlčanie. Nech nikto mimo tohto času bez potreby nehovorí, iba ak príležitostne niekoľkými slovami a tichším hlasom, najmä v kostole, sakristii, v spálni a jedálni, predovšetkým počas stolovania. Keď niekomu zo spolu stolujúcich niečo chýba, nech na to jeho sused upozorní obsluhujúceho jedným slovkom, ak sa to nedá posunkom alebo iným znamením. Keď však rozprávame, hoci aj v čase spoločného rozhovoru, chráňme sa hovoriť príliš prudko alebo silným hlasom, pretože by sa na tom ani naši, ani cudzí nepovzbudili.

 

5. Bez dovolenia predstaveného nech nikto z našich nezačína rozhovor so seminaristami alebo bohoslovcami, ani s ostatnými, hoc aj kňazmi, ak ešte neuplynuli dva roky po absolvovaní seminára. Pri stretnutí ich však pozdravíme jedným slovkom, ako to od nás vyžaduje láska.

 

6. Pre účinnejšie zachovanie ticha nech sa každý vynasnaží podľa možnosti nerobiť hrmot, keď sa zdržuje v izbe alebo kráča chodbou, najmä v noci a keď otvára alebo zatvára dvere.

 

7. V každodennom styku a pri rekreáciách spojme skromnosť s veselosťou, a keď je to možné, pridajme k príjemným veciam užitočné a všetkým svieťme svojím príkladom. To sa nám podarí tým skôr, ak sa naše reči budú zameriavať najviac na to, čo privádza k nábožnosti alebo k vedomostiam, aké potrebujú misionári.

 

8. Dajme si záležať a navzájom sa povzbudzujme, aby ústrednou témou našich spoločných rozhovorov a takých, ktoré sú za istých okolností dovolené, boli zväčša myšlienky, ktoré napomáhajú láske k povolaniu a v snahe po vlastnej dokonalosti. Raz odporúčajme nejakú cnosť, ako nábožnosť, umŕtvovanie, poslušnosť alebo poníženosť, inokedy zasa pokorne a láskavo obhajujme ich hodnoty oproti tým, ktorí o nich nehovoria správne. Keď sa však niektorá z tých cností protiví nášmu zmýšľaniu, zdôveríme sa s tým iba predstavenému alebo direktorovi, no starostlivo sa vyvarujme, aby sme to prejavili pred niekým ani verejne, ani dôverne.

 

9. Veľmi bedlivo sa v rozhovoroch vyhýbajme každej neústupčivosti a hádke, hoc by to bolo iba pre pobavenie. V Pánovi sa podľa možnosti usilujme ešte aj mienke iných dávať prednosť vo všetkom, čo nie je zakázané. A keď je niekto o predmete rozhovoru inej mienky, nech vysloví svoje dôvody skromne a v duchu poníženosti. Najmä však nech sa všetci chránia, aby sa počas rozhovoru neukazovali, že im niečo ťažko padlo alebo trpko, alebo že ich niekto urazil, ale aby ani sami neurážali ani slovom, ani skutkom, ani nijakým spôsobom.

 

10. Nech si všetci pokladajú za svätú povinnosť zachovať tajomstvo, nielen čo sa týka spovede a duchovného vedenia, ale aj čo sa stane a povie pri kapitule ohľadom obvinení a pokút. A tak isto aj o tom, o čom vieme, že je zakázané prezradiť predstaveným alebo samotnou povahou vecí.

 

11. Nech sa nikto ani nepatrne nedotkne dobrého mena iných, najmä predstavených a nech proti nim nešomre, nech neodsudzuje nič, čo sa stane alebo povie v našej alebo v iných Spoločnostiach.

 

12. Nech sa nikto všetečne nevyzvedá ani nech s inými nerozpráva o spravovaní domu. Nech sa ani priamo ani nepriamo nevysloví proti všeobecným pravidlám, čiže Konštitúciám, ani proti nábožným zvyklostiam Spoločnosti.

 

13. Nech sa nikto nesťažuje na stravu, odev a lôžko. Nech o tom s nikým nehovorí, ak na to nie je poverený svojím úradom.

 

14. Nech nikto nerozpráva zle o iných národoch a provinciách, pretože z toho vznikajú nemalé škody.

 

15. Kristus odmietol byť rozhodcom medzi nesvornými bratmi a nechcel rozhodovať ani o práve panovníkov, ale vždy hlásal len jedno: aby sa dávalo cisárovi, čo je cisárovo atď. Preto nedávajme najavo, že sa prikláňame k tej alebo onej strane, keď medzi kresťanskými panovníkmi vzniknú politické napätia alebo vojny.

 

16. Každý nech je ďaleko od rozhovorov o vnútroštátnych a medzinárodných, ako aj o ostatných politických záležitostiach, najmä o vojne, o súčasných sporoch štátnikov a iných politických smeroch. A nech sa o tom podľa možnosti ani nič nepíše.

 

Kapitola IX. – O styku s inými

 

1. Keď náš Spasiteľ odovzdal svojim apoštolom a učeníkom pravidlá o ich vzájomnom styku, pripojil aj niektoré príkazy, ako sa majú správať voči blížnym, voči zákonníkom a farizejom i voči vladárom, keď ich budú vláčiť po svojich synagógach a súdoch alebo  keď ich pozvú na hostinu a rôzne iné. A tak sa patrí, aby sme aj my mali podľa tohto príkladu nejaké pravidlá o styku s inými ľuďmi. Snažme sa ich teda verne zachovávať.

 

2. Svojím povolaním sme viazaní k častému styku so svetskými ľuďmi a to najmä na misiách. Pôjdeme však k nim, len keď nás zavolá poslušnosť alebo povinnosť. Pritom chceme mať na pamäti výrok Pánov: „Vy ste svetlo sveta.» Len tak budeme podobní svetlu slnka, ktoré svieti a zohrieva a nezmenší svoj jas ani vtedy, keď prechádza cez znečistené ovzdušie.

 

3. Nech sa všetci pozorne chránia zapletať sa do sporných otázok svetských ľudí, vymáhať testamentárne odkazy, zaoberať sa obchodnými a manželskými alebo podobnými svetskými záležitosťami majúc na mysli odporúčanie apoštola: „Ani jeden Boží bojovník nemieša sa do svetských záležitostí.»

 

4. Bez dovolenia predstaveného nech nikto nepreberá starosť o nejaké diela hoci aj posvätného rázu, taktiež nech nesľubuje pomoc k ich vykonávaniu a nech sa ani neukazuje k tomu náklonný.

 

5. Bez dovolenia predstaveného nech sa nikto doma nerozpráva so svetskými ani nech k tomu nikoho z našich nevolá.

 

6. Bez dovolenia predstaveného nech nikto nepozýva svetských ľudí k stolovaniu.

 

7. Bez dovolenia predstaveného nech nikto nedonáša od svetských nikomu z našich odkazy, listy ani nič iné. A tak isto svetským od nikoho z našich.

 

8. Bez výslovného dovolenia generálneho alebo provinciálneho predstaveného nech nikto nedá cudzím do rúk naše Pravidlá, čiže Stanovy. Všeobecné pravidlá však možno s dovolením miestneho predstaveného ukázať tým, čo vstupujú či už počas duchovných cvičení alebo aj prv, ak to on v Pánovi uzná za potrebné.

 

9. Nech nikto ľahkomyseľne a zbytočne nerozpráva so svetskými o tom, čo sa stalo v dome alebo sa má stať a nech s nimi nerozpráva ani o takých veciach, o ktorých nie je dovolené hovoriť ani medzi nami, najmä o záležitostiach štátu alebo vlády.

10. Keď má niekto dovolenie ísť k svetským ľuďom, nech s nimi rozpráva len o potrebných veciach a o tom, čo prospeje im alebo jemu – alebo spoločnej spáse a povzbudeniu. Nech s nimi rozpráva vážne, úctivo a skromne, ako sa sluší na osoby, miesto a čas.

 

11. Z domu môže vyjsť niekto len kedy, ako a s kým mu dovolí predstavený. On mu určí aj spoločníka, ak už na tú úlohu nepoveril niekoho iného. Tento spoločník nech dáva svojmu spolubratovi prednosť a hlavné slovo.

 

12. Keď niekto žiada od predstaveného dovolenie niekam ísť, nech zároveň podá vysvetlenie, kam a kvôli čomu tam chce ísť. A keď príde domov, nech hneď povie, čo robil.

 

13. Každý bude vchádzať a vychádzať len cez riadny vchod domu, ibaže by ho od toho oslobodzovala nutnosť alebo dovolenie predstaveného.

 

14. Tí, čo odchádzajú z domu, a to aj takí, čo majú dovolenie vychádzať a vracať sa zadnou bránou alebo cez kostol, nech priložia k svojmu menu značku – oznam a o termíne svojho návratu upovedomia vrátnika, aby mohol informovať tých, čo sa na nich budú spytovať. Nech neodchádzajú pred svitaním a domov nech sa vrátia pred zotmením. Pri návrate nech hneď odložia značku – oznam pri svojom mene.

15. Bez dovolenia predstaveného nech nikto neje mimo domu, iba keď je na cestách.

 

16. Kto pri cestovaní prechádza mestom, kde je dom Spoločnosti, nech sa ubytuje iba v ňom a nech sa počas celého svojho pobytu podriadi poslušnosťou tamojšiemu predstavenému. Nech tam nič nepodniká bez jeho rady a úpravy. To isté nech zachová aj ten, čo si tam prišiel vybaviť nejaké povinnosti.

 

Kapitola X. – O duchovných cvičeniach spoločnosti

 

1. Kristus Pán a jeho učeníci mali svoje nábožné cvičenia, ako napr. ísť v určité dni do chrámu, občas sa utiahnuť do samoty, venovať sa modlitbe a iné podobné. Je len samozrejmé, že aj táto malá Spoločnosť bude mať svoje duchovné cvičenia. Ich plneniu sa venuje čo najsvedomitejšie a dáva im prednosť pred ostatnými, pokým v tom nebráni nutnosť alebo poslušnosť. Ony potom účinnejšie prispejú k skutočnému zachovávaniu ostatných pravidiel a konštitúcií ako i k vlastnému zdokonaleniu.

 

2. Podľa Buly o zriadení našej Spoločnosti máme zvlášť uctievať nevýslovné tajomstvá Najsvätejšej Trojice a Vtelenia. Snažme sa to splniť čo najvernejšie a ak možno pri každej príležitosti. Predovšetkým však dbajme na tieto tri veci:

  1. vzbudzovať si často vrúcne úkony viery a nábožnosti voči týmto tajomstvám,
  2. obetovať každodenne na ich oslavu nejaké modlitby a dobré skutky a najmä ich sviatky osláviť slávnostne a čím nábožnejšie,
  3. venovať pozornosť, aby sme poučovaním a svojím príkladom vštepili do sŕdc ľudí ich poznanie, úctu a slávenie.

 

3. Najlepší spôsob dobrého uctievania týchto tajomstiev je náležité slávenie a dobré prijímanie presvätej Eucharistie, či sa na ňu pozeráme ako na sviatosť alebo na obetu. Ona je totiž súhrnom všetkých tajomstiev viery, bezprostredne posväcuje a napokon privedie k sláve duše tých, čo ju hodne prijímajú a dôstojne obetujú. V nej sa zároveň vzdáva najvyššia sláva Trojjedinému Bohu a vtelenému Slovu. Preto sa nám viac ako všetko ostatné odporúča, aby sme voči tejto sviatosti i obeti preukazovali náležitú úctu. Ba vynaložíme všetku horlivosť srdca, aby jej všetci takto vzdávali úctu a poklonu. A preto, nakoľko je to v našej moci, zabráňme každému neúctivému počínaniu alebo reči proti Sviatosti a bez prestania budeme poučovať iných, čo majú veriť o tomto tajomstve a ako ho majú uctievať.

 

4. Spomínaná bula nám ďalej výslovne odporúča preukazovať zvláštnu úctu preblahoslavenej Panne Márii, k čomu sme zaviazaní aj ináč a z mnohých dôvodov. A tak sa všetci do jedného s Božou pomocou vynasnažíme uskutočňovať to tým, že budeme:

  1. prejavovať zvláštnu úctu voči najvznešenejšej Matke Kristovej a našej,
  2. nasledovať jej cnosti, najmä poníženosť a čistotu,
  3. v každej príležitosti a možnosti horlivo povzbudzovať iných, aby jej vždy preukazovali vynikajúcu a dôstojnú službu.

 

5. Veľmi svedomite sa modlime cirkevné hodinky podľa rímskeho obradu a spoločne, a to aj v misiách, avšak slabším hlasom a bez spevu, aby sme sa mohli ľahšie venovať službe blížnemu. Výnimku tvoria tie domy, kde sme fundáciami alebo kvôli ordinandom, poriadkom diecéznych seminárov, alebo inými podobnými záväznosťami, zaviazaní ku gregoriánskemu spevu. Všade a vždy, keď sa modlíme cirkevné hodinky, dbajme o náležitú úctu, pozornosť a nábožnosť v presvedčení, že chválime Boha, a teda zastávame úlohu anjelov.

6. Prvoradou úlohou na našich misiách je povzbudzovať iných k dobrému a častému prijímaniu sviatosti pokánia a Eucharistie. O to viac sa patrí, aby sme ľuďom sami svietili príkladom, ba ďaleko ich prevyšovali. Snažme sa, aby sme to čo najdokonalejšie uskutočnili. Kvôli poriadku nech sa kňazi spovedajú dvakrát alebo aspoň raz za týždeň u niektorého určeného spovedníka, a nie u iného bez dovolenia predstaveného. A nech denne, ak niet prekážky, slúžia svätú omšu. Ostatní, čo nie sú kňazmi, nech sa spovedajú každú sobotu a pred väčšími sviatkami u niektorého zo spomenutých spovedníkov, ak predstavený neurčil iného. Nech pristupujú k svätému prijímaniu podľa rady direktora každú nedeľu a v spomenuté sviatky a nech sa denne zúčastnia na svätej omši. Tento článok Všeobecných pravidiel bol v roku 1954 nahradený článkom 238 z nových Konštitúcií:

  1. Prvoradou úlohou na našich misiách je povzbudzovať iných k dobrému a častému prijímaniu sviatosti pokánia a Eucharistie. Tým skôr sa patrí, aby sme im v tom sami svietili príkladom. Snažme sa, aby sme to uskutočnili čo najdokonalejšie.
  2. Kvôli poriadku nech sa kňazi dvakrát alebo aspoň raz za týždeň očistia od svojich vín vo sviatosti pokánia a denne, ak niet prekážky, nech slúžia svätú omšu.
  3. Ostatní, čo nie sú kňazmi, nech sa spovedajú každú sobotu a pred väčšími sviatkami a po náležitej príprave nech prijímajú presväté Telo Kristovo, každodenne, a nech sa zúčastnia na svätej omši.

 

7. Kristus Pán okrem denných rozjímaní aj celé noci zotrval v modlitbe k Bohu. A aj keď ho v tom nedokážeme nasledovať, urobíme to však aspoň primerane našej slabosti. Preto nech sa všetci usilovne venujú denne hodinovému rozjímaniu a to spoločne ako je to zvykom v Spoločnosti a na mieste k tomu určenom.

 

8. Nech sa každý usiluje nenechať prejsť ani jeden deň, aby si niečo neprečítal z nejakej duchovnej knihy podľa potreby vlastnej duše v čase určenom predstaveným alebo direktorom. Kňazi a všetci klerici nech si ešte prečítajú jednu hlavu z Nového zákona a nech si ctia túto knihu ako pravidlo kresťanskej dokonalosti. Pre väčší úžitok si čítanie vykonajú kľačiačky a s odkrytou hlavou a aspoň na konci pridajú tri nasledujúce úkony:

  1. pokloniť sa pravdám v prečítanej hlave,
  2. snažiť sa vniknúť do toho istého ducha, v akom ich Kristus a svätí predniesli,
  3. urobiť si predsavzatie uskutočniť rady i príkazy a nasledovať príklady cností.

 

9. Aby sme jasnejšie poznali vlastné chyby a mohli ich s pomocou Božou napraviť a dosiahnuť väčšiu čistotu duše, všetci budeme denne vykonávať dvojaké spytovanie svedomia a síce partikulárne (zvláštne), v ktorom sa v krátkosti skúmame pri nadobúdaní niektorej cnosti alebo v odstránení chyby, potom všeobecné, kde sa krátko pred spaním skúmame cez jednotlivé úkony dňa.

 

10. Aby sme si uctili Kristovu samotu, najmä štyridsaťdňovú na púšti, všetci z nás, či kňazi alebo bratia, vykonajú pri vstupe do Spoločnosti duchovné cvičenia a generálnu spoveď z predošlého života u niektorého kňaza, ktorého určil predstavený. Po vstupe budú si vykonávať duchovné cvičenia s opakovanou spoveďou, avšak už len od poslednej a síce seminaristi každý šiesty mesiac a ostatní raz za rok.

 

11. Bez pomoci duchovného vedenia by sotva kto mohol pokročiť v cnostnom živote. Rovnako je nesmierne ťažké dosiahnuť primeranú dokonalosť pre toho, kto sa občas neporozpráva o svojom duchovnom stave so svojím duchovným vodcom. Preto každý z nás nech s úprimnou oddanosťou otvorí svoje svedomie podľa zvyku Spoločnosti predstavenému alebo inému ním určenému kňazovi, a to každý tretí mesiac, zvlášť pri duchovných cvičeniach, alebo keď to predstavený uzná za vhodné. Tento článok Všeobecných pravidiel bol v roku 1954 nahradený článkom 243 z nových Konštitúcií:

 

  1. Bez pomoci duchovného vedenia by sotva kto mohol pokročiť v cnostnom živote a tak isto je nesmierne ťažké dosiahnuť primeranú dokonalosť pre toho, kto sa občas neporozpráva o svojom duchovnom stave so svojím duchovným vodcom.
  2. Preto každý z nás nech s úprimnou oddanosťou otvorí svoje svedomie podľa zvyku Spoločnosti predstavenému alebo inému ním určenému, a to každý tretí mesiac, zvlášť pri duchovných cvičeniach.

 

12. Všetci nech sa svedomite a verne zúčastňujú na konferenciách o duchovných veciach. Majú byť aspoň raz za týždeň. Ich najčastejším predmetom nech je zapierame vlastnej vôle i úsudku, plnenie vôle Božej vo všetkom, bratské spoločenstvo, túžba po osobnej dokonalosti a pokrok v ostatných cnostiach, najmä tých, ktoré tvoria ducha Misijnej spoločnosti.

 

13. Krista chceme nasledovať aspoň trochu podľa našej slabosti aj v tom, že sa ponížil a chcel byť počítaný medzi hriešnikov. Nech sa preto každý pravidelne vyznáva v piatok pred ostatnými zo svojej viny predstavenému alebo tomu, kto ho zastupuje a to tak doma ako aj na misiách a nech každý s pokojnou mysľou prijme napomenutia a pokuty, ktoré dostane. Nech sa zachováva aj zbožná obyčaj prosiť pri kapitule, aby nás verejne upozornili na naše chyby, pričom sa má každý snažiť dať také napomenutie v duchu poníženosti a lásky.

 

14. Láska k pohŕdaniu sebou bude rásť ešte rýchlejšie a tým i viac pokročíme na ceste dokonalosti, keď sa budeme v Pánu usilovať trpezlivo prijímať všetky príležitosti k poníženiu kedykoľvek, aj mimo kapituly. Preto keď predstavený na konci rozjímania alebo konferencie o duchovných veciach niekoho vyvolá, aby ho upozornil na nejakú chybu, tento nech si ihneď kľakne, nech si bez slova s vďakou vypočuje v duchu poníženosti napomenutie, nech prijme uloženú pokutu a verne ju vykoná.

 

15. Sústavné práce misionárov síce nedovoľujú uložiť im nijaké pravidelné telesné sebazaprenia ani iné prísnosti, predsa však nech si ich každý čo najviac váži a v srdci nech je k nim stále naklonený, ba keď mu zdravie a vážne práce dovolia, môže ich aj konať podľa príkladu Krista a prvých kresťanov, ako aj mnohých, čo žijú vo svete preniknutí duchom kajúcnosti. Nikto sa však na to nemá podujať bez opýtania predstaveného alebo direktora, iba že by mu to bolo uložené pri spovedi.

 

16. Utrpeniu Kristovmu prejavíme úctu tým, že každý piatok pri večeri, ak nie sme na misiách alebo na cestách, sa každý uspokojí s jedným jedlom a to zeleninou alebo strukovinami.

 

17. V pondelok a v utorok po nedeli Quinquagesima sa budeme doma zdržiavať mäsa, aby sme si aspoň takýmto malým sebazaprením uctili Boha v čase, keď ho mnohí kresťania urážajú neviazanosťou a nestriedmosťou.

 

18. Každý nech presne zachová v Spoločnosti zaužívaný denný poriadok ako doma tak i na misiách, predovšetkým čas vstávania a odpočinku, rozjímania, modlitby breviára a stolovania.

 

19. Pri stole budeme mať duchovné čítania počas celého stolovania v každom našom dome ako aj na misiách, aby sa s telom posilňoval aj duch.

 

20. Nech sa zachovávajú aj iné chvályhodné zvyky Spoločnosti a to: pred odchodom z domu a po návrate ísť do kostola a pozdraviť Krista vo Sviatosti, poučovať chudobných, najmä žobrákov o viere, keď sa k tomu naskytne príležitosť, najmä pri cestovaní, pri vstupe do izby a pred odchodom pokľaknúť, prosiť Boha pred prácou o pomoc a po nej sa poďakovať.

 

21. Keby chcel niekto k nábožným cvičeniam, ktoré sú predpísané v týchto Pravidlách ešte nejaké pridať, nech to oznámi predstavenému alebo direktorovi a nech urobí len to, čo mu títo dovolili, aby snáď neplnil svoju alebo diablovu vôľu, keby si počínal ináč, a aby za trest pre svoju tvrdohlavosť alebo neposlušnosť nebol oklamaný zdanlivým dobrom a napokon, aby neutrpel nejakú škodu na svojej duši.

 

Kapitola XI. – O misiách a iných prácach spoločnosti pre blížneho

 

1. Náš Pán Ježiš Kristus dal svojim učeníkom úpravy, ako majú plniť svoje poslanie. Prikazoval im, aby prosili Pána žatvy, aby poslal robotníkov do svojej žatvy, určoval im, ku ktorým národom sa majú odobrať, čo majú na cestách zachovávať, do ktorých príbytkov vojsť, aby sa tam ubytovali, čo majú kázať, čo jesť a napokon, ako sa zachovať voči tým, čo by ich nechceli prijať. V ich stopách chceme aj my popri našej slabosti dôsledne zachovávať nasledujúce predpisy a smernice zaužívané v Spoločnosti, ktoré sa týkajú spôsobu a usporiadania našej činnosti na misiách a pri iných našich službách.

 

2. Nech sa každý usiluje pri každej príležitosti pomáhať blížnemu radou a povzbudzovať ho k dobrým skutkom. Nech si však nikto neberie na starosť vedenie niekoho, okrem prípadu, že je to na duchovných cvičeniach, na misiách a v tých domoch Spoločnosti, kde majú naši duchovnú správu, alebo pri iných príležitostiach, keď ich tým poverí predstavený. No ani vtedy nech nikto nikdy nedáva bez dovolenia a súhlasu predstaveného žiadne úpravy alebo životné pravidlá písomne.

 

3. Aby sa našim misionárom nemuselo právom vytknúť slovo apoštola: „Ako budú kázať, keď nie sú poslaní», nech nikto nekáže na verejnosti, ani nevysvetľuje pravdy viery, ak nemá schválenie od vizitátora a ak ho sám vizitátor alebo bezprostredný predstavený nepoveril. Na misiách zas môže direktor misií vymeniť na čas kazateľov a katechétov a nahradiť ich inými, ak to v Pánovi uzná za prospešné a ak by hrozilo nebezpečenstvo z omeškania, keby musel čakať na písomnú odpoveď od predstaveného. Musí však čo najskôr upovedomiť predstaveného o príčine tejto zmeny.

 

4. Nikto z našich nesmie spovedať ani našich ani druhých bez schválenia ordinára. Aby sa však vyhlo prípadnému zneužitiu, nech tí, čo majú takéto schválenie, nevykonávajú túto úlohu, kým ich vizitátor nevymenuje a kým ich sám vizitátor alebo miestny predstavený nepoverí. Tento článok Všeobecných pravidiel bol v roku 1954 nahradený článkami 129 a 130 z nových konštitúcií:

 

129 1. Kto má od generálneho predstaveného fakultu spovedať, môže dať rozhrešenie našim členom všade na svete.

2. Kto má túto fakultu od vizitátora, môže dať rozhrešenie spolubratom provincie všade na svete.

3. Kto má túto fakultu od miestneho predstaveného, môže dať rozhrešenie našim, ako aj iným, čo trvalo bývajú v tomto dome.

 

130 1. Delegovanú jurisdikciu spovedať každého, svetských i rehoľníkov, udeľuje svetským i rehoľným kňazom, a to aj exemptným, ordinár toho územia, kde sa spovedá.

2. V zmysle našich Konštitúcií však naši kňazi nepoužijú túto jurisdikciu bez dovolenia predstaveného, aspoň predpokladaného.

 

5. Tí čo idú na misie, nech si vždy vezmú so sebou aj poverenie najosvietenejších pánov biskupov, v tých diecézach, kde sa konajú misie a nech ho predložia pánom farárom alebo správcom kostolov. Po misiách ešte pred návratom domov, ak to naši páni biskupi uznajú za dobré, nech im zreferujú všetko, čo počas nich urobili. Nech sa však predtým obrátia na predstaveného, aby on určil osobu i spôsob tejto úlohy.

 

6. Pri nástupe a po ukončení misií nech si všetci prosia požehnanie od pánov farárov alebo v ich neprítomnosti od ich zástupcov a nech nič závažnejšieho nezačnú, kým im to prv neoznámia a tiež nech sa chránia podnikať niečo proti ich vôli.

 

7. Svätý Pavol je pre nás vzorom. Nechcel byť nikomu na ťarchu, ale vo dne i v noci vlastnými rukami zarábal na to, čo on sám a jeho spoločníci potrebovali. Ani my nebuďme nikomu počas misií na ťarchu. Všetky naše služby konajme zdarma a bez akejkoľvek odmeny alebo hmotnej podpory. Dovolené je však prijať poskytnuté bývanie a najpotrebnejšie zariadenie.

 

8. Isteže si každý má vrúcne priať a keď je to žiaduce aj ponížene prosiť, aby ho najmä počas misií poslali navštevovať chorých a urovnávať hnevy a spory. Nech sa však nikto nepodujíma na tieto skutky milosrdnej lásky bez dovolenia predstaveného, aby bola láska k blížnemu správne usmernená poslušnosťou.

 

9. Keď sa hovorí o problémoch svedomia zo spovede, musí sa zachovať veľká rozvážnosť a prísna obozretnosť, aby sa nikdy nedalo spoznať, o koho ide. A práve preto, aby sa vyhlo škodlivým následkom, nech sa každý najprv poradí s direktorom misií, či môže predniesť niektoré vážnejšie problémy svedomia, aké sa vyskytli počas spovede.

 

10. Názov misionár alebo misijný kňaz sme si neprivlastnili my sami, ale riadením Božej prozreteľnosti nám ho dal všeobecný hlas ľudu, a to jasne dokazuje, že misijné dielo nám má byť spomedzi všetkých úloh voči blížnemu prvoradým a najdôležitejším. Spoločnosť ho nesmie nikdy zanechať ani pod zámienkou iného, hoci aj užitočnejšieho dobrého diela. Nech sa teda každý na to zameria s celou láskou svojho srdca, aby bol ochotný ísť toľkokrát na misie, koľkokrát ho bude poslušnosť volať.

 

11. Duchovné vedenie rehoľníc by značne mohlo prekážať misijnej činnosti a ostatným úlohám nášho povolania. Preto nech sa každý chráni ich vedenia, nech k nim nechodí, ani u nich nekáže, a to ani počas misií, ak nemá na to výslovné poverenie aspoň od miestneho predstaveného. Naša Spoločnosť je síce poverená viesť Spoločnosť dcér kresťanskej lásky a Spolky „Panie kresťanskej lásky“ v zmysle ich vlastného zriadenia, avšak nech sa nikto z našich nevenuje ich vedeniu, ani k nim nechodí, ba ani sa nezhovára bez dovolenia patričného predstaveného.

