Il 31 agosto 2024
JAN HAVLIK
della Congregazione della Missione,
nato il 12 febbraio 1928 a Vlckovany (Slovacchia) ,
e morto martire a Skalica (Slovacchia) il 27 dicembre 1965
E’ STATO BEATIFICATO
A SASIN (BRATISLAVA).
La sua memoria è fissata al 12 febbraio di ogni anno.
si può leggere qui :
È MORTO IN PIEDI
Biografia di
JAN HAVLIK, CM
1928-1965
di Helena SLÁVIKOVÁ
traduzione di Rosangela LIBERTINI
Prešov, 2012
Jan Havlík occupa un posto particolare fra i tanti che hanno testimoniato eroicamente la propria fede nei tempi non cosi lontani della dittatura comunista in Slovacchia.
Diviene novizio e seminarista molto capace proprio nel periodo in cui si impone il totalitarismo più crudele, causa della più feroce persecuzione subita nella storia della Chiesa Cattolica in Slovacchia. Questo vanifica il suo sogno più grande: studiare e diventare sacerdote. Nonostante tutto, non rinuncia alla sua vocazione e rimane fedele fino alla morte, anche a costo di undici anni di carcere. Molte sono le pubblicazioni che lo riguardano (purtroppo per ora tutte in slovacco, n.d.t.)1 , noi ci concentreremo quindi soprattutto sugli avvenimenti che fino ad oggi erano stati ancora resi noti.
Jan Havlík lasciò la propria città di Skalica (nel nord ovest della Slovacchia) all’età di quindici anni come giovane ginnasiale nel 1943. Era suo desiderio divenire sacerdote missionario. Per questo entrò nll’Ordine di San Vincenzo de Paul a Banska Bystrica dove come alunno del “seminario minore” vincenziano (detto Scuola apostolica) e studente del ginnasio sostenne gli esami di maturità nel maggio del 1949. Da quel momento accadrà nella sua vita qualcosa di strano. Compirà dei passi molto difficili ma nel momento in cui il successo sembrerà a portata di mano, i suoi scopi svaniranno. Mi spiego: nel momento in cui finalmente, dopo la maturità doveva passare dal “seminario minore” a Banska Bystrica nel Seminario maggiore vincenziano a Bratislava, per studiare nella tanto desiderata facoltà teologica, il potere statale liquidò il seminario vincenziano. 2, in seguito aveva ancora nutrito la speranza di entrare nel seminario diocesano di Bratislava, ma il potere liquidò anche questo, ed in seguito chiuse la stessa Facoltà Teologica3, era appena entrato nel noviziato con il desiderio di dedicarsi completamente a Dio4 ed i cosiddetti Servizi di Sicurezza durante la “notte dei barbari dei padri vincenziani”5 lo strappò e condusse ai lavori forzati presso la “Diga della gioventù” vicino a Puchov (Diga sul fiume Vah costruita negli anni fra il 1949 ed il 1957. Vennero impiegati coattivamente come operai i giovani provenienti dagli ordini religiosi che erano stati sciolti nel 1950, n.d.t.) e poi alla “rieducazione” nel “convento particolare per giovani religiosi a Kostolné“
Quante delusioni, quante sconfitte! Come una piccola pedina di fante sulla scacchiera schiacciata dal peso della torre dovunque si giri… Ed era solo l’inizio. Che senso ebbe tutto questo? Come si vide in seguito, si trattò di esperienze molto difficili dalle quali imparò a non desiderare il proprio vantaggio, ma al contrario, ad essere di vantaggio per gli altri.
Nell’epoca del consumismo rimane tuttavia un mistero come Jan Havlík, che sembrò passare come un povero sfortunato da un insuccesso all’altro, in realtà ebbe una vittoria dopo l’altra. Infatti chi sulla terra potrà sconfiggere colui che non vuole nulla per se e tutto per gli altri?
E’ degno di nota che questo strano marchio di sconfitto, il cui risultato è una vittoria, gli fu simbolicamente impresso già durante la maturità, perchè nei giorni in cui sosteneva gli esami, il IX Congresso del Partito Comunista Cecoslovacco, decise il piano per la liquidazione della Religione e della scuola cattolica6. Nell’ambito di questo programma, il primo punto era proprio la liquidazione degli Ordini Religiosi7. Il primo cattivo presagio di quanto sarebbe avvenuto era stato il processo – farsa a decine di religiosi di diversi ordini che furono condannati come spie del Vaticano, traditori della patria e organizzatori della Controrivoluzione8. Faceva parte di questo programma anche la “rieducazione” dei giovani appartenenti ad ordini religiosi, che non era in pratica null’altro se non la tentativo di reclutare futuri studenti per la Facoltà Teologica di Bratislava che era stata “ricreata” insieme all’annesso seminario per l’educazione dei “nuovi” sacerdoti, cosiddetti moderni e di tendenza democratico-popolare, che fossero fedeli al potere e di cui il governo aveva bisogno perchè facessero della Chiesa “uno strumento secondo i suoi desideri”9 Chi, fra i giovani che desideravano consacrare la propria vita al servizio di Dio, avrebbe studiato in una scuola del genere? Tutti tornarono a casa ed ognuno si sistemò come poté.
Ma Janko Havlík non seppe e non volle arrendersi. Quando arrivò nella sua terra di Zahorie, si era in piena estate. Anche se il caldo di agosto invitava a passare il tempo nei boschi sui Carpazi o presso le fresche acque del fiume Chvojnice ? Non riuscì a fermarsi a casa neanche un minuto e, senza sapere quel che faceva, andò con il fratello a Nitra, dove viveva la zia Angela.
La zia Angela, sorella del padre, era suora vincenziana e lavorava a Nitra come professoressa di slovacco e di musica. Grazie alla sua fede ardente ed al carattere delicato ed amorevole era da sempre come una luce che brillava in tutta la famiglia Havlík ed un angelo che vegliava su tutti i bambini. Soprattutto su Janko che era il più grande e che sin dall’infanzia le era anche il più vicino spiritualmente. Janko andava a trovarla sin dai tempi del ginnasio e era sempre molto felice di vederla. Ma questa volta, come ormai gli succedeva spesso, si trovò in mezzo ad una situazione che lo sorprese e che con terribile somiglianza gli fece rivivere quella che era stata la sua “notte dei barbari”. Questa volta il potere se la prese con gli ordini femminili, e con un unico gesto li distrusse tutti come aveva già fatto con quelli maschili10 . Accadde così che la zia Angela, nome nell’Ordine Modesta, mentre perdeva la casa ed il lavoro, fece ancora in tempo, prima di essere trascinata via, ad assicurare a lui proprio la casa ed il lavoro: l’abitazione presso la Sig.Valasekova nella zona detta “sotto il Calvario” ed il lavoro presso le Ferrovie Cecoslovacche.
Janko si orientò molto velocemente a Nitra e già a settembre si rivolse ai propri confratelli chiedendo come andare avanti negli studi per “non perdere degli anni” come scrisse ad uno di loro11 Quando ebbero l’idea di studiare studiare privatamente, mantenendo il lavoro, il loro cuore esultò di gioia. Con il consenso dei Superiori Vincenziani, tutti andarono ad abitare presso la Sig.Valasekova, e sotto la direzione di Padre Štefan Kriština, che era stato Direttore Spirituale del Seminario Minore Vincenziano, iniziarono a studiare le basi di filosofia e di teologia e continuarono la formazione spirituale.
In una abitazione nei sobborghi di Nitra, abitata da un gruppo di ex studenti del seminario di Banska Bystrica, nacque cosi spontaneamente qualcosa come un piccolo seminario privato che anche in una situazione assolutamente ostile seppe trovare la strada per un proprio modus vivendi. Il loro programma quotidiano iniziava la mattina con la preghiera comune. Poi si andava al lavoro, ed in seguito, in pomeriggio e la sera, fino a tarda ora si ascoltavano le lezioni si studiava, e si ascoltava la Radio Vaticana. Contemporaneamente i ragazzi, ormai definiti “seminaristi di Nitra”12, avevano esercizi spirituali e funzioni religiose e cercavano di vivere secondo gli insegnamenti di S.Vincenzo de Paul, che era il cuore della loro piccola comunità. A metà ottobre, quando Suor Modesta venne internata a Ladce, Janko si licenziò e trovò un nuovo lavoro a Sitno, una fabbrica di stato. Ma questo non ebbe influssi sulla comunità.
L’unico eventuale fattore di preoccupazione poteva essere solo il fatto che Padre Krištín era ricercato dai servizi di sicurezza perché era fuggito dal “convento di concentramento” La vita in quel periodo era piena di situazioni critiche di quel tipo e la gente se ne faceva carico con l’idea che quello che non fosse noto, sarebbe stato dimenticato. Ma i fatti andarono altrimenti. Nel gennaio del 1951, il Paese intero fu sconvolto dai processi farsa contro i vescovi “traditori della patria”, che furono trasmessi per radio a scopo intimidatorio. E le persone, sotto schok per le autoaccuse imparate a memoria e recitate dai vescovi che erano stati torturati fisicamente e psichicamente, piansero ascoltando la radio. Era una cosa talmente impensabile ed orribile, che nessuno era in grado di immaginare che ciò che stava accadendo riguardava ognuno personalmente, che dopo i vescovi sarebbe toccato ai sacerdoti, ai religiosi, ai laici fedeli, ad ognuno, anche ai propri figli…..
Stava iniziando l’ondata più massiccia di arresti di cristiani nella storia della Chiesa in Slovacchia, stava iniziando l’epoca del terrore.
I giorni passavano uno dietro l’altro con regolarità assoluta e la vita dei seminaristi di Nitra correva su binari ormai usuali. La chiesa presso il Calvario era vicinissima, non lontano era l’ospedale dove lavoravano le suore vincenziane che erano erano infermiere e che si occupavano di loro come fossero le loro madri, e a destra, non lontano, si trovava, attenzione, la sede dei Servizi di Sicurezza. I ragazzi non avevano paura di averli come vicini, pensando che in fondo non facevano nulla di male. Come poteva venirgli in mente che in realtà erano già spiati, e che erano stati denunciati ai Servizi di Sicurezza come “gruppo sospetto di giovani” da un ragazzo di 16 anni, membro della Unione Cecoslovacca della Gioventù (Organizzazione giovanile del Partito comunista, n.d.t.) accompagnate da espressioni tipo “ Ho imparato a scuola che le cose che ci sembrano sospette e che possono danneggiare il nostro sistema popolare e democratico vanno denunciate agli organi di sicurezza…… Cosi come dice mio padre, lui mi ricorda spesso che le cose (…) che possono danneggiare la classe operaia vanno immediatamente denunciate.”13. La citazione è estratta dalla lunga relazione dei Servizi di Sicurezza, redatta in stile giornalistico con il titolo “Scoperta una facoltà teologica segreta a Nitra”. Supponendo che in parte si tratti anche di un testo parzialmente falsificato a fini propagandistici dai servizi di sicurezza, in base alla data si può supporre che il gruppo di Nitra fosse spiato almeno dal maggio del 1951. Non si sa se ci sia un qualche legame, ma proprio allora, a metà maggio Janko Havlík insieme agli altri tre seminaristi, lasciò il lavoro e si dedicò pienamente allo studio.
