P. Vicente Queralt Lloret, C.M.

Il Santo Padre, Papa Francesco, giovedì 1 dicembre 2016 ha autorizzato il Decreto sul martirio di P. Vicente QUERALT LLORET e compagni
martiri durante gli anni 1936-37 della Rivoluzione Spagnola.
Nel gruppo vi sono Missionari vincenziani, Figlie della Carità e giovani membri dell’Associazione della Medaglia Miracolosa.
La Beatificazione ha avuto luogo sabato 11 novembre 2017 mattina, a Madrid, ed è coincisa con il 400mo anniversario del carisma vincenziano (1617-2017).


E’ in capo al processo, e gli dà il nome,
Padre VICENTE QUERALT LLORET


della Comunità dei padri Vincenziani, nato a Barcellona il 17.11.1894 e battezzato nella parrocchia S. Juan Bautista de Gracia della stessa città, diocesi di Barcellona. Grande oratore, musicista e poeta, era dedito alla predicazione, alle missioni popolari e all’apostolato per i giovani. Scoperto il suo rifugio e denunciata la sua condizione di sacerdote, fu arrestato e ucciso a Barcellona nel giro di poche ore. Era il 30 novembre 1936. Aveva 42 anni.


Sorte simile ebbero i suoi confratelli PP. Binimelis e Berenguer, anch’essi espulsi dalla casa Provinciale in calle de Provenza, 212, il 19 luglio 1936 e il cui martirio risale rispettivamente al 12 settembre 1936 e al 28 maggio 1937.

 

MANUEL BINIMELIS CABRÉ


nato a Reus (Tarragona) il 1.2.1892, fu battezzato nella parrocchia di S. Francisco d’Assísi della stessa città, Diocesi di Tarragona. Nella notte del 12 settembre fu fatto prigioniero dai marxisti nella casa degli amici che lo tenevano nascosto e martirizzato per la fede, nella stessa città di Barcellona. Sua madre riconobbe il cadavere nell’obitorio e confidò ad uno dei presenti: «Vorrei sapere chi ha ucciso mio figlio, per perdonralo». Era vedova e P. Binimilis era il suo unico figlio.

P. LUIS BERENGUER MORATONAS

nacque e fu battezzato in Santa María de Horta Obispado de Vich, provincia di Barcellona, il 4.7.1869. Scoperta la sua condizione di sacerdote in casa di suoi nipoti, fu fatto prigioniero nel carcere Modelo di Barcelona il 17 settembre 1936 dove morì il 28 maggio 1937, a causa di una setticemia causata dai maltrattamenti.

Dalla stessa archidiocesi proviene la causa di due Figlie della Carità. Due vite differenti, unite dalla stessa vocazione.

Sr. TORIBIA MARTICORENA SOLA

originaria di Murugarren (Navarra), nata il 27.4.1882 e battezzata nella parrocchia di San Román Mártir, volenterosa infermiera, aveva sempre avuto destinazioni difficili. Era stata una delle infermiere dell’Ospedale Militare di Larache in piena guerra d’Africa. Le consorelle andavano nel campo di battaglia per portare i primi aiuti e raccogliere i feriti. Nel 1929 fu incaricata di fondare il sanatorio antitubercoloso dello Spirito Santo di Santa Coloma de Gramanet (Barcellona). Nel novembre 1933 si unirà a lei

Sr. DORINDA SOTELO RODRÍGUEZ

nata a Lodoselo (Orense) 16.2.1915, e battezzata a S.ta María ed educata nel Collegio de la Purísima de Orense, di 18 anni, con il candore del suo villaggio ed il fervore della sua anima di novizia. Entrambe furono martirizzate sul Tibidabo di Barcellona il 24 ottobre 1936, vigilia di Cristo Re. Il direttore sanitario del sanatorio le nascose nella sua casa di Barcellona, fingendo che fossero entrambe cameriere, ma furono denunciate come religiose e immediatamente condotte al luogo del martirio. Furono vittime della persecuzione religiosa anche il cappellano del sanatorio ed il deirettore.