 

12. Napokon nech každý berie do úvahy, že nesmieme zanedbávať pod zámienkou misií povinnosti nášho povolania, ktoré máme doma voči diecéznym duchovným, najmä voči klerikom pred vysviackou a seminaristom a tiež voči tým, ktorých máme viesť pri ich duchovných cvičeniach. Toto sa má robiť a tamto nezanedbávať. Veď sme skoro rovnako povinní v duchu nášho zriadenia vykonávať obe úlohy, kedykoľvek nás povolajú biskupi alebo predstavení, hoci misie sú prednejšie. Aj sama dávna skúsenosť potvrdzuje, že by sa sotva dalo na dlhšie zachovať ovocie misií – bez pomoci farárov. A práve na ich zdokonalenie účinne prispievajú spomínané služby. Nech sa teda každý ochotne poddáva Bohu plniť ich s čistým a svätým úmyslom. Bude to môcť uskutočniť tým lepšie a tým ľahšie, čím vernejšie sa bude snažiť zachovávať patričné pokyny našich predstavených.

 

Kapitola XII. – O niektorých prostriedkoch a pomôckach k dobrému a užitočnému vykonávaniu našich povinností

 

1. Na začiatku týchto Pravidiel, čiže Konštitúcií sa Spoločnosť rozhodla nasledovať Krista Pána v tom, čo robil a učil od počiatku. V poslednej kapitole sa musí podobne rozhodnúť nasledovať ho v tom, že to všetko robil dobre. Lebo keď aj robíme niečo dobré, je to skôr hodné trestu než odmeny, ak sa to nerobí dobre. Preto je vhodné pripojiť nasledovných pár zásad a prostriedkov pre dobré vykonanie spomenutých úloh. A naši misionári nech sa nimi usilovne riadia.

 

2. Nech sa každý snaží podľa svojich síl pri každej svojej práci, zvlášť však pri kázňach a iných povinnostiach Spoločnosti, oduševňovať sa tým najčistejším úmyslom zapáčiť sa jedine Bohu a nech ho častejšie obnovuje najmä na začiatku dôležitejších prác. Ale nech sa chráni predovšetkým toho, aby si pri tom nepripustil žiadnu túžbu zapáčiť sa ľuďom alebo mať vlastné uspokojenie, lebo to by zaiste mohlo poškvrniť a pokaziť aj ten najsvätejší úkon, ako to učí Kristus: „Ak je tvoje oko choré, celé tvoje telo bude vo tme.»

 

3. Niekedy sa stane, ako hovorí Apoštol, že duchom sme síce začali, ale končíme telom. To sa stáva, keď našu činnosť sprevádza akási prázdna samoľúbosť, ktorou sa márnivo opájame, keď sa nám s pochvalou ľudí podarila, alebo keď naša činnosť mala menej šťastný výsledok a my si pripadáme tak ubolení a nemožní, že nás nič nevie uspokojiť. Chráňme sa preto, so všetkou starostlivosťou a pozornosťou, aby sme sa ani v jednom neprevinili. Prvej chybe sa vyhneme, keď budeme mať pred očami pravdu, že všetka sláva patrí Bohu a nám len zahanbenie. Ďalej sa musíme veľmi obávať, že keď sa márnivo kocháme v ľudských pochvalách, aby sme nemuseli počuť tieto Kristove slová: „Veru, hovorím vám, dostali ste už svoju odmenu.» Liekom proti druhej chybe je hľadať záchranu v opravdivej poníženosti a v opovrhovaní sebou, čo v tomto prípade od nás vyžaduje Boh. Potom si dôkladne uvážiť, že z takých protivenstiev, keď ich trpezlivo znášame, veľmi často vyrastá väčšia sláva Božieho mena a väčšie dobro blížneho než by sme mohli očakávať od kázní, ktoré sa ľuďom páčia a zdajú sa plodné.

 

4. Tieto dve chyby – pre kazateľov tak nebezpečné, totiž márnivá samoľúbosť a nezriadený nepokoj – vznikajú aj z počutej chvály alebo odsúdenia našich prác. Preto nech nikto nechváli našich, najmä nie v ich prítomnosti, pre ich zriedkavé nadanie a umelecké vlohy, tým menej pre ich výrečné a s uznaním sprevádzané kázne. A naopak, nech zas nehaní nikoho pre nedostatky vedomostí alebo výrečnosti alebo iných chýb pri kázňach. Keby však niekto naozaj potreboval nejaké povzbudenie vo svojej malomyseľnosti alebo pokarhanie pre svoju márnu domýšľavosť, nech to vykoná predstavený, alebo nech niekoho poverí a nech to oboje vykoná opatrne a medzi štyrmi očami. Nebude však chybou kedy-tedy dávať ich za príklad pre ich cnosti poníženosti, umŕtvovania, jednoduchosti a iné podobné, hoci aj v kázni prejavené, no nech sa to robí rozumne a jemne v ich neprítomnosti a v prítomnosti Božej.

 

5. Pre misionárov je jednoduchosť prvou a najvlastnejšou cnosťou, preto ju musia vždy a všade verne uskutočňovať. A práve na misiách ju môžeme praktizovať dôkladnejšie, zvlášť keď dedinskému ľudu hlásame Božie slovo, ku ktorému má ako k jednoduchému cez naše ústa hovoriť Boh. Forma našich kázní a poučovaní nech je jednoduchá a ľuďom pochopiteľná a taktiež podľa jednoduchej metódy, ako ju Spoločnosť dosiaľ používala. Preto nech si každý sprotiví rozcítenú a strojenú reč a nech dbá, aby na stolici pravdy neprednášal neobyčajné a príliš vyberané myšlienky a neužitočné frázy, majúc na zreteli, že Kristus Pán a jeho učeníci používali jednoduchý spôsob reči a dosiahli nadmieru veľkú žatvu a prehojné ovocie.

 

6. Tento jednoduchý a ľudový spôsob reči nech používajú aj tí, čo sú poverení spravovaním diecéznych seminárov, vedením ordinandov, kňazskými konferenciami a inými cirkevnými a podobnými podujatiami a nech sa tiež usilujú príkladom i slovom pobádať ich k nábožnosti i vedomostiam. Ale predovšetkým nech sa snažia spolupracovať s nimi so všetkou poníženosťou, láskavosťou, úctou a prívetivosťou. Aj tí, čo dávajú duchovné cvičenia, nech ich k tomu podľa možnosti vychovávajú.

 

7. Nové a zvláštne názory obyčajne škodia aj ich pôvodcom a prívržencom, preto nech sa každý z nás chráni novostí a zvláštností, ba nakoľko je možné, nech sa všetci zhodujú ako v náuke tak v kázňach i spisoch, aby mohli podľa Apoštola všetci rovnako zmýšľať a byť napospol jednomyseľní a taktiež rovnako hovoriť. (Flp 2,2)

 

8. Svätý Zenon hovorí, že „zvedavosť robí človeka viac vinným než skúseným,“ a podľa Apoštola vedomosť nadúva, najmä keď sa nedbá na jeho pokyn, totiž, aby si nik nemyslel o sebe viac ako treba, ale aby zmýšľal skromne. Preto nech všetci, no najmä bohoslovci, stále dbajú, aby im táto nezriadená túžba po vedomosti nezaujala postupne srdcia. Nech sa však pritom neprestávajú usilovne venovať štúdiu, potrebnému pre správne plnenie povinností misionára. Ich prvoradou starosťou nech je poznať vedu svätých, ktorá sa vyučuje v škole kríža, aby mohli hlásať len Ježiša Krista podľa príkladu spomenutého Apoštola, ako sa úprimne priznáva v liste Korinťanom, že si zaumienil, že nič iné nebude vidieť medzi nimi jedine Ježiša Krista, a to ukrižovaného.

 

9. Medzi všetkými evanjeliovými zásadami, ktoré potrebujú pracovníci vo vinici Pánovej, nám má byť najmilšia nasledovná zásada: „Kto chce byť medzi vami prvý, nech je zo všetkých posledný a sluhom všetkých …» Keby Spoločnosť niekedy upustila od zachovávania tejto zásady, okamžite by bola vnútorne zničená vtierajúcou sa nezriadenou túžbou po sláve. Táto sa totiž veľmi ľahko vtiera do sŕdc povahové naklonených k pýche a strháva ich k mnohému zlu. Predovšetkým, že sa uchádzajú o čestné úrady a že sa budí závisť voči tým, ktorí ich dosiahli, ale aj tým, že vyhľadávajú len vlastné uspokojenie, keď ich na tieto hodnosti povýšia. Omámení a zvedení skvelým leskom slávožiary, na ktorú jedine zameriavajú svoj zrak, ani nepozorujú blízku priepasť a nešťastne sa do nej zrútia. Preto pred ničím tak neutekajme ako pred prízrakom pýchy. A ak ctižiadosť ovládla naše srdcia, potom je namieste hneď ju vypudiť podľa spomenutej Pánovej rady úprimným úkonom poníženosti, ktorým sa snažíme považovať sa za menších vo vlastných očiach a žiadame si vždy zaujať posledné miesto. A keď zbadáme, že sa nás zmocňuje márnivosť pre úrady alebo hodnosti, ktoré zastávame, nech je účinným liekom požiadať čím skôr predstaveného, pravdaže s ochotou podriadiť sa, aby nás zbavil týchto služieb a pridelil podľa svojho uváženia na nejakú nižšiu službu.

 

10. Nech všetci obzvlášť starostlivo potláčajú prvé pocity závisti, ktoré by mohli vzniknúť preto, že iné spoločnosti prevyšujú našu Spoločnosť povesťou, priazňou ľudí a čestnými prácami. Nech sú naisto presvedčení, že nezáleží na tom, kto Krista zvestuje, len nech sa zvesť o ňom šíri, a že sa nám dostane takej istej alebo niekedy i hojnejšej milosti a zásluh, keď sa radujeme z dobrých výsledkov iných, než keby sme ich sami spravili, s pocitom vlastného uspokojenia, alebo s menej dokonalým úmyslom. Nech sa preto každý usiluje obliecť si Mojžišovho ducha, ktorý na žiadosť, aby zabránil podaktorým prorokovať, zvolal: „Keby len všetok ľud Pánov pozostával z prorokov! Keby Pán zoslal na všetkých svojho ducha!» Taktiež považujme všetky iné spoločnosti za oveľa hodnejšie, hoci k našej sa máme vinúť s väčšou láskou v srdci. Veď i dobré dieťa oveľa viac miluje svoju matku, aj keď chudobnú a bez krásy, než všetky ostatné, hoci by vynikali bohatstvom a krásou. Nech však všetci vedia, že táto oddaná láska sa vzťahuje iba na osoby, cnosti a duchovné dary Spoločnosti, a nie na to, čo je na nej príjemné alebo čo vzbudzuje uznanie u ľudí. Proti tomu sa musíme obzvlášť stavať s odporom a utekať pred tým nielen čo sa týka vlastnej osoby, ale aj celej Spoločnosti – a to až natoľko, že si nebudeme ani žiadať, aby si ju všímali a ju chválili, ale skôr aby ju ponižovali a aby ostala skrytá v Pánovi. V duchu ju považujme za ono horčičné zrnko, ktoré môže rásť a prinášať úrodu, len keď sa zaseje a ostane ukryté v zemi.

 

11. Nech sa všetci podobne chránia dvoch ďalších chýb, ktoré tak ako stoja vzájomne proti sebe, sú nie menej v rozpore aj s Misijnou spoločnosťou a sú tým škodlivejšie, čím menej sa takými zdajú. Nadobúdajú totiž nebadane vždy inú podobu, takže často sú považované za skutočné cnosti. Sú to duch znechutenia a prehnaná horlivosť. Prvá sa pomaly vkráda do duše pod zámienkou odôvodnenej ohľaduplnosti na udržanie telesných síl, aby sme boli schopnejší slúžiť Bohu a venovať sa dušiam. Preto nás zvádza dopriať telu výhody a vyhýbať sa námahe spojenej s čnosťou. A túto námahu nám klamne predstavuje oveľa ťažšou, takže sa nám čnosť zdá odpornou, hoci by si ju mal vlastne každý osvojovať. Takto by sme uvalili na seba kliatbu, vyslovenú Duchom Svätým nad takými robotníkmi, čo vykonávajú Božie dielo nedbalo alebo neúprimne. Druhá chyba zakrýva našu sebalásku alebo našu netrpezlivosť, pretože nás ženie k prehnanej prísnosti ako voči hriešnikom, tak i voči sebe samým, ako i k práci nad vlastné sily alebo aj proti poslušnosti so škodlivými následkami pre dušu i pre telo, aby nás potom zviedla k prílišnému zháňaniu sa po liekoch a takto nás urobila ľahostajnými a telesnými. Preto sa usilujme všetci vyhýbať sa týmto dvom krajnostiam a všemožne sa držať strednej cesty. Stred nájdeme bezpochyby v presnom zachovávaní správne pochopených Konštitúcií, ako aj na perách tých, ktorí zachovávajú poznanie a v ktorých rukám sú zvláštnym Božím riadením zverené naše duše, ak len s poníženosťou a dôverou hľadáme v čase potreby v ich ústach zákon a ak sa všemožne a úplne podriadime ich vedeniu.

 

12. Predovšetkým majme na pamäti, že vždy máme byť vyzbrojení čnosťami, ktoré tvoria nášho misijného ducha. A ešte viac v nich musíme byť upevnení, keď príde čas vykonávať služby nášho povolania medzi ľuďmi na vidieku. Vtedy ich musíme v duchu pokladať za oných päť hladkých Dávidových kameňov, ktorými v mene Pána zástupov hneď pri prvom údere premôžeme pekelného Goliáša a Filištíncov, t.j. hriešnikov podrobíme službe Božej. Pravda, len ak najskôr odložíme Šaulovu výzbroj a použijeme Dávidov prak. Inými slovami, ak pristupujeme k hlásaniu evanjelia s Apoštolom – nie s presvedčivými a múdrymi slovami, ale v múdrosti Ducha a moci – hoci je naša reč nepatrná, uvážiac v duchu, že keď si Boh – ako hovorí ten istý Apoštol – vyvolil práve to, čo je svetu slabé, bláznivé a čím svet pohŕda, aby zahanbil múdrych a všetkých mocných tohto sveta, dá sa potom očakávať, že on sám nám, najnehodnejším robotníkom, udelí vo svojej dobrotivosti milosť spolupracovať s ním v hraniciach našich možností na spáse duší, zvlášť chudobných dedinčanov.

 

13. Nech všetci prechovávajú zvláštnu úctu a lásku k našim Pravidlám, čiže Konštitúciám, aj k tým, ktoré by sa v nich nezdali byť také dôležité. Viďme v nich Bohom dané prostriedky, aby sme dosiahli dokonalosť nášho povolania a súčasne ľahšie i prospešnejšie uskutočnili spásu svojej duše. Nech si teda častejšie vzbudzujú vrúcne a veľkodušné túžby, že ich budú verne zachovávať. Keby sa však niektoré protivili nášmu názoru alebo cíteniu, ihneď sa usilujme zaprieť sa a premôcť svoju prirodzenosť majúc na pamäti, že podľa slov Krista, kráľovstvo nebeské sa dobýva násilím a len násilníci sa ho zmocnia.

 

14. Nech má každý Všeobecné pravidlá, čiže Konštitúcie ako aj zvláštne Pravidlá, ktoré sa týkajú jeho vlastného úradu u seba a nech si ich aspoň každý tretí mesiac prečíta alebo počúva, aby sa nám hlbšie vryli do pamäti a do srdca a aby sme ich vernejšie zachovávali. Nech sa ich všetci snažia dobre pochopiť a pre svoje chyby proti nim niekoľkokrát v roku pokorne prosiť od predstaveného pokutu, aby týmto uponížením skôr získali od Pána odpustenie chýb a do budúcna nazbierali nových síl proti znovu upadnutiu. A práve vernosť v tomto bode nech sa stane zárukou vernosti v zachovávaní celých Pravidiel a tiež znamením vrúcnej túžby po sebazdokonalení. Keď niekto zistí pokrok v ich zachovávaní, nech vzdáva vďaky Kristu Pánu a pokorne prosí, aby jemu i celej Spoločnosti udelil milosť ešte väčšej vernosti. Napokon buďme pevne presvedčení, že podľa Kristových slov aj keď sme všetko spravili, čo nám bolo povedané, musíme priznať, že sme neužitoční služobníci, urobili sme len to, čo sme museli a že bez neho by sme neboli mohli nič urobiť. (Lk 17,10)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DE VOTIS QUAE IN CONGREGATIONE MISSIONIS EMITTUNTUR

ALEXANDER PP. VII

ad perpetuam rei memoriam

 

Ex commissa nobis a Supremo Pastore Dominici gregis eura, ad ea libenter intendimus, per quae congregationum personarum ecclesiasticarum, ad majorem divini nominis gloriam et procurandam animarum salutem pie prudenterque institutarum, statui opportune consuli arbitramur. Itaque nonnulla dubia super statu congregationis Missionis in Gallia inceptae, ac olim a Sede Apostolica approbatae, enata tollere, nec non dilectum filium Vincentium de Paulo, ejusdem congregationis superiorem generalem, specialibus favoribus et gratiis prosequi volentes, eumque a quibusvis excommunicationis, suspensionis et interdicti, aliisque ecclesiasticis sententiis, censuris et poenis a jure, vel ab homine, quavis occasione vel causa latis, si quibus quomodolibet innodatus existit, ad effectum praesentium dumtaxat consequendum, harum serie absolventes et absolutum fore censentes, supplicationibus, ejus nomine, nobis super hoc humiliter porrectis inclinati, de venerabilium fratrum nostrorum S.R.E. Cardinalium Sacri Concilii Tridentini interpretum, ad quos negotium hujusmodi discutiendum remisimus, consiliis, praefatam congregationem Missionis, sic, ut praefertur, inceptam, et approbatam apostolica auctoritate, tenore praesentium confirmamus et approbamus, cum emissione votorum simplicium castitatis, paupertatis et obedientiae, nec non stabilitatis in dicta congregatione, ad effectum se, toto vitae tempore, saluti pauperum rusticanorum applicandi, post biennium probationis faciendae; in quorum tamen emissione nemo intersit qui ea acceptet, sive nomine congregationis, sive nostro, et pro tempore existentis Romani Pontificis nomine; et vota sic ut supra emissa possit dissolvere solus Romanus Pontifex, nec non et superior generalis dictae congregationis in actu dimissionis e congregatione. Nemo autem alius, etiam vigore cujuscumque jubilaei, bullae cruciatae, seu alterius privilegii et indulti, aut cujuscumque constitutionis, sive concessionis, nisi in eis facta fuerit specialis mentio horum votorum, sic ut supra in dicta congregatione emissorum, dissolvere aut commutare, vel dispensare possit et valeat; statuentes ut dicta congregatio Missionis exempta sit a subjectione locorum Ordinariorum in omnibus, excepto quod personae quae a superioribus ejusdem congregationis deputabuntur ad missiones aliquas, subsint ipsis Ordinariis tantum quoad missiones et ea quae illas concernunt, utque dicta congregatio nn censeatur propterea in numero Ordinum religiosorum, sed sit de corpore cleri saecularis; ac decernentes praesentes litteras semper firmas, validas et efficaces existere et fore, ac omnibus et singulis ad quos spectat et pro tempore spectabit, plenissime suffragari et ab illis inviolabiliter observari, sicque in praemissis per quoscumque judices ordinarios et delegatos, etiam causarum Palatii Apostolici auditores judicari et definiri debere, ac irritum et inane, si secus super his a quocumque, quavis auctoritate, scienter vel ignoranter contigerit attentari; non obstantibus constitutionibus et ordinationibus apostolicis, etiam conciliaribus, nec non, quatenus opus sit, dictae congregationis, etiam juramento, confirmatione apostolica, vel alia quavis firmitate roboratis, statutis et consuetudinibus, privilegiis quoque, indultis et litteris apostolicis in contrarium praemisso-rum quomodolibet concessis, confirmatis et innovatis. Quibus omnibus et singulis, illorum tenores praesentibus pro plene et sufficienter expressis et insertis habentes, illis alias in suo robore permansuris, ad praemissorum effectum, hac vice dumtaxat, specialitier et expresse derogamus, caeterisque contrariis quibuscumque. Volumus autem ut praesentium transumptis, etiam impressis, manu notarii publici subscriptis et sigillo personae in dignitate ecclesiastica constitutae munitis, eadem fides in judicio et extra adhibeatur, quae ipsis praesentibus adhiberetur, si forent exhibitae, vel ostensae.

 

Datum Romae, apud Sanctam Mariam: Majorem, sub annulo Piscatoris, die 22 septembris 1655, Pontificatus nostri anno primo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DE STATUTO FUNDAMENTALI PAUPERTATIS

ALEXANDER PP. VII

ad futuram rei memoriam

 

Alias nos supplicationibus delecti filii Vincentii de Paul, Superioris Generalis Congregationis Missionis, Nobis super hoc porrectis inclinati, eamdem Congregationem, sub certis modo et forma tunc expressis confirmavimus, et approbavimus cum emissione votorum simplicium, castitatis, paupertatis et obedientiae, nec non stabilitatis in dicta Congregatione, ad effectum se toto vitae tempore saluti pauperum rusticanorum appli-candi, post biennium probationis faciendae; in quorum tarnen votorum emissione nemo interesset qui ea acceptaret, sive nomine Congregationis, sive Nostro et pro tempore existentis Romani Pontificis nomine, et vota sic ut supra dissolvere posset solus Romanus Pontifex, neenon et Superior Generalis dictae Congregationis in actu dimissionis e Congregatione: ita ut eadem Congregatio non censeretur propterea in numero Ordinum Religiosorum, sed esset de corpore cleri saecularis; et alias prout in Nostris in simili forma Brevis litteris, die vigesirno secundo septembris millesimo sexcentesimo quinquagesimo quinto anno desuper expeditis, quarum tenorem praesentibus proprie et sufficienter expressům ha-beri volumus, uberius continetur. Cum autem dictus Vincentius Nobis nuper exponi fecit quod circa observantiam dicti voti simplicis paupertatis in Congregatione praedicta multae oriri possint difficultates quae ipsam Congregationem turbarent, nisi opportune super hoc a nobis provideatur; et propterea idem Vincentius apostolicae confirmationis Nostrae robore communiri summopere desideret statutum fundamentale memoratae Congregationis circa paupertatem editum, tenoris qui sequitur, videlicet: „Omnes et singuli in nostra Congregatione dictis quatuor votis emissis recepti, qui bona immobilia vel bénéficia simplicia possident aut in futurum possidebunt, licet dominium illorum omnium retineant, eorumdem tarnen usum liberum non habebunt, ita ut neque fructus de hujusmodi bonis vel beneficiis provenientes retinere, neque in proprios usus, sine li-centia Superioris, quicquam convertere possint, sed de iisdem fructibus, cum facultate et arbitratu dicti Superioris, in pia opera disponere tenebuntur. Si autem parentes aut propinquos indigentes habuerint. Superior curabit ut suorum necessitatibus ante omnia de hujusmodi fructibus in Domino subveniant.“ Nos ipsum Vincentium Superiorem Generalem amplioribus favoribus et gratiis prosequi volentes et a quibusvis excommunicationis, suspensionis, et interdicti aliisque ecclesiasticis sententiis, censuris et poenis a jure vel ab homine, quavis occasione vel causa, latis, si quibus quomodolibet innodatus existit, ad effectum praesentium duntaxat consequendum, harum serie absolventes et absolutum fore censentes; supplicationibus ejus nomine nobis super hoc humiliter porrectis inclinati, de venerabilium fratrum nostrorum S.R.E. Cardinalium sancti concilii Tridentini interpretum consilio, Statutum praeinsertum auctoritate apostolica tenore praesentium conťirmamus et approbamus, illique inviolabilis apostolicae firmitatis robur adjicimus ac omnes et singulos juris et facti defectus, si qui desuper quomodolibet intervenerint, supplemus; decernentes easdem praesentes litteras semper firmas, validas et efficaces existere et fore, ac ab illis ad quos spectat et pro tempore spectabit, inviolabiliter observari, sicque in praemissis per quoscumque judices ordinarios et delegatos, etiam causarum Palatii Apostolici auditores judicari et definiri debere, ac irritum et inane, si secus super his a quoquam, quavis auctoritate, scienter vel ignoranter, contigerit attentari; non obstan-tibus praemissis ac omnibus et singulis illis quae in praedictis litteris voluimus non obstaré, caeterisque contrariis quibuscumque; volumus autem praesentium transumptis etiam impressis, manu alicujus notarii publici subscripts et sigillo Superioris Generalis Congregationis praedictae vel alterius personae in dignitate ecclesiastica constitutae munitis eadem prorsus fides ubique in judicio et extra adhibeatur quae praesentibus adhiberetur, si forent exhibitae vel ostensae.

Datum Romae, apud sanctam Mariam Majorem, sub annulo piscatoris, die duodecima augusti, millesimo sexcentesimo quinquagesimo nono, Pontificatus nostri anno quinto. S. Ugolinus.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

O SĽUBOCH, KTORÉ SA SKLADAJÚ V MISIJNEJ SPOLOČNOSTI

PÁPEŽ ALEXANDER VII.

na večnú pamäť

 

Ex Commissa nobis … Najvyšší pastier nám zveril starosť o Boží ovčinec a tá nás núti, aby sme zvlášť dozerali na spoločenstvá cirkevných osôb, ktoré boli založené a zriadené so zbožnosťou a múdrosťou pre vzdávanie dokonalejšej chvály Božiemu menu a pre starostlivosť o spásu duší. Preto, aby sme odstránili všetky pochybnosti o Misijnej spoločnosti, ktorá vznikla vo Francúzsku a aby sme milovaného syna Vincenta de Paul, generálneho predstaveného tejto Spoločnosti, uistili o našej dobroprajnosti a pre plné dosiahnutie zamýšľaného účinku tohto listu, oslobodzujeme ho od všetkých vín, cirkevných trestov a rozsudkov, aké by ho mohli v živote postihnúť. Na jeho prosbu a na radu našich bratov kardinálov svätej rímskej Cirkvi, ktorým odporúčame záležitosti tohto druhu, týmto listom potvrdzujeme a schvaľujeme spomínanú Misijnú spoločnosť, ktorú už skôr potvrdila Apoštolská autorita.

Zároveň potvrdzujeme jednoduché sľuby čistoty, chudoby a poslušnosti, ako aj vytrvalosti po celý život v práci na spáse chudobných dedinčanov, ktoré sa v tejto Spoločnosti skladajú po dvojročnej príprave. Ustanovujeme, že pri skladaní týchto sľubov nikto nie je prostredníkom, nikto ich neprijíma ani v mene Spoločnosti, ani v našom mene. A tiež nikto okrem rímskeho biskupa a generálneho predstaveného Spoločnosti nemôže od týchto sľubov oslobodiť, dišpenzovať, ani ich zamieňať za žiadnych okolností: ani pri príležitosti nejakého jubilea či krížovej výpravy, ani z moci privilégia, indultu či akejkoľvek konštitúcie alebo schválenia, iba že by to tam bolo jasne uvedené.

Okrem toho nariaďujeme, aby Misijná spoločnosť mala právo exempcie spod spravovania miestneho ordinára s výnimkou osôb určených na vedenie misií, ktoré sa vtedy podriaďujú miestnemu ordinárovi vo veci misií a v tom, čo sa týka misií a ich vedenia. Nakoniec ustanovujeme, že spomínaná Spoločnosť sa nebude počítať medzi rehole, ale ku svetskému kléru.

Všetkým, ktorých sa to týka alebo sa bude týkať v budúcnosti, vyhlasujeme, že tento náš list si zachováva svoju moc, platnosť a účinnosť, a preto ho treba zachovávať a zohľadňovať vo všetkých právnych aktoch. Všetci sudcovia, riadni i delegovaní, ako aj auditori Rímskej roty, ho budú chápať a vysvetľovať vo vyššie podanom význame. Odteraz budú neplatné a zbytočné všetky právne akty, na ktoré sa podujme ktokoľvek a akákoľvek moc  vedome alebo nevedome. List má svoju platnosť s vylúčením toho, čo je opačné a čo obsahujú konštitúcie, ako aj apoštolské a koncilové nariadenia. Chceme, aby odpisy tohto dokumentu, aj vytlačené, vlastnoručne potvrdené úradným notárom a opatrené pečaťou osoby, ktorá zastáva nejaké postavenie v cirkevnej hierarchii, ak budú predložené na súde či mimo súdu, mali takú istú úradnú moc, ako tento originál.

Dané v Ríme pri Najsvätejšej Panne Márii väčšej, pod pečaťou Rybára, dňa 22. septembra roku 1655, v prvom roku nášho pontifikátu.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ZÁKLADNÝ ŠTATÚT O CHUDOBE

PÁPEŽ ALEXANDER VII.

na večnú pamäť

 

Alias Nos supplicationibus … Ďalšími naliehavými prosbami nám predloženými v tejto veci milovaným synom Vincentom de Paul, generálnym predstaveným Misijnej spoločnosti, nás priviedol k tomu, aby sme schválili a potvrdili podľa podmienok vo forme nám v prosbe predloženej práve túto Spoločnosť s jednoduchými sľubmi, ktoré sa skladajú po dvoch rokoch prípravy a skúšky – sú to sľuby čistoty, chudoby a poslušnosti, ako aj vytrvalosti v Spoločnosti s tým úmyslom, že sa budú po celý život venovať práci na spáse chudobných dedinčanov.