Il tempo passava, e dopo una calda estate piena di lavori occasionali, per la mietitura, per la fienagione, nelle raccolte di patate e di barbabietole, arrivò ottobre e i nostri seminaristi che non sospettavano nulla, avevano già alle spalle un anno di studio comune. La gioia di Janko per l’inizio del secondo anno di studi venne tuttavia offuscata dal fatto che proprio in quei giorni Suor Modesta fu trasferita ai lavori forzati in qualche parte del Varnsdorf nelle zone fredde e disabitate ai confini fra la Cecoslovacchia e la Germania. Si interrompeva cosi il filo con quella persona che era per lui come un faro spirituale. Era, d’altra parte, uno stimolo a divenire indipendente ed a cercare sempre di più il suo appoggio solo in Dio.
In questo era molto aiutato dai Padri Lazzaristi, che in quel periodo svilupparono il suo spirito ed il suo intelletto, formarono il suo carattere, la sua volontà, resero salda la sua fede, il suo rapporto con Gesù Cristo, ed approfondirono la sua spiritualità. Quello era uno spazio impenetrabile per gli occhi dei servizi di sicurezza, che lo stavano spiando, era il punto in cui Janko Havlík diveniva incomprensibile. Proprio per questo divenne sospetto e intollerabile.
Il 28 ottobre 1951, pochi giorni dopo la deportazione di Suor Modesta, egli fu arrestato in un pomeriggio grigio, verso le ore 15 nell’appartamento in Via del Calvario al n.51.
I documenti testimoniano gli ordini: “Bloccare!” “Eseguire perquisizione personale!” “Ha con se la carta di identità, la tessera del lavoro, il distintivo di Tyrso, una penna, un bloc notes , un rosario, le chiavi di casa, 180 Corone “(era tutto quanto possedesse, e non ebbe mai più indietro quei soldi. NdA).”Mettete l’arrestato nel carcere della Direzione Regionale dei Servizi di Sicurezza a Nitra!”14. Così avvenne. Ma prima che gli si chiudesse alle spalle la porta della prigione dei Servizi di Sicurezza, l’officiale tuonò: “spogliatevi! nudo!” Fu preso da un violento rossore. Davanti al capo della pattuglia ed ai suoi tre “membri” rimase completamente nudo. Qualcosa lo colpì in testa. Era l’equipaggiamento completo di un carcerato: mutande secondo la norma, camicia, calzoni, scarpe, giacca, berretto. Cosi il sospetto seminarista Janko Havlík divenne detenuto. Il motivo? Il rappresentante dei Servizi di Sicurezza declamò:”Anche dopo l’interrogatorio rimane il dubbio che il sospettato abbia illegalmente frequentato lo studio illegale in una facoltà teologica ed è anche sospettato di contatti con il Vaticano!” In breve risuonò anche la voce del Procuratore “sospettato di attività illegale contro lo Stato!”15 Per Janko era accaduto tutto talmente all’improvviso, che prima di rendersene conto, si trovava in cella di isolamento in carcere in attesa dell’inchiesta. Da questo momento in poi sarà possibile seguire il suo destino solo in base alle relazioni degli interrogatori nelle prigioni, da parte dei giudici e dai motivi delle condanne. Per primo esaminiamo il suo Curriculum, che scrisse di suo pugno.
“Sono nato a Vlčkovany il 12 febbraio 1928 come figlio maggiore dell’operaio Karol Havlík e di Justina, nome da nubile, Pollakova, che lavorano nella fattoria statale a Kobylany. Mio padre lavora là dal 1919, quindi non ha mai cambiato lavoro in 37 anni. Mia madre lavora come operaia insieme a mio padre e si occupa della famiglia. Ho tre fratelli. Ho finito la Scuola Popolare (scuola elementare di 5 anni, n.d.t) a Vlčkovany. Poiché volevo proseguire negli studi ho frequentato due classi della scuola cittadina a Holič, dove mi recavo a piedi (ogni giorno 16 km.). Dopo due anni ho iniziato a frequentare il Ginnasio Statale a Skalica (ogni giorno con la bicicletta, cioè 36 chilometri al giorno) . Poiché il mio stato di salute già allora era debole, ho iniziato a frequentare il Ginnasio Statale (e la Scuola apostolica) a Banska Bystrica, dove ho finito il ginnasio – A Banska Bystica (Nella Scuola Apostolica) sono rimasto fino al 5 maggio 1950, quando questa istituzione è stata chiusa. Poi ho lavorato presso il cantiere della “Diga della gioventù” vicino a Puchov fino al 10 agosto, quando mi sono trasferito a Nitra. Lì ho cercato lavoro come impiegato, dove ho lavorato fino al 13 maggio del 1951, quando ho lasciato il lavoro e mi sono dedicato allo studio personale e privato fino al mese di ottobre, quando sono stato arrestato.”16.
Guardando il manoscritto si è colpiti dalla chiarezza degli scopi, dalla ostinazione e dalla capacità di sacrificio di questo ragazzo. Ma si nota anche la scrittura stessa di Janko: per meglio dire la sua calligrafia. Le lettere sono ordinate chiare e leggibili, e si svolgono senza interruzione, come perle di una collana, come le lettere in carattere glagolitico costantiniano (si fa riferimento qui all’alfabeto ideato da S.Cirillo, nome di battesimo Costantino, per tradurre il vangelo in lingua slava, n.d.t). Dimostra fermezza di carattere, coerenza, e sistematicità, unita a delicatezza di sentimenti ed un grande senso della bellezza. Il suo padre spirituale, Stefan Krištin una volta disse di lui nel carcere di Valdice : Janko? Un animo delicato, nobile, puro…. un cuore sensibile”. Ed appariva proprio con queste caratteristiche: Era un giovane attraente, sorridente, sportivo, alto più di un metro e novanta, dal quale emanava equilibrio e simpatia.
Il carcere preventivo durò incredibilmente quattro mesi pieni di sofferenze. Secondo i documenti dimagrì di venti chili. In prima pagina, nel fascicolo dell’inchiesta si trova il formulario riassuntivo dove alla dicitura “carattere dell’interrogato” si trova. Jan Havlík, spia, nazionalista, da elaborare” Sono rimasto sconcertato: “Da Elaborare” Che termine terribile in riferimento ad un essere umano! Ma così hanno scritto, nero su bianco. Nei documenti ufficiali dei Servizi di Sicurezza si nota che un essere umano è secondo loro un oggetto che può essere liberamente “trasferito”, “impiegato”, “consegnato” “destinato” “spostato”. Può essere “conservato”, “capace di lavori pesanti”, “incapace”, “buttato via”, “consegnato nuovamente” e quindi essere anche “ da elaborare”17. Riflettendo, mi è venuto in mente che l’aggettivo “da elaborare” potrebbe forse significare che dopo la fine della prigionia per inchiesta l’indagato poteva essere già “elaborato”? La domanda ha senso perchè qualsiasi persona onesta che si fosse opposta ai propri superiori durante il regime totalitario poteva, tramite i Servizi di Sicurezza, essere “seguito, richiuso, inquisito, accusato, condannato, sottoposto a pena” e qualora si fosse ancora opposto poteva essere anche “liquidato”
Scopo della prigionia durante l’inchiesta in questo sistema perverso era che l’innocente si proclamasse colpevole di un delitto che non aveva commesso, o per meglio dire che riconoscesse i delitti che gli erano imputati nei protocolli, secondo quanto gli veniva dettato dall’investigatore. Poiché questi poteva raggiungere il suo scopo solo tramite maltrattamenti fisici e lavaggi del cervello, il protocollo della confessione della vittima diveniva un trofeo, che può essere paragonato ad uno scalpo da mostrare.
Ho davanti a me il Protocollo della confessione di Jan Havlík. Guardo il documento senza credergli, lo apro con tensione per capire se il soggetto “da elaborare”, non fosse divenuto “elaborato”. L’interrogatore chiedeva cose tipo:
“Come avete contribuito alla “vittoria di Febbraio” (si fa riferimento alla data 25 febbraio 1948, quando i comunisti presero il potere nella Repubblica Cecoslovacca, tramite l’eliminazione anche violenta, dei ministri non comunisti presenti nel governo, n.d.t)?”
“spiegate quali fossero i vostri scopi … del vostro studio segreto.”
“”Chi vi ha suggerito di divenire agitatore e di convincere i colleghi di noviziato a recarsi a Nitra a scopo di studiare illegalmente e sviluppare così un’attività antistatale?”
“Quali erano gli ordini del Vaticano perchè lavoraste illegalmente e a scopo controrivoluzionario contro il nostro sistema popolare democratico?”.
L’investigatore suggeriva continuamente parole, espressioni o frasi che l’interrogato non pronunciò mai. Per esempio: “Confessate,quale doveva essere la vostra missione, poiché affermate che nel sistema popolar-democratico l’Ordine dei Lazzaristi è stato soppresso” Ma Janko Havlík non ci cascò e affermò:”Volevo divenire sacerdote di quell’Ordine, anche se era stato soppresso, meglio, non soppresso, ma sciolto. Non ho mai riconosciuto la soppressione di quest’Ordine”18
A volte le domande erano cosi complicate che neanche per iscritto è comprensibile cosa si volesse sapere. Al contrario, accadeva anche che l’interrogante rispondesse brillantemente alle domande che egli stesso aveva posto all’interrogato. Per esempio nella risposta alla domanda: “Perchè la (nuova) Facoltà Teologica non vi è sembrata adeguata?” leggiamo: “Ho cercato di sovvertire il sistema popolare e democratico e appoggiare la politica controrivoluzionaria delle forze reazionarie poiché supponevo che in questo modo avrei contribuito a mantenere il sistema imperialistico economico e politico dell’alto clero in Slovacchia” Questa frase venne attribuita al più giovane dei confratelli di Havlík, che non era ancora maggiorenne e non aveva neanche studiato fino alla maturità.19
All’inizio di maggio in base a questi protocolli, finalmente i compagni dei Servizi di Sicurezza elaborarono i capi di accusa in cui leggiamo fra l’altro: “I conventi e gli Ordini erano divenuti centro …. di attività illegali e preparavano nuovi atti illegali…. su ordine del Vaticano hanno organizzato facoltà segrete nei quali hanno educato altri delinquenti …. Lo scopo era preparare ex-seminaristi ad attività sovversive contro l’ordine popolar-democratico. A questo scopo egli ha organizzato (Stefan Kristin, N.d.A) sei elementi di questo tipo …. “Riguardo a Jan Havlík è scritto “Si tratta di un irriducibile nemico dell’ordine popolar-democratico… ha deciso di combattere intensamente contro il socialismo, e per questo ha convinto altri seminaristi……. per impedire l’ascesa del socialismo con la propria attività illegale controrivoluzionaria. (….) Ha derubato personalmente gli oggetti dei conventi, i libri e le raccolte, ha ascoltato le notizie menzognere dalla Radio Vaticana… moltiplicava con macchina da scrivere canzoni contro lo Stato e poesie che fossero materia di studio per tutto il gruppo di controrivoluzionari che si preparava ad azioni delittuose. “20
Sia andata come sia andata, Havlík accettò i capi di accusa con sollievo perchè significavano finalmente la fine dell’istruttoria e solo chi ha vissuto personalmente questo inferno può capire cosa sia. Il carcere per gli imputati in attesa di giudizio, nel Palazzo di Giustizia di Bratislava dove lo trasferirono insieme agli altri perchè fossero a disposizione del procuratore per l’elaborazione dei capi di accusa, era molto meno brutale di quello che avevano vissuto.
