Nella prima metà del III secolo, la prece eucaristica e la professione di fede battesimale conservateci dalla Tradizione Apostolica di Ippolito di Roma contengono dei riferimenti mariani. La prece eucaristica, nella parte dedicata all’azione di grazie a Dio per mezzo del Figlio, fa riferimento al tema primitivo della Vergine: «Inviato dal cielo nel seno della Vergine, concepito nel suo grembo, egli si è fatto carne e si è manifestato come suo Figlio, nato dallo Spirito e dalla Vergine[1]». La menzione dell’Incarnazione avrà successo nelle preghiere eucaristiche posteriori, fino al punto da diventare una delle memorie più autorevoli e costanti di Maria, nel cuore stesso della celebrazione eucaristica. In modo simile, la professione di fede battesimale dice: «Credi tu in Cristo Gesù, Figlio di Dio, che è nato per mezzo (de) dello Spirito Santo dalla (ex) Vergine Maria…?»[2]. Questa formula la si trova poi in altre Chiese d’Italia e d’Africa. Tutte le antiche professioni di fede sono cristologiche e menzionano l’Incarnazione del Verbo; inoltre la maggior parte di esse esplicitano il riferimento alla concezione verginale.
Nel III secolo, appare la preghiera Sub tuum praesidium, (sotto la tua protezione), considerata la preghiera più antica rivolta alla Madonna. È una invocazione collettiva, di indole liturgica, alla beata Vergine Madre di Dio. È stata redatta in lingua greca, ma ci è pervenuta su papiro egiziano[3]. L’importanza di questo testo deriva dal fatto che il concetto della maternità divina vi appare con il termine tecnico «Theotokos». Questa venerabile preghiera si è poi diffusa in tutti i riti sia occidentali che orientali.
Menzione speciale merita l’inno Akathistos[4]. È un grande inno liturgico della Chiesa greca antica, una lunga composizione poetica che celebra il mistero della Madre di Dio. La sua data di composizione oscilla tra la seconda metà del V secolo (400 d.C.) e i primi anni del VI secolo (500 d. C.). Questo inno ci riporta alle prime espressioni di culto a Maria, ed è uno dei più begl’inni mariani di tutti i tempi. Nella liturgia bizantina esso ha tutt’ora un posto privilegiato.
Il culto di Maria si esprime in modo adeguato nelle festività celebrate in suo onore. Quasi tutte le prime festività mariane trovano la loro origine in Oriente, da cui poi, per varie strade, arrivano in Occidente, giungendo fino a Roma che, di solito, è la più restia e la più tardiva ad accoglierle.
In un secondo tempo sotto l’influsso della liturgia della Gallia, il giorno de l’Ottava del Natale assunse aggiuntivamente il carattere di festività della Circoncisione del Signore. Il nuovo Calendario romano del 1969 ha ripristinato l’antica festività mariana, lasciando cadere quella tardiva dell’11 ottobre, istituita da Pio XI nel 1931, e dando alla celebrazione del 1 gennaio il nome di Solennità di Santa Maria Madre di Dio.
Nel complesso della liturgia rinnovata dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, le festività mariane si presentano, nell’attuale ordinamento del Calendario romano come un riflesso delle festività del Signore: «Nella celebrazione del ciclo annuale e dei misteri di Cristo, la santa Chiesa venera con speciale amore la beata Maria Madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del Figlio suo» (Sacrosanctum Concilium n. 103). Nella riforma liturgica promulgata dai decreti del Concilio Vaticano II non esiste un ciclo mariano dotato di consistenza propria. La Chiesa fa memoria di Maria nella celebrazione del ciclo dei misteri di Cristo e in intimo rapporto con essi: nell’Anno Liturgico. Infatti, il Calendario romano attuale valuta l’importanza delle celebrazioni mariane (solennità, festa, memoria obbligatoria, memoria facoltativa) secondo il grado di associazione della Madonna all’opera del Figlio, quale esso appare nei misteri celebrati.
In tale contesto è collocata la solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
Questa solennità è fissata l’8 di dicembre in riferimento alla natività di Maria all’8 settembre. Essa è per natura sua la memoria di un evento salvifico. La solennità dell’Immacolata è sorta da un approfondimento della fede, nutrita dalla riflessione sul vangelo. Il fatto poi che cada in Avvento facilita il suo inquadramento cristologico: Maria è un prezioso frutto della Redenzione, applicata preventivamente a lei per prepararla alla sua missione salvifica.
Questa solennità fa meditare il cristiano sulla persona e sulla vita di Maria di Nazaret. Infatti, una certa spiritualità devota, ha fatto in modo che Maria di Nazaret rimanesse in un certo senso lontana dalla vita quotidiana del popolo di Dio delle varie epoche storiche, anche se questo si è continuamente raccomandato a lei, perché intercedesse presso Dio.
Proviamo a riflettere: Maria era una ragazza nata a Nazaret, il paese meno apprezzato in Israele: era un demerito esservi nati. Dio ha scelto una ragazza del paese più disprezzato.
In Israele nascere in una famiglia ricca, nobile e stimata era segno della benedizione di Dio. Maria nasce da una famiglia comune, da genitori di cui nessuno parla, in una famiglia si direbbe insignificante. Maria sposa un falegname: un uomo insignificante. Un giorno si disse a Nazaret: al falegname è nato un bambino! La famiglia di Giuseppe visse la vita quotidiana delle altre famiglie di Nazaret per trent’anni nel totale nascondimento. Nessuno parlava di loro.
Nella società che conta la famiglia di Gesù non era conosciuta. Eppure, Gesù l’unico che poteva scegliere in quale famiglia nascere, in quale Paese nascere, scelse liberamente la famiglia del falegname…..
All’inizio di questo nuovo Anno Liturgico riflettiamo se noi quotidianamente cerchiamo, anche se con fatica di condividere la vita di Gesù, fatta di silenzio, di quotidianità e di ascolto della volontà del Padre.
Poniamo attenzione a non cadere nel tranello dell’autoreferenzialità; nel voler far sapere, a chi lo vuol sapere e a chi non lo vuol sapere il bene che, presuntuosamente pensiamo di aver compiuto, quando è sempre opera dello Spirito Santo e noi siamo solo suoi manovali nel suo cantiere.
Poniamo molta attenzione ad essere noi stessi e non la nostra caricatura che abbiamo coperto con la menzogna, per poter continuare a mantenere la fama che ci siamo costruiti e non meritati. La Vergine Maria ha condiviso una vita che è il netto contrario di tutto questo, invochiamola, perché ci aiuti ad essere sempre noi stessi e a non sembrare còi che non siamo.
Di p. Giorgio Bontempi c.m.
[1] IPPOLITO DI ROMA, La Tradizione Apostolica, 4; ed Botte, Münster, W, 1963 pp. 12-13.
[2] Ivi, 21: pp. 48-49.
[3] G. GIAMBERNARDINI, Il «Sub tuum praesidium,» e il titolo «Theotokos» nella tradizione egiziana. «Marianum» 31 (1969) 224-362.
[4] E. Toniolo, Akátthistos, in Nuovo Dizionario di Mariologia, ed. S. De Flores e S. Meo, Roma 1985, p. 231.