Pri skladaní týchto sľubov však nemusí byť nikto prítomný, kto by ich prijímal či už v mene Spoločnosti, či v Našom, alebo v mene toho, kto v danom čase riadi Cirkev – rímskeho biskupa.

Od sľubov zložených v tejto forme, môže oslobodiť jedine sám rímsky biskup alebo generálny predstavený Spoločnosti v prípade vylúčenia zo Spoločnosti. Spoločnosť sa nebude počítať medzi rehole, ale k svetskému kléru, tak ako sme to obšírnejšie určili v našom liste, ktorý bol vydaný skôr, v podobnej forme Breve, dňa 22. septembra 1655 a ktorého obsah v tomto liste chceme jasne a dostatočným spôsobom uviesť. Ale preto, že Vincent de Paul nám v poslednom čase predložil vysvetlenie, že vo veci praktizovania jednoduchého sľubu chudoby môžu vzniknúť v Spoločnosti mnohé ťažkosti, ktoré by narušili jej život, keby sme tomu včas nezamedzili: preto Vincent veľmi chce od našej apoštolskej autority potvrdenie Základného štatútu vydaného pre Spoločnosť vo veci zachovania chudoby v nasledujúcom znení:

„Všetci a každý osobitne v našej Spoločnosti, ktorí boli prijatí po zložení spomínaných štyroch sľubov a ktorí majú alebo v budúcnosti budú mať akékoľvek nehnuteľnosti alebo jednoduché benefícia, hoci si zachovávajú právo na vlastníctvo týchto všetkých dobier, predsa nebudú mať právo na ich slobodné užívanie, takže si nebudú môcť ponechať príjmy, ktoré plynú z týchto dobier či benefícií a tiež nebudú môcť bez dovolenia predstaveného čokoľvek použiť pre vlastný úžitok, ale budú povinní určiť príjmy s dovolením a vôľou spomínaného predstaveného na dobré ciele. Ak budú mať rodičov alebo príbuzných, ktorí budú v núdzi, predstavený sa postará, aby sa im z týchto príjmov spravodlivo na prvom mieste pomohlo.»

My, zo svojej strany, keďže chceme obdariť Vincenta de Paul, generálneho predstaveného, väčšími privilégiami a milosťami, oslobodzujeme ho pre tento raz, kvôli plnému dosiahnutiu zamýšľanej pôsobnosti tohto listu, od všetkého druhu exkomunikácie, suspenzie i interdiktu a od iných cirkevných trestov, od cenzúr a trestov vyplývajúcich zo samotného práva alebo z rozsudku kohokoľvek z akéhokoľvek dôvodu alebo príčiny, ak by podliehal akýmkoľvek spôsobom akýmkoľvek trestom, považujúc ho za oslobodeného od nich; pohnutí pokornými prosbami, ktoré nám boli predložené v jeho mene, na radu dôstojných našich bratov – ich eminencií kardinálov, vysvetľovateľov dekrétov svätého Tridentského koncilu, našou apoštolskou autoritou týmto listom uznávame a potvrdzujeme vyššie uvedený Štatút a dávame mu záväznú moc nemeniteľného apoštolského rozhodnutia, ako aj vopred vylučujeme všetky spolu a každý osobitne, omyly, vyplývajúce z práva alebo praxe, ak by sa nejaké vôbec a akýmkoľvek spôsobom vyskytli; vyhlasujeme, že tento list má a bude mať navždy záväznú moc, že je a bude vždy platný a účinný, ako aj že v celom rozsahu ho zachovajú tí, na ktorých sa vzťahuje a aj v budúcnosti sa bude vzťahovať, ako aj to, že vo vyššie vyloženom význame ho treba chápať a vysvetľovať všetkými sudcami, riadnymi i delegovanými a tiež audítormi Rímskej roty. Keby sa niekto alebo nejaká moc snažila považovať za neplatný alebo neexistujúci a v týchto veciach by sa usiloval vedome či nevedome inakšie usudzovať; s vylúčením toho, čo je proti a toho všetkého, čo sme nechceli, aby v našom liste bolo na prekážku a s vylúčením akýchkoľvek opačných vecí; ale želáme si, aby odpisy tohto listu tiež vytlačené, vlastnoručne overené nejakým úradným notárom a opatrené pečaťou generálneho predstaveného Spoločnosti alebo inej osoby, ktorá zaujíma postavenie v cirkevnej hierarchii, keby boli predložené alebo ukázané, mali všade na súde i mimo súdu tú istú úradnú moc ako tento originál.

Dané v Ríme, pri Najsvätejšej Panne Márii väčšej, pod pečaťou Rybára, dňa 12. augusta roku 1659, v piatom roku nášho pontifikátu.

SPLOŠNA PRAVILA MISIJONSKE DRUŽBE

 

Vincencij Pavelski – Pozdrav v Gospodu        2

Prvo poglavje        2

O NAMENU IN UREDITVI DRUŽBE        2

Drugo poglavje        3

O EVANGELJSKIH NAČELIH        3

Tretje poglavje        6

O UBOŠTVU        6

Četrto poglavje        7

O ČISTOSTI        7

Peto poglavje        8

O POKORŠČINI        8

Šesto poglavje        9

O TEM, KAR ZADEVA BOLNIKE        9

Sedmo poglavje        10

O SKROMNOSTI        10

Osmo poglavje        10

O MEDSEBOJNIH STIKIH        10

Deveto poglavje        12

O RAZMERJU DO ZUNANJIH        12

Deseto poglavje        13

O POBOŽNIH VAJAH V DRUŽBI        13

Enajsto poglavje        16

O MISIJONIH IN DRUGIH OPRAVILIH, KI NAJ JIH DRUŽBA OPRAVLJA V PRID BLIŽNJEMU        16

Dvanajsto poglavje        18

O NEKATERIH SREDSTVIH IN PRIPOMOČKIH ZA DOBRO IZVRŠEVANJE NAŠIH OPRAVIL        18

*        21

DOKUMENTI O ZAOBLJUBAH        21

*        21

ZAOBLJUBE V MISIJONSKI DRUŽBI        21

PAPEŽ ALEKSANDER VII. v trajen spomin        21

(»Ex commissa nobis«)        21

TEMELJNI STATUT UBOŠTVA        22

PAPEŽ ALEKSANDER VII. v trajen spomin        22

(»Alias nos supplicationibus«)        22

 

Vincencij Pavelski – Pozdrav v Gospodu

 

VINCENCIJ PAVELSKI,

generalni superior Misijonske družbe,

svojim v Kristusu ljubljenim

bratom iste Družbe,

mašnikom, klerikom in pomožnim laikom

pozdrav v Gospodu.

Preljubi bratje, tu imate slednjič splošna pravila ali konstitucije naše Družbe, ki ste po njih toliko hrepeneli in jih tako dolgo pričakovali. Preteklo je okoli triintrideset let od početka naše Družbe, preden smo jih vam tiskane izročili. To smo storili nekaj iz tega namena, da bi posnemali Kristusa, našega Odrešenika, v tem, da je začel prej delati kakor učiti, nekaj pa zato, da se izognemo premnogim neprilikam, ki bi bile brez dvoma utegnile nastati iz prezgodnje izdaje pravil ali konstitucij; pokazalo bi se bilo morda, da sta njih izpolnjevanje in uporaba ali pretežka ali manj primerna. S tem pa, da smo odlašali in čakali, smo se z Božjo milostjo tem nevarnostim izognili in poleg tega dosegli, da se je Družba polagoma in zlahka privadila pravilom, še preden so bila izdana. V njih ne boste našli ničesar, česar bi ne bili že zdavnaj izvrševali, in to v največje veselje našega srca in splošno medsebojno spodbudo. Sprejmite jih torej, predragi bratje, s tako ljubeznijo, s kakršno vam jih izročamo. Ne imejte jih za delo človeškega uma, marveč za nekaj, kar izvira iz Božjega duha, iz katerega poteka vse dobro in brez katerega ne moremo ničesar sami od sebe misliti kakor iz sebe. Res, kaj pa najdete v njih, kar vas ne bi vnemalo in spodbujalo varovati se grehov, pridobivati si kreposti in živeti po evangeljskih naukih? Prizadevali smo si, kakor se lahko spozna, da bi zajeli vsa pravila, kolikor se da, iz duha Jezusa Kristusa in iz njegovega življenja. Zakaj mislili smo: možje, ki so poklicani, da bi nadaljevali Kristusovo poslanstvo, ki je zlasti v oznanjevanju evangelija ubogim, morajo sprejeti Kristusovo mišljenje in hotenje, da, istega duha, ki je njega napolnjeval, in hoditi po njegovih stopinjah.

Sicer pa vas, bratje, prósimo in rotimo v Gospodu Jezusu, trudite se, da boste natanko izpolnjevali ta pravila; bodite trdno prepričani: če jih boste ohranili, vas bodo tudi ona ohranila in slednjič varno privedla do zaželenega cilja, to je do nebeške blaženosti. Amen.

JEZUS, MARIJA, JOŽEF!

Prvo poglavje

O NAMENU IN UREDITVI DRUŽBE

1. – Naš Gospod Jezus Kristus, ki je bil poslan na svet, da bi rešil človeški rod, je po pričevanju Svetega pisma začel delati in učiti. Prvo je izpolnil s tem, da je najpopolneje izvrševal vse kreposti; drugo pa tako, da je ubogim oznanjal evangelij ter dajal apostolom in učencem nauke, ki so potrebni za vodstvo narodov. Naša mala Misijonska družba želi s pomočjo milosti in po svojih slabih močeh posnemati Gospoda Jezusa Kristusa v njegovih krepostih in v njegovem delovanju za zveličanje bližnjega, zato je primerno, da uporablja podobna sredstva, da to sveto namero prav izvede. Potemtakem je njen namen: 1) skrbeti za lastno popolnost, tako da kolikor mogoče izvršuje kreposti, katerih nas je ta najvišji Učenik blagovolil učiti z besedo in zgledom; 2) oznanjevati evangelij ubogim, zlasti kmečkim ljudem; 3). pomagati duhovnikom, da si pridobe znanosti in kreposti, ki jih zahteva njih stan.

2. – Ta Družba je iz duhovnikov in laikov. Opravilo duhovnikov je hoditi po zgledu Kristusa in njegovih učencev po trgih in vaseh ter tam s pridiganjem in razlaganjem krščanskega nauka lomiti malim kruh Božje besede, navajati ljudi k dolgi spovedi čez vse preteklo življenje in dolge spovedi sprejemati, poravnavati razpore in pravde, ustanavljati bratovščine krščanske ljubezni, voditi zunanja semenišča, ki so ustanovljena v naših hišah, in v njih poučevati, voditi duhovne vaje, pri nas sklicevati in voditi konference za zunanje duhovnike ter opravljati druga dela, ki omenjena opravila pospešujejo in se z njimi skladajo. – Opravilo laikov pa je podpirati duhovnike pri vseh naštetih opravilih s tem, da opravljajo službo Marte, kakor jim ukaže superior, in sodelujejo z molitvami, solzami, zatajevanjem in zgledi.

3. – Da pa Družba s pomočjo Božje milosti doseže namen, ki si ga je postavila, je potrebno, da si z vsemi močmi prizadeva navdati se s Kristusovim duhom, ki odseva zlasti iz evangeljskega nauka, iz njegovega uboštva, čistosti in pokorščine, iz ljubezni do bolnikov, iz njegove skromnosti, iz načina življénja in ravnanja, ki ga je naročil svojim učencem, iz njegovih stikov, iz vsakdanjih pobožnih vaj in misijonov ter iz drugih dal, ki jih je izvrševal v prid narodom. Vse to obsegajo naslednja poglavja.

Drugo poglavje

O EVANGELJSKIH NAČELIH

1. – Predvsem si mora vsak prizadevati, da se utrdi v tej resnici, da Kristusov nauk ne more nikdar varati, nauk sveta pa da je vedno varljiv; saj Kristus sam zatrjuje, da je nauk sveta podoben hiši, ki je sezidana na pesku, njegov nauk pa da se more primerjati poslopju, ki temelji na trdni skali. Zato mora naša Družba vedno odkrito priznavati, da se ravna po načelih Kristusa, nikoli pa ne po načelih sveta. Da pa bo mogla to izpolnjevati, naj izpolnjuje zlasti naslednje.

2. – Ker je Kristus rekel: »Iščite najprej Božjega kraljestva in njegove pravice in vse to – česar potrebujete – vam bo navrženo« (Mt 6,33), zato naj se vsak trudi, da bo bolj cenil duhovne reči od časnih, bolj zveličanje duše od telesnega zdravja, Božjo čast bolj od nečimrnosti sveta. Dá, sklene naj celo, da si s sv. Pavlom rajši izvoli bedo, sramoto, muke in tudi smrt, kakor da bi se dal ločiti od Kristusove ljubezni. Zato naj ne bo nihče v skrbeh za časne stvari, marveč naj svojo skrb preloži na Gospoda, trdno prepričan, da bo dotlej, dokler bo zakoreninjen v tej ljubezni in dokler se bo opiral na to upanje, vedno živel pod varstvom Boga nebes, da ga zato ne bo zadelo nič hudega in ne bo pogrešal ničesar dobrega, čeprav bi mislil, da je že na tem, da vse izgubi.

3. – Ker pa je pobožna vaja izpolnjevati vedno in v vsem Božjo voljo, zanesljiv pripomoček, s katerim človek lahko v kratkem doseže krščansko popolnost, naj si vsak po svojih močeh prizadeva, da to pobožno vajo dodobra osvoji, in sicer z izvrševanjem naslednjih štirih reči: 1) Izpolnjujmo vestno to, kar se nam ukazuje, in ogibajmo se tega, kar se nam prepoveduje, kadarkoli spoznamo, da nam ukaz ali prepoved prihaja od Boga ali Cerkve ali od naših predstojnikov ali pa iz pravil ali konstitucij naše Družbe. – 2) Kadar nam je voliti med dejanji, ki sama na sebi niso ne dobra ne slaba, si rajši izvolimo tisto dejanje, ki je naši naravi zoprno, kakor pa ono, ki ugaja, če tisto, ki ugaja, ni potrebno; zakaj kar je potrebno, moramo izvršiti pred drugimi deli, pa ne zato, ker čutom ugaja, ampak le zato, ker je Bogu bolj všeč. Ako se nam pa nudi obenem priložnost za več enakovrednih del, ki niso niti prijetna niti neprijetna, tedaj se brez izbiranja lotimo kateregakoli izmed njih, ker nam ga nudi Božja previdnost. – 3) Kadarkoli nas nenadoma doleti na telesu ali na duši kaka nesreča ali sreča, sprejmimo vse vdano, kakor da prihaja iz očetovske Gospodove roke. – 4) Vse, kar smo tukaj povedali, delajmo iz tega nagiba, ker je tako Bogu všeč, in zato, da bi, kolikor nam je mogoče, v tem posnemali Gospoda Kristusa, ki je vedno izpolnjeval prav to in iz tega namena, kakor sam izpričuje: »Jaz delam vedno to, kar je Očetu všeč.«

4. – Ker Gospod Jezus od nas zahteva golobjo preprostost, ki je v tem, da brez nepotrebnih ovinkov govorimo golo resnico, kakor nam je v srcu, in da opravljamo svoja dela brez hlimbe in zvijačnosti, oziramo pa se edino na Boga, naj si vsak prizadeva, da bo opravljal vse v istem duhu preprostosti, in naj pomisli: »Bog s preprostimi rad govori« in »prikriva nebeške skrivnosti modrim in razumnim tega sveta ter jih razodeva malim«.

5. – Ko pa Kristus priporoča golobjo preprostost, hkrati ukazuje, naj se oklepamo kačje razumnosti, to je tiste kreposti, ki nam pomaga razsodno govoriti in delati; zato moramo modro zamolčati, kar ni primerno razodeti, zlasti če je kaj že samo na sebi grešno in nedopustno; pri rečeh pa, ki so deloma dobre ali dovoljene, zamolčimo okoliščine, ki so zoper Božjo čast ali v škodo bližnjemu, in to, kar utegne nagniti naše srce k nečimrnemu slavohlepju. Ker pa je pri naših delih naloga te kreposti ta, da nam pomaga izbirati primerne pripomočke, da dosežemo svoj namen, naj bo pri nas sveto in neomajno načelo: za Božje zadeve vedno uporabljamo Božje pripomočke, o stvareh pa mislimo in sodimo po misli in sodbi Kristusovi, a nikdar ne po mislih in sodbi sveta in tudi ne po slabotnem modrovanju svojega uma; tako bomo razumni kakor kače in preprosti kakor golobje.

6. – Vsi naj si tudi goreče prizadevajo, da se ravnajo po tem Kristusovem nauku: »Učite se od mene, ker sem krotak in iz srca ponižen.« Naj mislijo na to, da bodo, kakor on sam zatrjuje, krotki zemljo posedli; kajti z izvrševanjem teh kreposti se pridobivajo človeška srca, da se spreobrnejo h Gospodu; tega pa ne dosegajo tisti, ki z bližnjim ravnajo pretrdo in preostro; s ponižnostjo pa si pridobimo nebesa, kamor nas navadno povzdiguje ljubezen, da radi zaničujemo sami sebe, kar nas vodi kakor po stopnicah od kreposti do kreposti, dokler ne dospemo tja.

7. – Toda ponižnost, ki nam jo je Kristus z besedo in zgledom tako pogosto priporočal in za katero se mora Družba na vso moč prizadevati, zahteva te pogoje: 1) kar najbolj odkritosrčno se imejmo za vredne, da nas ljudje grajajo; 2) veselimo se, če drugi vidijo naše nepopolnosti in nas zaradi tega zaničujejo; 3) spričo svoje nizkosti po možnosti skrivajmo, če Gospod kaj stori v nas ali z našo pomočjo; ako pa tega ne moremo prikriti, pripisujmo vse Božjemu usmiljenju in zaslugam drugih. To je temelj evangeljske popolnosti in jedro duhovnega življenja. Tisti, ki bo tako ponižen, bo prejemal vse dobrote; kdor pa ne bo, temu bo odvzeto še to, kar ima dobrega, ter bo živel v vednem nemiru.

8. – Kristus je rekel: »Če hoče kdo priti za menoj, naj se sam sebi odpove in vzame svoj križ.« Sv. Pavel je v istem duhu dostavil: »Če po mesu živite, boste umrli; če pa z duhom dela mesa mrtvite, boste živeli.« Zato naj se vsak marljivo vadi v stanovitnem zatajevanju svoje volje in sodbe ter tudi v mrtvenju vseh čutov.

9. – Enako naj se vsi odpovedo neredni ljubezni do sorodnikov; saj Kristus izključuje tiste učence, ki ne bi sovražili očeta in matere, bratov in sester; stoterno plačilo obeta na tem svetu, na onem pa večno življenje tistim, ki zaradi evangelija zapuste svoje sorodnike. Iz tega vidimo, kako velika ovira sta za krščansko popolnost meso in kri. Vendar moramo starše ljubiti z duhovno ljubeznijo in v Kristusu.

10. – Vsi naj se posebno marljivo trudijo za ravnodušnost, kakršno so vneto gojili Kristus in svetniki. Tako ne bodo nikoli s kako neredno ljubeznijo navezani ne na opravila ne na ljudi ne na kraje, zlasti ne na svojo domovino ali na kaj drugega, marveč naj bodo pripravljeni na superiorjevo voljo ali njegov migljaj vse to rade volje zapustiti. Mirno naj prenašajo in v Gospodu odobravajo, če superior njihovi želji ne ustreže ali kaj spremeni.

11. – Naj vsi, kolikor se da, v vsem ohranjajo enotnost; to naj bo njihova varuhinja lepega reda in svete edinosti. Tako bodo častili skupno življenje, kot ga je gojil Kristus Gospod, ko je postal drugim podoben, da bi jih laže pridobil za Boga Očeta. Enako naj se vsi varujejo posebnosti, ker so korenine zavisti in razdora, in to ne le glede hrane, obleke, postelje in drugih takih reči, ampak tudi glede dušnega vodstva, poučevanja, pridiganja, gospodarjenja, pa tudi glede pobožnih vaj. Da se bo pa mogla pri nas vedno ohraniti enotnost, uporabljajmo le en pripomoček, namreč: izpolnjujmo prav natanko naša pravila ali konstitucije.

12. – Vedno naj bi pri nas gojili dejanja krščanske ljubezni; takšna so: 1) delati drugim, kar upravičeno želimo, da nam oni store; 2) z drugimi soglašati in vse v Gospodu odobravati; 3) brez godrnjanja prenašati drug drugega; 4) jokati z jokajočimi; 5) veseliti se z veselimi; 6) prednjačiti drug drugemu v spoštovanju; 7) do drugih biti blagohoten in prisrčno uslužen; 8) slednjič postati vsem vse, da vse pridobimo za Kristusa. Vse to pa moramo tako razumeti, da ne smemo storiti kaj takega, kar bi bilo zoper Božje ali cerkvene zapovedi ali zoper pravila ali konstitucije naše Družbe.

13. – Če kdaj Božja previdnost dopusti, da kdo z obrekovanjem ali preganjanjem napada Družbo ali katero njenih hiš ali katerega njenih udov, se najskrbneje varujmo vsakega maščevanja in zmerjanja pa tudi vsake tožbe proti preganjalcem in obrekovalcem; zaradi tega celo hvalimo, slavimo Boga ter se mu radostno zahvaljujmo za veliko dobroto, ki prihaja od Očeta luči. Dá, še prisrčno molimo za vse tiste ter jim, če nanese priložnost in možnost, radi izkazujmo dobroto. Spominjajmo se, da nam in drugim vernikom ukazuje to Kristus: »Ljubite svoje sovražnike, delajte dobro tam, ki vas črtijo, in molite za tiste, ki vas preganjajo in obrekujejo.« Da bi vse to laže in tem raje izpolnjevali, zatrjuje Gospod, da bomo zaradi tega blaženi in se moramo prav zato veseliti, ker je veliko naše plačilo v nebesih; in kar je glavno, on je to prvi delal, da bi nam dal zgled, ki so ga pozneje posnemali apostoli, učenci in nešteti kristjani.

14. – Dasi moramo, kolikor je mogoče, izpolnjevati vsa navedena evangeljska načela, ker so sveta in koristna, so vendar nekatera izmed njih za nas bolj primerna, namreč tista, ki posebno priporočajo preprostost, ponižnost, krotkost, zatajevanje in gorečnost za zveličanje duš. Zato naj si naša Družba še skrbneje prizadeva, da bo te petere kreposti gojila in izvrševala tako, da bodo postale nekake dušne zmožnosti vse Družbe in bodo vedno oživljale vsa dejanja vsakega izmed nas.

15. – Ker nas pa satan skuša od teh naukov odvrniti s svojimi nasprotnimi nauki, naj bo vsak zelo previden in čuječ, da se bo zoper njegove nauke pogumno in odločno bojeval in jih zavrgel, zlasti tiste, ki najbolj nasprotujejo našemu poklicu: 1) meseno modrost; 2) željo, da bi nas ljudje videli; 3) željo, da bi se vsak uklanjal naši volji in sodbi; 4) hlepenje po tem, kako bi v vsem ustrezali svoji naravi; 5) brezčutnost za Božjo čast in za zveličanje bližnjega.

16. – Ker se pa hudobni duh pogostokrat spreminja v angela luči in nas včasih s svojimi prevarami premoti, zato naj se vsi teh prevar skrbno varujejo in si prizadevajo, da bi jih spoznali in premagali. Skušnja kaže, da je v tem primeru najuspešnejše zdravilo to, da stvar nemudoma odkrijemo tistim, ki jih je za to Bog določil; zato naj vsak, če ga vznemirjajo misli, o katerih sumi, da so prevara, ali ga začne mučiti velika bojazen ali skušnjava, čimprej razodene superiorju ali za to določenemu dušnemu vodniku; tako bo dobil primerno zdravilo, ki naj ga vsak sprejme kakor iz Gospodove roke, ga odobrava in spoštljivo ter zaupno uporablja. Predvsem naj se varuje, da tega nikakor ne razodeva komu drugemu, bodisi izmed naših bodisi izmed zunanjih, ker skušnja uči, da se po takem razodevanju zlo še poveča; saj se tudi drugi z istim zlom okužijo in zaradi tega vsa Družba trpi veliko škodo.

17. – Ker pa je Bog vsakemu naložil skrb za bližnjega in se moramo kot udje istega skrivnostnega telesa med seboj podpirati, naj vsak, ki zve, da muči koga huda skušnjava ali je zagrešil veliko napako, takoj v duhu ljubezni in kar najlepše poskrbi, da bo superior kakor treba in ob pravem času uporabil zoper to dvojno zlo prikladna zdravila. Vsak naj zaradi večjega napredka v kreposti tudi spozna za dobro in hvaležno sprejme, da njegove napake razodene v istem duhu ljubezni superiorju, kdorkoli jih je zapazil zunaj spovedi.

18. – Naš Gospod je prišel na svet, da bi ustanovil v dušah kraljestvo svojega Očeta, in ljudi otel oblasti hudobnega duha, ki jih je zvijačno prevaral z nerednim pohlepom po bogastvu, části in nasladi ter jih tako ugrabil. Zato se je dobremu Zveličarju zdelo primerno bojevati se s svojim sovražnikom z nasprotnim orožjem: z uboštvom, čistostjo in pokorščino. Tako je tudi delal do smrti. Naša najmanjša Misijonska družba je bila v Cerkvi ustanovljena, da bi služila zveličanju duš, zlasti zveličanju ubogega kmečkega ljudstva. Prepričana je, da v resnici ne more uporabljati boljšega in pripravnejšega orožja od tistega, ki ga je s tolikim uspehom in pridom uporabila večna Modrost. Zato naj se vsak izmed nas zvesto drži po naših pravilih uboštva, čistosti in pokorščine. Če hočemo, da bodo vsi bolj zanesljivo in zaslužno do smrti vztrajali, ko bodo izvrševali to krepost, naj si vsak v Gospodu prizadeva, da bo kolikor mogoče zvesto izpolnjeval to, kar zadevno določajo naslednja poglavja.

Tretje poglavje

O UBOŠTVU

1. – Kristus, pravi gospodar vseh stvari, je uboštvo tako ljubil, da ni imel, kamor bi položil glavo; tiste, ki so z njim delovali na misijonih, namreč apostole in učence, je postavil na enako stopnjo uboštva: imeli niso ničesar svojega, da bi jih nič ne oviralo in bi se bolje in laže bojevali zoper pohlep po bogastvu, ki spravlja skoraj ves svet v pogubo. Zato naj si vsak prizadeva, da bo po svojih slabih močeh v tej kreposti posnemal Gospoda Jezusa, prepričan, da bo to krepost nepremagljiva obramba, ki bo Družbo s pomočjo Božje milosti za vedno varovala.

2. – Misijonsko delo moramo opravljati brezplačno; zato se uboštva ne moremo držati v polnem obsegu; kljub temu se v Gospodu potrudimo, da se ga bomo držali vsaj z željo in kolikor bo mogoče v dejanju, in to zlasti v tem, kar je tukaj ukazano.

3. – Sleherni član naše Družbe naj dobro pomni, da nam mora biti po zgledu prvih kristjanov vse skupno in naj posameznim vse to, namreč hrano, obleko, knjige, pohištvo in drugo delé predstojniki, kakor bo kdo potreboval. Da se pa ne zgodi kaj zoper uboštvo, ki smo si ga izvolili, ne sme nihče z lastnino Družbe razpolagati ali jo razdajati razen s superiorjevim dovoljenjem.

4. – Poleg tega ne sme nobeden ničesar imeti brez superiorjeve vednosti ali njegove dovolitve, ali česar ne bi bil voljan na njegov ukaz ali namig takoj oddati.

5. – Nihče naj z nobeno rečjo ne ravna, kakor bi bila njegova. Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ničesar ne daruje, sprejema, zamenjuje, posoja ali drugod prosi.

6. – Od tega, kar je dano drugim v uporabo ali kar hranimo za skupno rabo ali kar so drugi zapustili, naj si nihče ničesar ne prilašča, tudi knjig ne; kar je pa kdo sam dobil v uporabo, naj brez superiorjevega dovoljenja ne daje drugim in naj tudi ne trpi, da bi se po njegovi zanikrnosti uničilo ali pokvarilo.

7. – Nihče naj ne hrepeni po nepotrebnih in nenavadnih rečeh. V potrebnih rečeh in željah po njih pa naj se vsak tako omejuje, da bo njegova hrana, soba in postelja takšna, kakršna je primerna za siromaka; pripravljen naj bo občutiti v tem in sploh v vsem nekaj posledic uboštva; da, celo ljubo naj mu bo, če se mu dajo najslabše reči, kar jih je pri hiši.