A Bratislava, nella Procura di Stato, il procuratore diede alle stupidaggini dei Servizi di sicurezza una facciata di materiale legale e processuale e con una irreversibile “Accusa del Procuratore distrettuale” scrisse “ … l’ex seminarista religioso…. ha partecipato alla formazione di un seminario segreto …. di questa organizzazione illegale… in cui si preparava ad attività antistatale …. si procurava letteratura… frequentava incontri segreti … ascoltava notiziari della radio vaticana… partecipava all’organizzazione di una rete vaticana illegale … ha studiato teologia a questo scopo per questo è accusato a norma di legge per essersi unito al tentativo di sovvertire l’ordine e la repubblica popolare e democratica, commettendo con ciò il reato di tradimento della patria a norma del § 7821
Janko Havlík spiegò: “E’ vero che ho studiato nel Seminario di Banska Bystrica…. che mi preparavo come novizio alla vita sacerdotale, è vero che prima dello scioglimento della Scuola Apostolica il nostro superiore Mikula ci ha dato delle indicazioni per gli studi seguenti e per la vita futura ( In quel periodo P.Augustin Mikula, ex direttore della Scuola Apostolica era già al sicuro oltre cortina. nda). È vero che durante i nostri studi a Nitra ci eravamo dati come regola basata sui suoi insegnamenti. E’ anche vero che abbiamo lasciato gli studi per dedicarci più intensamente allo studio teologico….”22
Inutilmente Havlík e gli altri accusati si difesero durante gli interrogatori in Procura, ancora prima che fossero scritti i capi d’accusa, inutilmente sottolinearono che” … da affermazione vere vengono tirate conclusioni sbagliate…. che essi non si identificano con la conclusione che essi volessero lavorare contro l’ordine statale …. che le direttive (della convivenza del gruppo) e la regola quotidiana l’avevano elaborata da soli insieme ad Havlík, che gli appunti della trasmissione alla radio …”, “ma si trattava della Lettera Pastorale trasmessa Radio Vaticana e di cui tutto il gruppo di di Havlík aveva preso appunti poco prima dell’arresto” gridò con innocenza sincera il più giovane degli accusati quando gli mostrarono questi appunti23. Fu tutto inutile. Anche questi appunti (della lettera apostolica del Santo Padre Pio XII del 28 ottobre 1951 – nda) furono allegati dal Procuratore al testo di accusa come materiale probante scritto con la sigla D9.
Il fascicolo di accusa così redatto fu trasferito al Tribunale di Stato a Bratislava. Così la ricevette il Presidente del Consiglio dei Magistrati dr.Dominik Turčan che gli dette il nome di “Štefan Krištin e compagni” e definì il termine della seduta principale nelle date del 3-5 febbraio 1953 annotando che il processo si sarebbe tenuto con il titolo protocollare “Nel 1950 a Nitra hanno creato un seminario segreto, un gruppo illegale antistatale, sotto la maschera di uno studio teologico”24 In questa definizione si gioca tutto il dramma umano dell’intero gruppo di Nitra e nel suo ambito, in modo particolare, il dramma di Janko Havlík, che unico di tutto il gruppo, rimase fedele alla Società Missionaria di S.Vincenzo de Paul come seminarista e candidato al sacerdozio missionario, fino alla morte.
Nel processo che si tenne nel Tribunale a Nitra, Havlík fu interrogato il primo giorno. Fra l’altro disse: “Ho capito ciò di cui sono imputato. Non mi sento colpevole. Ho lasciato il lavoro a Sitno perchè il mio scopo era quello di vivere una vita spirituale. Il nostro studio non aveva altri fini, per questo secondo me, il nostro seminario è stato valido sin dall’inizio. Il nostro Ordine ci da una regola di vita comunitaria, bisogna almeno in due. (…) Le Regole dell’Ordine Lazzarista sono strette e devono essere mantenute. Sapevo che lo studio era illegale ma non lo consideravo degno di colpa ed è iniziato per nostra iniziativa, quando abbiamo deciso che avremmo abitato e studiato insieme, secondo le indicazioni del nostro Ordine. Non è vero che questa scuola sia cominciata su iniziativa di P.Krištin (….). Per quanto riguarda la Facoltà Teologica legale a Bratislava, io non riconosco i sacerdoti progressisti e patrioti, e per questo non ho voluto diventare un sacerdote del genere (…) La pubblicazione di decreti di scomunica sono stati indirizzati dal Vaticano per la salvezza delle anime. (…) Per quel che riguarda la Radio Vaticana, essa non ha mai trasmesso nulla riguardante la politica ma sempre solo cose di carattere religioso”25.
Più tardi, nel processo di ricorso, Havlík confermò solo quanto detto con altre parole: ” Ho ascoltato radio straniere, ma non le ho propagate. Non era vietato ascoltare radio straniere…. Noi eravamo già tutti assieme a Nitra quando è arrivato da noi l’accusato Krištin…. Il mio scopo ultimo era di divenire sacerdote…Ho agito secondo coscienza. Non ho altro da aggiungere!”26
Il terzo giorno il presidente del consiglio dichiarò il giudizio in nome della Repubblica: Jan Havlík ricevette 14 anni di prigione, 10000 Corone ceche di pena pecuniare o altri 4 mesi di prigionia, la confisca di tutti i suoi beni e la perdita dei diritti civili per un periodo di 10 anni.27
Alla fine tutti i carcerati furono riportati in cella. Il gruppo di Nitra era stata ben sistemato
. Il tribunale poteva tirare un sospiro di sollievo: « il gioco è finito! Andiamo a festeggiare! »
Il perodio di prigionia in attesa di processo era finito ed il suo incartamento passò dal tribunale di stato all’esecuzione della pena presso l’Istituto Penitenziario e di Riabilitazione a Ostrov s/Ohrien, che era l’amministrazione dei lager di Jachym. Da quel momento il suo spazio vitale diviene « lo spazio segreto di Jachym » con i suoi campi, le baracche, i pozzi, le gallerie e i detenuti. Quando l’officiale di guardia del servizio carcerario a Ilava gli diede da riempire un formulario prima della partenza definitiva dalla Slovacchia per UNZ di Ostrov s/Ohrien, il condannato alla domanda « quale era l’ispirazione delle vostre attività illegali? » scrisse: »L’ispirazione dei miei atti era puramente religiosa. La mia attività nasceva da ispirazioni soprannaturali »28.
Se voltate pagina, su quella successiva si trova la nota ufficiale. » Reato commesso: ha studiato segretamente teologia. » Di seguito sulla riga « grado di definizione del reato » Appare una grande lettera P. Il documento è sigillato con l’impronta digitale della mano destra di Janko. In questo modo fu assegnato per sempre alla categoria »P » politico, come reato gravissimo e pericolosissimo. Ed in base a questo sarà trattato in seguito. Si è visto subito dopo la fine del processo: pur avendo presentato ricorso, per cui avrebbe dovuto rimanere nella prigione del tribunale fino al verdetto del ricorso (che arrivò qualche mese più tardi), fu illegalmente scortato sul luogo di svolgimento della pena già alla fine di febbraio insieme agli altri.
Nel campo di smistamento al « C » a Ostrov s/Orien ricevette come nuovo detenuto di Jachymov sulla giacca il num. A0 11355, perchè fosse chiaro a tutti che si trattava di « forza lavoro privata di libertà ». In una parola: uno schiavo, il cui valore si stabilisce in base alla capacità fisica.E qui incontro subito la successiva ingiustizia. Anche se il medico della prgione ad Ilava lo aveva definito per il suo fisico ostenico e per l’alimentazione insufficiente con il grado di classificazione B, che significava adeguato per lavori medi-pesanti29, la direzione del carcere di Ostravalo mandò ai lavori più duri: in una baracca che fungeva da magazzino, che puzzava di disinfettante, naftalina, ricevette insieme al numero di matricola anche la tuta da miniera, gli stivali di gomma, l’elmo e la lampada e divenne un minatore. All’inizio lavorò come aiutante nel sistema di areazione dei pozzi e nello scavo delle vene di uranio (campi dell’Uguaglianza, di Nicola, ed altri) poi dalla fine di aprile a Přibranska nel campo Bytiz come minatore e addetto alle pompe di profondità.
I giorni ed i mesi correvano e cosi alla fine di luglio, quando secondo la legge avrebbe ancora dovuto finire l’arresto presso il tribunale,30 Havlík era già noto come minatore, registrato negli elenchi della prigione come « ex-seminarista – agente del Vaticano » che « aveva usato i sentimenti religiosi della gente per gli scopi reazionari ed antipopolari del Vaticano. »31
Se qualcuno tuttavia pensasse che questo significava la fine della vocazione di Havlík, si sbaglierebbe di grosso, I suoi compagni lo amavano. Lo stimavano e cercavano la sua compagnia anche nelle baracche poichè in lui trovavano un equilibrio interiore, un vero interesse nei loro confronti. Comprensione, e certo anche serenità, speranza e letizia.Janko Havlík nel profondo dell’anima non smise mai di essere un semirarista vincenziano, candidato al sacerdozio nell’Ordine dei Padri lazzaristi. Al contrario, proprio in mezzo a questi suoi compagni di prigionia a volte pieni di dolore, tristezza, disperazione e nichilismo scoprì che anche se non poteva essere sacerdote missionario, poteva essere tuttavia missionario.