Nelle prigioni del castello di Figueras (Gerona), insieme ad altri sacerdoti della zona, il 13 ottobre 1936 fu ferocemente ucciso

 

P. JUAN PUIG SERRA

che avevano fatto prigionero mesi prima nell’Asilo di Villalonga di tale città, di cui era cappellano. Le modalità furono così terribili che testimoni oculari, prigionieri nello stesso carcere e poi messi in libertà, essendo state fatte loro domande sui patimenti subiti al tempo della reclusione, ricordavano tra le maggiori sofferenze l’essere stati costretti ad assistere a quel fatto. Era nato a Había il 21.7.1879 a San Martín de Centellas, e battezzato lo stesso giorno nella parrocchia di San Martín, vescovado di Vich, provincia di Barcellona. Come i PP. Queralt, Binimelis e Berenguer, il P. Puig Serra fu un grande missionario, appartenente alla provincia canonica della Congregazione della Missione di Barcellona.

A Valencia furono martirizzati i PP.

 

AGAPITO ALCALDE GARRIDO

nato a Rubena, diocesi e provincia di Burgos, il 24.3.1867 e

RAFAEL VINAGRE TORRES-MUÑOZ

nato a Feria diocesi e provincia di Badajoz, il 24.10.1867, appartenenti alla Casa Provinciale di Madrid, García de Paredes, 45, ma residenti nella Casa de Retiro de Sta. Luisa de Marillac, sita nell’antica Cartuja del Ara Christi, Puig (Valencia), per assistere spiritualmente una comunità di più di 100 sorelle, in gran parte anziane e inferme. Entrambi avevano già avuto esperienze di persecuzioni e pericoli di morte a causa delle guerre di indipendenza delle Filippine, che avevano vissuto col Vescovo, come professori del suo seminario, e la persecuzione di Calles, in Messico. Erano frutti maturi. Furono fatti prigionieri nella stessa casa, domenica 26 luglio 1936 e portati prigionieri a Valencia. Diedero la vita rispettivamente il 31 luglio e l’11 settembre 1936.

Valenciano e martirizzato in questa provincia è il giovane congregante

 

RAFAEL LLUCH GARÍN,

nato il 18.1.1917. Gestiva la farmacia di Picasent (Valencia), perchè suo cognato, titolare della stessa, era stato messo in prigione. Il 12 ottobre 1936 fu fatto prigioniero, senza altro delitto che essersi rifiutato di togliere il quadro della Vergine che era esposto nel negozio e non permettere agli anarchici di bestemmiare in casa sua. Tre giorni dopo fu assassinato nella strada municipale di Sella. Le sue ultime parole furono: «Sono cattolico, sono cattolico! Viva Cristo Re!». Aveva 19 anni.

A Totana (Murcia), nel luglio del 1936, come cappellano dell’ Ospedale, Asilo delle Figlie della Carità, presso la parrocchia di San Giacomo apostolo, si trovava il

P. JOSÉ ACOSTA ALEMÁN

Originario di Cartagena, nato il 27.5.1889, aveva passato più di 18 anni di sacerdote e missionario vincenziano aprendo la strada al vangelo nell’avanzata della chiesa in Cina, grazie alla sua facilità nell’intendersi con i nativi. Imprigionato nel carcere del partito, vivrà insieme coi sacerdoti

D. JUAN JOSÉ MARTÍNEZ ROMERO, di 47 anni


e D. PEDRO JOSÉ RODRÍGUEZ CABRERA, di 33,


la migliore preparazione al martirio. Un delinquente comune che capitò con loro, recuperata la libertà raccontò ai vicini: «Il carcere è una chiesa, pregano tutto il giorno». Era tale la gioia spirituale che lì si sperimentava che D. Juan José arrivò a scrivere a un altro sacerdote esortandolo a venire in prigione. Li uccisero nel recinto carcerario il 31 gennaio 1937, dopo aver liberato tutti i prigionieri. Totana ha dedicato loro tre strade.