8. – In da ne bo pri nas ničesar videti, kar bi zbujalo le najmanjši sum lastnine, ne smemo svojih sob tako zapirati, da bi jih ne bilo mogoče od zunaj odpirati; brez izrečnega superiorjevega dovoljenja ne sme biti v sobah nobena omara ali kaj drugega zaklenjeno s posebnim ključem.

9. – Kadar kdo odpotuje v drugo hišo, naj brez superiorjevega dovoljenja ne jemlje ničesar s seboj.

10. – Ker pa krepost uboštva lahko kršimo že s samo neredno željo po časnih dobrinah, naj se vsak skrbno varuje, da se to zlo ne polasti njegovega srca; in to velja tudi o potegovanju za beneficije z videzom duhovne koristi; zaradi tega naj se nihče ne poganja za kako nadarbino ali za cerkveno dostojanstvo pod nikako pretvezo.

Četrto poglavje

O ČISTOSTI

1. – Kako je naš Zveličar cenil čistost in kako goreče je hrepenel vcepiti jo v človeška srca, je jasno pokazal s tem, da je hotel biti rojen prek naravnih zakonov iz neomadeževane Device s pomočjo Svetega Duha. Dopustil je, da so ga po krivem dolžili najhujših pregreh, da bi bil po svoji želji nasičen z zasramovanjem; nad nečisto pregreho je imel tak stud, da nikjer ne beremo, da bi ga bili kdaj celo najhujši sovražniki ne rečem obdolžili, ampak le osumili kake napake zoper čistost. Zato je zelo pomembno, da je Družba prav posebno vneta v hrepenenju po tej kreposti in vedno ter povsod očito razodeva, da jo najpopolneje goji. To nam mora biti tem bolj pri srcu, čim bolj nam naše delovanje na misijonih nalaga dolžnost, da smo skoraj neprenehoma v stiku s svetnimi ljudmi obojega spola. Zato naj vsak, kolikor le more, uporabi vso skrb, marljivost in previdnost, da ohrani neomadeževano telesno in dušno čistost.

2. – Da pa bo mogel z Božjo pomočjo to doseči, naj skrbno pazi na svoje notranje in zunanje čute; nikdar naj z nobeno žensko ne govori brez priče na neprimernem kraju in ob neprimernem času. Kadar z njimi govori ali jim piše, naj se varuje vsakršnih, tudi pobožnih besed, ki bi količkaj kazale nežno naklonjenost do njih. Kadar spoveduje ali z njimi govori zunaj spovedi, naj se jim preveč ne približuje in naj ne zaupa preveč sam sebi.

3. – Ker pa je nezmernost tako rekoč mati in rednica nečistosti, naj bo vsak zmeren v jedi in naj uživa, kolikor mogoče, le navadna jedila, vinu pa naj vselej primeša zelo veliko vode.

4. – Vrh tega naj bodo vsi prepričani: za misijonarje nikakor ne zadostuje, da so dosegli več kot srednjo stopnjo te kreposti, temveč naj se na vso moč trudijo, da kolikor morejo, preprečijo, da bi kdo mogel koga naših le količkaj osumiti nasprotne pregrehe; zakaj že sama taka sumnja, čeprav povsem krivična, bi Družbi in njenim svetim opravilom več škodovala kakor vse druge pregrehe, katerih nas bi po krivem dolžili, zlasti ker bi zaradi tega naši misijoni obrodili le malo ali nič sadu. Da torej preprečimo ali odstranimo to zlo, uporabljajmo vsa sredstva, ki so nam na voljo, ne le navadna, ampak če treba tudi izredna; tako na primer včasih opustimo nekatera drugače dovoljena in tudi dobra in sveta opravila, ako bi namreč po sodbi superiorja ali dušnega vodnika utegnila povzročiti tako sumničenje.

5. – In ker je lenoba mačeha kreposti, zlasti čistosti, naj se vsak te pregrehe tako ogiblje, da bo vedno kaj koristnega delal.

Peto poglavje

O POKORŠČINI

1. – Častimo pokorščino, katere nas je naš Gospod Jezus Kristus učil z besedo in zgledom, ko je bil radovoljno pokoren preblaženi Devici, sv. Jožefu in tudi drugim višjim, dobrim in zlovoljnim. Slehernega predstojnika glejmo v Gospodu in Gospoda v njem ter mu bodimo zato natanko pokorni. Predvsem izkazujmo zvesto in odkritosrčno spoštovanje ter pokorščino sv. očetu! Ponižno in stanovitno bodimo pokorni v smislu naših konstitucij tudi našim prevzvišenim in milostljivim škofom, ki je v njih škofijah ustanovljena naša Družba. Poleg tega se v župnijskih cerkvah brez župnikovega dovoljenja ne lotevajmo nobenega opravila.

2. – Tudi generalnega superiorja poslušajmo vsi brez izjeme hitro, veselo in vztrajno v vsem, kar ni očitno greh; poslušajmo ga v nekaki slepi pokorščini, tako da uklanjamo lastno sodbo in lastno voljo, in to ne le njegovi izrečni volji, marveč tudi njegovi želji, v prepričanju, da je to, kar nam ukaže, vselej bolje; izročimo se mu tako, da bo z nami razpolagal, kakor razpolaga rokodelec s pilo v roki.

3. – In to pokorščino moramo izkazovati tudi drugim predstojnikom, tako hišnim superiorjem kakor vizitatorjem pa tudi nižjim predstojnikom. Vsak naj si prizadeva, da bo poslušen tudi glasu zvona kakor Kristusovemu glasu, tako da bo na prvo znamenje zvona celo nedokončano črko rad zapustil.

4. – Da bo pa Družba v tej kreposti laže napredovala, naj si vsak po svojih močeh prizadeva, da bo pri nas veljala tista pobožna navada, da ničesar ne prosimo in ničesar ne odrekamo. Če pa kdo spozna, da mu je kaj škodljivo ali potrebno, naj pred Gospodom premisli, ali naj to superiorju odkrije ali ne, ter naj bo ravnodušen glede odgovora, ki ga bo dobil. S takim srcem naj zadevo razodene superiorju in naj bo trdno uverjen, da se mu po superiorjevi volji razodeva Božja volja; in ko to spozna, naj se takoj vda.

5. – Ob določenih dneh in urah naj se vsi zbero na določenem kraju, da bodo slišali superiorjeve opomine glede hišnega reda; in če žele kaj predlagati, naj mu povedo.

6. – Nihče naj drugim ničesar ne ukazuje in nikogar ne graja, če ga ni superior za to določil ali ni že po svoji službi dolžan.

7. – Komur je kak predstojnik prošnjo odbil, se ne sme v isti zadevi obrniti do drugega predstojnika, ne da bi mu povedal, zakaj mu je bila prošnja odbita.

8. – Nihče naj ne zapušča opravila, ki mu je odkazano, čeprav ga zadržuje kak drug, nepričakovan opravek, če prej o pravem času ne opozori katerega izmed predstojnikov, da mu določi namestnika, če treba.

9. – Kakor se nihče ne sme vmešavati v službo ali opravilo koga drugega, tako moramo vsi, če ni zadržka, ljubeznivo ustreči, če nas kdo prosi, da bi mu pomagali, zlasti če nas prosi kdo izmed tistih, ki opravljajo službo, četudi samo nižjo službo; ako bi se pa morali dalj časa pri tem muditi, tega ne smemo, če nismo prej dobili superiorjevega dovoljenja.

10. – Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ne hodi v prostore, ki so določeni za drugo opravilo; v nujni zadevi pa zadostuje dovoljenje načelnika tistega prostora.

11. – Da se izognemo mnogim nemajhnim neprilikam, ki bi utegnile nastati, naj nihče ne piše, ne odpošilja in odpira pisma brez superiorjevega dovoljenja; temu naj vsak izroči pismo, ki ga je napisal, da ga odpošlje ali pridrži, kakor se mu bo zdelo.

12. – Da bo pokorščina nekoliko pripomogla tudi k telesnemu zdravju, naj nihče brez superiorjevega dovoljenja ne uživa pijače ali jedi zunaj navadnega časa.

13. – Nihče naj brez splošnega ali posebnega superiorjevega dovoljenja ne hodi v sobo drugega in naj je ne odpira, dokler se mu ne odgovori: »Noter!« Dokler sta pa skupaj, naj bodo vrata odprta.

14. – Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ne vodi drugih v svojo sobo, zlasti zunanjih ne.

15. – Nihče naj ne piše, ne prevaja in ne izdaja knjig brez izrečnega odobrenja in pooblaščenja generalnega superiorja.

16. – Nobeden naših bratov, ki so določeni za službo Marte, naj ne želi, da bi se učil latinskega jezika, še manj pa, da bi dosegel duhovniški Stan. Kdor zapazi v sebi tako željo, naj se potrudi, da jo takoj zatre, ker prihaja od hudobnega duha, ki ga morda hoče pogubiti z bleščečim napuhom, ki se skriva pod plaščem gorečnosti za zveličanje duš. Brati in pisati pa naj se naši bratje laiki ne uče brez izrečnega dovoljenja generalnega superiorja.

Šesto poglavje

O TEM, KAR ZADEVA BOLNIKE

1. – Med deli, ki jih je Kristus izvrševal in pogosto priporočal tistim, ki jih je pošiljal v svoj vinograd, je bilo eno izmed najpomembnejših to, da je skrbel za bolnike, zlasti za uboge, in jih obiskoval; zato naj ima Družba posebno skrb, da bo s superiorjevim dovoljenjem obiskovala ne samo domače, marveč tudi zunanje bolnike ter jim delila telesno in dušno pomoč zlasti na misijonih, in da bo poleg tega s posebno marljivostjo ustanavljala in obiskovala bratovščine krščanske ljubezni.

2. – Kjerkoli pa bolnika obiščejo, doma ali zunaj, naj ne gledajo v njem človeka, marveč Kristusa, ki zatrjuje, da se ta ljubezen njemu izkazuje. Zato naj se tam vsak spodbudno vede ter govori tiho in o rečeh, ki morejo bolnika razvedriti in potolažiti, navzočim pa biti v spodbudo.

3. – Tudi naši bolniki naj se zavedajo, da niso samo zato v bolniški sobi in postelji, da bi se zdravili, ampak tudi zato, da bi druge vsaj z zgledom učili krščanskih kreposti, zlasti potrpežljivosti in vdanosti v Božjo voljo. Tako bodo vsem, ki jih obiskujejo in jim strežejo, »prijeten vonj« Kristusov, tako da se bo v slabosti izpopolnjevala njihova krepost. Ker pa je med krepostmi, ki jih zahtevajo od bolnikov, tudi pokorščina zelo potrebna, naj bodo čim bolj pokorni ne le dušnim ampak tudi telesnim zdravnikom in bolniškemu strežniku ter vsem, ki so določeni za strežbo.

4. – Da pa zaradi bolnikov ne nastane kakšna zloraba, naj vsi, ki se slabo počutijo, to naznanijo superiorju ali tistemu, ki mu je poverjena skrb za zdravje, ali pa bolniškemu strežniku. Nihče naj ne jemlje nobenega zdravila in naj se ne zateka k našemu zdravniku ter naj tudi drugega ne sprašuje za svet, če mu ni superior dovolil.

Sedmo poglavje

O SKROMNOSTI

1. – Kristus Gospod je v vedenju in govorjenju kazal táko skromnost, da je privabil daleč v puščavo na tisoče ljudi; ti so ga zaupno gledali in poslušali besede večnega življenja, ki so izhajale iz njegovih ust, tako da so pozabili na jed in pijačo. To ljubeznivo krepost na tako odličnem Učeniku morajo posnemati misijonarji, ki jih veže poklic, da so pogosto v stiku z bližnjim in se morajo zato vedno bati, da tega, kar so s svojim delom in opravilom v Gospodu sezidali, ne porušijo s slabim zgledom, morda celó le s premajhno skromnostjo. Zato naj zvesto izpolnjujejo, kar je sv. Pavel priporočal prvim kristjanom: »Vaša skromnost bodi znana vsem ljudem.« Da pa bodo mogli to izvrševati, naj marljivo izpolnjujejo posebna pravila o lepem vedenju, ki so v Družbi predpisana, in naslednja.

2. – Predvsem naj se ne ozirajo radovedno zlasti v cerkvi, pri jedi in pri javnih nastopih; naj skrbe, da ne bodo lahkomiselni in otročji v vedenju, prisiljeni in posvetni v hoji.

3. – Vsi naj se varujejo, da se ne bodo niti za šalo dotikali drug drugega, razen kadar se po običaju objamejo v znamenje ljubezni ali v pozdrav, ko kdo naših odpotuje ali se s potovanja vrne ali kadar je novodošlec sprejet v Družbo.

4. – Vsak naj skrbi za snago zlasti pri obleki; nikoli naj ne nosi preveč lične ali gizdave obleke.

5. – Svojo siromašno in najnujnejšo opravo v sobi naj vsak vzdržuje snažno in v redu. Sobo naj vsak tretji dan tudi pomete ter pósteljo zjutraj postélje, če ni zaradi njegove bolehnosti ali kakega opravila superior določil koga drugega za to.

6. – Nihče naj ne hodi iz sobe, preden se ni dostojno oblekel.

7. – In da bomo mogli laže ohraniti skromnost vpričo drugih, naj si vsak skrbno prizadeva, da se bo tudi tedaj, kadar je sam v sobi, zavedal Božje pričujočnosti in se lepo vedel; in naj se posebno varuje, da ne bo ponoči spal brez spodnje obleke ali nezadostno odet.

Osmo poglavje

O MEDSEBOJNIH STIKIH

1. – Ko je Kristus, naš Zveličar, zbral apostole in učence, jim je dal navodila za lepo skupno življenje, na primer: naj se med seboj ljubijo, drug drugemu noge umivajo, če ima kdo kaj zoper drugega, naj se takoj spravi s svojim bratom, naj hodita po dva skupaj, slednjič naj bo za manjšega, kdor hoče biti med njimi večji, in druga taka navodila. Zato mora tudi naša mala Družba, ki želi hoditi po stopinjah Kristusa in njegovih učencev, imeti naslednja pravila za lepo skupno življenje in medsebojne stike; ta pravila naj vsak po svojih močeh marljivo izpolnjuje.

2. – Da med nami vedno ostane in se na vsak način ohrani bratska ljubezen in sveta edinost, naj se vsi med seboj zelo spoštujejo, vendar tako, da vedno kot dobri prijatelji skupaj živéPosebnega prijateljstva in prav tako vsakršne zamrze pa naj se skrbno varujejo, ker skušnja uči, da sta ti dve pregrehi vir razdora in propada redovnih družb.

3. – Predstojnikom naj vsi, kakor se spodobi, izkazujejo posebno spoštovanje, naj se jim odkrivajo in se varujejo, da jim ne bodo, ko z njimi govoré, segali v besedo, ali kar bi bilo še huje, da jim ne bodo ugovarjali. Enako naj se vsi odkrivajo mašnikom, semeniščniki in sholastiki svojim ravnateljem in učiteljem. Tudi mašniki naj si v Gospodu prizadevajo, da bodo drug drugega spoštovali. Da pa ne bo povoda za oziranje in razmišljenost, naj se pri jedi nihče nikomur ne odkriva, razen superiorju ali odličnemu zunanjemu gostu.

4. – Sveto pismo spričuje, da je čas za govorjenje in čas za molčanje ter da ne izostane greh, kjer je mnogo govorjenja; stara skušnja uči, da bo težko kakšna Bogu posvečena družba dolgo vztrajala v dobrem, če ji ne določijo nobene mere za govorjenje in molčanja nič ne upoštevajo: zato naj pri nas zunaj časa, določenega za razvedrilo, molče, tako da zunaj tega časa ne sme nihče brez potrebe govoriti, razen mimogrede, a na kratko in tiho, posebno v cerkvi, v zakristiji, v spalnici in obednici, zlasti kadar obedujemo. Če pa kdo pri mizi česa pogreša, naj njegov sosed na kratko opomni strežnika, če tega ne more storiti z migljajem ali s kakim drugim znamenjem. Kadarkoli pa govorimo, se vedno varujemo, tudi ob urah, ki so določene za razvedrilo, preglasnega vrišča in vpitja, ker bi to utegnilo biti našim in zunanjim v spotiko.

5. – Nihče naših naj se brez superiorjevega dovoljenja ne pogovarja s semeniščniki, sholastiki in drugimi, tudi z mašniki ne, ki še niso dopolnili dveh let po semenišču, razen če jih mimogrede na kratko pozdravimo, kakor to zahteva od nas ljubezen.

6. – Da se pa tihota tem bolj ohrani, naj vsak kolikor mogoče pazi, da ne dela ropota, kadar se mudi v sobi ali hodi po hiši, zlasti ponoči in tudi tedaj, kadar odpira ali zapira vrata.

7. – Pri vsakdanjih pogovorih in med razvedrilom moramo združevati skromnost z veselostjo, tako da po možnosti prepletamo koristno s prijetnim in dajemo vsem lep zgled. Da bomo to laže dosegli, se pogovarjajmo največ o takih rečeh, ki navajajo k pobožnosti ali znanosti, potrebni misijonarjem.

8. – Pri medsebojnih pogovorih in tudi pri drugih, ki jih včasih smemo imeti, si prizadevajmo spraviti v pogovor med drugim zlasti kaj takega, kar nam zbuja ljubezen do našega poklica in gorečnost za lastno popolnost. Spodbujajmo k temu drug drugega, zdaj s tem, da priporočamo kakšno krepost, recimo pobožnost, zatajevanje, pokorščino, ponižnost, zdaj s tem, da te kreposti ponižno in krotko branimo nasproti tistim, ki o njih manj ugodno govoré. Če bi pa bila katera izmed teh kreposti naši naravi zoprna, razodenimo to samo superiorju ali dušnemu vodniku; skrbno pa se varujmo, da ne bomo tega ne očito ne skrivaj odkrivali drugim.

9. – V pogovorih se ogibajmo vsakršne trme in prepirljivosti, tudi če bi bila naša trma in prepirljivost drugim v razvedrilo; nasprotno, prizadevajmo si v Gospodu, da bomo kolikor je mogoče dajali prednost mnenju drugih pred svojim v vsem, kar ni nedopustno. Če je pa kdo v tem, o čemer se pogovarjajo, drugačnega mnenja, sme vljudno in ponižno navesti svoje razloge. Predvsem pa naj se vsak varuje, da v pogovoru ne bo zamerljiv, razdražljiv, da se ne bo proti komu kazal užaljen in da nikogar ne bo žalil z besedo, dejanjem ali kako drugače.

10. – Vsi naj si štejejo v sveto dolžnost varovati tajnost ne samo o tem, kar zadeva spoved ali dušno vodstvo, ampak tudi o tem, kar se zgodi ali pove pri kapitlju glede pregreškov in pokore, kakor tudi sploh o vsem, o čemer vemo, da so predstojniki prepovedali pripovedovati, ali je že samo po sebi prepovedano pripovedovati.

11. – Nihče naj drugim, zlasti predstojnikom, niti v mali stvari ne krati dobrega imena, naj zoper nje ne godrnja in naj ne obsoja tega, kar se godi ali govori v naši Družbi ali v drugih redovnih skupnostih.

12. – Nihče naj radovedno ne poizveduje o hišnem gospodarstvu in naj se o tem ne pogovarja z drugimi ter naj po ovinkih ne govori zoper pravila ali konstitucije ali zoper pobožne običaje naše Družbe.

13. – Nihče naj se ne pritožuje zaradi hrane, obleke in postelje ter naj o tem niti ne govori, če ni po svoji službi za to določen.

14. – Nihče naj ne govori slabo o drugih narodih ali pokrajinah, ker iz tega navadno izvira nemajhno zlo.

15. – V javnih sporih in vojskah, ki se utegnejo vneti med krščanskimi vladarji, naj nihče ne kaže, da se nagiba na to ali ono stran; tako bomo posnemali Kristusa, ki ni hotel biti sodnik med bratoma, ko sta se pravdala, ne razsojati o pravicah vladarjev, temveč je pridigal samo to, da se mora dati cesarju, kar je cesarjevega itd.

16. – Vsak naj se že od daleč ogiblje pogovorov o državnih zadevah in o drugih javnih svetnih rečeh, zlasti pa pogovorov o vojski in sporih vladarjev sedanjega časa ter o drugih takih posvetnih govoricah; tudi naj se varuje, da o vseh teh rečeh ne bo ničesar pisal.

Deveto poglavje

O RAZMERJU DO ZUNANJIH

1. – Zveličar je dodal pravilom, ki jih je dal svojim apostolom in učencem o medsebojnih stikih, še nekatere nauke o pravilnem vedenju do bližnjega, do pismoukov in farizejev, do oblastnikov, kadar jih bodo tirali v svoje shodnice in sodišča, kako naj se ravnajo, kadar bodo povabljeni v goste, in druga taka navodila. Zato je primerno, da imamo po njegovem zgledu tudi mi nekatera pravila o razmerju do zunanjih. Potrudimo se torej, da jih bomo zvesto izpolnjevali.

2. – Čeprav nas sili naš poklic, da moramo pogosto biti v stiku s svetnimi ljudmi, zlasti na misijonih, jih vendar ne smemo obiskovati, če tega ne zahteva pokorščina ali potreba. Takrat pa se spominjajmo Gospodovih besed: »Vi ste luč sveta,« to se pravi, posnemajmo sončno luč, ki razsvetljuje in greje, pa ne trpi nobene izgube na svoji čistosti, čeprav prehaja skozi nečiste kraje.

3. – Vsi naj se skrbno ogibajo, da se ne bodo vmešavali v pravde zunanjih ljudi, ne izvrševali oporok, se ne ukvarjali s trgovskimi in ženitovanjskimi zadevami ter podobnimi posvetnimi opravili, po apostolovem nasvetu: »Nihče, ki se vojskuje za Boga, se ne zapleta v posvetna opravila.«

4. – Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ne prevzema v oskrbovanje bogoljubnih zadev, naj ne obeta zanje svoje pomoči in se ne kaže za to pripravljen.

5. – Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ne govori doma z zunanjimi ljudmi in ne kliče k temu koga drugega izmed naših.

6. – Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ne vabi nobenega zunanjega človeka na obed.

7. – Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ne prinaša naročil, pisem ali kaj drugega od zunanjih komu izmed naših in ne od naših zunanjim.

8. – Nihče naj brez izrečnega dovoljenja generalnega superiorja ali vizitatorja ne izroča naših pravil zunanjim ljudem. Tistim pa, ki bodo sprejeti v našo Družbo, se smejo to splošna pravila pokazati z dovoljenjem hišnega superiorja, in to med duhovnimi vajami, včasih pa tudi prej, če se bo superiorju v Gospodu prav zdelo.

9. – Nihče ne sme tega, kar se je v hiši zgodilo ali se bo zgodilo, lahkomiselno in brez potrebe poročati zunanjim ljudem ali se z njimi pogovarjati o stvareh, ki se med nami ne smejo spravljati v pogovor, zlasti ne o državnih zadevah.

10. – Če ima kdo dovoljenje, da obiskuje zunanje ljudi, naj se z njimi pogovarja le o potrebnih rečeh ali o takih, ki so njim ali njemu ali obema v dušni prid in spodbudo, in sicer s primerno resnobo, pobožnostjo in skromnostjo, upošteváje okoliščine oseb, kraja in čase.

11. – Nihče naj ne hodi iz hiše razen tedaj, kadar in s komer se superiorju zdi prav; ta določi spremljevalca, ako ni zato pooblastil koga drugega. Kdor pa je dan za spremljevalca, naj prepusti drugemu prvo mesto in prvo besedo.

12. – Če kdo superiorja prosi dovoljenja, da bi smel kam iti, naj hkrati tudi pove, kam in čemu hoče iti; in naj mu takoj, ko se domov vrne, pove, kaj je opravil.

13. – Nihče naj ne prihaja ali odhaja drugod kakor skozi glavna hišna vrata, če ga ne opravičuje sila ali superiorjevo dovoljenje.

14. – Kateri odhajajo iz hiše, tudi tisti, ki imajo dovoljenje, da smejo odhajati ali prihajati skozi stranska vrata ali skozi cerkev, naj pristavijo znamenje k svojemu imenu in naj vratarju naznanijo, kdaj se mislijo vrniti, da bo mogel ustreči tistim, ki bodo po njih vpraševali. Naj ne odhajajo pred dnem in naj se vrnejo pred nočjo. Ob prihodu pa naj takoj odstranijo znamenje od svojega imena.

15. – Nihče naj brez superiorjevega dovoljenja ne uživa jedi zunaj hiše, če ni na potovanju.

16. – Nihče naj na potovanju, ko pride v kraj, kjer je hiša naše Družbe, ne hodi drugam stanovat kakor v tisto hišo; in dokler je tam, naj bo pod pokorščino tamkajšnjega predstojnika in naj tam ničesar ne dela brez njegovega nasveta in navodila. Isto naj izpolnjuje, kdor pride tja po opravkih.

Deseto poglavje

O POBOŽNIH VAJAH V DRUŽBI

1. – Kristus Gospod in njegovi učenci so imeli svoje pobožne vaje: tako so na primer ob določenih dneh hodili v tempelj, včasih se umaknili v samoto, opravljali molitev in druge take reči. Zato je pametno, da ima tudi naša mala Družba svoje pobožne vaje, ki naj jih kar najbolj marljivo in pred vsemi opravlja, če tega ne brani potreba ali pokorščina: kajti te pobožne vaje navajajo zelo uspešno tudi k pravemu izpolnjevanju drugih pravil ali konstitucij in k lastni popolnosti.

2. – Ker moramo po papeževem ustanovnem pismu naše Družbe posebno častiti neizrekljivi skrivnosti presvete Trojice in učlovečenja Božjega Sina, si prizadevajmo, da bomo to izpolnjevali prav natanko in kolikor mogoče popolno, zlasti s tem, da bomo izvrševali to troje: 1) obujajmo do teh skrivnosti pogosto in iz vsega srca dejanje vere in češčenja; 2) darujmo v njih čast vsak dan nekatere molitve in pobožna dela ter praznujmo njih praznike slovesno in kolikor mogoče pobožno; 3) marljivo si prizadevajmo, da s poučevanjem in svojim zgledom vsadimo njih spoznanje, spoštovanje in češčenje vernikom v srce.

3. – Ker pa za najboljše češčenje teh skrivnosti ni bolj izvrstnega sredstva, kakor je dolžno češčenje in dobra uporaba presvete evharistije, naj jo pojmujemo kot zakrament ali kot daritev – saj vsebuje nekako vse druge verske skrivnosti ter sama po sebi posvečuje in končno zveliča duše, ki jo vredno prejemajo in darujejo; s tem se izkazuje največja čast enemu in troedinemu Bogu ter učlovečeni Besedi – zato naj nam ne bo nič bolj pri srcu kakor to, da bi izkazovali temu zakramentu in tej daritvi dolžno spoštovanje. Še več: prizadevajmo si z vso vnemo, da bi enako češčenje in spoštovanje izkazovali tej skrivnosti vsi ljudje. Po svojih močeh skušajmo to doseči zlasti s tem, da kolikor mogoče zabranjujemo, da bi se proti presveti evharistiji ne počenjalo in o njej govorilo nič nespoštljivega, kakor tudi s tem, da druge pridno poučujemo, kaj morajo o tej takó veliki skrivnosti verovati in kako jo častiti.

4. – In ker nam isto papeževo ustanovno pismo poleg tega izrečno priporoča, naj s posebno pobožnostjo častimo tudi preblaženo Devico Marijo, in ker je to iz mnogoterih razlogov že tako naša dolžnost, se vsi potrudimo, da bomo z Božjo pomočjo čimbolj izpolnjevali naslednje: 1) vsak dan s posebno pobožnostjo častimo to najvrednejšo mater Kristusovo in našo mater; 2) posnemajmo po svojih močeh njene kreposti, zlasti ponižnost in čistost; 3) kolikorkrat se nam nudi priložnost in možnost, goreče spodbujajmo druge, naj jo vedno posebno časte in ji vredno služijo.

5. – Naša največja skrb bodi, da bomo dostojno molili brevir, in sicer po rimskem obredu in skupno, tudi na misijonih, toda srednje glasno in brez petja, da se bomo laže posvetili službi v pomoč bližnjemu, razen v tistih hišah, kjer je zaradi ustanov ali ordinandov ali zunanjih semenišč ali zaradi kake druge take potrebe za nas obvezno gregorijansko petje. Kjerkoli in kadarkoli pa mólimo duhovne dnevnice, imejmo na mislih, kako spoštljivo, pazljivo in pobožno jih moramo opravljati, ker dobro vemo, da takrat slavimo Boga in torej opravljamo angelsko službo.