Ma questo lo notò anche il Mostro del comunismo, particolarmente allergico a quanto « odorasse » di sentimento religioso »; soprattutto in quei giorni e soprattutto nei riguardi dei giovani, poichè il Comitato Centrale del Partito Comunista aveva ordinato in tutte le scuole e gli istituti di istruzione di « portare alla luce… tutte le malefatte della religione »32
Il comportamento di questo internato gli faceva venire il mal di fegato. Lo avevano infilato qui perchè « in libertà » non rovinasse la gioventù, e ora qui in questo buco « infettava » con l’oscurantismo religioso tutti i carcerati. Ma per il momento non fecero nulla. Lo circondarono di spie ed aspettarono. Lo avrebbero aggiustato al momento opportuno.
Come minatore aveva risultati ottimi sui quali non c’era nulla da dire.Tuttavia il cuore era a rischio. dopo un anno di lavoro disumano, il medico della prigione scoprì un ingrossamento dell’atrio sinistro cardiaco e lo notò con un punto esclamativo sulla cartella medica. L’Ufficiale di controllo non ne fece nulla: sarebbe stato un peccato perdere un minatore di profondità con tale esperienza e capacità come Havlík. Cosi continuò ad immergersi nelle vene del prezioso minerale, quando ebbe un incidente33 strappo del legamento della caviglia destra: Un dolore fortissimo e la gamba ridotta ad uno straccio. I problemi di cuore divennero secondari.
Dal gennaio del 1955 Janko Havlík venne curato senza successo nell’infermeria del campo. Quando a questo si uni’ anche un problema di appendicite, vennee trasferito nell’ospedale carcerario degli Istituti Penitenziari di Praga – Pankraz. Qu è come se tutte le malattie si manifestassero insieme: oltre alla cura della gamba fu operato di appendicite, mentre il problema dell’ingrossamento dell’atrio destro del cuore si fece nuovamente evidente, con problemi anche di respirazione. Ma neanche in quel momento cominciarono a curare il suo cuore. Al contrario, appeana riusciti a rimetterlo in qualche modo in piedi, lo rispedirono di nuovo nei pozzi insieme alla scala, al trapano, alle passerelle, ai carrelli ed ai detonatori. (nella speranza di arrivare laggiù in fondo senza perdere la vita, scendendo a profondità di mille metri in un secchio appeso ad una corda come una scimmietta legata alla corda…).
Alla fine dell’ottobre 1956 scoccò la fine della metà della pena per Havlík. Poichè la legge glielo permetteva, presentò, pieno di speranza, la richiesta di grazia per la liberazione su condizionale. Dopo uin anno di terribili sforzi, di trappole burocratiche e di tensione, la richiesta viene definitivamente rifiutata. Il motivo? Nel giudizio dell’Ufficiale del Penitenziario di Přibram si scrive: Il condannato Jan Havlík, minatore di profondità, adempie ai propri impegni al 100- 172%…. non riconosce le proprie colpe.. si muove in un gruppo di persone sospette… non considera le attività culturali del campo. La condanna non adempie agli scopi rieducativi e per questo non si consiglia di concedere la grazia. »34
Nel dicembre del 1957 venne rifiutata ad Havlík anche la richiesta di amnistia del Presidente della Repubblica… e nella cartella clinica leggiamo: »Laesio myocardi Hipertonia » il cuore – soffio – rimbombi cupi – ritmo accellerato. » Nonostante tutto ciò, dovette continuare a scavare ogni giorno nella miniera. Si aggiunse anche una epidemia di infezione intestinale e gli venne ordinata una dieta di tre mesi senza grassi e senza sali. …
Con l’inizio del 1958 soffianrono a Bytiz venti ancora più pericolosi. Perchè? Il Comitato Centrale del Partito Comunista aveva fatto il bilancio della propria attività contro la Chiesa ed era giunto alla conclusione che « i religiosi cercano di paralizzare l’influsso della educazione comunista sui giovani…. un ruolo principale in questa attività viene giocato dai membri dei disciolti Ordini religiosi.35
In questo modo erano ormai contati i giorni di Havlík anche a Bytiz Come condannarlo?
L’amministrazione carceraria ritirò fuori documenti già vecchi di tre anni e gia archiviati per un reato dal titolo: “gruppi segreti antistatali di un gruppo di condannati di nazionalità slovacca per la creazione di uno stato slovacco (fascista) separato dalle regioni ceche”36
Rispolverarono quindi queste vecchie accuse per incattivirsi contro Janko Havlík. Accadde in maggio, quando anche su monti Urali in Siberia fiorivano i bucaneve. Lo chiamano al la perquisizione personale. Era come un fulmine a ciel sereno: « spogliarsi! Nudo! »- quante volte?E di nuovo: Protocollo sulla perquisizione personale: 1 paio di mutande rosse, 1 penna stilografica, 1 valigia di cartone – tutto sequestrato! Documenti personali del carcerato: 2 lettere, 2 fotografie 1 documento di lavor. Tutto liquidato. Contratto di lavoro: sciolto: Carta di identità sequestrata! Non ha nulla. E sotto la firma del carcerato.37
Nel frattempo leggiamo nella cartella clinica: battito cardiaco accellerato, fegato indurito, problemi di digestione » In queste condizioni venne rimesso in cella: Prigione 2 ,Praga Pankrac. I suo fedeli compagni, amici nella miniera non lo rivedranno mai più. Karel Kaplan ha scritto « comunque fossero i campi di lavoro a Jachymov, i prigionieri sono daccordo nel dire che in paragone con il carcere nel periodo dell’inchiesta e con il carcere criminale, essi erano miti »38
Nella prigione a Ruzin dove il Mostro comunista torturava le sue vittime in guanti bianchi, psichicamente, Janko Havlík per poco non uscì di senno. Informazioni degne di fede sono fornite dalle annotazioni dei medici nella sua cartella clinica.39
In interminabili interrogatori venne a sapere che « era collegato ad organizzazioni illegali antistatali di condannati ed in questo modo aveva commesso ulteriori reati e per questo era ricercato per il reato di rivoluzione antistatale ai sensi del §79 »40
Rimase stupito. Cosa? Dove? Quando? Non poteva credere a quanto sentiva, Inoltre avrebbe dovuto pagare i costi per tutto il periodo degli interrogatori fino alla fine delle decisioni del giudice… le visite sarebbero state permesse solo con il consenso della Procura Regionale » C’era da impazzire.
Davvero per poco non impazzì: i rapporti medici dicono che lo lasciarono in cella di isolamento in condizioni impossibili anche dopo la fine dell’inchiesta fino alla fine del 1959, quando si tenne il processo. Quello che accadde di lui in cella di isolamento potrebbe esser raccontato solo dai secondini che ogni tanto gli davano un occhiata dallo spioncino attraverso il quale gli portavano un pezzo di pane con qualcosa e « le medicine ». Pià tardi lui stesso fece una relazione oggettiva nel tentativo di aiutare altre vittime simili a lui.41
Il secondo processo di Havlík si tenne sotto il nome di « Tomašek e compagni” alla fine del 1959 presso la Procura Regionale di Praga. Nel giudizio leggiamo”Ad Havlík è stato chiaramente dimostrato che non solo si era unito insieme agli altri accusati per compiere attività sovversive, ma che egli stesso aveva compiuto tali attività…. Jan Havlík doveva immettere nel gruppo uno spirito religioso, poiché era stato seminarista e membro del disciolto Ordine dei Lazzaristi. Aveva eseguito delle messe segrete (devozioni n.d.a), aveva avuto lezioni sulla religione, nelle quali in forma nascosta aveva attaccato l’ordine statale con l’affermazione che nella Repubblica Socialista Cecoslovacca non esisteva libertà religiosa, che distruggeva la vita familiare etc… In incontri segreti attaccava la direzione del nostro stato democratico e popolare con la scusa di parlare della religione”42Di che cosa in pratica lo accusavano? Dei confronti con gli altri carcerati su temi religiosi, di colloqui individuali, di preghiere comuni, di spiegazioni della Bibbia, meditazioni, predicazione del Vangelo.. In pratica lo accusavano di fare dell’apostolato! Il mostro del comunismo impazziva davanti a questo fatto: questo “essere vivente” non solo non riusciva ad essere rieducato, ma rendeva anche vana la rieducazione degli altri carcerati! Si, per questo Janko Havlík marcì in prigione e mori dopo esserne uscito.
Dopo tutto questo bengodi di infamità e bugie alla fine fu condannato ad un anno. Solo ad un anno? Qualcosa non andava. In breve divenne chiaro: da quel momento in poi su tutti i giudizi leggeremo una frase di maledizione che lo porterà senza esagerazioni, dritto alla tomba “… nel periodo di espiazione della pena egli ha compiuto ulteriori reati…. lo svolgimento della pena non ha su d lui nessun effetto desiderato”.
Infatti per quel che riguardava i capi di accusa di collegamento alle organizzazioni antistatali di condannati, il giudice sapeva bene che non erano veri. La realtà era che ancora a Bytiz gli avevano messo in cella come compagno uno dei membri di questa “organizzazione” e poi nel processo avevano usato questo fatto come prova che egli era a conoscenza di questa “organizzazione” che la difendeva e che collaborava con essa. Di questa perfidia erano a conoscenza tutti: il giudice, il procuratore, l’interrogatore, tutti lo sapevano. Solo l’accusato stesso non lo sapeva. Solo l’anno seguente, quando in base a questa situazione, gli fu negata l’amnistia, nella lettera di ricorso scrisse: “Ho saputo delle attività del gruppo Tomašek e compagni solo durante gli interrogatori” Nella condanna scritta si nota che non ho confessato questo reato. Non avevo nessun reato da confessare. L’abitazione comune durante il carcere presso il campo di Přibram , il lavoro comune sul luogo di lavoro con un uomo che per lo stesso reato ha già ricevuto l’amnistia non è motivo di reato. (….)”
Tutta questa storia (del gruppo) era iniziata nel 1955 e finita nel 1956. Il processo si è tenuto tuttavia nel 1959…”43
Lasciarono il condannato in cella di isolamento anche dopo la pronuncia della sentenza fino a maggio quando fu “trasferito” nel Campo di Rieducazione di Valdice vicino a Jičin (Detto Cartusiani). Dovette sembrargli una vera conquista poiché aveva passato nelle prigioni di Praga, in isolamento, dodici mesi di pene indescrivibili.
