Il ventiduesimo giorno del mese di ottobre dell’anno in corso, Papa Francesco ha pubblicato la sua quarta enciclica, dedicata all’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo: Dilexit Nos. In questa enciclica, Francesco ci invita a rinnovare la nostra devozione al Cuore di Gesù per non perdere di vista la tenerezza della fede, la gioia del servizio e l’entusiasmo della missione, affinché l’umanità non perda il suo cuore; perché il Cuore di Gesù ci ispira all’amore e ci manda agli altri. Per introdurci alla profondità del sacro mistero del cuore di Gesù, Papa Francesco riprende alcune idee della spiritualità monastica e dei Padri della Chiesa, evoca certe devozioni e anche alcune spiritualità più contemporanee.
All’inizio di questa quarta enciclica, il papa cita alcune espressioni chiave del Nuovo Testamento sull’amore del cuore divino : «Ci ha amati» (Rm 8,37); «Da questo amore nulla potrà mai separarci» (Rm 8,39). Cristo stesso aveva assicurato ai suoi discepoli: «Io ho amato voi» (Gv 15,9.12); «Vi ho chiamato amici» (Gv 15,15). Egli ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10). Grazie a Gesù «abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16).
“Dilexit nos” è composta da 220 paragrafi o numeri, ricchi di contenuti letterari e dottrinali, divisi in cinque grandi capitoli : L’importanza del cuore; Gesti e parole d’amore; Questo è il cuore che ha tanto amato; L’amore che dà da bere; Amore per amore.
In questa enciclica, Francesco cita san Vincenzo de’ Paoli in tre diversi paragrafi o numeri. Nel quarto capitolo, “l’amore che ci dà da bere”, Francesco cita il santo patrono della carità al numero 148, quando sottolinea l’importanza della vita interiore. Evoca l’apostolo dei poveri anche nel quinto capitolo “amore per amore”, nei numeri 180 e 207 che presentano il cuore di Gesù come fonte di consolazione e di energia missionaria.
Papa Francesco riprende uno degli aspetti della spiritualità vincenziana riguardo all’importanza della vita interiore. Va ricordato che la vita interiore, che si riferisce alla chiamata ad unire il proprio cuore con quello di Cristo, è un’aspirazione profonda di tutti i vincenziani. Questo è un invito a vivere secondo gli insegnamenti di Gesù, adottando le disposizioni del suo cuore, il suo amore, la sua compassione e la sua umiltà. Un vincenziano unito al cuore di Gesù cerca di vedere il mondo attraverso gli occhi di Cristo, con un’attenzione speciale ai più indigenti e vulnerabili. Citando questo gigante della carità, Papa Francesco ha dece: «San Vincenzo de’ Paoli, per fare un esempio, diceva che ciò che Dio vuole è il cuore: “Dio chiede prima di tutto il cuore, il cuore: questa è la cosa principale. Perché chi non possiede nulla può aver più merito di chi ha grandi possessi ai quali rinunzia? Perché chi non ha nulla va a Lui con più affetto; ed è questo che Dio vuole in modo tutto particolare”. Ciò comporta di accettare che il proprio cuore si unisca a quello di Cristo: ‘’Una suora che fa tutto quello che può per disporre il suo cuore a stare unito a quello di Nostro Signore […] quali benedizioni non riceverà da Dio!’’».(DN 148). Per un missionario come per una Figlia della Carità, l’unione con Cristo non solo trasforma la propria vita personale, ma ha anche un impatto sugli altri, irradiando pace, gioia e amore. Pertanto, seguire l’esempio di Gesù nel servire i poveri, specialmente quelli che sono nel bisogno, ci permette di manifestare o tradurre i frutti del suo cuore in azioni concrete.
Senza usare direttamente la parola inabitazione, Francesco sottolinea questo tema della teologia cristiana quando parla della presenza permanente e attiva di Dio nell’anima del cristiano, sacerdote o laico. Anche qui il papa evoca San Vincenzo de’ Paoli : «Tale era la disposizione del cuore di un Vincenzo de’ Paoli. […] Quando nostro Signore vive nell’anima di un sacerdote lo inclina verso i poveri». È importante notare come questa dedizione di San Vincenzo fosse pure alimentata dalla devozione al Cuore di Cristo. Vincenzo esortava ad attingere “al cuore di Nostro Signore qualche parola di consolazione per il povero malato”. Perché questo si realizzi, è necessario che il proprio cuore sia stato trasformato dall’amore e dalla mitezza del Cuore di Cristo, e San Vincenzo ripeteva molto questa convinzione nelle sue prediche e nei suoi consigli, tanto da farla diventare un elemento di spicco delle Costituzioni della sua Congregazione: “Tutti porranno anche il massimo impegno nell’imparare questa lezione insegnataci da Gesù: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”; tenendo conto che, come dice Egli stesso, con la mitezza si possiede la terra, perché con la pratica di questa virtù si guadagnano i cuori degli uomini per convertirli a Dio, ciò che non possono ottenere quanti si comportano con il prossimo in maniera dura e aspra».(DN 180).
Questa citazione riflette un aspetto fondamentale del ministero sacerdotale e della missione dei vincenziani in generale: la chiamata a servire i più bisognosi ed emarginati. Così, quando un sacerdote è profondamente connesso all’amore di Cristo, quel legame spesso si manifesta in una maggiore compassione e dedizione verso coloro che sono nel bisogno. L’esempio del cuore di Cristo, che ha mostrato un’attenzione speciale per i poveri e gli oppressi, ispira i missionari a percorrere questa strada. Questo atteggiamento si traduce in azioni concrete di carità e giustizia sociale e di sostegno alle persone vulnerabili. Così la presenza e l’azione divina attraverso l’inabitazione, permette un’intima unione con Cristo, dove l’anima del missionario, di una figlia della carità o di un laico vincenziano è in costante comunicazione con Lui, beneficiando della sua grazia e del suo amore. Di qui la necessità di lasciarci trasformare dalla dolcezza e dall’amore del cuore di Cristo per poter consolare le anime dei poveri.
Il cuore di Cristo è spesso descritto come una fonte inesauribile di amore, di compassione e di forza. Per i missionari vincenziani, questa immagine ha un significato speciale. Papa Francesco menziona questa particolarità scrivendo : «Il prolungamento delle fiamme d’amore del Cuore di Cristo avviene anche nell’opera missionaria della Chiesa, che porta l’annuncio dell’amore di Dio manifestato in Cristo. San Vincenzo de’ Paoli lo insegnava molto bene quando invitava i suoi discepoli a chiedere al Signore “questo cuore, questo cuore che ci faccia andare dovunque, questo cuore del Figlio di Dio, cuore di Nostro Signore, […] che ci disponga ad andare, come egli andrebbe […] ed invia anche noi come loro [gli apostoli] a portare dovunque il fuoco”». (DN 207).
Attingendo all’amore del cuore di Cristo, i vincenziani trovano una pace interiore e una gioia che li accompagnano nella loro missione. Connettendosi al cuore di Cristo, i missionari trovano la compassione necessaria per comprendere e rispondere alle sofferenze dei poveri. Il cuore di Cristo rimane fonte di ispirazione per l’azione missionaria vincenziana.
Padre André NGOMBO, CM