6. – Ker je eno najpomembnejših opravil na misijonih to, da druge spodbujamo k vrednemu in pogostnemu prejemanju zakramentov svete pokore in presvetega Rešnjega telesa, se spodobi, da jim sami dajemo v tem najlepši zgled; še več, spodobi se, da jih v tej reči visoko nadkriljujemo. Prizadevajmo si torej, da bomo to najpopolneje izpolnjevali. In da se bo vse vršilo po redu, naj se mašniki redno spovedujejo dvakrat ali vsaj enkrat na teden kateremu izmed hišnih spovednikov in ne drugim brez superiorjevega dovoljenja; in če ni kake ovire, naj tudi vsak dan mašujejo. Drugi pa, ki niso mašniki, naj se spovedo vsako soboto in ob vigiliji pred glavnimi prazniki kateremu izmed omenjenih spovednikov, če ni superior določil koga drugega. K svetemu obhajilu pa naj pristopajo po nasvetu dušnega vodnika ob nedeljah in omenjenih praznikih in naj bodo vsak dan pri sveti maši.

7. – Čeprav ne moremo docela posnemati Jezusa Kristusa, ki je poleg premišljevanja podnevi večkrat tudi noč prebil v molitvi, storimo to, kolikor nam naše slabe moči dopuščajo. Zato naj vsi marljivo premišljujejo vsak dan eno uro, in sicer, kakor je v Družbi navada, skupno in v prostoru, ki je za to določen.

8. – Vsak naj gleda, da mu ne mine noben dan, da ne bi nekoliko bral iz kake nabožne knjige po potrebi duše, v času, ki ga določi superior ali dušni voditelj. Mašniki in vsi kleriki naj poleg tega beró eno poglavje Svetega pisma Nove zaveze in naj imajo to knjigo v časteh kot vodilo krščanske popolnosti. Da pa bodo imeli od tega več koristi, naj beró kleče in z odkrito glavo ter naj na koncu dodajo naslednja tri dejanja: 1) počaste naj resnice, ki jih obsega tisto poglavje; 2) obudé naj hrepenenje po tistem duhu, v katerem jih je govoril Kristus ali so jih povedali svetniki; 3) sklenejo naj, da se bodo ravnali po nasvetih in zapovedih, ki jih vsebuje tisto poglavje, in posnemali zglede kreposti.

9. – Da svoje pregreške spoznamo in tako z Božjo pomočjo zanje zadostimo ter dosežemo večjo čistost duše, naj vsi opravijo vsak dan dvojno izpraševanje vesti, namreč eno posebno, na kratko pred kosilom in pred večerjo o kaki kreposti, ki si jo moramo pridobiti, ali o kaki napaki, ki jo moramo iztrebiti; drugo izpraševanje vesti pa splošno, nekoliko pred nočnim počitkom o posameznih dejanjih preteklega dne.

10. – Da počastimo Kristusovo samotno življenje, zlasti v tistem času, ko je bival štirideset dni v puščavi, naj vsi duhovniki in neduhovniki, ko stopijo v našo Družbo, opravijo duhovne vaje in dolgo spoved čez vse preteklo življenje pri mašniku, ki ga določi superior; tisti pa, ki so že v Družbi, naj opravljajo iste duhovne vaje s ponavljalno spovedjo od zadnje dolge spovedi naprej, in sicer naj semeniščniki opravijo oboje vsakih šest mesecev, ostali pa vsako leto.

11. – In kakor more težko kdo v kreposti napredovati brez pomoči dušnega voditelja, tako bo tudi zelo težko kdo dosegel primerno popolnost, če se včasih ne pogovori s svojim dušnim voditeljem o svojem dušnem stanju. Zaradi tega se vsem priporoča, naj z vso odkritosrčnostjo in pobožnostjo podajo račun o svoji vesti superiorju ali tistemu, ki ga on za to določi, po obrazcu, ki je v Družbi v navadi, vsaj vsak tretji mesec, zlasti ob duhovnih vajah in kadarkoli se bo superiorju prav zdelo.

12. – Vsi naj se marljivo in pobožno udeležujejo konferenc o duhovnih rečeh. Te konference naj bodo vsaj enkrat na teden; pri njih naj največ govoré o zatajevanju lastne volje in lastne sodbe, o izpolnjevanju Božje volje, o bratovski edinosti, o gorečnosti za lastno izpopolnjevanje in o napredovanju v drugih krepostih, posebno v tistih, ki so bistvene za člane Misijonske družbe.

13. Da bomo po svojih slabih močeh vsaj nekoliko posnemali Kristusa v tem, da je sam sebe ponižal in hotel biti prištet med hudodelce, naj se vsak petek vsi obtožijo vpričo drugih superiorju ali njegovemu namestniku svojih napak, in to doma in na misijonih, ter naj mirno sprejmejo opomine in naloženo pokoro. Enako naj se ohrani pobožni običaj, da pri kapitlju prósimo, naj nas drugi tam javno opomnijo na napake; in takrat naj se vsak potrudi, da bo dal tak opomin v duhu ponižnosti in ljubezni.

14. – Da se nam hitreje pomnoži ljubezen do poniževanja samega sebe in da bomo tako na poti popolnosti bolj in bolj napredovali, si poleg tega v Gospodu prizadevajmo, da bomo ravnodušno sprejeli vsako priložnost za poniževanje, tudi táko, ki se nam nudi zunaj kapitlja in kadarkoli. Če torej na koncu premišljevanja ali duhovne konference ali kakega drugega javnega opravila superior koga pokliče, da ga opomni na napako, naj tisti takoj poklekne ter v duhu ponižnosti, molče in rade volje posluša opomin in naloženo pokoro sprejme ter zvesto opravi.

15. – Čeprav neprestano delo misijonarjem ne dopušča, da bi jim po pravilu nalagali telesno mrtvenje in pokorila, naj jih vendar vsak visoko ceni in vedno iz srca po njih hrepeni, dá, kolikor mu dopuščata zdravje in resno delo, si jih sme tudi nalagati po zgledu Kristusa, prvih kristjanov in tudi mnogo ljudi, ki polni duha spokornosti živijo med svetom. Nihče pa naj ne opravlja nobenih pokoril razen tistih, ki so naložena pri spovedi, ne da bi bil za svet vprašal superiorja ali dušnega voditelja.

16. – Da vsaj nekoliko počastimo Kristusovo trpljenje, naj se vsak, razen na misijonih in na potovanju, v petek vsakega tedna zadovolji pri večerji z eno samo jedjo, in sicer z zelenjavo ali s sočivjem.

17. – V ponedeljek in torek po tretji predpostni nedelji se doma zdržimo mesnih jedi, da bomo s tem gotovo zelo majhnim zatajevanjem častili Boga tisti čas, ko ga premnogi kristjani hudo žalijo s svojo razuzdanostjo in nezmernostjo.

18. – Poleg tega naj se doma in na misijonih vsi natanko držé dnevnega reda, ki je v Družbi navaden, zlasti glede ure, ko je treba vstati, iti počivat ali premišljevati, moliti brevir, uživati hrano.

19. – Da se s telesom vred okrepča tudi duh, naj v vseh naših hišah vedno in tudi na misijonih pri mizi med jedjo ves čas kaj nabožnega beró.

20. – Ohranijo naj se tudi drugi hvalevredni običaji naše Družbe, kakor so tile: tik pred odhodom iz hiše in ob vrnitvi stopiti v cerkev pozdravit Kristusa v najsvetejšem Zakramentu; poučevati ubožce, zlasti berače, v krščanskem nauku, kadar se nudi priložnost, posebno na potovanju; doma pri vstopu v sobo in pri odhodu iz nje poklekniti na obe koleni, da pred delom pokličemo Boga na pomoč in se mu po delu zahvalimo.

21. – Če si kdo hoče poleg pobožnih vaj, ki so v teh pravilih ukazane, dodati še kake druge, naj se o tem pogovori s superiorjem ali z dušnim voditeljem ter naj v tej reči ničesar ne opravlja brez njunega dovoljenja, da ne bo, če bi drugače ravnal, izpolnjeval svoje volje ali celó volje hudobnega duha in bi ga ta v kazen za njegovo nepremišljenost ali nepokorščino prevaral z videzom dobrega in bi tako nazadnje trpel škodo na svoji duši.

Enajsto poglavje

O MISIJONIH IN DRUGIH OPRAVILIH, KI NAJ JIH DRUŽBA OPRAVLJA V PRID BLIŽNJEMU

 

1. – Naš Gospod Jezus Kristus je dal svojim učencem navodila, kako naj potekajo misijoni, ko jim je velel, naj prosijo gospodarja žetve, da pošlje delavcev na svojo žetev, in ko jim je določil, h katerim narodom naj gredo, kaj naj izpolnjujejo na potovanju, v katere hiše naj stopijo, da se pokrepčajo, kaj naj oznanjujejo, s čim naj se preživljajo, in slednjič, kako naj se vedejo do tistih, ki jih ne bi hoteli sprejeti. Zato moramo mi, ki po svojih slabih močeh hodimo po njihovih stopinjah, natanko izpolnjevati naslednja pravila in enako tudi navodila, ki jih navadno dajejo v naši Družbi: to so tista navodila, ki govoré o načinu in redu pravilnega ravnanja na misijonih in pri drugih naših opravilih.

2. – Kadar se ponudi priložnost, naj skuša vsak pomagati bližnjemu s svetom in opominom ter naj ga vnema za dobra dela; vendar naj nihče ne prevzema skrbi, da bi koga vodil, razen ob duhovnih vajah, na misijonih in v tistih Družbenih hišah, kjer imajo naši dušno vodstvo, ali ob drugih priložnostih, kadar superior koga za to določi; toda pri tem naj brez njegovega dovoljenja in odobrenja nihče ne daje nobenih pismenih navodil ali pravil za življenje.

3. – Da ne bodo našim misijonarjem po pravici oponašali znanega apostolovega reka: »Kako naj oznanjajo, če niso poslani?« naj nihče javno ne pridiga in ne uči s prižnice krščanskega nauka, če ga ni za to pooblastil in mu naročil vizitator ali pa neposredni superior. Na misijonih pa sme vodja pridigarje in katehete začasno spremeniti in jih nadomestiti z drugimi, če v Gospodu spozna to za koristno in je nevarno odlašati ali čakati na superiorjev odgovor; samó da vodja, brž ko mogoče, obvesti superiorja o razlogu za tako spremembo.

4. – Kakor nikomur izmed naših ni dovoljeno spovedovati ne naših ne zunanjih, če ga ni pooblastil škof, takó tisti, ki imajo to pooblaščenje, ne smejo izvrševati tega opravila, da ne nastane kaka zloraba, če jih ni vizitator za to določil in jim ni tega poveril vizitator ali hišni superior.

5. – Ko odhajajo na misijone, naj vselej vzamejo s seboj pooblastilo prevzvišenih in prečastitih škofov, v katerih škofijah bodo imeli misijone, in naj ga pokažejo župnikom ali drugim predstojnikom cerkva, kamor gredo; preden se po končanih misijonih vrnejo domov, naj poročajo našim gospodom škofom, če to žele, kako so opravili; toda prej je treba vprašati superiorja, da določi, kdo in kako naj to stori.

6. – Pri prihodu na misijon in pri odhodu z njega naj vsi prosijo župnika blagoslova, in če ga ni, njegovega namestnika; naj ne store nič pomembnega, ne da bi se o tem prej z njim pogovorili, ter naj se varujejo, da ne bodo ničesar ukrenili proti njegovi volji.

7. – Po zgledu sv. Pavla, ki je noč in dan delal z lastnimi rokami za svoje in svojih tovarišev potrebe, da ne bi bil nikomur nadležen, tudi mi na misijonih ne smemo biti nikomur v nadlego, marveč izvršujmo vsa opravila brezplačno, brez vsakega časnega povračila ali podpore; smemo pa sprejeti ponujeno stanovanje in uporabljati potrebno opravo.

8. – Dasi mora vsak goreče želeti, in če okoliščine zahtevajo, celo ponižno prositi, zlasti med misijonom, da bi mu poverili, naj obiskuje bolnike ali naj poravnava tožbe in prepire, vendar naj brez superiorjevega dovoljenja nihče ne prevzema takih del usmiljenja, da bo pokorščina lepo urejala ljubezen.

9. – Pri predlaganju dvomov o primerih vesti, ki pridejo na vrsto, moramo biti zelo oprezni, da ne bo nikdar mogoče spoznati prizadete osebe. In da se izognemo zlu, ki bi moglo iz tega nastati, naj nihče ne predlaga nobenega pomembnejšega primera vesti, ki ga je slišal, ne da bi prej vprašal za svet vodjo misijona.

10. – Ime »misijonarji« ali »misijonski duhovniki«, ki si ga nismo sami prisvojili, ampak nam ga je po Božji previdnosti dala splošna ljudska govorica, dovolj kaže, da so za nas misijoni prvo in najpomembnejše opravilo za blaginjo bližnjega. Zato jih ne sme naša Družba nikdar opuščati pod pretvezo kakega drugega bogoljubnega, morebiti koristnega dela, marveč naj se jim vsak z vso ljubeznijo posveti, tako da bo vedno pripravljen iti na misijone, kolikorkrat ga bo klicala pokorščina.

11. – In ker bi vodstvo redovnic nemalo oviralo misijone in druga opravila našega poklica, naj se vsi takega vodstva popolnoma zdrže in naj nihče redovnic ne obiskuje in pri njih ne pridiga, tudi ne med misijonom, če ni prej dobil vsak od hišnega superiorja izrečnega dovoljenja; in čeprav je vodstvo usmiljenih sester ali hčera krščanske ljubezni že po njih pravilih poverjeno naši Družbi, se vendar brez superiorjevega dovoljenja ne sme nihče izmed naših ukvarjati z njihovim vodstvom ali k njim hoditi ali se z njimi pogovarjati.

12. – Sicer pa naj vsi vedo, da z izgovorom misijonov ne smemo zanemarjati naših opravil, ki jih moramo doma opravljati v prid zunanjim duhovnikom, zlasti ordinandom in semeniščnikom, kakor tudi v prid drugim, ki naj jih vodimo v duhovnih vajah. Kajti ta dela moramo opravljati in misijonov ne smemo opuščati, ker smo po našem poklicu skoraj enako dolžni izvrševati oboje, kadarkoli nas pozovejo prelatje in naši predstojniki, čeprav je treba prednost dajati misijonom, in ker tudi dolgotrajna skušnja uči, da se sadovi, ki jih misijoni obrode, le težko dajo ohraniti brez pomoči župnikov, za katerih izpopolnjevanje, kakor vidimo, veliko pomagajo omenjena opravila; zato naj se vsak radovoljno posveti Bogu, da bi jih prav in bogoljubno izvrševal. In da bo to bolje in laže delal, naj si prizadeva natanko izpolnjevati navodila, ki jih za to dajejo naši predstojniki.

Dvanajsto poglavje

O NEKATERIH SREDSTVIH IN PRIPOMOČKIH ZA DOBRO IZVRŠEVANJE NAŠIH OPRAVIL

1. – Kakor si je Družba že v začetku teh pravil ali konstitucij postavila Gospoda Kristusa za vzor v tem, da je začel delati in učiti, tako moramo v zadnjem poglavju odločiti, da ga bo posnemala tudi v tem, da je vse prav storil; zakaj karkoli storimo dobrega, zasluži prej kazen kot plačilo, če ni prav storjeno. Zato je bilo primerno dodati nekaj naukov in sredstev, ki pomagajo prav izvrševati omenjena pravila in ki naj jih vsi naši misijonarji marljivo uporabljajo.

2. – Vsak naj si prizadeva, da ga bo pri njegovih delih, zlasti pri pridiganju in drugih stanovskih opravilih, kolikor mogoče navdajal kar se da čist namen ugajati samo Bogu; ta namen naj tudi sem ter tja, posebno v začetku pomembnejših dejanj, ponovi. Predvsem pa naj se varuje, da se pri tem ne bo vdajal želji ugajati ljudem ali ustrezati svojemu nagnjenju, ker bi to utegnilo pokvariti tudi najbogoljubnejše delo, po Kristusovem nauku: »Če je tvoje oko pokvarjeno, bo vse tvoje telo v temi.«

3. – Včasih se zgodi, kakor pravi apostol, da končamo v mesu, kar smo začeli v duhu; to se navadno dogodi takrat, ko se našemu delu pridruži nečimrno veselje, na katerem se nespametno pasemo, če se nam delo posreči in nas ljudje hvalijo, ali takrat, ko smo tako sami s seboj nezadovoljni in potrti, da se nikakor ne damo pomiriti, ker se nam je delo slabo obneslo: zato se moramo z vso skrbnostjo in marljivostjo varovati, da se v kateri izmed teh reči ne pregrešimo. Da se pa izognemo prvemu zlu, imejmo vedno pred očmi to resnico, da gre vsa čast Bogu, nam pa nič drugega nego osramočenje. Dalje: če se take pohvale nečimrno veselimo, se nam je zelo bati, da bomo nekoč slišali tele Kristusove besede: »Resnično, povem vam, prejeli ste svoje plačilo.« Zdravilo zoper drugo zlo pa bodi to: zatekajmo se vedno k pravi ponižnosti in k ljubezni do poniževanja samega sebe, ki jo takrat Bog od nas zahteva; potem dobro premislimo, da iz takih zoprnosti, če jih potrpežljivo prenašamo, zelo pogosto zraste toliko slave Božjemu imenu in toliko koristi bližnjemu, kolikor bi je mogli pričakovati od pridig, ki ljudstvu ugajajo in so na videz uspešne.

4. – In ker omenjeno tako pogubno dvojno zlo za pridigarje, namreč nečimrna samovšečnost in prevelika vznemirjenost, navadno izvira iz pohvale ali graje, ki jo kdo sliši o takih javnih nastopih, naj naših, zlasti navzočih, nihče ne hvali zaradi redkih naravnih ali pridobljenih zmožnosti, posebno ne zaradi govorniško dovršenih pridig, ki jih ljudje odobravajo. Nasprotno pa naj tudi nihče nikogar ne graja zaradi pogreškov zoper znanost ali zoper govorništvo ali zaradi drugih takih napak, ki jih je opazil med pridigo. Če bi pa kdo za ukrotitev nečimrnega slavohlepja potreboval kakega priznanja ali opomina, je stvar superiorja, da to ali sam stori ali pa koga določi, ki naj oboje opravi previdno in brez prič. Vendar ne bo napačno, če tu pa tam koga pohvalimo zaradi dejanj ponižnosti, samozataje, preprostosti in drugih takih kreposti, tudi tistih, ki jih je storil pri pridigi, samo če se to stori zmerno, previdno, v njegovi odsotnosti in pred Bogom.

5. – Čeprav se moramo vedno in povsod zvesto vaditi v preprostosti, ker je to prva in bistvena krepost misijonarjev, jo vendar še bolj skrbno uresničujmo na misijonih, posebno kadar oznanjamo Božjo besedo kmečkim ljudem, ki naj z njimi, ker so preprosti, po nas Bog govori. Zato naj bo slog naših pridig in krščanskega nauka preprost in ljudstvu umeven ter umerjen po preprosti metodi, ki je bila v naši Družbi doslej v navadi. Zaradi tega naj se vsak ogiba mehkobne in prisiljene govorice in naj na stolici resnice namenoma ne spravlja na dan nenavadnih in preveč izbranih misli ali brezkoristnega modrovanja; pomisli naj, da so Kristus Gospod in njegovi učenci preprosto govorili in s tem dosegli prebogato žetev in najobilnejše sadove.

6. – Prav tako naj preprosto in poljudno govoré tisti, ki so jim poverjena zunanja semenišča, vodstvo ordinandov, konference za župnike in druge duhovnike ali podobna opravila. Poleg tega naj si prizadevajo, da jih bodo z zgledom in besedo spodbujali k napredku v vednosti in nič manj v pobožnosti; posebno naj se potrudijo, da bodo z njimi ravnali kolikor moč ponižno, krotko, spoštljivo in prijazno. Tega naj se držé tudi tisti, ki vodijo duhovne vaje.

7. – Ker novi in posebni nauki večinoma škodujejo njih početnikom in njih privržencem, zato naj se takšne novosti in posebnosti vsi varujejo; v nauku, v govorih in spisih naj bodo vedno vsi kolikor mogoče tako edini, da bomo po apostolovih besedah mogli vsi isto misliti in čutiti in tudi isto govoriti.

8. – Ker po besedah svetega Zenona radovednost stori človeka krivega, ne pa izvédenega, in ker, kakor pravi apostol, učenost napihuje, prav posebno takrat, ko zanemarjamo njegov opomin: Naj »ne misli (o sebi nihče) več, kakor je prav«, zato naj vsi, zlasti pa naši sholastiki, neprestano pazijo, da se tista neredna vedoželjnost polagoma ne polasti njih src; vendar naj se ne nehajo resno ukvarjati z znanostjo, ki je potrebna za pravilno izvrševanje misijonskih opravil, samo da jim je glavna skrb pridobiti si znanost svetnikov, ki se uči v šoli križa, da bodo mogli oznanjevati le Jezusa Kristusa, po zgledu istega apostola, ki v pismu Korinčanom odkrito priznava, da je mislil, da mu ne gre kaj drugega vedeti med njimi, kakor Jezusa Kristusa in to križanega.

9. – Med vsemi evangeljskimi nauki, ki so potrebni njim, ki delajo v Gospodovem vinogradu, si moramo najbolj vtisniti v srce tegale: »Če kdo hoče biti prvi, bodi izmed vseh zadnji in vsem služabnik.« Zakaj če bi naša Družba kdaj nehala izpolnjevati ta nauk, bi jo v njej rastoče slavohlepje hitro docela uničilo; slavohlepje se namreč kaj lahko prikrade v srce ljudi, ki so že po naravi nagnjeni k napuhu, in jih tira v premnoga zla, zlasti v to, da bi se poganjali za častne službe ali bi zavidali tistim, ki se do njih povzpno, ali bi skušali ustrezati sami sebi, če so postavljeni na tako mesto; zapelje in prekani jih varljivi blesk nečimrne slave, ki edino vanj upirajo oči, tako da ne opazijo bližnjega prepada in se naposled žalostno pogreznejo vanj. Zato nam ne bodi nič bolj pri srcu kakor to, da ubežimo zmaju napuha. Če se je pa slavohlepje že polastilo našega srca, ga iztrebimo takoj po navedenem nasvetu našega Gospoda s kar se da odkritosrčnim dejanjem ponižnosti; zato se ponižujmo sami pred seboj in imejmo gorečo željo, da bi bili vedno na zadnjem mestu. Ako pa spoznamo, da smo z nečimrnim slavohlepjem okuženi zaradi opravil ali častnih služb, ki jih opravljamo, nam bodi zopet to naslednje zdravilo: brž ko mogoče v ponižni pokorščini prosimo superiorja, naj nas od teh opravil odstavi in nas porabi za kako nizko službo, kakor ga je volja.

10. – Vsi naj si tudi posebno goreče prizadevajo, da zaduše že prve pojave nevoščljivosti, ki utegne izvirati od tod, ker druge redovne družbe našo presegajo po slovesu, po naklonjenosti ljudi in po častnih opravilih; naj bodo vsi trdno prepričani, da ni nič na tem, kdo Kristusa oznanjuje, da ga le oznanjuje, in da dobimo enako ali včasih še obilnejšo milost in zaslugo, če se veselimo nad dobrimi deli drugih, kakor pa če bi jih sami izvrševali, pri tem pa ustrezali samoljubju ali imeli premalo popoln namen. Zato naj si vsak prizadeva, da se navzame Mojzesovega duha; ko so Mojzesa prosili, naj možema, ki sta pridigala, to zabrani, je vzkliknil: »O, da bi pridigalo vse ljudstvo in bi jim Gospod dal svojega duha!« Še več: imejmo vse druge redovne družbe za vrednejše od naše, čeprav se moramo naše oklepati z večjo ljubeznijo, kakor dober otrok svojo mater, čeprav ni ne bogata ne lepa, ljubi mnogo bolj kakor vse druge, dasi se odlikujejo po bogastvu in lepoti. Vendar naj vsi vedo, da se ta prisrčna ljubezen nanaša samo na osebe, kreposti in milosti naše Družbe, ne pa na to, kar je v njej prijetnega ali kar je bleščečega zaradi hvale pri ljudeh; to namreč moramo očitno sovražiti in se tega skrbno izogibati, ne le vsak za svojo osebo, ampak tudi za vso našo Družbo, tako da niti ne hrepenimo, da bi jo ljudje upoštevali in hvalili, marveč želimo, da bi bila poniževana in skrita v Gospodu. Imejmo v mislih, da je ona gorčično zrno, ki ne more rasti in obroditi sadu, če ni vsejano in skrito v zemlji.

11. – Prav tako naj se vsi varujejo dveh drugih napak, ki nista nič manj nasprotni Misijonski družbi in sta tem bolj pogubni, čim manj se nevarni zdita, ker polagoma dobita drugačno obliko, tako da ju imamo kaj pogosto za pristni kreposti. To sta lenoba in nepremišljena gorečnost. Prva se polagoma polasti srca pod pretvezo potrebne previdnosti za ohranitev telesnega zdravja, da bi bili tem sposobnejši za Božjo službo in dušnopastirsko delo; zavaja nas, da iščemo telesnih ugodnosti in se ogibljemo truda, ki je združen s krepostjo. Goljufivo nam kaže trud kot mnogo večji, da bi se nam krepost zdela zoprna, ko je vendar sama na sebi vredna, da bi jo vedno vsi ljubili, in bi nas zato zadelo tisto prekletstvo, ki ga je Sveti Duh izrekel zoper take delavce, ki zanikrno in nezvesto opravljajo Božje delo. Druga napaka pa prikriva naše samoljubje in našo nestrpnost ter nas priganja k preveliki strogosti do grešnikov in do nas samih ali k delu, ki presega naše moči ali je tudi zoper pokorščino ter v telesno in duhovno škodo; zaplete nas tako daleč, da si potem željno iščemo zdravil ter nas tako stori lene in mesene. Teh dveh skrajnosti se torej moramo vsi na vso moč ogibati in se vedno držati srednje poti. To pa bomo brez dvoma našli v zvestem izpolnjevanju dobro umevanih naših pravil ali konstitucij in v navodilih tistih, ki hranijo znanost in imajo po posebni Božji naredbi v svojih rokah naše duše, če le ponižno in zaupno iščemo postavo iz njihovih ust, kadarkoli je to potrebno, ter se v vsakem pogledu in popolnoma uklonimo njihovemu vodstvu.

12. – Predvsem pomnimo tole: s krepostmi, ki sestavljajo duha Misijonske družbe, moramo biti vedno opravljeni, a se spodobi, da se z njimi oborožimo zlasti takrat, kadar pride čas, da izvršujemo svojo službo med kmečkim ljudstvom. Te kreposti nam takrat morajo biti kakor tistih pet Davidovih gladkih kamnov, s katerimi bomo že na prvi lučaj zadeli peklenskega Goljata in ga premagali v imenu Gospoda vojnih trum, Filistejce pa, to je grešnike, podvrgli v Božjo sužnost, samo če prej odložimo Savlovo orožje in vzamemo v roko Davidovo pračo, to pomeni: če pojdemo oznanjat evangelij kakor apostol Pavel, ne s prepričevalnimi ali učenimi besedami človeške modrosti, marveč z naukom in izkazovanjem duha in moči, čeprav je naša beseda ničeva. Pomislimo, da je Bog po besedah istega apostola izvolil to, kar je slabotno, preprosto in zaničevano na svetu, da bi osramotil in ponižal modrijane tega sveta in karkoli je mogočnega; zato smemo upati, da bo nam, čeprav popolnoma nevrednim delavcem, v svoji neskončni dobrotljivosti podelil milost, da bomo po svojih skromnih močeh sodelovali pri zveličanju duš, posebno pri zveličanju ubogih kmetov.

13. – Vsi naj prav posebno spoštujejo in ljubijo naša pravila ali konstitucije, tudi tiste, ki bi se ne zdele tako pomembne; imejmo jih vse za pripomočke, ki nam jih je sam Bog dal, da bi dosegli svojemu poklicu primerno popolnost in tako laže in uspešneje delali za dušno zveličanje. Zato naj vsi pogosto obujajo v sebi goreče in velikodušno hrepenenje, da bi pravila zvesto izpolnjevali. Če bi se katero pravilo upiralo našemu umevanju in čustvovanju, se potrudimo, da bomo v tem takoj sami sebe zatajili in naravo premagali. Pomnimo, da po Kristusovih besedah nebeško kraljestvo silo trpi in si ga osvoje le tisti, ki si silo delajo.