Nel carcere dei “cartusiani” era già malato gravemente e veniva impiegato nella fabbricazione di “spille e mollette” (Per la fabbrica Kkoh-i-noor) cosa che significava, come diceva con disprezzo il capo del carcere “lavoro non qualificato, improduttivo e meno pagato… adeguato al condannato Havlík”
E lui cosa diceva? Più gli venivano a mancare le forze fisiche più cominciò a chiedere la grazia intensivamente. Anche nel più cupo totalitarismo c’erano molte possibilità per ottenerla, quella più comune era l’amnistia del Presidente della Repubblica. Janko Havlík non ebbe dubbi nel tentare ogni strada anche se (ma proprio per quello) riguardo a quella frase maledetta che gli era stata impressa all’inizio non ricevette mai nessuna grazia. Un esempio di ingiustizia che gridava al cospetto del cielo fu la richiesta nuovamente respinta di amnistia del giorno 9 maggio 1960.poichè “nel campo della rieducazione turba fortemente gli sforzi volti ad ottenere gli scopi della pena”44
Questa amnistia era eccezionale perchè il Presidente della Repubblica la concesse in occasione del quindicesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale. Fu un’amnistia quasi generale, che riguardò gran parte dei prigionieri politici, compreso gli altri confratelli del gruppo di Nitra di cui Havlík aveva fatto parte, e anche quelli dell’incriminato gruppo di Tomašek. Soltanto lui, no. Lui non la ricevette.
Non la ricevettero anche altri, ad esempio il suo padre spirituale Štefan Krištin. In un contesto più ampio non la ricevettero ne il Padre Provinciale Hutyra, né l’indimenticabile Vescovo Vojtaššak. Al contrario, tutti costoro furono raccolti dal potere nel carcere “dei cartusiani” detto “la prigione delle prigioni”
Così avvenne che mentre gli ex confratelli di Nitra e di Banska Bystrica godettero della dolcezza del ritorno a casa, lui si trovò in uno dei peggiori campi di prigionia cecoslovacchi in compagnia dei più importanti uomini della Chiesa Cattolica in Slovacchia. Uomini che erano stati condannati per il “crimine peggiore- attività religiosa”. In verità i loro reciproci contatti erano minimi perchè come “gravissimi delinquenti” venivano messi in isolamento stretto. Per quanto lo riguarda, questo è confermato anche dallo stesso capo del carcere di Valdice: “si dimostra come un incallito nemico dell’ordine popolar-democratico … ha contatti con condannati della stessa specie e per questo deve essere isolato anche durante la pena”45
Ritorniamo alla richiesta respinta di Havlík per l’amnistia. Come avevamo detto, fece ricorso. E poiché neanche questa volta andò bene, si rivolse alla corte suprema a Praga. Scrisse: ”La mia attività (nel gruppo di Tomašek e compagni, NdA),qualora io l’abbia veramente svolta, non può tuttavia essere considerata “grave delitto” poiché la condanna ad un anno che ho ricevuto come pena è piuttosto mite rispetto alle condanne che hanno ricevuto altri nel gruppo, ed infine la lunghezza della pena è annullata dal fatto che per alcuni del gruppo di Tomašek queste pene sono state annullate dall’amnistia, anche quella di uno che era stato condannato a 3 anni di pena. I membri del primo gruppo (del Gruppo di Nitra) giudicati dal Tribunale di Nitra con sentenza n. IT2/1953 sono rientrati tutti nell’amnistia. (….) oggi compio 32 anni, di questi 8 anni e 8 mesi di prigione. Contando i giorni, si nota come un giorno su quattro della mia vita l’ho passato in prigione”46
La Corte Suprema, apriti cielo, bruciò della rabbia degli onesti e diede ragione a Havlík chiedendo spiegazioni e rimproverando le corti di grado minore47. Ne venne fuori una causa intorno alla quale si sviluppa una documentazione che fino ad oggi può essere utile come dimostrazione lapidaria di intrigo, di ostruzionismo e di quanto fosse grottesco il sistema giudiziario allora in vigore, Ma come c’era da aspettare alla fine anche la Corte Suprema respinse la sua richiesta definitivamente. Per il Mostro comunista “tutto bene quel che finisce bene”, inoltre dopo adeguate spiegazioni la Corte Suprema tornò in buoni rapporti con i suoi subordinati e come unico risultato il fatto che il carcerato venne trasferito da Valdice a Praga per averlo sempre sotto occhio.
E così dall’inizio dell’ottobre 1960 Havlík è “posizionato” nella Prigione n.2, nelsolito complesso penitenziario di Pankrac e come lavoro viene “impiegato” nella ditta Stavobyt, che faceva parte del Ministero degli Interni. Da Stavobyt viene “spedito” ad un “corso di carpenteria” ed inseguito, come “carpentiere” inviato a Hloubětin su costruzioni estremamente pesanti e pericolose, perchè non avesse neanche il tempo di respirare. Jan Havlík non si arrese. Il nuovo posto di lavoro fu anche nuovo impulso per fare un nuovo ricorso presso gli organi addetti. O con lo scudo o sopra lo scudo! Già a dicembre presentò al tribunale locale di Praga la richiesta di libertà condizionata e di seguito, nel gennaio presentò al Procuratore Generale una protesta per il mancato rispetto della legge, affinchè riesaminasse la giustizia del processo del 1953. Dalla risposta piena di spupnost si capisce che il Mostro era veramente arrabbiato con lui. Il capo della sezione legislativa scrisse al capo della prigione di di Praga: “La Procura Generale richiede che si informi il condannato Havlík che non si sono trovati motivi per le misure che egli menziona nella sua richiesta”48
Nonostante ciò, Havlík scrisse petizione su petizione, ricorso su ricorso. Scrisse che ormai aveva scontato ben più della metà della pena, che la pena a lui comminata era immotivatamente dura, che doveva occuparsi dei genitori anziani, e della sorella che è ancora minorenne, che voleva lavorare onestamente… La risposta era sempre la solita. “La morale sul lavoro buona, nulla da dire sul comportamento… ma … durante la pena è stato nuovamente condannato per attività antistatale… non offre garanzie che condurrà una vita normale da lavoratore.”49
Hacvlik decise di dimostrare al Mostro che “avrebbe condotto una vita normale” Da maggio venne messo a lavorare nella fabbrica di pannelli di cemento da costruzione come addetto al cemento, dove diede il massimo. Nel suo incartamento troviamo anche i documenti con il titolo: Impegno individuale e collettivo, che annotano “produttività 257%”. Ma tutto ha i propri limiti. Quando sei in pieno sforzo non ti accorgi neanche come ed ecco un nuovo incidente: Dito del piede sinistro completamente schiacciato. Interessante è il rapporto sull’incidente:
“Cosa ha fatto il ferito in modo errato? – Disattenzione.
Cosa c’era di rischioso? Era tutto in ordine.
Che misure di prevenzione erano state messe in opera? Non erano necessarie misure di prevenzione
Cosa fa la fabbrica per evitare cause di incidenti al suo interno? Gli operai devono lavorare in modo sicuro.
Chi risponde per tutta la situazione? Tutti gli operai”50
Per completezza aggiungiamo che nel diario del carcere di Havlík si trova anche la Dichiarazione che riguarda la sicurezza sul lavoro e sulla quale confermò con la propria firma di “aver svolto un corso sulle precauzioni riguardo alla sicurezza dei lavoratori nel capitalismo e nel socialismo”.
In cambio “per l’ottimo risultato, per la moralità sul lavoro e l’ottimo svolgimento delle norme al 172% ricevette un pacco di alimentari di 3 chili!” Queste parole sono firmate di proprio pugno dal direttore del carcere n.1 di Praga Ruziň, in cui Havlík “abitava” in isolamento nella cella 1 A come num. A1 380951…. Quindi nessuna grazia, nessuna amnistia, nessuna liberazione con condizionale. Rimane solo un insostenibile dolore a causa del dito, che praticamente non esiste più.
Nell’infermeria del carcere in qualche modo lo rimisero in piedi e dopo otto giorni, via! di nuovo a faticare sulle forme in ferro per i pannelli di cemento. Raccolse la sfida e si rimise a lavorare con grande impegno fino a quando crollò. Accadde alla fine di giugno. Si ritrovò nuovamente in infermeria. Gli fecero diverse analisi. La gamba era infetta, vomitava, lo misero a dieta, ma tutto senza risultato. Gli fecero fare le lastra dei polmoni e dell’intestino, e nel momento in cui gli fecero anche l’ecografia i medici diedero l’allarme. Lo stato del carcerato era critico, ed essi sapevano che la sua strada nei campi di lavoro, nelle miniere e in mezzo a fatiche disumane finiva lì e che entrava nel tunnel dei lazzaretti carcerari dei pigiami da pena e dei letti…”Non può svolgere lavori in quanto malato….. entrambi le gambe” dichiara il suo guardiano in veste di alfiere nell’abitazione del suo superiore.
In questa situazione Havlík scrisse una richiesta di grazia. Ma, in effetti, nella richiesta di grazia di questo uomo gravemente malato, non si trova neanche un accenno alla sua malattia. Le strutture del totalitarismo mantennero il silenzio su questo aspetto nei suoi documenti. Al contrario, il Mostro reagì a questa situazione con un modo a lui proprio: ordinò ai suoi dei Servizi di Sicurezza di interessarsi meglio di lui e di controllarlo a fondo. E così iniziò subito una nuova operazione: “giudizio sulla richiesta di grazia”52 , il che significa che sul carcerato malato si riversò una marea di inquirenti ai quali interessava un’unica cosa: “il condannato rimaneva nelle proprie convinzioni… deve continuare nella pena poiché non si notano i risultati desiderati.”
E’ come nell’antica Roma: finchè il cristiano dichiarava che il suo dio era Nerone o Diocleziano (Marx o Stalin) non lo mandavano in pasto alle belve e gli davano un po’ di pace. Sarebbe potuto accadere anche con lui. Forse gliel’avrebbero data questa amnistia. Ma lui no. Quando era davanti a loro (fra l’altro dovevano guardarlo dal basso in alto, perchè era ben più alto di loro) essi vedevano da soli come era delicato, amabile, educato e misurato, ma d’altro lato anche incredibilmente senza compromessi, e testardo. Si, non crollava: Infatti ripeteva: “i miei scopi sono semplicemente religiosi.”
Cosa mettere nero su bianco? Non l’avevano fatto picchiare, frustare, prendere a calci fino a quando non aveva perso conoscenza? Non l’avevano rinchiuso in isolamento? Nel carcere di correzione? Infilato nei “buchi”? Non lo hanno “curato” a Ruzin così a lungo fino a portarlo alla soglia della schizofrenia? Continuava a cantare lo stesso ritornello. Dove prendeva le forze? Quando gli investigatori lo facevano entrare con la benda sugli occhi e poi glie stracciavano di colpo ed i loro sguardi si incrociavano, la loro potenza crollava immediatamente. Era come se si trovassero di fronte un mistero, davanti al quale le loro forze erano insufficienti. Provavano qualcosa che li rendeva insicuri, con il quale non riuscivano a cavarsela. Cosa fare? Per sicurezza decisero di liquidarlo, finchè fosse ancora nelle loro mani, finchè non fosse ancora libero. Però bisognava fare in modo che non morisse in prigione, ma che non vivesse a lungo dopo che era stato liberato. Per lui e anche per ammonimento agli altri. Era ancora molto giovane? Era proprio qui è il problema. Cosa sarebbe successo al sistema popolar-democratico se ed ancora di più “alla Gloriosa Unione sovietica per i secoli futuri” se proprio i giovani l’avessero rifiutata?