E passiamo al gruppo più numeroso.

Nel 1918 le Figlie della Carità della Casa di Misericordia di Cartagena, diedero impulso all’Associazione dei Figli di Maria in quella città e offrirono quello che avevano: accoglienza, affetto, dedizione, disponibilità. Zelanti e santi sacerdoti le accompagnarono come formatori e amici. L’Associazione si sviluppò molto, e si formò un gruppo di più di 200 giovani buoni cristiani e buoni professionisti, allegri, responsabili, con un forte spirito di amicizia. Nella prima decina degli anni ’30, rafforzatasi l’Associazione e integrata nei movimenti mariani e di Azione Cattolica a livello nazionale, studiarono e difesero la Dottrina Sociale della Chiesa e in modo particolare la recente enciclica Quadragesimo Anno, che offriva soluzioni cristiane ai problemi economici e sociali del momento.Tra di loro c’erano veri leader. Un fatto del genere non poteva passare inosservato nella città di Cartagena e su di loro si abbattè la persecuzione religiosa. Circa 50 giovani passarono per la prigione; la maggior parte fu oggetto di vessazioni e danni, ai sacerdoti e a sette giovani fu strappata la vita, senza altro delitto che la loro condizione di cattolici praticanti.

Questi sono i loro nomi:

PEDRO GAMBÍN PÉREZ, di 50 anni, originario di Cartagena (Murcia), parroco del Sacro Cuore e Direttore dell’Associazione fu preso il 19 luglio 1936 mentre cercava di impedire l’espulsione delle Figlie della Carità e fu martirizzato il 15 agosto dello stesso anno. Nei mesi di prigionia inculcò tra i compagni il perdono ai nemici e il senso cristiano del martirio. I suoi carcerieri rimasero ammirati dalla serenità con cui accettò la morte.

Nel medesimo giorno dell’Assunzione offrì la sua vita a Dio D. CAYETANO GARCÍA MARTÍNEZ, insieme con un cognato che non volle abbandonarlo: da Lorquì, dove aveva la casa, li portarono a Jumilla, sua città natale, e lì furono assassinati per odio della fede.
D. Cayetano aveva la speranza di giungere al Cielo nella festa della SS.ma Vergine, che tanto amò ed insegnò ad amare durante tutta la sua vita: e aveva espresso questa speranza varie volte ai suoi familiari. Aveva 41 anni.

Un altro sacerdote martire, D. JOSÉ SÁNCHEZ MEDINA, autore della Salve Cartagenera, formatore e amico dei giovani dell’Associazione, scrittore prolifico e diffusore come nessun altro della devozione alla Vergine Miracolosa, si rifugiò ad Archena, con la sua famiglia, e sacrificarono anche suo padre, dopo averlo fatto assistere al martirio di suo figlio sacerdote, il 17 ottobre 1936. I suoi resti riposano nella cripta della chiesa parrocchiale di Archena, dove 36 anni prima era stato battezzato.

 

Il 25 agosto dello stesso anno, sul posto di lavoro, vittima di una imboscata, rende la sua anima a Dio uno dei fondatori dell’Associazione: FRANCISCO GARCÍA BALANZA.
Un compagno appartenente alla guardia rossa, che lo aveva minacciato di morte in occasione di una difesa della religione fatta dal Servo di Dio, lo assassinò alle spalle, lasciando il suo corpo abbandonato in una strada, come era lo stile di quei giorni tragici.
Non fu un atto isolato, il crimine era stato ben preparato, con l’approvazione dei capi. García Balanza, a 35 anni, era stato il primo presidente dell’Associazione; faceva parte del gruppo dei fondatori; era uno dei giovani (insieme ai quali dopo ci sarebbe stato il famoso missionario vincenziano P. Enrique Albiol Estapé), sui quali Sr. Francisca Armendáriz Idocin contava, per porre le fondamenta della sua opera.