14. – Da pa se ta splošna pravila ali konstitucije in enako tudi posebna pravila, ki zadevajo službo vsakega posameznega, vtisnejo globlje v spomin in srce in jih bomo tako natančneje izpolnjevali, naj jih ima vsak pri sebi in naj jih vsaj vsak tretji mesec prebere ali posluša ter naj se potrudi, da jih bo prav razumel. Vsak naj tudi nekajkrat na leto superiorja ponižno prosi pokore za prekrške proti pravilom, da s tem ponižanjem laže dobi od Gospoda odpuščanje teh pregreškov in novih moči, da se v prihodnje vanje ne povrne. Zvestoba, s katero bo to izpolnjeval, bo obenem pričala, s koliko zvestobo se je trudil, da bi izpolnjeval pravila, in bo merilo njegovega hrepenenja po popolnosti. Če kdo vidi, da je v izpolnjevanju pravil kaj napredoval, naj se zahvali Gospodu Kristusu in ga ponižno prosi, naj podeli njemu in vsej Družbi milost, da bi jih v prihodnje vsi še bolje izpolnjevali. Sicer pa bodimo trdno prepričani, da moramo po Kristusovih besedah, tudi če smo vse storili, kar nam je zapovedano, vendar reči: »Malopridni hlapci smo; storili smo, kar smo bili dolžni storiti; dá, brez njega nismo mogli ničesar storiti.«

*

DOKUMENTI O ZAOBLJUBAH

 

*

ZAOBLJUBE V MISIJONSKI DRUŽBI

 

PAPEŽ ALEKSANDER VII. v trajen spomin

(»Ex commissa nobis«)

Zaradi skrbi, ki nam jo je zaupal najvišji Pastir Gospodove črede, se radi zavzamemo za tisto, kar mislimo, da se dá primernega narediti za položaj družb in cerkvenih osebnosti, ki so bile bogoljubno in pametno ustanovljene za večjo slavo Božjega imena in za to, da se poskrbi za zveličanje duš. Tako hočemo odpraviti nekatere dvome o položaju Misijonske družbe, ki se je začela v Franciji in jo je že prej apostolski sedež potrdil; hočemo pa tudi izkazati posebno naklonjenost in milost ljubljenemu sinu Vincenciju Pavelskemu, generalnemu superiorju iste Družbe; zato ga v ta namen, da bi naslednje vsekakor imelo učinek, s tem odvezujemo in imamo za odvezanega od kateregakoli izobčenja, suspenza, interdikta in drugih cerkvenih obsodb, cenzur in kazni, ki bi ga bile kadarkoli ali iz kakršnegakoli vzroka zadele po pravu ali od človeka, – če je v katero kakorkoli zapleten.

V naklonjenosti do prošnje, ki nam jo je glede tega ponižno predložil, in po posvetu z našimi častitimi brati kardinali svete rimske Cerkve kot razlagalci svetega tridentinskega zbora, ki smo jim to zadevo dali v obravnavo, imenovano Misijonsko družbo takó, kot je rečeno, začeto in z apostolsko oblastjo potrjeno, s tem potrjujemo in odobravamo preproste zaobljube čistosti, uboštva in pokorščine ter stanovitnosti v imenovani Družbi, ki ima namen, da bi se tisti, ki so opravili dveletno preskusno dobo, vse življenje posvečali delu za zveličanje ubogega kmečkega ljudstva. Zaobljubitve pa naj nihče ne sprejema ne v imenu Družbe ne v našem imenu oziroma v imenu vladajočega papeža. In te tako narejene zaobljube lahko razreši samo papež, pa tudi generalni superior imenovane Družbe hkrati z odpustitvijo iz Družbe. Nihče drug jih ne sme in ne more razrešiti ali spremeniti ali dati od njih spregled, tudi ne v moči kakršnegakoli jubileja, križarske bule ali drugega privilegija ali indulta ali pa kakršnegakoli imenovanja ali pooblastila, če niso v njih te zaobljube, kot se po zgornjem v imenovani Družbi delajo, posebej omenjene. Določamo, da je omenjena Misijonska družba v vsem izvzeta izpod oblasti krajevnih ordinarijev; ne velja pa to za tiste, ki jih bodo predstojniki te Družbe poslali na misijone, kolikor se le teh tiče. Omenjena Družba naj se zato ne uvršča med redovne družbe, ampak naj bo v sestavu svetne duhovščine. Določamo, da to pismo je in bo vedno trdno, veljavno in uspešno. Tisti, ki se jih tiče ali se jih bo kdaj tikalo, ga morajo popolnoma upoštevati in brez kršenja spolnjevati. Tako morajo po zgornjem razsojati in odločati katerikoli redni ali pooblaščeni sodniki, tudi avditorji v zadevah apostolske palače. Če bi kdorkoli in s kakršnokoli oblastjo vedé ali nevede skušal v navedenih stvareh ravnati drugače, razglašamo za neveljavno in nično. Temu ne morejo nasprotovati apostolska določila in odredbe, tudi koncilske ne; pa tudi določila in navade ter privilegiji, indulti in apostolska pisma imenovane Družbe ne, kolikor je to treba réči, naj bodo kakorkoli izdana, potrjena in obnovljena, pa so v nasprotju s sedaj rečenim. Vse to skupaj in posamič, česar obseg je po našem s tem popolnoma in zadostno izražen in podan in kar sicer ostane v veljavi, glede na zgoraj rečeno vsaj zdaj posebej in izrečno ukinjamo; prav tako vse drugo, kar bi nasprotovalo.

Hočemo pa, naj tiskanim prepisom tega pisma, podpisanim z roko javnega notarja in opremljenim s pečatom kakšnega cerkvenega dostojanstvenika, gre pred sodiščem in zunaj njega ista vera, kot bi veljala temu pismu, če bi ga kdo predložil ali pokazal.

Dano v Rimu pri sveti Mariji Véliki, pod ribičevim prstanom, dne 22. septembra 1655, v prvem letu našega papeževanja.

 

TEMELJNI STATUT UBOŠTVA

PAPEŽ ALEKSANDER VII. v trajen spomin

(»Alias nos supplicationibus«)

Že prej smo ugodili prošnjam, ki nam jih je predložil ljubljeni sin Vincencij Pavelski, superior Misijonske družbe; potrdili smo isto Družbo na tedaj izražen način in v tedaj navedeni obliki; odobrili smo preproste zaobljube čistosti, uboštva in pokorščine ter stanovitnosti v imenovani Družbi, ki ima namen, da bi se tisti, ki so opravili dveletno preskusno dobo, vse življenje posvečali delu za zveličanje ubogega kmečkega ljudstva. Zaobljubitve pa nihče ne sprejme ne v imenu Družbe ne v našem imenu oziroma v imenu vladajočega papeža. Spregled od teh zaobljub more dati samo papež in generalni superior imenovane Družbe, hkrati z odpustitvijo iz Družbe. Tako bi te Družbe ne mogli šteti med redovne družbe, marveč bi bila v sestavu svetne duhovščine. Sicer je pa to obširneje navedeno v našem pismu v obliki breva, ki je bilo odposlano 22. septembra 1655, kar hočemo s tem pismom potrditi kot primerno in zadostno.

Imenovani Vincencij pa nam je nedavno razložil, da bi pri spolnjevanju navedene preproste zaobljube uboštva v Družbi lahko nastale velike težave, ki bi v Družbo vnašale nemir, če ne bi mi tega primerno vnaprej preprečili. Zato isti Vincencij silno želi, da bi mi z močjo svojega apostolskega odobrenja temeljni statut imenovane Družbe glede uboštva utrdili.

Statut se glasi takole:

»Vsi člani naše Družbe in vsak posebej, ki so bili po navedenih četvernih zaobljubah sprejeti vanjo, ohranijo sicer lastninsko pravico nad vsemi nepremičninami in preprostimi beneficiji, ki jih imajo ali ki jih bodo dobili v posest, ne morejo pa jih svobodno uporabljati: tako ne morejo sadov iz teh posesti ali beneficijev obdržati in brez superiorjevega dovoljenja ničesar obrniti sebi v korist. Pač pa bodo morali z dovoljenjem in po razsodbi superiorja to sadove obrniti za dobra dela. Če pa bi imeli starše ali sorodnike v potrebi, bo superior poskrbel, da bodo v Gospodu dobili podporo za svoje potrebe predvsem iz teh sadov.«

Generalnemu superiorju Vincenciju pa hočemo izkazati še večjo naklonjenost in milost, zato ga v ta namen, da bi naslednje vsekakor imelo učinek, s tem odvezujemo in imamo za odvezanega od kateregakoli izobčenja, suspenza, interdikta in drugih cerkvenih obsodb, cenzur in kazni, ki bi ga bile kadarkoli ali iz kakršnegakoli vzroka zadele po pravu ali od človeka, če je v katero kakorkoli zapleten.

V naklonjenosti do prošnje, ki nam jo je glede tega ponižno predložil, in po posvetu z našimi častitimi brati kardinali svete rimske Cerkve kot razlagalci svetega tridentinskega zbora zgoraj navedeni statut s svojo apostolsko oblastjo s tem potrjujemo in odobravamo, mu dodajamo moč nedotakljive apostolske trdnosti ter popravljamo vse pravne ali dejanske pomanjkljivosti in vsako posebej, če se je katera kje kako prikradla. Določamo, da to pismo je in bo vedno trdno, veljavno in uspešno. Tisti, ki se jih tiče ali se jih bo kdaj tikalo, ga morajo brez kršenja spolnjevati. Tako morajo po zgornjem razsojati in odločati katerikoli redni ali pooblaščeni sodniki, tudi avditorji v zadevah apostolske palače. Če bi kdorkoli in s kakršnokoli oblastjo vedé ali nevede skušal v navedenih stvareh ravnati drugače, razglašamo za neveljavno in nično. Zgornjemu vsemu, skupaj in posamič, ne more vzeti moči nobena stvar, za katero smo v tem pismu rekli, da je ne more vzeti.

Hočemo pa, naj tiskanim prepisom tega pisma, podpisanim z roko kakšnega javnega notarja in opremljenim s pečatom generalnega superiorja imenovane Misijonske družbe ali kakšnega drugega cerkvenega dostojanstvenika gre pred sodiščem in zunaj njega ista vera, kot bi veljala temu pismu, če bi ga kdo predložil ali pokazal.

Dano v Rimu, pri sveti Mariji Véliki, pod ribičevim prstanom, dne 12. avgusta 1659, v petem letu našega papeževanja. (S. Ugolinus)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

KAZALO K SPLOŠNIM PRAVILOM (1658)

 

Pismo sv. Vincencija Pavelskega

  1. O namenu in ureditvi Družbe        
  2. O evangeljskih načelih
  3. O uboštvu
  4. O čistosti
  5. O pokorščini
  6. O tem, kar zadeva bolnike
  7. O skromnosti
  8. O medsebojnih stikih
  9. O razmerju do zunanjih
  10. O pobožnih vajah v Družbi
  11. O misijonih in drugih opravilih, ki naj jih Družba opravlja v prid bÍižnjemu
  12. O nekaterih sredstvih in pripomočkih za dobro izvrševanje naših opravil

 

 

 

KRATICE

K – Konstitucije

S – Statuti

Sp – Splošna pravila (1658)

MD – Misijonska družba

VINCENTIUS A PAULO,

SUPERIOR GENERALIS

CONGREGATIONIS MISSIONIS

Dilectis nostris in Christo Fratribus

ejusdem Congregationis Sacerdotibus,

clericis et coadiutoribus laicis

Salutem in Domino

En tandem, Fratres dilectissimi, en Regulæ seu Constitutiones communes nostræ Congregationis, tantopere a vobis desideratæ, ac tandiu exspectatæ. Anni quidem circiter triginta tres a prima ipsius Congregationis institutione effluxere, antequam illas typis mandatas vobis traderemus: sed eo consilio id egimus, tum ut Christum Salvatorem nostrum imitaremur, in eo quod coepit prius facere quam docere; tum ut quamplurimis occurreremus incommodis, quæ sine dubio oriri potuissent ex præmatura earumdem Regularum seu Constitutionum editione; ac proinde earum praxis et usus visa fuissent postmodum aut nimis difficilia, aut minus congruentia. Hæc autem nostra cunctatio, atque agendi ratio ab illis nos periculis, divina adjuvante gratia, servavit; quin etiam effecit, ut Congregatio paulatim ac suaviter ipsas in praxim redegerit, priusquam illæ fuerint editæ. Nihil enim in illis animadvertetis, quod non jamdudum, imo et cum maxima animi nostri oblectatione, mutuaque omnium vestrum ædificatione, in usu habueritis. Illas igitur, Fratres dilectissimi, pari, quo vobis eas tradimus, affectu accipite. Illas considerate, non quidem ut ab humano spiritu productas, sed potius ut emanatas a Divino, a quo bona cuncta procedunt, et sine quo non sumus sufficientes cogitare aliquid a nobis, quasi ex nobis. Etenim, quid in illis reperietis, quod vos aut ad vitiorum fugam, aut ad virtutum acquisitionem, et ad evangelicorum documentorum exercitium non accendat, ac promoveat? Eaque de causa illas omnes, quantum in nobis fuit, ex Jesu Christi spiritu, actionibusque vitæ ipsius, ut perspicere facile est, haurire conati sumus: quippe qui censuimus eos viros, qui ad continuationem missionis ipsius Christi, quæ potissimum in pauperum evangelizatione consistit, vocati sunt, debere ejusdem Christi sensibus et affectibus, imo eodem, quo ipse, spiritu repleri, ipsiusque vestigiis inhærere.

De cætero ergo, Fratres, rogamus vos, et obsecramus in Domino Jesu, ut in exactam ipsarum Regularum observationem incumbatis: pro certo habentes, quod si illas servaveritis, ipsæ vos servabunt; et tandem ad finem optatum, hoc est, ad coelestem beatitudinem securos vos deducent. Amen.

JESUS, MARIA, JOSEPH.

REGULÆ COMMUNES

CONGREGATIONIS MISSIONIS

Caput I

De fine et Instituto Congregationis

1. — Dominus noster Jesus Christus, testante Scriptura sacra, missus in mundum ut salvum faceret genus humanum, coepit facere et docere. Primum quidem adimplevit, cum omne genus virtutum perfecte in praxim redegit; secundum vero, quando evangelizavit pauperibus, tradiditque Apostolis ac Discipulis suis scientiam ad populos dirigendos necessariam. Et quoniam pusilla Congregatio Missionis cupit ipsum Christum Dominum, mediante ejus gratia, et pro virium suarum tenuitate, imitari tum quoad ipsius virtutes, tum circa munia salutem proximi spectantia; conveniens est, ut similibus mediis, ad pium hoc propositum rite exsequendum, utatur. Idcirco ejus finis est: 1° Propriæ perfectioni studere, nitendo scilicet pro viribus virtutes exercere, quibus summus iste Magister nos verbo et exemplo instituere dignatus fuit; 2° Evangelizare pauperibus, maxime ruricolis; 3° Ecclesiasticos adjuvare ad scientias, virtutesque acquirendas, ipsorum statui requisitas.

2. — Hæc Congregatio ecclesiasticis et laicis constat. Ecclesiasticorum munus est, exemplo ipsius Christi et Discipulorum, oppida et pagos perlustrare, in iisque prædicando et catechizando verbi divini panem parvulis frangere; confessiones generales totius anteactæ vitæ suadere, et excipere; jurgia et lites componere; confraternitatem caritatis instituere; seminaria externorum in nostris domibus erecta regere, et in illis docere; exercitia spiritualia tradere; conferentias ecclesiasticorum externorum apud nos convocare, et dirigere; aliave munia, prædictis functionibus deservientia, ac conformia, obire. Laicorum vero partes sunt, ecclesiasticos in supradictis omnibus ministeriis, Marthæ officio fungendo, prout eis a Superiore præscriptum fuerit, necnon suis orationibus, lacrymis, mortificationibus, et exemplis cooperando, adjuvare.

3. — Ut autem hæc Congregatio finem, quem sibi proposuit, divina aspirante gratia, attingat, necesse est ut totis viribus spiritum Christi induere nitatur, qui maxime elucet in evangelica doctrina; in ejus paupertate, castitate, et obedientia; in caritate erga infirmos; in ejus modestia; in forma vivendi et agendi, quam tradidit discipulis suis; in conversatione; in quotidianis pietatis exercitiis; et in missionibus, aliisque muniis, quæ erga populos obivit. Quæ omnia sequentibus capitibus continentur.

Caput II

De documentis evangelicis

1. — Ante omnia, stabilire se in hac veritate singuli conabuntur, doctrinam Christi nunquam posse fallere; quæ vero est mundi, semper esse fallacem, cum ipsemet Christus affirmet hanc esse similem domui ædificatæ super arenam; suam vero comparari ædificio fundato supra firmam petram. Idcirco, Congregatio semper juxta ipsius Christi, nunquam vero mundi documenta, agere profitebitur. Ut autem id præstet, ea maxime, quæ sequuntur, observabit.

2. — Cum Christus dixerit: Quærite primum regnum Dei et justitiam ejus: et hæc omnia, quibus indigetis, adjicientur vobis; unusquisque spiritualia temporalibus, salutem animæ corporis sanitati, gloriam Dei mundi vanitati anteferre conabitur. Quin etiam inopiam, infamiam, cruciatus, ipsamque mortem sibi magis, cum B. Paulo, eligere statuet, quam separari a caritate Christi. Propterea non erit sollicitus de bonis temporalibus; imo jactabit super Dominum curam suam; pro certo habens quod quandiu in hac caritate erit radicatus, et hac spe fundatus, semper in protectione Dei coeli commorabitur; et sic, non accedet ad eum malum, et ipse non deficiet omni bono, etiamsi sua omnia jam fore peritura arbitraretur.

3. — Et quoniam pium illud exercitium, quod in divina voluntate semper et in omnibus facienda consistit, certum est medium, quo christiana perfectio brevi potest acquiri; unusquisque pro viribus nitetur illud sibi familiare reddere, hæc quatuor præstando: 1° Debite tum jussa exsequendo, tum prohibita fugiendo, quoties nobis innotescit hujusmodi jussionem, aut prohibitionem a Deo, vel ab Ecclesia, vel a Superioribus nostris, vel a Regulis seum Constitutionibus nostræ Congregationis, emanare; 2° Inter agenda, quæ occurrunt, indifferentia, ea potius eligendo, quæ naturæ nostræ repugnant, quam quæ arrident, nisi ista, quæ placent sint necessaria: tunc enim sunt aliis præferenda; ipsa tamen intuendo, non qua parte sensum delectant, sed dumtaxat qua Deo sunt gratiora. Quod si plura agenda, per se indifferentia, simul offeruntur, quæ nec sunt grata nec ingrata, tunc quodlibet ex ipsis, tanquam a divina Providentia oblatum, sine delectu assumere convenit; 3° Quæcumque nobis inopinato contingunt, sive adversa, sive prospera illa sint, sive corpus afficiant, sive animum, cuncta hæc, tanquam a paterna manu Domini procedentia, æquanimiter acceptando; 4° Illa omnia præfata peragendo, hocce motivo, quia tale est Dei beneplacitum, et ut in hoc ipso Christum Dominum, quantum in nobis est, imitemur, qui eadem, et in eundem finem perpetuo adimplevit, ut ipsemet testatur: Ego, inquit, quæ placita sunt Patri, facio semper.

4. — Cum Dominus Jesus a nobis exigat columbæ simplicitatem, quæ consistit tum in nuda declaratione rerum, ut se habent in corde, et absque inutilibus reflexionibus, tum in rebus sine fuco aut artificio agendis, Deum solum intuendo; ideo unusquisque enixe operam dabit, ut omnia in eodem spiritu simplicitatis perficiat; considerans Dei sermocinationem esse cum simplicibus; eumque secreta coelestia abscondere a sapientibus et prudentibus hujus sæculi et revelare ea parvulis.

5. — Sed quoniam Christus, dum columbæ simplicitatem commendat, prudentiam serpentis simul amplectendam præcipit: quæ quidem est virtus, qua discrete loquimur et operamur; idcirco prudenter ea reticebimus, quæ non expedit revelare, maxime cum ex se vitiosa et illicita sunt; et ex iis quæ aliquo modo sunt bona aut licita, rescindemus circumstantias, quæ contra honorem Dei aut in damnum proximi vergunt, aut cor nostrum ad inanem gloriam possunt inclinare. Cum autem hæc virtus, in agendis, versetur circa electionem mediorum, quæ ad finem suum consequendum sunt idonea; ideo apud nos sanctum et inviolatum erit, semper uti mediis divinis ad res divinas, et de rebus sentire ac judicare juxta sensum et judicium Christi, nunquam vero mundi; neque etiam secundum imbecillem intellectus nostri ratiocinationem: et sic erimus prudentes sicut serpentes, et simplices sicut columbæ.

6. — Omnes etiam magnam adhibebunt diligentiam in addiscenda hac lectione a Christo tradita: Discite a me quia mitis sum, et humilis corde; attendentes, ut ipsemet asserit, mansuetudine possideri terram, quia hujus virtutis exercitio corda hominum conciliantur, ut ad Dominum convertantur, quod non præstant, qui cum proximo durius et asperius agunt; humilitate vero coelum acquiri, quo amor propriæ abjectionis solet exaltare, deducens nos, quasi per gradus, de virtute in virtutem, donec illuc perveniatur.

7. — Sed hæc humilitas, quam Christus ipse tam sæpe nobis et verbo et exemplo commendavit, et ad quam acquirendam Congregatio debet omnem operam insumere, tres has conditiones exigit: quarum prima est, se hominum vituperio dignum cum omni sinceritate reputare; 2° Gaudere quod alii imperfectum nostrum videant, et nos inde contemnant; 3° Si Dominus per nos, aut in nobis aliquid operetur, illud, si fieri possit, occultare ad aspectum propriæ vilitatis sin autem id fieri non possit, totum divinæ misericordiæ, et aliorum meritis attribuere. Et hoc est universæ evangelicæ perfectionis fundamentum, nodusque totius spiritualis vitæ: ei, qui humilitatem istam possidebit, omnia bona venient pariter cum illa; qui vero ea carebit, etiam quod habet boni, auferetur ab eo, continuisque agitabitur angustiis.

8. — Cum Christus dixerit: Qui vult venire post me, abneget semetipsum, el tollat crucem suam quotidie; et B. Paulus in eodem spiritu adjunxerit è: Si secundum carnem vixeritis, moriemini; si autem spiritu facta carnis mortificaveritis vivetis; unusquisque in assiduam scilicet propriæ voluntatis, propriique judicii abnegationem, sensuum quoque omnium mortificationem incumbere studebit.

9. — Immoderato pariter in propinquos amori omnes renuntiabunt, juxta consilium Christi e numero discipulorum suorum eos excludentis, qui non oderint patrem et matrem, fratres et sorores; centuplumque nunc in hoc mundo, et in altero vitam æternam promittentis, si eos propter evangelium reliquerint. Quibus ostenditur quantum christianae perfectioni impedimentum sint caro et sanguis. Parentes tamen spirituali amore, et secundum Christum amandi sunt.

10. — Omnes ei indifferentiæ, quam Christus ac Sancti tantopere coluerunt, singulari diligentia studebunt; ita ut neque ministeriis, neque personis, neque locis, præsertim patriæ, neque ulli hujusmodi rerum, ullo unquam affectu inordinato adhærescant; imo sint parati ac prompti hæc omnia, ad Superioris voluntatem nutumque, libenter deserere, omnemque circa illa repulsam, ac mutationem ab ipso procedentem, æquo animo patiantur; illumque bene omnia fecisse in Domino fateantur.

11. — In honorem communis vitæ, quam Christus Dominus ducere voluit, ut aliis conformis fieret, et hoc pacto facilius Deo Patri eos lucrifaceret; omnes, quoad fieri poterit, in omnibus uniformitatem servabunt: illam spectantes tanquam boni ordinis, ac sanctæ unionis tutricem; fugientque pariter singularitatem, ut invidiæ ac divisionis radicem; idque non solum quoad victum, vestitum lectum, et cætera hujusmodi; sed etiam quoad rationem dirigendi, docendi, prædicandi, gubernandi, necnon et quoad praxes spirituales. Ut autem hæc uniformitas possit apud nos perpetuo conservari, unicum nobis adhibendum est medium: nempe exactissima Regularum seu Constitutionum nostrarum observatio.

12. — Actus caritatis erga proximum apud nos incessanter vigebunt, quales sunt: 1° Aliis facere quod nobis juste fieri ab iis vellemus; 2° Aliis assentiri ac omnia in Domino approbare; 3° Se invicem supportare sine murmuratione; 4° Flere cum flentibus; 5° Gaudere cum gaudentibus; 6° Se invicem honore prævenire; 7° Sese aliis benevolum et officiosum ex imo corde præstare; 8° Denique omnibus omnia nos facere, ut omnes Christo lucrifaciamus. Quæ omnia intelligenda sunt, dummodo nihil contra divina vel ecclesiastica præcepta, aut nostræ Congregationis Regulas seu Constitutiones, ullo modo agatur.

13. — Si quando divina Providentia permittat Congregationem, aut aliquam ipsius domum, aut quempiam ex suis subditis calumnia vel persecutione gratis impugnari ac exerceri, diligentissime cavebimus ab omni vindicatione, aut maledictione, aut etiam querela ulla in ipsos persecutores ac calumniatores; imo de hoc ipso Deum laudabimus et benedicemus; et tanquam de occasione magni boni descendentis a Patre luminum, ei cum exsultatione gratias agemus. Quin etiam pro illis omnibus ipsum ex animo precabimur, necnon illis, cum sese opportunitas ac facultas offerent, lubenter benefaciemus; attendentes quod Christus id nobis, sicut et cæteris fidelibus præcipit, dicens: Diligite inimicos vestros, benefacite his qui oderunt vos; et orate pro persequentibus et calumniantibus vos. Et ut omnia hæc facilius et lubentius observemus, asserit quod in hoc beati erimus, et ob idipsum gaudere ac exsultare debemus, quoniam merces nostra copiosa est in coelis: et, quod caput est, ipse prior hoc dignatus est erga homines adimplere, ut nobis exemplum daret: quod postea imitati sunt Apostoli, discipuli, ac innumeri christiani.

14. — Quamvis præfata omnia evangelii documenta, tanquam sanctissima ac utilissima, quantum in nobis est observare debeamus: quia tamen quædam ex illis nobis magis conveniunt, illa scilicet, quæ peculiari ratione simplicitatem, humilitatem, mansuetudinem, mortificationem et zelum animarum commendant; Congregatio his colendis atque exercendis accuratius incumbet, ita ut hæ quinque virtutes sint veluti facultates animæ totius Congregationis, omnesque nostræ singulorum actiones illis semper animentur.

15. — Et quoniam Satanas ab istorum documentorum exercitio, sua iis prorsus contraria opponendo, nos semper avocare nititur; ideo maximam quisque adhibebit prudentiam ac vigilantiam ad illa omnia fortiter et animose oppugnanda ac devincenda, ea maxime quæ magis Instituto nostro repugnant, qualia sunt: 1° Prudentia carnis; 2° Velle videri ab hominibus; 3° Appetere ut quisque nostro judicio ac voluntati semper subjiciatur; 4° Quærere in omnibus suæ naturæ satisfactionem; 5° Insensibilitas erga honorem Dei et salutem proximi.

16. — Cumque malignus spiritus se frequenter in angelum lucis transfiguret, suisque interdum illusionibus nos decipiat; omnes sibi diligenter ab iis cavebunt, modumque eas discernendi ac superandi addiscere studebunt. Cumque experimento compertum sit præsentissimum ac tutissimum esse remedium in hoc casu, quam citissime rem aperire iis, qui a Deo sunt ad hoc deputati; idcirco cum quis se cogitationibus aliqua illusione suspectis, sive gravi angustia aut tentatione vexari senserit, quamprimum poterit, id Superiori aut Directori ad id designato patefaciet, ut congruum adhibeatur remedium; quod quisque, tanquam de manu Domini, recipiet, approbabit, ac sibi cum fiducia ac reverentia applicabit. Ante omnia cavebit ne ulli alii, sive nostrorum sive externorum, rem ullo modo manifestet; cum experientia constet hujusmodi manifestatione malum fieri deterius, alios ejusdem mali contagione infici, imo et totam Congregationem tandem magnum inde detrimentum capere.

17. — Et quoniam unicuique mandavit Deus de proximo suo, et nos invicem utpote ejusdem corporis mystici membra juvare debemus; ubi quis noverit aliquem gravi tentatione agitari, vel in culpam notabilem incidisse, statim in spiritu caritatis, et meliori modo quo poterit, curabit ut his duobus malis debite et tempestive convenientia remedia per Superiorem adhibeantur. Quisque etiam ad majorem progressum in virtute faciendum, boni consulet, et gratum habebit, ut sui defectus Superiori in eodem spiritu caritatis manifestentur per quemvis, qui extra confessionem eos observaverit.