Quando finalmente furono raccolti tutti i giudizi di tutti coloro che dovevano esprimere un giudizio, cominciando dal più basso, dal responsabile della educazione nella camerata, attraverso il responsabile del reparto, ed il responsabile sul lavoro, si riunì la commissione di lavoro e espresse il proprio verdetto: ”La commissione non consiglia la grazia”53…..Avrebbe potuto provare nuovamente l’anno seguente.
L’anno seguente? Che scherzo cattivo: l’anno seguente sarebbe finita la pena. Certamente, se nel frattempo fosse sopravvissuto…. Proprio di questo si trattava… Se fosse sopravvissuto … Il giorno prima del verdetto Havlík era di nuovo svenuto in cella di isolamento. C’era da attenderselo, i medici lo controllavano ogni giorno. Ma quel giorno la situazione era così seria, che non lo
lasciavano più solo… soffoca … irrigidimento degli arti inferiori … vomita…. ha i crampi……. edema cardiaco… dilatazione cardiaca … La sera alle 17 il referto medico concluse: Il suo stato richiede l’ospedalizzazione. Trasferimento dalla cella di isolamento in infermeria alle 6.30. Alle 7 prepararlo. Domani mattina deve essere trasferito in ospedale”54…..
Ma non fu trasferito. Cosi un secondo medico che aveva il servizio, diede l’allarme “è assolutamente necessaria l’ospedalizzazione. Immediatamente!”
Finalmente su richiesta del terzo medico “Fischio al cuore presso la valvola mitralica…. immediata ospedalizzazione…” arrivò l’ordine dell’ufficiale di guardia e sul documento “permesso di scorta” vengono messi tre timbri obbligatori: Non ha parassiti! Non è tatuato! Deve essere scortato.” Dopo la visita medica di controllo, il carcerato fu finalmente ricoverato nel reparto di medicina interna dell’Ospedale centrale carcerario Praga – Pankrac.55
Dopo una settimana, quando ancora non era chiaro se sarebbe sopravvissuto e quando ormai si era riversata su di lui tutta la massa dei giudizi negativi, finalmente il Capo del Carcere 2 presentò la richiesta di grazia di Havlík al Ministero della Giustizia. Chiaramente unì anche il proprio giudizio.”Dal punto di vista politico non è assolutamente cambiato e continua nel mantenere le proprie opinioni. Non si consiglia di accettare la richiesta”56 Non accennò minimamente al fatto che il carcerato stava rischiando la vita!
Il Ministero della giustizia emise dall’alto del proprio Olimpo di ingiustizia la propria definitiva benedizione e con incredibile arroganza ed ignoranza informò Havlík:”già due volte vi siete mostrato nemico dell’organizzazione dello Stato e della nostra classe operaia. Rimanete ancora nemico e per questo non abbiamo notato nessun segno tangibile di motivi adeguati per la presentazione di richiesta di concessione della grazia”57
Era come un pugno in faccia Non solo rifiutavano la sua richiesta, ma lo rimproverano anche perchè l’aveva presentata. Era la fine… Se gli avessero concesso la grazia ora, ci sarebbe stata ancora speranza che i medici e le cure domestiche lo avrebbero salvato. Che ne sarebbe stato responsabile?
Sul momento rimase senza muoversi a letto: gli occhi chiusi, la faccia distrutta, le gambe gonfie come palloni e pesanti come ferro… solo i pensieri volavano liberi come uccelli. Un momento erano nei cieli, il momento dopo nelle profondità più oscure ….
Pensate solo questo: fra coloro che lo avevano giudicato, si è trovato anche chi ha avuto il coraggio di scrivere: “stato di salute: in generale buono”58.
Il Mostro però stava ancora nascondendo qualcosa: sapeva molto bene che lo stato di salute di Havlík non era e non era mai più stato stato buono. Al contrario, c’era il rischio che non uscisse mai più dall’ospedale, e se anche ne fosse uscito non sarebbe stato più buono per il lavoro: ma solo “un ferro vecchio”. Insomma: era inutile! Peggio: era un peso. Le sue cure non erano gratis e in ospedale occupava letti che sarebbero stati utili per altri. Cosa farne? Come toglierselo di dosso senza rimetterlo in libertà? Lo avrebbero mandato all’ospedale carcerario in Slovacchia. Questa sarebbe stata la soluzione migliore. Lo accompagnava in patria la cartella clinica carceraria “riassunto delle malattie e delle cure” che per il futuro medico curante ad Ilava aveva preparato con cura il medico di Praga.:”Dg .. pesante, malattia cronica del cuore richiede continua cura cardiotonica sotto controllo specialistico e continuo evitare fatiche” A questo aggiunse:” il paziente è stato informato della malattia per la prima volta nel 1954. Un significativo peggioramento è avvenuto dal febbraio di questo anno e è continuato nel giugno di questo anno quando ha cominciato a gonfiarsi l’addome, gli arti inferiori, perdita di appetito, soffre di meteorismo. Tossisce muco misto a sangue mentre si notano sibili sordi nel petto e soffocamento. Per questo si riconosce abile al lavoro”59
Nella prigione di Ilava, dove Havlík venne “trasportato” in autunno, nell’ottobre del 1961 lo misero, in base alle indicazioni di questo medico di Praga eccezionalmente coscienzioso ed coraggioso, ad un lavoro “seduto ed al caldo” per la ditta Tesla. Si capiva tuttavia che sempre più spesso sarebbe stato necessario correre in infermeria….
Con il trasferimento di un condannato in una nuova prigione si rimetteva sempre in modo la macchina delle indagini. Poiché il condannato sarebbe tornato in patria dopo dieci anni, i Servizi di Sicurezza decisero di controllare di nuovo tutto dalle basi, quindi partendo dai genitori. E cosi, un bel giorno a motivo di “controllo sul condannato”, lo stesso Comandante della Polizia di Senica si recò nel suo paese natio di Vlčkovian (nel frattempo rinominato Dubovce) e dopo aver “condotto le indagini” presentò alla direzione del carcere di Ilava il presente rapporto:
“L’indagato Havlík Jan viene da una famiglia di piccoli agricoltori, i suoi genitori lavoravano un ettaro circa di terra che hanno ceduto volontariamente, tenendosi solo mezza ara di campo. Il padre dell’indagato lavora ancora sul Terreno Statale di Holič, come responsabile della fattoria nell’azienda agricola statale -Dvor – Chorvacka, provincia di Senica. Il padre del Suddetto non è iscritto a nessuna organizzazione. Anche la madre non appartiene a nessuna organizzazione, né lo è stato in passato. Il padre non è mai stato condannato fino ad oggi, la madre è stata condannata per attività antistatale (ha protestato fortemente contro la pena di morte per Tyso). L’opinione di cui godono i genitori del suddetto nel luogo in cui abitano è molto buona, se si esclude il fatto che siano fortemente anti-socialisti.
Il nominato ha due fratelli ed una sorella, un suo fratello è stato condannato per attività antistatale insieme a lui. Nel 1960 è uscito dal carcere (dal campo di Jachym) ed è andato a lavorare nel nelle miniere di Jachym … La sorella Marta lavora nel Vansdorf come operaia (aveva seguito la zia Angela-Modesta che era stata deportata ai lavori forzati – n.d. a.).
Il secondo fratello dell’indagato abita a Dubovce. I genitori gli hanno lasciato la casa dei nonni e loro stessi si sono ritirati nella fattoria”60 Ecco un quadro preciso della situazione delle campagne nel periodo del totalitarismo in Repubblica Cecoslovacca. Di famiglie colpite in questo modo ce ne erano in tutto lo Stato centottantamila, poiché quello era il numero di giovani che in Slovacchia erano stati deportati a lavorare nelle miniere di uranio di Jachym per i “compagni sovietici”. E non li aveva aiutato, cosi come non aveva aiutato Janko Havlík, che i padri appartenessero come operai alla classe operaia cioè “dirigente”, ne che non fossero mai stato condannato “fino ad oggi”, né che avessero “volontariamente” ceduto la propria terra. Quel pezzettino di terra che da tempi immemorabili era la fonte di sostentamento di queste famiglie, solitamente molto numerose, di piccoli contadini.
Ma prima o poi tutto finisce. Non si può fermare il tempo. E questo è un bene. Grazie a Dio!
Finalmente giunse anche l’ultimo anno di carcere di Janko Havlík e la speranza cominciava di nuovo a respirare. Tuttavia già nel gennaio dovette essere nuovamente ricoverato in ospedale, questa volta nel reparto di medicina interna dell’ospedale carcerario di Ilava.. Dopo tre settimane il primario lo rilasciò dall’ospedale con queste indicazioni:” Stare a letto dopo il lavoro, Abbassare la capacità lavorativa del 25%, o eventualmente nella classe IV. Abile al lavoro dal 5.2.1962.”62
Qualcosa non quadrava: la classe IV significava inabilità al lavoro. Perchè allora il medico scrisse “abile al lavoro”? Sapeva, quello che sapeva anche il paziente, se lo avesse dichiarato definitivamente inabile al lavoro praticamente lo avrebbe condannato a morte come avevamo già ricordato nel caso del ricovero a Praga. La direzione del carcere avrebbe guardato a questa persona come senza prospettiva, come forza da lavoro ormai spenta, di cui bisogna liberarsi. Sarebbe divenuto quello che in gergo si definiva MU.K.L. (Muž – uomo – Určený – destinato – K – alla – Likvidaci – liquidazione). Nel linguaggio carcerario per esempio il letto dell’infermeria veniva definito come “rampa di partenza per la morte”. Si, questo accadeva durante il periodo del potere popolar-democratico” che “usava” dei carcerati in modo tale da essere più conveniente morire sul posto di lavoro che in un letto.