MODESTO ALLEPUZ

VERA

ENRIQUE-PEDRO

GONZÁLVEZ ANDREU

JOSÉ ARDIL

LÁZARO

Il martirio più conosciuto e sul quale c’è più documentazione scritta è quello del trio formato da MODESTO ALLEPUZ VERA, impiegato, di 30 anni, sposato e con due figli molto piccoli; ENRIQUE-PEDRO GONZÁLVEZ ANDREU, ufficiale notarile, di 26 anni e JOSÉ ARDIL LÁZARO, di 22 anni, membri distaccati dell’Associazione. Li presero nelle loro case e, dopo un periodo di prigionia, furono fucilati il 22 settembre 1936, nel cimitero di Cartagena, condannati con un processo sommario: il primo del Tribunale Popolare di Murcia, trasferito per questo all’arsenale di Cartagena. Tra i crimini più gravi che imputarono loro, c’è che «stavano sempre insieme». La verità è che si erano distinti nell’apparire sempre uniti in tutti gli atti di culto pubblico e nello scrivere in difesa della religione, della morale pubblica, della dottrina sociale della Chiesa e dei princìpi che avevano ricevuto dall’Associazione e che erano quelli che affermava l’Azione Cattolica. Erano autentici leader tra la gioventù di Cartagena.

Per morire si misero la medaglia col cordone azzurro e bianco dei congreganti. Per questo il proiettile che perforò il cuore di Gonzálvez, attraversò il metallo della sua medaglia miracolosa, che oggi la famiglia custodisce come la più sacra reliquia.
Poco prima si erano confessati, avevano cantato la Salve e l’inno dell’Associazione e avevano perdonato i boia e i responsabili della loro morte, congedandosi con abbracci dai loro carcerieri, in segno di perdono: come risulta dagli atti notarili. Ai loro compagni trasmisero un messaggio, attraverso un altro detenuto, poi sacerdote di Murcia e di Albacete: «Che il nostro sangue non sia inutile».

ISIDRO JUAN MARTÍNEZ FRANCISCO ROSELLÓ

HERNÁNDEZ

Anche insieme resero l’anima al Creatore il 18 ottobre 1936 due ex presidenti dell’Associazione: ISIDRO JUAN MARTÍNEZ, avvocato, che aveva difeso la religione e i diritti della Chiesa nei suoi scritti e FRANCISCO ROSELLÓ HERNÁNDEZ. Il primo, di 36 anni, sposato, congregante dalla fondazione, aveva tre figli. Fu detenuto a casa sua. Il secondo, di 29 anni, figlio unico di madre vedova, stava per sposarsi e lo presero mentre accompagnava le Figlie della Carità al battello che le avrebbe messe in salvo. Nelle feste solenni per il centenario delle apparizioni della Medaglia Miracolosa, nell’anno 1930, Roselló aveva presieduto alla processione come Presidente dei giovani.
Destano impressione gli atti del processo. Negando la sua appartenza ad alcun partito politico, ribadisce con forza: «Sono figlio di Maria della Miracolosa». Il giudice riconosce che non ha fatto niente, ma lo lascia in prigione. Il giorno dopo il Fronte Popolare lo inserisce in un gruppo di 49 prigioneri e lo fucilano nello stesso cimitero. Il suo cadavere fu riconosciuto nella fossa comune grazie alla Medaglia della Vergine che la sua fidanzata gli aveva regalato.

 

Se hai ricevuto qualche grazia attraverso la supplica a questo confratello o conosci qualcuno, per favore contatta il Procuratore Generale, P. Serhiy Pavlish, C.M., a: procgen@cmglobal.org

 

P. Vicente Queralt Lloret, C.M.