18. — Cum Dominus noster venerit in mundum, ut in animas imperium Patris sui repararet: illas scilicet eripiendo a dæmone, qui eas inordinata divitiarum, honoris, et voluptatis cupiditate callide decipiendo, rapuerat; congruum censuit benignus hic Salvator cum suo adversario contrariis armis, scilicet paupertate, castitate, et obedientia certare, sicuti fecit usque ad mortem. Cumque minima Congregatio Missionis in Ecclesia Dei in eum finem surrexerit, ut animarum saluti, maxime pauperum ruricolarum, inserviret, nullis utique fortioribus et aptioribus armis utiposse judicavit, quam iisdem, quibus ista Sapientia æterna tam feliciter, tamque utiliter usa est. Quapropter omnes et singuli, hujusmodi paupertatem, castitatem, et obedientiam, fideliter et perpetuo, juxta Institutum nostrum, servabunt. Et ut securius ac facilius, et etiam cum ampliori merito, in iis virtutibus observandis, possint usque ad mortem perseverare, unusquisque ea, quæ in sequentibus capitibus circa id statuuntur, maxima qua poterit fidelitate, exsequi in Domino conabitur.

 

Caput III

De paupertate

 

1. — Cum ipse Christus, verus universorum bonorum Dominus, ita paupertatem amplexus fuerit, ut non haberet ubi reclinaret caput suum, eosque, qui secum in missionibus laboraverunt Apostolos scilicet et Discipulos, in simili inopiæ gradu constituerit, ita ut nihil proprium haberent; et sic expediti cupiditatem divitiarum, quæ totum fere mundum perdit, melius ac commodius expugnarent; unusquisque in hac virtute colenda, ipsum pro sua tenuitate imitari conabitur, certo sciens hanc fore inexpugnabile propugnaculum, quo Congregatio, divina aspirante gratia, perpetuo conservabitur.

2. — Et quamvis ministeria nostra in missionibus, quatenus sunt gratis obeunda, nequaquam ferre possint, ut paupertatem omnimode profiteamur; affectu tamen, et quantum in nobis erit, effectu, ipsam observare in Domino contendemus; idque præsertim juxta ea quæ hic præscribuntur.

3. — Omnes et singuli nostræ Congregationis intelligent, quod, exemplo primorum christianorum, erunt nobis omnia communia, et illa singulis distribuentur a Superioribus, nimirum victus, vestitus, libri, et supellectilia et cætera, prout cuique opus erit. Ne tamen quicquam fiat contra paupertatem, quam amplexi sumus, nemo de hujusmodi bonis Congregationis disponere, aut dispensare quicquam poterit, nisi de licentia Superioris.

4. — Præterea, nullus quicquam habebit inscio, vel non concedente Superiore; aut quod non sit paratus statim relinquere ad præceptum, vel etiam ad nutum illius.

5. — Nemo ulla re tanquam propria utetur. Nemo quicquam donabit, aut accipiet, vel dabit mutuo aut commodato, aut aliunde petet, sine licentia Superioris.

6. — Eorum quæ sunt usibus aliorum deputata, vel in communi seposita, aut relicta, nemo quicquam sibi sumet, ne libros quidem; aut quod ad usum suum sibi datum est, alteri tradet, sine Superioris consensu; aut id patietur negligentia sua perire, aut fieri deterius.

7. — Nullus superflua, aut curiosa exquiret. Necessaria autem, ipsorumque desiderium ita quisque moderabitur, ut victus, cubiculi, et lecti ratio, sit tanquam pauperi accommodata; atque in his, sicut in omnibus, effectus aliquos paupertatis experiri sit paratus; quin etiam vilissima quæque eorum, quæ domi sunt, sibi tribui libenter patiatur.

8. — Et ut nihil apud nos cernatur quod proprietatem vel minimam redoleat, cubicula nostra non ita erunt clausa, quin extrinsecus aperiri possint; nec in iis ulla arca, sive quicquam aliud clave particulari obseratum asservabitur, nisi cum expressa Superioris facultate.

9. — Nemo etiam ex una domo in aliam pergens, quicquam secum asportabit sine licentia Superioris.

10. — Et quoniam virtus paupertatis solo etiam appetitu inordinato ad bona temporalia potest violari: unusquisque diligenter cavebit, ne hoc malum, etiam quoad beneficia, sub specie boni spiritualis, ambienda, cor suum invadat; ideoque, ne quidem ad ullum beneficium, aut dignitatem ecclesiasticam, sub quocumque prætextu, aspirabit.

Caput IV

De castitate

 

1. — Salvator noster quanti castitatem coleret, quamque ardenter illam in corda hominum insinuare cuperet, evidenter significavit, ex eo quod per operationem Spiritus sancti, supra naturae leges, de Virgine intacta nasci voluerit; et a vitio opposito ita abhorruerit, ut quamvis atrocissima crimina falso sibi imputari permiserit, ut juxta desiderium suum opprobriis saturaretur, nusquam tamen impudicitiæ, ne dicam accusatione, sed ne quidem suspicione ulla, a suis etiam infensissimis hostibus notatum fuisse legamus; ideo multum interest, ut Congregatio singulari hujus virtutis acquirendæ desiderio exardescat, eamque perfectissime colere semper et ubique profiteatur; quod tanto magis nobis cordi esse debet, quanto strictius ad fere continuam cum sæcularibus utriusque sexus conversationem, nos Missionis exercitia addicunt. Quapropter unusquisque, in hac castitate tum corporis tum animi integre conservanda, omnem curam, diligentiam, et præcautionem adhibere, quantum in se erit, conabitur.

2. — Ut autem, Deo auxiliante, id assequi valeat, sensus tum interiores, tum exteriores vigilantissime custodiet; mulieres nunquam solus cum sola, loco et tempore indebitis, alloquetur; illas alloquendo, vel ad eas scribendo, a verbis, etiamsi piis, teneram erga eas benevolentiam redolentibus, omnino abstinebit; illarum confessiones audiendo, sicuti extra confessionem colloquendo, ad eas propius non accedet: nec de sua castitate præsumet.

3. — Et quoniam intemperantia est veluti mater et nutrix impuritatis, unusquisque in esu erit temperans, et quoad fieri poterit, cibis communibus, et vino, aqua plurima diluto, utetur.

4. — Insuper, omnes sibi persuadebunt Missionariis nequaquam sufficere, hujusce virtutis gradum attigisse non mediocrem, imo præterea requiri, ut totis viribus nitantur impedire, si fieri possit, ne ullus hominum de aliquo nostrorum vel levissimam vitii contrarii suspicionem possit concipere: hæc enim sola suspicio, etiamsi omnino injusta, plus obesset Congregationi, ipsiusque piis ministeriis, quam alia crimina falso nobis imputata, eo maxime quod exiguus aut nullus ob id colligeretur fructus ex missionibus nostris. Quare ad malum hoc præveniendum, aut tollendum, omnibus, quæ occurrere poterunt, mediis, non modo ordinariis, verum etiam, si res postulat, extraordinariis utemur: cujusmodi est istud, ab aliquibus operibus, alioqui licitis, et etiam bonis ac sanctis, interdum abstinere, cum scilicet, judicio Superioris aut Directoris, illa videntur dare locum timendi hujusmodi suspicionem.

5. — Et quia otiositas est noverca virtutum, maxime castitatis, unusquisque vitium hoc ita fugiet, ut semper inveniatur utiliter occupatus.

 

Caput V

De oboedientia

 

1. — In honorem obedientiæ, quam Dominus noster Jesus Christus verbo et exemplo nos docuit, eum beatissimæ Virgini, beato Josepho, necnon et aliis personis in dignitate constitutis, tum bonis, tum dyscolis, subditus esse voluit; omnibus et singulis præpositis nostris, ipsos in Domino, et Dominum in ipsis attendentes, exacte obediemus; in primis Sanctissimo Domino nostro Papæ reverentiam et obedientiam fideliter et sincere præstabimus; obedientiam quoque illustrissimis ac reverendissimis DD. nostris Episcopis, in quorum dioecesibus instituta fuerit Congregatio, humiliter, et constanter, juxta institutum nostrum, exhibebimus. Præterea nihil in ecclesiis parochialibus aggrediemur absque parochorum consensu.

2. — Omnes etiam et singuli Superiori Generali obediemus prompte, hilariter et perseveranter, in omnibus ubi peccatum non apparet, et cæca quadam obedientia, proprium judicium, propriamque voluntatem submittentes, idque non solum quoad ejus voluntatem nobis notificatam, sed etiam quoad ejus intentionem: existimantes illud semper ad melius esse, quod ipse præcipit; nosque illius dispositioni, quasi limam in manibus fabri, committentes.

3. — Et hæc obedientia cæteris Superioribus tam particularibus, quam Visitatoribus, necnon officialibus subordinatis pariter exhibenda erit. Quisque etiam campanæ sono, ut voci Christi obedire conabitur; ita ut ad primum ejus signum studeat vel ipsam imperfectam litteram relinquere.

4. — Et ut Congregatio facilius et citius in hac virtute progressum faciat, pro viribus nitetur, ut pia illa consuetudo nihil petendi, nihilque recusandi, apud nos semper vigeat: attamen, cum quis noverit aliquid sibi esse vel nocivum vel necessarium, id coram Domino examinabit, utrum idipsum Superiori aperire debeat, vel non, et se indifferentem habebit quoad responsum futurum; et hoc pacto dispositus, rem Superiori declarabit; tenebitque pro certo voluntatem Dei sibi significari per voluntatem Superioris; qua cognita statim acquiescet.

5. — Omnes statutis cujuslibet hebdomadæ diebus, et horis, in locum assignatum convenient, ut, que circa ordinem domesticum monenda sunt, a Superiore audiant: et si quid habent proponendum, ei significent.

6. — Nemo quicquam aliis præcipiet, aut ullum reprehendet, nisi ad id a Superiore deputatus sit, aut ex officio jam teneatur.

7. — Nullus ab uno Superiore repulsam passus, alium Superiorem adibit super ea re, quin repulsam, et repulsæ causam illi significet.

8. — Nemo curam alicujus rei sibi commissam deseret, licet aliquo superveniente negotio impeditus, quin mature admoneat aliquem ex Superioribus, ut si opus est, alium substituat.

9. — Sicut nullus in alterius officium aut ministerium se ingerere debet, ita cum quis rogatus fuerit ab aliquo, maxime ex officialibus etiam minoribus, ut ipsum obiter adjuvet, id benigne præstabit, nisi quid obstet: si tamen in hac re diutius occupari oporteret, id non fiet nisi prius obtenta Superioris licentia.

10. — Nemo in locum alieno ministerio destinatum introibit absque licentia Superioris; in rebus autem necessariis, sufficiet licentia Præfecti illius loci.

11. — Ut occurratur multis non parvi momenti incommodis, quæ possent evenire, nullus litteras scribet, mittet, aut aperiet absque facultate Superioris; cui scriptas quisque dabit, ut eas vel mittat, vel retineat, prout sibi visum fuerit.

12. — Et ut obedientia aliquid etiam conferat corporis sanitati, nullus extra consueta tempora potum, aut cibum sumet, sine Superioris licentia.

13. — Nullus absque Superioris facultate generali aut speciali, in cubiculum alterius intrabit, neque illud aperiet, quin ei responsum fuerit, ingredere; quandiu autem una erunt, tandiu janua patebit.

14. — Nemo etiam alios, maxime externos, in cubiculum suum introducet, nisi accepta ab eodem Superiore licentia.

15. — Nemo librum aut componet, aut ex una lingua in alteram vertet, et in lucem edet, sine expressa tum approbatione tum facultate Superioris Generalis.

16. — Nullus ex coadjutoribus nostris, officio Marthæ destinatis, ad studium linguæ latinæ, nedum ad statum ecclesiasticum adspirabit. Quod si quis in se tale desiderium senserit, illud protinus nitetur exstinguere, tanquam a maligno spiritu procedens; qui forte speciosa superbia, zelo animarum velata, ipsos perdere intendit. Legere autem vel scribere non addiscent sine expressa Superioris generalis licentia.

 

Caput VI

De iis quae ad infirmos spectant

 

1. — Cum inter cætera, quæ Christus operabatur, frequentiusque commendabat iis, quos in vineam suam mittebat, hoc unum ex præcipuis fuerit, infirmorum, maxime pauperum cura ac visitatio; ideo Congregationi peculiaris erit cura, illos non solum domesticos verum etiam externos, cum Superioris consensu, invisendi ac sublevandi, illis tum corporalia, tum spiritualia subsidia, quæ commode poterunt, subministrando, præsertim in missionibus; et præterea singularem curam adhibendo in confraternitate caritatis erigenda ac visitanda.

2. — Ubicumque infirmum aliquem sive domi, sive extra domum, visitabunt, illum non ut hominem, sed ut Christum ipsum, tale sibi obsequium præstari asserentem, spectabunt: ideoque quilibet se ibi modeste geret, ac submissa voce loquetur, et de rebus, quæ ipsum exhilarare et consolari, necnon circumstantes ædificare possint.

3. — Infirmi quoque nostri sibi persuadebunt, se non solum in valetudinario et lecto detineri, ut remediis curentur ac sanentur, sed etiam ut virtutes christianas, maxime patientiam, et conformitatem cum divina voluntate, velut ex suggestu, suo saltem exemplo doceant; et sic, omnibus se invisentibus, sibique ministrantibus, Christi bonus odor sint; adeo ut virtus ipsorum in infirmitate perficiatur. Cum autem inter cæteras virtutes, quæ in ægrotis requiruntur, obedientia sit etiam multum necessaria; ideo medicis, non tantum spiritualibus, sed etiam corporalibus, tum infirmario, aliisque ad sui curam destinatis, exactissime illam exhibebunt.

4. — Et ne quis circa infirmos abusus subrepat, omnes qui se male affectos sentient, id Superiori, vel Præfecto sanitatis, aut Infirmario significabunt. Nemo vero medicinam ullam sumet, aut medico nostro utetur, aut alium consulet, nisi cum Superioris approbatione.

 

Caput VII

De modestia

 

1. — Tanta in Christo Domino modestia tum in facie et gestu, tum in sermone elucebat, ut usque ad interiora deserti ad se attraheret multa populorum millia, quo ipsius aspectu fruerentur, verbaque vitæ æternæ, quæ procedebant ab ore ejus, audirent; ita ut, cibi potusque necessarii sumendi obliviscerentur: hanc amabilem virtutem in tanto Magistro imitari debent Missionarii, qui, cum ex Instituto suo teneantur cum proximo frequenter agere, timere debent semper, ne quod functionibus et ministeriis suis in Domino ædificaverint, id malo exemplo vel minimæ immodestiæ destruant. Quapropter id omnes, quod D. Paulus primis Christianis commendabat, Modestia vestra nota sit omnibus hominibus, diligenter observabunt. Ut autem id præstare valeant, regulas particulares modestiæ, in Congregatione præscriptas, et has sequentes, in usu habere sedulo curabunt.

2. — Imprimis ab inordinata oculorum evagatione abstinebunt, præsertim in templo, in mensa, et in publicis actionibus; efficientque ut nihil leve aut puerile in gestu, nihilque affectatum aut mundanum in incessu appareat.

3. — Cavebunt omnes ne se invicem, etiam per jocum, tangant, nisi quando in signum caritatis, et causa salutationis, se mutuo amplecti convenit; cum scilicet quis peregre egreditur aut regreditur, vel est recens admissus in Congregatione.

4. — Quisque honestæ munditiei servandæ, præsertim in vestibus, studiosus erit: ab illa vero, quæ est nimis exquisita, aut affectata, omnino abstinebit.

5. — Quisque pauperem suam, et hanc paucissimam supellectilem, mundam ac bene dispositam servabit in cubiculo quod etiam tertio quoque die scopis everret, ac lectum mane surgendo decenter componet; nisi propter ejus infirmitatem aut negotium aliquod, alius ad id suffectus sit a Superiore.

6. — Nemo e cubiculo nisi decenter vestitus egredietur.

7. — Et ut facilius et citius coram aliis modestiam nostram exhibere valeamus, unusquisque privatim, etiam solus in cubiculo, modeste se habere Deum præsentem intuendo, sollicite studebit; et præsertim cavebit, ne absque indusio, aut non sufficienter coopertus, noctu dormiat.

 

Caput VIII

De mutua nostrorum conversatione

 

1. — Cum Christus Salvator noster Apostolos ac Discipulos in unum congregasset, nonnulla recte inter se convivendi præcepta ipsis tradidit, cujusmodi sunt, ut se invicem diligerent; alter alterius pedes lavarent; si quid haberet alter adversus alterum, iret statim reconciliari fratri suo; bini incederent: denique si quis vellet inter eos esse major, minor fieret; et alia his similia. Idcirco nostra minima Congregatio, Christi et Discipulorum vestigiis insistere cupiens, sequentes regulas, quæ rationem bene inter nos convivendi et colloquendi spectant, similiter debuit habere: quas unusquisque pro viribus observare studebit.

2. — Ut caritas fraternitatis, ac sancta unio semper maneat in nobis, et omnimode conservetur, singuli se invicem magna reverentia prosequentur, in morem tamen carorum amicorum, inter se semper conviventes. Particulares autem amicitias perinde ac aversiones diligenter vitabunt; cum hæc duo vitia esse originem divisionum, ac ruinam Congregationum, experimento compertum sit.

3. — Omnes singularem, ut decet, honorem Superioribus exhibebunt, iisque caput aperient; et cavebunt ne eosdem Superiores se alloquentes interpellent, aut, quod pejus est, illis resistant verbo. Omnes pariter caput aperient sacerdotibus; seminaristæ et scholastici, suis directoribus et præceptoribus. Sacerdotes etiam sese invicem hoc honore prævenire in Domino studebunt. Ne tamen detur locus evagationi oculorum aut mentis, nemo, dum mensæ accumbit, cuiquam, præterquam Superiori, vel alicui externo insigniori, aperiet caput.

4. — Et quoniam Scriptura testatur tempus esse loquendi et tempus tacendi, et in multiloquio non defuturum peccatum, et etiam diuturno experimento satis constat, vix fieri posse, ut communitas ulla Deo dicata, in bono diu perseveret, si in ea nullus locutioni modus præscribatur, nullaque silentii ratio habeatur; ideo apud nos silentium extra recreationis tempus servabitur; ita ut extra illud nemo sine necessitate loquatur, nisi obiter et verbis perpaucis, ac voce submissa, maxime in ecclesia, in sacristia, in dormitorio, et in refectorio, præsertim dum mensæ discumbitur: si tamen alicui accumbentium quicquam deest, is qui assidet, uno verbo, si nutu, aliove signo id non possit, eum, qui ministrat, admonebit. Quocumque autem tempore loquamur, etiam horis, conversationi destinatis, semper a nimia vocis contentione, vel elatione cavebimus, cum inde et nostri et externi possint malam accipere ædificationem.

5. — Nemo ex nostris cum seminaristis, aut cum scholasticis, aliisque, etiam sacerdotibus, qui biennium ab egressu e seminario nondum expleverunt, colloquium sine Superioris facultate, habebit, nisi ad illos obiter et uno verbo salutandos, cum id caritas a nobis exigit.

6. — Ad majorem silentii observationem, attendet unusquisque, ut, dum in cubiculo versatur, vel per domum, præsertim noctu, incedit, vel etiam januas aperit, aut claudit, quoad fieri poterit, strepitus non edatur.

7. — In quotidianis conversationibus, ac recreationibus, ita modestiam cum hilaritate conjungemus, ut semper quoad fieri poterit, utile dulci misceamus, et omnibus exemplo nostro præluceamus. Quod ut facilius assequamur, colloquia nostra erunt, ut plurimum, de iis quæ ad pietatem, vel doctrinam missionariis requisitam, conducunt.

8. — In mutuis hujusmodi colloquiis, sicut et in aliis quæ aliquando licite habenda occurrunt, operam dabimus, ut inter cætera colloquendi argumenta, ea maxime, quæ ad amorem vocationis nostræ, studiumve propriæ perfectionis juvant, in medium proponamus, ad id nos invicem stimulantes; nunc quidem commendando virtutem, puta devotionem, mortificationem, obedientiam, humilitatem; nunc vero earum partes adversus eos, qui sinistre de iis loquerentur, humiliter et suaviter defendendo. Quod si qua ex illis virtutibus sensui nostro repugnet, id Superiori vel Directori dumtaxat aperiemus; et diligenter cavebimus ne aliis sive palam, sive privatim id detegamus.

9. — Omnem in colloquendo pertinaciæ aut contentionis speciem, etiam per modum recreationis magna diligentia fugiemus; quin etiam aliorum sententiam nostræ in omnibus non illicitis, quoad fieri poterit, anteponere in Domino studebimus. Si quis tamen circa rem propositam diversæ fuerit sententiæ, rationes suas modeste et in spiritu humilitatis poterit proferre. Imprimis autem cavebunt omnes ne inter colloquendum quicquam moleste aut ægre ferre, aut se offensos in aliquem ostendant, aut verbis vel factis, aut alio quovis modo lædant.

10. — Omnes summæ religioni ducent, servare secretum, non modo circa ea quæ ad confessionem, aut directionem pertinent, verum etiam quæ fiunt vel dicuntur in capitulo, quoad culpas et poenitentias; sicut et cætera, quorum revelationem novimus esse a Superioribus, vel a parte rei prohibitam.

11. — Nemo aliorum, maxime Superiorum famam vel leviter attinget, aut contra illos commurmurabit, aut quicquam, quod in nostra Congregatione, sicut et in aliis communitatibus fiat aut dicatur, censura notabit.

12. — Nemo de administratione domus curiose inquiret; aut de ea cum aliis sermonem habebit; aut contra Congregationis Regulas seu Constitutiones, vel pias etiam consuetudines, sive directe, sive indirecte loquetur.

13. — Nemo de victu, vestitu et cubitu conqueretur; aut etiam colloquetur, nisi ratione sui officii ad id sit deputatus.

14. — Nemo in malam partem de aliis nationibus, vel provinciis loquetur; cum mala non parva inde soleant evenire.

15. — In publicis discordiis et bellis, quæ inter principes christianos oriri possunt, nullus se in alterutram factionis partem inclinari significabit, ad imitationem Christi qui inter litigantes fratres esse arbiter, et de jure principum judicare noluit; id unum prædicans, reddenda esse quæ sunt Cæsaris, Cæsari, etc.

16. — Unusquisque a colloquiis de rebus, quæ ad rationem status seu regnorum, aliaque negotia sæcularia publica pertinent, maxime de bello, et principum contentionibus præsentis temporis, cæterisque ejusmodi rumoribus sæculi longe aberit: et etiam de istis omnibus, quoad fieri poterit, cavebit quicquam scribere.

 

Caput IX

De conversatione cum externis

 

1. — Præter regulas, quas Salvator noster de it Apostolis ac Discipulis suis de ratione inter se conversandi, adjunxit quædam præcepta de modo recte se gerendi cum proximo, cum scribis, et pharisæis, cum præsidibus, quando ad eorum synagogas et tribunalia ducerentur; et quomodo, cum ad convivia vocarentur, et alia ejusmodi. Quapropter ad ejus exemplum, quasdam regulas de ratione communicandi cum externis similiter habere conveniens fuit. Has igitur fideliter observare conabimur.

2. — Etsi Institutum nostrum ad frequentem cum sæcularibus conversationem, maxime in missionibus, nos astringit: eos tamen non adibimus, nisi cum obedientia, aut necessitas vocaverit; et tunc memores erimus hujus verbi Domini, Vos estis lux mundi; ut scilicet solis lucem imitemur, quæ et illuminat et calefacit, et quamvis per immunda transeat, nullam tamen puritatis suæ jacturam patitur.

3. — Omnes a litibus externorum sollicitandis, a legatis testamentariis exequendis, a commerciis et matrimoniis tractandis, ac similibus sæculi occupationibus diligenter cavebunt, juxta consilium Apostoli: Nemo militans Deo, implicat se negotiis sæcularibus.

4. — Nullus etiam piorum negotiorum curam suscipiet, aut ad ea gerenda operam suam promittet, aut ad id se propensum ostendet, sine Superioris facultate.

5. — Domi nemo loquetur cum externis, aut alios e nostris ad id vocabit sine facultate Superioris.

6. — Nemo ullum externum ad mensam invitabit sine Superioris licentia.

7. — Nullus cujusquam externi ad aliquem nostrorum, aut alicujus e nostris ad externum, mandata aut litteras, aut quid aliud deferet, sine Superioris licentia.

8. — Nemo Regulas seu Constitutiones nostras externis communicabit, sine expressa Generalis aut Visitatoris facultate: admittendis autem istæ Communes poterunt ostendi cum licentia Superioris particularis; idque tempore exercitiorum spiritualium, et aliquando prius, si ei ita expedire in Domino visum fuerit.

9. — Nemo, quæ domi acta vel agenda sunt, temere et sine fructu externis referet, aut cum illis de rebus illis colloquetur, quas non licet inter nostros adducere in colloquium, maxime de iis quæ ad rationem status seu regni pertinent.

10. — Cum quis facultatem habet adeundi externos, cum illis nonnisi de rebus necessariis, aut ad salutem et ædificationem ipsorum, aut propriam, aut utrumque conducentibus, colloquetur; idque ea, qua par est, gravitate, devotione, ac modestia, juxta personarum, locorum, ac temporum circumstantias.

11. — Nemo domo egredietur, nisi quomodo, quando, et cum quo visum fuerit Superiori, cujus erit socium designare, nisi ad id alium deputaverit. Is vero qui in socium datus est, primas alteri cedet, eumque loqui sinet.

12. — Cum quis facultatem a Superiore petierit aliquo eundi, simul etiam et aperiet quo, et cujus causa ire velit; et statim atque domum redierit, eorum quæ gesserit, ei rationem reddet.

13. — Nullus præterquam consueta domus janua ingredietur aut egredietur, nisi necessitas, aut Superioris licentia in hoc dispenset.

14. — Qui domo egredientur, etiam qui facultatem haberent exeundi et redeundi per posticum, aut per templum, nomini suo notam apponent, et janitorem admonebunt de hora, qua redituri sunt, ut ipse iis a quibus peterentur, possit satisfacere: ante lucem non egredientur, et ante noctem domum se recipient: ingressi autem statim notam suo nomini appositam auferent.

15. — Nullus extra domum cibum sumet absque Superioris licentia, præterquam dum peregre proficiscitur.

16. — Nullus iter faciens, et transiens per locum, ubi sit domus Congregationis, ad aliud hospitium, quam ad illam divertet: et quandiu ibi fuerit, ejus, qui illic præest, obedientiæ subjicietur; nihilque ibi, nisi de ejus consilio et directione tractabit. Idem observabitur ab illo, qui ad negotia gerenda illuc venerit.

 

Caput X

De piis exercitiis in Congregatione observandis

 

1. — Christus Dominus, ejusque Discipuli, sua habebant pia exercitia, cujusmodi erant: statis diebus ad templum ascendere, aliquoties in solitudinem secedere, orationi vacare, et alia similia; rationi itaque consonum est, ut hæc parva Congregatio suas quoque habeat spirituales exercitationes, quibus observandis diligentissime incumbet, et alias quasque, nisi necessitas aut obedientia id vetet, postponet; quippe quæ etiam ad cæterarum regularum seu constitutionum veram observationem, et ad propriam perfectionem efficacius conducunt.

2. — Cum juxta Bullam erectionis Congregationis nostræ, ineffabilia sanctissimæ Trinitatis et Incarnationis mysteria, peculiari ratione venerari debeamus; hoc accuratissime, et si fieri possit, omnimode adimplere conabimur, sed maxime hæc tria peragendo: 1° Crebro fidei et religionis actus erga hujusmodi mysteria ex intimo corde eliciendo; 2° Ad illorum gloriam singulis diebus aliquas preces, et pia opera offerendo; et præsertim ipsorum festa cum solemnitate, et maxima, qua poterimus, devotione celebrando; 3° Vigilanter enitendo, ut eorumdem notitiam, honorem et cultum in animos populorum, sive instructionibus, sive exemplis nostris ingeneremus.

3. — Et quoniam, ad illa mysteria optime colenda, nullum præstantius dari potest medium, quam debitus cultus, et bonus usus sacrosanctæ Eucharistiæ, sive illam spectemus ut sacramentum, sive ut sacrificium: quippe quæ in se veluti summam cæterorum fidei mysteriorum continet, et per se animas digne communicantium, et rite sacrificantium, sanctificat, et tandem glorificat; et hoc pacto, Deo uni et trino, et Verbo incarnato amplissima gloria accedit; ideo nihil erit nobis commendatius, quam ut erga hoc sacramentum et sacrificium honorem debitum exhibeamus: quin etiam mente sollicita satagamus, ut ei ab omnibus idem honor et reverentia reddatur: id quod præstare pro viribus nitemur, præsertim impediendo, quoad fieri poterit, ne circa illud quicquam irreverenter agatur, aut dicatur; et sedulo alios docendo, quid de hoc tanto mysterio credere, et quomodo debeant illud venerari.