Dall’inizio del febbraio 1962, per i suddetti motivi, Havlík riprese a lavorare, per quel che riusciva, nella fabbrica Tesla. Lo teneva in piedi anche la consapevolezza che fra meno di sei mesi sarebbe finita la condanna di 11 anni. Nonostante ciò, apriti cielo! presentò nuovamente la richiesta di amnistia il 9 maggio 1962. E così si rimise in moto intorno a lui tutta la macchina della polizia segreta sul tema “giudizio sulla richiesta di grazia”. Che ha la sua fine presso il Tribunale regionale a Bratislava, con un rifiuto (e c’era da immaginarselo)62
Le motivazioni date erano le solite. Ma questa volta c’è da meravigliarsi del suo comportamento. Perchè lo fece? Sapeva bene come sarebbe andata a finire. Già a questo riguardo si era inimicato tutto il complesso « nazional-popolare » e « rieducativo » dello Stato… Valeva la pena, per lui già così stremato dalla fatica e dalla malattia impegnarsi nuovamente in quel modo? Ma forse lui risponderebbe: »I miei pensieri non sono i vostri pensieri ». Lui agiva con i fatti, non con le parole. Dai fatti si capisce come lui non abbia mai considerato inutile ogni azione di lotta contro la forza del totalitarismo, anche a rischio della vita. Pensiamo solo a quanti « addetti » metteva ogni volta in moto, quanti investigatori fece esplodere dalla rabbia impotente, quanti procuratori fece « innervosire », quanti giudici fece balzare sulle sedie e stupì per il proprio coraggio. Contate quante decine di organizzazioni in questi anni dovettero occuparsi delle sue continue richieste scritte, dei suoi ricorsi, lamentele, notate quanti giudizi, « valutazioni », « dichiarazioni », »inchieste » »notifiche » dovettero elaborare tutti questi addetti , impiegati, educatori, addetti culturali, tutti questi responsabili delle carceri giovani e vecchi, tutto quanto questi sotto-ufficiali, ufficiali, e ufficiali superiori dovettero firmare e mandare avanti, quanti maggiori e comandanti e quante « commissioni di lavoro »dei servizi di sicurezza, delle procure e delle carceri dovettero descrivere, confermare, firmare, e poi con il timbro « strettamente riservato » inviare ad altri più in alto. Ricordiamo solo quante procurature, quanti tribunali locali, provinciali e regionali, nella Repubblica Ceca ed in quella Slovacca, dovettero per dieci anni, indire delle sedute e riunirsi, discutere ed emettere sentenze, dichiarazioni, e giudizi riguardo riguardo alla sua « pena », senza contare gli uffici superiori come la Procuratura Generale e la Corte Suprema a Praga, ed anche l’Olimpo stesso dell’ingiustizia del totalitarismo comunista: Il Ministero della Giustizia della Repubblica Cecoslovacca.
Havlík costrinse tutti loro a confessarsi per iscritto, e loro confessarono rispetto a loro stessi e dimostrano ancora oggi cosa fossero anche senza dire una parola a riguardo, si confessano attraverso i fatti, i documenti, le lettere ufficiali, si confessarono gridando al mondo la verità sulle loro menzogne, sulle loro crudeltà, disumanità, ingiustizie, e ne parlano concretamente attraverso la vita di una loro vittima concreta. Parlano e raccontano dei delitti commessi nei suoi riguardi che non si possono tacere anche se sono timbrati con il loro timbro preferito « assolutamente riservato! » Credetemi, solo la lettura di questi materiali provoca repellenza e terrore che emanano da questi documenti pieni di un’arroganza senza limiti.
Janko Havlík non vide gran parte di questi materiali, ma grazie a lui oggi sono davanti ai nostri occhi . Essi parlano anche di lui e del suo coraggio pesonale e della forza della sua fede, della sua fedeltà alla vocazione e del suo amore verso Dio e gli uomini fino alla morte. Al contrario è una lettura che rende puro lo sguardo, che ci innalza insieme a Janko Havlík verso Dio, che ci mostra che Dio ha creato l’uomo a Sua immagine, è una lettura che ci riempie di orgoglio, di gioia, di amore e di gratitudine
……..
Ma ora basta con le parole, torniamo ai fatti. Con l’arrivo dell’autunno del 1962, che annunciava che la liberazione di Havlík era ormai vicina, si riversò su di lui un’altra ondata di controlli, con la scusa della cura socialista per il carcerato da rimettere in libertà. Il risultato è la « dichiarazione sulla persona che verrà rimessa in libertà dopo aver scontato la condanna al carcere.,63
Qusto documento venne inviato anche al rispettivo Comitato Nazionale Regionale (quindi un ufficio civile) in questo caso all’Ufficio di Senica s/Myjava, che era la provincia del paese di residenza del carcerato.
In questo periodo fu definitivamente ricoverato in ospedale, poichè poco tempo prima (ad agosto) era stato portato in unità di terapia intensiva dell’Ospedale Universitario a Brno e questo letteralmente, gli aveva salvato la vita 64
Nella dichiarazione leggiamo … »il suddetto è interessato a lavorare a lavoare in una qualche ditta, dove possa arricchire le proprie conoscenze, qualora lo stato di salute glielo permetta… » ma i medici sia di Ilava che di Brno rispondono all’unisono; » Non può assolutamente lavorare, Grosso problema cardiaco. Gravemente ingrossamento atriale cardiaco con cronica insufficenza circolatoria: dopo l’uscita dal carcere deve essere ricoverato in ospedale: lo attende una grossa operazione cardiaca »65
Alla domanda di che cosa avrebbe vissuto, la dichairazione risponde: « prima di essere rimesso in libertà gli verranno resi 1900 corone (erano i soldi « messi da parte » come corrispettivo per il lavoro in carcere, che lui stesso si era guadagnato- n.d.t.) Quindi per la strada verso casa e per l’inizio della vita fuori dal carcere avrebbe avuto di che vivere. Avrebbe abitato presso i genitori, ma non sapeva se essi sarebbero riusciti a mantenerlo ».
Infatti la commissione per i problemi sociali di Skalica gli aveva riconosciuto il diritto alla pensione di invalidità, ma come ex-carcerato gliela aveva ridotta dalla minima di 400 corone a 300 . Inoltre se avesse presentato richiesta per un aumento della pensione, come ex carcerato che aveva perso i diritti civili, avrebbe anche potuto togliergliela definitivamente, in base alla legge in vigore.
Fosse come fosse, quando per Janko Havllik arrivò il giorno D: 29.10.1962, il giorno della rimessa in libertà, la gioia dell’abbraccio alla mamma e con tutta la famiglia fu così perfetta che per un po’ tutti dimenticarono la sua malattia. In quei mesi che ancora gli restavano da vivere, Janko fece in tempo a provare ancora la pace familiare, e ad avere il tanto desiderato incontro con la zia Angela-Modesta, e anche tanto aiuto gratuito da parte dei familiari e degli amici, perchè spesso veniva a prenderlo l’ambulanza per portarlo in ospedale a Skalica, provò anche la gioia di preparare i bambini di Dubova alla Prima Comunione, trovò anche la voglia di lavorare scrivendo testi di carattere religioso ma soprattutto provò una profonda soddisfazione per aver messo per iscritto quello aveva provato spiritualmente, le sue invocazioni, i suoi pensieri, le sue meditazioni, le sue preghiere. Da essi deriva « La via crucis delle giovani anime » ed il suo Diario, che ci permette di scorgere i suoi colloqui personali con Dio e che sono una guida insostituibile per tutti coloro che voglino andare verso Dio insieme a lui66.
Non fu meno intensa la gioia della convivenza con i suoi compaesani, presso i quali godeva di stima sincera. Come dicono ancor oggi « chi non amerebbe Janko? ». Tanto più che per natura era amichevole, di compagnia e d allegro. Nonostante tutto, però, non aveva ancora bevuto fino in fondo il suo calice di amarezza. Non solo perchè i medici non ebbero più il coraggio di eseguire l’operazione di cui avevano pensato, ma perchè non aveva ancora salutato perfettamente i sui genitori che già nella sede di Senica dei Servizi di Sicurezza sapevano di lui: » Si dimostra continuamente come incallito avversario del sistema socialista e mantiene ancora le proprie opinioni » alla fine, sottolineato doppiamente: Non si può dire che la pena che gli è stata inflitta abbia avuto il suo scopo rieducativo »67
Per gli organi di sicurezza di Senica era un ordine non scritto di tenerlo continuamente sotto controllo, di seguire ogni suo passo, incontro, sguardo, di controllare ogni respiro… finchè non avesse emesso l’ultimo..
E quell’ultimo respiro arrivò nel Natale del 1965. Janko Havlík morì da solo, per la via, senza testimoni, nella festa del suo patrono S.Giovanni Evangelista, all’età di 37 anni. Era mattino. Morì in piedi. Lo trovarono appoggiato al muro in una via secondaria accanto ad una carbonaia. L’aria era gelata, ma il sole splendeva chiaro….
2Questo avvenne alla fine dell’Agosto 1949. Vedi: SLANINKA, Augistin – DANKOVA, Stella: Budete mi svedkami (mi sarete testimoni), Bratislava, Oto Nemeth, 1999, pag.89-91.
3Decreto Governativo n.112 del 14 luglio 1950?
4Ciò avvenne il 30 luglio 1949
5Notte fra il 3 ed il 4 maggio 1950. Vedi VNUK, František: Akcie K a R, Bratislava: RK CMBF UK, 1995. Si fa qui riferimento al periodo in cui il Governo Comunista liquidò gli Ordini Religiosi e le Istituzioni Cattoliche in Cecoslovacchia, iniziato nella notte fra il 13 ed il 14 aprile 1950, quando furono occupati i conventi e sciolti gli ordini dei Padri Gesuiti e cappuccini. descritto da S.E.R., J.Ch., Card. KOREC in un noto libro dal titolo “z barbarskej nocy”, in It.:La Notte dei Barbari, Ed.Piemme, 1993”
6KAPLAN, Karel: Stát a církev v Československu v letech 1948-1953. Brno, Doplňek, 1993, pag.74
7Punto 8 – dal programma del Comitato Centrale Partito Comunista Cecoslovacco del 25.4.1949, IBIDEM, pag.118-122, 360
8Il processo si tenne alla fine del marzo 1950. Vedi HLINKA, Anton: Sila slabých a slabosť silných, (la forza dei deboli e la debolezza dei forti) pag.44
9Alexej Čepička: Cirkevní politika – Lezione per la NF nell’estate del 1948. in KAPLAN, Karel: Stát a církev v Československu v letech 1948-1953, pag.45
10Ciò avvenne il 28 agosto 1950. JUDAK, Viliam – DANKOVA, Stella: Exodus. “Oslavujeme Ťa, Bože….Seminario Sacerdotale S.Gorazd, 1996, pag.38. Vedi VNUK, František: Akcie K a R, Bratislava: RK CMBF UK, 1995.
11 PIKALA, Bohuslav: Ricordo di Janko Havlík, manoscritto, Bobrovece 2003. Archivio della Provincia Slovacca dei Padri Missionari.
12Il gruppo di Nitra era formato da 4 seminaristi, un fratello novizio, ed uno studente di ginnasio fuori dal noviziato
13Fondo dell’Archivio Nazionale Slovacco; Comitato Centrale del Partito Comunista Slovacco, nome in codice David, raccoglitore n.2246, a.j.68, allegato n.A-17-02- segr.1953. Relazione della Sede Regionale dei Servizi di Sicurezza, Nitra Alla Sede Centrale dei Servizi di Sicurezza a Praga: Scoperta una facoltà segreta di teologia a Nitra. Nitra 31.1.1953
14Archivio dell’Istituto per la Memoria del popolo, XII, relazione Corpo della sicurezza Nazionale V-2220, Fascicolo Jan Havlík. n.j. B/4 V 3858, cartella n.369. Ordine di arresto del Comando Regionale dei Servizi di Sicurezza Nitra 29.10.1951. Protocollo della perquisizione personale 29.10.1951
15Archivio dell’Istituto per la memoria XII relazione Corpo di Sicurezza Nazionale V-2220, Fascicolo Jan Havlík. č.j. B/4 V 3858, cartella n.369. Richiesta di prosecuzione dello stato di arresto. Comando regionale dei Servizi di Sicurezza Nitra 30.10.1951. Delibera sulla prosecuzione dell’arresto, Procuradi Stato 12.12.1951. Comando regionale dei Servizi di Sicurezza, Nitra 30.1.1952
16Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, manoscritto di Jan Havlík. Con firma autentica, senza dicitura della data e del luogo. Vedi Archivio dell’Istituto per la memoria, XII relazione Corpo di Sicurezza Nazionale -2220, Fascicolo Jah Havlík. n.j. B/4 V 3858, cartella n.369. Breve Curriculum , Protocollo sull’interrogatorio. Comando Regionale dei Servizi di Sicurezza Nitra 18.2.1952, pag.1
17Archivio dell’Istituto per la Memoria, XII relazione Corpo di Sicurezza Nazionale -2220, Fascicolo Jah Havlík. n.j. B/4 V 3858, cartella n.369 Descrizione particolare dell’inchiesta dei Servizi di Sicurezza, contro Havlík Ian č.j. B/4 V- 3858 Comando Regionale di Nitra dei Servizi di Sicurezza dal 30.10.1951 al 29.2.1952; Schedario, pag.1 ([Nel testo originale – ndt]Le citazioni sono prevalentemente in lingua ceca poiché gran parte del diario penale di Jan Havlík è scritto in questa lingua.)
18Archivio dell’Istituto per la Memoria, XII relazione Corpo di Sicurezza Nazionale -2220, Fascicolo Jah Havlík. n.j. B/4 V 3858, cartella n.369, protocollo sulla confessione dell’accusato č.j.A 40469/60-1951. Comando Regionale di Nitra dei Servizi di Sicurezza dal 18 al 29.2.1952, pag.2-9
19Janko Havlík fu indagato e giudicato insieme agli altri seminaristi di Nitra nel processo dal titolo „Štefan Krištín e compagni
20Archivio dell’Istituto per la Memoria, XII relazione Corpo di Sicurezza Nazionale V-2220, Denuncia, Comando Regionale di Nitra dei Servizi di Sicurezza, 10.3.1952, pag.10-11
21Archivio di Stato Bratislava, Fondo della Procuratura di Stato, 2 Spt III 26/52 Accusa nie confronti del gruppo “Štefan Krištín„ e compagni Bratislava, 24.11.1952
22Archivio del Tribunale Regionale 1T2/53 Verbale scritto con l’accusato Jan Havlík presso la Procuratura di Stato, sezione Bratislava, 24.3.1952
23Archivio del Tribunale Regionale 1T2/53 Verbale scritto con gli accusati del gruppo „Štefan Krištín e compagni“ presso la Procuratura di Stato, sezione Bratislava, 24-25.3.1952
24Archivio del Tribunale Regionale 1T2/53 Verbale della seduta principale presso il Tribunale Regionale di Nitra, 21.1.1953
25Archivio del Tribunale Regionale 1T2/53 Verbale della seduta principale presso il Tribunale Regionale di Nitra,con il gruppo „Štefan Krištín e compagni“ 3-5.2.1953, pag.3-4
26Archivio del Tribunale Regionale 2To41/53 Verbale della seduta di ricorso, Corte Suprema, Praga, 11.6.1953, pag.3,
27Archivio del Tribunale Regionale 1T2/53 Sentenza della causa penale „Štefan Krištín e compagni“.Tribunale Regionale di Nitra 5.2.1953
28Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Questionario.Nitra 25.2.1953
29Ibidem, Abilità al lavoro.Ospedale presso il comando del Corpo di Polizia Penitenziaria, Ilava, 26.2.1953
30In base al ricorso della Corte Suprema di Praga del 11.6.1953 che gli aveva anche diminuito la condanna a 10 anni
31Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Giudizio sul condannato, Nitra 31.7.1953
32Risoluzione del Comitato Centrale del Partito Comunista Cecoslovacco del 13.6.1955. In KAPLAN, Karel: Stát a Cirkev v Československu v letech 1948-1953, (Stato e Chiesa in Cecoslovacchia negli anni 1948-1953) pag.173
33L’incidente avvenne il 10.1.1955 Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Denuncia di infortunio. Příbram 17.2.1955
34Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík.Condanna.Přibram, 15.06.1957
35Lettera del Comitato Centrale del Partito Comunista Cecoslovacco, del 3.10.1958. In KAPLAN, Karel:Stát a Cirkev v Československu v letech 1948-1953, (Stato e Chiesa in Cecoslovacchia negli anni 1948-1953), pag.427
36Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík.Condanna in nome della Repubblica 3T1/59. Tribunale regionale di Praga 27.02.1959, pag.3
37Ibidem, Protocollo sulla perquisizione personale, Přibram (?)29.04.1958. Documenti personali del carcerato, Přibram/Praga- Pankrác (?) 30.05.1958
38KAPLAN,Karel – PACL Vladimir: Tajný prostor Jáchimov. České Budějovice: AKTYS ((in collaborazione con K club), 1993, pag.118
39Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Cartella Clinica
40Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Rapporto (riguardante le indagini e la presentazione dei capi d’accusa). n.j.ČVS546/58.Praga, 22.12,1958, Annotazione: l’inchiesta ha avuto luogo dal 21.10 al 21.12.1958
41Rapporto: Opis duševného stavu a nervového vypätia (descrizione dello stato interiore e della tensione nervosa) vedi: SRHOLEC, Anton – MOKROHAJSKÝ, Hieroným: Oceľové srdcia. Pubblicato come allegato al libro, pag.10. SLAVIKOVÁ, Helena: Hrdinské svedestvo mladosti, pag.103-105.
42Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík.Condanna in nome della Repubblica 3T1/59. Tribunale regionale di Praga 27.02.1959.
43Archivio del Tribunale Regionale 6To50/60. Richiesta di nuova sentenza riguardo alla possibilità di amnistia. Manoscritto.Campo rieducativo di lavoro Valdice presso Jičin 6.6.1960
4 4 Ibidem, Sentenza. Corte Suprema Praga. 6.10.1960
45 Ibidem,. Valutazione. Campo rieducativo di lavoro Valdice 4.3.1960. Valutazione. Campo rieducativo di lavoro Valdice.21.09.1960
46 Ibidem, Reclamo contro la sentenza (del Tribunale regionale d Bratislava del 6.giugno 1960 – 1 Nt165/60). Valdice 15.07.1960
47 Archivio del Tribunale Regionale 6To50/60. Nota del Tribunale Regionale di Praga. Sez.1 del 22.7.1960. Annotazione « URGENTE! » Corte Suprema di Praga 6.9.1960
48 Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Procuratura Generale. (T465/52) N.NZ-11266/406-61. Carcere n.2, Praga 8.02.1961
49 Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Sentenza. Tribunale locale Praga 3 (codice illeggibile – n.d.a )2454/60. Praga 15.2.1961
50 Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Rapporto sull’incidente. Impresa Edile del Ministero dell’Interno Stavobyt. Praga. 1.6.1961 (l’incidente era avvenuto il 20 maggio 1961)
51 Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík. Premio per i risultati lavorativi. Campo di lavoro rieducativo n.1.Praga.13.7.1961
52 Ibidem, Giudizio sulla richiesta di grazia (giudizio dell’incaricato sul luogo di lavoro 4B -fabbrica di pannelli- sviluppo (Stavobyt Praga))
5 3 Ibidem, Posizione della commissione, Istituto delle strutture di correzione n.2. Praga, 8.8.1961
54 Ibidem, Rapporto sanitario di accompagnamento, Infermeria II, Istituto delle strutture di correzione n.2. Praga,7.8.1961
55 Ibidem, Rapporto sanitario di accompagnamento, Ospedale dell’Istituto delle strutture di correzione del Ministero degli Interni Praga-Pankrac 8.8.1961
56 Ibidem, Condannato Jan Havlík, richiesta di grazia (NZ-39809/406-61) Istituto delle strutture di correzione ,
57 Ibidem, Respingimento della richiesta. Ministero della Giustizia, Praga 30.08.1961
58 Ibidem, Giudizio riassuntivo. Praga 27.3.1961
59Ibidem, Rapporto per il medico esaminante. Ospedale centrale del Ministero degli Interni – Istituto di correzione n.2, Praga 1.10.1961
60 Ibidem, Studio delle caratteristiche n.VB 5895/301-1961.Sede Regionale del Ministero degli Interni, reparto di Pubblica Sicurezza Senica, 18.12.1961
61 Ibidem, Rapproto per il medico esaminante. Ospedale del Ministero degli Interni ad Ilava, 30.1.1962
62 Ibidem, Sentenza del Tribunale Regionale a Bratislava, sez.I, Bratislava 22.06.1962
63 Ibidem, dichiarazione sulla persona, Istituto delle struttire di Correzione del Ministero degli Interni Ilava 4.10.1962
64 Ibidem, Rapporto di accompagnamento sullo stato di salute. Brno 27.7-5.9.1962
65 Ibidem, Giudizio, Brno 27.8.1962
66 Havlík, Anton: Lásku nemožno umlčať. Autentické rozprávanie o živote a utrpení môjho brata Jána (Non si può azzittire l’amore. Conversazione autentica sulla vita e sulle sofferenze di mio fratello Jan) pag.143-150; SLÁVIKOVA, Helena: hrdinské svedectvo mladosti (La testimonianza eroica della gioventù), pag.165-176
67 Archivio del Corpo di Polizia Penitenziaria e Giudiziaria della Repubblica Slovacca, Leopoldov, Cartella personale di Jan Havlík.Giudizio. Brno 27.8.1962. Dichiarazione sulla persona. Ilava 4.10.1962
Se hai ricevuto qualche grazia attraverso la supplica a questo confratello o conosci qualcuno, per favore contatta il Procuratore Generale, P. Serhiy Pavlish, C.M., a: procgen@cmglobal.org