4. — Et quia eadem Bulla nobis præterea expresse commendat, ut similiter beatissimam Virginem Mariam, peculiari cultu veneremur, et idipsum alioqui variisque titulis debemus præstare; omnes et singuli id perfecte, Deo auxiliante, exsequi contendemus: 1° Singulari devotione hanc dignissimam Christi Matrem et nostram, quotidie colendo; 2° Ipsius virtutes, maxime humilitatem ac castitatem pro viribus imitando; 3° Alios, quoties sese offeret opportunitas ac facultas, ardenter cohortando, ut ei eximium honorem, ac dignum servitium constanter reddant.

5. — Maximæ erit nobis curæ Officium divinum debite persolvere, quod quidem ritu romano, et in communi, etiam in missionibus recitabitur, sed voce mediocri et sine cantu, ut commodius proximo juvando vacemus; illis tamen domibus exceptis, in quibus, ratione fundationum, vel ordinandorum, vel seminariorum externorum, vel alia simili necessitate, ad cantum Gregorianum obligaremur. In quocumque autem loco vel tempore Horas canonicas persolvamus, meminerimus, qualem ad id reverentiam, attentionem, ac devotionem adhibere debeamus, qui certo scimus nos laudes divinas tunc celebrare, ideoque officio fungi angelorum.

6. — Cum inter præcipua missionum nostrarum ministeria, illud sit, alios ad dignam et frequentem sacramentorum Poenitentiæ et Eucharistiæ receptionem, cohortari; conveniens est ut et nos potiori ratione, hac in re, illis exemplo præluceamus, imo et longe antecellamus. Id igitur perfectissime adimplere studebimus. Et, ut omnia secundum ordinem fiant, sacerdotes bis aut saltem semel in hebdomada, uni ex confessariis domus ad hoc deputatis, et non aliis sine Superioris facultate, confessionem facient, et quotidie, nisi quid obstet, missam celebrabunt. Cæteri vero, qui sacerdotes non sunt, singulis diebus sabbati, et vigiliis præcipuorum festorum, uni ex præfatis confessariis, nisi Superior alium designaverit, confitebuntur; et singulis diebus Dominicis, Festisque supra nominatis, juxta directoris consilium, ad sacram communionem accedent; et quotidie missam audient.

7. — Cum Christum Dominum, in eo quod, præter diurnas meditationes, in oratione Dei pernoctabat, omni ex parte imitari non valeamus; juxta tamen nostram tenuitatem id agemus; ideo omnes et singuli orationi mentali, per unam horam, singulis diebus, et ex more Congregationis, in communi, et in loco ad id assignato, sedulo vacabunt.

8. — Unusquisque sataget, ut nullum diem præterire sinat, quo non aliquid ex aliquo libro spirituali, juxta propriam animæ necessitatem, per tempus a Superiore vel Directore assignatum, legat. Sacerdotes insuper, et omnes clerici, caput unum Novi Testamenti legent: et hunc librum, tanquam Christianæ perfectionis regulam, venerabuntur; ad majorem autem profectum, hujusmodi lectio fiet flexis genibus, nudo capite, et saltem in fine tres sequentes actus adjiciendo: quorum primus erit, veritates in eodem capite contentas adorare; 2° Se excitare ad eum spiritum induendum, in quo Christus, aut Sancti eas protulerunt; 3° Consilia aut præcepta, quæ ibidem habentur, sibi proponere exsequenda, ac virtutum exempla imitanda.

9. — Ad clariorem defectuum nostrorum cognitionem habendam, et sic, cum divino auxilio, eorum expiationem, majoremque animæ puritatem assequendam omnes et singuli quotidie duplici examine conscientiæ utentur: altero quidem particulari, quod ante prandium, et coenam de aliqua virtute sibi acquirenda, aut vitio extirpando, breviter fiet: altero vero generali, quod de singulis diei actionibus fiet paulo ante cubitum.

10. — Ut solitudinem Christi, illam maxime dierum quadraginta, quos mansit in deserto, veneremur, omnes et singuli, tum ecclesiastici, tum laici, Congregationem ingredientes, exercitia spiritualia, ac confessionem generalem totius anteactæ vitæ, apud aliquem sacerdotem a Superiore deputatum, faciet: ingressi eadem exercitia cum alia confessione ab ultima generali peragent, seminaristæ quidem sexto quoque mense, cæteri vero singulis annis utrumque præstabunt.

11. — Et sicut vix in virtute progressum facere quis potest, sine alicujus directoris spiritualis adjumento; ita nisi dirigendus aliquoties cum proprio directore, de statu suo interiori, ut par est, communicet, difficillimum est ut ad perfectionem sibi convenientem perveniat. Quapropter omnes et singuli rationem conscientiæ, juxta formulam in Congregatione tradi solitam, Superiori aut alicui ab ipso ad id deputato, saltem tertio quoque mense, maxime dum exercitiis spiritualibus vacabunt, et quoties id Superiori visum fuerit, cum omni sinceritate et devotione reddent.

12. — Conferentiis de rebus spiritualibus, quæ fient semel saltem in hebdomada, omnes diligenter ac devote aderunt; quæ quidem, ut plurimum, spectabunt propriæ voluntatis, propriique judicii abnegationem, voluntatis divinæ in omnibus faciendæ exercitationem, unionem fraternam, propriæ perfectionis zelum, et in aliis virtutibus progressum, maxime in illis, ex quibus spiritus Missionis componitur.

13. — Ut aliquantulum, et pro nostra tenuitate imitemur Christum, in eo quod humiliavit semetipsum, et inter iniquos voluit reputari; qualibet feria sexta, singuli suam culpam coram aliis dicent Superiori, vel alteri ipsius Superioris vices gerenti; idque tam domi, quam in missionibus; et æquo animo admonitiones ac poenitentias sibi datas acceptabunt. Servanda pariter erit pia illa consuetudo petendi in capitulo, ut ibi publice de nostris defectibus admoneamur; et tunc quisque in spiritu humilitatis et caritatis, hujusmodi admonitionem facere curabit.

14. — Præterea, ut amorem propriæ abjectionis citius in nobis augeamus, et hoc pacto in via perfectionis magis ac magis proficiamus, quaslibet humiliationis occasiones, etiam extra capitulum, et quocumque tempore nobis oblatas æquanimiter amplecti in Domino nitemur. Idcirco cum in fine Orationis mentalis, vel conferentiæ spiritualis, aut alterius actionis publicæ, Superior aliquem vocaverit, ut de aliquo defectu admoneatur, ille genua illico flectet, et in spiritu humilitatis, ac tacens et libens, admonitionem audiet, poenitentiam impositam recipiet, ac fideliter exsequetur.

15. — Etsi labores Missionariorum continui non patiantur eos per regulam aliquam mortificationibus corporis et austeritatibus onerari; illas tamen unusquisque plurimi faciet, ad easque affectu animi semper propendebit; imo poterit, prout sanitas et seriæ occupationes permittent, illis uti, exemplo Christi, et primorum christianorum, et etiam multorum, qui pleni spiritu poenitentiæ, vivunt in sæculo. Nemo tamen, inconsulto Superiore vel Directore, ullas, nisi in confessione injunctas, assumet.

16. — Ut aliquo modo passionem Christi honoremus, quisque feria sexta cujusque hebdomadæ in serotina refectione contentus erit uno ferculo, eoque oleribus aut leguminibus; nisi in missionibus, aut iter faciendo.

17. — Feria secunda et tertia post Dominicam Quinquagesimæ a carnibus domi abstinebimus, ut hac sane minima mortificatione Deum eodem tempore colamus, quo eum plerique christiani suis dissolutionibus, et comessationibus graviter offendunt.

18. — Insuper ordo diei in Congregatione consuetus exacte ab omnibus sive domi, sive in missionibus observabitur, maxime quoad horas surgendi et decumbendi, orationi vacandi, divinum officium recitandi, cibum sumendi.

19. — Ut mens simul cum corpore reficiatur, in omnibus domibus nostris, necnon in missionibus, in mensa per totum refectionis tempus, lectio spiritualis semper habebitur.

20. — Servandæ quoque erunt aliæ laudabiles Congregationis consuetudines cujusmodi sunt istæ: Immediate ante egressum domus, sicut et post reditum, ecclesiam adire, et Christum in Sacramento salutare; pauperes maxime mendicantes, cum sese offeret opportunitas, præsertim peregre eundo, catechizare; in ingressu et egressu cubiculorum domesticorum, genua flectere, ut ante actionem Deum invocemus, et post eam ei gratias agamus.

21. — Si præter pia exercitia in his Regulis præscripta, velit aliquis alia superaddere, id Superiori aut Directori communicabit; nihilque aget, hac in re, nisi quod ab iis permissum fuerit; ne, si secus agat, forte suam, et etiam diaboli voluntatem impleat; et sic in poenam suæ in hoc indiscretionis vel inobedientiæ, ab illo sub specie boni decipiatur, ac tandem aliquod animæ suæ detrimentum patiatur.

 

Caput XI

De Missionibus caeterisque Congregationis functionibus erga proximum obeundis

 

1. — Cum Dominus noster Jesus Christus Discipulis suis regulas de missionibus faciendis tradiderit, illis præcipiendo rogare Dominum messis, ut mitteret operarios in messem suam, et designando apud quas nationes se conferrent, quid iter faciendo observarent, quas domos diversandi causa ingrederentur, quid prædicarent, quibus vescerentur, denique qua ratione se haberent erga eos qui se nollent recipere; nos ideo pro tenuitate nostra eorum vestigiis inhærentes, sequentes regulas, sicut et monita in Congregatione tradi solita, quæ scilicet rationem et ordinem recte nos gerendi in missionibus, aliisque nostris functionibus continent, accurate observabimus.

2. — Unusquisque, cum sese offeret occasio, consilio et admonitione proximum juvare nitetur, et ad bona opera exercenda eum incitabit; nullus tamen curam dirigendi aliquem suscipiet, nisi in exercitiis spiritualibus, missionibus, illisque Congregationis domibus, in quibus nostri regimen habent animarum, aut aliis occasionibus, cum ad id applicati fuerint a Superiore; sed in iis etiam nemo absque licentia et approbatione Superioris, ullas instructiones vel vivendi formulas, scripto unquam dabit.

3. — Ne Missionariis nostris merito objiciatur illud Apostoli, Quomodo prædicabunt, nisi mittantur? nemo publice concionabitur, aut e suggestu catechizabit, nisi fuerit ad id a Visitatore approbatus, et ab eodem Visitatore, aut a suo Superiore immediato ad id applicatus. In missionibus tamen poterit earum director, cum expedire in Domino judicaverit, et sit periculum in mora exspectandi per litteras responsum Superioris, concionatores et catechistas ad tempus mutare, alios substituendo; dummodo de ratione hujusmodi mutationis, quam primum poterit, Superiorem admoneat.

4. — Sicut non licet ulli e nostris, nisi ab Ordinario sit approbatus, confessiones, tam nostrorum, quam externorum audire; ita qui ejusmodi approbatione gaudent, ne quis abusus inde sequatur, non debent ejusmodi munus exercere, nisi prius ad id fuerint a Visitatore designati, et ab ipso Visitatore, aut a Superiore particulari applicati.

5. — Ituri ad missiones secum semper deferent mandatum illustrissimorum ac reverendissimorum Episcoporum, in quorum dioecesibus missiones fient, illudque parochis, aut aliis ecclesiarum, ad quas itur, Superioribus ostendent, et peractis missionibus, antequam revertantur domum, DD. nostris Episcopis, si ita ipsis visum fuerit, referent quæ circa illas gesserint; sed prius consulendus est Superior, ut personam, et modum ad id agendum, designet.

6. — In ingressu et egressu missionis petent omnes benedictionem a parochis, et si absint, ab eorum vicariis; et nihil majoris momenti facient, nisi prius illud iis communicaverint, et ipsis invitis quidquam aggredi cavebunt.

7. — Exemplo B. Pauli, qui, ne quem gravaret, ad ea, quæ sibi et sociis opus erant, nocte et die suis manibus laborabat; nos in missionibus nemini erimus oneri; sed omnia nostra exercitia peragemus gratis et absque ulla retributione, vel sustentatione temporali: oblata tamen habitatione, necessariaque supellectili uti licebit.

8. — Tametsi unusquisque debet ardenter optare, et etiam cum res postulat, humiliter petere, ut visitandis ægris aut jurgiis et litigiis componendis, maxime in cursu missionum applicetur; tamen ut caritas per obedientiam sit bene ordinata, nemo hujusmodi opera misericordiæ suscipiet sine Superioris licentia.

9. — In proponendis dubiis circa casus conscientiæ in confessione occurrentes, magna prudentia et cautela adhibenda erit; ita ut nunquam possit dignosci persona de qua agitur. Et ut malis quæ inde possent oriri occurratur, nemo dubia de ullo casu conscientiæ alicujus momenti in confessione audito, proponet, nisi prius consulto Directore missionis.

10. — Missionariorum, sive Sacerdotum Missionis nomen, quod a nobis non usurpatum, sed divina ordinante Providentia, populorum communi voce nobis impositum est, satis demonstrat missionum opus, inter cætera erga proximum exercitia nobis esse primum et potissimum. Quamobrem non debet Congregatio, sub alterius operis pii, alioquin utilioris, prætextu, illas unquam omittere; sed unusquisque toto animi affectu ad easdem se convertet; ita ut sit semper paratus ad missiones toties obeundas, quoties eum obedientia vocabit.

11. — Et quoniam Monialium directio missiones, aliasque Instituti nostri functiones non parum moraretur, omnes et singuli ab illis dirigendis omnino abstinebunt, nullusque eas inviset, aut apud illas prædicabit, etiam in ipso missionum cursu, nisi prius ad id expressam Superioris, saltem particularis, facultatem habuerit; et licet nostra Congregatio ad Puellas seu Mulieres Communitatis Caritatis dirigendas, ex ipsarum institutione jam deputata sit, nemo tamen ex nostris illarum directioni operam dabit, aut apud illas se conferet, aut etiam cum illis habebit colloquium, sine ejusdem Superioris licentia.

12. — Cæterum intelligent omnes et singuli, quod ministeria nostra, domi exercenda erga ecclesiasticos externos ordinandos maxime et seminaristas, sicut et erga alios in secessu spirituali dirigendos, non debent, sub prætextu missionum, negligi: hæc enim oportet facere, et illa non omittere; cum ad utrumque munus obeundum, quoties a Prælatis et a Superioribus vocati sumus, ex Instituto nostro fere æqualiter, licet missiones sint præferendæ, astringamur; et etiam diuturno constet experimento, quosvis fructus ex iisdem missionibus perceptos, vix posse diu conservari sine parochorum adjumento; quorum perfectioni non parum conferre videntur præfata ministeria: idcirco unusquisque ad illa recte et pie exercenda, se Deo lubenter dicabit. Quod ut melius et facilius exsequatur, eas instructiones, quæ ad id solent dari a Superioribus nostris, exacte observare studebit.

 

Caput XII

De nonnullis mediis et adjumentis

ad praedictas functiones bene

et fructuose obeundas requisitis

 

1. — Quemadmodum Congregatio, in ipso Regularum seu Constitutionum istarum initio, sibi Christum Dominum proposuit imitandum, in eo quod coepit facere et docere; ita in hoc finali capite necesse est, ut ipsum pariter statuat sequi in eo quod bene omnia fecit: quidquid enim boni egerimus, id poenam potius meretur, quam præmium, nisi bene fiat. Quapropter conveniens fuit hæc pauca documenta ac media ad præfatas functiones bene exercendas conducentia, adjungere; quæ omnes nostri Missionarii in usu habere diligenter curabunt.

2. — Unusquisque in singulis operibus suis, et præsertim in concionibus, aliisque Congregationis functionibus purissima soli Deo placendi intentione, quantum in se erit, animari, illamque identidem maxime initio præcipuarum actionum, renovare studebit. Sed in primis cavebit ne in iis ullum, vel hominibus placendi, vel sibi satisfaciendi desiderium admittat: quod quidem sanctissimam quamque actionem posset inficere ac depravare, juxta doctrinam Christi: Si oculus tuus fuerit nequam, totum corpus tuum tenebrosum erit.

3. — Et quoniam, ut ait Apostolus, quandoque contingit, ut, cum spiritu coeperimus, carne consummemur: quod solet accidere, vel cum actionem nostram subsequitur vana quædam complacentia, qua inaniter pascimur, si cum hominum plausu illa nobis successerit; vel cum ita nobismetipsis graves ac molesti videmur, ut nullo modo possimus conquiescere, si actio nostra minus felicem exitum sortita fuerit; ideo omni cura ac diligentia cavebimus, ne in ullo eorum unquam delinquamus. Ut autem priori malo occurratur, hanc veritatem nobis ob oculos ponemus, omnem gloriam Deo, nihil vero nobis tribuendum, nisi confusionem. Deinde valde timendum, ne, si hujusmodi plausibus vane delectemur, hæc verba Christi audiamus, Amen dico vobis, recepistis mercedem uestram. Posterioris vero mali remedium hoc erit, continuo ad veram humilitatem, et propriæ abjectionis amorem, quem Deus a nobis tunc exigit, confugere; deinde attente considerare, sæpissime ex hujusmodi contradictionibus patienter toleratis tantum gloriæ nomini Dei, et proximo utilitatis accedere, quantum ex prædicationibus populo gratis, ac in speciem fructuosis sperare possemus.

4. — Et quia duo illa mala concionatoribus infesta, inanis scilicet complacentia, et inordinata inquietudo, solent etiam oriri ex propriis tum laudibus, tum censuris, circa hujusmodi actiones publicas auditis; nemo nostros, præsertim si aderint, ob raras naturæ vel artis dotes, maxime ob conciones eloquenter, et cum hominum plausu habitas collaudabit: aut e contra ob scientiæ sive eloquentiæ defectus, aliosque ejusmodi inter prædicandum annotatos, redarguet. Quod si qui, ad pusillanimitatem temperandam, aut vanum pruritum cohibendum, aliqua indigerent vel congratulatione, vel admonitione, Superioris erit id efficere, aut aliquem deputare, qui prudenter et privatim utrumque præstet. Nefas tamen non erit interdum illos ob humilitatis, mortificationis, simplicitatis, aliarumve ejusmodi virtutum actus, etiam in ipsis prædicationibus productos, commendare; dummodo sobrie, discrete, ipsis absentibus, et coram Deo id agatur.

5. — Quamvis simplicitas, quatenus primaria, et maxime propria Missionariorum virtus, ab iissemper et ubique sit fideliter exercenda; illam tamen accuratius ad praxim redigemus in missionibus, maxime dum verbum Dei annuntiabimus rusticanis, cum quibus, tanquam simplicibus, esse debet ex ore nostro sermocinatio ejus. Idcirco stylus concionum nostrarum, et catechismorum simplex erit, et ad captum populi; necnon juxta simplicem methodum, qua usa est usque adhuc Congregatio. Propterea unusquisque a molli et affectata locutione abhorrebit; nec studebit in cathedra veritatis, curiosos et nimis exquisitos animi conceptus, et inutiles argutias proferre: attendens Christum Dominum, ejusque discipulos, simplici loquendi modo usos fuisse, atque ita amplissimam messem, fructusque copiosissimos attulisse.

6. — Qui seminariis externorum, directioni ordinandorum, conferentiis cum parochis, et aliis ecclesiasticis, aut similibus exercitiis applicabuntur, illa simplici ac populari loquendi ratione similiter utentur; et insuper studebunt eos omnes, non minus ad pietatem quam ad doctrinam, tam exemplo, quam verbo promovere; sed præsertim nitentur cum illis agere in omni humilitate, mansuetudine, reverentia, et affabilitate. Qui vero exercitiis spiritualibus tradendis vacabunt, eadem, quoad fieri poterit, observabunt.

7. — Quandoquidem novæ, aut particulares opiniones plerumque nocent et suis auctoribus et sectatoribus, cavebunt omnes et singuli ab hujusmodi novitate et particularitate; imo semper in doctrina, in dictis, et in scriptis, quoad fieri poterit, convenient, ita ut, juxta Apostolum, Omnes idem sapere et sentire ac etiam idem dicere possimus.

8. — Et quoniam, ut ait sanctus Zeno, Curiositas reum efficit, non peritum; et secundum Apostolum, Scientia inflat, tunc maxime cum ejus consilium negligitur, Non plus, scilicet, sapere, quam oportet sapere, sed sapere ad sobrietatem; idcirco omnes, sed præsertim scholastici continue invigilabunt, ne illa inordinata sciendi aviditas corda sua sensim invadat; non tamen desinent studiis ad functiones Missionarii rite obeundas necessariis impense vacare; dummodo præcipua cura sit addiscere scientiam Sanctorum, quæ in schola crucis docetur; ita ut nonnisi Jesum Christum valeant prædicare, exemplo ejusdem Apostoli qui etiam scribens ad Corinthios, ingenue fatetur, quod non judicavit se aliquid scire inter illos, nisi Jesum Christum, et hunc crucifixum.

9. — Inter omnia Evangelii documenta, iis qui in vinea Domini laborant necessaria, hoc nobis debet esse commendatissimum: Qui inter vos vult esse major, fiat sicut minor, et aliorum minister. Etenim, si quando ab hujus documenti observatione cessaret Congregatio, confestim inordinato gloriæ appetitu in eam grassante, penitus destrueretur: quippe qui sese in animos natura sua ad elationem proclives facillime insinuans, eos ad plurima impellit mala, sed præsertim ad officia honorifica ambienda, tum ad invidiam in eos, qui ad illa provehuntur, concipiendam; vel etiam ad propriam satisfactionem exquirendam, si ipsi in illis gradibus constituantur. Qui quidem illecti ac delusi specioso gloriolæ fulgore, in quem solum oculorum aciem intendunt, proximum præcipitium non attendentes, in illud tandem misere delabuntur. Ideo nihil nobis potius erit, quam ut hoc superbiæ monstrum fugiamus. Quod si ambitio corda nostra jam occupaverit, statim juxta præfatum Domini consilium, illam expellere conveniet per intimum humilitatis actum, quo in oculis nostris fieri viliores nitamur, locumque novissimum semper tenere percupiamus. Si vero ob officia aut munera honorifica quibus fungimur, nos vana gloria inquinatos noverimus, remedium contra illam hoc erit: Quam primum a Superiore petere, cum submissione tamen, ut ab iis muniis nos amoveat, et ad vile aliquod ministerium pro suo arbitratu applicet.

10. — Omnes quoque singulari studio primos invidiæ motus reprimere curabunt, qui ex eo oriri possent, quod aliæ Congregationes, fama, hominum favore, et honorificis occupationibus nostram superent: certo sibi persuadentes non interesse per quos Christus annuntietur, dummodo annuntietur; et æqualem, vel etiam quandoque ampliorem gratiam, et meritum nobis accedere, cum de bonis aliorum operibus gaudemus, quam si eadem nos ipsi cum propria satisfactione, vel intentione minus perfecta, faceremus. Idcirco quisque nitetur spiritum Moysis induere, qui rogatus ut quosdam prophetantes prohiberet, exclamavit: Quis tribuat ut omnis populus prophetet, et det eis Dominus spiritum suum? Præterea cæteras quasvis Congregationes nostra longe digniores æstimabimus, licet illam majori cordis affectu prosequi debeamus; ut puer bonæ indolis matrem suam quamvis pauperem et deformem, multo plus diligit quam cæteras quasque, etiam si divitiis et forma conspicuas. Intelligent tamen omnes tenerum hunc amorem spectare tantum personas, virtutes et gratiam ipsius Congregationis, non autem quod in ea delectabile est, vel hominum plausu emicat: id quod speciali studio profitebimur odisse et fugerer, non solum quisque quod ad se attinet, sed etiam quod ad totam ipsam Congregationem; ita ut ne quidem appetamus, ut ipsa ab hominibus videatur, eique applaudatur, sed potius humilietur et abscondatur in Domino; mente recolentes eam esse granum illud sinapis, quod, nisi seminatum, et occultatum in terra fuerit, crescere fructumque facere non potest.

11. — Cavebunt similiter omnes a duobus aliis vitiis, quæ non minus Instituto Missionis, quam sibi invicem sunt opposita; tantoque magis perniciosa quanto minus talia apparent, eo quod sensim aliam induant speciem; ita ut persæpe pro veris virtutibus sumantur. Hæc autem sunt spiritus acediæ, et zelus indiscretus. Primum quidem paulatim animo subrepens, prætextu discretionis in corporis conservatione necessario adhibendæ, ut inde ad Dei cultum, et animarum juvamen simus aptiores, nos ducit ad corporis commoditates exquirendas, necnon ad laborem, qui virtutem comitatur, fugiendum; quem ideo multo majorem falso demonstrat, ut illa quasi odio digna nobis appareat, quæ per se est semper ab omnibus adamanda; et sic incurramus maledictionem illam a Spiritu sancto pronuntiatam in hujusmodi operarios, qui faciunt opus Dei negligenter, aut fraudulenter. Alterum vero, amorem proprium aut nostram indignationem obtegens, nos ad nimiam asperitatem tum in peccatores, tum in nos ipsos exercendam, aut ad laborem supra vires, aut etiam contra obedientiam, cum corporis et animi detriment suscipiendum, impellit, ut remediis postea ardenter quærendis nos implicet, et hoc pacto segnes et carnales efficiat. Ab his igitur duobus extremis omnes declinare, mediumque semper tenere, totis viribus nitemur; quod quidem medium sine dubio reperiemus in exacta Regularum seu Constitutionum nostrarum bene intellectarum observantia, necnon in labiis eorum qui custodiunt scientiam, in quorum manibus, speciali Dei ordinatione, animæ nostræ sunt; si tamen humiliter ac confidenter de ore eorum quoties opus erit, legem requiramus, eorumque directioni omnimode, et perfecte subjiciamur.

12. — Ante omnia memores erimus, quod licet iis virtutibus, ex quibus Missionis spiritus componitur, nos semper instructos esse oporteat, illis tamen nos tum maxime muniri expedit, cum tempus ministeria nostra apud ruricolas exercendi advenit; illasque tunc debemus mente conspicere, velut quinque limpidissimos Davidis lapides, quibus percussum etiam primo ictu infernalem Goliath in nomine Domini exercituum devincemus, Philistinosque, id est, peccatores, servituti Dei subjiciemus; si tamen prius arma Saulis deponamus, et funda ejusdem Davidis utamur: si videlicet cum Apostolo, non in persuasibilibus, aut doctis humanæ sapientiæ verbis, sed in doctrina et ostensione spiritus et virtutis, tametsi sermo noster sit contemptibilis, ad evangelizandum prodeamus; animo recolentes, quod, si juxta eumdem Apostolum, infirma, stulta, et contemptibilia mundi elegit Deus, ut per illa hujus sæculi sapientes, ac fortia quæque confundat et destruat, sperari potest fore ut ipse, ex sua infinita bonitate, nobis, licet indignissimis operariis, det gratiam ei, pro modulo nostro, cooperandi in salutem animarum, præsertim pauperum rusticanorum.

13. — Omnes singulari colent veneratione et amore Regulas, seu Constitutiones nostras, etiam quæ inter ipsas non tanti viderentur momenti; eas omnes spectantes, ut media nobis a Deo ipso tradita, ad perfectionem vocationi nostræ congruentem acquirendam, et consequenter animæ salutem facilius utiliusque operandam. Quapropter ferventia ac generosa sæpe concipient desideria illas fideliter observandi. Quod si quæ intellectui, aut sensui nostro repugnent, in iis continuo nosmetipsos superare, ac naturam vincere conabimur; recogitantes, juxta verba Christi, regnum coelorum vim pati et violentos rapere illud.

14. — Ut autem hæ Regulæ seu Constitutiones communes, sicut et speciales ad suum cujusque officium pertinentes, memoriæ et animo altius inhæreant, et ita strictius observentur, singuli apud se illas habebunt, ac saltem tertio quoque mense perlegent, vel audient; easque recte intelligere curabunt, et pro suis quisque circa illas defectibus, a Superiore aliquoties in anno poenitentiam humiliter petent, ut ista humiliatione facilius a Domino veniam ipsorum defectuum obtineant, novasque contra relapsum in posterum vires assumant. Quin etiam illa fidelitas, quam in hac re præstanda exercuerint, argumentum erit fidelitatis, quam in ipsis Regulis seu Constitutionibus observandis adhibuerint, signumque desiderii, quo erga propriam perfectionem afficiuntur. Quod si aliquem in earum observantia progressum quispiam fecisse noverit, gratias Christo Domino aget, ac supplicabit, ut eas in posterum melius observandi gratiam sibi, totique Congregationi largiatur. Cæterum firmiter nobis persuadendum est, quod, juxta verba Christi, cum fecerimus omnia quæ præcepta sunt nobis, dicere debemus: Nos servos inutiles esse, quod debuimus facere, fecisse, imo sine illo nihil facere potuisse.